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sezione I civile; sentenza 11 febbraio 1994, n. 1392; Pres. R. Sgroi, Est. Baldassarre, P.M. Lo...

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sezione I civile; sentenza 11 febbraio 1994, n. 1392; Pres. R. Sgroi, Est. Baldassarre, P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Soc. ceramiche Arginelli (Avv. Cavasola, Giammarco) c. Soc. ceramica Thun; Soc. ceramica Thun e altri (Avv. Marastoni) c. Soc. cermiche Arginelli e altri. Cassa App. Trento 2 giugno 1990 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1995), pp. 2237/2238-2239/2240 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193360 . Accessed: 28/06/2014 18:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.72 on Sat, 28 Jun 2014 18:48:59 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 11 febbraio 1994, n. 1392; Pres. R. Sgroi, Est. Baldassarre, P.M. LoCascio (concl. conf.); Soc. ceramiche Arginelli (Avv. Cavasola, Giammarco) c. Soc. ceramicaThun; Soc. ceramica Thun e altri (Avv. Marastoni) c. Soc. cermiche Arginelli e altri. Cassa App.Trento 2 giugno 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1995), pp. 2237/2238-2239/2240Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193360 .

Accessed: 28/06/2014 18:48

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 feb

braio 1994, n. 1392; Pres. R. Sgroj, Est. Baldassarre, P.M.

Lo Cascio (conci, conf.); Soc. ceramiche Arginelli (Aw. Ca

vasola, Giammarco) c. Soc. ceramica Thun; Soc. ceramica

Thun e altri (Avv. Marastoni) c. Soc. cermiche Arginelli e

altri. Cassa App. Trento 2 giugno 1990.

Concorrenza (disciplina delia) — Concorrenza sleale — Imita

zione servile — Atti contrari alla correttezza professionale —

Oggetti ornamentali — Appropriazione dell'idea base (Cod.

civ., art. 2598).

Esclusa tra due prodotti ornamentali simili (angioletti portacan dela in ceramica) la confondibilità, e perciò l'applicazione del divieto d'imitazione servile, è censurabile la decisione d^'.la corte territoriale che abbia considerato l'asserita appropria

zione della medesima idea creativa di base dell'altrui prodot to come atto professionalmente scorretto e idoneo a creare

confusione e quindi danno per l'impresa concorrente da svia

mento di clientela. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione del 18 dicembre

1984 la s.r.l. Ceramica Thun — premesso che la s.n.c. La Folk

loristica di Luigi Miotto, producendo e mettendo in commercio

angioletti-portacandela in ceramica, confondibili con propri pro

ti) Con la sentenza cassata del 2 giugno 1990, la Corte d'appello di Trento, in riforma della sentenza resa dal Tribunale di Bolzano il 2 ottobre 1987 (entrambe inedite), stabili che produrre portacandela in

ceramica a foggia di angioletti, non confondibili ma simili ad altri già in commercio, pur non costituendo imitazione servile, fosse atto di con

correnza sleale ex art. 2598, n. 3, c.c. Rielaborare non creativamente

nel proprio prodotto l'idea funzionale-decorativa già impiegata in altro

prodotto fu considerato atto di per sé atto contrario ai dettami della

correttezza professionale e, inoltre, suscettivo di sviare la clientela, e

per ciò idoneo a recare danni all'imprenditore concorrente. Lo svia

mento aveva origine dalla mancanza, tra i due oggetti ornamentali, di

differenze apprezzabili dall'occhio non avveduto del consumatore me

dio (la c.t.u. aveva, peraltro escluso la confondibilità). Nella decisione in rassegna, la Cassazione ha ritenuto censurabile il

dictum della corte territoriale perché: in facto, vi è una contraddizione

insanabile nell'affermare che, benché il confronto tra le due bugie angioletto porti ad escludere la confondibilità e quindi l'imitazione ser

vile, al contempo sussiste comunque il pericolo di confusione, vista la

mancanza tra i due prodotti di varianti percepibili dal consumatore medio.

In diritto, la confondibilità è il presupposto materiale della sola imi

tazione servile che ha nel n. 1 dell'art. 2598 la propria sedes materiae.

Il n. 3 della stessa disposizione del codice è, invece, clausola generale, che contempla ipotesi alternative e distinte da quelle individuate dalle

prime due (cfr. Cass. 13 gennaio 1988, n. 182, Foro it., Rep. 1988, voce Concorrenza (disciplina), n. 159; 3 maggio 1986, n. 3010, id., Rep.

1986, voce cit., n. 148; 4 luglio 1985, n. 4029, id., Rep. 1985, voce

cit., n. 110; 15 dicembre 1983, n. 7399, id., Rep. 1984, voce cit., n.

125) connotate dal doppio requisito della difformità rispetto ai principi della correttezza professionale e della idoneità intrinseca ad arrecare

un ingiusto pregiudizio. Ora, sebbene i giudici della Suprema corte nel la sentenza in epigrafe non abbiano chiarito se, in particolare, appro priarsi dell'idea funzionale-decorativa di un prodotto ornamentale al

trui sia o non, di per sé, professionalmente scorretto (cosi com'era,

invece, parso ai giudici trentini), essi hanno considerato che l'asserita

idonetià a recare danno necessitava di una più puntuale ed adeguata dimostrazione.

Nella sentenza cassata riecheggiano sollecitazioni proposte da tempo dalla dottrina (Rotondi, Diritto industriale, Padova, 1965, 499; Fran

zosi, Imitazione servile e violazione dei segreti, in Foro pad., 1981,

I, 226; Scirè, La concorrenza sleale nella giurisprudenza, in Raccolta

sistematica di giurisprudenza commentata diretta da Rotondi, Padova,

1989, III, 260 ss.) e accolte episodicamente dalla giurisprudenza della

stessa Cassazione (sent. 23 febbraio 1977, n. 800, Foro it., Rep. 1978,

voce cit., 110), tendenti ad allargare le ipotesi di imitazione al di là

dei confini di quella servile confusoria [per la giurisprudenza di merito,

v. App. Venezia 25 agosto 1989, id., Rep. 1990, voce cit., n. 143; App.

Bologna 25 ottobre 1983, id., Rep. 1986, voce cit., n. 151; 20 gennaio

1981, id., Rep. 1984, voce cit., n. 141; App. Milano 16 gennaio 1981,

id., Rep. 1983, voce cit., n. 222, e Riv. dir. ind., 1982, II, 307, con

nota di R. Franceschelli, Sui pezzi di ricambio per macchine; App.

Bologna 13 gennaio 1981, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 221). Da segnalare che un arrét dello stesso tenore di quello in rassegna

da parte della Suprema corte è contenuto nella sent. 10 novembre 1994,

n. 9387 che si legge in Guida al diritto del 14 gennaio 1995, n. 2, 43,

nella quale è stata cassata con rinvio la sentenza resa da App. Ve

li Foro Italiano — 1995.

dotti registrati, aveva posto in essere atti di concorrenza sleale

e leso, comunque, i diritti di essa attrice, tutelati dalla 1. 633/41 — conveniva innanzi al Tribunale di Bolzano la «La Folklori stica» per sentir accertare la concorrenza sleale e la violazione

del diritto d'autore, inibirle la commercializzazione dei prodotti

imitati, ordinarle la distruzione degli esemplari destinati alla ven

dita, nonché degli stampi per la produzione, condannarla al ri

sarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, e alla pub

blicazione della sentenza.

La società convenuta negava la dedotta confondibilità ed ec

cepiva di essersi limitata a vendere prodotti della s.a.s. Cerami

che Arginelli di Arginelli Ivan, la quale — chiamata in giudizio ad istanza attrice — resisteva, contestando i presupposti della

domanda.

Il tribunale con sentenza del 2 ottobre 1987, dichiarava inam

missibile la domanda di violazione del diritto d'autore, in quan to proposta autonomamente solo con le conclusioni, e rigettava

quella di concorrenza sleale, giudicando non confondibili i pro dotti commercializzati dalle opposte parti.

La Corte d'appello di Trento, con la sentenza ora gravata

per cassazione, in accoglimento dell'appello della società istante

e in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato che

le convenute hanno compiuto nei confronti della s.r.l. ceramica

Thun atti di concorrenza sleale; ha inibito loro di persistere nei

suddetti atti, e cioè di produrre e commercializzare gli angeli

nezia 25 agosto 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 143, e Riv. dir. ind., 1989, II, 302 (caso «Ornerà»), salutata in dottrina come «la fine di un dogma» (v. Cuonzo, I limiti al principio di libera imitabilità

dei prodotti altrui al di fuori delle privative industriali: verso la fine di un dogma?, ibid., I, 191).

Dottrina e giurisprudenza dominante applicano il divieto d'imitazio ne servile in base ai canoni della teoria della «forma necessaria» e delle

«varianti innocue» (Ghtoini, La concorrenza sleale, Torino, 1971, 95

ss.; Di Cataldo, L'imitazione servile, Milano, 1979, 35 ss. e in partico lare dello stesso a., I brevetti per invenzione e per modello, in Com

mentario diretto da Schlesinger, Milano, 1988, 199 ss.; Franceschel

li, Imitazione servile di prodotti già coperti da brevetto per modello

d'ornamento, in Riv. dir. ind., 1960, II, 125). Ciò porta a negare tutela (sul punto, Bergomi, Industriai design, in

Contratto e impresa, 1987, 966; contra, Muraro, L'imitazione servile

tra la disciplina della concorrenza e la difesa dei modelli, in Riv. dir.

civ., 1989, II, 279) alle frequenti imitazioni di opere di design sulla

considerazione che le forme lecitamente imitate risultano funzionali al

conseguimento del pregio estetico in esse contenuto (peraltro, quasi mai

assente) (per tutte, Trib. Milano 24 maggio 1976, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 50 (caso poltrona «Wassily»); contra, Trib. Siena 30 otto

bre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 99 (caso «chaise-longue»); peral

tro, a questo genere di opere è negata l'estensione della disciplina del diritto d'autore: da ultimo, v. Cass. 7 dicembre 1994, n. 10516, id.,

1995, I, 810, con nota di Borrelli). È già dimostrato che il sistema brevettuale e la tutela concorrenziale

da imitazione servile confusoria non sono funzionali a settori di merca

to in cui non è il prezzo ad essere criterio di preferenza tra un prodotto e l'altro, bensì altri elementi, quali il pregio estetico o la suggestione della forma (si pensi all'abbigliamento e al design). e che proprio quei vuoti di disciplina possono efficacemente essere colmati dalla clausola

generale del n. 3 dell'art. 2598 (La Villa, Imitazione servile e forme di mercato, Milano, 1976, 9 s.; Trevisan, Ancora su imitazione servile

e correttezza professionale, in Foro pad., 1983, I, 566). In dottrina (Sena, La tutela della prestazione esterna e dei caratteri

distintivi dei prodotti sotto il profilo della concorrenza sleale, in Riv.

dir. ind., 1980, I, 271), si è posto l'accento sulla necessità di riconosce re tutela alla funzione distintiva della forma nei prodotti ornamentali.

Tale funzione, più che in prodotti ad alto contenuto tecnologico, risalta

in queste categorie di beni in cui il pregio estetico — principalmente dettato da ispirazioni artistiche — costituisce l'attrattiva prioritaria e

in cui la riproduzione di una forma rintracciabile in altri prodotti di

commercializzazione anteriore non pare essere «necessitata» da altro

se non dall'intento ingiustamente appropriativo di pregi estetici altrui.

Proprio tale comportamento integrerebbe tutti i connotati del compor tamento professionalmente scorretto, cosi come previsto nell'art. 2598, n. 3, al pari di tutti gli atti di concorrenza sleale, con l'ovvia inclusione

del divieto di imitazione servile (per una attenta analisi dei principi ispi ratori dello stesso n. 3, anche in rapporto all'intera disposizione, v.

Franceschelh, Concorrenza, II) Concorrenza sleale, voce dell'£>!ci

clopedia giuridica Treccani, Roma, 1988, VII, 9). Non perdendo di vi

sta, pertanto, che l'imitatore servile realizza un comportamento profes sionalmente riprovevole, si arriverebbe a contemperare, nello specifico

campo delle forme rispondenti ad esigenze estetiche, l'esigenza della

libera appropriabilità di forme non protette da esclusive brevettuali con

il divieto di atti confusori.

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2239 PARTE PRIMA 2240

portacandela di cui sopra; ha ordinato la distruzione delle gia cenze dei medesimi; ha condannato le appellate in solido al ri

sarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede; ha dispo sto la pubblicazione della sentenza; ha rigettato la domanda

dell'appellante diretta ad ottenere la declaratoria di violazione

del diritto di utilizzazione delle figure di angeli-portacandela ai

sensi della 1. 633/41; ha condannato le appellate alle spese di

entrambi i gradi. La corte territoriale ha ritenuto ammissibile la domanda pro

posta ai sensi della 1. 633/41, risultando dalla complessiva for

mulazione dell'atto di citazione la proposizione della medesima

in via autonoma e non strumentale rispetto a quella relativa

all'illecita concorrenza.

Ha considerato poi che la comparazione dei prodotti, pur inducendo ad escludere un'imitazione servile degli angioletti

Thun, mette in evidenza l'appropriazione, da parte della Argi nelli s.a.s., dell'idea base del prodotto dell'istante, mentre le

varianti, che avevano indotto il consulente d'ufficio ad esclude re la confondibilità, non risultano tali da essere apprezzate dal

comune consumatore; che la s.a.s. Arginelli ha realizzato una

contraffazione del prodotto originale Thun, grazie ad una ela

borazione non creativa, integrante concorrenza sleale ai sensi

dell'art. 2598, n. 3, c.c., sussistendone i presupposti, ossia la

natura di imprese concorrenti dell'appellante e delle appellate, la priorità della commercializzazione da parte della Thun, la

non conformità del comportamento delle appellate ai principi della correttezza professionale, l'idoneità di tale comportamen to a danneggiare l'azienda Thun (soprattutto per sviamento del

la clientela) che non compete all'istante la tutela offerta dalla

legge sul diritto d'autore, mancando la prova scritta di data

certa dell'asserita cessione alla società attrice dei diritti di utiliz

zazione economica spettanti a Elmar Ottenthal e Lene Thun,

cittadini austriaci e autori di distinti modelli del tutto somiglianti a quelli dell'appellante.

Ricorrono per la cassazione della sentenza d'appello la s.n.c.

Arginelli sulla base di tre mezzi, la s.a.s. La Folfkoristica sulla

base di quattro e s.r.l. Ceramica Thun, che affida ai controri

corsi i due identici motivi dei ricorsi incidentali condizionati, resistiti da controricorso della società Arginelli. V'è memoria

di quest'ultima. Motivi della decisione. — 1. - I quattro ricorsi, in quanto

proposti contro la stessa sentenza, vanno riuniti, a norma del

l'art. 335 c.p.c., considerando ricorso principale quello, più re

moto, della ceramiche Arginelli s.n.c.

I motivi svolti dalla Ceramica Thun s.r.l. — con i due identi

ci ricorsi, da considerare unica impugnazione incidentale — so

no condizionati all'accoglimento delle avverse impugnazioni e

vanno, pertanto, presi in esame e decisi solo in quanto queste ultime, per le ragioni che seguono e nei limiti appresso indicati, debbono essere accolte.

2. - Con il terzo motivo la società La Folkloristica pone an

che censura fondata sulla sua particolare posizione di semplice rivenditrice del prodotto in contestazione. Siffatta doglianza ri

mane assorbita dall'accoglimento delle altre che presentano prio rità logica, fermo restando che le relative questioni potranno essere riproposte nella sede di rinvio.

Gli altri motivi di tale ricorso coincidono, nella sostanza, con

quelli proposti dalla società ceramiche Arginelli. All'esame delle censure delle due società convenute è oppor

tuno premettere che nella sentenza impugnata l'indicazione nor

mativa, circoscritta al n. 3 dell'art. 2598 c.c., non corrisponde all'effettiva portata decisoria sui profili di diritto, che compren de anche il n. 1 di detto articolo.

Già il rilievo, in fatto, che «il tribunale . . . rigettava la do

manda attorea sotto il profilo che il denunziato atto di concor

renza sleale non sussisteva, stante la non confondibilità tra i

prodotti commercializzati dalle opposte parti» riconduce la con

troversia nell'ambito del n. 1 cit.

La stessa norma forma poi oggetto della massima, riportata nella parte relativa ai motivi della decisione, che è stata tratta

dalla sentenza n. 3209/78 (Foro it., Rep. 1978, voce Concor

renza, n. 82) di questa Corte suprema. La duplicità di trattazione di profili giuridici si ritrova nei

motivi dedotti dalle parti ricorrenti (in particolare secondo del

ricorso Arginelli e quarto del ricorso La Folkloristica) e nelle

contrapposte difese.

Proprio dal ricorso della società La Folkloristica si ricava una

li Foro Italiano — 1995.

chiara chiave di lettura della motivazione, là dove si osserva

che «il giudice d'appello è partito dalla sicura esclusione, nella

fattispecie, dell'imitazione servile di cui all'art. 2598, n. 1, ac

cogliendo poi l'ipotesi d'una appropriazione, da parte della ce

ramiche Arginelli, dell'idea base del prodotto Thun, intravista

come violazione della normativa a tutela del diritto d'autore, causativa . . . della confondibilità dei prodotti, integrante atto

di concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3, c.c. . . .».

È stato, al contrario, stabilito pacificamente che l'ipotesi di

concorrenza sleale, contemplata in via generale dall'art. 2598, n. 3, c.c., per comportamenti idonei a danneggiare l'altrui azienda

con ogni altro mezzo non conforme al principio della correttez

za professionale, si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli

previsti nei casi tipici di cui ai precedenti nn. 1 e 2, e, pertanto, è configurabile indipendentemente dal riscontro della confondi

bilità oggettiva o soggettiva dei prodotti concorrenti (richiesta invece dal citato n. 1) (conf. sent. 3010/86, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 148), consistendo tale comportamento — piuttosto che nella cosiddetta concorrenza parassitaria od in altre ipotesi ti

pizzate — in qualunque comportamento, contrario al suddetto

principio, che risulti in concreto idoneo a danneggiare l'altrui

azienda (conf. sent. 182/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 159). Per cui, a differenza delle ipotesi tipizzate, quella generica

del n. 3 richiede la ricorrenza anche dell'idoneità a produrre danni al concorrente.

Va anche ribadito che la norma del n. 1 dell'art. 2598, nel

reprimere la concorrenza sleale attuata mediante imitazione ser

vile, mira a tutelare l'interesse dell'imprenditore a che i propri

prodotti, anche quando non siano protetti da privativa, possa no essere confusi dai potenziali consumatori — tenuto conto

delle loro conoscenze (comuni ovvero tecniche e specialistiche) e della connessa capacità di discernimento — in conseguenza

dell'inosservanza, da parte del concorrente sleale, dell'obbligo di differenziare i prodotti da quelli già esistenti sul mercato.

Poiché la corte territoriale ha compiuto la valutazione delle

emergenze processuali senza tenere presenti gli aspetti distintivi

e caratterizzanti le suddette ipotesi, incorrendo cosi' in erronea

applicazione di legge, è necessario un riesame del punto relativo

alla denunciata concorrenza sleale, che deve essere compiuto alla luce dei principi qui enunciati.

3. - Tale riesame va disposto anche in accoglimento delle cen

sure di vizio di motivazione esposte nei ricorsi di cui al prece dente paragrafo.

In primo luogo la corte del merito non ha motivato in ordine

alla dedotta presentazione di domanda di brevetto in data 28

settembre 1984, di cui al primo motivo del ricorso Arginelli ed

al secondo di quello della La Folkloristica.

Sono mancati quindi gli accertamenti di merito richiesti dalle

parti convenute-appellate al fine di paralizzare l'avversa pretesa

per (asserita) violazione delle norme sui brevetti per invenzioni

industriali. Inoltre la corte territoriale non ha chiarito in termini convin

centi come si concilino i contestuali giudizi di «assenza di imita

zione servile» e di «confondibilità fra i due prodotti», là dove la confusione, alla stregua degli enunciati principi, costituisce

l'ordinario elemento materiale della prima.

Né, sul piano logico, soccorre il richiamo alla normativa sul

la protezione del diritto d'autore (1. 22 aprile 1941 n. 633), una

volta escluso che «l'appellante ditta Thun sia legittimata ad agi re in conseguenza della violazione suddetta, per mancanza di titoli comprovati».

Non risulta infine adeguatamente motivata la decisione sul

l'elemento del danno, richiesto, come si è visto, nell'ipotesi di

concorrenza sleale di cui al n. 3 dell'art. 2598 cit., in base al

semplice inciso «soprattutto per sviamento della clientela» (quinto motivo del ricorso La Folkloristica).

I due ricorsi debbono essere accolti, per le ragioni e nei limiti

su indicati. (Omissis)

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