sezione I civile; sentenza 11 febbraio 2005, n. 2858; Pres. Losavio, Est. Salvago, P.M. Russo(concl. conf.); Min. infrastrutture e trasporti (Avv. dello Stato) c. Calcagno e altri (Avv.Camici, Germano). Cassa App. Genova 15 febbraio 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2005), pp. 2065/2066-2067/2068Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201718 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
urbanistico vigente ed applicabile, è sulla sua sola base che de
vesi individuare edificabilità e misura della stessa (Cass., sez.
un., 173/SU/01, id., 2002, I, 150; 7258/01, id., Rep. 2001, voce Espropriazione per p.i., n. 142; 1286/02, id., Rep. 2002, voce
cit., n. 148; 2641/03, id., Rep. 2003, voce cit., n. 149; 11729/03, id., 2003,1, 2587; 2781/04 e 3724/04, id., Mass., 173 e 239) re siduando il ricorso alla capacità edificatoria di fatto quale para metro utilizzabile in assenza di conformazione urbanistica del
suolo.
Quanto alla possibilità di un rilievo, ai fini in discorso, dell'i potesi che lo stesso espropriante abbia a modificare la destina
zione impressa dal piano regolatore generale o dal p.d.f. conte
stualmente all'adozione della misura ablativa e mediante l'ap
provazione di un piano di zona che imprima all'area vocazione
edificatoria, essa è indiscutibile nel momento in cui a tale stru
mento attuativo si assegni contestuale efficacia di variante dello
strumento di secondo livello (sez. un. 11433/97, id., 1998, I, 463).
Ma è altrettanto indubbio che tale efficacia non possa ricon
nettersi alla c.d. variante attuativa, disposta dal comune in dero
ga alla pianificazione territoriale ed allo scopo di realizzare
un'opera pubblica sull'area individuata ed ai sensi dell'art. 1, 5°
comma, 1. 3 gennaio 1978 n. 1, in tal caso la delibera dell'ente
essendo la fonte del vincolo preordinato all'esproprio della
quale, nell'individuazione delle possibilità edificatorie legali, non si deve tener conto alcuno (cfr. Cass. 11220/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 178; 8223/00, ibid., n. 177; 11729/03, cit.).
E ben vero, come già altra volta precisato, ai fini della deter
minazione dell'indennità di esproprio, in presenza di variante al
piano regolatore generale, il carattere conformativo di essa (che soltanto consente di tenerne conto ai fini indennitari) e non
ablatorio, non discende dalla collocazione in una specifica cate
goria di strumenti urbanistici, e neppure dalla tipologia delle de
stinazioni individuate, ma dipende soltanto dai requisiti oggetti vi, di natura e di struttura, che presentano i vincoli in essa con
tenuti. Tale carattere è dunque configurabile ove tali vincoli mi rino ad una (nuova) zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei
confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione
della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono ed in
ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto (per 10 più spaziale) con un'opera pubblica; per converso, se la va
riante non abbia una tal natura generale, ma imponga un vincolo
particolare incidente su beni determinati, in funzione non già di
una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di
un'opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con
la proprietà privata, il vincolo che la stessa contiene deve essere
qualificato come preordinato alla relativa espropriazione e da
esso deve, dunque, prescindersi nella qualificazione dell'area,
pur quando la variante abbia mutato la classificazione urbanisti
ca di quest'ultima, con la conseguenza che soltanto in tal caso
deve farsi riferimento alla previgente destinazione del piano re
golatore generale (cfr. 10265/04, id., Mass., 760). Nella specie, la sentenza di merito nel pervenire alla conclu
sione della vocazione edificatoria delle aree ablate ha violato i
testé sintetizzati principi: da un canto ha ritenuto che sulla de stinazione di piano (a verde pubblico) facesse premio la desti
nazione impressa in fatto dallo stesso ente locale con l'assegna zione dell'area all'edificabilità pubblica (scuola elementare) e
con la «confessoria» qualificazione contenuta nel decreto di
esproprio; dall'altro canto ha assegnato ruolo di variante («mu
tando») proprio alla delibera 26 gennaio 1987 di approvazione del progetto esecutivo, e recante dichiarazione di pubblica uti
lità adottata ai sensi dell'art. 1 1. 1/78.
E per entrambi i versi essendo stata violata la norma di legge ne segue l'accoglimento della censura.
2. - Assorbita va, quindi, dichiarata la cognizione del secondo
motivo del ricorso con il quale si denunzia come, nell'ambito
dell'erronea applicazione dell'indennità di cui all'art. 5 bis 1.
359/92, la corte di merito abbia poi negato la decurtazione del
quaranta per cento dell'indennizzo.
E l'assorbimento dell'applicabilità dell'art. 5 bis (di cui al primo mezzo).
3. - La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione
al motivo accolto, con il conseguente rinvio della causa alla
stessa corte di Bari in diversa composizione per la ridetermina
zione delle indennità in questione in applicazione dei principi
sopra enunciati.
11 Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 feb braio 2005, n. 2858; Pres. Losavio, Est. Salvago, P.M. Rus
so (conci, conf.); Min. infrastrutture e trasporti (Avv. dello
Stato) c. Calcagno e altri (Avv. Camici, Germano). Cassa
App. Genova 15 febbraio 2001.
Espropriazione per pubblico interesse — Indennità — Op
posizione alla stima — Deposito presso la cassa depositi e
prestiti — Misura (L. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazio ni per causa di pubblica utilità, art. 48, 49; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale
pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; mo
difiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizza
zione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edili
zia residenziale, agevolata e convenzionata, art. 15, 16).
Nel giudizio di opposizione alla stima, il giudice deve ordinare
il deposito presso la cassa depositi e prestiti non dell'intera
indennità liquidata giudizialmente, bensì della maggior som
ma rispetto a quella già depositata nel corso del procedi mento amministrativo. (1)
Svolgimento del processo. — La Corte d'appello di Genova, con sentenza del 15 febbraio 2001, ha determinato l'indennità
di espropriazione dovuta dal ministero dei trasporti a Pasquali no, Bruno e Fausto Calcagno per l'espropriazione di un terreno
e di un fabbricato di loro proprietà ubicato in Vado Ligure on
de realizzare la stazione di controllo autoveicoli dell'ufficio
(1) Negli stessi termini della pronuncia in epigrafe, v. Cass. 19 no vembre 2002, n. 16258, Foro it., Rep. 2002, voce Espropriazione per p.i., n. 216; 19 ottobre 2001, n. 12802, id., Rep. 2001, voce cit., n. 245; 11 aprile 2001, n. 5370, ibid., n. 246 (dove, conformemente a Cass.
2858/05, si ribadisce che gli interessi si calcolano sulla differenza tra indennità riconosciuta in sede di opposizione alla stima e quella già de
positata all'atto della pronuncia del decreto di esproprio); 22 marzo
2001, n. 4087, ibid., n. 244; 19 settembre 2000, n. 12408, id., Rep. 2000, voce cit., n. 271; 4 novembre 1997, n. 10785, id., Rep. 1999, vo ce cit., n. 231; 3 ottobre 1997, n. 9665, id., Rep. 1997, voce cit., n. 130; 1° febbraio 1995, n. 1125, id., Rep. 1996, voce cit., n. 121; 12 aprile 1994, n. 3406, id., Rep. 1994, voce cit., n. 130; 16 maggio 1992, n.
5842, id., Rep. 1992, voce cit., n. 125; 15 febbraio 1992, n. 1893, ibid., n. 124; 20 giugno 1990, n. 6207, id., Rep. 1991, voce cit., n. 93; 30 ot tobre 1990, n. 10510, id., Rep. 1990, voce cit., n. 89, citata in motiva
zione; 29 ottobre 1990, n. 10455, ibid., n. 90; 1° agosto 1990, n. 7671, ibid., n. 91, citata in motivazione; 1° giugno 1990, n. 5155, ibid., n. 92; 12 aprile 1990, n. 3115, ibid., n. 162; 14 marzo 1985, n. 1972, id., Rep. 1985, voce cit., n. 89; 17 maggio 1984, n. 3048, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 86; 20 febbraio 1984, n. 1197, ibid., n. 288, citata in motivazio
ne; 3 dicembre 1983, n. 7243, id., Rep. 1983, voce cit., n. 101; 6 giugno 1983, n. 3825, ibid., n. 212.
Il giudice deve tener conto delle somme già depositate nel corso del
procedimento amministrativo, in quanto tale deposito ha efficacia libe ratoria per l'espropriante (oltre alla giurisprudenza citata supra, v. Cass. 23 aprile 2002, n. 5909, id., Rep. 2002, voce cit., n. 184).
L'ordine di deposito da parte del giudice costituisce lo strumento ti
pico per concretizzare la condanna al pagamento dell'indennità, non
potendo disporre il pagamento diretto all'espropriato, anche a garanzia dei diritti che i terzi intendessero far valere sull'indennità (per tali con
siderazioni, v., ex pluribus, Cass. 27 giugno 2000, n. 8721, id., Rep. 2000, voce cit., n. 312; 15 marzo 1999, n. 135/SU, id., Rep. 1999, voce
cit., n. 273; 2 marzo 1999, n. 109/SU, id., 1999,1, 785). Il deposito presso la cassa depositi e prestiti vige per il regolare corso
del procedimento ablatorio, mentre non trova applicazione allorché l'amministrazione sia condannata al risarcimento del danno per occu
pazione illegittima del suolo od occupazione acquisitiva (v., ex pluri bus, Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 542, id., Rep. 2003, voce
cit., n. 342; Cass. 11 novembre 1998, n. 11360, id., Rep. 1998, voce
cit., n. 146). Se nel giudizio di opposizione alla stima non sono presenti tutti i
comproprietari (perché non hanno potuto o voluto promuoverlo) o pur essendo presenti non hanno tutti proposto opposizione, il giudice, pur dovendo determinare l'indennità con riferimento all'intero valore del
bene, ordina il deposito presso la cassa depositi e prestiti non già del
corrispondente importo nella sua interezza, ma solo di quella sua parte percentuale che coincide con la quota dei proprietari partecipanti al
giudizio (Cass. 16 luglio 1992, n. 8661, id., 1993, I, 449, con nota di
Pellecchia; contra, per il deposito dell'intera indennità liquidata, Cass. 19 novembre 1999, n. 12861, id., Rep. 1999, voce cit., n. 238; 22 aprile 1998, n. 4082, id., Rep. 1998, voce cit., n. 145).
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2067 PARTE PRIMA 2068
provinciale dell'MTCT di Savona in lire 116.722.500; e quella per l'occupazione temporanea degli stessi immobili in lire
29.068.699, ordinando il deposito delle relative somme presso la cassa depositi e prestiti, con l'aggiunta degli interessi legali con decorrenza dal 13 febbraio 1992.
Per la cassazione della sentenza il ministero ha proposto ri
corso per un motivo; cui resistono i Calcagno con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso, il
ministero dei trasporti, deducendo violazione dell'art. 49 1. n.
2359 del 1865, nonché omesso esame di punto decisivo della
controversia, censura la sentenza impugnata per aver ordinato il
deposito presso la cassa depositi e prestiti dell'intera indennità
determinata a favore delle controparti (in lire 116.722.500 per
l'espropriazione ed in lire 29.068.699 per l'occupazione tempo ranea dei loro immobili), senza tener conto delle somme già amministrativamente liquidate dall'i commissione provinciale in
misura complessiva di lire 93.264.000; e che, dunque, l'ordine
di deposito doveva avere per oggetto la sola differenza tra le in
dennità giudizialmente accertate e quelle già depositate da esso
ministero.
La doglianza è fondata.
L'art. 49 1. n. 2359 del 1865 fa carico all'amministrazione
espropriante di depositare presso la :assa depositi e prestiti l'in
dennità di espropriazione amministi ativamente liquidata e l'art.
12 1. n. 865 del 1971 ha esteso siff; tto obbligo anche alle som
me offerte a tale titolo dall'espro 3riante all'espropriato (per
consentirgli di addivenire alla cessione volontaria) ma da costui
non accettate; ed è del tutto pacifico che detto obbligo valga a
maggior ragione per l'indennità definitiva determinata dalla
commissione provinciale di cui agli art. 15 e 16 di quest'ultima
legge. Lo stesso, infatti, secondo dottrina e giurisprudenza risponde
alla duplice esigenza di tutelare i diritti dei terzi e di non esporre
l'espropriante ai rischi ed oneri di eventuali azioni di recupero
per pagamenti indebiti; per cui esso deve comprendere non sol
tanto l'indennità di occupazione temporanea (cfr. art. 12, 4°
comma, 1. 865/71), ma anche le maggiori somme che a tale ti
tolo e per indennità di espropriazione siano liquidate in favore
dell'espropriato in esito al giudizio di opposizione a stima, o di
determinazione delle indennità (allorché la stima manchi e siano
già emessi i decreti ablatori); il ci.i pagamento si esegue dun
que, normalmente secondo gli art 30, 48 e 55 menzionata 1.
2359/1865 con il deposito delle stesse presso la cassa depositi e
prestiti, che ha effetti pienamente liberatori per l'espropriante. Da qui la conseguenza ulteriore, più volte posta in evidenza
da questa corte, che, per un verso, a nulla rileva che l'espro
priante abbia avanzato richiesta di pagamento diretto dell'in
dennità o non abbia formulato domanda di deposito, dovendo in
entrambi i casi il giudice comunque disporlo, quale tipica forma
prevista dal legislatore per concretizzare la condanna, in riferi mento al procedimento espropriativo; e, per altro verso, che nel
l'ipotesi di opposizione alla stima deve essere ordinato il depo sito presso la cassa depositi e prestiti, non dell'intera indennità
giudizialmente liquidata, bensì delle maggiori somme liquidate a tale titolo: perciò tenendosi conto di quelle già depositate nel
corso del procedimento amministrativo, che il giudice è tenuto
ad accertare, dato che in relazione ad esse, il già avvenuto depo sito ha avuto effetto liberatorio per l'espropriante.
A quest'ultimo principio non si è attenuta la sentenza impu
gnata, la quale, pur muovendo dal presupposto che i Calcagno avevano proposto opposizione alla stima dell'indennità di
espropriazione ed occupazione, non avendo accettato le somme
per tali causali loro offerte dal ministero perché ritenute non
corrispondenti al valore effettivo del loro immobile, non ha
esaminato se, in quale data ed in quale misura le stesse fossero
state depositate: accertamento questo a maggior ragione neces
sario posto che il ministero ha dedotto, ed i Calcagno non hanno
contestato, che dal decreto di esproprio del 25 gennaio 1992
prodotto in atti (ché altrimenti l'indennità non avrebbe potuto essere liquidata), risultava che il provvedimento era stato emes
so dal prefetto previa esibizione della polizza n. 24462 del 26
agosto 1991, relativa al deposito da parte di detta amministra
zione delle indennità determinate dalla commissione provinciale nel ricordato importo di lire 93.264.000. E perché, d'altra parte, anche la condanna al deposito degli interessi legali non poteva
Il Foro Italiano — 2005.
che essere disposta sulla somma ancora da depositare, perciò necessariamente corrispondente alla differenza tra quella even
tualmente depositata e l'ulteriore misura liquidata dalla stessa
sentenza impugnata (Cass. 10510/90, Foro it., Rep. 1990, voce
Espropriazione per p.i., n. 89; 7671/90, ibid., n. 91; 1197/84, id., Rep. 1984, voce cit., n. 88).
Quest'ultima va, pertanto, cassata in relazione al motivo ac
colto con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Geno
va, che si atterrà ai principi esposti.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 gen naio 2005, n. 691; Pres. Olla, Est. De Chiara, P.M. Velardi
(conci, conf.); Soc. Immobiliare Santa Giovanna e altri (Avv.
Corsi, Del Canto) c. Fall. Niccolai (Avv. Rinaldi), Soc. Fo
ce uno (Avv. Ferretti). Cassa Trib. Firenze, decr. 4 giugno 2001.
Società — Società a responsabilità limitata — Quota — Clausola statutaria di prelazione
— Espropriazione forza
ta della quota — Disciplina (Cod. civ. testo previgente, art.
2479, 2480).
Le disposizioni dettate dal codice civile in tema di espropria zione forzata di partecipazioni in società a responsabilità li
mitata non liberamente trasferibili trovano applicazione an
che nel caso di quota la cui trasferibilità sia condizionata da
una clausola di prelazione contenuta nell'atto costitutivo
della società. (1)
(1) La quota di partecipazione in una società a responsabilità limi
tata, qualunque sia la natura che le si vuole attribuire, costituisce cer tamente un valore facente parte del patrimonio personale del socio che di quella quota sia titolare. Essa, dunque, contribuisce alla garanzia ge nerica dei creditori di detto socio, nei termini desumibili dall'art. 2740
c.c., e, ricorrendone le condizioni, può formare oggetto di espropria zione ad opera dei medesimi creditori (v. G.C. Rivolta, La società a
responsabilità limitata, Milano, 1982, 237 ss.; G. Santini, Società a re
sponsabilità limitata, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna Roma, 1992, 160 ss.; D. Cenni, La circolazione di quote di s.r.l. per at to tra vivi, in Contratto e impr., 1993, 1124 ss.; F. Gennari, La società a responsabilità limitata, Milano, 1999, 183 ss.; nonché, con rife rimento alle quote di società personali, ma con argomenti riferibili an che alla s.r.l., Cass. 7 novembre 2002, n. 15605, Foro it., Rep. 2002, voce Società, n. 592). In tal senso si esprimeva con chiarezza già il 1° comma dell'art. 2480 c.c. testo previgente, e lo ribadisce ora — dopo l'entrata in vigore del d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6 — il corrispondente 1° comma dell'art. 2471 (che si limita, in aggiunta, a disciplinare le modalità del pignoramento ed a porre a carico dell'amministratore della società l'obbligo di annotazione senza indugio nel libro dei soci).
Il trasferimento di titolarità della partecipazione sociale che consegue alla vendita coattiva della quota non è però senza effetti, evidentemen
te, sulla composizione della compagine dei soci. Quando perciò costo
ro, con espressa pattuizione dell'atto costitutivo, abbiano inteso preser vare a sé medesimi la possibilità di sindacare l'eventuale ingresso di nuovi soci, ponendo a tal fine dei limiti alla libera trasferibilità delle
quote, può determinarsi un conflitto tra l'interesse di detti soci, inten zionati a non abdicare al loro potere di serrare le porte della società ad estranei non graditi, e l'interesse dei creditori pignoranti a procedere alla vendita della quota del socio loro debitore alle migliori condizioni
possibili, indipendentemente dall'identità dell'acquirente. Un conflitto, questo, che l'art. 2480, 3° comma (ora rimpiazzato, senza sostanziali
modifiche, dall'art. 2471, 3° comma) risolve prevedendo anzitutto che tra il creditore procedente, il socio debitore e la società si ricerchi un accordo sulla vendita della quota e stabilendo poi che, in caso di man cato accordo, la vendita abbia luogo all'incanto, ma che per dieci giorni gli effetti dell'aggiudicazione restino condizionati, avendo la società la
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