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sezione I civile; sentenza 11 maggio 1999, n. 4657; Pres. Senofonte, Est. Graziadei, P.M. Raimondi...

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sezione I civile; sentenza 11 maggio 1999, n. 4657; Pres. Senofonte, Est. Graziadei, P.M. Raimondi (concl. diff.); Turi (Avv. D'Ayala Valva, Russo) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Polizzi); Soc. Immobiliare Vico (Avv. Gallo, Rossi) c. Min. finanze. Conferma Comm. trib. centrale 11 aprile 1997, n. 1556 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 3 (MARZO 2000), pp. 887/888-891/892 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194833 . Accessed: 24/06/2014 21:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.72.104 on Tue, 24 Jun 2014 21:33:18 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 11 maggio 1999, n. 4657; Pres. Senofonte, Est. Graziadei, P.M.Raimondi (concl. diff.); Turi (Avv. D'Ayala Valva, Russo) c. Min. finanze (Avv. dello StatoPolizzi); Soc. Immobiliare Vico (Avv. Gallo, Rossi) c. Min. finanze. Conferma Comm. trib.centrale 11 aprile 1997, n. 1556Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 3 (MARZO 2000), pp. 887/888-891/892Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194833 .

Accessed: 24/06/2014 21:33

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PARTE PRIMA

correlati alle prestazioni lavorative eseguite nel periodo succes

sivo al trasferimento dell'azienda (Cass. 19 agosto 1995, n. 8924,

id., Rep. 1995, voce cit., n. 1191). III. - Sempre in tema di interpretazione del testo originario

dell'art. 2112 c.c., questa corte — salvo qualche isolata voce

contraria (v., appunto in senso contrario, Cass. 14 aprile 1986, n. 2628, id., Rep. 1986, voce cit., n. 1953, e 19 gennaio 1988, n. 369, id., Rep. 1989, voce cit., nn. 1652, 1653) — ha più volte sostenuto che, in caso di trasferimento di azienda, il pre

supposto della conoscenza o della conoscibilità (in forza delle

risultanze dei libri aziendali e del libretto di lavoro), previsto dal 2° comma dell'articolo per affermare la responsabilità soli

dale dell'acquirente riguardo ai crediti del lavoratore inerenti

all'attività prestata fino al tempo del trasferimento, era necessa

rio non solo nell'ipotesi in cui vi fosse stata disdetta dell'alie

nante, ma anche qualora la disdetta fosse mancata: tale inter

pretazione è stata basata, in primo luogo, sul tenore letterale

della norma — la quale alla menzione dei crediti suddetti face

va seguire l'inciso «compresi quelli che trovano causa nella di

sdetta dell'alienante» — e, in secondo luogo, sul rilievo che, in caso di continuazione del rapporto con l'acquirente, i diritti

che il 1° comma dell'articolo conservava ai lavoratori, indipen dentemente dalla loro conoscenza o conoscibilità, erano sola

mente quelli derivanti dalla anzianità raggiunta prima del tra

sferimento (v., fra le tante sentenze, Cass. 7 agosto 1982, n.

4416, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1569; 26 luglio 1984, n. 4422,

id., Rep. 1984, voce cit., n. 1805; 20 agosto 1987, n. 6979,

id., Rep. 1987, voce cit., n. 2173; 15 febbraio 1989, n. 909,

id., Rep. 1989, voce cit., n. 1650; 23 marzo 1991, n. 3115, id.,

Rep. 1991, voce cit., n. 1269; 20 novembre 1991, n. 12470, ibid., n. 1359, secondo cui l'onere della prova spetta al lavoratore, e 7 gennaio 1995, n. 209, id., Rep. 1995, voce cit., n. 1214).

Da tutti questi principi di diritto, cui deve farsi riferimento

per la decisione della controversia, debbono trarsi le seguenti conclusioni.

1. - Debbono essere condivise le censure (formulate dalla ri

corrente) sopra indicate nella lett. c).

È, innanzi tutto, contrario al diritto l'assunto costituente la

premessa sulla quale è stata basata la decisione impugnata, se

condo cui il licenziamento da parte della società Centro carni

era stato intimato verbalmente prima che fosse concluso il ne

gozio di cessione dell'azienda alla società Buratti e cioè il 7 aprile

1990, mentre la lettera del 3 maggio 1990 altro non era che

un atto di formale conferma di un licenziamento già comunica

to. Un siffatto argomento non tiene conto del fatto che il licen

ziamento verbale, essendo affetto da nullità assoluta, equiva lente ad inesistenza (secondo l'espressione usata in qualcuna delle

sentenze sopra indicate), non poteva spiegare alcun effetto.

In secondo luogo, pure contrario al diritto deve ritenersi il

corollario che dalla premessa è stato ricavato sul piano sostan

ziale, quando è stato affermato che «la forma del licenziamento non ha dato luogo ad alcuna impugnativa della lavoratrice, né

anteriormente a questa causa né in causa», e che, «pertanto, si deve ravvisare, per concludente adesione della prestatrice di

lavoro al licenziamento verbale, la cessazione del rapporto in

data 7 aprile 1990, con esonero dagli obblighi di reciproche pre stazioni» (fra la De Angelis e la società Buratti, come deve in

tendersi) «afferenti al periodo di preavviso». La lavoratrice, in

fatti, non aveva alcun onere di impugnare il licenziamento ver bale e, per questa ragione, non poteva essere ritenuto

concludente, nel senso affermato, un comportamento che, vice

versa, ben poteva dimostrare il contrario. Il tribunale, quindi,

poiché il licenziamento verbale non aveva determinato la risolu zione del rapporto di lavoro, avrebbe dovuto prendere in consi

derazione le domande dedotte in giudizio (anche) nei confronti della società cessionaria, per accertare se e in quale misura le

stesse fossero fondate.

Su questo punto della causa, quindi, la pronuncia impugnata non può essere tenuta ferma e, in tale pronuncia, restano assor bite le censure sopra indicate con le lett. a) e ti) (che pure inve stono la decisione con la quale è stata disconosciuta la prosecu zione del rapporto di lavoro, ma che perdono consistenza ri

spetto al preminente profilo di diritto testé esaminato). 2. - Per quanto concerne le restanti censure (indicate con le

lett. d ed e), la ricorrente — a parte un generico riferimento a «documenti», non meglio precisati, che essa De Angelis aveva redatto quale gerente del negozio di calzature — non indica

Il Foro Italiano — 2000.

gli elementi di conoscibilità (né, tanto meno, di conoscenza) in base ai quali si sarebbe potuta affermare la responsabilità della società cessionaria anche per i crediti della lavoratrice re

lativi al periodo di lavoro prestato alle dipendenze della cedente

società Centro carni. Ne deriva che — fermo restando che la

società Buratti era tenuta al pagamento dei crediti inerenti al

periodo in cui il rapporto di lavoro è proseguito dopo il trasfe

rimento dell'azienda, ivi compresi quelli collegati all'anzianità

acquisita (cfr., in proposito, Cass. 26 luglio 1984, n. 4422, so

pra indicata, in motivazione), e fino alla (eventuale) cessazione

del rapporto — non può essere sindacata la decisione emessa

dal tribunale nella parte in cui è stato ritenuto che la medesima

società non dovesse rispondere dei crediti che trovavano il loro

titolo nel lavoro prestato alle dipendenze del precedente datore

di lavoro.

Anche su questo punto della causa e in parziale accoglimento delle censure dedotte, quindi, la sentenza impugnata non può essere tenuta ferma.

Con il quarto motivo del ricorso la De Angelis deduce la vio

lazione e la falsa applicazione degli art. 90 ss. c.p.c. e il vizio

di omessa motivazione (art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.) e lamenta che il tribunale l'abbia condannata a pagare alla so

cietà Buratti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.

Avuto riguardo alla decisione emessa sui precedenti motivi

dell'impugnazione, questa censura rimane assorbita.

A conclusione di tutte le argomentazioni che precedono, deb

bono essere accolti per quanto di ragione i primi tre motivi del

ricorso, con assorbimento del quarto motivo, e la sentenza im

pugnata deve essere cassata in relazione ai profili accolti. La

causa deve essere, pertanto, rinviata ad un altro giudice, che

si designa nel Tribunale di Trento e che, uniformandosi ai prin

cipi di diritto enunciati nei precedenti punti I, II e III, dovrà

compiere il necessario accertamento sulle pretese fatte valere in

giudizio nei confronti della società resistente (ovviamente nei

limiti della domanda dedotta).

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 mag gio 1999, n. 4657; Pres. Senofonte, Est. Graziadei, P.M.

Raimondi (conci, diff.); Turi (Aw. D'Ayala Valva, Russo) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Polizzi); Soc. Immobiliare Vico (Avv. Gallo, Rossi) c. Min. finanze. Conferma Comm.

trib. centrale 11 aprile 1997, n. 1556.

Registro (imposta di) — Atti sottoposti a condizione — Tassa

zione (D.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, art.

27, 43).

L'art. 43, 1° comma, Iett. a), d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, nello

stabilire che la base imponibile, nel contratto traslativo o co

stitutivo di diritti reali sottoposto a condizione sospensiva, è data dal valore del bene alla data in cui si producono i

relativi effetti, fa riferimento al tempo del verificarsi della

condizione. (1)

(1) La massima di Comm. trib. centrale 11 aprile 1997, n. 1556, ora

confermata, si legge in Foro it., Rep. 1997, voce Registro (imposta), n. 82. In dottrina, nel medesimo senso, v. G. Arnao, Manuale dell'imposta

di registro con massimario, Milano, 1997. In senso contrario, cfr. B. Ianniello, Atti sottoposti a condizione:

l'imposta proporzionale di registro si calcola sul valore alla data dei

trasferimento, in Riv. giur. trib., 1998, 443, ad avviso della quale la base imponibile deve essere determinata tenendo conto del valore del bene al momento in cui si verificano gli effetti traslativi: ed in caso di contratto sospensivamente condizionato gli effetti traslativi si verifi cano una volta avveratosi l'evento dedotto in condizione, con decorren za dal momento della conclusione del contratto, secondo il principio

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Ines Turi, con il contratto di

costituzione della Immobiliare Vico s.a.s. stipulato il 28 feb

braio 1989, ha conferito la proprietà di un terreno in Siena, con accollo da parte della società di un debito ipotecario per lire 699.000.000; in tale contratto il valore del bene è stato indi

cato in lire 700.000.000, al lordo di detta garanzia, ed il suo

trasferimento è stato condizionato alla possibilità di destinarlo

ad edificazioni residenziali o commerciali in base al futuro pia no regolatore generale.

Con atto del 26 luglio 1991, le parti hanno dichiarato che

detta possibilità si era concretizzata, e che comunque la condi

zione era da considerarsi avverata, con l'efficacia del conferi

mento a partire dal 28 febbraio 1989, in quanto il piano regola tore adottato dal comune di Siena, ancorché in attesa dell'ap

provazione definitiva della regione Toscana, contemplava uno

sfruttamento della zona conforme alle indicate prospettive. In sede di registrazione di quest'ultimo atto, e facendo riferi

mento all'epoca della sua sottoscrizione, l'ufficio ha determina

to il valore del terreno in lire 5.800.000.000, fissando in pari misura l'imponibile.

L'impugnazione del relativo avviso da parte della Turi e della

società, diretta, fra l'altro, a sostenere che il valore tassabile

era quello del tempo della costituzione della società medesima,

è stata accolta dalla commissione tributaria di primo grado, ma

poi respinta dalla commissione di secondo grado, la quale ha

però ridotto l'imponibile a lire 3.941.000.000 (al netto del debi

to ipotecario). I contribuenti si sono rivolti alla commissione centrale, ripro

ponendo la suddetta tesi, sostenendo che era arbitraria la quali ficazione dell'area come edificabilc sulla scorta di uno strumen

to urbanistico non ancora perfezionatosi, e contestando la cor

rettezza della stima.

La commissione centrale, con la decisione dinanzi specifica

ta, ha respinto l'ulteriore gravame, osservando: — che il principio della retroattività degli effetti del verifi

carsi della condizione, di cui all'art. 1360 c.c., è recepito, in

tema d'imposta di registro, dall'art. 27 d.p.r. 26 aprile 1986

n. 131, con la regola dell'applicabilità dei criteri di tassazione

vigenti al tempo della conclusione del contratto condizionale,

ma è derogato dal successivo art. 43, 1° comma, lett. a), al

diverso fine della determinazione dell'imponibile, con il criterio

della rilevanza del valore del momento del verificarsi della con

dizione; — che l'edificabilità del terreno al predetto momento non

poteva essere messa in dubbio dai contraenti, dopo che l'aveva

no esplicitamente riconosciuta con l'atto del 1991, a prescindere dal rischio di un'eventuale «bocciatura» o modificazione del pia no regolatore da parte della regione;

della retroattività codificato dall'art. 1360 c.c.; L. Berliri, Corso isti

tuzionale di diritto tributario, Milano, 1997, III, 112, ove si osserva che il valore dei beni è sempre quello che essi hanno nel giorno in

cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo dell'atto, data che coinci

de con quelle di formazione dell'atto solo quando — come è di regola — la condizione retroagisce; analogamente, N. D'Amati (a cura di), La nuova disciplina dell'imposta di registro, Torino, 1989, 207; B. San

tamaria, Registro (imposta di), voce dell' Enciclopedia del diritto, Mi

lano, 1988, XXXIX, 533; P. Laroma, L'applicazione dell'imposta di

registro agli atti sottoposti a condizione sospensiva, in Rass. trib., 1998, 1402, per il quale la precisazione contenuta nel secondo periodo della lett. a) dell'art. 43 d.p.r. 131/86 altro non costituisce se non una con ferma del principio generale enunciato all'art. 27 in tema di retroattivi tà della tassazione dei negozi sospensivamente condizionati; A. Salva

ti, Imposta di registro ed atti sottoposti a condizione sospensiva, id.,

1999, 1510, secondo la quale la soluzione offerta dalla Suprema corte

al problema della tassazione degli atti sottoposti a condizione non tiene

conto del necessario raccordo tra le disposizioni civilistiche e quelle det

tate dal legislatore tributario, né dell'esatto significato dei principi in

materia di presupposti e di base imponibile; G. Petrelli, Regime fisca le degli atti di compravendita di terreni sottoposti alla condizione so

spensiva della sopravvenuta edificabilità, in Riv. not., 1995, 1243.

Per ulteriori riferimenti, v. Cass. 28 novembre 1991, n. 12795, Foro

it., 1992, I, 699, con nota di richiami, per la quale, in tema di imposta di registro di cui al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, alle delibere societarie

di aumento di capitale mediante emissione di nuove azioni — inizial

mente registrate con il pagamento dell'imposta in misura fissa come

atti sospensivamente condizionati (alla effettiva sottoscrizione delle azioni) — si applica, all'avveramento della condizione, l'imposta proporziona le dovuta secondo le norme vigenti al momento della delibera (detratto

l'importo del tributo fisso già percetto dall'amministrazione).

Il Foro Italiano — 2000 — Parte 7-17.

— che la commissione di secondo grado aveva tenuto conto

dell'indicato rischio, apportando proprio in ragione della sua

presenza una riduzione del venti per cento sul valore accertato

dall'ufficio; — che tale stima non era rivedibile nel terzo grado del proce

dimento, per i limiti ad esso posti dall'art. 26 d.p.r. 26 ottobre

1972 n. 636.

La cassazione della decisione della commissione centrale è stata

chiesta dalla Turi, con ricorso notificato il 18 luglio 1997 ed

articolato in tre motivi, ed anche dall'Immobiliare Vico, sulla

base di due censure, con ricorso notificato il 19 luglio 1997.

L'amministrazione finanziaria ha replicato con controricorso

all'impugnazione della società.

Quest'ultima ha depositato memoria.

Motivi della decisione. — I ricorsi devono essere riuniti, ai

sensi dell'art. 335 c.p.c. Con i primi due motivi del ricorso della Turi e con il ricorso

della società si torna a sostenere, in via principale, che il citato

art. 43, collegando l'imponibile al valore del bene alla data de

gli effetti del contratto sottoposto a condizione sospensiva, con

sidera all'uopo decisivo il tempo della stipulazione del contratto

stesso, cui risalgono detti effetti a seguito del venire ad esisten

za dell'evento condizionante (ove le parti non abbiano stabilito

un'altra decorrenza); in via subordinata, si assume che il diver

so principio seguito dalla commissione centrale, nel senso della

rilevanza della situazione dell'epoca del determinarsi della con

dizione, non avrebbe potuto comunque consentire di valutare

il fondo come edificabilc, perché a detta epoca il piano regola tore mancava del placet della regione, ed avrebbe in ogni caso

imposto l'applicazione dell'art. 52, 4° comma, d.p.r. n. 131

del 1986, sul divieto di rettifica per i terreni non edificabili quan do il valore dichiarato raggiunga quello derivante dalla rendita

catastale «aggiornata». Entrambe le deduzioni sono infondate.

In ordine alla tesi principale, va ricordato che il contratto

sottoposto a condizione sospensiva, ai sensi dell'art. 1353 c.c.,

acquista efficacia con il verificarsi dell'evento futuro ed incerto

previsto come condizionante.

L'art. 1360 c.c. si occupa della decorrenza di detta efficacia,

stabilendo, in via generale, la sua retroazione a partire dalla

conclusione del contratto, salvi i casi in cui la volontà delle

parti o la natura del rapporto richiedano di riportarla ad un

momento diverso.

La disciplina codicistica distingue quindi il fatto generatore

degli effetti del contratto sospensivamente condizionato, rap

presentato dal verificarsi della condizione, e la datazione degli effetti medesimi, da farsi risalire ad un tempo anteriore, nor

malmente coincidente con quello della nascita del rapporto ne

goziale. L'art. 43, 1° comma, lett. a), d.p.r. n. 131 del 1986, stabilen

do che la base imponibile, nel contratto traslativo o costitutivo

di diritti reali soggetto a condizione sospensiva, è segnata dal

valore del bene alla data in cui «si producono» i relativi effetti,

va inteso riferito al tempo del verificarsi della condizione. A tale interpretazione induce l'elemento testuale, in linea con

la terminologia del codice civile, in quanto gli effetti traslativi

o costitutivi sono «prodotti» non dalla stipulazione del contrat

to condizionale, destinato a rimanere inoperante senza l'avvera

mento dell'evento futuro, ma dall'accadimento di questo; la re

troattività degli effetti stessi, una volta prodottisi, non implica mutamento del fatto generatore.

L'esplicito richiamo del momento produttivo degli effetti non

può ritenersi improprio od atecnico, allo scopo di abbracciare

(come sostenuto dai ricorrenti) le varie date cui la condizione

può retroagire (quella «naturale» della stipulazione e quella even

tualmente diversa prevista dai contraenti od imposta dal tipo

di affare). La tesi è smentita proprio dal collegamento dell'art. 43 con

l'art. 27, 2° comma, d.p.r. n. 131 del 1986, sul quale fanno

invece leva i contribuenti.

Detto art. 27 dispone che, quando la condizione si verifichi

o l'atto produca i suoi effetti prima dell'avveramento di essa,

l'imposta è dovuta secondo le norme vigenti al momento della

formazione dell'atto.

L'avveramento della condizione o la situazione ad esso equi

pollente sono dunque accomunati nella qualità di fatto produt

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PARTE PRIMA

tore degli effetti; la data dell'uno e dell'altra sono poi tenute

distinte dalla data della conclusione del contratto.

Il coordinamento delle due disposizioni evidenzia così l'inten

to del legislatore tributario di recepire le indicate nozioni civili

stiche, per dare una soluzione distinta al quesito dell'individua

zione della disciplina applicabile (quella del tempo della stipula

zione) ed al quesito del valore fiscalmente rilevante (quello del

tempo in cui il contratto condizionale si è tradotto in un con

tratto traslativo o costitutivo della proprietà od altro diritto reale). La distinzione si appalesa logica, mentre l'esegesi propugnata

dai ricorrenti non sottrarrebbe l'art. 43 in esame a dubbi di

legittimità costituzionale, in relazione agli art. 3 e 53 Cost.

La tassazione di registro, sulla scorta del valore dell'epoca della stipulazione del contratto condizionale, porterebbe a di

sancorare il prelievo tributario dalla concreta consistenza dei

riflessi economici dell'atto, cioè dagli elementi evidenziatori della

capacità contributiva dei contraenti.

L'entità di tale prelievo, infatti, seguendo l'indicato criterio, e cioè prescindendo dal valore che il bene abbia assunto al mo

mento del verificarsi della condizione, presenterebbe un'incidenza

percentuale aleatoria e non proporzionata al fatto influente per la tassazione, potendo al limite raggiungere un ammontare pari 0 superiore al prezzo di mercato del cespite trasferito, oppure rendere irrisorio il carico fiscale, rispettivamente a fronte di vi

cende modificative, al ribasso od al rialzo, dell'andamento del

mercato stesso.

La deduzione subordinata, inerente alla mancata conclusione

del complesso procedimento di formazione del piano regolato

re, è potenzialmente rilevante sotto il duplice profilo dei risvolti

di detta situazione sul valore e della sua attitudine a rendere

operante il menzionato art. 52, 4° comma, il quale riguarda 1 terreni che non abbiano destinazione edificatoria in base a

«strumenti urbanistici», cioè a normativa di assetto del territo

rio in vigore alla data di riferimento.

In relazione al primo profilo, si deve osservare che il valore

decisivo per la tassazione è quello venale, cioè il prezzo che

il bene avrebbe in una libera contrattazione di mercato.

Rispetto ad un terreno a destinazione agricola secondo il pia no regolatore vigente, ma dotato di edificabilità in fieri per le

previsioni di un piano regolatore comunale in attesa dell'inter

vento della regione, detto prezzo sconta positivamente le pro

spettive del piano medesimo, anche se non raggiunge il quan tum proprio dell'edificabilità «piena», restando decurtato in ri

spondenza dell'eventualità in cui detto intervento manchi o non

sia del tutto in linea con le aspettative (come si sarebbe verifica

to nel caso concreto, a dire dei ricorrenti, con la possibilità di realizzare fabbricati di tipo «economico-popolare» solo in

una porzione dell'area conferita). Alla luce di tale premessa, le corrette osservazioni dei contri

buenti, in ordine alla non equiparabilità di un'edificabilità in

corso di perfezionamento ad un'edificabilità già certa, e le loro condivisibili critiche al rilievo della commissione centrale circa

la portata vincolante delle dichiarazioni rese in proposito dalle

parti nell'atto del 1991 (l'edificabilità è qualità oggettiva del

suolo insensibile alle opinioni dei contraenti) non sono tali da viziare il decisum della pronuncia impugnata, non allegandosi elementi idonei ad infirmare l'ulteriore ed esaustiva considera zione della commissione centrale, secondo cui la stima operata dalla commissione di secondo grado teneva conto dei riflessi

negativi sul valore del terreno connessi alla pendenza del proce dimento di definitiva approvazione del piano.

In relazione al secondo dei suddetti profili, va ricordato che

i contribuenti, nella precorsa fase processuale, hanno sollecitato

l'applicazione dell'art. 52, 4° comma, d.p.r. n. 131 del 1986

come semplice corollario della carenza della edificabilità «di di

ritto», ma non hanno dedotto e dimostrato le altre condizioni

occorrenti «in positivo» per l'operatività del divieto di rettifica

contemplato dalla norma, consistenti nell'iscrizione in catasto del terreno con attribuzione di rendita, e nell'entità del valore

«tabellare», ricavabile dalla rendita medesima, in importo pari od inferiore a quello dichiarato; in assenza di tale attività asser

tiva e probatoria, la denuncia d'omesso esame dell'indicata que stione non può invalidare la statuizione impugnata, investendo

problematica che rimaneva (e rimane) su un piano astratto, sen za essere in grado di approdare nel caso concreto all'afferma zione dell'illegittimità dell'atto impositivo.

Con il terzo motivo del ricorso della Turi, adducendosi la

Il Foro Italiano — 2000.

violazione dell'art. 26 d.p.r. n. 636 del 1972, si addebita alla

commissione centrale il mancato esame delle censure sulla valu

tazione del fondo, nella parte in cui non sollevavano quesiti di mera stima, ma opponevano l'inosservanza delle regole det

tate in materia dall'art. 51 d.p.r. n. 131 del 1986.

Anche tale motivo è infondato.

La Turi, con il ricorso alla commissione centrale (come del

resto in questa sede), ha richiamato il predetto art. 51, sui para metri che devono essere seguiti nella valutazione, specificamen te invocando soltanto la regola del riferimento alla «situazione

di fatto e di diritto del momento impositivo»; il precedente atto

d'impugnazione, pertanto, oltre alle tesi esaminate dalla com

missione centrale, e poi riproposte con le altre censure già va

gliate, non ha introdotto ulteriori questioni sull'ammontare del

l'imponibile che esorbitassero dalla valutazione estimativa e fos

sero quindi scrutinabili nel terzo grado del procedimento nel

rispetto dei confini ad esso fissati dal citato art. 26 d.p.r. n.

636 del 1972. In conclusione i ricorsi devono essere respinti.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 aprile

1999, n. 3685; Pres. Vessia, Est. Benini, P.M. Palmieri (conci,

conf.); Mighela e altri (Avv. Ozzo, Marras) c. Regione Sar

degna, Fall. soc. imprese riunite. Regolamento di competenza avverso Trib. Cagliari 2 giugno 1997.

Procedimento civile — Chiamata in causa — Garanzia impro

pria — Fallimento del chiamato — Improcedibilità della do

manda di garanzia — Attrazione della domanda principale — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 20, 43, 102, 106; r.d.

16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 9, 24,

52, 92).

Qualora l'atto di chiamata in causa di un terzo, da parte del

convenuto, introduca una domanda di garanzia impropria,

fondata su un distinto rapporto giuridico fra chiamante e chia

mato, la improcedibilità di tale domanda di garanzia, deri

vante dalla dichiarazione di fallimento del chiamato, non si

riflette sull'autonoma controversia relativa alla domanda prin

cipale dell'attore contro il convenuto. (1)

(1) I. - Ritornano all'attenzione della Cassazione le problematiche circa la definizione in termini di competenza (o meno) della cognizione sulla domanda di condanna indirizzata nei confronti di un soggetto fal lito, e circa l'individuazione del mezzo d'impugnazione esperibile avver so la sentenza che ha sanzionato l'improcedibilità del processo avente ad oggetto più cause riunite, una delle quali spetti alla cognizione del

giudice fallimentare. Nel caso di specie, in corso di causa è stato dichiarato il fallimento

del terzo chiamato in giudizio ai sensi dell'art. 106 c.p.c. dal convenuto che ha proposto nei suoi confronti domanda di garanzia impropria. La parte attrice, nelle conclusioni finali, ha a sua volta inteso giovarsi dell'ingresso nel processo di altro soggetto ed ha quindi esteso ad esso la sua domanda nell'ipotesi denegata di declaratoria del difetto di legit timazione passiva dell'ente convenuto.

A seguito dell'ordinanza d'interruzione seguita all'apertura della pro cedura concorsuale, il giudizio è proseguito nella contumacia del cura tore ed è stato infine deciso dal tribunale con sentenza con la quale è stata dichiarata l'improcedibilità delle domande tutte, sia la principale che quella di garanzia, con conseguente affermazione della competenza del tribunale fallimentare a conoscere sulla controversia in ciascuna del le sue articolazioni.

Molteplici sono, dunque, gli spunti di riflessione che la pronunzia in rassegna, emessa in sede di regolamento di competenza, propone.

II. - La sentenza d'improcedibilità. Siffatta formula qualifica la deci sione con la quale il giudice, adito in sede ordinaria, dispone che la

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