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Sezione I civile; sentenza 11 marzo 1980, n. 1612; Pres. Mirabelli, Est. Corda, P. M. Gorssi (concl....

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Page 1: Sezione I civile; sentenza 11 marzo 1980, n. 1612; Pres. Mirabelli, Est. Corda, P. M. Gorssi (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Baccari) c. Soc. Ferrero (Avv. Uckmar).

Sezione I civile; sentenza 11 marzo 1980, n. 1612; Pres. Mirabelli, Est. Corda, P. M. Gorssi(concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Baccari) c. Soc. Ferrero (Avv. Uckmar). ConfermaComm. trib. centrale 14 maggio 1976, n. 13120Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 11 (NOVEMBRE 1981), pp. 2819/2820-2823/2824Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174123 .

Accessed: 28/06/2014 15:28

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2819 PARTE PRIMA 2820

mo complessivo di anni due, allorché vi siano comprovate possi bilità di risanare l'impresa.

La sopravvenienza de qua è irrilevante nel presente giudizio di cassazione. Invero, la norma in esame limita espressamente la propria portata di ius superveniens ai casi di pendenza della

procedura davanti al tribunale competente a provvedere sulla domanda di ammissione all'amministrazione controllata e di pro roga eventuale.

Si tratta di una sopravvenienza funzionale, coordinata all'im mediata operatività del nuovo termine nella pendenza del pro cedimento di amministrazione controllata, e non di una soprav venienza generica, applicabile in ogni grado del giudizio.

In conclusione, i ricorsi debbono essere riuniti ed accolti con cassazione senza rinvio del provvedimento di proroga dell'ammi nistrazione controllata, proroga che non poteva essere accordata

perché allora non ammessa dalla legge. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 11 mar

zo 1980, n. 1612; Pres. Mirabelli, Est. Corda, P. M. Grossi

(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Baccari) c. Soc.

Ferrerò (Aw. Uckmar). Conferma Comm. trib, centrale 14

maggio 1976, n. 13120.

Ricchezza mobile (imposta sulla) — Riscossione — Ritenute —

Concorsi a premio — Esclusione (D. pres. 29 gennaio 1958

n. 645, t. u. delle leggi sulle imposte dirette, art. 35, 127).

L'obbligo (di cui all'art. 127, 3" comma, t. u. n. 645/1958), posto a carico degli organizzatori di «lotterie in genere», di pagare

quali sostituti d'imposta di ricchezza mobile per le vincite da

essi dovute non è estensibile agli organizzatori di concorsi a

premio (ricadendo in tal caso unicamente sul soggetto che ha

realizzato la vincita). (1)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con avviso notificato il 28 dicembre 1965, l'ufficio distrettuale delle imposte dirette di Alba accertava, a carico della s.p.a. P. Ferrerò & C., un imponibile di r. m. cat. A di lire 78.366.621 per i redditi de

rivanti dai concorsi a premio organizzati dalla società stessa nel

l'anno 1961.

Contro tale accertamento, la soc. Ferrerò ricorreva alla com

missione distrettuale sostenendo, per quanto interessa in que sta sede, che per le vincite dei concorsi a premio l'art. 127 t. u.

sulle imposte dirette (d. pres. 29 gennaio 1958 ti. 645) non pre vede affatto l'obbligo del pagamento dell'imposta a carico degli

organizzatori, quali « sostituti » (con facoltà di rivalsa verso i

reddituari, mediante ritenuta), cosi come previsto « per le lotte

rie in genere ».

La commissione accoglieva la tesi della contribuente e, per

tanto, annullava l'accertamento.

Su appello dell'ufficio, però, la commissione provinciale rifor

mava la detta decisione e, conseguentemente, dichiarava la le

gittimità dell'accertamento predetto. Nel frattempo, l'ufficio notificava alla soc. Ferrerò altri avvisi,

con i quali venivano accertati i seguenti imponibili: a) per l'an

no 1962, lire 42.877.913; b) per l'anno 1963, lire 31.525.275;

c) per l'anno 1964, lire 46.254.518. Anche tali accertamenti ve

nivano, su ricorso della contribuente, annullati dalla commis

sione distrettuale e dichiarati legittimi, invece, dalla commis

sione provinciale. Contro le quattro decisioni di quest'ultima veniva, dalla con

tribuente, proposto ricorso alla Commissione tributaria centrale

(1) La Cassazione si pronuncia per la prima volta sulla questione dell'applicabilità della tassazione per ritenute — con facoltà di ri valsa — delle vincite di concorsi a premio sotto la normativa del t. u. 28 gennaio 1958 n. 645.

L'inapplicabilità della norma di cui all'art. 127, 3° comma, di detto t. u., era stata recepita dalla giurisprudenza della Commissione centrale per cui vedi, oltre la decisione confermata 16 maggio 1977, n. 13120, Foro it., Rep. 1972, voce Ricchezza mobile, n. 347, dee. 6 dicembre 1976, n. 14322, ibid., n. 348 (in senso contrario, peraltro, la più remota 25 ottobre 1968, n. 99650).

In dottrina la sentenza de qua è annotata adesivamente da Schwar zemberg, Sulla inapplicabilità al concorso a premi della tassazione mediante rivalsa, in Dir. e pratica trib., 1980, II, 678; nello stesso senso cfr. Magnani, Concorsi a premi e imposte di r. m., id., 1977, II, 533 e Guidi, Applicabilità della ritenuta di rivalsa per imposta di r. m. cat. A alle vincite derivanti da concorsi a premio, id., 1970, II, 451; Giussani, Concorsi a premi e imposte di r. m., in Riv. dir. fin., 1965, I, 722.

che, con una unica decisione (pubblicata il 14 maggio 1976),

accoglieva la tesi della ricorrente affermando che la norma con

tenuta nell'art. 127, 2° comma, lett. a), t. u. sulle imposte dirette

(norma di « stretta interpretazione ») prevede la tassazione, con

facoltà di rivalsa, a carico degli organizzatori di lotterie e non,

invece, a carico degli organizzatori di concorsi a premio. Tali

concorsi, secondo la commissione, hanno natura giuridica diversa

dalle lotterie e, pertanto, quando la legge ha menzionato le

« lotterie in genere » non ha affatto inteso riferirsi anche ai con

corsi a premio; e ciò si deve desumere, secondo la commissione, dal fatto che quando il t. u. ha voluto assoggettare i concorsi a

premio e le lotterie alla medesima disciplina (art. 85) ha fatto

espressamente menzione di entrambi.

Contro tale decisione ricorre per cassazione, ai sensi dell'art.

Ill Cost., l'amministrazione finanziaria dello Stato con un unico

motivo di censura. L'intimata società Ferrerò resiste mediante

controricorso.

Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente amministrazione finanziaria dello Stato denuncia, con riferimento all'art. 360, un. 3 e 5, cod. proc. civ., la vio

lazione delle seguenti disposizioni di legge: « art. 39, 43 e 44

r. d. 1. 19 ottobre 1938 n. 1933, art. 85 e 127 t. u. delle leggi sulle

imposte dirette (d. pres. 29 gennaio 1958 n. 645), art. 12 disp. sulla legge in generale, art. 30 d. pres. 29 settembre 1973 n. 600».

Sostiene che la Commissione tributaria centrale sarebbe in

corsa in errore, allorché ha affermato che l'obbligo (di cui al

l'art. 127, 3° comma, t. u. n. 645 del 1958) posto a carico degli

organizzatori di « lotterie in genere » di pagare « quali sosti

tuti » l'imposta di ricchezza mobile per le vincite da essi dovute

non è estensibile agli organizzatori dei concorsi a premio. Secondo la ricorrente, la commissione sarebbe incorsa nell'er

rore predetto per non avere saputo coordinare esattamente la

disposizione di cui alla norma citata con quella contenuta nel

precedente art. 85, il quale indica, come « redditi » soggetti al

l'imposta di ricchezza mobile (tassabile in cat. A), i premi su

prestiti e vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giuochi e delle scommesse. L'errore, cioè, sarebbe consistito nel non ave

re inteso che, con l'espressione « lotterie in genere », il legisla tore aveva voluto riferirsi non solo a tutte le singole specie di

lotterie, bensì a tutte le « figure » indicate nel citato art. 85.

In tale errore, secondo la ricorrente, la commissione non sa

rebbe incorsa se avesse tenuto conto del disposto degli art. 39, 43 e 44 r. d. 1. 19 ottobre 1938 n. 1933, dal cui contenuto do

vrebbe ricavarsi l'esistenza di un ampio genus che comprende «le lotterie, i concorsi a premio, i giochi e le scommesse», con

trapposto solo a quello comprensivo dei «premi su prestiti». Si

sarebbe dovuto, cioè, ricavare che le lotterie e i concorsi a pre mio hanno identica natura giuridica e, pertanto, quando la legge

parla di lotterie « in genere » intenderebbe riferirsi anche ai

concorsi a premio. 2. - La censura è priva di fondamento.

Com'è noto, nel vigore della passata legislazione si era di

scusso se i premi di lotterie, e, in genere, i proventi derivanti da

un evento aleatorio, potessero assumere la natura di « reddito »

mobiliare e potessero perciò, in quanto tali, essere assoggettati ad imposta.

Il problema trovò in parte soluzione, allorché l'art. 11 t. u.

24 agosto 1877 n. 4021 dichiarò espressamente tassabili median

te ritenuta diretta le vincite del lotto. Tale norma subì la cri

tica della dottrina, la quale trovò modo di osservare che la stes

sa tendeva a colpire un « guadagno » non avente la natura giu ridica di «reddito»; né a tale critica si mostrò insensibile la

stessa Commissione centrale, la quale ritenne che la disposizione dettata per il lotto avesse natura eccezionale e non potesse,

perciò, estendersi alle vincite di altre lotterie i cui premi non

avevano natura di « reddito ». E se era vero, da un lato, che

l'art. 15 del detto t. u. disponeva la tassabilità dei premi dei

prestiti, non era men vero, dall'altro, che la tassazione predetta

appariva giustificata dalla considerazione che il premio costituiva

una integrazione degli interessi del finanziamento, ossia il frutto

dell'impiego del capitale. Si ritenne però, pacificamente, che

da tale norma non potesse ricavarsi un principio di tassabilità

dei premi in ogni caso.

Per assoggettare ad imposta i premi delle lotterie di ogni spe cie, fu emanata la legge 22 luglio 1894 n. 339 '(art. 2), ma ri

masero sempre esenti le vincite del lotto.

Tale legislazione restò immutata fino all'emanazione della leg

ge 8 giugno 1936 n. 1231 che, modificando il 2° comma dell'art.

15 citato t. u. del 1877, assimilava ai premi dei prestiti, da chiun

que emessi, i premi delle lotterie di ogni genere che non fos

sero esenti per disposizioni speciali. In virtù della predetta legge,

pertanto, furono ritenuti tassabili tutti i premi di lotteria non

dichiarati esenti; e la tassazione si ritenne disposta col sistema

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

della rivalsa. Col r. d. 1. 1° luglio 1938 n. 1265, poi, vennero di chiarati esenti i premi di alcune lotterie (Tripoli, Merano, ecc.).

Con l'entrata in vigore del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645, la ma

teria ha trovato regolamentazione nell'art. 81, il quale nel pri mo comma ha definito il presupposto dell'imposta di ricchezza

mobile, indicandolo nel « reddito », secondo il concetto tradizio nalmente accolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza; e nel se

condo ha fatto rientrare nella materia disponibile anche « som me » prive del carattere del « reddito ». Tra queste ultime, infatti, sono stati ricompresi « i premi su prestiti e le vincite di lotterie, concorsi a premio, giochi e scommesse »; e non v'è dubbio che

si tratta di « somme » non aventi natura di « reddito », giacché le stesse non sono collegate ad alcun processo produttivo, ma

che, tuttavia, si è inteso rendere tassabili, pur senza apportare al

terazione alcuna al concetto giuridico di « reddito fiscale ».

3. - Esaurito l'excursus storico, resta ora da considerare che, in

ordine alla classificazione di tali « somme » (assimilate al « red

dito » solo ai fini della tassabilità), l'art. 85 citato t. u. n. 645

del 1958 le ha fatte rientrare tutte nella categoria che poteva

presentare maggiori affinità di natura, cioè nella cat. A: nessun

dubbio perciò, può (rectius: poteva, nel vigore di quella legis lazione, che è poi quella ancora applicabile al caso di specie, te

nuto conto del momento in cui sarebbe sorta l'obbligazione tri

butaria) nascere circa l'identificazione del presupposto della im

posizione. Il problema, se mai, sorge riguardo alla formulazione dell'art.

127, con riferimento al sistema di tassazione: ed è proprio il pro blema la cui soluzione viene sollecitata col motivo di ricorso in

esame.

Tale norma disciplina il caso in cui ad assolvere l'obbliga zione tributaria è tenuto, in veste di « sostituto d'imposta » (se condo la definizione datane dall'art. 14 t. u.) un soggetto diverso

dal percipiente il « reddito » (o somma assimilata al reddito), ferma restando la facoltà di rivalsa. Essa dispone, cioè, che sono

sostituti di imposta « gli organizzatori di lotterie in genere per le vincite da essi dovute » : e già appaiono chiari, dalla detta

formulazione, i termini del problema, solo che si noti che nei

precedenti art. 81 e 85 erano state menzionate, a fianco delle

vincite delle lotterie, quelle dei concorsi, dei giochi e delle scom

msse; mentre, nell'articolo in esame, il riferimento è fatto uni

camente agli organizzatori delle sole lotterie (« in genere »).

Proprio a causa di questa limitata indicazione, la norma è

stata oggetto di errate critiche, essendosi osservato che se, da

un lato, appare determinante l'elemento letterale (collegato al

fatto che sono da considerarsi « eccezionali » e, quindi, non in

tegrabili col mezzo dell'analogia le norme disponenti una « so

stituzione tributaria »), dall'altro appare difficilmente comprensi bile che non si sia voluta una parità di trattamento per le fatti

specie concernenti i concorsi a premio, i giochi e le scommesse.

Né a queste critiche si è mostrato insensibile lo stesso legisla

tore, il quale, in sede di riforma, con l'art. 30 d. pres. 29 set

tembre 1973 n. 600, ha assoggettato a ritenuta alla fonte le « vin

cite derivanti dalla sorte, dai giochi di abilità, da concorsi a

premi, da pronostici e da scommesse ».

4. - Quest'ultima disciplina (che, come si è accennato, non si

applica al caso di specie, il quale resta regolato dalla norma

tiva anteriore) non aiuta però a risolvere il problema in esame,

apparendo sempre di scarsa consistenza l'argomento giuridico che

pretende di chiarire il significato di una norma alla luce di

quella emanata successivamente (che, ovviamente, non contenga

un'interpretazione autentica della precedente). La sola via possibile, perciò, è quella dell'analisi sistematica

degli istituti giuridici coinvolti nel problema esaminato; e, quin

di, in definitiva, occorre stabilire se la dizione « lotteria in ge

nere», contenuta nell'art. 127 t. u., possa ritenersi comprensiva

anche delle altre « figure » contemplate negli art. 81 e 85; e fra

esse, in particolare, i concorsi a premio. In questa prospettiva, però, va subito escluso che la norma

in esame abbia inteso superare un'espressione generica avente

valore di rinvio al contenuto di detti art. 81 e 85, perché, così

opinando, dovrebbero ritenersi in essa compresi anche i giochi

e le scommesse che, invece, ne restano esclusi. È pacifico, infat

ti, che, per il pagamento delle relative vincite, non era, nel si

stema considerato, prevista la sostituzione tributaria.

La stessa ricorrente, del resto, neppure prospetta una siffatta

possibilità di interpretazione e fonda, invece, il proprio assunto

— come si è riferito — sull'osservazione che le lotterie e i con

corsi a premio avrebbero identica natura giuridica (di modo

che, con l'espressione « lotterie in genere », il legislatore avrebbe

inteso indicare non solo le varie specie di lotterie, ma anche i

concorsi a premio). Ma una tale tesi è priva di fondamento.

Dottrina e giurisprudenza, infatti, sono assolutamente concordi

nell'escludere quell'identità di natura, osservando, anzitutto, che

differente è la struttura delle due figure, perché mentre nelle lotterie la partecipazione all'estrazione a sorte è subordinata al l'esecuzione di una determina prestazione patrimoniale (la quale deve necessariamente essere effettuata per poter essere ammessi

all'assegnazione del premio), i concorsi sono caratterizzati dalla

gratuità, giacché sussiste l'assoluto divieto legislativo (sancito

proprio da quel decreto del 1938 che la ricorrente assume es sere stato violato) della maggiorazione dei prezzi dei prodotti il cui acquisto costituisce condizione per la partecipazione al con corso. In altri termini, mentre la lotteria è da definirsi come il contratto con cui in cambio dell'esecuzione di una determinata

prestazione patrimoniale si acquista il diritto a partecipare a un'estrazione a sorte, nei concorsi a premio manca la bilateralità

dell'alea, né si è di fronte a un contratto avente causa di gioco, ossia a un contratto in cui la vincita o la perdita dipende da un

rischio creato artificialmente dalle parti, in quanto alla speranza di un guadagno non fa riscontro la possibilità di una perdita. Né in contrario rileva che anche il concorso ha un suo costo

che finisce per incidere su quello del prodotto; infatti, di fronte

al divieto di legge di aumentare i prezzi a causa del concorso,

quell'incidenza finisce per avere rilevanza solo nel campo eco

nomico (rientrando, in definitiva, fra i costi di pubblicità del

l'azienda), non anche in quello giuridico. Un'ulteriore differenza, poi, è da ravvisare nella diversa fun

zione delle due figure predette, ossia nello scopo perseguito dal

l'organizzatore, il quale, in caso di lotteria, si propone di rica

vare un guadagno dalla stessa gestione della lotteria (e cioè di

speculare sul rischio artificialmente creato dalle parti): mentre

nei concorsi a premio mira unicamente, sostenendone l'onere

economico, a favorire la diffusione di un determinato prodotto. Né ha pregio l'assunto dell'amministrazione ricorrente, secon

do cui l'identità di natura fra le lotterie e i concorsi a premio dovrebbe desumersi dal fatto che le due figure, per il modo della

rispettiva collocazione nella legge n. 1933 del 1938, sarebbero

egualmente equidistanti dai «premi su prestiti». Questo, infat

ti, non è un valido argomento giuridico, poiché non scalfisce

minimamente la bontà dei rilievi cui prima si è fatto cenno e

sui quali concordano pacificamente, come si è detto, dottrina e

giurisprudenza. 5. - Stabilita, quindi, la diversa natura dei due istituti giuri

dici esaminati ed escluso, conseguentemente, che l'art. 127 possa avere riferimento anche ai concorsi a premio, resta solo da

spiegare perché, in detta norma, il legislatore abbia adoperato l'espressione «lotterie in genere». Escluso, cioè, che lotterie e concorsi appartengano a un unico genus sembrerebbe priva di

significato l'espressione « in genere » riferita alle sole lotterie

(nel senso, cioè, che lotterie e lotterie in genere sarebbero espres sioni anonime, tanto che sarebbe bastato dire semplicemente « lotterie »).

L'osservazione, per la verità, non è del tutto priva di signifi cato; ma poiché le norme giuridiche devono essere interpretate nel senso di attribuire sempre alle stesse un possibile significato (non essendo consentito all'interprete la disapplicazione della

norma stessa, o l'applicazione aberrante, dietro il trinceramento

di una semplice imperfezione sintattica o di stile, ovvero di un

inutile pleonasma), puntualmente la dottrina ha suggerito una

plausibile soluzione del problema, osservando che quell'espres sione, nel dettato della norma, può intendersi come rafforzativa della volontà di assoggettare a quel particolare sistema di tas

sazione (« sostituzione con facoltà di rivalsa ») « ogni tipo di

lotteria ». È noto, infatti, che numerosi sono i tipi di lotteria

(basti pensare a quelle in cui l'assegnazione del premio discende

direttamente da una pura e semplice estrazione e a quelle in

cui l'estrazione stessa è collegata a una «competizione», spor tiva o di altro genere); di modo che il termine « lotteria » può anche essere inteso come indicativo di un genus, ma non tanto

ampio da farvi rientrare anche quei concorsi a premio, che, come si è detto, appartengono a un genus diverso. Le species che

in tale genere rientrano, cioè, sono unicamente le operazioni di

sorte che hanno natura di lotteria, ossia quelle caratterizzate

dall'onerosità della partecipazione e del fine speculativo che ne

ha giustificato l'organizzazione. L'unica conclusione possibile, pertanto, è che solo per il caso

di vincita delle lotterie è prevista la sostituzione tributaria, con

facoltà di rivalsa: mentre per quanto attiene alle vincite dei

concorsi a premio, l'obbligo del pagamento dell'imposta ricade

unicamente sul soggetto che ha realizzato la vincita. E se, nella

compilazione della norma del 1958, il legislatore non ha tenuto

presenti le difficoltà concrete di attuare un tale tipo di tassa

zione (come, invece, ha fatto il legislatore del 1973) questo ele

mento marginale non può, certo, orientare l'interprete a disat

tendere una ben più chiara voluntas legis. Né può suggerire una

diversa interpretazione della norma la diversità di regolamenta

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2823 PARTE PRIMA 2824

zione delle due fattispecie che, in definitiva, sono analoghe, giac ché la sostituzione tributaria (e solo di questa si tratta) si ricol

lega a una valutazione di natura strettamente tecnica e, perciò, ad una scelta assolutamente discrezionale del legislatore, della

quale l'interprete non può che prendere atto; la norma che at

tua una tale sostituzione, infatti, ha natura tipicamente eccezio

nale e perciò, secondo i vigenti canoni ermeneutici, va intesa

come norma di stretta interpretazione, insuscettibile di integra zione analogica.

6. - Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.

(Omissis) Per questi motivi, ecc.

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 7 marzo

1980, n. 1537; Pres. Renda, Est. Buffoni, P. M. Valente

(conci, conf.); Lotto (Avv. Bussi) c. I.n.p.s. (Avv. Rossi

Doria, Chiabrera, Ausenda). Conferma App. Venezia 29 set

tembre 1975.

Previdenza sociale — Omesso versamento di contributi — Co

stituzione di rendita — Prova del rapporto di lavoro — Mezzi

diversi da prove documentali — Ammissibilità (Legge 12 agosto 1962 n. 1338, miglioramento dei trattamenti di pensione dell'as sicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, art. 13).

Nel giudizio promosso dal lavoratore, o dal datore di lavoro in

favore di questi, per ottenere la costituzione di una rendita

vitalizia a norma dell'art. 13 legge 12 agosto 1962 n. 1338, la

sussistenza del rapporto di lavoro può essere provata anche con

mezzi diversi dalla prova documentale necessaria in sede am

ministrativa. (1)

II

PRETURA DI VENEZIA; sentenza 24 maggio 1981; Giud. Sal

varani; Dal Corso (Avv. Dalla Santa) c. I.n.p.s. (Avv. Botta).

Previdenza sociale — Omesso versamento di contributi — Costi

tuzione di rendita per iniziativa del lavoratore — Prova del

rapporto di lavoro — Mezzi diversi da prove documentali —

Ammissibilità (Legge 12 agosto 1962 n. 1338, art. 13).

Nel giudizio promosso dal lavoratore per ottenere, in sostituzione del datore di lavoro inadempiente, la costituzione di una ren dita vitalizia a norma dell'art. 13 legge 12 agosto 1962 n. 1338, la sussistenza del rapporto di lavoro può essere provata anche

con mezzi diversi dalla prova documentale necessaria in sede amministrativa. (2)

I

La Corte, ecc. — Fatto. — In data 26 novembre 1976 Um berto Lotto presentava domanda all'I .n.p.s., sede di Padova, per la costituzione di rendita vitalizia, ai sensi dell'art. 13 legge 12

agosto 1962 n. 1338 essendo stati omessi e caduti in prescrizione i contributi che, dal maggio 1924 all'aprile 1927, avrebbe dovuto versare il mobilificio di Scanferla Angelo (cessato nel 1940) con sede in Padova, presso il quale, nel detto periodo, egli aveva la vorato percependo una paga di lire 90 settimanali. L'istante di chiarava di non essere in grado di dare la richiesta « prova scrit ta » dato il tempo trascorso e la cessazione della ditta.

(1-2) La sentenza del Pretore di Venezia amplia le argomentazioni di quella della Cassazione (riportata anche in Prev. soc., 1980. 561, con nota di Procaccio) sottolineando l'affermazione del prin cipio in favore del lavoratore, più che escludendola per il datore di lavoro, con il considerare «che normalmente il lavoratore è estraneo alla formazione della prova documentale di cui, pertanto, può non essere in possesso a differenza, invece, del datore di lavoro».

In senso conforme, v. anche Pret.. Livorno 26 giugno 1976, Foro it., Rep. 1978, voce Previdenza sociale, n. 337.

Orientamento diverso hanno espresso Pret. Padova, ord. 18 ottobre 1979, id., 1980, I, 1547, con nota di richiami, e in Prev. soc., 1980, 583, con nota di Picichè, e Trib. Torino, ord. 22 ottobre 1980, Lavoro e prev., 1981, 1654, con nota di Romanelli, che hanno sollevato questione di costituzionalità dell'art. 13 legge 1338/1962 nella parte in cui esclude il diritto sia del lavoratore che del datore di lavoro di provare con mezzi diversi da prove documentali di data certa il rapporto di lavoro e la misura della retribuzione. Tale orientamento è condiviso da Cass. 29 aprile 1980, n. 2867, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 340, che ha però ritenuto irrilevante la questione avendo il giudice di merito, nella specie, fornito motivato apprezzamento delle risultanze delle prove testimoniali esperite.

Tale domanda veniva respinta e la procedura in via ammini

strativa, seguita al ricorso del Lotto, si concludeva con il prov vedimento definitivo del comitato esecutivo, comunicato all'inte

ressato il 10 maggio 1967, con il quale veniva negato al Lotto il

diritto alla costituzione della rendita vitalizia, per non essere

stata dal medesimo fornita la prova certa di cui all'art. 13 legge 12 agosto 1962 n. 1338.

Conseguentemente il Lotto con citazione 28 dicembre 1972 con

veniva l'I.n.p.s. davanti al Tribunale di Padova per sentirlo con

dannare alla erogazione in suo favore della pensione di anzianità,

previo accertamento del rapporto di lavoro intercorso con la

ditta Scanferla Angelo dal 1° maggio 1924 al 30 aprile 1927 e con

seguente accredito nella sua posizione assicurativa dei relativi

contributi assicurativi.

Costituitosi in giudizio, l'I.n.p.s. eccepiva la decadenza della

azione, perché l'attore aveva adfto l'autorità giudiziaria dopo i

5 anni previsti dall'art. 2 della legge 5 febbraio 1957 n. 18, e.

auanto al merito, chiedeva il rigetto della domanda perché al

l'attore era preclusa la possibilità di fornire quella prova certa

che non era stato in grado di dare nella pregressa fase ammini

strativa e che era richiesta dal citato art. 13 legge 1338/1962. Con sentenza non definitiva 29 gennaio -12 febbraio 1974 il giu

dice unico del tribunale adfto, investito della decisione ai sensi

dell'art. 20 legge n. 533 del 1973, respingeva la eccezione di de

cadenza dedotta dall'I.n.p.s. e con separata ordinanza ammetteva

la prova per testi formulata dall'attore sulla esistenza e durata

del rapporto di lavoro con la ditta Scanferla nonché sulla misura

della retribuzione percepita. Espletata la prova, lo stesso giudice unico con sentenza definitiva 1974 rigettava la domanda.

Avverso tale sentenza definitiva appellava il Lotto e proponeva

l'appello ritualmente riservato anche l'I.n.p.s. avverso la sentenza

non definitiva.

La corte veneziana con sentenza 29 settembre 1975 ha respinto

entrambi gli appelli ed ha compensato le spese del secondo grado del giudizio.

La pronuncia sul merito si fonda sulla premessa che in sede

giudiziale, contrariamente alla sede amministrativa, è ammissibile

la prova diversa da quella documentale (prevista dal 4° comma

dell'art. 13 legge n. 1338 del 1962), per dimostrare «la effettiva

esistenza e la durata del rapporto di lavoro, nonché la misura

della retribuzione corrisposta al lavoratore interessato ». Peral

tro, ha soggiunto la corte territoriale, la valutazione della prova non può non essere rigorosa, avuto riguardo alla finalità della

legge di evitare frodi ai danni dell'I.n.p.s., per un verso, e di ri

costruire la riserva matematica su cui calcolare la rendita. Nella

specie le generiche disposizioni dei testi erano state esattamente

ritenute insufficienti dal primo giudice e non colmabili utilizzan

do le tabelle sindacali dell'epoca che non avrebbero dato la di

mostrazione della retribuzione effettivamente corrisposta al la

voratore.

Avverso questa sentenza il Lotto ricorre per cassazione, dedu

cendo un unico motivo. L'I.n.p.s. resiste con controricorso.

Diritto. — Con l'unico complesso motivo il ricorrente deduce

e sostiene sotto i profili sia della violazione di legge (art. 13 legge 12 agosto 1962 n. 1338, 421 e 437 cod. proc. civ.) sia della omes

sa, insufficiente motivazione: che a fronte della insufficiente pro va della pretesa attorea il giudice del merito avrebbe dovuto usa

re dei particolari poteri istruttori concessigli nelle controversie di

lavoro, ad esempio, ammettendo giuramento suppletorio, o infor

mazioni al ministero di tabelle salariali sullo ammontare della

retribuzione, o informazioni su di essa alle associazioni sindacali

a norma dell'art. 421 cod. proc. civ., e comunque presumere l'am

montare della retribuzione; che, a fronte della deposizione dei

testi Canova Antonio e Scamperla, la impugnata sentenza non

avrebbe dato sufficiente motivazione.

Il resistente ripropone la questione, già prospettata nei gradi di merito, circa l'inammissibilità di prove diverse da quella do

cumentale per dimostrare anche in giudizio la sussistenza e la

durata del rapporto di lavoro e la misura della retribuzione cor

risposta al lavoratore.

La tesi è infondata. È esatto che l'art. 13 legge n. 1338 del 1962, nel disciplinare l'esercizio della facoltà del datore di lavoro (4°

comma) e del lavoratore (5° comma) per la costituzione della ren

dita, quanto alla forma ed al contenuto della prova, non distin

gue fra i due titolari. Infatti, nel 4° comma dispone che « il da

tore è ammesso ad esercitare la facoltà... su esibizione all'l.n.p.s. di documenti di data certa, dai quali possano evincersi la effet

tiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro, nonché la mi

sura della retribuzione corrisposta al datore di lavoro». Il 5°

comma subordina l'esercizio della stessa facoltà alla condizione

che « il lavoratore fornisca all'l.n.p.s. le prove del rapporto di la

voro e della retribuzione indicate nel comma precedente », evi

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