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sezione I civile; sentenza 11 marzo 1987, n. 2532; Pres. Bologna, Est. Favara, P. M. Caristo (concl....

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sezione I civile; sentenza 11 marzo 1987, n. 2532; Pres. Bologna, Est. Favara, P. M. Caristo (concl. diff.); Fall soc. mobiliare Lombarda (Avv. E. Ricci) c. Banca nazionale del lavoro (Avv. C. Romano). Conferma Trib. Como 9 novembre 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1987), pp. 2101/2102-2107/2108 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179720 . Accessed: 25/06/2014 01:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 01:52:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 11 marzo 1987, n. 2532; Pres. Bologna, Est. Favara, P. M. Caristo(concl. diff.); Fall soc. mobiliare Lombarda (Avv. E. Ricci) c. Banca nazionale del lavoro (Avv. C.Romano). Conferma Trib. Como 9 novembre 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1987), pp. 2101/2102-2107/2108Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179720 .

Accessed: 25/06/2014 01:52

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dettagliato delle possibili cause di recesso nell'intenzione delle parti contraenti ha l'evidente scopo di escludere ogni altra causa di

recesso non prevista pattiziamente. Probabilmente prima della 1. n. 54 poteva sorgere qualche dub

bio per il periodo di tempo tra il sessantesimo ed il sessantacin

quesimo anno di età del dirigente, in quanto la lett. c) dell'art.

119 faceva riferimento all'art. 121 e questo lasciava al datore il

potere discrezionale di decidere se far proseguire il rapporto di

lavoro del dirigente ultrasessantenne fino al sessantacinquesimo anno di età. Per cui si sarebbe potuto ritenere che coerentemente

con tale potere diecrezionale fosse accordato anche al datore il

potere di recesso ad nutum dal contratto. Per effetto della 1. n.

54 tutto ciò non vale più. Dopo l'opzione del dipendente all'isti

tuto di credito non permane alcuna discrezionalità circa la durata

del rapporto (con riferimento ai limiti di età) che deve essere pro

seguito fino al sessantacinquesimo anno di età del dipendente. Se in questo periodo il datore di lavoro intende recedere dal

contratto può farlo solo in presenza di una delle cause tassative

previste dall'art. 119 del contratto collettivo di categoria. E come abbiamo visto l'art. 119 esclude la possibilità del reces

so ad ntum.

Ne consegue, in conclusione, che per effetto della opzione di

cui all'art. 6 della 1. n. 54 i limiti di collocamento a riposo del

dirigente sono spostati al sessantacinquesimo anno di età dello

stesso. Fino al momento del collocamento a riposo, nei nuovi

limiti indicati dalla legge, l'istituto di credito può recedere dal

contratto solo per una delle cause previste dall'art. 119 del con

tratto collettivo. Non può quindi recedere ad nutum dal contratto.

Anche sotto tale profilo, quindi, la domanda di Lorenzano Gio

vanni va accolta ed accertata la nullità del provvedimento di col

locamento a riposo adottato nei suoi confronti dalla cassa di

risparmio va dichiarato il diritto del ricorrente a permanere in

servizio fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 marzo

1987, n. 2532; Pres. Bologna, Est. Favara, P. M. Caristo

(conci, diff.); Fall soc. mobiliare Lombarda (Avv. E. Ricci) c. Banca nazionale del lavoro (Avv. C. Romano). Conferma Trib. Como 9 novembre 1982.

Esecuzione forzata in genere — Opposizione agli atti esecutivi — Termine — Decorrenza (Cod. proc. civ., art. 617).

Fallimento — Credito fondiario — Procedibilità ed effetti della

espropriazione singolare — Legittimazione passiva del fallito — Legittimazione del curatore all'opposizione agli atti — Esclu sione (Cod. civ., art. 2741; cod. proc. civ., art. 617; r.d. 16

luglio 1905 n. 646, t.u. delle leggi sul credito fondiario, art.

20, 42; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 51; d.p.r. 21 gennaio 1976 n. 7,. norme relative alle emis sioni obbligazionarie da parte degli enti di credito fondiario ed edilizio e delle sezioni autonome per il finanziamento di opere pubbliche e di impianti di pubblica utilità e all'adeguamento del regime giuridico, dell'organizzazione e dell'attività dei pre detti enti, art. 5, 15).

Il termine perentorio per la proposizione dell'opposizione agli at ti esecutivi, nel caso in cui gli interessati non siano parti del

procedimento, né destinatari della comunicazione o della noti

ficazione dell'atto viziato, comincia a decorrere dal giorno del la sua effettiva conoscenza o da quello della conoscenza dell'atto successivo che necessariamente lo presuppone. (1)

Il debitore, benché dichiarato fallito, è il soggetto passivo della

espropriazione singolare instaurata dagli istituti di credito fon

(1) Cfr. Cass 17 settembre 1980, n. 5283, Foro it., Rep. 1980, voce Esecuzione forzata in genere, n. 56; 8 marzo 1980, n. 1544, ibid., n. 26; 6 dicembre 1979, n. 6344, id., Rep., 1979, voce cit., n. 64; 14 giugno 1972, n. 1887, id., 1973, 1, 530; 24 gennaio 1966, n. 300, id., 1966, I, 185.

In dottrina da ultimo, v. R. Oriani, L'opposizione agli atti esecutivi, 1987, 123 ss., spec. 254 ss.

Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-138.

diario ed è l'unico legittimato alla proposizione dell'opposizio ne agli atti esecutivi; pertanto, il curatore fallimentare non può contestare la regolarità formale del procedimento esecutivo in

dividuale, in quanto la procedibilità dell'espropriazione singo lare non incide sulle regole del concorso, essendo comunque

gli istituti tenuti ad insinuarsi nel fallimento, al fine di acquisi re definitivamente quanto ricavato dal procedimento esecutivo

individuale. (2)

(2) Sulla procedibilità dell'espropriazione per credito fondiario anche in pendenza di fallimento, ai sensi dell'art. 42 del t.u. e in deroga all'art. 51 1. fall., v. Cass. 30 gennaio 1985, n. 582, Foro it., 1985, I, 1725, con nota di G. Costantino, Sui rapporti tra fallimento, espropriazione per credito fondiario ed esecuzione esattoriale (anche in Dir. fall., 1985

II, 369, con nota di G. Bozza, Il difficile coordinamento tra la normativa sul credito fondiario e quella fallimentare; e in Riv. dir. civ., 1985, II, 575, con nota di F. Padovini, Concorso della liquidazione fallimentare con l'azione esecutiva immobiliare degli istituti di credito fondiario?). Cfr. anche T. Carnacini, Sulla vendita fallimentare del bene ipotecato dal credito fondiario, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1985, 246 ss.

Sulla procedibilità dell'espropriazione forzata singolare per credito fon diario anche in mancanza della preventiva insinuazione del credito nel

fallimento, v. Trib. Vicenza 20 novembre 1985, Nuova giur. civ., 1985, I, 416, con nota di D. Secchia. Sulla necessità dell'insinuazione, al diver so fine dell'acquisizione definitiva delle somme ricavate dal procedimento esecutivo individuale, in riferimento all'esattore, v. Trib. Matera 1° mar zo 1985, Giust. civ., 1986, I, 270.

Sulla operatività, nonostante ciò, della disciplina ordinaria del concor so in sede di liquidazione dell'attivo, v. Cass. 3 dicembre 1986, n. 7148, Foro it., 1987, I, 39, con nota di richiami di G. Silvestri. Per l'applica zione del principio anche alla liquidazione coatta amministrativa, v. Trib. Roma 13 luglio 1985, id., 1985, I, 2736.

Gli istituti di credito fondiario, pertanto, possono agire esecutivamente

sugli immobili oggetto d'ipoteca, anche in pendenza del fallimento del debitore e, per far ciò, non sono tenuti ad insinuare preventivamente il proprio credito nella procedura concorsuale. Per acquisire definitiva mente quanto ricavato dalla espropriazione forzata singolare, tuttavia, debbono insinuare il proprio credito nel fallimento, sottostare alle regole del concorso e, eventualmente, restituire alla massa quanto eccede le pro prie ragioni. Tale ultima regola, peraltro, va precisata nel senso che l'o nere dell'insinuazione e l'eventuale obbligazione di restituzione possono sussistere solo se ed in quanto la liquidazione dell'attivo fallimentare non sia sufficiente a soddisfare tutti i creditori concorrenti; altrimenti, gli isti tuti di credito fondiario, anche nel caso in cui siano stati ammessi tardi vamente ai sensi dell'art. 101 1. fall., potranno comunque far valere la causa di prelazione che assiste il loro credito ai sensi dell'art. 112 1. fall.

In riferimento a questa interpretazione degli art. 42 r.d. 16 luglio 1905 n. 646 e 51 1. fall., la sentenza in epigrafe ha precisato che il curatore fallimentare è affatto estraneo alla espropriazione forzata singolare intra

presa o proseguita dagli istituti di credito fondiario, che non sussiste, a carico di questi ultimi, alcun onere di informazione nei suoi confronti e che, pertanto, non è legittimato alla proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.

Ma sulla legittimazione del curatore fallimentare a proporre opposizio ne agli atti esecutivi contro l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che lo abbia sostituito, quale custode dell'immobile, nell'espropriazione sin golare intrapresa dagli istituti di credito fondiario dopo la dichiarazione di fallimento, v. Cass. 20 novembre 1982, n. 6254, id., 1983, I, 350.

In riferimento alla diversa ipotesi, considerata dalla sentenza in epigra fe, dell'inizio dell'espropriazione forzata singolare prima della dichiara zione di fallimento, suscita perplessità l'affermazione, contenuta in motivazione, secondo cui «manca nel sistema uno strumento predisposto per assicurare al curatore la conoscenza legale della procedura singolare, cosi da poter intervenire in essa» e «a tale inconveniente non è possibile ovviare, anche perché verrebbe meno gran parte degli effetti favorevoli che per il creditore privilegiato la legge ha previsto in via immediata e provvisoria, cosicché non resta che concludere che i rimedi preventivi pos sono essere solo occasionali ed eventuali, legati cioè all'iniziativa della curatela e alla conoscenza che questa di fatto abbia acquisito della proce dura espropriativa individuale».

La curatela, infatti, non solo può pretendere dagli istituti che abbiano proceduto nella espropriazione singolare dopo la dichiarazione di falli mento quanto eccede le loro ragioni, ma certamente ha diritto ad ottene re l'eventuale residuo del prezzo di vendita, non essendo comunque possibile in quella sede la soddisfazione di altri creditori, diversi dal procedente. A tal fine, basti ricordare che, nelle ipotesi in cui il fallimento sopravven ga in pendenza della distribuzione del prezzo di vendita nell'ambito del procedimento esecutivo instaurato da un creditore «comune», l'art. 107, 3° comma, 1. fall, che stabilisce «il procedimento deve essere integrato con l'intervento del curatore». Sul giudice competente a ricevere l'opposi zione agli atti nel caso in cui il curatore fallimentare si sia sostituito al creditore nell'espropriazione forzata singolare, v. Cass. 25 maggio 1985, n. 3177, id., 1985, I, 2922, con nota di richiami.

È stato, inoltre, posto in evidenza che, oltre i terzi proprietari ricondu cibili alla previsione dell'art. 602 c.p.c. e parificati al debitore vi sono altri

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2103 PARTE PRIMA 2104

Svolgimento del processo. — Dopo la pronuncia della sentenza

dichiarativa di fallimento della s.p.a. mobiliare Lombarda in da

ta 23 maggio 1978, la Banca nazionale del lavoro - sezione auto

noma per il credito fondiario iniziava esecuzione immobiliare

nei confronti della predetta società, notificando in data 24 otto

bre 1979 alla stessa atto di precetto nel domicilio eletto (presso il Tribunale di Como) e poi atto di pignoramento, il successivo

18 dicembre 1979 nello stesso domicilio eletto nonché nella sede

societaria di Milano (via Senato 15). Con ricorso in data 13 mar

zo 1982 il fallimento della s.p.a. mobiliare Lombarda proponeva

opposizione ai sensi degli art. 615 e 617 c.p.c., deducendo: a) che le predette notifiche avrebbero dovuto essere effettuate, es

sendo già intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento ri

tualmente pubblicata e trascritta, non alla fallita società mobiliare

Lombarda, priva di capacità processuale, ma al curatore, nel do

micilio dello stesso o, tutt'al più, sempre al curatore nel domici

lio precedentemente eletto dalla società presso il Tribunale di

Como; b) che non sussisteva il diritto della sezione autonoma

credito fondiario della B.N.L. a procedere all'esecuzione indivi

duale, in violazione delle norme che regolano il fallimento e vio

lando la par condicio dei creditori. L'opponente chiedeva perciò ai sensi dell'art. 617 c.p.c. dichiararsi la nullità e l'inefficacia

del precetto, del pignoramento e dei successivi atti del procedi mento di esecuzione individuale; e, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., dichiararsi l'inesistenza del diritto dell'ente creditore a procedere all'esecuzione forzata.

Il Tribunale di Como, decidendo su tale opposizione, la respin

geva, osservando: 1) che ai sensi dell'art. 42 r.d. 16 luglio 1905

n. 646 gli istituti di credito fondiario sono sganciati dal divieto

di cui all'art. 51 1. fall, di iniziare o proseguire procedure espro

priative individuali sui beni compresi nel fallimento, con la con

seguenza che l'esercizio dell'azione esecutiva deve avvenire secondo

le regole proprie della procedura intrapresa e secondo le partico lari clausole stipulate all'atto della costituzione della garanzia ipo tecaria e che, in ordine al rapporto di credito fondiario, non

acquisibile né acquisito alla massa fallimentare, il fallito conserva

la capacità processuale; 2) che in ogni caso l'opposizione risulta

va improcedibile perche la nullità del precetto per vizi di forma

andava eccepita nel termine perentorio di cinque giorni dal primo

atto di esecuzione, cioè dal pignoramento, e la nullità di quest'ul timo nel termine perentorio di cinque giorni dal suo compimento;

3) che risolvendosi comunque la dedotta nullità del precetto nel

l'accertamento sul se il pignoramento avesse i requisiti indispen

sabili per il raggiungimento dello scopo cui era preordinato, detta

nullità non poteva essere dichiarata in quanto il pignoramento,

per effetto della trascrizione, aveva permesso di individuare i be

ni immobili assoggettati all'espropriazione, sicché l'eventuale ir

regolarità formale della notifica non comportava alcuna

conseguenza pratica. Ricorre per la cassazione di tale sentenza, ai sensi dell'art. Ili

Cost., la curatela della fallita s.p.a. mobiliare Lombarda, sulla

base di quattro motivi, ai quali resiste con controricorso la Banca

nazionale del lavoro, sezione autonoma credito fondiario. La cu

ratela ricorrente ha presentato memoria.

soggetti che hanno, quanto meno, il diritto di essere «messi a giorno» dell'esistenza del processo espropriativo: v., anche per indicazioni, G.

Costantino, R. Vaccarella, // terzo proprietario nei processi di espro

priazione forzata, in Riv. dir. civ., 1986, II, 387 ss.; R. Oriani, L'oppo sizione agli atti esecutivi, 1987, 288 ss.; Cass. 4 settembre 1985, n. 4612, Foro it., 1986, I, 494 (anche in Giust. civ., 1986, I, 441, con nota di

F. P. Luiso, L'acquirente del bene pignorato nel processo esecutivo), ha

riconosciuto al terzo acquirente dell'immobile pignorato (il quale, a diffe

renza del curatore fallimentare rispetto all'espropriazione singolare per credito fondiario, non può vantare alcun diritto sull'eventuale residuo

del prezzo di vendita nei confronti degli organi esecutivi) la legittimazio ne all'opposizione all'esecuzione e all'opposizione agli atti esecutivi.

La decisione in epigrafe, dunque, può essere condivisa nella parte in

cui individua nel debitore, anche se fallito, il soggetto passivo fondiario,

ai sensi dell'art. 42 r.d. 16 luglio 1905 n. 646, e in deroga all'art. 51

1. fall., e, conseguentemente, esclude che gli atti preliminari al processo esecutivo individuale (id est: il precetto, non anche il titolo esecutivo, ex art. 43, 1° comma, r.d. 16 luglio 1905 n. 646) debbano essere notifica

ti al curatore; non anche nella parte in cui, ponendosi in contrasto con

altre pronunce, pur concernenti diverse fattispecie (Cass., 3177/85 e

4612/85, cit.), esclude ogni onere di informazione, nella forma di un

avviso ex art. 498 c.p.c., in favore del curatore e nega a quest'ultimo la legittimazione alla proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi ex

art. 617 c.p.c. [G. Costantino]

Il Foro Italiano — 1987.

Motivi della decisione. — Il fallimento della s.p.a. mobiliare

Lombarda, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art.

617 c.p.c. si duole che il Tribunale di Como abbia dichiarato

improcedibile l'opposizione da essa proposta ai sensi dell'art. 617

c.p.c., erroneamente ritenendo che il termine per detta opposizio ne decorresse dal compimento del singolo atto esecutivo, anziché

dalla conoscenza che ne abbia avuto l'interessato: conoscenza che

nella specie la curatela fallimentare opponente aveva acquisito non al momento della notifica del precetto e del pignoramento, effettuate al debitore fallito invece che al curatore, bensì soltanto

con la notificazione dell'avviso di comparizione delle parti da

vanti al giudice dell'esecuzione, avvenuta cinque giorni prima della

proposizione dell'opposizione. Con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione e

falsa applicazione degli art. 51 e 43 1. fall, e dell'art. 20 (rectius:

42) r.d. 16 luglio 1905 n. 646, la curatela fallimentare deduce

che erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la notifica degli atti della procedura esecutiva individuale promossa dall'istituto

di credito fondiario (precetto e pignoramento) potesse essere fat

ta al fallito anziché al curatore, omettendo di considerare che

tale istituto, pur avendo il potere meramente processuale, di pro cedere ad esecuzione forzata, doveva purtuttavia sottostare alle

regole sostanziali del concorso in sede fallimentare; con la conse

guenza che, una volta riportato il rapporto de quo nell'ambito

del fallimento, avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 43 1.

fall., che prevede la capacità processuale del curatore per tutte

le controversie, anche in corso, relative a rapporti patrimoniali del fallito. Sostiene inoltre il fallimento ricorrente che in tanto

potrebbe parlarsi di legittimazione processuale del fallito anziché

del curatore in quanto vi sia stata in concreto inerzia della cura

tela, ma che di inerzia gli organi fallimentari non potrebbero es

sere accusati finquando essi non siano legalmente portati a

conoscenza dell'iniziativa assunta dell'istituto mutuante, come nella

specie non era avvenuto.

In subordine, con il terzo motivo, sostiene ancora il ricorrente

che anche ad ipotizzare una legittimazione processuale del fallito, occorrerebbe ritenere necessario, per rendere possibile l'interven

to del curatore nell'esecuzione singolare (prevista in giurispruden

za al fine di contemperare il principio della par conditio con il

privilegio processuale dell'istituto mutuante) che anche a questi fosse fatta la notifica del precetto e del pignoramento; e ciò al

fine di evitare il pericolo di conteporanea esecuzione sugli stessi

beni in sede concorsuale e singolare, di permettere il controllo

preventivo della massa dei creditori sul diritto all'esecuzione indi

viduale e sulla regolarità della procedura esecutiva ed anche di

consentire una più vantaggiosa vendita dei beni fallimentari dopo

aver soddisfatto l'istituto mutuante.

Con il quarto motivo infine, denunciando violazione e falsa

applicazione dell'art. 617 c.p.c., si sostiene dal fallimento che

erroneamente sarebbe stata dal tribunale ritenuta mera irregolari

tà formale, come tale sanata per avvenuto raggiungimento dello

scopo, quella che invece era una nullità della notifica del precetto

e del pignoramento, effettuata nei confronti di soggetto non le

gittimato. Il ricorso è infondato. La sentenza impugnata è pervenuta al

rigetto dall'opposizione ritenendo in primo luogo che sussisteva

la legittimazione processuale del fallito anziché della curatela; ha

poi affermato che comunque l'opposizione stessa era improcedi

bile perché tardiva; ha infine considerato come sanata per rag

giungimento dello scopo (l'avvenuta trascrizione del pignoramento

immobiliare) l'irregolarità formale costituita dal vizio di notifica

denunciato. Il ricorso censurando dapprima la pronunzia di im

procedibilità e poi quella attinente alla legittimazione, certamente

ristabilisce l'ordine logico che il tribunale avrebbe dovuto segui

re. Non meno certo è che sia errata l'affermazione del giudice

di merito in ordine alla procedibilità della opposizione agli atti

esecutivi promossa dalla curatela, anche se tale pronunzia risulta,

nella struttura della sentenza, come di rincalzo rispetto a quella,

ritenuta più rilevante, concernente la legittimazione: e ciò in quanto

è principio ben fermo di questa corte quello secondo cui il termi

ne perentorio di cinque giorni per l'opposizione ai sensi dell'art.

617 c.p.c., nel caso in cui gli interessati non abbiano avuto cono

scenza dell'atto affetto da vizio formale, comincia a decorrere

dal giorno della conoscenza dell'atto successivo che necessaria

mente lo presuppone; cosicché nella specie il tribunale, prima an

cora di accertare la sussistenza del vizio formale denunziato,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

avrebbe dovuto controllare se e quando, a causa di questo, l'op

ponente aveva avuto conoscenza dell'atto: avrebbe cosi constata

to che, proprio per la dedotta mancanza di notifica, non avrebbe

potuto proporsi l'opposizione prima della conoscenza aliunde e

indirettamente. Tuttavia tale errore del giudice di merito (eviden ziato col primo motivo di ricorso) è inidoneo a far conseguire l'annullamento della sentenza impugnata, posto che la decisione

adottata dal Tribunale di Como sulla questione attinente alla le

gittimazione del fallito (o piuttosto del curatore) si sottrae — per

quanto si dirà qui di seguito — alle censure mosse con i successi

vi mezzi del ricorso e risulta perciò ultronea e non pregiudizievo

le, una volta che concretamente era stato dato ingresso

all'opposizione, la si era esaminata nel merito e la si era decisa

in modo corretto.

Le censure di cui al secondo e terzo motivo sono prive di fon

damento.

Nella giurisprudenza di questa corte è costante l'affermazione

che gli istituti esercenti il credito fondiario (o agrario) hanno la

facoltà di iniziare o proseguire l'azione esecutiva individuale sui

beni compresi nel fallimento ai sensi dell'art. 42 r.d. 16 luglio 1905 n. 646, che è una della disposizioni in deroga al principio

generale del divieto delle predette azioni esecutive in pendenza del fallimento (l'altra è quella, omologa, dell'esecuzione esatto

riale, regolata dall'art. 206 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, ora art.

51, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602). Tale facoltà

(che è stata ritenuta costituzionalmente legittima da questa corte

con le sentenze n. 1017/67, Foro it., 1967, I, 1152, e n. 1012/74,

id., Rep. 1974, voce Credito fondiario, n. 6, in quanto la disci

plina differenziata trova giustificazione nell'esigenza di tutelare

in modo più efficace gli interessi pubblici dello Stato e gli interes

si economici della collettività) attribuisce all'istituto esercente il

credito fondiario o agrario (come all'esattore) un privilegio non

sostanziale ma meramente processuale, che consente cioè all'isti

tuto di conseguire l'immediato versamento del prezzo fino a con

correnza del credito vantato, senza tener conto, nell'immediato, dell'eventuale pendenza della procedura fallimentare, ma che è

inidoneo a modificare il rango del credito azionato o il grado che ad esso compete nell'ordine delle prelazioni fissato dalla leg

ge (e perciò ad alterare il principio della par condicio e le regole del concorso) ed è destinato a venir meno in sede di riparto finale

davanti al giudice delegato. È stato infatti precisato da questa corte in numerose pronunce (Cass. 25 febbraio 1950, n. 444, id.,

Rep. 1950, voce Esazione, n. 67; 1° aprile 1960, n. 723, id., 1960,

I, 753; 6 marzo 1974, n. 598, id., 1974, I, 3407; 2 luglio 1965, n. 1373, id., 1965, I, 1171; 12 maggio 1978, n. 2325, id., 1978, I, 1357; 10 novembre 1981, n. 5944, id., 1982, I, 1343) che i

predetti creditori autorizzati all'esecuzione individuale, qualora a seguito dell'esecuzione privilegiata riscuotano l'intero credito, non possono sottrarsi all'obbligo di restituire alla massa fallimen

tare la parte percepita oltre quella che concretamente risulti spet tante sulla base del piano di riparto approvato dal giudice delegato, tenuto conto del grado concretamente riconosciuto al privilegio sul piano sostanziale secondo l'ordine legale (in tali sensi ebbe

a pronunziarsi anche la Corte costituzionale con la sentenza n.

115/67, id., 1967, I, 2257, nella quale affermò il principio che

il prezzo riscosso a seguito del riparto disposto dal pretore in

sede di esecuzione singolare subisce un riesame nel processo con

corsuale alla stregua delle risultanze di questo). Questa corte ha

anche precisato, nella sentenza 12 maggio 1978, n. 2325 delle se

zioni unite, che il coordinamento tra l'esecuzione singolare e quella concorsuale si realizza sulla base del principio che il creditore

(l'istituto mutuante o l'esattore, stante il parallelismo esistente

tra le due ipotesi di esecuzione privilegiata) è tenuto ad insinuarsi

al passivo fallimentare perché possa, se il suo credito risulta am

messo ed utilmente collocabile, conservare il risultato dell'esecu

zione privilegiata e che, ove abbia ottenuto dalla curatela il

pagamento dell'intero suo credito in virtù di detta esecuzione, è tenuto a restituire alla massa fallimentare la somma ricavata

dall'esecuzione eccedente la quota che in sede di riparto risulta

spettargli. Detto coordinamento, in via preventiva, può attuarsi

anche a mezzo dell'intervento — costituente una facoltà e non un obbligo né un onere — che il curatore faccia, nell'interesse dei creditori da lui rappresentati (la cui posizione non è tuttavia

pregiudicata in caso di mancato intervento), nell'esecuzione indi

viduale al fine di far valere eventuali crediti di grado poziore

rispetto a quello azionato dall'istituto mutuante (o dall'esattore). Ciò tuttavia è in pratica possibile solo se il curatore sia venuto

Il Foro Italiano — 1987.

a conoscenza della procedura espropriativa privilegiata e sempre che questa non si sia conclusa prima dell'approvazione dello sta

to passivo del fallimento (e quindi prima che il curatore possa

disporre dell'unico documento che consenta al giudice dell'esecu

zione di rilevare l'esistenza di crediti di grado poziore). Sennon

ché occorre anche prendere atto del fatto che manca nel sistema

uno strumento predisposto per assicurare al curatore la conoscenza

legale della procedura singolare, cosi da poter intervenire in essa.

A tale inconveniente non è possibile ovviare, anche perché ver

rebbe meno gran parte degli effetti favorevoli che per il creditore

privilegiato la legge ha previsto in via immediata e provvisoria: cosicché non resta che concludere che i rimedi preventivi possono essere solo occasionali ed eventuali, legati cioè all'iniziativa della

curatela e alla conseguenza che questo di fatto abbia acquisito della procedura espropriativa individuale, l'armonia del sistema

è tuttavia assicurata in via successiva, facendo confluire il risulta

to economico dell'esecuzione singolare nell'ambito della procedu ra concorsuale e assoggettando in definitiva anche il credito

dell'istituto mutuante (o dell'esattore) alle regole del concorso, evitando la lesione dei fondamentali principi della universalità del

l'esenzione fallimentare e della par condicio dei creditori tutti (e si noti che, almeno in materia di esecuzione esattoriale, il princi

pio su ricordato è enunciato nell'art. 85 d.p.r. 15 maggio 1963

n. 858, come rileva la citata sentenza n. 2325/78 delle sezioni

unite). Sulla base dei principi giuridici ora ricordati è possibile dare

una risposta ai quesiti proposti dal fallimento ricorrente.

Va premesso che nel caso in esame l'esecuzione della sezione

autonoma per il credito fondiario della Banca nazionale del lavo

ro si è svolta dopo che aveva avuto inizio la procedura fallimen

tare e che non vi era stato intervento della curatela nella procedura esecutiva individuale promossa dall'istituto mutuante; né risulta

allo stato proposta insinuazione dell'istituto stesso nella procedu ra concorsuale in atto. In tale situazione con una doppia proce dura in corso, individuale e concorsuale, è anzitutto vano parlare di un'esecuzione singolare riportata nell'ambito del fallimento, al fine di inferirne la legittimazione processuale del curatore ex

art. 43 1. fall., che comunque riguarda gli atti patrimoniali com

piuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento. Ma non è

possibile neppure ipotizzare una capacità processuale del curato

re, anziché del debitore fallito, in nome del principio dell'univer

salità della procedura concorsuale, visto che a tale principio forma

deroga, sia pure temporanea e con possibilità di reversione degli effetti conseguiti in via immediata con l'esecuzione individuale, la norma di cui all'art. 42 1. 646 del 1905. Poiché tuttavia, fin

quando non sia avvenuta la (doverosa) insinuazione dell'istituto

mutuante nella procedura fallimentare, per il riscontro sulla pos sibilità di acquisire definitivamente il risultato della espropriazio ne individuale compiuta o di accertare l'entità del concorso cui

il credito da esso azionato è concretamente soggetto in sede di

riparto, non si determina l'assoggettamento dell'azione esecutiva

privilegiata alle regole del fallimento, è necessario ritenere che

il debitore, benché dichiarato fallito, è passivamente legittimato nella procedura esecutiva individuale promossa dall'istituto mu

tuante ed è lui solo legittimato a riceversi gli atti (precetto, pigno

ramento) relativi, nonché a proporre opposizione, ai sensi degli art. 615 e 617 c.p.c., avverso l'esecuzione e gli atti esecutivi posti in essere, senza che sia consentito alla curatela fallimentare di

vantare al riguardo una propria capacità processuale. Ed è age vole al tempo stesso cogliere l'infondatezza delle argomentazioni

proposte dal fallimento ricorrente: non ha senso giuridico infatti

parlare di inerzia, colpevole o meno, della curatela fallimentare

o di obbligo — non si sa poi su quale norma fondato — di noti

fica degli atti della procedura esecutiva, se non «solo» alla cura

tela, almeno «anche» alla stessa, cosi da porla in condizoni di

svolgere le proprie ragioni nella procedura esecutiva, a tutela dei

creditori con prelazione di grado poziore o comunque al fine di

ottenere una pronta unificazione delle due procedure sotto la più

ampia, perché universale, procedura concorsuale del fallimento

in corso. Il privilegio processuale di cui alle norme eccezionali

sopra citate opera infatti nella sua pienezza fin quando non si

giunga al riparto dopo la insinuazione del credito privilegiato nel

fallimento, che poi attuerà la par condicio dei creditori tutti, tra

essi compreso l'istituto mutuante, ormai privo sul piano sostan

ziale di quel privilegio che in via temporanea e revocabile, realiz

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Page 5: sezione I civile; sentenza 11 marzo 1987, n. 2532; Pres. Bologna, Est. Favara, P. M. Caristo (concl. diff.); Fall soc. mobiliare Lombarda (Avv. E. Ricci) c. Banca nazionale del lavoro

2107 PARTE PRIMA 2108

zazione del doppio credito. Non appaiono decisivi, per giungere a conclusioni diverse rispetto a quelle desumibili dal sistema, i

vantaggi (pur non negabili) che, secondo la difesa del fallimento

ricorrente, deriverebbero ove si potesse realizzare l'immediata uni

ficazione delle due procedure esecutive (evitare la doppia esecu

zione contemporanea sullo stesso bene; permettere un migliore controllo del fallimento sulla legittimità e regolarità dell'esecuzio

ne singolare, ecc.), posto che a fronte di tali vantaggi per il falli

mento stanno vantaggi, che il legislatore ha evidentemente ritenuto

più rilevanti, per gli enti che esercitano il credito fondiario o agrario o per il fisco; vantaggi che discendono da norme che non posso no essere disapplicate e che comunque lasciano in definitiva inte

gri i principi fondamentali della concorsualità e universalità che

caratterizzano la procedura fallimentare.

La decisione del tribunale, fondata sul principio che, per l'esi

stenza del privilegio processuale sopra ricordato, il fallito conser

va la capacità processuale rispetto ai diritti derivanti dal rapporto di credito fondiario non acquisibile al fallimento, è perciò corret

ta, senza che sia possibile, in base a quanto sopra rilevato, risali

re alle cause della mancata acquisizione. Essendo la decisione

stessa, poi, inspirata all'esatto principio dell'eccezionale persiste re della legittimazione personale del fallito pur dopo la dichiara

zione di fallimento, perdono rilievo le deduzioni fatte dal fallimento

ricorrente a proposito dell'effetto che in via immediata si deter

minano, ai sensi dell'art. 43 1. fall., circa la perdita della legitti mazione processuale del fallito; cosi come ultronee si rivelano

le considerazioni che la difesa del fallimento svolge relativamente

al disposto dell'art. 20 r.d. 16 luglio 1905 n. 646, inappropriata mente richiamato nel controricorso per inferirne l'obbligo del cu

ratore — che non è «successore» del fallito — di notificare

all'istituto il subentro del fallimento nel possesso e godimento del fondo ipotecato.

Per effetto di quanto ritenuto circa la legittimazione del fallito

e non del curatore, resta assorbito l'esame della censura mossa

con il quarto motivo del ricorso (in ordine alla ritenuta sanatoria

del vizio di notifica del pignoramento per raggiungimento dello

scopo), posto che la nullità dedotta era appunto da escludersi

perché, come affermato nella stessa sentenza del tribunale, la no

tifica era stata correttamente effettuata al debitore anziché al cu

ratore del fallimento.

In conclusione la sentenza impugnata, pur con le correzioni

ed integrazioni di motivazione che questa corte ha operato in for

za del disposto dell'art. 384, cpv., c.p.c., resiste alla censura pro

posta con ricorso della curatela fallimentare, che deve essere

pertanto respinto. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 10 marzo

1987, n. 2486; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Taddeuc

ci, P.M. Martinelli (conci, conf.); Genua (Avv. Boursier

Niutta) c. Sasso (Avv. Amatucci). Conferma App. Napoli 30

marzo 1983.

Agricoltura — Prelazione — Confinanti — Concorso di più sog

getti titolari del diritto — Criteri di scelta (L. 14 agosto 1971

n. 817, disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, art. 7).

Nel caso di più proprietari confinanti con il fondo in vendita

aventi diritto alla prelazione, non può trovare accoglimento la

domanda del confinante relativa al riconoscimento della pro

prietà di una parte individua del fondo in contestazione, da

determinarsi secondo criteri di proporzionalità rispetto al terre

no già di proprietà del richiedente, dovendo il riscatto avere

ad oggetto il fondo nella sua integrità ed altresì dovendosi esclu

dere che il fondo costituente una sola unità poderale possa da

re occasione alla frantumazione di quella unità in presenza di

conflitto fra più confinanti. (1)

(1-3) Le sentenze riportate riprendono, confermandolo, il mutamento

di giurisprudenza di cui a Cass., sez. un., 18 ottobre 1986, n. 6123, Foro

it., 1987, I, 66, con nota di Bellantuono, in tema di concorso di più

Il Foro Italiano — 1987.

II

CORTE DI CASSAZIONE: sezione III civile; sentenza 24 feb

braio 1987, n. 1940; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Tad

deucci, P.M. Martinelli (conci, conf.); Pasquale (Avv. N.

Lipari, M. Costantino) c. Lembo (Avv. Cassola). Cassa App. Bari 1° luglio 1982.

Agricoltura — Prelazione del confinante — Esercizio congiunto da parte di tutti gli aventi diritto — Esclusione (L. 14 agosto 1971 n. 817, art. 7).

Agricoltura — Prelazione del confinante — Oggetto della com

pravendita e della prelazione — Fondo — Nozione — Fattispe cie (L. 14 agosto 1971 n. 817, art. 7).

Nel caso di più proprietari confinanti con il fondo in vendita

aventi diritto alla prelazione, ciascuno di essi può esercitare

il diritto separatamente dagli altri aventi diritto. (2) Il diritto di prelazione o di riscatto del proprietario confinante

va limitato al fondo limitrofo, con esclusione del fondo che,

pur oggetto dello stesso contratto di compravendita e contiguo a quello di proprietà del venditore, non sia però confinante con quello del proprietario che esercita la prelazione o il ri

scatto. (3)

proprietari confinanti aventi diritto alla prelazione (le decisioni hanno tutte identico presidente ed estensore, e le sentenze riportate anche identi co pubblico ministero).

In difetto di disciplina legislativa, è noto che si sono susseguiti diversi orientamenti.

Dapprima Cass. 2 ottobre 1980, n. 5352, id., Rep. 1980, voce Agricol tura, n. 203, ritenne che il diritto di prelazione o di riscatto, in caso di concorso di più proprietari confinanti aventi diritto, andava esercitato

congiuntamente da tutti gli aventi diritto, per cui il diritto non poteva ritenersi validamente esercitato ove ciascuno dei confinanti avesse mani festato l'intenzione di subentrare nel contratto di vendita con esclusione

degli altri. Successivamente Cass. 18 gennaio 1983, n. 475, id., 1983, I, 957, con

nota di Bellantuono, ritenne invece che ciascuno dei proprietari confi nanti poteva esercitare separatamente il diritto di prelazione o di riscatto, così da aversi, anziché contitolarità di un unico diritto, come nella fatti

specie tipizzata dal 9° comma dell'art. 8 1. 590/65, coesistenza di più diritti di prelazione e di succedanei diritti di riscatto, che non andavano necessariamente esercitati congiuntamente, ma potevano esserlo indivi dualmente e separatamente, e ciò comportava il sorgere tra costoro di una comproprietà dell'intero fondo, essendo il diritto di ciascuno limitato nell'ambito della quota astratta.

Di recente Cass., sez. un., 18 ottobre 1986, n. 6123, cit., ha ritenuto invece che l'esercizio del diritto di prelazione, nel caso di concorso di

più proprietari confinanti, non può dar luogo alla instaurazione di un

regime di comproprietà secondo quote astratte e che, avuto riguardo alle

esigenze di pubblico interesse informatrici della ratio dell'istituto (ricom posizione fondiaria, incremento della efficienza della impresa diretto

coltivatrice), in caso di conflitto tra più confinanti deve essere preferito colui che meglio realizzi le finalità della legge.

Ciò premesso, Cass. n. 2486/87 in epigrafe con una soluzione indub

biamente esatta afferma che il confinante che pretende di esercitare la

prelazione la deve esercitare per l'intero fondo, e non già per una quota di esso; oltre tutto, costui può essere il solo che ambisce all'acquisto del

fondo, ed in tal caso il venditore non può certamente cedere una quota del fondo avendo notificato una proposta di vendita per l'intero.

Ma la sentenza riportata soprattutto ribadisce, secondo il più recente orientamento ricordato in tema di concorso di più proprietari confinanti, che il fondo costituente una sola unità poderale non può essere frantuma to per via della presenza di più proprietari confinanti.

Cosi come non possono esservi dubbi sulla esattezza della prima massi

ma di Cass. n. 1940/87 pure riportata, in quanto l'esercizio del diritto di prelazione non è finalizzato alla instaurazione di un regime di compro

prietà secondo una quota astratta, ma è stato introdotto dal legislatore

quale strumento di ricomposizione fondiaria e di incremento della effi

cienza della impresa diretto-coltivatrice, non quale privilegio di posizione od occasione di smembramento di unità poderali preesistenti (va sottoli

neato che il giudice a quo, in forza dell'orientamento di cui a Cass. n.

5352/80, cit., aveva escluso il diritto di prelazione del confinante che

non aveva esercitato il diritto congiuntamente con tutti gli altri aventi

diritto). Vale la pena di ritornare sul nuovo orientamento di cui a Cass., sez.

un., n. 6123/86, per la considerazione delle critiche a cui tale decisione

è stata sottoposta. V'è chi (U. Salvestroni, in Giur. agr. it., 1987, 32), al di là di una

generica adesione, ha criticato la decisione sotto l'aspetto che la norma

non contiene il potere «discrezionale» di scelta tra più proprietari confi

nanti, sostenendo che il criterio individuato dalle sezioni unite appare

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