sezione I civile; sentenza 11 ottobre 1994, n. 8288; Pres. Beneforti, Est. Nardino, P.M.Amirante (concl. conf.); Di Filippo (Avv. Vitucci, Ruperto) c. Paoletta (Avv. Teresi). Cassa App.Roma 23 aprile 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 6 (GIUGNO 1995), pp. 1913/1914-1917/1918Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188935 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
stesso non assume carattere di anomalia significativa. Né la sus
sistenza di debiti pregressi, è necessariamente indice, come la
ricorrente vorrebbe, di una situazione di irreversibile liquidità in atto da parte dell'appaltatore.
D'altronde, non può non rilevarsi che i giudici del merito
hanno sempre correttamente escluso la ricorrenza di comporta menti dolosi da parte della s.p.a. Merolla con un apprezzamen to di fatto incensurabile in questa sede e sulla quale il vizio
eventualmente deducibile sarebbe quello motivazionale (non de
dotto nella specie), non già la violazione di legge. III. - Con il terzo mezzo la ricorrente deduce la violazione
e la falsa applicazione dell'art. 1439 c.c. in relazione all'art.
1413 c.c. e 360, n. 3, c.p.c., dolendosi del fatto che la corte
del merito abbia ipotizzato, ai fini della individuazione della fattispecie del dolo determinante, come necessaria la dimostra
zione, oltre che del comportamento malizioso, anche la parteci
pazione dello stesso comune, partecipazione non necessaria, stante
la configurazione del negozio come contratto a favore di terzo.
IV. - Con il quarto mezzo la ricorrente deduce la violazione
e la falsa applicazione dell'art. 1439 c.c. in relazione all'art.
360, n. 3, c.p.c., oltre alla contraddittorietà di motivazione in
relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., dolendosi del fatto che la
corte napoletana, confermando sul punto la sentenza del tribu
nale, abbia escluso il dolo omissivo per non essersi la Sic preoc
cupata di chiedere all'impresa Merolla informazioni circa prece
denti sue esposizioni debitorie.
Siffatta omissione non è in rapporto di causalità diretta con
la reticenza, sul punto, della ditta obbligata. La assicuratrice-garante, poteva fare ben affidamento sulla
preventiva selezione effettuata dall'ente pubblico appaltante spe
cie, in un caso come quello di specie, di aggiudicazione a segui
to di gara esplorativa libera nella quale, secondo un criterio
di notoria esperienza, si aveva il diritto di presumere che la
selezione operata attraverso la gara dall'ente pubblico, garantis
se la non distrazione di una solvibilità assicurata dall'ente pub
blico attraverso il meccanismo dell'anticipazione.
Proprio l'anomalia della preventiva destinazione dell'antici
pazione, non al suo fine istituzionale, ma alla finalità di siste
mare passività pregresse, avrebbe inciso nella normalità del rap
porto inducendo la Sic ad effettuare opportune indagini.
I due mezzi di cassazione meritano una trattazione congiun
ta, essendo entrambi connessi alla posizione assunta in relazio
ne al secondo motivo.
Sotto il primo profilo si censura la sentenza della corte di
Napoli laddove, dopo avere rilevato che l'appellante Sic non
aveva provato, né aveva dedotto, che l'impresa Merolla aveva
posto in essere un comportamento fraudolento, aveva aggiunto
l'inciso: «e meno che mai aveva provato la partecipazione del
comune alla presunta condotta fraudolenta».
Non può affatto dedursi da detto inciso, che assume un rilie
vo di completezza di argomentazione, che la corte del merito
avesse ritenuto necessaria la partecipazione del comune alla sup
posta condotta fraudolenta per potersi ad esso opporre l'annul
labilità del contratto. In effetti, l'inciso costituiva risposta ad
una censura della stessa appellante (terzo motivo di appello,
come esposta dalla corte di Napoli a p. 9 della sentenza), la
quale si era doluta del fatto che il tribunale non avesse ravvisa
to nel comportamento del comune il concorso nel supposto do
lo della società Merolla. Ma quand'anche quello indicato dalla
ricorrente fosse il significato dell'inciso, come tale violatore del
la disciplina dell'art. 1413 c.c. secondo cui, nei contratti a favo
re di terzo, il promittente può opporre al terzo le eccezioni fon
date sul contratto dal quale il terzo deriva il suo diritto (nella
specie, la polizza fideiussoria), non per questo il mezzo assume
rebbe autonomo rilievo, essendo esso dipendente dalla soluzio
ne accolta in relazione al secondo motivo. Il rigetto del secondo
motivo rende ininfluente la eventuale fondatezza del terzo.
Né magior concretezza deve riconoscersi alla situazione de
dotta sempre come quarto motivo.
Si tenga conto del fatto che con la polizza in discussione nella
presente causa, non doveva essere garantita l'eventuale restitu
zione dell'anticipazione fatta all'appaltatore (oggetto di distinta
causa), ma l'esatta esecuzione del contratto di appalto. Di con
seguenza, l'eventuale obbligo di informazione della s.p.a. Stelio
Merolla non riguardava direttamente l'impiego dato dall'appal
tatrice all'acconto ricevuto, ma sostanzialmente la sua situazio
ne economica in relazione alla possibilità di eseguire l'appalto,
Il Foro Italiano — 1995 — Parte /-34.
situazione di cui sarebbe stato indice il debito verso lo Isveimer.
Poiché la cessione del credito derivante dall'anticipazione e dal
l'esecuzione dell'appalto non era di per sé situazione denun
ciarne l'insolvenza dell'appaltatore, o la sua mala fede secondo
un apprezzamento coerente dei giudici del merito, e poiché, co
me già rilevato, la s.p.a. Sic non era esonerata dalla normale
prudenza nell'instaurazione di un rapporto di garanzia, l'even
tuale insolvenza dell'appaltatrice, se già sussistente al momento
della stipulazione del contratto, era situazione della cui cono
scenza la concedente la garanzia avrebbe dovuto preoccuparsi. La mancata attivazione in tale senso da parte dell'attuale ri
corrente, come situazione coerente alla normalità dei rapporti
finanziari, e la già ricordata incoerenza dell'affidamento su si
tuazioni estrinseche (l'essere la soc. Merolla vincitrice di un ap
palto pubblico), sono situazioni atte a scindere il rapporto cau
sale tra la condotta suppostamente doverosa da parte della soc.
Merolla e quella, rientrante nella normalità dei rapporti finan
ziari e di garanzia, da parte della garante. Se la Sic si fosse attivata per conoscere la situazione finanzia
ria della parte con cui stava trattando la concessione della fi
deiussione, essa avrebbe potuto assumere quelle situazioni valu
tative atte a consentirle di apprezzare, con piena cognizione di
causa, le situazioni di rischio del rapporto che stava per instau
rare, sempre che situazioni anomale di rischio in allora già sus
sistessero.
L'apprezzamento sul punto della corte del merito, coerente
e logico, non è suscettivo della doglianza in esame. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 otto
bre 1994, n. 8288; Pres. Beneforti, Est. Nardino, P.M. Ami
rante (conci, conf.); Di Filippo (Aw. Vrrucci, Ruperto)
c. Paoletta (Aw. Teresi). Cassa App. Roma 23 aprile 1990.
Matrimonio — Divorzio — Assegno — Decorrenza dalla do
manda — Condizioni (L. 1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, art. 4; 1. 6 marzo
1987 n. 74, nuove norme sulla disciplina dei casi di sciogli
mento del matrimonio, art. 8).
L'obbligo di corrispondere l'assegno divorzile può decorrere dalla
data della domanda relativa all'assegno stesso non solo quan do ci sia stata una sentenza non definitiva sul divorzio, ma
anche qualora una stessa sentenza abbia provveduto tanto sulla
domanda di divorzio, quanto su quella relativa all'assegno. (1)
(1) In senso conforme Cass. 23 luglio 1990, n. 7458 (Foro it., 1991,
I, 144, con nota di Cipriani), a cui dire la presenza di una sentenza
non definitiva di divorzio è circostanza accidentale ed estrinseca, che
non può condizionare la soluzione sulla decorrenza dell'assegno senza
creare un problema di legittimità costituzionale della norma con riferi
mento all'art. 3 Cost.; inoltre, la Cassazione, in conformità sul punto alla sentenza in epigrafe, ritiene non necessaria una apposita domanda
di parte circa la decorrenza dell'assegno. Negli stessi termini anche Cass.
5 novembre 1992, n. 11978, id., 1993, I, 1123, con nota di Quadri, Ancora sulla decorrenza dell'assegno di divorzio, che specifica come
la decorrenza dalla domanda sia un temperamento al principio generale
di decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio e
si pronuncia per incidens sulla natura anche risarcitoria e non solo assi
stenziale dell'assegno divorzile. Da Cass. 29 maggio 1993, n. 6049, id.,
Rep. 1993, voce Matrimonio, n. 178, e Dir. famiglia, 1994, 855, la
decorrenza dell'assegno dalla domanda è ritenuta, invece, una deroga al principio generale di decorrenza dalla sentenza di divorzio, costituti
va del nuovo status dei coniugi: la decisione sulla non retroattività del
l'assegno significa che il giudice ha ritenuto opportuno conservare il
regime della separazione per tutta la durata del processo sul divorzio.
In senso contrario si era pronunciata Cass. 26 febbraio 1988, n. 2039,
Foro it., Rep. 1988, voce cit., nn. 177, 185, per la quale l'assegno deve
decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio anche
quando la statuizione sull'assegno sia successiva alla stessa: ma il giudi
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1915 PARTE PRIMA 1916
Svolgimento del processo. — Con sentenza del 28 gennaio 1989 il Tribunale di Roma dichiarò la cessazione degli effetti
civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso cele
brato il 13 maggio 1979 tra Rinaldo Guido Di Filippo e Titina Paoletta e determinò in lire 200.000 mensili, rivalutabili annual mente in base agli indici Istat, l'assegno di divorzio in favore
della Paoletta.
Contro tale decisione propose appello il Di Filippo, chieden
do di essere esonerato dall'obbligo di corrispondere l'assegno all'ex coniuge.
Anche la Paoletta impugnò in via incidentale la predetta sen
tenza al fine di ottonere la condanna del Di Filippo alla corre
sponsione dell'assegno dalla data della domanda giudiziale, an
ziché da quella del passaggio in giudicto della sentenza stessa.
ce dovrà prendere in considerazione, al fine della quantificazione del
l'assegno, gli anni decorsi tra una pronuncia e l'altra (la sentenza risol ve il problema, di ius superveniens, derivante dall'entrata in vigore del la 1. 74/87 nel senso dell'immediata applicabilità della stessa nei giudizi in corso). Contraria anche Cass. 26 gennaio 1990, n. 475, id., Rep. 1990, voce cit., n. 183, per la quale è irrilevante, e non deducibile in sede di ricorso in Cassazione, l'omessa indicazione nella sentenza circa la decorrenza dell'assegno, essendo questa fissata ex lege al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, salvo il caso eccezionale dell'art.
4, 10° comma, 1. 898/70, come modificata dalla 1. 74/87. È possibile individuare un'indicazione in senso contrario anche nella motivazione di Cass. 18 aprile 1991, n. 4193, id., 1991, I, 2046: occupandosi di
questione diversa, essa trae argomento dall'art. 4, 10° comma, il quale, facendo decorrere l'assegno divorzile dalla domanda, salda gli effetti della condanna all'assegno con i provvedimenti presidenziali di cui all'80 comma dello stesso articolo, «pur con la limitazione costituita dall'esi stenza di una sentenza non definitiva di divorzio».
Contro Cass. 7458/90 si è registrata una levata di scudi da parte della dottrina. Fortemente critico Cipriani, Sulla decorrenza dell'asse
gno di divorzio dalla domanda, id., 1991, I, 144: la Cassazione non avrebbe scelto tra due interpretazioni della stessa norma, ma avrebbe fatto dire alla legge quello ch'essa non dice, per salvarne la legittimità costituzionale; invece, l'unica soluzione sarebbe rimettere la norma alla Corte costituzionale, per l'eliminazione del 10° comma dell'art. 4; l'a.
sottolinea, tra l'altro, come non si possano far decorrere gli effetti del divorzio da un momento in cui il divorzio non c'è. Nello stesso senso, Quadri, in Nuova giur. civ., 1991, I, 247, per il quale, visto che il
legislatore avrebbe potuto far decorrere in ogni caso l'assegno divorzile dalla domanda, ma non ha ritenuto opportuno farlo, non può spingersi a tanto il giudice, anche perché ciò costituirebbe violazione del princi pio per cui le conseguenze di una sentenza costitutiva decorrono dalla sentenza medesima. Contrario anche Russo, La decorrenza dell'assegno di divorzio: una norma ... in attesa di spiegazione, in Dir. famiglia, 1991, 504, per il quale la soluzione più logica sarebbe far decorrere
l'assegno dal deposito della sentenza di divorzio, vista la provvisoria esecutività delle statuizioni patrimoniali sul divorzio; quella dell'art. 4, 10° comma, è una facoltà eccezionale, esercitabile solo nei casi espres samente previsti ex lege, data al giudice per tutelare il beneficiario del
l'assegno da eventuali comportamenti dilatori del coniuge obbligato. Sperando in un ripensamento della Cassazione, Quadri, in nota a Cass.
11978/92, Ancora sulla decorrenza, cit., insiste sull'incotistituzionalità della norma che, dando al giudice un potere discrezionale, senza speci ficarne le condizioni, configura un'ipotesi di mero arbitrio.
A favore dell'orientamento di Cass. 7458/90 è Catalano, in Corrie re giur., 1990, 1269, che porta a sostegno della tesi il principio per cui la durata del processo non può andare a danno dell'attore che ha
ragione. Su un punto è concorde tutta la dottrina: la necessità di un'ap posita domanda della parte circa la decorrenza dell'assegno dalla domanda.
Per quanto riguarda la natura dell'assegno, Cass., sez. un., 29 no vembre 1990, n. 11490, Foro it., 1991, I, 67, con commento di Carbo ne e Quadri, risolve il problema a favore della natura assistenziale, identificando lo stato di bisogno del coniuge nella sua inidoneità a man tenere il livello di vita matrimoniale a seguito del divorzio. Secondo
Martucci, in nota a Cass. 7458/90, in Giur. it., 1990, I, 1, 1050, tale natura dell'assegno, che trova fonte nel nuovo status dei coniugi deri vante dal divorzio, entra in contraddizione con la decorrenza dello stes so dal momento della domanda. Dalla natura assistenziale dell'assegno, inoltre, deriva la sua indisponibilità: cfr. Cass. 6 dicembre 1991, n.
13128, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 181, e Giust. civ., 1992, I, 1239, con nota di Cavallo.
Infine, in merito al problema della decorrenza dell'assegno di separa zione, da ultimo, Cass. 8 gennaio 1994, n. 147, Giur. it., 1994, I, 1, 844, per la quale l'assegno di separazione decorre sempre dalla doman
da, in ottemperanza al principio per cui un diritto non può essere pre giudicato dal tempo necessario per farlo valere, a differenza di quello di divorzio, che decorre dalla sentenza di divorzio, perché ha titolo in essa.
Il Foro Italiano — 1995.
La Corte d'appello di Roma rigettò entrambe le impugnazio
ni, osservando: — che dalla prova testimoniale espletata in prime cure era
risultato che la Paoletta non svolgeva alcuna attività lavorativa,
pur se probabilmente, ma non certo con continuità, faceva «qual che lavoretto da sarta, recandosi al domicilio di qualche cliente»;
— che le esibite certificazioni medico-specialistiche dimostra
vano che la medesima Paoletta soffriva di eczema cronico da
contatto ad entrambe le mani, che le impediva di svolgere con
continuità il suo lavoro di sarta, nonostante l'uso di guanti di
cotone; — che il Di Filippo, pur non svolgendo più un lavoro dipen
dente, era tuttavia in grado di dedicarsi — ed in concreto, per sua stessa ammissione, attendeva — «ad altri lavori autonomi, come quello di autista . . .»;
— che non poteva, pertanto, negarsi il diritto della Paoletta
all'assegno divorzile, per la cui quantificazione («di gran lunga al di sotto del minimo indispensabile per la sopravvivenza») il
tribunale aveva tenuto conto non solo della possibilità, per la
beneficiaria, di integrare l'importo di lire 200.000 mensili con il compenso di «qualche piccolo lavoro», ma anche della breve
durata del matrimonio nonché della «mancanza di apporti per sonali ed economici, da parte della donna, alla conduzione fa
miliare ed alla formazione del patrimonio comune»; — che era infondata la doglianza della Paoletti in ordine alla
decorrenza dell'assegno, trovando questo la sua causa «nel nuovo
status di coniugi divorziati che i soggetti acquisiscono a seguito della . . . sentenza» di divorzio, sicché è dalla data di passaggio in giudicato di tale pronuncia — di natura costitutiva — che
deve farsi decorrere la corresponsione dell'assegno stesso.
Per la cassazione della suindicata sentenza, depositata il 23
aprile 1990, Rinaldo Guido Di Filippo ha proposto ricorso a
questa corte affidato ad un unico motivo di censura. Titina Pao
letta ha resistito con controricorso, con il quale ha impugnato in via incidentale la predetta sentenza. Il Di Filippo ha deposi tato controricorso volto a contrastare l'impugnazione incidentale.
Motivi della decisione. — I ricorsi proposti contro la medesi
ma sentenza vanno riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c.
A) Ricorso principale. Il Di Filippo, denunciando violazione
e falsa applicazione dell'art. 5 1. 1° dicembre 1970 n. 898 (nel testo modificato dalla 1. 6 marzo 1987 n. 74) nonché dell'art.
115 c.p.c. e vizi di motivazione su punti decisivi della contro
versia, censura l'impugnata sentenza per avere affermato, senza
una coerente motivazione, l'«impossibilità oggettiva», per la Pao
letta, di procurarsi mezzi adeguati di sostentamento mediante
l'esercizio della propria attività lavorativa di sarta e per avere
«compendiato la ragione del decidere» in una astratta «massi
ma di esperienza» secondo la quale «chiunque soffra di eczema
cronico» da contatto ad entrambe le mani non è in grado, per
ragioni oggettive, di procurarsi un reddito adeguato «nel senso
e per l'effetto dell'art. 5» sopra menzionato.
Lamenta inoltre il ricorrente che la corte d'appello, oltre ad
avere omesso l'accertamento in concreto della predetta circo
stanza, non abbia considerato che l'eczema potrebbe «al massi
mo impedire lo svolgimento continuativo del lavoro di sarta, . . . non già l'esercizio di qualsiasi attività produttiva, esercizio
doveroso per ogni cittadino».
Il ricorso è privo di fondamento. I giudici di appello hanno
posto a fondamento della loro pronuncia l'esatto principio di
diritto, richiamato anche dal ricorrente principale, secondo cui, a seguito delle modifiche apportate dall'art. 10 1. 74/87 all'art.
5, 4° comma, 1. 898/70, «l'obbligo per un coniuge di sommini
strare periodicamente a favore dell'altro un assegno sorge solo
quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non
può procurarseli per ragioni obiettive».
Sulla base di tale premessa gli stessi giudici, lungi dall'enun
ciare una «massima di esperienza generale ed astratta» (sulla
quale vanamente si diffonde il Di Filippo), hanno accertato in
concreto, con riferimento a specifiche circostanze di fatto so
stanzialmente non contestate, che la Paoletta non lavora, se non
in forma occasionale e sporadica come sarta a domicilio, né
è in grado di svolgere un'attività lavorativa continuativa e più redditizia, perché affetta da eczema cronico da contatto ad en
trambe le mani, che ostacola gravemente l'esercizio di detto la
voro, nonostante l'uso di guanti di cotone.
Coerente con tale accertamento è la conclusione che la Pao
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
letta versa nella impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi ade
guati, tali non essendo — secondo l'insindacabile apprezzamen to della Corte del merito — i modesti e sporadici compensi de
rivanti dallo svolgimento di «qualche lavoretto da sarta». Non
è, di conseguenza, censurabile l'affermazione dell'obbligo del
Di Filippo di corrispondere alla ex coniuge un assegno, per la
cui determinazione («di gran lunga al di sotto del minimo indi
spensabile per la sopravvivenza») la stessa corte ha tenuto con
to di tutte le circostanze rilevanti, ed in particolare della mode
sta condizione economica dell'obbligato (titolare di una rendita
Inail ed esercente in forma autonoma l'attività di autista) non
ché degli occasionali compensi che la Paoletta è tuttora in gra do di conseguire mediante l'impiego della sua residua capacità
lavorativa.
In definitiva, non sono ravvisabili nella sentenza in esame
né gli errori giuridici infondatamente denunciati né alcun vizio
di motivazione, avendo i giudici di appello adeguatamente e
correttamente spiegato le ragioni e le fonti del loro convin
cimento.
Il ricorso principale va, pertanto, rigettato.
B) Ricorso incidentale. La sig. Paoletta deduce violazione degli
art. 4 e 5 1. 898/70, come modificati dalla 1. 74/87, nonché
dell'art. 445 c.c., dolendosi che la corte romana abbia fissato
la decorrenza dell'assegno divorzile dalla data di passaggio in
giudicato della sentenza di divorzio, anziché dalla data della
domanda, coerentemente alla natura assistenziale dell'assegno
stesso. In ogni caso — osserva la ricorrente incidentale — «il
richiamo al sorgere dello status di divorziati per la decorrenza
dell'assegno . . . poteva al limite indurre i giudici del merito
a far coincidere i due eventi ma non già a differire il secondo
a un tempo indeterminato . . .».
Il motivo di censura merita accoglimento. La corte d'appello
ha fondato la propria pronuncia sul punto in esame sul duplice
rilievo: a) che l'assegno divorzile «trova la sua causa nel nuovo
status di coniugi divorziati che i soggetti acquisiscono» a segui
to della sentenza di divorzio di «natura costitutiva»; b) che non
è applicabile nella specie l'art. 4, 10° comma, 1. 1° dicembre
1970 n. 898, come sostituito dall'art. 8 1. 6 marzo 1987 n. 74,
«avendo il legislatore subordinato la decorrenza degli effetti della
somministrazione dell'assegno fin dal momento della domanda
alla condizione che vi sia stata sentenza non definitiva di scio
glimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio».
Orbene, la seconda delle affermazioni sopra riferite, nella sua
assolutezza, contrasta con l'interpretazione delle norme sopra
menzionate ripetutamente accolta da questa corte, secondo la
quale il principio enunciato nell'art. 4, 10° comma, 1. 898/70,
come sostituito dall'art. 8 1. 74/87, ha una portata generale,
sicché il giudice del merito può far decorrere l'assegno di divor
zio, ove ne ricorrano le condizioni, dal momento della doman
da non solo nell'ipotesi, espressamente prevista, in cui il divor
zio sia stato pronunciato con sentenza non definitiva, ma anche
nel caso in cui con la medesima decisione sia stato dichiarato
10 scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimo
nio e sia stato condannato uno dei coniugi a corrispondere al
l'altro l'assegno di divorzio (cfr. Cass. 7458/90, Foro it., 1991,
I, 144; 11978/92, id., 1993, I, H23; 6049/93, id., Rep. 1993, voce Matrimonio, n. 178).
Si è puntualizzato al riguardo che, per ottenere la decorrenza
dell'assegno dalla data della domanda, non occorre una specifi
ca richiesta della parte in tal senso, essendo affidato al giudice
del merito il potere discrezionale di stabilire detta decorrenza
in esito all'esame ed alla valutazione delle circostanze del caso
concreto. E si è ulteriormente precisato che — fermo restando
11 principio generale secondo cui l'assegno di divorzio, trovando
la sua causa nel nuovo status di divorziati acquisito dalle parti,
decorre dalla data del passaggio in giudicato della relativa pro
nuncia — l'attribuzione al giudice del merito del suddetto pote
re discrezionale di anticipare alla data della domanda giudiziale
la decorrenza dell'assegno di divorzio costituisce un tempera
mento al principio sopra richiamato, che consente al giudice
di adeguare la propria statuizione a tal riguardo alla particolare
situazione di volta in volta accertata, senza essere vincolato,
per l'esercizio dell'anzidetto potere, all'esistenza di una senten
za non definitiva di divorzio.
Vero è che il giudice, ove ritenga di non avvalersi del potere
discrezionale in questione, non è obbligato a motivare tale scel
ta, dovendosi in tal caso ritenere che egli abbia ravvisato (impli
II Foro Italiano — 1995.
citamente) l'opportunità di conservare il regime economico del
la separazione per l'intera durata del processo di divorzio (cfr. Cass. 6049/93, cit.); ma tale rilievo non impedisce l'annulla
mento della sentenza in esame — sul punto che forma oggetto
dell'impugnazione incidentale — poiché la corte romana è in
corsa in errore di diritto per aver considerato la sentenza non
definitiva di divorzio condizione necessaria ed imprescindibile
per disporre la richiesta anticipazione dell'assegno, cosi ammet
tendo di non aver compiuto alcuna valutazione — neppure im
plicita — delle circostanze che avrebbero eventualmente consi
gliato l'adozione del più favorevole provvedimento invocato dalla
Paoletta.
Non è superfluo aggiungere che la statuizione censurata non
è, comunque, conforme a diritto, poiché la corte del merito
non sembra aver considerato che nella specie la pronuncia di
chiarativa della Cassazione degli effetti civili del matrimonio
tra le parti era già passata in giudicato alla data della proposi
zione dell'appello principale, che aveva unicamente ad oggetto la contestazione dell'obbligo del Di Filippo di corrispondere al
l'ex coniuge l'assegno di divorzio (mentre l'appello incidentale
della Paoletta verteva sulla decorrenza dell'assegno stesso). Di
questa circostanza, pertanto, i giudici di appello avrebbero do
vuto tener conto anche se avessero ritenuto (pur senza fornire
alcuna giustificazione al riguardo) di non derogare nel caso con
creto al criterio generale di decorrenza dell'assegno e di far coin
cidere la data di decorrenza con quella del passaggio in giudica
to della pronuncia di divorzio.
Per le esposte considerazioni l'impugnata sentenza va cassa
ta, limitatamente alla statuizione investita dall'appello inciden
tale, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appel lo di Roma, la quale riesaminerà la questione concernente la
decorrenza dell'assegno di divorzio, uniformandosi ai principi
di diritto innanzi enunciati.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 otto
bre 1994, n. 8077; Pres. Romagnoli, Est. Camuto, P.M. De
Nunzio (conci, diff.); Ducceschi (Aw. Ansaldi, Armillot
ta, Decimo) c. Soc. Marengo (Aw. Vacca). Cassa Trib. To
rino 7 novembre 1988.
Locazione — Legge 392/78 — Canone — Aumenti illegittimi — Azione di ripetizione — Termine semestrale di decadenza
— Sospensione feriale — Applicabilità (L. 7 ottobre 1969 n.
742, sospensione dei termini processuali nel periodo feriale,
art. 1; 1. 26 novembre 1969 n. 833, norme relative alle loca
zioni degli immobili urbani, art. 8; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 79).
Il termine di sei mesi entro il quale, a norma dell'art. 8 l. 833/69
frectius, art. 79, 2° comma, l. 392/78), il conduttore deve
proporre l'azione di ripetizione delle somme indebitamente
corrisposte al locatore in violazione dei divieti e dei limiti pre
visti dalla legge, decorre dalla riconsegna dell'immobile loca
to, consistente nel mettere a disposizione del locatore il bene
libero da persone e cose, e, avendo natura processuale, va
computato tenendo conto della sospensione dei termini in pe
riodo feriale, a norma della I. 742/69. (1)
(1) Circa il dies a quo del termine semestrale utile per la proposizione dell'azione di ripetizione di indebito da parte del conduttore, la pro nunzia (che deve correttamente leggersi come riferita non al previgente
art. 8 1. 833/69, ma al 2° comma dell'art. 79 1. 392/78, di identico
contenuto, sulla cui base era stata eccepita dal locatore convenuto la
improponibilità della domanda) conferma, sostanzialmente, un princi
pio già affermato da Cass. 20 febbraio 1993 n. 2071, Foro it., 1993,
1, 3305, con nota di D. Piombo.
La peculiarità della fattispecie qui esaminata sta nel fatto che il con
duttore, pur avendo consegnato al locatore un esemplare delle chiavi
dell'immobile, aveva continuato ad occuparlo con i propri mobili per
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