+ All Categories
Home > Documents > sezione I civile; sentenza 12 maggio 1997, n. 4107; Pres. Rocchi, Est. Rovelli, P.M. Nicita (concl....

sezione I civile; sentenza 12 maggio 1997, n. 4107; Pres. Rocchi, Est. Rovelli, P.M. Nicita (concl....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: phamdieu
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
3
sezione I civile; sentenza 12 maggio 1997, n. 4107; Pres. Rocchi, Est. Rovelli, P.M. Nicita (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di Padova. Conferma App. Venezia 6 luglio 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2493/2494-2495/2496 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191682 . Accessed: 25/06/2014 07:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 07:35:49 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione I civile; sentenza 12 maggio 1997, n. 4107; Pres. Rocchi, Est. Rovelli, P.M. Nicita (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di

sezione I civile; sentenza 12 maggio 1997, n. 4107; Pres. Rocchi, Est. Rovelli, P.M. Nicita (concl.conf.); Min. finanze c. Soc. Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di Padova.Conferma App. Venezia 6 luglio 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 2493/2494-2495/2496Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191682 .

Accessed: 25/06/2014 07:35

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 07:35:49 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione I civile; sentenza 12 maggio 1997, n. 4107; Pres. Rocchi, Est. Rovelli, P.M. Nicita (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Nel caso in esame si controverte se la norma si applichi anche

nel caso di fallimento; se cioè il curatore fallimentare debba

o meno osservare la procedura per la dichiarazione di mobilità

dei lavoratori dell'azienda fallita.

Ritiene questo collegio che occorra distinguere a seconda che

il fallimento consenta lo svolgimento, sia pure parziale o prov visorio di alcune attività con la conseguente possibilità di con

servare alcuni rapporti di lavoro ovvero comporti la cessazione

dell'attività dell'impresa, con la conseguente impossibilità di pro

secuzione di tutti i rapporti di lavoro.

Nella prima ipotesi il curatore è tenuto all'osservanza delle

norme previste dal 1° comma dell'art. 24 1. 223/91 per i casi

in cui i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo

parzialmente, nella seconda ipotesi invece la cessazione dell'at

tività dell'impresa comporta l'impossibilità di prosecuzione del

rapporto di lavoro con tutti i dipendenti. Non vi è pertanto

alcuna ragione per applicare la normativa di cui al 2° comma

dell'art. 24 che è dettata per le imprese che intendano cessare

l'attività e presuppone una possibilità di scelta dell'imprenditore.

Nel caso di fallimento, infatti, il curatore fallimentare non

ha una possibilità di scelta, ma deve svolgere un atto dovuto

nell'interesse, ancor più che dell'impresa, della massa dei credi

tori di questa. Si tratta, quindi, di una fattispecie, diversa dal

licenziamento collettivo, che deve piuttosto essere disciplinata

come una figura residuale di licenziamento plurimo individuale

per giustificato motivo oggettivo.

Difatti, se così non fosse, l'inosservanza della procedura da

parte del curatore comporterebbe da una parte l'inefficacia dei

licenziamenti e la reintegra dei lavoratori in una impresa ormai

inesistente, dall'altra la ricaduta degli effetti negativi sugli inte

ressi dei creditori.

In senso contrario alla tesi così accolta non vale osservare

che il testo approvato originariamente dal senato conteneva l'e

spressa previsione dell'inapplicabilità della normativa in esame

all'ipotesi di «cessazione dell'attività di impresa per provvedi

mento dell'autorità giudiziaria»; che questa limitazione è stata

soppressa nel testo approvato alla camera dei deputati; e che

sembra pertanto evidente la volontà legislativa di estendere la

normativa in esame anche all'ipotesi di cessazione dell'attività

a seguito di provvedimento giudiziario.

Queste vicende legislative, difatti, in questo come in casi ana

loghi, non possono essere considerate univoche e possono esse

re utilizzate per giustificare sia un'interpretazione estensiva, sia

un'interpretazione restrittiva della norma in esame.

Parimenti, non vale rilevare che l'art. 3 1. n. 223 del 1991

estende espressamente a tutte le procedure concorsuali di tipo

liquidatorio la disciplina dettata in tema di integrazione salaria

le e di messa in mobilità delle eccedenze del personale e che,

in particolare, il 3° comma dell'art. 3 stabilisce espressamente

che «quando non sia possibile la continuazione dell'attività, an

che tramite cessione dell'azienda ... il curatore, il liquidatore

o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità, ai sensi

dell'art. 4 ovvero dell'art. 24, i lavoratori eccedenti».

Al riguardo, occorre, infatti, osservare che il richiamo del

l'art. 24 appare collegato piuttosto all'ipotesi in cui «i livelli

occupazionali possono essere salvaguardati solo parzialmente»,

com'è reso evidente dal riferimento ai «lavoratori eccedenti»

e comporta, nel caso di cessazione totale dell'impresa, che il

curatore del fallimento, pur dovendo procedere ai licenzamenti,

può attivarsi per ottenere quei benefici previsti dalla legge, co

me l'integrazione salariale e la mobilità, per la cui concessione

non è di ostacolo l'avvenuta risoluzione dei rapporti di lavoro.

Nel caso in esame il tribunale ha, invece, ritenuto che «il

sistema predisposto dalla 1. 223/91 per il caso di licenziamenti

in corso di procedura concorsuale e a causa di cessazione del

l'attività di impresa esige che essi debbano essere sempre effet

tuati con la procedura di mobilità di cui all'art. 4, commi da

2 a 12, anche laddove il curatore si determini, ai sensi dell'art.

24 richiamato dall'art. 3, di procedere a licenziamenti collettivi

senza previo ricorso alla c.i.g.s.». In tal modo il tribunale ha

dato una risoluzione alla controversia contraria a quella ritenu

ta da questo collegio e pertanto la sentenza deve essere per que

sta parte cassata. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1997.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 12 mag

gio 1997, n. 4107; Pres. Rocchi, Est. Rovelli, P.M. Nicita

(conci, conf.); Min. finanze c. Soc. Cooperativa artigiana di

garanzia della provincia di Padova. Conferma App. Venezia 6 luglio 1994.

Tributi in genere — Interessi percepiti da società cooperativa a responsabilità limitata — Assoggettabilità a ritenuta d'ac

conto — Svolgimento di attività di garanzia — Irrilevanza

(D.p.r. 29 settembre 1973 n. 598, istituzione e disciplina del l'imposta sul reddito delle persone giuridiche, art. 2; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, disposizioni comuni in materia di

accertamento delle imposte sui redditi, art. 26).

Ai sensi dell'art. 26 d.p.r, 29 settembre 1973 n. 600, le ritenute

alla fonte operate da istituti di credito sugli interessi corrispo ti per somme in deposito di società cooperative a responsabi lità limitata esercenti attività (prevalente o esclusiva) di ga ranzia in favore delle imprese socie sono effettuate a titolo

di acconto e non a titolo di imposta. (1)

(1) In passato la Suprema corte si era occupata del problema della natura della ritenuta sugli interessi corrisposti a beneficio di consorzi

garanzia fidi, risolvendolo sulla base dell'indagine sulla natura (com merciale o non) dell'attività da questi svolta: v. Cass. 17 maggio 1984, n. 3053, Foro it.. Rep. 1984, voce Reddito delle persone giuridiche (im posta), n. 17 (che, avendo qualificato di natura commerciale l'attività

esercitata, ha ritenuto l'ente soggetto ad Irpeg e considerato alla stre

gua di ritenute d'acconto quelle effettuate sugli interessi percepiti dal

medesimo) e Cass. 5 febbraio 1985, n. 778, id., Rep. 1985, voce cit., n. 9 (ove si precisa che l'indagine deve essere fatta, da un lato, avendo a mente l'art. 2 d.p.r. 28 dicembre 1982 n. 954, a tenore del quale non sono considerate attività commerciali «le prestazioni alle imprese consorziate o socie, da parte di consorzi o cooperative non aventi fini di lucro, di garanzie mutualistiche», e, dall'altro, accertando le previ sioni statutarie e l'attività effettivamente svolta dal consorzio). Sulla medesima linea, cfr. Comm. trib. Il grado Macerata 28 febbraio 1990, inedita. Sulla natura commerciale dell'attività consistente in una siste matica e continuativa prestazione di garanzie a favore di enti, v. Comm. trib. centrale 10 novembre 1980, n 11062, id., Rep. 1981, voce Reddito delle persone fisiche (imposta), n. 196, e 8 luglio 1979, n. 8890, id., Rep. 1980, voce Reddito delle persone giuridiche (imposta), n. 6, e Giur.

comm., 1981, II, 168, con nota di G. Cabras, I consorzi fidi tra enti commerciali e non commerciali nella problematica fiscale.

Con la presente sentenza, la Cassazione affronta — per la prima vol

ta, a quanto consta — il problema della qualificazione giuridica delle ritenute effettuate sugli interessi percepiti da cooperativa a responsabili tà limitata esercente attività di garanzia, affermando — all'esito di una

ricognizione del quadro normativo che singolarmente pretermette l'art. 2 d.p.r. 954/82, modificativo dell'art. 20 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 598 (v. ora art. 135 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917), in tema di Irpeg — che a tal fine si deve prescindere dalla natura dell'attività svolta, essendo risolutiva — nel senso di ritenere a titolo di acconto le trattenu te subite dalla cooperativa — la circostanza che tale forma societaria è compresa tra quelle di cui all'art. 2, 1° comma, lett. a), d.p.r. 598/73

(ora art. 87 d.p.r. 917/86) e, pertanto, senz'altro soggetta ad Irpeg. Nel senso che le ritenute sugli interessi percepiti dalle cooperative de

quibus siano a titolo d'acconto, v. anche Comm. trib. I grado Pesaro 4 luglio 1987, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 20, e Bollettino trib., 1987, 1644, con nota di L. Leoneili, Cooperative di garanzia ed inte ressi bancari: ritenute d'acconto o d'imposta.

In senso contrario, v. Comm. trib. centrale 13 marzo 1995, n. 1052, Foro it., Rep. 1995, voce Tributi in genere, n. 1109, per la quale non è sufficiente rilevare che le società cooperative sono elencate alla lett.

a) dell'art. 87 d.p.r. 917/86 tra i soggetti all'Irpeg per dedurne che le ritenute siano state operate a titolo di acconto, occorrendo ancora accertare se, nella fattispecie concreta, la società sia in effetti soggetta a quella imposta o non ne sia esentata da qualche norma speciale, quale è appunto l'art. 2 d.p.r. n. 954.

In dottrina, condividono la conclusione di cui in massima, G. Gian

netto, Consorzi e cooperative di garanzia fidi: problematiche fiscali connesse all'erogazione ai consorziati e ai soci di contributi a fondo perduto in conto abbattimento tassi, in Fisco, 1995, 2580; M. Leo-F. Monacchi-M. Schiavo, Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 1993, 1627. Contra, C. Sacchetto-M. Barassi, Le cooperative e i con

sorzi di garanzia fidi, in Bollettino trib., 1991, 821, per i quali «in assenza di finalità lucrative si dovrebbe ritenere operante la norma spe ciale di cui all'art. 20 d.p.r. 598/73 che prevarrebbe sulla qualifica sog gettiva di società cooperativa di cui all'art. 87, lett. a), d.p.r. 917/86 e la ritenuta sarebbe operata a titolo d'imposta. Viceversa, verificata

la presenza del fine di lucro, la cooperativa sarebbe una normale socie

tà commerciale nei cui confronti le ritenute sono a titolo di acconto».

In generale, sui consorzi-fidi e le cooperative di garanzia, v. l'omoni mo volume (curato da M. Bione e V. Calandra Buonaura, Milano,

1982) contenente gli atti del convegno tenutosi a Modena nei giorni 9 e 10 ottobre 1981, e, più di recente, G. D. Mosco, Attuale disciplina e prospettive di evoluzione dei consorzi e delle cooperative di garanzia, in Giur. comm., 1994, I, 842.

This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 07:35:49 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione I civile; sentenza 12 maggio 1997, n. 4107; Pres. Rocchi, Est. Rovelli, P.M. Nicita (concl. conf.); Min. finanze c. Soc. Cooperativa artigiana di garanzia della provincia di

2495 PARTE PRIMA 2496

Svolgimento del processo. — In data 29 gennaio 1985 veniva

notificato alla soc. coop, a responsabilità limitata, Cooperativa

artigiana di garanzia della provincia di Padova, provvedimento di revoca dei rimborsi Irpeg per gli anni dal 1977 al 1988; prov vedimento con cui l'erario chiedeva la restituzione di somme, già rimborsate alla cooperativa, in relazione a ritenute su interessi

bancari. Il provvedimento che disponeva il rimborso escludeva

che dette ritenute fossero state effettuate a titolo di acconto, giac ché la cooperativa, per l'effetto dell'art. 19, 4° comma, 1. n. 675

del 1977, sarebbe rientrata fra i cosiddetti «enti non commercia

li» (di cui all'art. 2, lett. c, d.p.r. n. 598 del 1973) nei confronti dei quali, in forza dell'art. 26, 4° comma, d.p.r. n. 600 del 1973, le ritenute sugli interessi bancari devono essere applicate a titolo

di imposta. La cooperativa ricorreva alla Commissione tributa

ria di primo grado di Padova sostenendo che, in ragione della

sua natura soggettiva di ente commerciale, le ritenute sono state

operate nei suoi confronti a titolo di acconto e non di imposta. . La commissione di primo grado (con decisione confermata

da quella di secondo grado) ha rigettato il ricorso qualificando la cooperativa quale «ente commerciale», sulla base dell'attività esercitata. La Corte d'appello di Venezia, adita su gravame del

la cooperativa e in accoglimento dello stesso con sentenza depo sitata il 6 agosto 1994, dichiarava la nullità dei provvedimenti di revoca dei rimborsi. Rilevava la corte che la norma di cui

al 4° comma della 1. n. 675 del 1977, per cui l'attività di presta zione di garanzie mutualistiche non costituisce attività commer

ciale, si riferisce solo agli enti contemplati nel 10 comma dello

stesso articolo, e cioè in «consorzi e società consortili», tra i

quali non rientra l'odierna controricorrente, che è una società

cooperativa a responsabilità limitata.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione, af

fidato ad un unico motivo, l'amministrazione delle finanze del

lo Stato. Resisteva la parte intimata notificando controricorso, illustrato da memoria.

Motivi della decisione. — Con il proprio ricorso l'ammini

strazione deduce violazione dell'art. 19 1. 12 agosto 1977 n. 675,

degli art. 295 d.p.r. n. 598 del 1973, 51 ss. d.p.r. n. 597 del

1973, dell'art. 4 d.p.r. n. 633 del 1972 (nel testo introdotto dal

l'art. 1 d.p.r. n. 954 del 1982), nonché vizio di motivazione.

In particolare, rileva che l'art. 19, 4° comma, 1. n. 675 del 1977

dispone che l'attività di prestazione di garanzie mutualistiche

esercitata dai consorzi e dalle cooperative di cui al 1° comma

non costituisce attività commerciale, che tale disposizione non altera la natura dell'attività svolta dai soggetti indicati ma la

qualifica ai soli fini tributari; che il novellato dell'art. 4 d.p.r. n. 633 del 1972, chiarisce che «non sono considerate commer

ciali ... la prestazione alle imprese consorziate o società da

parte di consorzi o cooperative di garanzie mutualistiche e di

servizi . . .», talché anche ai fini Irpeg, l'espressione «società

consortili anche in forma cooperativa» non può che intendersi in senso equivalente a «cooperativa di imprese», non considera

te, a tutti gli effetti impositivi, enti commerciali. Il ricorso non appare fondato alla stregua delle osservazioni

che seguono.

Appare opportuno rammentare che, ai fini della qualificazio ne di un ente come commerciale, per la determinazione del suo «statuto fiscale» agli effetti dell'imposizione diretta, si prescin de, per i soggetti elencati alla lett. a) del d.p.r. n. 598 del 1973

(fra cui rientra la società cooperativa a responsabilità limitata) dalla natura dell'attività svolta (e da criteri di quantificazione del reddito). Talché, solo con riferimento ad enti o soggetti che hanno forma diversa da quella delle società commerciali, vale la distinzione tra enti commerciali e non, in base all'attività svolta.

Anche l'art. 95 del t.u. delle imposte sui redditi stabilisce che il reddito complessivo della società e degli enti commerciali indi cati nelle lett. a) e b) dell'art. 87 dello stesso testo legislativo (che riproduce le figure di soggetti Irpeg di cui alle lett. da a a d dell'art. 2 d.p.r. n. 598) è considerato reddito d'impresa «da qualunque fonte provenga». Il legislatore, pertanto, stabi lendo che il reddito delle società commerciali (e degli altri enti indicati alla lett. a dell'art. 2 d.p.r. n. 598, e dell'art. 89 t.u. delle imposte sui redditi) è da qualificare fiscalmente come red dito d'impresa, ha adottato un criterio puramente formale e sog gettivo di qualificazione, che prescinde dal contenuto dell'attivi tà svolta. Incertezza sulla natura dell'attività svolta sussisteva, invece, per ciò che riguarda la qualificazione in senso commer ciale o meno, dell'attività tipica dei consorzi-fidi, che organizza no la garanzia collettiva dei fidi, al fine di assicurare la (più agevole o garantita) concessione del credito a favore delle im

Ii Foro Italiano — 1997.

prese consorziate. Potendo rilevare da un lato come la coopera tiva di garanzia (artigiana) che svolge professionalmente un'atti

vità economica diretta alla produzione di servizi (le fideiussioni

prestate agli istituti di credito) sembra corrispondere ad un'atti

vità ricompresa ai nn. 2, 4, 6, 5 dell'art. 2195 c.c.; dall'altro, come per i consorzi-fidi, il modello prevalente vede il consorzio

non assumere obbligazioni di garanzia verso le banche, limitan

dosi il consorzio a costituirsi come terzo datore di pegno per

quanto concerne il fondo rischi, ed a gestire i contratti di fi

deiussioni che i singoli soci stipulano direttamente con l'azienda

di credito a garanzia del corretto adempimento delle obbligazio ni relative ai rapporti di finanziamento concessi ai consorziati

(apparendo, così, sostenibile la natura non commerciale dell'at

tività del consorzio). L'incertezza interpretativa che derivava circa

il trattamento fiscale da riservare ai consorzi-fidi è stata risolta,

appunto, con l'art. 19, 4° comma, 1. 17 agosto 1977 n. 675, a tenore del quale «l'attività di prestazione di garanzie mutuali

stiche esercitata dai consorzi e dalle cooperative di cui al 1 ° com

ma del presente articolo non costituisce attività commerciale agli effetti dell'art. 51 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 e dell'art. 4 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633». A sua volta il 1° comma ivi

richiamato prevede che ai consorzi e società consortili anche in

forma cooperativa fra piccole e medie imprese industriali ed ar

tigiane di cui alla 1. 10 maggio 1976 n. 377 ed ai consorzi di

cooperative di cui alla 1. 17 febbraio 1971 n. 127, che costitui

scono fondo di garanzia collettiva fidi per il credito sia a breve che a medio termine, può essere concesso un contributo. La di

sposizione di cui al predetto art. 19, 4° comma, chiude, dun

que, il discorso, con il riconoscimento della natura non com

merciale dell'attività svolta dai confidi, con riferimento ai sog

getti ivi richiamati che sono i consorzi fidi costituiti in forma di consorzio o di società consortili (anche in forma di cooperati va, essendosi così positivamente risolto il problema dell'ammis

sibilità di uno scopo mutualistico fra imprenditori). Ma l'orga nizzazione della garanzia collettiva dei fidi può essere realizzata, oltre che con la forma giuridica del consorzio con attività ester

na, con quella della cooperativa a responsabilità limitata (carat terizzata, come si è detto, dalla assunzione, da parte della coo

perativa, di garanzia personale verso le aziende di credito, per finanziamenti ai soci). In tale ambito, erano, in effetti, interve

nute le maggiori perplessità intorno alla possibilità di considera re oggettivamente non commerciali, le attività di prestazione della

garanzia collettiva (personalmente assunta dalla cooperativa). Ma l'ambito soggettivo della norma (esentiva) è, comunque, delimi tato ai consorzi in senso tecnico; non venendo derogato il prin cipio impositivo in ragione del quale il regime di tassazione delle società è conseguente a tale loro forma giuridica e non alla na tura dell'attività che svolgono. Principio che non appare scalfi to neppure dall'art. 4, ultimo comma, d.p.r. n. 633 del 1972

(nel testo modificato, con effetto dal 1° gennaio 1973, dall'art.

5, 1° comma, d.l. 30 dicembre 1982 n. 953) secondo cui non costituisce attività commerciale «la prestazione alle imprese con sorziate o socie, da parte di consorzi o cooperative, di garanzie mutualistiche . . .». Tale norma vale infatti a qualificare non i soggetti, ivi considerati, ma l'attività da essi svolta, nella sua

oggettività. Resta così affermata, in virtù della disposizione di

legge, la non tassabilità, ai fini dell'imposizione indiretta, dei

ristorni, anche a favore dei confidi costituiti sotto forma di so cietà cooperativa. Ma soltanto i consorzi in senso tecnico (o le

cooperative che, avendo assunto veste consortile, hanno un og getto riconducibile a quello indicato dall'art. 2602 c.c.) che svol

gono in via principale la sola attività di prestazione della garan zia collettiva non devono considerarsi neanche, in virtù del coor dinamento dell'art. 4 con l'art. 17 d.p.r. n. 633, soggetti passivi dell'imposta. Tali devono, invece, considerarsi i «confidi» costi tuiti sotto forma di società cooperativa in virtù della regola fon

damentale, posta dal 2° comma dello stesso art. 4, per cui tutte le società, con esclusione della sola società semplice, si conside

rano, in ragione della loro forma societaria, enti commerciali, come tali soggetti passivi dell'imposta.

Le società cooperative a responsabilità limitata, pertanto, an corché esercitino attività (prevalente od esclusiva) di garanzia in favore delle imprese socie, rientrano fra i soggetti di cui alla lett. a) dell'art. 2 d.p.r. n. 598 del 1973, e sono, così, assogget tate alle norme in materia di sostituzione d'imposta previste dal l'art. 26 d.p.r. n. 600 del 1973, con la conseguenza che le ritenu te alla fonte operate nei loro confronti da istituti di credito sugli interessi corrisposti per somme in deposito sono da ritenere a titolo di acconto e non a titolo d'imposta.

This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 07:35:49 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended