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sezione I civile; sentenza 12 marzo 1994, n. 2430; Pres. Salafia, Est. Favara, P.M. Martinelli...

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sezione I civile; sentenza 12 marzo 1994, n. 2430; Pres. Salafia, Est. Favara, P.M. Martinelli (concl. conf.); Soc. Centro odontoiatrico «Giovanni Rocca» (Avv. Marcelli) c. Forte (Avv. A. Pietrosanti) e Orsini (Avv. Sartorio). Conferma App. Roma 27 novembre 1989 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 4 (APRILE 1995), pp. 1305/1306-1307/1308 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188755 . Accessed: 25/06/2014 07:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.152 on Wed, 25 Jun 2014 07:33:37 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 12 marzo 1994, n. 2430; Pres. Salafia, Est. Favara, P.M. Martinelli(concl. conf.); Soc. Centro odontoiatrico «Giovanni Rocca» (Avv. Marcelli) c. Forte (Avv. A.Pietrosanti) e Orsini (Avv. Sartorio). Conferma App. Roma 27 novembre 1989Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 4 (APRILE 1995), pp. 1305/1306-1307/1308Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188755 .

Accessed: 25/06/2014 07:33

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 12 marzo

1994, n. 2430; Pres. Salafia, Est. Favara, P.M. Martinelli

(conci, conf.); Soc. Centro odontoiatrico «Giovanni Rocca»

(Aw. Marcelli) c. Forte (Aw. A. Pietrosanti) e Orsini (Aw.

Sartorio). Conferma App. Roma 27 novembre 1989.

Società — Poteri degli amministratori — Delimitazione statuta

ria — Atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazio

ne — Distinzione (Cod. civ., art. 2266, 2293, 2298).

Qualora lo statuto preveda, in riferimento ai poteri di rappre

sentanza degli amministratori, una distinzione tra atti di ordi

naria e atti di straordinaria amministrazione, deve ritenersi

che l'ambito di tali poteri vada stabilito con riferimento al

l'oggetto sociale e non alla mera rilevanza economica

dell'atto. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso la

società Centro odontoiatrico, deducendo la violazione degli art.

320, 1572 e 2298 c.c., sostiene che erroneamente la corte di

merito ha escluso che nell'operazione di leasing in questione fosse da ravvisarsi un atto di straordinaria amministrazione, la

quale ricorre invece in tutti i casi in cui vi è un consistente

impegno economico con riferimento alla entità del capitale so

ciale. Secondo la ricorrente è a questo (che è elemento fisso, ancorché suscettibile di variazioni) e non al patrimonio sociale

(che è elemento variabile e fluttuante) che occorre fare riferi

mento per stabilire l'entità economica dell'atto, mentre è inap

plicabile il criterio dell'inerenza dello stesso all'oggetto sociale,

trattandosi nella specie di beni necessari per l'attività della so

cietà e strumentali per il funzionamento del gabinetto odontoia

(1) Con la sentenza in epigrafe la Suprema corte è tornata sulla que stione relativa alla rilevanza che viene ad assumere, nell'ambito della delimitazione dei poteri di rappresentanza spettanti agli amministratori di società, l'inserimento nel contratto sociale della distinzione tra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione. Il problema sorge non tanto per il caso in cui vengano specificamente indicati gli atti o

le categorie di atti ai quali non si estende il potere di rappresentanza,

quanto nell'ipotesi in cui i limiti siano formulati avendo riguardo al

più generico parametro della «ordinarietà» o «straordinarietà». La corte, pertanto (pur ammettendo che, in base alla distinzione rive

niente dall'art. 320 c.c., dettato a tutela degli interessi del minore, sono

da intendersi atti di ordinaria amministrazione quelli meramente con

servativi del patrimonio amministrato, mentre sono di straordinaria am

ministrazione, «oltre quelli di disposizione e di alienazione, tutti quelli suscettibili di diminuire l'entità economica dei beni gestiti»), ha ritenu

to tale principio inapplicabile nel campo delle attività economiche, per il quale opererebbe il solo criterio della pertinenza dell'atto all'esercizio

dell'impresa. Il collegio ha cosi ribadito un principo già espresso, sem

pre con specifico riferimento alle società aventi natura personale, da

Cass. 11 giugno 1968, n. 1846, Foro it., 1968, I, 2801. Contra, Cass.

13 marzo 1954, n. 714, id., 1954, I, 1271. La corte, nell'enunciazione del principio di cui si è detto, prescinde

tuttavia dal fatto che, nel caso di specie, si tratti di società di persone; e tale circostanza induce a ritenere che il principio sia applicabile alla

disciplina dei poteri di rappresentanza degli amministratori di ogni tipo di società. Nel senso di ricondurre alla nozione di ordinaria ammini

strazione, in diritto societario, tutti gli atti che tendono a realizzare

l'oggetto sociale, cfr. Cass. 18 giugno 1987, n. 5353, id., Rep. 1987, voce Società, n. 465. In senso analogo, in relazione ai poteri di rappre sentanza degli amministratori di società per azioni, anche se in obiter

dictum, Cass. 9 febbraio 1981, n. 789, id., 1981, I, 1315. Conforme risulta essere il costante orientamento della dottrina: cfr.,

fra gli altri, F. Ferrara jr. - F. Corsi, Gli imprenditori e le società,

Milano, 1994, 313, nota 3; A. Mignoli - R. Nobili, Amministratori

(di società), voce dell' Enciclopedia deI diritto, 1958, II, 130; F. Bonel

li, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1985, 102 ss.; A.

Di Amato, Problemi preliminari sulla disciplina dei limiti ai poteri di

rappresentanza degli amministratori di società per azioni, in Giust. civ.,

1973, IV, 211; P. Micheli, Atti di ordinaria e straordinaria ammini

strazione nelle società per azioni, id., 1955, I, 273.

Per quel che riguarda il criterio della inerenza di un atto all'oggetto

sociale, vedi, in dottrina, G. Caselli, Oggetto sociale e atti «ultra vi

res», Padova, 1970, 107 ss.; E. Gigliozzi, Gli atti estranei all'oggetto sociale nelle società per azioni, Milano, 1970, 131; E. Zanelli, La no

zione di oggetto sociale, Milano, 1962, passim-, nonché, in relazione

a taluni profili particolari, F. Galgano, Diritto commerciale, Bologna,

1991, II, 277; C. Serpi, Note preliminari alla distinzione tra ordinaria

e straordinaria amministrazione in materia di società, in Riv. società,

1966, 920.

Il Foro Italiano — 1995.

trico, ma non rientranti né nell'oggetto sociale (che delinea il

campo dell'attività della società) né nello scopo sociale (che è

il fine al quale questa attività deve essere indirizzata). Aggiunge

poi la ricorrente he il contratto di leasing stipulato dalla società

era da inquadrare sicuramente tra gli atti di straordinaria am

ministrazione per la consistenza economica e per il pregiudizio che ne può derivare in caso di inadempimento, con la perdita del bene o il fallimento.

Il ricorso è infondato in tutti i profili prospettati. Come questa Corte suprema (Cass. 18 giugno 1987, n. 5353,

Foro it., Rep. 1987, voce Società, n. 465) ha avuto modo di

precisare, la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria am

ministrazione in materia societaria, allorquando ad essa sia ri

collegata la determinazione dei poteri spettanti agli amministra

tori, non coincide del tutto con quella prevista dagli art. 320, 374 e 394 c.c. a proposito dei beni degli incapaci.

Se pure è vero infatti che in linea generale sono atti di ordi

naria amministrazione quelli puramente conservativi del patri monio amministrato (miranti cioè ad accrescerne senza rischi

la consistenza), mentre sono atti di straordinaria amministra

zione, oltre quelli di disposizione e di alienazione, tutti quelli suscettibili di diminuire l'entità economica dei beni gestiti (cosi Cass. 13 marzo 1954, n. 714, id., 1954, I, 1271), per quanto

riguarda la delimitazione dei poteri che per legge (o per espres so richiamo a detta distinzione contenuta nell'atto costitutivo) sono attribuiti agli amministratori, deve ritenersi che l'ambito

di tali poteri va stabilito con riferimento all'oggetto sociale e

non alla mera rilevanza economica dell'atto. Devono cosi consi

derarsi rientranti nell'oggetto sociale in particolare gli atti che

ineriscono alla gestione della società, pur se eccedono i limiti

della c.d. ordinaria amministrazione (salve le limitazioni stabili

te dallo statuto) quando la stessa attività sociale richieda lo svol

gimento di atti non meramente conservativi (come gli atti di

acquisto di un immobile o di rimessione di un debito: Cass.

3600/77, id., Rep. 1977, voce cit., n. 208) diretti a perseguire in modo dinamico lo scopo sociale. Eccedono i poteri degli am

ministratori invece quali atti vietati di straordinaria amministra

zione, gli atti di disposizione o di alienazione suscettibili di mo

dificare la struttura della società e che perciò esorbitano, e con

trastano, l'oggetto sociale.

In rapporto a tale criterio nessuna rilevanza può avere da

sola la consistenza economica degli atti posti in essere dagli am

ministratori, specie se questa venga considerata in riferimento

al capitale e non al patrimonio sociale, quando si tratti di atto

rientrante nell'oggetto sociale (e salva restando, in ipotesi di

atti avventati di gestione, la responsabilità degli amministratori,

nelle varie forme regolate negli art. 2384 ss. c.c.): un atto che

non sia estraneo all'oggetto sociale rientra tra i poteri dell'am

ministratore quale che sia la sua rilevanza economica e la sua

natura giuridica. Ciò specie quando si tratti (come nel caso di

specie) di acquisto di beni strumentali, destinati cioè a permet tere l'inizio o la prosecuzione dell'attività d'impresa. E anzi pro

prio la strumentalità e la necessità di simili atti, pur se impegna tivi per il patrimonio sociale, conferma — se l'oggetto sociale

prevede la realizzazione di scopo per i quali sia necessario ap

prestare costosi beni strumentali — che esiste la predetta corri

spondenza. Ed è appena il caso di rilevare che le ripercussioni economiche dei predetti atti qualora la società risultasse non

in grado di sostenerne l'onere, rappresentano meri rischi d'im

presa, che in nessun modo incidono sulla natura degli atti.

Né infine può ritenersi eccedente i poteri degli amministratori

la stipula di un contratto di leasing, visto dalla ricorrente come

atto di amministrazione straordinaria in quanto presidiato dal

rischio dell'utilizzatore, ove inadempiente, di incorrere nel falli

mento o di perdere le rate pagate. Ribadito che il rischio di

fallimento inerisce a ogni attività d'impresa e che il rilevante

impegno economico derivante da un contratto non è di per sé

sufficiente a sottrarlo, per dette possibili conseguenze, ai poteri

dell'amministratore quando l'atto rientri nell'oggetto sociale, va

osservato che a nessuna diversa conclusione può pervenirsi per

il fatto che il contratto di cui si discute fosse un contratto di

leasing. Dagli accertamenti di fatto operati in sede di merito

risulta infatti che si trattava di leasing che prevedeva una loca

zione biennale di beni non soggetti a rapida obsolescenza, cedu

ti a rate mensili ad un costo che avrebbe permesso il trasferi

mento in proprietà allo scadere del biennio, con sicuro vantag

gio per l'utilizzatore (si trattava cioè non di un leasing tradizionale

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1307 PARTE PRIMA 1308

con funzione di finanziamento a scopo di godimento, ma di

un leasing c.d. di trasferimento). Se a ciò si aggiunge che, sempre secondo gli accertamenti

del giudice di merito, si trattava (come ammesso dalla stessa

ricorrente) di beni strumentali necessari per lo svolgimento del

l'attività sociale ma di notevole costo iniziale, si giustifica la

conclusione secondo cui il contratto stipulato, senza la firma

congiunta dell'altro amministratore, dall'Oropallo nel concreto

era sicuramente un atto rientrante nell'oggetto sociale, perché

appunto diretto a permettere il funzionamento del gabinetto odontoiatrico e, in tal modo, l'acquisizione di profitti che avreb

bero consentito di far fronte, dietro pagamento rateale e con

facoltà di uso immediato dei beni, all'onere finanziario, altri

menti insostenibile, connesso all'acquisto di beni strumentali di

notevole costo.

La sentenza impugnata si sottrae perciò alle censure proposte e merita conferma.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 1° mar

zo 1994, n. 2031; Pres. Anglani, Est. Spadone, P.M. Lupi

(conci, conf.); Gallo e altro (Aw. Menghini, Giordano) c.

Porporato e altri (Aw. Romagnoli, Sertorio). Conferma

App. Torino 30 ottobre 1989.

Donazione — Revocazione — Cause — Norme applicabili (Cod.

civ., art. 803, 804). Donazione — Revocazione per sopravvenienza di figlio — Suc

cessiva sopravvenienza di nipote — Nuova revocazione —

Esclusione (Cod. civ., art. 803, 804).

Le cause di revocazione della donazione sono regolate dalle nor

me vigenti al tempo del loro verificarsi, e non al tempo della

donazione. (1) In tema di revocazione della donazione, la sopravvenienza di

un nipote, che intervenga dopo che si sia già verificata la

sopravvenienza del genitore dello stesso, non opera come nuova

causa di revocazione. (2)

Svolgimento del processo. — Con atto del 15 luglio 1980 Gallo

Renata in Marino e Gallo Giuseppe convenivano dinanzi al Tri

bunale di Torino Ballario Luigi, Poma Clelia ved. Vallario, Bal

larlo Maria Carla in Casabassa, Ballario Luciana e Porporato Adriana ved. Ballario, quest'ultima in proprio e in qualità di

rappresentante legale dei figli minori Ballario Clelia e Ballario Andrea esponendo di essere figli di Ballario Maria Giacinta co

niugata Gallo, nata a Torino il 9 settembre 1901 e deceduta in Cosenza il 23 settembre del 1975; che la stessa a seguito della

morte del padre Ballario Ferdinando avvenuta in Torino il 18

marzo 1923 aveva partecipato con i fratelli e la madre Quenda Petronilla alla divisione del patrimonio ereditario ricevendo la metà della cascina detta «Buffa» in territorio di Nichelino, com

presa la casa di campagna; con rogito Borgna del 19 febbraio

1926 essa aveva donato alla madre tali beni.

(1-2) Non constano precedenti giurisprudenziali, se non nei due gradi del giudizio di merito che hanno preceduto l'odierno decisum. Si tratta di App. Torino 30 ottobre 1989 (Foro it., Rep. 1991, voce Donazione, nn. 17, 18, e Riv. not., 1991, 154, con nota di Metitieri), e Trib. Torino 28 giugno 1986 (id., 1988, 140, con commento di Baralis e

Metitieri, Spunti in tema di simulazione e revocazione di donazione per sopravvenienza di figli, cui rinviamo anche ai fini di un più comple to esame dei fatti di causa).

Come mero obiter dictum, la Suprema corte ha precisato che nel procedimento di interpretazione di una legge non si può dare alcun rilievo alle opinioni di coloro che parteciparono alla sua formulazione se contrastanti con il testo legislativo: sul punto, cfr. Cass. 21 maggio 1988, n. 3550, Foro it., Rep. 1988, voce Legge, n. 39 e 8 giugno 1979, n. 3276, id., Rep. 1979, voce cit., n. 40, ed in motivazione id., 1979, I, 1998.

Il Foro Italiano — 1995.

Chiedevano quindi Gallo Renata e Giuseppe la revocazione

ex art. 803 c.c. della donazione per sopravvenienza di discen

dente legittima della donante essendo nata il 29 settembre del

1975 sei giorni dopo la morte della stessa, Marino Raffella fi

glia di Gallo Renata e nipote di Ballano Maria Giacinta; in

subordine, la riduzione della donazione ex art. 555 c.c. perché lesiva della quota di legittima loro spettante.

Costituendosi in giudizio i convenuti deducevano che il con

traddittorio doveva essere integrato nei confronti di Gallo Fer

dinanda figlia di Ballano Maria Giacinta e di Ballario Ferdi nando figlio ed erede di Ballario Giorgio deceduto; eccepivano la decadenza e prescrizione dell'azione di revocazione che sa

rebbe spettata soltanto a Ballario Maria Giacinta, la quale avreb

be potuto esercitarla nei cinque anni successivi alla nascita del

l'ultimo dei suoi figli avvenuta il 16 giugno 1937; che la dona

zione di cui al rogito Borgna del 19 febbraio 1926 era simulata

in quanto la madre degli attori aveva ricevuto denaro in corri

spettivo della quota ereditaria trasferita; proponevano quindi domanda riconvenzionale per l'accertamento della simulazione;

eccepivano ancora l'improponibilità dell'azione di riduzione non

avendo gli attori accettato l'eredità con beneficio di inventario

nei termini di legge. Con ordinanza 29 maggio 1982 il tribunale disponeva l'inte

grazione del contraddittorio nei confronti di Gallo Ferdinanda

e Ballario Ferdinando; la prima rimaneva contumace, il secon

do si costituiva e svolgeva difese analoghe a quelle degli altri

convenuti, eccependo la simulazione del rogito 19 febbraio 1926.

Con sentenza 28 giugno 1986 il tribunale rigettava tutte le

domande attrici e la riconvenzionale dei convenuti di simulazio

ne relativa dell'atto di donazione condannando Gallo Renata

e Giuseppe al pagamento delle spese del giudizio.

Proponevano essi impugnazione lamentando che erroneamente

si era ritenuto intrasmissibile agli eredi il diritto di chiedere la

revocazione della donazione ed escluso che Gallo Renata avesse

tempestivamente accettato l'eredità con beneficio di inventario; ribadivano l'eccezione di prescrizione dell'azione di simulazione

ex adverso proposta. Si costituivano gli appellati, eccetto Gallo Ferdinanda, e pro

ponevano impugnazione incidentale condizionata dolendosi del

mancato accoglimento della domanda od eccezione di simula

zione della donazione.

Deceduta Poma Clelia si costituiva quale erede Ballario Ma

ria Carla già presente in giudizio in proprio. Con sentenza 30 ottobre 1989 la Corte di appello di Torino

rigettava l'impugnazione principale; dichiarava assorbite quelle

incidentali; condannava Gallo Renata e Giuseppe al pagamento della metà delle spese del giudizio compensando la parte residua.

Riteneva la corte, per quanto ancora interessa, che nell'art.

803 c.c. non vi è un'equiparazione della sopravvenienza del fi

glio legittimo a quella del discendente legittimo e che quest'ulti ma può essere causa di revocazione solo se la prima ipotesi non si è verificata; che la domanda subordinata di riduzione della

donazione non poteva essere accolta mancando la prova del

l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario da parte degli interessati.

Avverso la sentenza, notificata il 16 gennaio 1990, hanno pro

posto ricorso con atto del 7 dicembre e 15 marzo 1990 e con

due motivi di censura Gallo Renata in Marino e Gallo Giusep

pe; resistono con controricorso e propongono ricorso incidenta

le condizionato in base a due motivi Ballario Luigi, Ballario

Maria Carla in Casabassa, Porporato Adriana ved. Ballario, Ballario Clelia, Ballario Andrea, Ballario Luciana e Ballario Fer

dinando. Le parti hanno depositato memorie; i ricorrenti, inol

tre, osservazioni per iscritto sulle conclusioni del p.m. Motivi della decisione. — I ricorsi, relativi alla stessa senten

za, devono, in applicaizone dell'art. 335 c.p.c. essere riuniti. Con il primo motivo denunciando violazione e falsa applica

zione degli art. 803 e 804 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3,

c.p.c. i ricorrenti principali lamentano che la sentenza impugna ta ritenendo non equiparabile per la revocazione della donazio

ne la sopravvenienza del discendente legittimo a quella del fi

glio legittimo in quanto la ratio dell'art. 803 c.c. sarebbe sol tanto quella di consentire la revocazione per la sopravvenienza di un ramo di discendenza diretta del donante di primo grado

(figlio legittimo) o, nel caso che essa manchi, del ramo di grado ulteriore in un ruolo simile a quello della rappresentazione suc

cessoria, con la conseguenza che la seconda alternativa causa

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