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Sezione I civile; sentenza 13 dicembre 1980, n. 6452; Pres. Marchetti, Est. Sandulli, P. M. Morozzo...

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Sezione I civile; sentenza 13 dicembre 1980, n. 6452; Pres. Marchetti, Est. Sandulli, P. M. Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Comune di Recco (Avv. V. Tedeschi) c. Min. lavori pubblici. Cassa App. Genova 16 maggio 1977 Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 1081/1082-1087/1088 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172850 . Accessed: 28/06/2014 10:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.79 on Sat, 28 Jun 2014 10:47:53 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 13 dicembre 1980, n. 6452; Pres. Marchetti, Est. Sandulli, P. M.Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Comune di Recco (Avv. V. Tedeschi) c. Min. lavori pubblici.Cassa App. Genova 16 maggio 1977Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 1081/1082-1087/1088Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172850 .

Accessed: 28/06/2014 10:47

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

aderire all'ordine contenuto nella cambiale — non assume alcun

obbligo cambiario e non risponde quindi cambiariamente verso

il possessore del titolo, se non apponga sul documento cambiario

la dichiarazione scritta di accettazione.

La legge, cioè, tutela da un lato l'interesse che ha il trattario

a non corrispondere al possessore del titolo il relativo importo se non quando vi sia stata una preventiva richiesta nei confronti del traente o del suo fallimento, sul riflesso che il trattario è del

tutto estraneo alla costituzione del rapporto giuridico intercorso

tra il traente ed il prenditore ed è quindi logico e coerente che

il soggetto cui il prenditore deve rivolgersi con precedenza sia

il traente cui si deve l'iniziativa dell'operazione. L'interesse del trattario di non subire l'azione del prenditore

non è però tutelato in maniera assoluta, in quanto la legge non

richiede la preventiva infruttuosa escussione del traente, dato che

l'obbligazione extracambiaria del trattario incombe su un sog

getto che avrebbe dovuto assumere la veste di obbligato princi

pale nel rapporto cambiario.

Se quindi l'interesse del trattario a non essere soggetto passivo della pretesa creditoria del prenditore è tutelato in via soltanto

relativa attraverso l'imposizione al prenditore dell'onere della pre ventiva richiesta al traente, non può ravvisarsi in quest'ultima un presupposto processuale dell'azione extracambiaria nei con

fronti del trattario, ben potendo la richiesta essere notificata al

traente (ovvero al suo fallimento attraverso l'insinuazione del

credito al passivo) anche nel corso del giudizio instaurato nei

confronti del trattario.

Tenendo presente la contrapposizione tra requisiti che debbono

sussistere prima dell'inizio del processo perché questo esista ve

possa proseguire {cosiddetti presupposti processuali) e requisiti che condizionano la pronuncia sul merito della controversia, ma

che possono sopravvenire anche dopo l'inizio del processo (co siddette condizioni di proseguibilità), non è dubbio che la ri

chiesta di pagamento al traente da parte del possessore del titolo

rientri in quest'ultima categoria.

Infatti, qualunque sia il momento temporale in cui si colloca

la richiesta in esame per tutto il corso del giudizio di merito

che si svolge contro il trattario, è pur sempre soddisfatta la ratio

legis che riguarda l'aspetto sostanziale della fattispecie e che ten

de a provocare l'adempimento del traente prima che il trattario

possa essere costretto (quale debitore ceduto) a corrispondere

l'importo del credito oggetto della cessione.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, poiché è pacifico in questa sede tra le parti che il credito oggetto della cessione

è stato insinuato in data 23 luglio 1973 al passivo del fallimento

del traente Romano Franceschi durante il corso del giudizio in

staurato il 27 giugno 1973 dalla Bji.1. nei confronti del trattario

Roberto Gragnani, deve ritenersi che giustamente il giudice d'ap

pello ha esaminato nel merito la domanda proposta dalla banca

nei confronti del trattario; né l'esame in sede di merito della

questione fatta valere in questa sede dal ricorrente avrebbe po tuto condurre ad una diversa decisione della controversia.

Il quarto motivo del ricorso deve essere pertanto respinto. Con i primi tre motivi del ricorso, che per. la loro connessione

possono esaminarsi congiuntamente, il ricorrente, denunziando

violazione dell'art. 1264 cod. civ. e degli art. 1, 2, 3 e 4 r. d. 1. 21

settembre 1933 n. 1345, convertito in legge 15 gennaio 1934 n.

48, censura la sentenza impugnata per non aver considerato che:

a) la notifica della cessione di un credito inesistente non può

produrre effetti giuridici; b) in caso di tratte emesse unilateral

mente dal traente, non sottoscritte dal trattario per accettazione

e dal traente cedute alla banca senza alcuna allegazione della

fattura, il silenzio del trattario, dopo la notifica, non può in alcun

modo interpretarsi quale tacita accettazione.

Le riassunte censure sono fondate.

Come già si è accennato nell'esame del quarto motivo, qualun

que sia la natura giuridica che si riconosca alla clausola di ces

sione inserita nella cambiale tratta (garanzia extracartolare per il pagamento del credito cambiario, pegno di crediti, cessione pro

solvendo), ciò che è essenziale è che si è'in presenza di una ces

sione di credito ordinario e non già di un credito cambiario, allo scopo di garantire il pagamento della cambiale. Pertanto, in seguito alla cessione della provvista il portatore del titolo ac

quista nei confronti del trattario soltanto un'azione ordinaria

quale cessionario del diritto di credito derivante dalla fornitura

di merci che ha dato luogo all'emissione della tratta, mentre

nei confronti dello stesso non gli compete l'azione cambiaria,

posto che la cambiale tratta non accettata non determina il sor

gere nei suoi confronti di alcuna obbligazione cambiaria.

Trattandosi di una cessione extracambiaria, è quindi applica bile il principio secondo cui la cessione da un lato realizza l'ef

fetto suo tipico di trasferire il diritto di credito al cessionario

cosi come esso si presentava in capo al cedente, dall'altra il de bitore ceduto può opporre a quest'ultimo tutte le eccezioni atti nenti al rapporto contrattuale nel quale il credito si inserisce, come uno dei suoi elementi, cosi come le avrebbe potute opporre al creditore cedente (Cass. 10 gennaio 1966, n. 184, id., 1966, I, 13Q.7).

Ne consegue che, come l'originario creditore era soggetto al l'onere probatorio circa il diritto di credito fatto valere nei con fronti del debitore, cost il cessionario che subentra nella titola rità di quel diritto deve provare l'esistenza, del diritto stesso se condo i principi generali (art. 2697, 1° comma, cod. civile).

Orbene, la corte del merito ha ritenuto provato il credito fatto valere dalla banca cessionaria nei confronti del trattario sul solo

presupposto che nella specie quest'ultimo non aveva contestato le tratte ed il rapporto sottostante (fornitura di merci), dimo strando di attribuire al silenzio della ditta trattaria il valore di consenso senza alcun inquadramento nella cornice delle circo stanze che potessero eventualmente qualificarlo in senso giuri dico (Cass. 12 aprile 1977, n. 1367, id., Rep. 1977, voce Contratto in genere, n. 72; 10 ottobre 1963, n. 2697, id., Rep. 1963, voce

Obbligazioni e contratti, n. 90). È invece noto che, al di fuori dei casi in cui la legge, gli usi

in una determinata cerchia sociale, il contratto, la pratica invalsa tra persone in continua relazione di affari attribuiscono valore di consenso al silenzio, a questo non si può riconoscere efficacia

giuridica di adesione alla altrui dichiarazione, mentre solo un

comportamento univoco e concludente della parte può, a secon da delle circostanze di fatto e per il comune modo di intendere, assurgere a manifestazione tacita di volontà.

In conclusione, mentre va rigettato il quarto motivo, in acco

glimento dei primi tre motivi del ricorso la denunziata sentenza va cassata con rinvio ad altro giudice, il quale, nella definizione della controversia, si atterrà al seguente principio di diritto: « la

banca che agisce quale portatrice di cambiale tratta garantita mediante cessione di credito derivante da fornitura, ai sensi del l'art. 1 r. d. 21 settembre 1933 n. 1345, convertito in legge 15 gen naio 1934 n. 48, poiché non è titolare nei confronti del trattario

(debitore ceduto), che non abbia accettato la cambiale, di azione

cambiaria, ma soltanto dell'azione causale derivante dalla ces sione del credito relativo alle forniture, in caso di contestazione ha l'onere di provare il rapporto fondamentale che ha dato ori

gine al sorgere del credito azionato nei confronti del trattario, il cui silenzio non può valere di per sé solo come accettazione

della tratta né come riconoscimento del debito ». (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 13 dicem

bre 1980, n. 6452; Pres. Marchetti, Est. Sandulli, P. M. Mo

rozzo Della Rocca {conci, conf.); Comune di Recco (Avv. V. Tedeschi) c. Min. lavori pubblici. Cassa App. Genova il6

maggio 1977.

Espropriazione per pubblico interesse — 'Ricostruzione di opera

pubblica danneggiata da eventi bellici — Strada comunale —

Intervento dello Stato — Occupazione illegittima — Risarci mento del danno — Soggetto responsabile (Cod. civ., art. 2043;

legge 26 ottobre 1940 n. 1543, risarcimento dei danni di guerra, art. 27).

Responsabile dei danni causati dall'illegittima occupazione di

un'area privata necessaria alla ricostruzione di una strada co

munale danneggiata da eventi bellici è la pubblica amministra

zione che ha proceduto alla materiale apprensione dell'area e

alla costruzione dell'opera pubblica, e non il comune proprie tario di questa. (1)

(1-2) In tema di realizzazione di opere da parte di ente pubblico che agisca per conto di altro ente pubblico, in forza di potestà con ferite al primo direttamente dalla legge, è principio pacifico quello che identifica il legittimato passivo alle azioni proposte dai privati nell'ente che esegue l'opera pubblica, procedendo alla materiale ap

prensione del bene e al compimento delle attività giuridiche neces

sarie a tal fine: Cass. 26 novembre 1979, n. 6193, Foro it., Rep.

1979, voce Responsabilità civile, n. 173; 4 luglio 1979, n. 3780, ibid., voce Espropriazione per p. /., n. 161; 23 febbraio 1979, n.

1206, ibid., voce Opere pubbliche, n. 20; 7 giugno 1978, n. 2852,

id., Rep. 1978, voce Espropriazione per p. »'., n. 255; 27 ottobre

1977, n. 4631, id., Rep. 1977, voce cit., n. 250; 10 agosto 1977, n.

3682, ibid., n. 251; 10 agosto 1977, n. 3677, ibid., n. 249; 26

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1083 PARTE PRIMA 1084

Il

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 22 mag gio 1980, n. 3364; Pres. Vigorita, Est. Sandulli, P. M. Det tori (conci, conf.); Comune di Alcamo (Avv. Bortone) c. Dia, De Battista (Avv. Fornario, Russo, Maniscalco Basile). Con

ferma App. Palermo 16 marzo 1977.

Espropriazione per pubblico interesse — Sicilia — Opere pub bliche — Competenza regionale — Affidamento al comune —

Opposizione alla stima e risarcimento dei danni — Legittima zione passiva del comune (Legge reg. sic. 2 agosto 1954 n. 32, norme per l'acceleramento dell'esecuzione e dei pagamenti delle

opere pubbliche della regione, art. 4).

Qualora la regione Sicilia abbia affidato ad un comune l'esecu zione di un'opera pubblica di interesse regionale, conferendogli anche il potere di promuovere le espropriazioni necessarie, le

gittimato passivo alle azioni di opposizione alla stima e di ri sarcimento dei danni conseguenti a occupazione divenuta ille

gittima per tardiva emanazione del decreto di espropriazione è il comune stesso e non la regione. (2)

aprile 1977, n. 1577, ibid., voce Responsabilità civile, n. 99; 6 ot tobre 1976, n. 3290, id., 'Rep. 1976, voce Espropriazione per p. i., n. 339; 4 giugno 1976, n. 2023, ibid., n. 338; 6 novembre 1975, n. 3717, id., iRep. 1975, voce cit., n. 355; 3 dicembre 1974, n. 3940, id., Rep. 1974, voce cit., n. 180; 29 marzo 1974, n. 883, ibid., n. 360; 11 dicembre 1973, n. 3366, id., Rep. 1973, voce Opere pub bliche, n. 18; 30 ottobre 1973, n. 2835, ibid., voce Espropriazione per p. i., n. 161; 7 agosto 1972, n. 2640, ibid., n. 153; 19 settembre 1972, n. 2762, id., Rep. 1972, voce cit-, n. 216; 13 giugno 1972, n. 1845, ibid., n. 211; App. Napoli 7 ottobre 1970, ibid., voce Opere pubbliche, n. 22; Cass. 22 gennaio 1969, n. 136, id., Rep. 1970, voce cit., n. 22; 30 maggio 1969, n. 1918, id., Rep. 1969, voce Espropriazione per p. /., n. 58; 13 luglio 1968, n. 2496, ibid., n. 57; App. Napoli 23 gennaio 1968, id., Rep. 1968, voce cit., n. 92; App. Napoli 20 febbraio 1967, id., Rep. 1967, voce cit., n. 271; Trib. Salerno 14 marzo 1966, id., Rep. 1966, voce cit., n. 392; Cass. 29 gennaio 1966, n. 351, ibid., n. 387, con nota di Vaiano, in Temi nap., 1966, I, 61; Coll. arb. 23 dicembre 1963, Foro it., 1964, I, 2246, con nota di richiami, cui adde Cass. 11 ottobre 1963, n. 2711, id., 1964, I, 72, con (nota di C. M. Barone.

In tema di rapporti organizzatori intersoggettivi, in forza dei quali un ente assume su di sé l'esecuzione dell'opera quale delegato affi

datario, finanziato ovvero sostituto dell'ente beneficiario di essa, è normalmente ammessa la legittimazione passiva del delegato nelle azioni di danno, o di opposizione alla stima, intentate dai terzi, ec cettuati i casi in cui sia dimostrata, in concreto, la concorrente

responsabilità del delegante, e salvo il diritto di rivalsa del delegato nei confronti del delegante, alla stregua dell'esatta individuazione della quantità e qualità dei poteri al primo conferiti dalla legge o dall'atto amministrativo; tale principio, insieme ad una compiuta sistemazione delle precitate figure organizzatone, trovasi affermato

esplicitamente, perla prima volta, in Cass. 25 gennaio 1968, n. 212, id., Rep. 1969, voce Opere pubbliche, n. 276, con nota di T. M.

Ferrati, in Giust. civ., 1968, I, 1236, e Cass. 31 gennaio 1968, n. 313, Foro it., 1968, I, 1566, con nota parzialmente contraria di F. Satta, entrambe citate nella riportata sentenza 3364/1980; del principio trovasi applicazione in Cass. 17 settembre 1980, n. 5280 e 24 giugno 1980, n. 3951, id., Mass., 1025, 791; 10 gennaio 1979, n. 156, id., Rep. 1979, voce Espropriazione per p.i., n. 155; 2 feb braio 1977, n. 469, id., Rep. 1977, voce Opere pubbliche, n. 25; App. Caltanissetta 30 giugno 1975, id., Rep. 1975, voce cit., n. 19; Cass. 11 dicembre 1974, n. 4186, id., Rep. 1974, voce cit., n. 18; 12 dicembre 1972, n. 3566, id., Rep. 1972, voce Espropriazione per p. i., n. 209; 21 giugno 1969, n. 2203, id., 'Rep. 1969, voce cit., n. 56; 6 maggio 1969, n. 1525, ibid., voce Opere pubbliche, n. 195; 17 aprile 1969, n. 1212, ibid., voce Espropriazione per p. i., n. 252, con nota di Ruoppolo, in Giust. civ., 1969, I, 990.

Per contro, escludono del tutto la possibilità di rivalsa, alla stre

gua della considerazione che appaiono del tutto irrilevanti i rap

porti interni tra delegante e delegato: Cass. 12 ottobre 1978, n.

4571, Foro it., Rep. 1978, voce Opere pubbliche, n. 32; 11 marzo

1977, n. 988, id., Rep. 1977, voce Espropriazione per p. i., n. 252; 14 marzo 1973, n. 720, id., Rep. 1973, voce Opere pubbliche, n. 16.

In dottrina è assolutamente pacifica l'attribuzione della responsa bilità per occupazione illegittima all'ente in concreto autore del fat

to, indipendentemente dai rapporti organizzatori che legano questo ad altri enti; in particolare, v. F. Satta, op. cit., 1572; De Fina,

Affidamento di opere pubbliche e responsabilità civile, in Giur. me

rito, 1974, III, 30; Rodella, Circa la possibilità di delegazione, af

fidamento o sostituzione nella procedura espropriativa, in Ammin. it.,

1971, 496. Sulle figure organizzatone predette, Carnevale Venchi,

Opere pubbliche (ordinamento), voce dell'Enciclopedia del diritto,

1980, XXX, 373 ss. Sulla responsabilità aquiliana della pubblica amministrazione cfr.

tra le altre, da ultimo, Cass. 17 novembre 1978, n. 5346, Foro it.,

1980, I, 3079, con nota di richiami di C. M. Barone; per ulteriori

riferimenti cfr. la nota di richiami a Trib. S. Maria Capua Vetere

9 maggio 1978, id., 1981, II, 170.

I

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con atto di

citazione del 4 dicembre 1963, Alfredo e Maddalena Solari con

venivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Genova, il comu

ne di Recco, perché fosse condannato al pagamento, a titolo di

risarcimento dei danni, del valore venale di alcuni terreni di

loro proprietà, occupati dal comune nel 1947 e destinati a strada senza un formale provvedimento di esproprio.

Il comune chiamava in causa il ministero dei lavori pubblici,

perché fosse dichiarato legittimato passivo rispetto alla domanda dei Solari e tenuto a manlevarlo dalle pretese degli stessi.

Tale giudizio si concludeva con sentenza del tribunale adito

del 12 marzo 1974, che accoglieva la domanda dei Solari, dichia

rando inammissibile per tardività la chiamata in causa del mi

nistero.

Con atto di citazione del 28 gennaio 1966 il comune di Recco

conveniva in giudizio, innanzi af Tribunale di Genova, il mini

stero dei lavori pubblici chiedendo la riunione del processo con

quello promosso nei suoi confronti dai Solari e la declaratoria,

rispetto alle domande proposte da questi nei suoi confronti, della

legittimazione passiva del ministero, obbligato a manlevarlo dalla

eventuale condanna di risarcimento dei danni.

Instauratosi il contraddittorio,- il Tribunale di Genova con

sentenza del 5 ottobre 1974 dichiarava inammissibile la domanda

del comune relativa alla sua carenza di legittimazione e respin

geva la domanda di manleva, considerando che la questione di

legitimatio ad causarti, dovendo essere proposta avanti al giudice del merito, non poteva essere sollevata in separato procedimento, e che il ministero, avendo provveduto, dopo la guerra, alla rico

struzione della strada, su richiesta del comune, a norma della

legge 26 ottobre 1940 n. 1543, doveva provvedere soltanto alle

spese per l'esecuzione dell'opera e non anche a quelle per l'ac

quisizione delle aree.

Su gravame del comune la Corte d'appello di Genova con la

denunciata sentenza 7 aprile - 16 maggio 1977 confermava la

decisione di primo grado.

Considerava la corte del merito: che doveva ribadirsi il prin

cipio che la questione di legittimazione andava proposta dinanzi

al giudice del merito; che l'intervento del ministero, per la rico

struzione della strada, danneggiata dalla guerra, sui terreni di

proprietà dei Solari, era stata adottato in base alle leggi 9 luglio 1940 n. 938 e 26 ottobre 1940 n. 1543, le quali non prevedevano

alcun onere a carico dello Stato per l'acquisto delle aree nell'ipo tesi di necessità di spostamento della strada; che, se l'ammini

strazione dello Stato era intervenuta nella ricostruzione della

strada danneggiata a norma delle predette leggi e quindi entro

i limiti degli oneri dalle stesse previsti — come si desumeva

dai decreti del provveditorato alle opere pubbliche per la Ligu ria del 25 giugno 1948 e del 2 febbraio 1949, nei quali non si

parlava di sostituzione dello Stato nell'attuazione del piano di

ricostruzione, né si richiamava la legge 10 aprile 1947 n. 261,

che all'art. 58 prevedeva la sostituzione — doveva escludersi

che, nel caso di specie, fosse intervenuta una sostituzione dello

Stato nella ricostruzione della strada; che, avendo l'amministra

zione dei lavori pubblici provveduto alla ricostruzione della

via a norma delle citate leggi n. 938 e n. 1543 del 1940, secondo

le quali l'obbligo di procedere agli espropri incombe agli enti

proprietari dell'opera e non allo Stato, doveva ritenersi che

questo fosse intervenuto come semplice costruttore della stessa;

e che, di conseguenza, l'abusiva occupazione dei terreni era im

putabile esclusivamente al comune, unico responsabile dei danni.

Avverso tale sentenza il comune di Recco ha proposto ricorso

per cassazione, deducendo due motivi, illustrati da memoria. Ha

resistito con controricorso il ministero dei lavori pubblici.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, il comune ri

corrente — denunciando la violazione e la falsa applicazione

degli art. 2043 cod. civ. e 360, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ. — si

duole che la corte del merito abbia escluso la responsabilità

del ministero dei lavori pubblici, il quale avrebbe occupato i

terreni occorrenti per la ricostruzione della strada comunale

danneggiata dalla guerra senza procedere preventivamente ai pro cedimenti ablatori.

La censura è fondata. Secondo la tesi del ricorrente, tenuto a

rispondere dei danni conseguenti all'occupazione sine titulo dei

terreni di proprietà dei Solari occorsi per la ricostruzione, se

condo un diverso tracciato, della strada comunale distrutta da

gli eventi bellici, sarebbe il ministero dei lavori pubblici, il

quale — operando, su richiesta del comune, al ripristino ed alla

risistemazione della strada, a norma delle leggi 9 luglio 1940 n.

938 e 26 ottobre 1940 n. 1543 — avrebbe proceduto all'occupa

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zione delle aree occorrenti senza procedere preventivamente ai

provvedimenti ablativi.

La corte del merito — ritenendo che il ministero dei lavori

pubblici fosse intervenuto, a mezzo del genio civile nel rifaci

mento della strada danneggiata dalla guerra, a norma delle leggi n. 938 e n. 1543 del 1940, e, quindi, senza sostituirsi al comune

nella acquisizione delle aree — ha affermato che tenuto a risar

cire i danni fosse il comune, ente beneficiario dell'opera, il quale sarebbe stato obbligato a curare il procedimento espropriativo.

La questione proposta attiene alla ripartizione delle responsa bilità in tema di concorso dello Stato nella ricostruzione di una

opera pubblica danneggiata dalla guerra. Trattasi del problema della imputazione della responsabilità tra

due enti pubblici che cooperano nella costruzione di un'opera

"pubblica e, precisamente, della individuazione dell'ente respon sabile del pregiudizio derivato al terzo dal comportamento del

l'ente che, procedendo alla realizzazione dell'opera pubblica nel

l'interesse e per conto di un altro ente, abbia operato in modo

illecito senza il rispetto della legge. È indubbio che l'apprensione di un terreno di proprietà pri

vata (occorrente per l'esecuzione di un'opera pubblica), la quale non sia legittimata da previi procedimenti ablatori (di occupa zione di urgenza o di espropriazione), costituendo un'attività ma

teriale sine titulo, integri un'azione illecita, lesiva di diritti sog

gettivi.

Invero, il mancato impiego da parte dell'amministrazione, ai

fini dell'acquisizione delle aree occorrenti per la realizzazione

delle opere pubbliche, degli strumenti amministrativi apprestati a tal fine dall'ordinamento giuridico degrada l'attività dell'ente

ad attività illecita, di cui si deve rispondere ex art. 2043 cod.

civile.

E poiché per il carattere personale della responsabilità extra

contrattuale, non è possibile operare uno spostamento della re

sponsabilità dell'ente che agisce ad un altro (anche se beneficia

rio dell'opera), la responsabilità non può gravare che sul sog

getto autore del comportamento antigiuridico, e cioè sull'ente

che abbia proceduto all'apprensione illegittima del bene, senza

osservare le norme che regolano i procedimenti di ablazione au

toritativa (cfr. Cass. 10 agosto 1977, n. 3677, Foro it., Rep.

1977, voce Espropriazione per p. i., n. 249 ; 26 aprile 1977, n.

1577, ibid., voce Responsabilità civile, n. 99).

L'indagine concreta da condurre, quindi, ai fini della risoluzio

ne del profilo della imputazione della responsabilità, consiste

nell'individuare quale sia il soggetto che, in linea di fatto, ab

bia operato, e cioè quale sia l'ente che abbia proceduto alla ille

gittima occupazione (sine titulo).

Nel caso di specie — pur appartenendo la strada al comune

di Recco — il ministero dei lavori pubblici, realizzando l'opera nell'interesse del comune, senza curarsi di ottenere preventiva mente l'autorizzazione all'occupazione d'urgenza e di procedere

previamente alla espropriazione delle aree occorrenti, ha tenuto

un comportamento illecito, lesivo di diritti soggettivi, cagionando a terzi pregiudizi, la cui responsabilità non può che gravare su

di esso, per avere agito senza l'impiego degli strumenti ablatori

apprestati all'uopo dall'ordinamento giuridico. Il primo motivo di ricorso è, quindi, da accogliere. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

II

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con decreto

prefettizio del 26 gennaio 1960, il comune di Alcamo veniva

autorizzato alla occupazione di urgenza di un appezzamento di

terreno di mq. 75 di proprietà di Giovanna De Battista, di una

seconda area di mq. 221 appartenente per metà alla De Battista

e per l'altra metà a Castrense Dia e di un terzo suolo di mq. 189

di esclusiva proprietà di quest'ultimo, occorrenti per la sistema

zione di una strada comunale, operata in base alla legge reg. 2

agosto 1954 n. 32.

Con decreto del 6 luglio 1967, notificato il 12 giugno 1968, il

prefetto di Palermo provvedeva all'espropriazione in favore del

comune dei cennati terreni, liquidando le indennità di esproprio

nelle rispettive somme di lire 112.500, lire 331.500, e lire 283.500,

che venivano depositate presso la Cassa depositi e prestiti.

Con atto di citazione del 10 luglio 1968, il Dia e la De Batti

sta chiamavano in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo il

comune di Alcamo, chiedendo che fosse condannato al paga

mento del valore dei terreni e, in linea subordinata, a quello

di un supplemento delle indennità.

Con decreto prefettizio del 29 agosto 1968, le indennità di

espropriazione venivano rettificate in lire 258.750, lire 762.450

e lire 652.050.

Con sentenza del 24 gennaio 1969 il tribunale adito dichia

rava la propria incompetenza, rimettendo le parti innanzi al Tri

bunale di Trapani.

Riassunto il giudizio e disposta ed espletata una consulenza

tecnica, il Tribunale di Trapani, con sentenza del 20 gennaio 1976, determinava le indennità in lire 3.720.000, lire 11.050.000

e lire 9.450.000.

Avverso tale sentenza proponevano appello principale il co

mune di Alcamo, il quale sosteneva il proprio difetto di legitti mazione passiva, assumendo di avere agito per conto e nell'in

teresse dell'assessorato dei lavori pubblici della regione siciliana, da cui l'opera pubblica era finanziata, ed appello incidentale il

Dia e la De Battista, i quali deducevano che, essendo intervenuto

tardivamente il decreto di espropriazione, fosse loro dovuto il

valore venale dei terreni all'epoca della decisione.

La Corte d'appello di Palermo con la denunciata sentenza 3

dicembre 1976- 16 marzo 1977 rigettava l'appello incidentale e, in parziale accoglimento di quello principale, condannava il co

mune di Alcamo ad integrare i depositi effettuati a titolo di in

dennità di espropriazione nelle misure di lire 3.453.750, lire

5.070.800 e lire 8.701.450, con gli interessi legali su tali somme

dal 6 luglio 1967 e sulle somme di lire 237.500, lire 1.684.075 e

lire 3.118.500 dal 1° aprile 1965 al 5 luglio 1967, dichiarando

compensate fra le parti le spese giudiziali per un terzo e po nendo gli altri due terzi a carico del comune.

Considerava la corte del merito: che il comune di Alcamo

era passivamente legittimato, in quanto, esclusivo beneficiario

dell'espropriazione, aveva svolto, in sostituzione dell'assessorato

regionale, tutta l'attività esterna, compresa quella espropriativa, occorrente per la realizzazione dell'opera pubblica; che, ai fini

della determinazione delle indennità di esproprio, doveva farsi

riferimento al valore dei terreni non al momento della decisione, ma a quello dell'espropriazione; che, quindi, le indennità di espro

prio andavano liquidate con riguardo ai valori del 1967, ricava

bili dalla relazione del consulente tecnico d'ufficio, in quanto i

valori determinati dal consulente tecnico con riferimento al 1970

consentivano di risalire, attraverso la decurtazione del 25 per

cento giustificata dalla svalutazione monetaria, ai valori del 1967; che le indennità di occupazione legittima andavano liquidate con gli interessi legali sulle somme liquidate per indennità di

espropriazione; e che per il risarcimento dei danni derivanti dalle

occupazioni ultrabiennali, implicitamente riconosciute dal giudice di primo grado, erano dovuti gli interessi legali sul valore del

terreno al momento della decisione.

La corte aggiungeva che non poteva tenersi conto degli incre

menti di valore derivati ai fondi dalle opere pubbliche, in quan

to, in ordine alla loro esclusione, si era formato il giudicato, non

essendo stata proposta alcuna impugnazione riguardo alla rela

tiva statuizione del tribunale.

Avverso tale sentenza il comune di Alcamo ha proposto ricor

so per cassazione, deducendo cinque motivi. Gli intimati, costi

tuitisi con la sola procura, hanno partecipato alla discussione

orale.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, il ricorrente, denunciata la violazione e la falsa applicazione degli art. 1,

2, 3, 4, 6 e 7 legge reg. sic. 2 agosto 1954 n. 32, 2049, 2028,

2030, 2031 cod. civ., 24 e 51 legge 25 giugno 1865 n. 2359, in

relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., sostiene che

legittimato passivo, nel giudizio di opposizione alla stima e di

risarcimento dei danni per l'occupazione ultrabiennale, fosse l'as

sessorato regionale dei lavori pubblici per la regione siciliana e

non il comune di Alcamo, in quanto questo avrebbe svolto com

piti meramente esecutivi e realizzato l'opera pubblica nell'inte

resse e per conto dell'assessorato. Assume che, nel caso di specie, ricorresse l'ipotesi della sostituzione e non dell'affidamento.

La tesi è priva di fondamento. La corte del merito ha corretta

mente ritenuto che — essendosi costituito un rapporto di affida

mento (assimilabile alla delegazione amministrativa intersogget

tiva) fra l'assessorato dei lavori pubblici per la regione siciliana

ed il comune di Alcamo, con poteri estesi alla acquisizione del

suolo — legittimato passivo, nel giudizio di opposizione alla sti

ma e di risarcimento dei danni per occupazione illegittima, fosse

il comune di Alcamo e non l'assessorato regionale.

È noto che, secondo la linea di tendenza della giurispru denza della Corte suprema (formatasi a partire dalle sentenze

n. 212 del 25 gennaio 1968, Foro it., Rep. 1968, voce Opere pub

bliche, n. 276 e n. 313 del 31 gennaio 1968, id., 1968, I, 1565,

e ribadita, anche di recente, dalle decisioni successive), le situa

zioni giuridiche, configurabili nelle ipotesi in cui l'attuazione di

un'opera pubblica sia effettuata da un ente pubblico per conto

di un altro, si riconducono sostanzialmente a quattro figure or

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Page 5: Sezione I civile; sentenza 13 dicembre 1980, n. 6452; Pres. Marchetti, Est. Sandulli, P. M. Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Comune di Recco (Avv. V. Tedeschi) c. Min. lavori pubblici.

1087 PARTE PRIMA 1088

ganizzatorie: la delegazione amministrativa intersoggettiva, l'af

fidamento, la sostituzione ed il finanziamento.

La delegazione amministrativa intersoggettiva è un istituto pe culiare del diritto pubblico, non assimilabile al mandato, con il

quale l'ente investito in via primaria della competenza a prov

vedere in una data materia conferisce autoritativamente ed uni

lateralmente ad un altro ente pubblico una competenza derivata

in ordine alla stessa materia, con la conseguenza che l'ente dele

gato, legittimato all'esercizio di poteri e di funzioni spettanti al

delegante, provvede rispetto all'oggetto della delega non in veste

di organo o di rappresentante dell'ente competente in via prima

ria, ma in nome proprio anche se per conto e nell'interesse del

delegante. Ed implicazione di ciò è che la responsabilità, nei confronti

dei terzi, per gli atti posti in essere in esecuzione della delega, è

dell'ente delegato; onde non hanno rilevanza esterna le riper cussioni di tali atti nel rapporto interno tra ente delegato ed ente

delegante e la loro incidenza nella sfera giuridica di quest'ultimo. Nell'affidamento vanno ravvisate due distinte ipotesi: quella

del cosiddetto affidamento improprio, assimilato alla delegazio

ne, nella quale un ente attribuisce ad un altro ogni potere rela

tivo alla esecuzione di un'opera; e l'altra dell'affidamento in sen

so proprio, che consiste nell'incarico dato ad organi tecnici di

un altro ente di curare l'esecuzione dell'opera, alla quale va ne

gata rilevanza nei confronti dei terzi in quanto incidente soltanto

nei rapporti interni.

La sostituzione si verifica quando un ente si assume l'opera di pertinenza di un altro ente al fine di provvedere ad un'esi

genza pubblica che diversamente rimarrebbe insoddisfatta; in tale

ipotesi va riconosciuto nell'ente che si sostituisce (e non nell'ente

che avrebbe dovuto compiere l'opera e che in definitiva viene a

beneficiarne) il soggetto legittimato a compiere tutte le attività giu ridiche occorrenti e legittimato, quindi, attivamente e passiva mente nei confronti dei terzi.

Infine, il finanziamento si ha quando un ente si assume l'onere

di provvedere alle spese occorrenti per l'opera (e quindi anche al

deposito ed al versamento dell'indennità di espropriazione), ri

manendo, peraltro, l'opera di competenza dell'ente che la compie e ne è il beneficiario: in tal caso, il rapporto tra gli enti rimane

interno e non ha rilevanza riguardo ai terzi; onde nei confronti

di questi legittimato è sempre l'ente che cura l'opera ed a cui

favore è pronunciata la espropriazione. Ciò posto, va osservato come, nelle ipotesi in cui le figure or

ganizzatone, ravvisabili in caso di collaborazione di più enti nella esecuzione di opere pubbliche, abbiano rilevanza esterna, la legittimazione attiva o passiva nei confronti dei terzi va de terminata in base alla qualità e quantità dei poteri che siano con feriti all'ente che attua l'opera dalla legge o dall'atto amministra tivo che danno luogo alla particolare situazione. Invero, la spe ciale disciplina legislativa, per i mezzi che predispone e per i ri sultati cui tende, determina una scissione tra la titolarità della

posizione e la titolarità dell'attività, dalla quale deriva che le

gittimato a compiere l'attività con competenza propria sia un sog

getto diverso da quello cui l'opera spetta e che un'attività sia

compiuta nell'ambito di una competenza, senza che il soggetto che la compie assuma la titolarità della posizione corrispondente.

Nel caso di specie, la corte del merito — trovandosi a decide

re, nell'ipotesi di occupazione di alcune aree, occorrenti per la sistemazione di una strada, da parte del comune di Alcamo, cui l'assessorato dei lavori pubblici per la regione siciliana aveva affi dato l'esecuzione delle opere a norma della legge regionale si ciliana 2 agosto 1954 n. 32 (norme per l'acceleramento dell'ese cuzione e dei pagamenti delle opere pubbliche di competenza della regione nonché degli enti locali), quale fosse il soggetto passivamente legittimato sia in relazione all'opposizione alla sti ma sia in relazione alla domanda di risarcimento dei danni de rivanti dall'occupazione illegittima ultrabiennale — ha corretta mente ritenuto — con un giudizio di fatto, insindacabile in que sta sede per avere a supporto una motivazione adeguata ed esen te da vizi logici ed errori giuridici — che — estendendosi il conferimento dei poteri assegnati al comune alla procedura di

occupazione e di espropriazione e non avvalendosi l'assessorato

regionale per l'esecuzione dell'opera esclusivamente degli organi tecnici del comune — il rapporto intervenuto fra l'assessorato ed il comune dovesse sussumersi sotto lo schema paradigmatico del cosiddetto affidamento improprio (assimilabile, nella struttura e nel regime, alla delegazione amministrativa intersoggettiva) e non

potesse, quindi, configurarsi — oltre che, per quanto si è innanzi

detto, come affidamento proprio — come sostituzione, in quanto questa, costituendo una figura organizzatoria inversa a quella della delegazione, richiede requisiti e connotati caratteriali con trastanti con quelli dei modelli giuridici, mediante i quali si

provvede da parte di un ente al conferimento di propri poteri ad altro ente per l'esecuzione di un'opera pubblica.

Invero, essendo il governo regionale autorizzato, a norma della citata legge reg. sic. n. 32 del 1954, ad eseguire le opere pubbliche di interesse regionale, anche se di competenza degli enti locali (art. 1), e potendo provvedere l'assessorato regionale per i lavori pubblici alla esecuzione delle opere (art. 3) ed alla

progettazione e direzione dei lavori delle opere pubbliche finan ziate dalla regione, oltre che direttamente, a mezzo dgli enti lo cali (art. 4), la corte d'appello, dopo avere accertato che l'as sessorato regionale aveva demandato al comune l'attuazione del

l'opera pubblica, compresa l'acquisizione del suolo mediante espro priazione, onde all'ente comunale incombeva provvedere alle pra tiche necessarie per il suo espletamento, ha correttamente rite nuto che legittimato passivamente fosse il comune di Alcamo (e non l'assessorato regionale) sia in ordine all'azione di opposizione alla stima amministrativa che riguardo all'azione risarcitoria

promossa per l'occupazione illegittima. Il primo motivo è, quindi, da disattendere. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 12 dicem bre 1980, n. 6434; Pres. A. Alibrandi, Est. Frisina, P. M. Grimaldi (conci, conf.); Cantina cooperativa di Melissano

(Avv. Benigni, Fumarola Mauro) c. Marsano (Avv. Nanna).

Conferma App. Lecce 117 novembre 1975; cassa App. Lecce 25 maggio 1976.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Richiesta di

attribuzione di qualifica inferiore a quella indicata nell'atto introduttivo — « Mutatio libelli » •— Esclusione — « Emenda no libelli» — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 183, 184, 189, 420).

Non costituisce violazione del divieto della mutatio libelli, né dell'emendatio libelli senza autorizzazione del giudice, ai sen si dell'art. 420, 1° comma, cod. proc. civ., l'aver richiesto in sede di precisazione delle conclusioni, dinanzi al giudice uni co del tribunale •— di cui all'art. 20 legge 533/J973 i—, la qua lifica di impiegato di prima categoria anziché quella di diri

gente d'azienda, richiesta nell'atto di citazione, poiché la do manda del lavoratore subordinato per l'attribuzione di mag giore qualifica include implicitamente la domanda di qualifica inferiore ed il giudice può conoscerne a prescindere da ogni esplicita richiesta in subordine al riguardo. (1)

(1) Non constano precedenti in termini editi. La Cassazione esclude che la fattispecie integri un caso di mu

tatio libelli, rifacendosi all'orientamento costante per il quale si ha violazione del divieto di proporre domande nuove solo qualora si faccia valere una pretesa obiettivamente diversa dall'originaria, at traverso il cambiamento dell'oggetto della domanda o dei fatti posti a fondamento di essa (Cass. 13 dicembre 1979, il. 6502 e 8 marzo 1979, n. 1437, Foro it., Rep. 1979, voce Procedimento civile, nn. 185, 189; Trib. Chieti 30 settembre 1976, id., Rep. 1978, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 170, e, per esteso, in Riv. giur. lav., 1978, II, 170, con nota di Vardaro; Cass. 21 settembre 1977, n. 4038, Foro it., Rep. 1978, voce Procedimento civile, n. 162; 17 gennaio 1977, n. 236 e 6 maggio 1977, n. 1727, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 163, 167; 2 marzo 1976, n. 691, id., 1976, I, 2694, con nota di richiami).

L'ulteriore questione se la domanda sopravvenuta per l'attribuzio ne di qualifica inferiore a quella originariamente richiesta dia luogo ad un'emendatio libelli, ammissibile entro i limiti di cui all'art. 420, 1° comma, cod. proc. civ. — come la corte parrebbe ritenere — è superata dall'affermazione che il giudice, una volta investito della domanda di attribuzione di qualifica superiore a quella riconosciuta dal datore di lavoro, nell'indagine per stabilire l'effettiva natura dell'attività espletata, ben può riconoscere al lavoratore una qualifica in feriore a quella richiesta, a prescindere da ogni esplicita domanda in subordine al riguardo. Circa il potere del giudice di interpretare e quali ficare la domanda, nel procedimento ordinario, la giurisprudenza è co stante nel ritenere che egli possa esercitarlo nel rispetto da un lato del divieto di sostituire d'ufficio un'azione diversa a quella espressamente e formalmente proposta, dall'altro del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato (si veda, da ultimo, Cass. 15 gennaio 1980, n. 370, id., Mass., 72). Più specificamente, nel senso che il giudice debba aver riguardo alla sostanza della pretesa e non tralasciare di pronunciare sulle domande che, anche al di fuori di una specifica formulazione, possano essere desunte dal complesso di deduzioni e richieste delle parti, siccome implicite o virtualmente contenute in quelle formulate espressamente, v. Cass. 18 maggio 1976, n. 1764, id., Rep. 1977, voce cit., n. 119.

Per un caso in cui la domanda di qualifica superiore, formulata

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