sezione I civile; sentenza 13 dicembre 1995, n. 12776; Pres. Borrè, Est. Lupo, P.M. Maccarone(concl. conf.); Upica di Macerata (Avv. dello Stato De Stefano) c. Saltari. Cassa Pret. Macerata-Civitanova Marche 7 giugno 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 1291/1292-1293/1294Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190297 .
Accessed: 25/06/2014 08:21
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:21:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1291 PARTE PRIMA 1292
ventuale successiva adozione da parte del ministro di un forma
le provvedimento di rigetto del ricorso summenzionato (Cass. 28 settembre 1994, nn. 7908 e 7909, id., Rep. 1994, voce cit.,
nn. 4, 3). A questo ragionevole orientamento si adegua la sezione, con
siderato anche che la Corte costituzionale ha ritenuto che gli istituti di cui al d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199, art. 2, abbia
no applicazione generale anche nelle materie regolate dal r.d.l.
9 gennaio 1940 n. 2, convertito nella 1. 19 giugno 1940 n. 762
e art. 57 1. 7 gennaio 1929 n. 4, e ciò proprio per evitare dispa
rità di trattamento che sarebbero fonte di incostituzionalità (Corte
cost. 26 aprile 1985, n. 121, id., 1985, I, 2859).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 13 dicem
bre 1995, n. 12776; Pres. Borrè, Est. Lupo, P.M. Maccaro
ne (conci, conf.); Upica di Macerata (Aw. dello Stato De
Stefano) c. Saltari. Cassa Pret. Macerata-Civitanova Marche
7 giugno 1991.
Idrocarburi e risorse geotermiche — Depositi commerciali di
oli minerali — Obbligo di scorta minima (R.d.l. 2 novembre
1933 n. 1741, disciplina della importazione, lavorazione, de
posito e distribuzione di olì minerali e carburanti, art. 12;
1. 10 febbraio 1981 n. 22, disciplina delle scorte petrolifere, art. 1; 1. 10 marzo 1986 n. 61, modifica dell'art. 21 d.l. 30
settembre 1982 n. 688, convertito, con modificazioni, nella
1. 27 novembre 1982 n. 873, concernente la misura delle scor
te di riserva a carico degli importatori di prodotti petroliferi finiti e del r.d.l. 2 novembre 1933 n. 1741, art. 2).
Anche dopo l'entrata in vigore della l. 10 marzo 1986 n. 61,
permane a carico dei titolari di depositi commerciali l'obbligo di tenere le scorte dei prodotti petroliferi di cui all'art. 12
l. 2 novembre 1933 n. 1741. (1)
(1) La Cassazione risolve nel senso di cui in massima il dubbio insor
to dopo la pubblicazione del d.m. 24 luglio 1987, Le leggi, 1987, 2062
(regolamento per l'attuazione dell'art. 2 1. 10 marzo 1986 n. 61), a te
nore del quale sono tenuti all'obbligo della scorta di riserva dei prodotti
petroliferi i titolari di concessioni che hanno provveduto all'assolvimen
to dell'imposta di fabbricazione (tra i quali non sono annoverabili i
titolari di depositi commerciali). In senso conforme, v. Cass. 3 agosto 1994, n. 7209, Foro it., Rep.
1994, voce Idrocarburi, n. 25. Sull'irretroattività della disposizione di cui all'art. 2 1. 61/86, nella
parte in cui ha ridotto dal venti al dieci per cento l'obbligo di mantene re le scorte petrolifere per i depositi commerciali e industriali di prodot ti petroliferi, cfr. Cass. 5 agosto 1994, n. 7305, ibid., n. 27.
Sulla violazione dell'obbligo di mantenere scorte petrolifere, v., per altri profili, Cass., sez. un., 29 gennaio 1994, n. 890, ibid., n. 28, per la quale l'obbligo del mantenimento delle scorte ai sensi dell'art. 1 1. 10 febbraio 1981 n. 22 incombe al soggetto titolare di concessione per depositi di olì minerali a prescindere dall'eventuale inattività del deposito.
Sull'autorità competente ad emettere l'ordinanza-ingiunzione, ai sen
si della 1. 689/81, per l'irrogazione di sanzioni amministrative per viola
zione degli obblighi relativi alle scorte (individuata nell'ufficio provin ciale dell'industria, commercio e artigianato, in luogo del prefetto), v.
Cass. 22 novembre 1991, n. 12584, id., Rep. 1991, voce Sanzioni ammi nistrative e depenalizzazione, n. 66, e 20 maggio 1992, n. 6063, id.,
Rep. 1992, voce Idrocarburi, n. 26; v. però, in senso contrario, Cass.
21 agosto 1991, n. 8980, ibid., voce Sanzioni amministrative e depena lizzazione, n. 55.
Sulla questione di legittimità costituzionale (sollevata da Trib. Busto
Arsizio 25 febbraio 1986, id., Rep. 1987, voce Idrocarburi, n. 13) del
l'obbligo, sanzionato penalmente, imposto agli imprenditori del settore dei prodotti petroliferi di costituire e mantenere un determinato am
montare di scorte di tali prodotti, v. Corte cost., ord. 25 febbraio 1988, n. 230, id., Rep. 1989, voce cit., n. 15, che, sul rilievo del mutamento
del quadro legislativo a seguito dell'entrata in vigore della 1. 61/86, ha rinviato al giudice a quo la questione per un nuovo esame della
sua rilevanza. Per ulteriori riferimenti alla normativa in tema di scorte petrolifere,
cfr. Tar Lazio, sez. Ili, 28 febbraio 1983, n. 167, id., 1984, III, 43.
11 Foro Italiano — 1996.
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Mace
rata - sezione distaccata di Civitanova Marche, depositato il
28 marzo 1990, Renzo Saltari proponeva opposizione avverso
l'ordinanza-ingiunzione con cui il direttore dell'Ufficio provin
ciale dell'industria commercio ed artigianato (Upica) di Mace
rata gli aveva applicato la sanzione amministrativa di lire
20.532.346 (oltre lire 6.200.000 per spese), perché, quale eser
cente l'attività di deposito di prodotti petroliferi (gasolio da ri
scaldamento), aveva omesso di conservare le scorte d'obbligo
nella misura del venti per cento della capacità del proprio depo
sito (violazione accertata il 13 novembre 1985). L'opponente faceva presente che, successivamente al fatto, era intervenuta
la 1. 10 marzo 1986 n. 61, la quale aveva esonerato dall'obbligo delle scorte petrolifere i titolari di impianti di deposito commer
ciale di oli minerali, come era stato ritenuto dalla Corte di ap
pello di Ancona, con sentenza 17 febbraio 1989, la quale, per 10 stesso fatto (costituente anche reato), lo aveva assolto perché 11 fatto non è più preveduto dalla legge come reato. Riteneva
perciò che la sanzione amministrativa fosse divenuta inapplica bile a norma dell'art. 2 c.p.
L'Upica di Macerata, costituitasi, deduce che la sentenza del
la corte di appello non poteva esplicare efficacia vincolante in
sede amministrativa, per la estraneità dell'Upica al processo pe nale e perché era stata esclusa non la sussistenza del fatto, ma
soltanto la sua rilevanza penale; sosteneva altresì' la inapplicabi lità dell'art. 2 c.p., attinente soltanto alle sanzioni penali. Il
pretore adito, con la sentenza depositata il 7 giugno 1991, ha
accolto la opposizione, ritenendo che, a seguito della 1. 10 mar
zo 1986 n. 61 e del regolamento emanato con d.m. 24 luglio
1987, l'obbligo delle scorte di riserva di prodotti petroliferi, a
decorrere dal 1° marzo 1986, concerne soltanto le raffinerie,
gli importatori di prodotti petroliferi finiti e i produttori di elet tricità, e non anche i concessionari di depositi commerciali (quale
è il Saltari). Il pretore, infine, ha ritenuto che tale legge succes
siva al fatto comporti la inapplicabilità della sanzione ammini
strativa. Avverso la decisione del pretore l'Upica di Macerata, e, per
quanto possa occorrere, il ministero dell'industria, commercio
e artigianato hanno proposto ricorso per cassazione. L'intimato
non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione. — 1. - Legittimato al ricorso è soltan
to l'Upica di Macerata, che è l'autorità che ha emesso
l'ordinanza-ingiunzione (art. 23, 4° comma, 1. 24 novembre 1981
n. 689), mentre è estraneo il ministero dell'industria, che corret
tamente non ha partecipato al giudizio di primo grado e che
non è legittimato a proporre il presente ricorso per cassazione.
2. - Con l'unico motivo di ricorso si deduce la violazione
e falsa applicazione dell'art. 12 1. 2 novembre 1933 n. 1741; dell'art. 1, 2° e ultimo comma, 1. 10 febbraio 1981 n. 22; del
l'art. unico, 2° comma, 1. 23 dicembre 1983 n. 731; dell'art.
2, 3° e 6° comma, 1. 10 marzo 1986 n. 61, in relazione all'art.
360, 1° comma, n. 3, c.p.c. L'amministrazione ricorrente sostiene che l'obbligo di tenere
le scorte dei prodotti petroliferi, stabilito per i titolari di deposi ti commerciali ed industriali dall'art. 12 1. 1741/33, non è stato
mai abrogato, ma ha subito solo modificazioni nel corso del
tempo, con riferimento alle quantità prefissate ed alle sanzioni
irrogabili. Tale obbligo è stato riaffermato anche dalla 1. 61/86,
che, nel 3° comma dell'art. 2, ha fissato l'entità delle scorte
nella misura del dieci per cento (anziché del venti per cento, come nel sistema precedente) della capacità dei depositi com
merciali ed industriali. In tal senso la 1. 61/86 è stata interpretata dal decreto di
attuazione del ministero dell'industria in data 14 marzo 1986
e dalla successiva circolare del 6 aprile 1987, mentre è irrilevan
te che di detto obbligo non si faccia menzione nel d.m. 24 lu
glio 1987, il quale non può modificare la legislazione vigente. II motivo di ricorso è fondato. L'art. 2, 3° comma, 1. 10
marzo 1986 n. 61 è esplicito nel prevedere — sia pure in una
proposizione incidentale — l'obbligo dei depositi commerciali
ed industriali di tenere una scorta di riserva in misura pari al
dieci per cento della capacità dei depositi stessi. Si tratta di un
obbligo già imposto con il r.d.l. 2 novembre 1933 n. 1741 (con vertito nella 1. 8 febbraio 1934 n. 367), il cui art. 12 prevede che il decreto di concessione a impiantare o gestire depositi di
oli minerali, lubrificanti o carburanti in genere deve indicare
l'obbligo del concessionario di mantenere costantemente una scor
This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:21:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ta di prodotti petroliferi nella misura indicata nel decreto di
concessione (v. anche l'art. 32 del regolamento di esecuzione
della legge, approvato con r.d. 20 luglio 1934 n. 1303). L'entità
delle scorte per i depositi di olì minerali commerciali è stata
fissata nella misura del trenta per cento dall'art. 1, 2° comma,
1. 10 febbraio 1981 n. 22 e ridotta al venti per cento dalla 1.
23 dicembre 1983 n. 731, onde l'art. 2, 3° . comma, 1. 61/86
ha apportato un'ulteriore riduzione alla entità delle scorte d'ob
bligo, fissandola nella misura del dieci per cento. La 1. 61/86,
pertanto, ha riconfermato, e non soppresso, l'obbligo dei tito
lari di concessioni di depositi commerciali di mantenere le scor
te di prodotti petroliferi. Una inequivoca conferma di tale conclusione si trae dai lavo
ri preparatori della 1. 61/86. Durante la discussione del disegno di legge 2382/C (atti della camera di deputati della IX legislatu
ra) si è discusso ampiamente sull'opportunità di mantenere l'ob
bligo delle scorte a carico dei titolari di depositi commerciali,
obbligo che, nel testo approvato inizialmente dalla camera dei
deputati (XII commissione, seduta del 18 aprile 1985), era ri
masto fermo nella misura del venti per cento, e che il senato
ha poi ridotto alla entità del dieci per cento della capacità del
deposito (atto senato n. 1350). Durante i lavori in sede legislati
va della X commissione del senato, il sen. Urbani presentò un
emendamento diretto ad eliminare — dal 3° comma dell'art.
2 — il riferimento ai depositi commerciali e ad aggiungere un
comma che sopprimeva espressamente l'obbligo di tenuta delle
scorte per gli stessi depositi. Tale emendamento fu respinto,
mentre subito dopo fu approvato l'emendamento del sen. Ali
verti modificativo della percentuale delle scorte dal venti al die
ci per cento (seduta della X commissione del senato del 3 otto
bre 1985, resoconto stenografico, pag. 14).
La contraria interpretazione della sentenza impugnata è basa
ta essenzialmente sul contenuto del d.m. 24 luglio 1987 (in G.U.
25 luglio 1987, n. 172), che ha emanato il regolamento per l'at
tuazione dell'art. 2 1. 61/86, il quale, nell'art. 1, ha disposto
che sono tenuti all'obbligo della scorta di riserva i titolari di
concessioni che hanno provveduto all'assolvimento dell'imposta
di fabbricazione, presupposto che non ricorre per i depositi com
merciali. Ma siffatta interpretazione non tiene presente che l'ambito
di applicazione del d.m. 24 luglio 1987 è limitato alle scorte
poste a carico di coloro che abbiano immesso al consumo nel
mercato interno prodotti petroliferi finiti (derivanti sia da lavo
razione nelle raffinerie nazionali sia da importazione), assogget
tati quindi alla imposta di fabbricazione o alla sovraimposta
di confine (v. infatti l'art. 2, 1° comma, 1. 61/86). Per comprendere l'intero disposto di quest'ultima legge è ne
cessario collegarla con l'art. 21 d.l. 30 settembre 1982 n. 688
(convertito nella 1. 27 novembre 1982 n. 873), come è indicato
dal titolo della stessa (modifica dell'art. 21 citato, concernente
la misura delle scorte di riserva a carico degli importatori di
prodotti petroliferi finiti). Il detto art. 21 ha, per la prima vol
ta, esteso l'obbligo della tenuta delle scorte di riserva di cui
all'art. 1 1. 10 febbraio 1981 n. 22 (il quale, a sua volta, si riferiva ai «titolari di concessione per impianti di raffinazione
e deposito di oli minerali, cui le vigenti norme impongono di
mantenere scorte di riserva», e cioè ai soggetti considerati origi
nariamente nel r.d.l. 2 novembre 1933 n. 1741) agli «importato
ri di prodotti petroliferi finiti» (non considerati nel citato r.d.l.
1741/33: v. l'art. 2). La nuova disciplina dell'obbligo delle scorte
di riserva, al fine di aumentare l'onere a carico degli importato
ri (rispetto a quello gravante sui raffinatori), costituisce la prio
ritaria finalità della 1. 61/86 e ad essa si riferisce l'intero conte
nuto del d.m. 24 luglio 1987, come è ribadito dalla promessa
di esso, ove si menziona l'obbligo della scorta di riserva sui
«prodotti petroliferi finiti derivati sia da lavorazione nelle raffi
nerie nazionali sia da importazione».
Né la premessa né la normativa del decreto ministeriale men
zionano, invece, le scorte a carico dei depositi commerciali ed
industriali, espressamente considerate nel 3° comma dell'art. 2
1. 61/86, onde nessun argomento può trarsi dal testo del regola
mento in ordine all'interpretazione di tale parte della legge citata.
3. - In conclusione, va accolto il ricorso dell'Upica di Mace
rata, onde la sentenza impugnata va cassata e la causa va rin
viata al Pretore di Macerata, che giudicherà nuovamente sulla
opposizione proposta dal Saltari.
Il Foro Italiano — 1996.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 dicem
bre 1995, n. 12557; Pres. Pontrandolfi, Est. Giannanto
nio, P.M. Tondi (conci, conf.); Soc. Fiat auto (Avv. Real
mente, Tosi) c. Fisichella e altri (Avv. Civiteixi), Guarnieri
e altri. Cassa Trib. Milano 13 febbraio 1993.
Lavoro (rapporto di) — Appalto di lavoro di pulizia introazien
dale — Personale occupato presso più aziende contempora neamente — Autorizzazione dell'ispettorato del lavoro — Ef
ficacia — Responsabilità solidale dell'impresa appaltante —
Esclusione (L. 23 ottobre 1960 n. 1369, divieto di intermedia zione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova
disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e servizi, art. 3, 5).
L'impresa appaltante del servizio di pulizia al suo interno non
è solidalmente responsabile per la corresponsione di quanto
previsto dall'art. 3 l. 1369/60, con l'impresa appaltatrice ope rante contemporaneamente presso più aziende, che sia in pos sesso di autorizzazione rilasciata da ispettorato del lavoro di
altra provincia, che ha valore anche per ogni successivo ap
palto destinato a svolgersi in diverso ambito provinciale. (1)
Svolgimento del processo. — Con distinti ricorsi, successiva
mente riuniti, i resistenti di cui in epigrafe convenivano in giu
dizio, dinanzi al Pretore di Milano, quale giudice del lavoro, la Alfa Lancia s.p.a (oggi Fiat auto s.p.a.). Esponevano di esse
re stati assunti dalla s.r.l. Alba, appaltatrice dei lavori di puli
zia degli stabilimenti di Arese della società convenuta, e di esse
re stati licenziati dalla società Alba senza corresponsione del
trattamento di fine rapporto e di altre somme dovute.
Chiedevano, quindi, che, ai sensi dell'art. 3 1. 1369/60, il pre tore dichiarasse la società convenuta obbligata a garantire un
trattamento retributivo pari a quello del suoi dipendenti inqua
drati nello stesso livello professionale e, di conseguenza, la con
dannasse a corrispondere le somme di cui ai rispettivi ricorsi
con rivalutazione e interessi.
Costituitasi in giudizio, la società convenuta eccepiva l'inap
plicabilità dell'art. 3 1. 1369/60 in quanto la società Alba impie
gava il proprio personale presso più aziende contemporanea
mente e doveva, pertanto, considerarsi soggetta alle disposizio ni di cui all'art. 5, lett. g), della stessa legge.
Espletata l'istruttoria, il pretore accoglieva le domande e la
decisione è stata confermata dal Tribunale di Milano.
Avverso la decisione del tribunale la Fiat auto s.p.a. (già Al
fa Lancia s.p.a.) propose ricorso. I lavoratori indicati in epigra
fe resistono con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo la società ri
corrente denunzia la violazione e la falsa applicazione dell'art.
5, lett. g), 1. 23 ottobre 1960 n. 1369. Lamenta che il tribunale
non abbia tenuto presente che l'autorizzazione dell'ispettorato
del lavoro, prevista dall'art. 5, lett. g), è un mero riconoscimen
to tecnico di una situazione di fatto e non è necessaria per cia
scun singolo appalto, ma può riferirsi all'intera attività della
società appaltatrice. Con il secondo motivo la società ricorrente denunzia il vizio
di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un
punto decisivo della controversia. Lamenta che il tribunale ab
bia immotivatamente ignorato la circolare del ministero del la
voro n. 26/89 del 30 marzo 1989 la quale ha precisato che «ove
la condizione dell'impiego di personale presso più aziende ap
paltataci contemporaneamente non si realizzi in ambito provin
(1) Trib. Milano 13 febbraio 1993, ora cassata, è riportata in Foro
it., 1993, I, 3169, con nota di richiami. Cass. 12557/95 conferma ulteriormente la costante giurisprudenza di
legittimità e la prevalente giurisprudenza di merito in argomento: cfr.,
di recente, Cass. 23 luglio 1994, n. 6839, e Pret. Milano 13 dicembre
1994, id., 1995, I, 1257, con nota di richiami. Cfr., inoltre, da ultimo,
Pret. Milano 11 aprile 1995, Riv. critica dir. lav., 1995 , 986, che ha
affermato la responsabilità solidale, ex art. 3 1. n. 1369 del 1960, del
l'impresa appaltante del servizio di pulizia al suo interno per i crediti
del personale dell'impresa appaltatrice, non prendendo però posizione sul punto di cui alla massima sopra riportata, dal momento che nell'i
potesi decisa l'impresa appaltatrice aveva ottenuto l'autorizzazione do
po l'esecuzione dei lavori cui i crediti si riferivano.
Sull'art. 3 1. 1369/60, cfr. G. De Simone, Titolarità dei rapporti di
lavoro e regole di trasparenza, F. A. Angeli, Milano, 1995, 133 ss.
This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:21:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions