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Sezione I civile; sentenza 13 febbraio 1960, n. 233; Pres. Lorizio P., Est. Bartolomei, P. M. Gedda...

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Sezione I civile; sentenza 13 febbraio 1960, n. 233; Pres. Lorizio P., Est. Bartolomei, P. M. Gedda (concl. conf.); Società ind. lucchese distillazioni agrarie (I.l.d.a.) (Avv. Andrioli) c. Ditta «Olea romana F.lli Corcos »(Avv. Burali d'Arezzo, Ricci) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 4 (1960), pp. 591/592-593/594 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151312 . Accessed: 28/06/2014 13:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.117 on Sat, 28 Jun 2014 13:09:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 13 febbraio 1960, n. 233; Pres. Lorizio P., Est. Bartolomei, P. M.Gedda (concl. conf.); Società ind. lucchese distillazioni agrarie (I.l.d.a.) (Avv. Andrioli) c. Ditta«Olea romana F.lli Corcos »(Avv. Burali d'Arezzo, Ricci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 4 (1960), pp. 591/592-593/594Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151312 .

Accessed: 28/06/2014 13:09

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591 PARTE PRIMA 592

La Corte, ecc. — La questione investe una delicata

indagine, rivolta a stabilire se la condanna generica,, emessa

in sede civile o nel giudizio penale con la costituzione di

parte civile della persona offesa, possa assimilarsi ad una

vera e propria « sentenza di condanna », secondo la espres sione usata dall'art. 2953 cod. civile. Il contrasto di opinioni,

già vivo in dottrina, ha avuto le sue rispercussioni anche

sulla giurisprudenza di questa Suprema corte che, abban

donata per qualche tempo la soluzione affermativa, cui in

precedenza aveva ritenuto di aderire, l'ha nuovamente

adottata in epoca più recente, dopo ulteriore e più appro fondito riesame delle opposte tesi (sentenza a Sezioni unite

16 ottobre 1958, n. 3292, Foro it., 1958, I, 1614). Gli argomenti, prospettati per disconoscere alla con

danna generica in tema di risarcimento di danni valore e

autorità di sentenza di condanna, fanno leva su taluni

particolari aspetti che ogni pronunzia del genere presenta. Si è detto : a) la condanna generica alla prestazione non

dà vita all'azione esecutiva, trattandosi di una sentenza

di mero accertamento, laddove, per il preciso disposto dell'art. 2953, il sorgere dell'accio iudicati, è ricollegabile alle sole sentenze costitutive ; b) la condanna generica non può identificarsi con la sentenza di condanna come

si desume dall'art. 2818 cod. civ., che, nella indicazione

dei titoli idonei ad iscrivere ipoteca sui beni del debi

tore, ha sentito la necessità di menzionare specificamente, accanto alle sentenze di condanna vere e proprie, relative

cioè « al pagamento di una somma o all'adempimento di

altra obbligazione », quelle « al risarcimento di danni da

liquidarsi successivamente » ; c) la condanna generica nep

pure può considerarsi un titolo a sè stante che determini

in maniera definitiva l'obbligo del risarcimento, in quanto, essendo necessario un ulteriore accertamento e una nuova

pronunzia affinchè il diritto venga concretamente ricono

sciuto ; 1 'actio iudicati lungi dall'essere attuale, è soltanto

potenziale. Senonchè le considerazioni predette non sono deci

sive per escludere l'applicabilità in subiecta materia del

l'art. 2953. La sentenza di condanna generica, prevista dall'art. 278 cod. proc. civ., non costituisce un semplice

provvedimento cautelare, come pure in dottrina è stato

autorevolmente sostenuto, ma si concreta in una vera e

propria pronunzia giudiziale che converte la pretesa al

risarcimento del danno in un diritto irrevocabile, creando

un titolo nuovo con esistenza ed efficacia autonome. È

ben vero che un provvedimento del genere non è suscetti

bile di esecuzione forzata e può solo costituire titolo per la

iscrizione ipotecaria ai sensi dell'art. 2818 cod. civ., ma

questa sua limitata efficacia coattiva, giustificata dalla

natura stessa della statuizione, che necessariamente esige un ulteriore accertamento sul quantum, non è motivo suf

ficiente per negare ad esso il carattere e la portata di una « sentenza di condanna », secondo la dizione dell'art. 2953

la quale, d'altronde, corrisponde al nomen iuris specifica mente dato a una siffatta pronuncia dagli art. 278 cod. proc. civ. e 489 cod. proc. penale.

D'altra parte un argomento a contrario neppure può chiaramente desumersi dal disposto dell'art. 2918 cod. civ.,

poiché la specifica indicazione delle sentenze di condanna

« al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente »

tra i provvedimenti idonei a iscrivere ipoteca giudiziale,

lungi dal creare una vera e propria discriminazione, può anche intendersi in senso diametralmente opposto, e cioè

come volontà, da parte del legislatore, di assimilare le due

categorie di provvedimenti, pur nella diversità, di alcuni

elementi strutturali e di talune specifiche finalità. La con

danna generica, dunque, nonostante l'atipicità del suo

contenuto, è pur sempre una pronuncia cui necessariamente

si ricollega la statuizione sul quantum debeatur, onde l'una

e l'altra, integrandosi vicendevolmente, concorrono a ren

dere concreta e attuale, attraverso successive e progressive

Vedi in senso contrario App. Roma 28 aprile 1958, id., Rep. 1958, voce Prescrizione civ., n. 141.

In argomento consulta A. Venditti, in Giust. civ., 1958, I, 1823.

fasi processuali, la realizzazione dei diritti del creditore.

Essa, in una procedura destinata per legge a svolgersi in

due diversi momenti, costituisce la conclusione di un primo accertamento che, sebbene compiuto in via sommaria e

sulla base di un semplice calcolo di probabilità, si concreta

tuttavia in una pronunzia, anche se incompleta, la quale è suscettibile di fare passaggio in cosa giudicata e, come

tale, idonea ad operare, al pari di ogni altra sentenza di

condanna, la sostituzione della prescrizione breve con

quella ordinaria.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 13 febbraio 1960, n. 233 ; Pres.

Lorizio P., Est. Bartolomei, P. M. Gedda (conci,

conf.) ; Società ind. lucchese distillazioni agrarie (I.l.d.a.) (Avy. Andrioli) c. Ditta « Olea romana F.lli Corcos »

(Avv. Bukali d'AKEzzo, Ricci).

( (J on ferma App. Roma 12 dicembre 1957)

Ksportazione e Importazione — Compravendila di mer

ce proveniente dall'estero — Nuova disciplina valli

taria — Sopravvenuta impassibilità temporanea di esecuzione — Obbligazione del venditore —

Disinteresse del compratore all'adempimento —

Estinzione (Cod. civ., art. 1256).

Sopravvenuta la temporanea impossibilità di esecuzione di

una compravendita di merce proveniente dall'estero,

per effetto di un provvedimento ministeriale, che stabilisca

una nuova disciplina valutaria del rapporto, l'obbligazione del venditore (consegna della cosa venduta) si estingue, a norma dell'art. 1256 cod. civ., qualora il compratore

gli manifesti il proprio disinteresse al relativo adem

pimento. (1)

La Corte, ecc. — Rilevò la Corte di merito clie, con

contratto 18 marzo 1953, la Ditta Olea romana aveva

venduto alla Società I.l.d.a. una partita di cento tonnellate

di olio di tlie cinese, da imbarcare ad Hong-Kong e da

sbarcare a Genova, con l'intesa che il pagamento del prezzo sarebbe stato effettuato in lire sterline. Aggiunse che

successivamente il Ministro del commercio con l'estero, con nota dell'11 marzo 1953, aveva disposto che gli scambi commerciali fra l'Italia e la Cina si sarebbero svolti in base al sistema della compensazione globale, ed aveva quindi revocato la facoltà, in precedenza concessa alla Dogana, di consentire l'importazione in Italia di merci provenienti dalla Cina con regolamento in lire sterline. In seguito la Società I.l.d.a., con lettera del 13 maggio 1953, diretta alla British italian Company di Londra, da cui la « Olea

romana » aveva acquistato la partita di olio vendutole, ed inviata pure, per conoscenza, alla stessa « Olea romana »,

dopo aver premesso che, a seguito del sopravvenuto prov vedimento ministeriale, si era. verificata una obiettiva

impossibilità di esecuzione della compravendita in oggetto, dichiarava che tale contratto dovevasi considerare rescisso a tutti gli effetti.

Senonchè il Ministero del commercio estero, con la

successiva nota del 1° luglio 1953, autorizzò la « Olea romana » ad importare detta merce dalla Cina, e, a sua volta, lo

(1) Non constano precedenti in termini. Per qualche riferimento, cfr., circa la natura di condicio

iuris del provvedimento autorizzativo della compravendita internazionale, in ordine al suo regime valutario (cui accenna la riportata sentenza), Cass. 8 luglio 1957, n. 2697, Foro it., 1957, I, 1146, con nota di richiami. Cfr. pure : App. Milano 30 ottobre 1951, id., Rep. 1951, voce Amministrazione dello Stato, nn. 100, 101.

Sulla portata dell'art. 1256 cod. civ., cfr., per tutti, Messi neo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1952, § 126, n. 3, con richiami di dottrina.

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593 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 594

Istituto nazionale per il commercio con l'estero autorizzò

l'Ufficio italiano dei cambi ad assegnare la valuta in lire

sterline necessaria per il pagamento della merce stessa.

Questa poi fu sdoganata I'll luglio 1953, e la Società I.l.d.a., con lettera raccomandata dello stesso giorno, essendo dive

nuta finalmente eseguibile la compravendita stipulata con la « Olea romana », richiese a quest'ultima l'esecuzione

del contratto.

Dopo le accennate precisazioni di fatto, la Corte di merito

prese in esame la domanda della « I.l.d.a. » di risoluzione del

contratto per colpa della « Olea romana », esperita sul

riflesso clie la Ditta venditrice si fosse resa inadempiente al contratto stesso, rifiutando l'adempimento della sua

prestazione, richiestale, con l'accennata lettera, dalla

Società compratrice. In proposito osservarono i Giudici d'appello che, poiché,

dopo la stipulazione del contratto, si era verificata una

temporanea impossibilità di esecuzione del negozio, onde

la Società acquirente aveva dichiarato di non aver più alcun interesse all'adempimento dell'obbligazione della

Ditta venditrice (consegna della cosa venduta), tale obbli

gazione dovesse considerarsi estinta, a norma dell'art.

1256, 2° comma, cod. civile. Ne inferiva la Corte di me

rito l'infondatezza della domanda, proposta dalla Società

I.l.d.a., in quanto mirante a far valere una obbligazione

(quale quella attinente alla consegna della merce venduta) da considerare estinta ope legis.

Sostiene, col primo mezzo, la ricorrente Società I.l.d.a.

che, introdotto, dall'accennato provvedimento ministeriale, il nuovo sistema della compensazione globale riguardo ai pagamenti di merci provenienti dall'estero, la controversa

compravendita internazionale non poteva dirsi divenuta

impossibile, sia pure temporaneamente, ma unicamente

sottoposta alla condicio iuris di una licenza amministrativa,

che ne autorizzasse l'esecuzione. Cioè, a dire della ricorrente,

il rapporto contrattuale, benché inidoneo a produrre i suoi

effetti normali fino all'avveramento della condicio iuris, ri

manevatuttavia pienamente valido e vincolativo fra le parti. Perciò il disinteresse, manifestato dalla Società I.l.d.a.,

riguardo all'adempimento della compravendita da parte della venditrice « Olea romana », senza che il contratto

fosse divenuto di impossibile esecuzione, non valeva,

secondo la ricorrente, ad integrare la fattispecie legale, di cui all'art. 1256, 2° comma, cod. civ., sì da determinare

l'estinzione dell'obbligazione della venditrice stessa (con

segna della cosa venduta). Orbene l'esatta configurazione giuridica, come condicio

iuris, della licenza o autorizzazione amministrativa nelle

compravendite internazionali, sostenuta dalla ricorrente

Società, non palesa portata decisiva ai fini della risoluzione

della controversia. A tali fini importa notare che la compra vendita internazionale in oggetto, ch'era senza difficoltà

eseguibile allorché fu stipulata, ebbe l'esecuzione sospesa a tempo indeterminato, a seguito delle nuove disposizioni

valutarie, concernenti il pagamento di merci provenienti

dall'estero, cioè fino a quando la competente autorità

amministrativa non avesse ritenuto, nella sua discrezionalità,

di consentire la nuova forma di regolamento monetario

riguardo al controverso rapporto. Venne così a crearsi,

in virtù del factum principis, una impossibilità, sia pure

temporanea, di adempimento della prestazione della Ditta

venditrice (consegna della merce venduta di provenienza

estera), tale da determinare l'estinzione del rapporto obbli

gatorio, ai sensi dell'art. 1256, 2° comma, ccfd. civ., qualora la Società acquirente, creditrice della prestazione, non

avesse avuto più interesse a conseguirla. Ora, poiché,

con l'accennata lettera, la Società I.l.d.a. manifestò il suo

disinteresse a conseguire la prestazione della venditrice,

in quanto divenuta impossibile, sia pure temporaneamente,

a causa della sopravvenuta nuova disciplina valutaria

del rapporto obbligatorio, fece esatta applicazione del

citato disposto di legge la denunziata sentenza, ritenendo

estinta l'obbligazione della « Olea romana ».

Il primo mezzo non si palesa dunque, dotato di fonda

mento giuridico. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

Il Poro Italiano — Volume LXXXII1 — Parte I-39,

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile; sentenza 11 febbraio 1960, n. 202; Pres. Cataldi P., Est. Favara, P. M. Gentile (conci, conf.) ; Finanze c. Società Villain e Fassio (Avv. Montesano).

(Conferma App. Genova 29 luglio 1958)

Noleggio e trasporto per acqua e per aria — Tras

porto di carico totale o parziale su nave deter

minata Distinzione dal noleggio (Cod. nav., art.

384, 439). Registro — Noleggio a tempo e noleggio a viaggio —

Aliquota dovuta (R. d. 30 dicembre 1923 n. 3269, testo di legge del registro, ali. A, art. 49).

Registro — Trasporto marittimo di carico totale o

parziale su nave determinata — Aliquota do

vuta (R. d. 30 dicembre 1923 a. 3269, art. 8 ; ali. A, art. 49, 52).

Il contratto di trasporto di carico totale o parziale su nave

determinata si distingue dal noleggio a viaggio, poiché a dif

ferenza di questo ultimo prevede l'assunzione da parte dell' armatore-vettore dell'obbligo di riconsegna a destino

del carico. (1) Sia il noleggio a tempo sia il noleggio a viaggio sono soggetti

alla aliquota stabilita dall'art. 49 ali. A della legge del

registro. (2). Il trasporto di carico totale o parziale su nave determinata

è, come anche il trasporto in generale, soggetto alla aliquota del 0,50% della imposta di registro, stabilita dall'art. 49

ali. A, non a quella stabilita dall'art. 52, in quanto il tras

porto presenta per la sua natura e i suoi effetti maggiore

analogia con il noleggio che con l'appalto. (3)

(1-3) Questa sentenza è conforme alle sentenze Cass. 26

gennaio I960, n. 82, e 11 febbraio 1960, n. 201.

Sull'aliquota applicabile, agli effetti della legge del re

gistro, ai contratti di noleggio e di trasporto di carico su nave determinata.

1. — La Società Villain e Fassio aveva assunto nei con fronti dell'Azienda monopolio banane la esecuzione di dieci

viaggi circolari a mezzo di una determinata nave per il trasporto di banane, dietro il corrispettivo di un nolo a forfait, stabilito in misura costante per ogni viaggio. La Società si obbligava a dare istruzioni al comandante della nave affinchè nelle stive

refrigerate fosse mantenuta la temperatura indicata dall'Azienda

prima della partenza. L'Azienda avrebbe poi impartito ulteriori istruzioni durante il viaggio e la discarica. Sul giornale di bordo

avrebbe dovuto essere segnalato qualsiasi mutamento relativo

alla merce imbarcata, al funzionamento dell'impianto frigorifero e di ventilazione, e di tutto avrebbe dovuto essere informata l'Azienda anche telegraficamente.

Nella controversia sottoposta all'esame del Supremo col

legio si doveva stabilire se a questo negozio doveva applicarsi l'art. 49 tabella A della legge del registro, approvata con r. de creto 30 dicembre 1923 n. 3269, oppure l'art. 52 della tabella

stessa. Il primo assoggetta il « noleggio di navi » alla aliquota del

0,50 %, il secondo prevede invece quella del 2 % per « appalti ed

altri simili contratti per costruzioni, manutenzioni, riparazioni, e

trasporti, per somministrazioni periodiche o approvvigionamenti, tanto a pubbliche Amministrazioni quanto a privati, e per ogni altro oggetto valutabile ; cessioni e risoluzioni di essi contratti

con corrispettivo ». La Corte ha ritenuto che fosse necessario procedere innan

zitutto alla qualificazione del rapporto alla stregua della di

sciplina dettata dal codice della navigazione, e si è diffusa sul

problema della distinzione tra noleggio e trasporto di carico su

nave determinata. Ha poi affermato che, alla stregua della precedente giurispru

denza, anebe il trasporto in generale in applicazione all'art. 8 della

legge sul registro è soggetto all'aliquota del 0,50%, stabilita

per il contratto di noleggio di navi. Infine la Corte si è riferita all'abrogata legislazione, ma non

allo scopo di stabilire se nella nozione di noleggio doveva in

tendersi compreso anche il trasporto su nave determinata, bensì

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