Sezione I civile; sentenza 13 giugno 1983, n. 4053; Pres. Sandulli, Est. Senofonte, P. M. Silocchi(concl. conf.); Fall. soc. Pellizzari (Avv. Giandomenici) c. Banco di Sicilia (Avv. G. Ferri). CassaApp. Venezia 7 luglio 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 1053/1054-1055/1056Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176009 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
La realtà è che, in astratto, non è, per le società derivanti dalla
trasformazione, né più favorevole né più sfavorevole essere tassa
te in base al bilancio. Ciò che può far apparire più favorevole, nella posizione di contribuente, la tassazione in base al bilancio, è la situazione concreta; ed è proprio in vista di tale eventualità
che il legislatore ha concesso, a dette società, la facoltà di optare
per tale tipo di tassazione. Di modo che, esprimere come regola il principio che le società di persone debbono sempre e comunque essere tassate in base al bilancio, solo perché derivate dalla
trasformazione di una (preesistente) società di capitali, significhe rebbe ignorare la possibilità che la tassazione in base alla
situazione economica dell'azienda sia, in concreto, più favorevole
al contribuente. L'applicabilità di tale assurdo principio, peraltro, è
stata dalla contribuente, nel caso concreto, invocata solo perché la situazione contingente rendeva più favorevole la tassazione in
base al bilancio, giacché nel corso di un certo esercizio si erano
verificate delle perdite; e la legge di k< condono » del 1973, coordinata col disposto degli art. 112 e 119 t.u. riconosceva le
perdite di esercizio solo per i soggetti tassati in base al bilancio.
Ma se tale era la situazione, le ragioni della contribuente avreb
bero dovuto trovare appropriata tutela nell'esercizio concreto
della facoltà di opzione concessa dal ricordato art. 104 t.u., non
già nella (infondata) pretesa di ottenere che l'ufficio interpretasse la legge facendo diventare regola quella che, invece, è soltanto
eccezione.
Non pertinente al tema, inoltre, è l'argomento addotto, dalla
Commissione tributaria centrale, per dare veste giuridica al
l'inconsistente assunto portato dalla contribuente. Quest'ultima,
infatti, si era limitata a sostere che, una volta acquisito il diritto
di essere tassati in base al bilancio, lo stesso (diritto) non si
perdeva per il solo fatto dell'avvenuta « trasformazione » della
società; e proprio nell'intento di dare fondamento giuridico a una
siffatta affermazione, la commissione ha osservato che la trasfor
mazione non comporta la estinzione della società originaria e la
« costituzione di una nuova società », ma semplicemente pone in
atto una nuova « struttura organizzativa », di modo che « la
società conserva tutti i suoi preesistenti diritti e obblighi ». Ma
un'argomentazione di tal genere non coglie nel segno, perché
non considera, anzitutto, che la legge tributaria, in tema di
accertamento del reddito (tassabile con l'allora vigente imposta di ricchezza mobile), prescinde totalmente dal problema giuridico dell'unicità sostanziale del soggetto e considera, invece, la posi zione in cui il soggetto stesso si trova all'atto dell'accertamento; ma soprattutto non considera che se si dovesse avere riguardo solo al fatto della « unicità » del soggetto, si finirebbe per
pervenire, contra legem, all'affermazione che la società di capitali
derivata, per trasformazione, da una società di persone, non
avrebbe « perso il diritto » di essere tassata in base alla situazio
ne economica dell'azienda (non già, quindi, in base al bilancio,
come la norma prescrive). È chiaro, peraltro, che nel caso
di trasformazione di che trattasi, la legge riconosce alla so
cietà trasformata lo stesso diritto che riconosce a tutte le
« altre » (diverse da quelle elencate nell'art. 8), cioè il diritto di
essere tassate in base al bilancio; ma poiché prescrive una certa
modalità di esercizio del diritto stesso, appare del tutto in
sufficiente il solo rilievo della sua semplice « esistenza ».
Del resto, la legge di « condono » (art. 1 d.l. 5 novembre 1973
n. 660, non modificato dalla legge di conversione) dispone che
nei casi di fusione o di trasformazione di società possano essere
(ai fini dell'applicazione del beneficio) presentate domande distin
te per i periodi anteriori e per quelli posteriori alla fusione o
trasformazione. Ed è ovvio che tale regola tiene conto, proprio, delle diverse possibilità di tassazione (in base al bilancio o in
base alla situazione economica dell'azienda) riguardate sotto il
profilo del concreto interesse del contribuente; e un tale interesse
finirebbe, sicuramente, per essere disconosciuto (con riferimento
alla fattispecie astratta, qui in esame) se si ritenesse che una
volta rivestita la forma della società tassabile in base al bilancio,
tale forma di tassazione debba necessariamente essere conservata,
qualunque sia il tipo di trasformazione effettuata.
In conclusione, perciò, deve essere affermato il principio giuri dico che le società commerciali diverse dalle società per azioni,
in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, ovvero delle
società cooperative o mutue assicuratrici, pur se derivate, per
trasformazione, da una delle predette società, potevano, nel vigore del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, essere tassate in base al bilancio,
ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, cat. B, unicamente nel
caso che avessero optato per tale tipo di tassazione e ne avessero
fatto tempestiva e formale (per iscritto) comunicazione all'ufficio
delle imposte. E poiché la impugnata decisione della Commis
sione tributaria centrale non è informata a tale principio di
diritto, la stessa deve essere cassata con rinvio. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 13 giu
gno 1983, n. 4053; Pres. Sandulli, Est. Senofonte, P. M. Si
locchi (conci, conf.); Fall. soc. Pellizzari (Avv. Giandome
nico) c. Banco di Sicilia (Avv. G. Ferri). Cassa App. Venezia
7 luglio 1980.
Fallimento — Girata per lo sconto di tratta non accettata —
Azione causale — Fallimento del traente — Curatela — Recu
pero del credito nei confronti della banca scontatrice (R.d. 16
marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 44, 167, 168,
188, 192).
In ipotesi di cambiale tratta non accettata e senza cessione di
provvista, girata dal traente per lo sconto ad una banca prima
di essere ammesso alla procedura di amministrazione controlla
ta e pagata dal trattario alla scontatrice in costanza di detta
procedura ma prima della dichiarazione di fallimento del
traente, la curatela del fallimento ha azione, per il recu
pero del credito, nei confronti della banca scontatrice e non
nei confronti del trattario solvente. (1)
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso, il
ricorrente, denunciando, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.,
violazione e falsa applicazione degli art. 44 e 188, 2° comma, 167,
168 e 192, ult. comma, 1. fall., in relazione al 1° comma
dell'art. 1269 c.c., nonché omessa e, comunque, insufficiente
motivazione su punti decisivi della controversia, censura la sen
tenza impugnata, per aver fondato la decisione sulla supposta
applicabilità, nel caso concreto, del principio, secondo cui, « nella
ipotesi di cambiale tratta non accettata girata dal traente per lo
sconto ad una banca ed a questa pagata dal trattario prima della
scadenza e dopo la dichiarazione di fallimento del traente,
l'azione causale della curatela per il rècupero del credito può
essere legittimamente esercitata nei confronti del trattario solven
te, non anche nei confronti della banca scontatrice ».
Deduce, al riguardo, che questo principio (statuito dalle sezioni
unite di questa Corte suprema, con la sentenza n. 3087 del 29
ottobre 1971, Foro it., 1972, I, 58, nel contrasto giurisprudenziale
insorto sulla questione se, nell'ipotesi considerata, passivamente
legittimato, rispetto all'azione esperita dal fallimento del traente
scontatario per il recupero delle somme pagate dal trattario,
fosse quest'ultimo o la banca scontatrice), valido nel caso di
pagamento eseguito alla banca del trattario dopo il fallimento del
traente, non è estensibile alla diversa ipotesi di pagamento
successivo al provvedimento di ammissione dello scontatario alla
amministrazione controllata, ma anteriore alla consecutiva di
chiarazione di fallimento.
Il motivo è fondato. La questione delineata è stata recentemen
te risolta da questa corte, in senso favorevole al ricorrente, con
la sentenza n. 253 del 12 gennaio 1981 (id., Rep. 1981, voce
Amministrazione controllata, n. 22), la cui motivazione si articola
nelle proposizioni che seguono. Nello sconto relativo a tratte non accettate e senza ces
sione di provvista, realizzato mediante girate delle medesime,
l'adempimento della obligatio restituendi a carico dello scontata
rio (traente) si attua mediante una delegatio solvendi (insita nella
girata per lo sconto di tratta non autorizzata), che racchiude un
iussum solvendi diretto al trattario e un iussum accipiendi, a
titolo liberatorio, diretto alla banca scontatrice. Nel meccanismo
delegatorio adottato e perfezionatosi mediante il pagamento ese
(1) Il principio della esercitabilità dell'azione causale nei confronti
della banca scontataria e non anche nei confronti del trattario solvente
era già stato sottolineato, in identica fattispecie, dalla Corte di
cassazione: sent. 12 gennaio 1981, n. 253, Foro it., Rep. 1981, voce
Amministrazione controllata, n. 22. Tale decisione, giova ricordarlo,
aveva molto chiaramente sottolineato che l'ammissione del traente alla
procedura di amministrazione controllata — in ipotesi di girata per lo
sconto di tratta non accettata (la quale implica una delegazione di
pagamento) — mentre non comporta il venir meno dello iussum
solvendi diretto al trattario debitore, implica la caducazione dello
iussum accipiendi rivolto alla banca scontatrice.
In tema di inefficacia del pagamento dei debiti scaduti effettuato
durante la procedura di amministrazione controllata, cfr. Cass. 2
agosto 1977, n. 3421, id., Rep. 1977, voce cit., n. 3; 14 feb
braio 1979, n. 975, id., Rep. 1979, voce Fallimento, n. 271.
Sull'argomento, v., in dottrina, principalmente, Ragusa-Maggiore,
Mandato irrevocabile e cessione dei crediti nel fallimento e nel
l'amministrazione controllata, in Giur. it., 1979, I, 1, 138; G.
Ferri, Sconto di tratte non accettate e pagamento da parte
del trattario alla banca dopo la dichiarazione di fallimento del traente,
in Riv. dir. comm., 1973, II, 67; Ferrara jr., Il fallimento, Milano,
1974, 180 ss.; A. De Martini, Il patrimonio del debitore nelle
procedure concorsuali, Milano, 1956, 57 ss.
La sentenza ora cassata è riassunta in Foro it., Rep. 1981,
voce Fallimento, n. 229.
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1055 PARTE PRIMA 1056
guito dal delegato sono, quindi, rilevabili: a) un adempimento da
parte del trattario a favore del traente attuato mediante il
pagamento delle tratte alla banca scontatrice, cioè un pagamento indiretto da parte del debitore a favore del creditore ammesso
all'amministrazione controllata; b) un pagamento da parte di
quest'ultimo, tramite il trattario, a favore della banca scontatrice,
quale creditrice, per effetto dello sconto dell'importo delle cam
biali non accettate.
Dei due pagamenti, il primo è efficace, perché l'imprenditore ammesso all'amministrazione controllata, conservando l'ammini
strazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa (per il combinato
disposto degli art. 188, 2° comma, e 167 1. fall.), è legittimato a
ricevere pagamenti, direttamente o indirettamente (anche median
te utilizzazione dello iussum solvendi diretto al debitore-tratta
rio, che, eseguendolo, si libera del suo debito nei confronti
dell'autore); non è, invece, efficace il secondo, perché in virtù
del principio sancito nell'art. 44, 1° comma, 1. fall. (v. anche
Cass. n. -974 del 1979, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 17, 19'; n. 451 del 1972, id., 1972, I, 1247) e, quindi, nell'ottica della
par condicio, l'imprenditore ammesso all'amministrazione control
lata non è legittimato ad eseguire pagamenti per debiti preesi stenti e venuti a scadenza nel periodo della procedura (cfr. Cass. n. 4798 del 1980, id., 1981, I, 117; n. 1588 del 1969,
id., 1969, I, 1709), con la conseguenza che i pagamenti
eseguiti, nelle condizioni date, non sono opponibili alla massa dei
creditori ammessi al passivo nel consecutivo fallimento dichiarato
a norma dell'art. 192, ult. comma, 1. fall. (Cass. n. 4798 del
1980, cit.; n. 3421 del 1977, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 3, 5; n. 2037 del 1976, id., 1977, 1, 477), ed è, dunque, inefficace
anche la solutio effettuata dal trattario, per conto dell'impren ditore traente, a favore della banca scontatrice, la quale non può,
perciò, imputare ad estinzione del proprio credito nei confronti
dello scontatario la somma ricevuta per conto del medesimo.
ili collegio non ritiene che sussistano validi motivi per mutare
indirizzo. Lo stesso, pertanto, va confermato, anche se, nell'ipotesi di specie, occorre procedere ad opportune integrazioni motivazio
nali.
Il resistente, nel controricorso, assume che, se l'amministrazione
controllata non influisce sul perfezionamento del procedimento
delegatorio, un problema di restituzione delle somme pagate non
si pone, essendosi la delegazione esaurita e avendo, quindi,
prodotto sui rapporti di base (di provvista e di valuta) tutti gli effetti estintivi ad essa normalmente connessi.
Il problema si porrebbe, perciò, soltanto se si iscrive la
procedura concorsuale nella logica dei fatti interruttivi del proces so formativo della delegazione. Ma, allora, obbligato alla restitu
zione sarebbe il trattario, che ha inteso estinguere il proprio debito nei confronti del delegante, attuando il rapporto cambiario
nei confronti della banca scontatrice. Su quest'ultimo punto il
resistente insiste particolarmente nella memoria, specificando che,
essendo, in realtà, il pagamento della tratta da parte del trattario, al pari dell'accettazione (disciplinata, dell'art. 33 1. cambiaria), un
fatto cambiario distinto dal rapporto fondamentale, e, quindi, autonomamente valutabile anche rispetto alle vicende che diret
tamente lo riguardano, la solutio sarebbe da rapportare non ad
un obbligo derivante dall'ordine del traente incorporato nella
cambiale ma ad una libera determinazione del solvens, costretto,
perciò, a subire le conseguenze del fatto proprio (accettazione o
pagamento) e non del fatto altrui (ordine del traente); si che, estinto il rapporto cambiario, passivamente legittimato rispetto all'azione di recupero esercitata dal fallimento del traente, in
virtù del rapporto fondamentale, non potrebbe essere che il
trattario, quale parte di questo rapporto al quale la banca
accipiente è, al contrario, estranea.
Questo collegio però, non ritiene che le profilate argomentazio ni difensive siano idonee ad infirmare l'esattezza della soluzione
adottata dalla sentenza n. 253/81, cit.
L'alternativa proposta regge, infatti, solo se, sulla premessa che
il procedimento delegatorio si perfezioni malgrado l'ammissione
del delegante all'amministrazione controllata, si ometta di con
siderare che questa, a differenza del fallimento, non incide sulla
legittimazione a ricevere del traente, determinando per le ragioni
esposte, soltanto la cristallizzazione della situazione creditoria
(Cass. n. 4788 del 1980, cit.; n. 4370 del 1977, id., 1978, I, 397; n. 2037 del 1976, cit.), e che l'inettitudine del pagamento eseguito dal trattario ad estinguere anche il debito dello scontatario nei
confronti della banca scontatrice deriva non da incompletezza della fattispecie delegatoria, ma dalla neutralizzazione dell'effetto
estintivo che essa sarebbe destinata a produrre sul rapporto di
valuta e che non produce solo perché « impedito » dalla premi nente tutela dell'interesse antagonista della massa dei creditori
alla salvaguardia della par condicio e della correlativa inefficacia
del pagamento (indiretto) eseguito per conto dello scontatario.
Né possono condividersi le argomentazioni formulate dal re
sistente al fine di svincolare dal rapporto fondamentale il paga
mento eseguito dal trattario, equiparandolo all'accettazione e
attribuendogli, quindi, autonoma rilevanza cambiaria, poiché
l'equiparazione, anche se ammessa da una remota decisione di
questa Corte suprema (sent, del 13 maggio 1929, n. 1659, id.,
1929, I, 903), è ripudiata dal più recente orientamento della
Suprema corte, secondo il quale, non essendo il trattario (non
accettante) debitore cambiario nei confronti del possessore del
titiolo, l'unica obbligazione cui egli adempie allorché ne paghi a
quest'ultimo l'importo non può essere che quella derivante dal
rapporto sottostante (cfr. Cass. n. 253 del 1981, cit.; n. 3087 del
1971, cit.), si che il pagamento è, in questo caso, riferibile al
traente e, dunque, soggetto all'azione di recupero della curatela
fallimentare.
Il ricorso deve, quindi, essere accolto.
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con rinvio della
causa per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di
Venezia, che si uniformerà al seguente principio di diritto: « nel
caso di cambiale tratta non accettata e senza cessione di provvi
sta, girata dal traente per lo sconto ad una banca prima di essere
ammessa alla procedura di amministrazione controllata e pagata
dal trattario alla scontatrice in costanza di detta procedura ma
prima della dichiarazione di fallimento del traente, l'azione causa
le della curatela del fallimento di quest'ultimo per il recupero
del credito può essere esercitata nei confronti della banca scon
tatrice, e non anche nei confronti del trattario solvente ». (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 10 giu
gno 1983, n. 3992; Pres. 'Pedace, Est. Schermi, P. M. Dettori
(conci, conf.); Chase Manhattan Bank (Avv. S. Pescatore,
Nicoletti) c. Soc. cotonificio Mancone e Tedeschi (Avv. An
nesi, Pigliasco, Tesone), Banca d'America e d'Italia e Soc.
General Import Export; Banca d'America e d'Italia (Avv. At
tanasio) c. Chase Manhattan Bank, Soc. cotonificio Mancone e
Tedeschi e Soc. General Import Export. Conferma App. Milano
9 ottobre 1981.
Vendita — Pagamento del prezzo a mezzo banca — Apertura di
credito irrevocabile — Inadempimento del venditore — Revo
cabilità del mandato conferito alla banca — Fattispecie (Cod.
civ., art. 1530, 1723).
Il mandato di apertura di credito documentario irrevocabile non
confermato, conferito alla banca per il pagamento del prezzo di
una vendita internazionale di merci su presentazione dei docu
menti, può essere revocato per giusta causa ove il venditore
consegni merce viziata, mancante di qualità promesse o essen
ziali ovvero aliud pro alio (nella specie, stracci anziché merlet
ti), con la conseguenza che non spetta alla banca corrisponden te della banca mandataria il rimborso delle somme pagate in
esecuzione del mandato anteriormente alla sua revoca, ma
prima della scadenza del termine stabilito per l'utilizzazione del
credito. (1)
(1) Pur senza farvi esplicito riferimento, la corte adotta la stessa soluzione di Cass. 3 maggio 1978, n. 2048, Foro it., 1978, I, 2211, in
presenza di identica fattispecie (che traeva origine da una truffa
architettata, nemmeno a dirlo, dal medesimo venditore, sempre in quel di Hong Kong e a brevissima distanza di tempo da quella ordita ai dan ni dell'odierno acquirente. Al pari della decisione in epigrafe, la sentenza attribuiva rilevanza decisiva all'anticipazione del pagamento rispetto al
termine, decorrente dalla data della polizza di carico e stabilito — a dire della corte — per consentire al compratore l'esame della merce
acquistata prima di procedere al versamento del prezzo. Contra, tuttavia, in ipotesi di credito documentario irrevocabile e confermato, App. Milano 31 marzo 1981, id., Rep. 1982, voce Mandato, n. 17, e la decisione di primo grado relativa alla medesima controversia, Trib. Milano 31 maggio 1979, id., Rep. 1982, voce Vendita, n. 30, annotata da Balossini, Il credito documentario (differito o non) in una recente
giurisprudenza ambrosiana, in Banca, borsa, ecc., 1982, II, 106. V.
altresì', sempre con riferimento al credito confermato, decidendo della domanda di provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. che ordini alla banca di non pagare, Trib. Bologna 15 maggio 1981, Foro it., Rep. 1981, voce cit., nn. 106-108 e voce Provvedimenti di urgenza, n. 219, annotata da Valignani, L'intervento del giudice nei crediti documenta ri e nelle garanzie bancarie internazionali, in Banca, borsa, ecc., 1981, II, 170.
In dottrina, sull'apertura di credito documentario, v., per tutti, Molle, I contratti bancari', in Trattato diretto da Cicu e Messineo, 1981, 670 ss., e, sull'utilizzazione del credito, 699 ss. In particolare, circa la possibilità per l'ordinante compratore di bloccare presso la
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