sezione I civile; sentenza 13 ottobre 2000, n. 13648; Pres. Senofonte, Est. Forte, P.M. Maccarone(concl. conf.); Soc. Il nuovo castoro (Avv. Di Porto, Minoli) c. Min. esteri (Avv. dello StatoZotta). Cassa App. Roma 6 ottobre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 11 (NOVEMBRE 2000), pp. 3095/3096-3099/3100Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195607 .
Accessed: 28/06/2014 09:56
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 09:56:49 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3095 PARTE PRIMA 3096
itinere per l'attuazione dell'art. 68 Cost. (36), una volta definitivamente
approvata, non superi l'eventuale vaglio di legittimità costituzionale pro prio sul punto della disciplina dei procedimenti riguardanti i membri
del parlamento appartenenti ad una camera diversa da quella cui appar tenevano all'epoca dei fatti dedotti in giudizio. La competenza a pro nunciarsi sull'insindacabilità, infatti, viene qui attribuita alla camera di attuale appartenenza del parlamentare diversamente da quanto rite nuto dalla Corte costituzionale (37), che, comunque, potrebbe forse co
gliere gli altri profili di probabile incostituzionalità che tale progetto di legge sembra presentare anche in riferimento all'estensione dell'insin dacabilità (38).
5. - L'area di applicazione dell'immunità, d'altra parte, ha ancora confini indefiniti in quanto la sola normativa costituzionale, attualmen te vigente, lascia ampi spazi di ambiguità interpretativa che non era stata superata neanche in vigenza dei decreti legge recanti «disposizioni urgenti per l'attuazione dell'art. 68 Cost.». La giurisprudenza parla mentare non sempre ha condiviso il parere pressoché unanime della dottrina per cui possono essere sottratte al sindacato giurisdizionale le sole manifestazioni del pensiero (39) ed anche nella XIII legislatura ha ricondotto all'esercizio delle funzioni parlamentari le attività più diver se (40).
L'assenza di una disciplina d'attuazione rende ancor più gravoso af frontare delicate questioni quali la copertura delle dichiarazioni rilascia te extra moenia nonché i rapporti fra l'autorità giudiziaria e le camere nel corso dei procedimenti instaurati nei confronti dei parlamentari. Si deve tener conto infatti che, oltre ai principi della libertà del manda to parlamentare e dell'autonomia del parlamento, vengono in conside razione anche il principio di uguaglianza, il diritto alla difesa giurisdi zionale dei propri diritti, i diritti inviolabili all'onore, alla reputazione (41) e, non ultimo, il principio dell'equilibrio tra i poteri. La Consulta, quindi, è chiamata ad operare un bilanciamento dei valori costituziona li in attuazione della sua suprema funzione di garanzia (42).
In realtà, il 1° comma dell'art. 68 Cost, prevede una guarentigia ne cessaria al sistema democratico parlamentare il cui abuso, però, rischia di snaturarne la funzione e di «mettere in crisi l'istituto stesso come
già è avvenuto per l'autorizzazione a procedere» (43). È auspicabile, pertanto, che il legislatore, nell'opera di definitiva e compiuta discipli na delle prerogative dei parlamentari e segnatamente nella attuazione del 1° comma dell'art. 68 Cost., si lasci guidare dai principi di indipen denza della magistratura e di eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla
legge. Federico Girelli
(36) La proposta di legge n. 2985, assorbita dalla proposta n. 2939, è stata approvata in testo unificato dalla camera dei deputati il 17 feb braio 1999 e trasmessa dal presidente della camera alla presidenza del senato il 18 febbraio 1999. Al senato con il n. 3819 è stata assegnata alle commissioni riunite affari costituzionali e giustizia il 26 febbraio 1999.
(37) Progetto di legge S3819, art. 1, 4° comma: «Se non ritiene di
accogliere l'eccezione concernente l'applicabilità dell'art. 68, 1° com
ma, Cost., proposta da una delle parti, il giudice provvede senza ritar do con decreto non impugnabile, trasmettendo direttamente copia degli atti alla camera alla quale il membro del parlamento appartiene, ovve
ro, qualora sia cessato dalla carica a quella alla quale apparteneva al momento del fatto. Se invece l'eccezione è sollevata in un processo civi le dinanzi al giudice istruttore, questi pronuncia detto decreto nell'u dienza o entro cinque giorni».
(38) V. N. Zanon, Brevi spunti comparatistici (a futura memoria) per il trattamento parlamentare dell'insindacabilità, in Giur. costit., 1998, 2220. Peraltro già si era precisato che nel corso dell'esame delle propo ste di legge non si potesse non tener conto degli «interventi della Corte costituzionale»: cfr. on. V. Siniscalchi, relatore per la seconda commis
sione, in Atti camera, XIII legislatura, commissioni riunite I e II, esa me proposte di legge n. 2939 e n. 2985, resoconto sommario, seduta del 17 giugno 1998, 8.
(39) È pacifico in dottrina che l'estensibilità della prerogativa non
può venir dilatata sino alle azioni e ai fatti materiali commessi dal par lamentare anche se nell'esercizio delle proprie funzioni, «dovendosi questa immunità considerare limitata alle sole manifestazioni del pensiero, quali sono appunto le opinioni e i voti»: cfr. G. Vassalli, Punti interrogativi sull'estensione dell'irresponsabilità parlamentare, in Studi Chiarelli, Mi
lano, 1974, IV, 4279 (ora in Scritti giuridici, Milano, 1997, I, 209-238). (40) V., ad esempio, Atti senato, XIII legislatura, doc. W-ter, n.
I-A; relatore Valentino, e Atti senato, XIII legislatura, doc. IV-ter, n. 6-A; relatore Valentino.
(41) «L'applicazione o meno della prerogativa dell'insindacabilità in cide direttamente sull'estensione del principio dell'inviolabilità dei beni morali della persona, di una persona che non è parlamentare»: A.M.
Cecere, Il difficile rapporto tra insindacabilità parlamentare e inviola bilità dei beni morali. Sfumata per la Corte costituzionale un'altra oc casione di applicare una regola di principio, in Giur. it., 1998, 1775.
(42) Sul modus operandi di tale bilanciamento, v. F. Modugno, / «nuovi diritti» nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995, 101 ss.
(43) L. Elia, Attenzione, gli abusi possono dilagare, in II Sole-24 Ore del 20 ottobre 1998, 5.
Il Foro Italiano — 2000.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 13 otto
bre 2000, n. 13648; Pres. Senofonte, Est. Forte, P.M. Mac
carone (conci, conf.); Soc. Il nuovo castoro (Avv. Di Por
to, Minoli) c. Min. esteri (Avv. dello Stato Zotta). Cassa
App. Roma 6 ottobre 1997.
CORTE DI CASSAZIONE;
Arbitrato e compromesso — Arbitrato internazionale — Confi
gurazione — Estremi (Cod. proc. civ., art. 832).
È internazionale, ai sensi del secondo inciso del 10 comma del
l'art. 832 c.p.c., l'arbitrato previsto in contratto concernente
l'esecuzione all'estero di parte «significativa o rilevante» —
pur se non la preponderante o principale — delle prestazioni
contrattuali, individuabile attraverso la valutazione della fun zione economico-sociale dell'atto contenente la clausola com
promissoria e la considerazione della comune volontà dei con
traenti emergente da interpretazione condotta secondo le or
dinarie regole di ermeneutica contrattuale, tenendo conto della
legislazione vigente a! momento delta stipula. (1)
Motivi della decisione. — (Omissis). 2. - Il secondo motivo
del ricorso principale denuncia violazione degli art. 832, 1° com
ma, 838, 829, 2° comma, e 830, 2° comma, c.p.c., per avere
la corte d'appello negato la qualifica di «internazionale» all'ar
bitrato nel caso e l'inimpugnabilità del lodo per inosservanza
di norme di diritto sostanziale. L'art. 832 c.p.c. indica due cri teri alternativi per definire l'arbitrato «internazionale»: il primo
«soggettivo», della residenza o della sede all'estero di una delle
parti, e il secondo «oggettivo», derivante dall'esecuzione all'e
stero di «una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rap
porto al quale la controversia si riferisce». Detto secondo crite
rio, per la ricorrente, è da applicare al caso, avendo l'appalto ad oggetto la costruzione di opere all'estero, costituente parte
significativa delle prestazioni contrattuali a differenza del paga mento del corrispettivo, di rilievo minore e proprio di tutti i
contratti di scambio. Per la ricorrente, non può condividersi
l'affermazione della sentenza di merito della necessità della «pre
ponderanza» della prestazione da eseguire all'estero per definire
«internazionale» l'arbitrato, qualificabile nel caso «domestico»
(1) A distanza di tre anni, la Corte di cassazione annulla App. Roma 6 ottobre 1997, Foro it., Rep. 1998, voce Arbitrato, n. 71 (per esteso, con nota critica di Chiarloni, in Giur. it., 1998, 1154, e, con nota critica di Briguglio, in Riv. arbitrato, 1998, 719), che — in relazione a contratto di appalto, concluso (ed esauritosi interamente nel vigore della normativa arbitrale anteriore alla novella del 1994) in Italia tra il ministero degli esteri e società nazionale, per la costruzione nel Niger di quaranta pozzi d'approvvigionamento idrico da compensarsi in Italia mediante accredito del corrispettivo di pertinenza della società appalta trice su suo conto corrente bancario esistente presso agenzia romana del San Paolo di Torino — aveva escluso la «internazionalità» dell'ar bitrato sul rilievo della impossibilità «di attribuire particolare e prepon derante rilevanza alla prestazione dell'appaltatrice rispetto a quelle com
plessivamente dedotte in contratto». La (I sezione civile della) corte propugna una appagante interpreta
zione dell'art. 832 c.p.c. in parte qua, delineandola attraverso l'attenta ricostruzione dell'attuale disciplina dell'arbitrato internazionale e alla
stregua della meditata valutazione delle molteplici concordi opinioni ma nifestate in argomento dalla dottrina, anche a commento critico della ora cassata App. Roma 6 ottobre 1997. Particolare attenzione la corte
dedica, poi, giustamente, pure al profilo qualitativo della «rilevanza» della parte delle prestazioni, evocata dal ripetuto art. 832, mostrando, così, di conoscere le specificazioni articolate in proposito dai vari autori
occupatisi della questione e ricordati, con efficace sintesi, da Punzi, Disegno sistematico dell'arbitrato, Padova, 2000, II, 288 ss., testo e nota 8.
Quanto, infine, al momento di valutabilità della parte rilevante delle
prestazioni, la corte precisa che lo stesso va correlato alla stipula del contratto e non all'eventuale controversia devoluta agli arbitri, in quan to la «rilevanza» deve riconoscersi ex ante, evidenziando, in tal modo, di condividere, anche sul punto, precise acquisizioni dottrinali (cons., ad es., Gaggero, La riforma dell'arbitrato, in L'arbitrato, profili so
stanziali, Torino, 1999, I, 19 ss., spec. 41). Resta solo da aggiungere, a questo punto, che i gravi e deplorevoli
errori commessi dalla pronuncia cassata dal Supremo collegio [cons, in proposito la (giustamente) severa conclusione della nota di Chiarlo
ni, op. cit., 1156] consentono di affermare che il numero dei giudici di merito in grado di risolvere correttamente le questioni di diritto, quan d'anche semplici e lineari, va progressivamente riducendosi, con tutte le intuitive implicazioni negative di un siffatto, ormai inarrestabile, preoc cupante fenomeno. [C.M. Barone]
This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 09:56:49 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
perché il pagamento del prezzo si prevedeva in Italia; basta che
«parte rilevante» delle prestazioni si esegua fuori d'Italia. An
che nel testo di legge modello elaborato dalla commissione co
stituita presso le Nazioni unite nel 1985 (model law dell'Unci
tral), che ha ispirato il legislatore italiano, è sufficiente che la
parte sostanziale delle prestazioni sia eseguita in altro Stato per
qualificare internazionale l'arbitrato. Non rileva il fatto che il
contratto fu concluso prima della novella della 1. 25/94, perché l'art. 27 di detta legge impone che questa si applichi ai procedi menti arbitrali iniziati dopo la sua entrata in vigore, come avve
nuto in questo caso. Il controricorrente difende la lettura del
l'art. 832 c.p.c. data dalla corte territoriale, perché ogni altra
interpretazione sarebbe illegittima costituzionalmente avendo le
parti stipulato un contratto con la certezza di poter impugnare il lodo in esso previsto per violazione di norme sostanziali e
vedrebbero preclusa detta facoltà da una legge sopravvenuta; l'altra parte, ritardando l'inizio dell'arbitrato successivamente
all'entrata in vigore della legge, avrebbe limitato il diritto d'im
pugnazione e di difesa del ministero in violazione degli art. 24
e 3 Cost, e irragionevole sarebbe l'art. 838 c.p.c. derogabile
sempre convenzionalmente ma non nel caso, perché le parti, formulando la clausola, non potevano sapere che le norme di
diritto italiano non sarebbero state applicabili. 2.1. - Prima della 1. 25/94, l'arbitrato per la risoluzione di
controversie tra privati in rapporti internazionali o incidenti an
che all'estero, era regolato da accordi interstatali, che consenti
vano di riconoscere nel nostro paese la definizione arbitrale di
liti sorte nell'esecuzione di operazioni commerciali, e in partico lare dalla convenzione europea di Ginevra del 21 aprile 1961, resa esecutiva in Italia con 1. 10 maggio 1970 n. 418; questa,
per favorire il commercio internazionale, vincola gli Stati ade
renti a riconoscere gli arbitrati commerciali internazionali, rela
tivi a operazioni di importazione o esportazione di merci, nelle
quali, ovunque si esegua la consegna dei beni o il pagamento del prezzo, comunque parte delle prestazioni conseguenti al con
tratto s'attua in paesi diversi. All'indicata convenzione interna
zionale e a modelli proposti da organismi sovranazionali come
l'Organizzazione delle nazioni unite si è ispirato il legislatore italiano nel definire, per il diritto interno, l'arbitrato «interna
zionale», rimanendo comunque vincolato ai pregressi accordi
con gli altri Stati, che prevalgono in genere, nel sistema, sulla
normativa esclusivamente interna (art. 2 1. 31 maggio 1995 n.
218). L'art. 832 c.p.c. ripete perciò la definizione dell'arbitrato in
ternazionale implicitamente ed esplicitamente data dalla conven
zione di Ginevra e s'ispira al modello di legge elaborato dal
l'Uncitral, che fa proprie in sostanza le scelte già adottate nelle
convenzioni che vincolano gli Stati che vi partecipano. Negli indicati atti interstatali e transnazionali s'individua nella resi
denza o nella sede di una delle parti del contratto in altro Stato
al momento della conclusione di questo ovvero della clausola
compromissoria, il primo dei criteri d'identificazione della na
tura «internazionale» dell'arbitrato (art. 1, lett. a, della conven
zione di Ginevra). Irrilevante è la diversità della cittadinanza
delle parti del contratto in coerenza con la nuova disciplina del
l'arbitrato: questa lega al territorio della Repubblica solo la se
de dell'arbitrato stesso con l'art. 816 c.p.c., mentre contratto
e clausola possono essere stipulati all'estero (art. 810, 2° com
ma), gli arbitri possono essere stranieri (art. 812), e il lodo può
pronunciarsi in altro Stato, come si argomenta esattamente dal
l'abrogazione dell'art. 824 c.p.c. o addirittura, proprio nell'ar
bitrato internazionale, «in conferenza personale, anche videote
lefonica» (art. 837 c.p.c.) e quindi in più Stati contemporanea mente. In questo contesto è logicamente irrilevante il dato della
nazionalità dei titolari dei diritti controversi, ben potendosi ave
re in Italia arbitrati «internazionali» tra cittadini italiani e «in
terni» o «domestici» tra stranieri.
Al momento della stipula del contratto e/o della clausola va
accertata la natura «internazionale» del futuro eventuale arbi
trato e ciò è espressamente previsto per il criterio della residen
za o sede, ma vale anche in rapporto all'altro, che collega all'e
secuzione all'estero di parte rilevante delle prestazioni oggetto di contratto l'indicata natura della procedura arbitrale; per l'art.
832 c.p.c. anzitutto è sufficiente che solo una parte rilevante
delle prestazioni sia eseguibile all'estero, non essendovi necessi
tà che tutte le prestazioni o una parte di ciascuna di quelle pre
II Foro Italiano — 2000.
viste in contratto debbano aver luogo in altro Stato, bastando
per la voluta genericità del dettato normativo che una parte rilevante delle più prestazioni sia eseguibile fuori d'Italia. L'esi
genza che detta parte sia «rilevante» esclude da un lato che
siano «internazionali» gli arbitrati previsti per controversie rela
tive a parti secondarie, accessorie o di poco conto delle presta zioni regolate in contratto da attuare all'estero, e dall'altro che
sia necessaria la «preponderanza» della parte di prestazioni da
eseguire in altro Stato rispetto alle altre parti, in disparte che
se proprio di «preponderanza» si vuol parlare, al termine an
drebbe attribuita una valenza qualitativa, nel senso che «pre
ponderante», al fine della qualificazione dell'arbitrato come in
ternazionale, deve intendersi la prestazione che caratterizza il
contratto e ne connota la specificità (nell'appalto, il compimen to dell'opus, non già il corrispettivo). Ciò assume rilievo parti colare nei contratti misti, nei quali con il tipo prevalente o prin
cipale di contratto, relativo a prestazioni sempre rilevanti, con
vivono anche accordi da cui derivano obblighi di minor
importanza o a carattere accessorio, la cui esecuzione all'estero
non dovrebbe in genere dare luogo all'applicazione degli art.
832 ss. c.p.c. La norma citata dà una nozione che collega al
contratto e non all'eventuale controversia oggetto dell'esame degli arbitri la natura internazionale dell'arbitrato, dovendosi ex an
te, all'atto della stipula, riconoscere la rilevanza delle parti di
prestazioni da eseguire all'estero in relazione agli interessi per
seguiti dai contraenti (la model law dell'Uncitral citata configu ra anche un arbitrato internazionale per volontà espressa delle
parti, ma tale terzo criterio non è stato ripetuto dalla nostra
legislazione, che dà sempre rilevanza al contenuto volitivo dei
contratti ex art. 1362 ss. c.c.). Quanto detto chiarisce che il
secondo motivo di ricorso è fondato perché la corte territoriale
erroneamente qualifica interno o domestico l'arbitrato di cui
all'impugnazione, sulla base di una lettura, con «vaglio restrit
tivo», dell'art. 832 c.p.c., ritenendo necessario che la parte di
prestazioni da eseguire all'estero debba avere rilevanza «prepon derante» rispetto ad altre parti da attuare in Italia, e in partico lare nel caso di specie, dovendo avvenire il pagamento dell'ap
palto nel nostro paese, ove d'altro canto il rapporto è nato e
si è esaurito interamente prima dell'entrata in vigore della 1. 25/94.
Nel caso, in quanto il lodo è successivo all'entrata in vigore della
nuova normativa, pur se la clausola compromissoria è antece
dente a questa, la qualifica «internazionale» dell'arbitrato pone il problema, per l'art. 27 1. 25/94, delle modalità d'applicazione concrete delle varie norme di natura integrativa o imperativa che
regolano la materia e in particolare dell'art. 838 c.p.c. per il quale, salvo patto contrario, il lodo è inimpugnabile per inosservanza
di norme sostanziali italiane. La interpretazione della corte di
merito per la quale nel caso l'arbitrato è domestico o interno
elude il problema dell'inimpugnabilità del lodo ai sensi degli art.
829 e 838 c.p.c.; essa però non può condividersi per quanto det
to in relazione alla lettera dell'art. 832 c.p.c. e inoltre perché, nei contratti sinallagmatici del tipo di quello oggetto di causa, con prestazioni delle due parti ontologicamente d'identico rilie
vo per esse, la valutazione di preponderanza d'una parte rispetto alle altre non può che rimettersi, come implicitamente avviene
nel caso di specie, al giudice ex post e all'esito dell'esecuzione
del contratto. La rilevanza della parte di prestazione da eseguire all'estero va accertata in rapporto agli interessi perseguiti dalle
parti con il contratto, che, ove si realizzino concretamente con
le parti di prestazioni da attuare fuori d'Italia, comportano la
natura internazionale dell'arbitrato. È quindi logico che la valu
tazione necessaria a definire «rilevante» la parte di prestazione estera deve farsi in collegamento alla funzione socio-economica
del contratto e alla comune volontà delle parti, rilevabile in base
alle ordinarie regole d'ermeneutica contrattuale, da applicare alla luce della normativa vigente all'epoca in cui fu concluso
il contratto, unico contesto normativo nel quale è accertabile
l'equo contemperamento degli interessi che si è voluto persegui re ed è possibile una interpretazione in buona fede dell'atto.
È irrilevante che la parte di prestazione eseguita all'estero sia
l'unica oggetto della controversia da risolvere dagli arbitri, quan do la stessa sia minima, accessoria o non significativa nel com
plesso del contratto; il rilievo deve infatti riscontrarsi sul piano
oggettivo in riferimento alla funzione economico-sociale del con
tratto e su quello soggettivo, tenuto conto della volontà delle
parti (art. 1362 ss. c.c.). Non è condivisibile quindi l'interpreta
This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 09:56:49 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3099 PARTE PRIMA 3100
zione restrittiva data all'art. 832 c.p.c. dalla corte d'appello,
per la quale solo se s'esegue all'estero la parte delle prestazioni
«preponderante» in base alla lettura complessiva del contratto
e senza fare riferimento agli interessi o alle posizioni d'una sola
delle parti contraenti, può aversi arbitrato «internazionale». È
infatti sufficiente, per l'art. 832 c.p.c., che una qualsiasi parte solo rilevante delle prestazioni contenuto delle obbligazioni con
trattuali s'esegua all'estero, perché si abbia la speciale procedu ra arbitrale di cui al capo sesto dell'ultimo titolo del codice
di procedura civile. Spetterà al giudice del rinvio accertare se,
nel caso di specie, era «rilevante» al momento della stipula del
contratto la costruzione dei pozzi in Niger, prevedendosi il pa
gamento di essi in Italia; va invece esclusa la necessità dell'indi
cato giudizio di «preponderanza», che in ogni caso renderebbe
incerta la natura dell'arbitrato fino all'esito dell'esecuzione del
contratto. Nel caso dovrà valutarsi se la costruzione dei pozzi nel Niger era rilevante a determinare la conclusione del contrat
to sia per la stazione appaltante in rapporto alla legislazione sulla cooperazione con i paesi in via di sviluppo (1. 8 marzo
1985 n. 73), che per l'impresa II nuovo castoro che s'è obbliga ta a eseguire i lavori con organizzazione e gestione a proprio rischio verso un corrispettivo.
Non può questa corte, quale giudice di legittimità sostituirsi
al giudice dell'impugnazione per nullità nel valutare il comples so delle clausole del contratto al fine di accertare la natura in
ternazionale dell'arbitrato e l'applicabilità in concreto delle norme
che lo regolano anche in rapporto alla natura integrativa o im
perativa di queste. Deve quindi accogliersi il secondo motivo di ricorso e cassarsi
la decisione impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte
d'appello di Roma perché, provvedendo sulle spese dell'intero
giudizio compresa la fase di legittimità, decida la causa unifor
mandosi al seguente principio di diritto: «È internazionale, ai
sensi del secondo inciso del 1° comma dell'art. 832 c.p.c., l'ar
bitrato previsto in un contratto, per il quale sia da eseguire al
l'estero una parte delle prestazioni oggetto dei rapporti contrat
tuali 'significativa o rilevante' — pur se non la preponderante o principale — rispetto ad altre parti di esse nel perseguimento
degli interessi a base del contratto e tale rilevanza va desunta
dalla funzione economico-sociale dell'atto in cui è posta la clau
sola compromissoria e dalla comune volontà delle parti, quale
emerge dalla interpretazione di esso secondo le ordinarie regole d'ermeneutica contrattuale, da applicare tenendo conto della le
gislazione vigente all'epoca della stipula». (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 settem
bre 2000, n. 11875; Pres. Genghini, Est. Coletti, P.M. Gia
calone (conci, parz. diff.); Soc. Fiat auto (Avv. Scognami
glio, Trifirò, Favalli) c. Franzè; Franzè (Avv. Iurlo, Me
dina, Sertori) c. Soc. Fiat auto (Avv. Scognamiglio, Tosi,
Realmonte, Favalli, Trifirò). Cassa Trib. Milano 31 gen naio 1998.
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento collettivo — Procedura
di mobilità — Accordi sindacali — Criteri di scelta dei lavo
ratori — Requisiti di età e di contribuzione — Legittimità
(L. 23 luglio 1991 n. 223, norme in materia di cassa integra zione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di
direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed
altre disposizioni in materia di mercato del lavoro, art. 4,
5, 24).
È legittima la scelta del datore di lavoro di licenziare, in appli cazione del criterio stabilito da accordo sindacale, i lavoratori
Il Foro Italiano — 2000.
prossimi al raggiungimento dei requisiti di età e di contribu
zione per accedere al trattamento pensionistico. (1)
Svolgimento del processo. — Con sentenza 2115/96 il Preto
re del lavoro di Milano, accogliendo la domanda di Raffaele
Franzè, dichiarava illegittimo il licenziamento allo stesso inti
mato dalla Fiat auto s.p.a. in esito a una procedura di mobilità
e ordinava la reintegrazione del lavoratore con condanna dell'a
zienda al pagamento delle retribuzioni dal giorno del licen
ziamento.
La sentenza era impugnata dalla Fiat auto, che, contestata
la competenza per territorio del Pretore di Milano per essere
competente la sezione distaccata di Rho, nel merito criticava
la sentenza di primo grado per aver ritenuto che il criterio di
selezione dei lavoratori da licenziare fissato con l'accordo sin
dacale 20 febbraio 1994 dovesse essere integrato da altro crite
rio non convenzionale, in modo da evitare che il datore di lavo
ro facesse uso di poteri discrezionali.
Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 31 gennaio 1998, ha confermato la decisione appellata.
Il tribunale, respinta l'eccezione di incompetenza territoriale, ha svolto, nel merito, le seguenti considerazioni. Rilevato che
con accordo sindacale del 20 febbraio 1994 era stato individua
to come criterio selettivo dei lavoratori da collocare in mobilità
quello del possesso dei requisiti di cui all'art. 7, 6° e 7° comma, 1. 223/91 (possibilità di accedere al pensionamento, di anzianità
o di vecchiaia, durante o al termine della mobilità) e che tale
criterio convenzionale — derogativo di quelli sussidiari previsti dall'art. 5 1. 223/91 — astrattamente rispondeva a razionalità, alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 268 del
1994 (Foro it., 1994, I, 2307), ha tuttavia osservato che, nel
caso concreto, il licenziamento intimato dalla società Fiat auto
aveva colpito un numero di lavoratori inferiore a quello dei
lavoratori da licenziare in base al suddetto criterio convenziona
le, così rimettendone in discussione la razionalità, dal momento
che la concreta inapplicabilità di altri criteri e, in particolare, di quelli residuali previsti dall'art. 5 cit., in quanto inequivoca mente esclusa dall'accordo del 20 febbraio 1994, consentiva al
datore di lavoro un'ampia area di insindacabilità nella scelta
che invece la 1. 223/91 aveva voluto eliminare. Peraltro, preci sava il tribunale, non solo dal dato testuale dell'accordo si rile
vava l'impossibilità di far ricorso, per individuare i lavoratori
da collocare in mobilità, a criteri che non fossero quelli conven
zionalmente individuati, ma neppure risultava quali criteri di
selezione fossero stati utilizzati all'interno del gruppo dei pen
sionando come invece doveva risultare nelle puntuali indicazio
ni delle modalità di applicazione dei criteri di scelta, cui l'azien
da era tenuta ai sensi dell'art. 4, 9° comma, 1. 223/91.
La società Fiat auto ricorre per la cassazione della sentenza
con tre motivi. L'intimato resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, fondato su un unico motivo.
La società resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno
depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — Il ricorso principale e quello inci
dentale devono essere riuniti perché proposti contro la stessa
sentenza (art. 335 c.p.c.). Con il primo motivo del ricorso principale la società Fiat au
to deduce violazione dell'art. 25 Cost., dell'art. 413 c.p.c., de
gli art. 2 e 5 1. 1° febbraio 1989 n. 30 nell'interpretazione au
tentica di cui alla 1. 11 luglio 1989 n. 251, vizio di omessa o
comunque insufficiente motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). Assume che il tribunale ha respinto l'eccezione di incompe
tenza territoriale del Pretore di Milano non considerando quan to dedotto dalla società nel ricorso in appello, e cioè che la
Pretura di Rho costituisce articolazione strutturale e definitiva, con magistrati stabilmente assegnati, onde il non consentire che
a decidere siano tali magistrati costituisce violazione del princi
pio, costituzionalmente garantito, del giudice naturale.
(1) Va consolidandosi l'opinione della giurisprudenza di legittimità che reputa legittimo il criterio di scelta dei lavoratori da licenziare fon dato sulla prossimità al trattamento pensionistico.
In termini, v. Cass. 7 dicembre 1999, n. 13691, Foro it., 2000, I, 2842, con nota di richiami, cui adde Cass. 2 marzo 1999, n. 1760, id., Rep. 1999, voce Lavoro (rapporto), n. 1962, nonché Cass. 28 luglio 2000, n. 9956, id., Mass., 940.
This content downloaded from 193.105.245.90 on Sat, 28 Jun 2014 09:56:49 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions