sezione I civile; sentenza 13 settembre 1997, n. 9075; Pres. Lipari, Est. Criscuolo, P.M. Nardi(concl. conf.); Soc. Fin Immobil (Avv. Berruti, Scapini) c. Fall. soc. f.lli Poggi &C. (Avv. Alpa,De Martini). Conferma App. Genova 10 dicembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 1 (GENNAIO 1998), pp. 117/118-121/122Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192212 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
giuridica certezza della riferibilità dell'attività che il difensore
ha svolto (e svolgerà) in giudizio, al titolare della posizione so
stanziale controversa che del suo patrocinio abbia inteso avva
lersi, rilasciandogli, appunto, la procura ad litem.
La sua mancanza, privando l'atto dei requisiti formali indi
spensabili per il raggiungimento di tale scopo, non può — per tanto — che comportare la nullità del mandato ad litem (anche in difetto di un'espressa comminatoria di legge), ai sensi del
l'art. 156, 2° comma, c.p.c. Per le considerazioni appena esposte, e non ritenendo il colle
gio di poter condividere il diverso orientamento già espresso in materia da questa Suprema corte (v., tra le altre, sentenze
930/62, Foro it., 1962, I, 887, e 3009/86, id., Rep. 1986, voce Procedimento civile, n. 36) — peraltro superato, argomentando a fortiori, da altre e più recenti decisioni (cfr. sez. un. 18 feb
braio 1992, n. 1990, id., Rep. 1992, voce Cassazione civile, n.
52, e 15 gennaio 1996, n. 264, id., Rep. 1996, voce Procedimen
to civile, n. 102) — il ricorso, stante la nullità della procura
«speciale» nella specie rilasciata dalla parte, va dichiarato inam
missibile.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 13 set
tembre 1997, n. 9075; Pres. Lipari, Est. Criscuolo, P.M.
Nardi (conci, conf.); Soc. Fin Immobil (Avv. Berruti, Sca
pini) c. Fall. soc. f.Ili Poggi & C. (Aw. Alpa, De Martini).
Conferma App. Genova 10 dicembre 1994.
Fallimento — Revocatoria fallimentare — Atti costitutivi di di
ritti di prelazione — Danno alla massa — Fattispecie (R.d.
16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 67).
Nell'ipotesi di revocatoria fallimentare di atti costitutivi di dirit
ti di prelazione, il danno alla massa è in re ipsa, essendo
insito nell'alterazione della par condicio creditorum che l'atto
revocando viene a produrre (nella specie, ipoteca a garanzia del mutuo necessario per l'acquisto di un immobile acquisito
alla massa). (1)
(1) Con la presente decisione la Suprema corte affronta e risolve, conformemente all'opinione dottrinale dominante, il dibattuto proble ma riguardante il presupposto oggettivo dell'azione revocatoria falli
mentare, con particolare riferimento all'ipotesi degli atti costitutivi di
cause di prelazione. La corte applica a tale fattispecie il principio, enun
ciato da ultimo in Cass. 12 novembre 1996, n. 9908, Foro it., 1997,
I, 1460, con nota di Fabiani e in precedenza in Cass. 16 settembre
1992, n. 10570, id., 1994, I, 178, con nota di Vacchiano (in entrambi
i casi in relazione all'ipotesi della revocatoria di pagamenti di debiti
liquidi ed esigibili di cui all'art. 67.2 1. fall.), secondo il quale il danno
alla massa sarebbe presunto iuris et de iure, consistendo nella pura e
semplice lesione della par condicio creditorum prodotta dall'atto; a ciò
conseguirebbe l'irrilevanza di qualsiasi allegazione del resistente tenden
te ad escludere la sussistenza di un effettivo danno economico al patri monio dell'imprenditore in seguito fallito. In tal senso, v. anche Cass., 20 settembre 1991, n. 9853, id., Rep. 1992, voce Fallimento, n. 383, citata in motivazione. Per l'opinione secondo la quale il danno sarebbe
invece presunto iuris tantum, v. Cass. 16 giugno 1990, n. 6082, id.,
Rep. 1991, voce cit., n. 376, nonché i richiami contenuti nella nota
a Cass 16 settembre 1992, n. 10570, cit.
In dottrina, v., tra gli altri, Pajardi, Manuale di diritto fallimentare,
Milano, 1993, 413 ss.; Mafeei Alberti, Il danno nella revocatoria, Pa
dova, 1970, 121 ss.; Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, 995
ss.; Rossi, La revoca fallimentare delle ipoteche, in Riv. dir. civ., 1963,
I, 493; Terranova, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai
creditori, in Commentario Scialoja-Branca, Legge fallimentare, Bologna
Roma, 1993, 144.
Giova notare, comunque, che nella motivazione della sentenza in epi
grafe la Suprema corte distingue l'ipotesi de qua da quella del paga
mento, da parte dell'imprenditore ancora in bonis, di un credito assisti
to da privilegio consolidato; situazione quest'ultima in presenza della
quale, a detta dèi giudici di legittimità, graverebbe sul curatore dimo
II Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — Il 24 dicembre 1992 la Fin Im
mobil s.p.a. propose opposizione avverso lo stato passivo del
fallimento di Poggi Massimo, dichiarato dal Tribunale di Geno va, lamentando che fosse stato ammesso al chirografo, anziché
con prelazione ipotecaria (come richiesto), un proprio credito
di lire 154.960.371. L'opponente dedusse che essa aveva diritto
alla prelazione, trattandosi di ipoteca infrannuale costituita con
testualmente alla creazione del debito e non ricorrendo i pre
supposti di cui al 2° comma dell'art. 67 1. fall.
Il fallimento contestò la tesi della Fin Immobil, deducendo:
che l'ipoteca, iscritta il 5 novembre 1991 in apparente garanzia di un contratto di mutuo stipulato il 22 ottobre 1991 fra l'oppo nente ed i signori Massimo Poggi e Annalisa Ferrando per l'im
porto di lire 150.000.000 (finalizzato all'acquisto di un immobi le in Genova alla piazza Settembrini), era revocabile ex art. 67
1° comma, n. 4,1. fall., in quanto non contestuale con il debito
garantito (non risultando incassato l'assegno di lire 150 milioni
per il finanziamento); che l'ipoteca era in ogni caso revocabile
ex art. 67, 2° comma, 1. fall., essendo stati nella conoscibilità
di terzi (in particolare, di un operatore qualificato come l'oppo
nente) inequivoci elementi sintomatici dello stato d'insolvenza
del Poggi, come precedenti ripetute ingiunzioni ed iscrizioni ipo tecarie.
All'esito dell'istruzione il Tribunale di Genova rigettò l'oppo
sizione, dichiarando revocata ex art. 67, 2° comma, l'ipoteca volontaria e condannando l'opponente al pagamento delle spese
giudiziali. Il tribunale, esclusa la revocabilità ai sensi del 1° com
ma (n. 4) della citata norma, essendo risultato accertato che
l'ipoteca era stata iscritta per un debito contestualmente insor
to, ritenne provato che l'opponente fosse stata a conoscenza
dello stato d'insolvenza del Poggi (dichiarato fallito entro l'an
no, cioè il 3 luglio 1992), traendo argomento da elementi consi
derati gravi, precisi e concordanti, quali iscrizioni ipotecarie giu diziali a carico dello stesso Poggi, nonché un sequestro conser
vativo nei confronti di tale Alberto Attolini, socio della fratelli
Poggi s.n.c.
Su gravame della Fin Immobil s.p.a. la pronuncia del tribu
nale fu confermata dalla Corte d'appello di Genova con senten
za depositata il 10 dicembre 1994. La corte territoriale osservò:
che non era condivisibile il primo motivo d'impugnazione, se
condo cui l'iscrizione dell'ipoteca non si sarebbe tradotta in una
violazione della par condicio creditorum; che, infatti, il 22 otto
bre 1991 il Poggi si era reso acquirente di un immobile, entrato
ovviamente a far parte del suo patrimonio, onde aveva assunto
funzione di garanzia nei confronti di tutti i creditori; che la
Fin Immobil, fornendo il denaro necessario per l'acquisto, ave
va acquisito un credito meritevole della stessa tutela di ogni
altro credito nei confronti del fallito, ma non poteva ritenersi
che, per effetto del finanziamento, quel bene dovesse soggiacere
ad una normativa «speciale», restando cioè a garanzia della so
la Fin Immobil; che l'ipoteca contestualmente iscritta su quel
bene si poneva come atto chiaramente lesivo della par condicio,
strare che il pagamento impugnato ha recato pregiudizio alla par condi cio creditorum, stante l'esistenza di creditori muniti di prelazione di
rango poziore. In questo senso, v. Cass. 28 ottobre 1988, n. 5857, Foro
it., 1989, I, 408, nonché successivamente, nella giurisprudenza di meri
to, Trib. Roma 10 ottobre 1989, id., 1990, I, 2634; Trib. Torino 13
luglio 1991, id., Rep. 1993, voce cit., n. 364; 2 dicembre 1992, ibid., n. 363. Nel senso che è invece il convenuto a dover dimostrare l'assenza
di pregiudizio alla par condicio, v. Trib. Lecce 16 febbraio 1993, id.,
Rep. 1995, voce cit., n. 435. Inquadrano poi il problema sotto il diver
so profilo dell'interesse ad agire Cass. 8 marzo 1993, n. 2751, id., Rep.
1993, voce cit., n. 362; 18 gennaio 1991, n. 495, id., Rep. 1991, voce
cit., n. 394, secondo le quali tale condizione sussisterebbe in capo al
curatore solo in presenza della prova che il credito, senza quel paga
mento, non avrebbe trovato capienza, in tutto o in parte, sul ricavato
della vendita del bene cui il privilegio si riferisce, in ragione dell'insuffi
cienza di questo o della concorrenza su di esso di crediti privilegiati di grado poziore.
Per la rilevanza del momento dell'iscrizione dell'ipoteca, ai fini della
revocatoria fallimentare, v. Cass. 17 dicembre 1994, n. 10864, id., Rep.
1995, voce cit., n. 421, e, in precedenza, Trib. Firenze 4 maggio 1990,
id., Rep. 1991, voce cit., n. 359, nonché Trib. Venezia 24 gennaio 1985,
id., Rep 1985, voce cit., n. 357, e Fallimento, 1985, 1073, che puntua lizza che non è già l'atto costitutivo dell'ipoteca ad essere oggetto della
revoca, bensì l'iscrizione della stessa, in quanto atto lesivo della par condicio creditorum.
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PARTE PRIMA
perché la causa di prelazione lo collocava a disposizione prefe renziale dell'appellante, con evidente svantagio per gli altri cre
ditori; che, peraltro, mentre l'immobile acquistato dal Poggi aveva il valore di lire 65 milioni, l'ipoteca concessa era per im
porto superiore; che del pari infondato era il secondo motivo
di gravame, perché il tribunale aveva correttamente condiviso
il principio secondo cui, ai fini della revocatoria fallimentare
degli atti di disposizione del socio illimitatamente responsabile di una società di persone, che sia stato dichiarato fallito per effetto del fallimento della società, assume rilievo la conoscenza
non dello stato d'insolvenza del socio bensì dello stato d'insol
venza della società, essendo il detto socio soggetto al fallimento
soltanto come automatica conseguenza della sua illimitata re
sponsabilità per i debiti sociali, indipendentemente dalla sussi
stenza o meno di un suo stato d'insolvenza personale; che al
trettanto correttamente il tribunale si era adeguato al principio secondo cui la conoscenza, da parte del creditore, dello stato
d'insolvenza del debitore al fine della revocatoria fallimentare, ai sensi dell'art. 67, 2° comma, deve essere effettiva e non me
ramente potenziale, con la conseguenza che, agli effetti della
revoca, assume rilievo soltanto la concreta situazione psicologi ca del creditore e non pure la semplice conoscibilità, essendo
tuttavia al riguardo utilizzabili anche elementi indiziari, purché essi — per i loro requisiti di gravità, precisione e concordanza — siano tali da far presumere l'effettiva scientia decoctionis
da parte del creditore; che tali principi di diritto anadavano
completati col rilievo secondo cui, se alla conoscenza dello sta
to d'insolvenza della società si aggiungeva la prova della cono
scenza dello stato d'insolvenza anche del socio o dei soci illimi
tatamente responsabili, ciò costituiva un argomento di notevole
significato per dimostrare la fondatezza dell'azione revocatoria;
che, esaminando la fattispecie alla stregua dei suddetti principi, risultava anzitutto che il 24 luglio 1991 l'agenzia Turinform aveva
fornito alla Fin Immobil informazioni in merito a Massimo Pog
gi, riferendo bensì che le sue condizioni economico-finanziarie
erano «tranquille» e che non emergevano «disguidi» né, in par ticolare, protesti cambiari, ma chiarendo anche che egli era so
cio della società in nome collettivo «Fratelli Poggi & C.», uni
tamente ai signori Attolini Alberto e Durando Margherita; che, in base alla documentazione prodotta dalla difesa del fallimen
to, emergeva: a) in data 15 luglio 1991 l'iscrizione (presso la conservatoria di Genova), a favore dell'Istituto bancario italia
no, di ipoteca giudiziale contro Massimo Poggi e Alberto Atto
lini, in forza di decreto ingiuntivo per l'importo di lire
100.000.000; b) in data 23 luglio 1991 l'iscrizione (presso la con servatoria di Aosta), a favore della Banca commerciale italiana, di ipoteca giudiziale contro il Poggi, in forza di decreto ingiun tivo per l'importo di lire 40.000.000; c) in data 11 luglio 1991
l'iscrizione di ipoteca giudiziale cotro l'Attolini in forza dello stesso titolo; d) in data 23 luglio 1991 l'iscrizione (presso la
coservatoria di Aosta), a favore della Banca commerciale italia na di ipoteca giudiziale contro il Poggi in forza di altro decreto
ingiuntivo per l'importo di lire 40.000.000, che aveva dato tito lo anche all'iscrizione di altra ipoteca in danno dell'Attolini presso la conservatoria di Genova; e) in data 2 agosto 1991 l'iscrizio
ne, presso la conservatoria di Genova, di ipoteca giudiziale in base a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal
presidente del Tribunale di Genova su ricorso del Banco di Sici
lia;/) in data 26 luglio 1991 la trascrizione presso la conservato ria di Genova di sequestro conservativo fino a concorrenza di lire 150.000.000 contro Alberto Attolini ed a favore di tale En rico Pomara; che dalla documentazione suddetta poteva evin cersi con chiarezza, già nel luglio del 1991, lo stato d'insolvenza della società e dei soci; che, come esattamente rilevato dal tri
bunale, l'emissione dei decreti ingiuntivi su istanza dei creditori
(banche) aveva certamente comportato la revoca degli affida
menti, col venir meno di ogni possibilità di operare e conse
guente emersione dello stato di decozione; che senza dubbio la Fin Immobil non poteva avere ignorato, a fine ottobre 1991
(quando venne concesso il mutuo ipotecario) ed ai primi di no vembre 1991 (quando l'ipoteca fu iscritta) la menzionata situa zione della società e dei soci, essendo l'appellante un operatore nel campo del finanziamento immobiliare in possesso di stru menti d'indagine e di fonti di conoscenza adeguate; che, dun
que, vi erano elementi gravi, precisi, logici e concordanti per far ritenere che la Fin Immobil fosse edotta dello stato d'in solvenza.
Il Foro Italiano — 1998.
La Fin Immobil s.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione
della suddetta sentenza, deducendo due motivi di annullamen
to. Il fallimento della Poggi & C. s.n.c., di Durando Margheri ta ved. Poggi e Poggi Massimo, nonché dei soci illimitatamente
responsabili Attolini Alberto, Durando Margherita e Poggi Mas
simo ha resistito con controricorso e ha depositato memoria
ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di cassazione
la ricorrente denunzia violazione dell'art. 67, 2° comma, 1. fall,
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., nonché travisamento
dei fatti e manifesta illogicità nella motivazione relativa al pri mo motivo di appello. Sostiene che essa, in secondo grado, co
me primo motivo di censura aveva addotto la omessa conside
razione, da parte del tribunale, della circostanza che l'atto col
pito dalla revocatoria (cioè la dazione d'ipoteca volontaria) non
aveva arrecato alcun pregiudizio alla par condicio creditorum, in quanto l'immobile, per il cui acquisto era stato contestual
mente ottenuto il finanziamento garantito dall'ipoteca, era sta
to acquistato non con denaro del Poggi bensì con denaro a tale
fine erogato da essa società Fin Immobil. La corte genovese avrebbe respinto la censura con argomenti illogici e con palese travisamento dei fatti, in quanto — siccome il requisito del danno
(intendendosi per tale anche la semplice lesione della par condi
cio) si ricaverebbe presuntivamente dallo stato d'insolvenza —
si sarebbee comunque in presenza di una presunzione iuris tan
tum essendo consentito al convenuto in revocatoria di dimo
strare che in concreto l'atto non ha arrecato alcun pregiudizio. Nel caso in esame la Fin Immobil avrebbe già in prime cure
superato la presunzione relativa alla lesione della par condicio
creditorum, attraverso una inattaccabile prova documentale: con
atto notarile del 22 ottobre 1991 Massimo Poggi, in proprio, avrebbe acquistato l'immobile in questione; sempre in data 22
ottobre 1991 lo stesso Poggi e Fernando Annalisa avrebbero
stipulato con la Fin Immobil un mutuo per lire 150.000.000, finalizzato all'acquisto e alla ristrutturazione del medesimo im
mobile (mutuo di scopo), costituendo contestualmente ipoteca volontaria sullo stesso a garanzia della restituzione rateale della
somma mutuata; ancora in pari data la Fin Immobil s.p.a. avreb
be versato un assegno di lire 150.000.000 intestato al Poggi in
cassato il 23 ottobre 1991 e dal cui importo sarebbe stato emes so un assegno circolare di lire 90.000.000 a favore della vendi
trice dell'immobile. Pertanto, l'acquisto di questo non avrebbe
implicato un esborso da parte del Poggi, essendo stato perfezio nato esclusivamente grazie alla contestuale erogazione del mu tuo da parte della Fin Immobil, onde si potrebbe dire che il
bene senza il finanziamento non sarebbe entrato a far parte del patrimonio del Poggi. Di conseguenza, sul piano logico giuridico la fattispecie non presenterebbe alcun aspetto pregiu dizievole della par condicio. Sarebbe stato stipulato un mutuo di scopo, quest'ultimo sarebbe stato contestualmente realizzato e sempre contestualmente sarebbe stata accesa l'ipoteca. L'ope razione non avrebbe provocato alcuna alterazione del patrimo nio del Poggi, quale era nel momento in cui si sarebbe conclusa
l'operazione, perché l'acquisto dell'immobile, reso possibile dal mutuo concesso dalla ricorrente, non avrebbe implicato un cor
rispondente sacrificio patrimoniale del compratore, per cui la causa di prelazione contestualmente costituita dovrebbe consi derarsi un atto neutro per i creditori. Si rivelerebbe dunque illo
gico il ragionamento della corte territoriale, nella parte in cui avrebbe sottolineato l'irrilevanza del fatto che l'immobile in que stione sarebbe stato acquistato con denaro erogato dalla Fin
Immobil, omettendo di considerare che la conseguenza di un simile modo di argomentare avrebbe come risultato un indebito arricchimento del fallimento; e altrettanto illogica dovrebbe ri tenersi l'affermazione secondo cui il danno alla par condicio sarebbe ancora più grave in relazione al valore dell'immobile
(65 milioni), mentre l'ipoteca sarebbe stata di valore superiore, perché, a parte la non corrispondenza al reale dei prezzi indicati
negli atti di compravendita (determinati a norma dell'art. 52, 4° comma, d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131), sarebbe abnorme che una società finanziaria avesse accordato un mutuo di 150 milio ni contentandosi di una garanzia reale di 65 milioni. Comun
que, il ragionamento della corte territoriale non terrebbe contro dell'art. 541. fall., laddove si prevede che il diritto di prelazione del creditore ipotecario sia limitato al prezzo ricavato dalla ven dita del bene vincolato, sicché, nell'ipotesi di mancato soddisfa cimento integrale, il detto creditore ipotecario potrebbe soltan
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
to, per il residuo, essere ammesso in via chirografaria nella ri
partizione del resto dell'attivo.
Le suddette censure non hanno fondamento. Ai sensi del
l'art. 67, 2° comma, 1. fall, sono revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore
(tra gli altri) gli atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti contestualmente creati, se compiuti entro l'anno anterio
re alla dichiarazione di fallimento.
La ratio di tale proposizione normativa è quella che presiede all'istituto della revocatoria in generale e, per quanto qui inte
ressa, della revocatoria fallimentare: la ricostruzione del patri monio del debitore fallito, in guisa da conservare nell'interesse
della massa dei creditori la garanzia costituita dal patrimonio
medesimo, e la realizzazione della par condicio credito rum. A
quest'ultimo fine risponde, in particolare, la revocatoria degli atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti contestual
mente creati, se posti in essere nel c.d. periodo sospetto (cioè, nella specie, entro l'anno anteriore alla dichiarazione di falli
mento e quando l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza
del debitore). In casi del genere il pregiudizio sta nel dar vita
ad un titolo che, nelle circostanze indicate, altera la parità di
condizione dei creditori ai fini della distribuzione delle somme
che saranno ricavate dalla liquidazione dell'attivo. Non si trat
ta, in altri termini, di verificare la revocabilità del pagamento di un credito assistito da un privilegio consolidato, che può es
sere esclusa qualora il curatore non fornisca la prova del pre
giudizio arrecato alla massa attraverso la dimostrazione dell'esi
stenza di altri creditori aventi diritto di prededuzione o di prela zione di grado superiore o uguale a quello estinto. Nel caso
in esame l'azione revocatoria era diretta contro la stessa costi
tuzione della causa di prelazione, per la quale il pregiudizio è
davvero in re ipsa in quanto altera la parità di condizione dei
creditori (cfr. Cass. 20 settembre 1991, n. 9853, Foro it., Rep.
1992, voce Fallimento, n. 383). Né a diversa conclusione può indurre l'argomento della ricor
rente, secondo cui la dazione dell'ipoteca non avrebbe arrecato
pregiudizio alla par condicio creditorum perché il bene immobi
le sarebbe stato acquistato non con denaro del Poggi bensì con
denaro a tal fine erogato dalla stessa Fin Immobil. Si deve re
plicare che qui non sono in discussione né l'operazione di fi
nanziamento né il credito della società erogatrice del mutuo,
bensì il diverso fatto che, contestualmente ad esso, venne costi
tuito un diritto di prelazione nelle circostanze previste dall'art.
67 1. fall. Come esattamente ha messo in luce la corte territoria
le, l'immobile — una volta entrato a far parte del patrimonio del Poggi (e non rileva che ciò sia avvenuto con il denaro otte
nuto attraverso il finanziamento) — era destinato a garantire
tutti i creditori. La circostanza che attraverso quell'acquisto si
sia avuto un incremento del patrimonio del debitore poi fallito
(incremento, peraltro, bilanciato dalla contestuale insorgenza del
debito verso il finanziatore) non vale ad escludere il pregiudizio
per la massa, perché in fattispecie come quella in esame il pre
giudizio è insito nello squilibrio tra le posizioni dei creditori che l'atto revocando viene a produrre quando già lo sato d'in
solvenza si era manifestato e il creditore (a cui favore il titolo
di prelazione è costituito) lo conosceva.
Quanto, poi, all'affermazione secondo cui l'acquisto dell'im
mobile sarebbe stato reso possibile soltanto dal mutuo concesso
dalla ricorrente e non avrebbe comportato un corrispondente
sacrificio patrimoniale del compratore, si deve rilevare che l'art.
67, 2° comma, assoggetta a revoca, in base al regime probato
rio ordinario, tutti gli atti costitutivi di un diritto di prelazione
per debiti contestualmente creati entro l'anno anteriore alla di
chiarazione di fallimento, se compiuti con la conspevolezza del
lo Stato d'insolvenza del debitore. Si tratta di una formula mol
to ampia che esclude la rilevanza dei dati invocati dalla ricor
rente, perché, come sopra si è notato, la legge intende evitare
l'alterazione della par condicio, conseguente alla costituzione
di un titolo preferenziale a favore di un creditore, prescindendo
dalla circostanza che l'atto economico, da cui scaturisce il cre
dito, abbia condotto ad un incremento del patrimonio del debi
tore poi fallito. Non si tratta di evitare un indebito arricchimen
to del fallimento, bensì di evitare che un soggetto, consapevole
dello stato d'insolvenza in cui versa il suo contraente, crei a
proprio favore una situazione preferenziale sottraendosi alle re
gole del concorso.
Improducente, da ultimo, è il richiamo all'art. 54 1. fall. Det
II Foro Italiano — 1998.
ta norma, anzi, ponendo in luce il contenuto del diritto dei cre
ditori privilegiati nella ripartizione dell'attivo, rimarca la posi zione preferenziale che la causa di prelazione attribuisce e viep
più esclude, dunque, la presunta «neutralità» per i creditori
dell'atto revocando, erroneamente propugnata dalla ricorrente;
e, comunque, essa non incide sulla proponibilità dell'azione re
vocatoria, da verificare nel quadro dell'art. 67 1. fall., come
la sentenza impugnata ha fatto. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 set
tembre 1997, n. 8987; Pres. R. Sgroi, Est. Vignale, P.M.
Maccarone (conci, conf.); Upica di Cosenza c. Germinara.
Conferma Pret. Cosenza-San Giovanni in Fiore 15 novembre
1994.
Commercio (disciplina del) — Commercio su aree pubbliche —
Indicazione dei prezzi — Obbligo — Generi non alimentari
e non rientranti nella IX categorìa merceologica — Esclusio
ne (L. 11 giugno 1971 n. 426, disciplina del commercio, art.
38; d.m. 4 agosto 1988 n. 375, norme di esecuzione della 1.
11 giugno 1971 n. 426, art. 59; 1. 28 marzo 1991 n. 112, nor
me in materia di commercio su aree pubbliche, art. 1).
L'art. 59, 5° comma, d.m. 4 agosto 1988 n. 375 espressamente esonera i venditori ambulanti di generi non alimentari e non
rientranti nella IX categoria merceologica dall'obbligo di con
trassegnare con i cartellini il prezzo degli articoli commerciali
posti in vendita. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 26 ottobre 1989,
Giuseppe Germinara si oppose all'ordinanza ingiunzione emes
sa dall'Upica di Cosenza, con la quale gli era stato ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di lire 200.000 per
aver esposto al pubblico, per la vendita, articoli da regalo e
casalinghi senza apporre cartellini con l'indicazione del prezzo. Il Germinara sosteneva che, essendo venditore ambulante di ge
neri non alimentari, non era tenuto all'indicazione dei prezzi mediante cartellino. Il Pretore di Cosenza, con sentenza del 26
marzo 1993-15 novembre 1994, accolse l'opposizione. Premesso
che i venditori ambulanti non sono tenuti ad indicare con un
cartellino il prezzo della merce posta in vendita, egli rilevò che
la contestazione mossa al Germinara dai verbalizzanti era di
non avere apposto i cartellini dei prezzi, ma non anche che man
casse ogni altra forma di comunicazione degli stessi, sicché, non
potendo ritenersi provato che l'opponente non avesse predispo sto una pubblicità alternativa, l'ordinanza ingiunzione doveva
dichiararsi illegittima. Contro tale sentenza, l'Upica di Cosenza ha proposto ricorso
per cassazione, basato su di un solo motivo. Il Germinara non
ha svolto attività difensiva in questo giudizio di legittimità. Motivi della decisione. — L'Upica sostiene che l'obbligo di
indicare il prezzo di vendita delle merci esposte è previsto indi
(1) I. - Non constano precedenti editi in termini.
La disposizione regolamentare in disamina esonera dall'obbligo gene rale di indicazione dei prezzi delle merci esposte in vendita, oltre agli esercenti il commercio su aree pubbliche per i generi non alimentari
e per quelli non rientranti nella IX tabella merceologica (articoli ed
accessori di abbigliamento, biancheria, calzature e articoli in pelle e
cuoio), anche i rivenditori di giornali e riviste (3° comma) ovvero di
libri, sempreché il prezzo degli stessi sia indicato in copertina ovvero
sia inserito in un catalogo messo a disposizione degli acquirenti. Lo stesso art. 59 d.m. 375/88 prevedeva, per alcuni tipi di beni, la
possibilità di assolvere l'obbligo di indicazione del prezzo secondo alcu
ne modalità particolari. Per la nuova disciplina contenuta nel d.m. 7 agosto 1991 n. 379,
cfr. la nota di richiami a Cass. n. 9444 del 1996 in Foro it., 1997,1, 514.
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