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Sezione I civile; sentenza 14 febbraio 1963, n. 324; Pres. Vistoso P., Est. Iannuzzi, P. M. Gentile...

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Sezione I civile; sentenza 14 febbraio 1963, n. 324; Pres. Vistoso P., Est. Iannuzzi, P. M. Gentile (concl. conf.); Petraroli (Avv. Liuni) c. Malerba (Avv. Chieffi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 941/942-943/944 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152589 . Accessed: 25/06/2014 10:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.152 on Wed, 25 Jun 2014 10:23:20 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 14 febbraio 1963, n. 324; Pres. Vistoso P., Est. Iannuzzi, P. M. Gentile(concl. conf.); Petraroli (Avv. Liuni) c. Malerba (Avv. Chieffi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 941/942-943/944Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152589 .

Accessed: 25/06/2014 10:23

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941 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 942

miuarono prima la somma in lire italiane che i Tedeschi avrebbero dovuto ricevere complessivamente e poi sta bilirono ohe il pagamento di tale somma dovesse pagarsi parte in lire italiane e parte in sterline ragguagliate alia lira secondo un parametro concordato dai contraenti mede simi (superiore, per altro, al cambio ufficiale del giorno del pagamento).

II prezzo fu dunque fissato in lire italiane in ragione di lire 174,55 per ciascuna azione. Ai fini della lesione e

questo il prezzo ehe deve essere preso in eonsiderazione, essendo irrilevanti le modalitä di pagamento del medesimo e non essendo certo possibile valorizzare, in sede giudi ziaria, il mercato di borsa nera, eon l'aggiimta di un corri

spettivo per il rischio di oontrabbando, come propone il

ricorrente, tanto piu che, in appello, il ricorrente medesimo

aveva esplicitamente sostenuto e riconosciuto che il valore

attribuito dalle parti alle sterline non poteva dar luogo a nessuna questione. Il sesto e il mezzo che, unitamente

all'ottavo, la Corte ritiene fondati.

La sentenza impugnata ha creduto di poter avallare e far proprio il criterio di valutazione delle azioni basato

semplicemente sulla situazione patrimoniale predisposta dai

Tedeschi all'atto della stipulazione del contratto.

In tal modo non solo 6 stato assunto a criterio valu

tativo quello stesso adottato dalle parti al momento della

conclusione del contratto da resciudere per lesione, mentre

bisognava affidarsi al metodo ritenuto piu obiettivo, ma

si e inoltre valutato separatamente ed esclusivamente

ciascun elemento dell'azienda, facendosi quindi la somma

dei singoli valori, cui si e aggiunta una determinata cifra

per l'awiamento.

La determinazione del valore della prestazione eseguita o promessa da una delle parti del contratto rescindibile

e compito del giudice del merito, purche il suo apprezza mento sia immune da vizi logici e giuridici.

Ora, la equazione tra valore delle azioni di una societä

non in liquidazione e quota del patrimonio sociale, quale risulta dai bilancio, non ha fondamento in diritto, dap

poichõ l'azione vale in ragione dell'utile netto e del pos sibile suo rendimento in futuro. Perciõ, e stato ritenuto

che il trasferimento delle azioni di una societä significa soltanto trasferimento dei diritti inerenti alla qualitä di

socio, dei quali l'azione õ il titolo rappresentativo. Puõ

anche darsi che in concreto e di fatto coincidano valore delle azioni e quote del patrimonio, ma ciõ puõ accadere

per il concorso di speciali fattori, di cui non e cenno alcuno

nella motivazione della denunciata sentenza.

Nella specie, trattandosi di azioni non quotate in borsa, il giudice poteva si avvalersi della valutazione analitica

del patrimonio sociale, ma come uno dei possibili elementi

di stima, utilizzabile accanto agli altri e sempre al fine di

accertare il reddito ritraibile da tali azioni.

Deve altresl rilevarsi che, in ogni caso, il valore del

l'azienda non puõ essere ricercato frazionando puramente e semplicemente il complesso unitario costituito dall'azienda

medesima. Occorre, d'altra parte, tener nel debito conto, oltre l'avviamento, anche le altre qualitä specifiche ed

economicamente rilevanti dell'azienda, quali la comples sitä ed il livello della organizzazione, la capacitä ed il

grado di addestramento del personale, le prospettive di

sviluppo e di incremento, ecc.

Nella specie, poi, la parte interessata aveva suggerito e proposto altri e diversi metodi di stima, ma di nessuno

di questi il giudice si 6 menomamente occupato, senza

per altro fornire alcuna valida ragione della preferenza accordata al metodo meno adatto a dare il valore delle

azioni nel senso sopraindicato.

L'accoglimento, per le ragioni ora dette, di questo sesto mezzo del ricorso porta all'assorbimento del mezzo

successivo, come lo stesso ricorrente avverte, trattandosi di una censura concernente la stima corrispettiva dei vari elementi costitutivi del patrimonio sociale e quindi di

operazioni subordinate al criterio che sara scelto per la

valutazione delle azioni e, comunque di operazioni da

farsi teneudo conto, per quanto riguarda l'azienda socie

taria, del vincolo che avvince ogni singolo bene al com

plesso unitario coatituito dall'azienda stessa. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 14

Vistoso P., Est. Iannuzzi, Petraroli (Aw. Liuni) c.

febbraio 1963, n. 324; Pres. P. M. Gentile (concl. conf.); Malerba (Aw. Chieffi).

(Oassa A'pp. Bari 22 luglio 1960)

Vendita — Contratto preliminare — Sentenza co

stitutiva d'esecuzione speciiica — Risoluzione per

inadempimento del rapporto delinitivo — Re

sponsabilitä (Cod. civ., art. 1453, 2932).

£] proponibile la domanda di risoluzione, per mancato paga mento del prezzo offerto, del rapporto di eompravendita, costituito con la sentenza di eseeuzione specifiea delVobbligo derivante da contratto preliminare. (1)

La Corte, eoc. — La Corte d'appello ha osservato ehe la

sentenza emessa a norma dell'art. 2932 cod. civ. non pone in essere il contratto definitivo, ma realizza ope iudicis, mediante l'efficacia costitutiva attribuita dalla legge al suo

provvedimento, gli effetti del contratto non concluso e

quindi, nel caso del contratto preliminare di vendita, il

trasferimento della propriety del bene promesso. Pertanto, ha rilevato la Corte, mancando il contratto, non & propo nibile l'azione di risoluzione per inadempimento ehe e am

messa contro i contratti a prestazioni corrispettive, ma sono

consentiti contro la sentenza passata in giudicato solo i rimedi dell'opposizione di terzo e della revocazione.

I ricorrenti denunciano con entrambi i motivi, che sono

connessi, la violazione degliart. 2932, 2908, 2909 e 1453 cod. civ. Deducono che la sentenza pronunciata ai sensi del ci tato art. 2932 per l'esecuzione dell'obbligo assunto con il contratto preliminare di vendita opera il trasferimento del bene nell'ambito della disciplina giuridica della vendita, la

quale si estende agli altri obblighi che insorgono a carico delle parti. Pertanto il passaggio in giudicato della sentenza non preclude l'esame, in un successivo giudizio, di fatti

sopravvenuti, ne impedisce che essi siano regolati secondo la

disciplina del contratto di vendita, onde ö ammessa l'azione di garanzia per i vizi della cosa venduta nonchö l'azione di risoluzione per inadempimento, qualora, come nel caso in

esame, l'acquirente non paghi il prezzo di cui aveva fatto l'offerta per ottenere la sentenza costitutiva.

La censura e fondata. £ esatto che la sentenza pronunciata a norma dell'art.

2932 non costituisce n£s sostituisce il contratto non concluso ; essa ö infatti un atto giurisdizionale che contiene un accerta mento dichiarativo del diritto ad una modificazione giu ridica e nel contempo la realizza, poich& l'ordinamento giuri dico ricollega all'accertamento stesso effetti di diritto so stanziale.

Ma b altrettanto vero che gli effetti costituiti dalla sen tenza sono di natura negoziale. In tal senso e chiaro il tenore della norma, secondo cui la sentenza produce «gli effetti del contratto non concluso ». Non v'e il contratto de

finitivo, proprio perchõ esso non ö stato concluso ; ma sussi stono gli effetti del contratto e si ricollegano direttamente alia sentenza come ad un fatto giuridico che li produce, se

(1) Questione nuova, per quanto consta ; cons., in dottrina, Montbsano, Contratto preliminare e sentenza costitutiva, 1953, pag. 132 segg.

Nel senso che la sentenza costitutiva produce gli stessi effetti del contratto che si sarebbe dovuto concludere, ma non d4 luogo ad un contratto, onde contro di essa, se passata in

giudicato, non e esperibile l'azione di rescissione per lesione, vedi Cass. 21 maggio 1952, n. 1475, Foro it., 1952, I, 1185, con nota di richiami.

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943 PARTE PRIMA 944

oondo la eitata espressione legislativa, ovvero al contratto

preliminare e quindi alia volotita delle parti tramite la

sentenza, che rende attuali ed operanti, secondo una opi nione della dottrina, gli effetti del contratto definitivo che

le parti giä, vollero e si erano obbligate a realizzare fra loro

fin da quando stipularono il contratto preliminare. Se ciõ b vero, gli effetti di diritto sostanziale prodotti

dalla sentenza o a mezzo della sentenza non possono non

essere soggetti alia disciplina propria degli effetti negoziali;

pertanto, se le conseguenze giuridiche del contratto non

concluso, e che si producono in virtü della pronuncia del

giudice, si concretano in obbligazioni reciproclxe o in pre stazioni corrispettive, non vi b ragione di escludere l'appli cazione della disciplina dettata dall'art. 1453 per il caso in

cui uno dei soggetti del rapporto giuridico non adempia le sue obbligazioni.

L'azione 11011 õ ovviamente diretta contro la sentenza, ne tende a rimettere in discussione situazioni precluse dal

giudicato ; essa e diretta, invece, contro il rapporto costi

tuito in virtu della sentenza (art. 2908) e tende a risolverlo

in base ad un fatto sopravvenuto che non consente al

rapporto stesso di funzionare.

Per quanto la risoluzione sia normalmente riferita

solo al contratto, in realtä, essa mette fine ancbe al rap

porto obbligatorio costituito dal contratto, togliendo al

l'atto giuridico-contratto l'attitudine a produrre conse

guenze giuridiche. L'azione di risoluzione non 6 un'azione

di nullitä o di annullamento, lion tende aU'eliminazione

dell'atto giuridico-contratto o a scioglierlo come se esso

non ci fosse stato bensi aU'eliminazione degli effetti cbe

il contratto 6 idoneo a produrre o che puõ avere giä pro dotto. Infatti, relativamente ai contratti ad esecuzione

continuata o periodica la risoluzione non si estende alle

prestazioni giä, eseguite ; in ogni caso, poi, essa non pre

giudica i diritti acquistati dai terzi se non dopo la trascri

zione della domanda giudiziale (art. 1458). N011 vi 6, quindi, difficoltä, ad ammettere l'azione di

risoluzione anche quando non v'6 il contratto, ma si pro ducono ugualmente gli effetti ad esso inerenti in virtu di

un altro atto cui la legge attribuisce tale attitudine. Se

vi sono effetti negoziali, vi e un rapporto giuridico di tal

natura —■ non importa quale sia la sua fonte produttiva —

contro di cui puõ sperimentarsi l'azione di risoluzione al

fine di sciogliere il rapporto stesso per l'inadempimento di

una delle parti. £ vero che la parte adempiente ha azione

per costringere l'altra alia esecuzione della prestazione da

questa dovuta, ma non sarebbe giusto privarla dell'altro

rimedio che le sarebbe spettato qualora fosse stato stipulato il contratto definitivo.

Come l'azione di adempimento attiene al rapporto costituito in virtü della sentenza, non v'o ragione di non

ricomprendervi anche l'azione di risoluzione. Se si ammette

l'azione di adempimento di una prestazione negoziale costi

tuita in virtü di una sentenza, si riconosce che il rapporto 0 regolato dalla legge del contratto ; non vi sarebbe, quindi,

ragione per negare l'altra azione, che la legge prevede alternativamente come sanzione dell'inadempimento del

l'obbligazione contrattuale.

Pertanto il ricorso merita accoglimento e la causa deve

essere rinviata per nuovo esame ad un giudice di grado

pari a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata, al quale e opportuno rimettere anche il provvedimento sulle spese del presente grado del giudizio.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE.

Sezioni unite oivili; sentenze 12 febbraio 1963, n. 269 ; Pres. Tavolako P. P., Est. Rossano, P. M. Reale ;

(concl. conf.) ; Pinanze c. Pieraccini (Aw. Putzolu).

(Oassa App. Firenze 23 ottobre 1959)

Demanio — Coneessione in uso —- Slruttamento di

utility agricole marginali — Controvcrsie rela—

tive all'applicabilita della proroga legale — I)i ietto di giurisdizione (lei giudiee ordinario (Cod. civ., art. 823).

II giudiee ordinario (nella specie sezione specializzata agraria) difetta di giurisdizione a conoscere della domanda intesa dal concessionario di un bene demaniale ad accertare ehe lo sfruttamento di utilitä marginali del bene medesimo

formi oggetto di rapporto assoggettabile alia proroga dei contratti agrari. (1).

La Corte, ecc. — II primo e il secondo motivo del ricorso, per la loro connessione, debbono essere esaminati congiun tamente.

Con il primo l'Amministrazione lamenta ehe la sentenza

impugnata ritiene che il giudiee ordinario sia competente a sindacare l'esereizio del potere diserezionale di risoluzione della concessione di uso di bene demaniale in quanto, pur qualificando concessione il negozio concluso tra l'Ammi nistrazione e il concessionario, afferma che all'atto ammi nistrativo diserezionale 6 innestato un rapporto bilaterale di diritto privato relativo alio sfruttamento delle possibilita economiche marginali del bene demaniale.

Con il secondo l'Amministrazione censura la sentenza

perch& rimette alia sezione specializzata per le controversie

agrarie di stabilire se fu concluso un contratto di affitto

agrario e se sussiste la possibilita giuridica di applicare ad esso il regime vincolistico stabilito per tali specie di con tratti.

Le censure sono fondate. £ invero erronea l'affermazione cbe dalla concessione

puõ derivare per lo sfruttamento di utilitä marginali del bene demaniale un negozio di diritto privato, subordinato soltanto al potere di revoca anteriormente alia scadenza.

La concessione di uso di bene demaniale õ un negozio cbe e qualificato di diritto pubblico in quanto l'Ammini strazione vi interviene come tale, nell'esercizio della sua

(1) Nello stesso senso, Cass., Sez. un., 30 aprile 1949, n. 1067, Foro it., 1949, I, 837, nella cui motivazione, nonchd in nota, ulte riori riferimenti, e, successivamente, Cass. 12 febbraio 1963, n. 263, id., Mass., 77.

La sentenza di primo grado, Trib. Firenze 15 febbraio 1958, confermata in grado di appello con la decisione ora cassata, 6 pubblicata per esteso in Giur. it., 1958,1, 1, 813, con annotazione contraria di E. F., c riassunta in Foro it., Eep. 1958, voce Con cessions amministrative, nn. 8-11, ed ha ammesso la possibilita che i beni demaniali siano oggetto di negozi di diritto privato, per un'utilizzazione marginale che inerisce ad una particolare e indipendente funzione economica suscettibile di separato sfrut tamento senza che sia toccata la primaria destinazione pubblica del bene stesso ; con la conseguenza della competenza del giu dice ordinario e, in particolare, delle sezioni specializzate agrarie.

Come si desume da detta sentenza, le utilitä. marginali in questione erano costituite dalla coltivazione e dallo sfruttamento agricolo di un argine fluviale e di altre pertinenze idrauliche.

L'insuscettibilita dei beni demaniali ad essere oggetto di negozi di diritto privato e affermata, di recente, da Cass. 15 set tembre 1962, n. 2763, id., Eep. 1962, voce Demanio, n. 76 ; e da Trib. Trani 6 giugno 1961, ibid., nn. 27, 28.

Si is ammesso, perõ, che, mediantela concessione, l'Ammi nistrazione possa costituire a favore di privati diritti in beni demaniali aventi anche consistenza reale (ma con le limitazioni imposte dalle esigenze pubblicistiche) : Cass. 15 settembre 1962, n. 2763, e Trib. Trani 6 giugno 1961, cit.; Cass. 25 giugno 1960, n. 1675, id., Rep. 1961, voce cit., n. 17 ; Cass. 16 marzo 1960, n. 539, id., Rep. 1960, voce cit., n. 17 ; e le ulteriori pronunce ri chiamate nella nota redazionale che leggesi in questa rivista, 1960, I, 381.

La coesistenza di un rapporto pubblicistico e di un rapporto privatistico, che si innesta nel primo, 6 stata, invece, ravvisata nelle concessioni-contratto, aventi per oggetto beni indisponibili (o pubblici servizi) : Cass. 12 luglio 1962, n. 1864, id., Rep. 1962, voce Concessioni amministrative, nn. 3, 4 ; 10 ottobre 1962, n. 2929, ibid., n. 5 ein Giur. it., 1963,1, 32 ; 28 luglio 1962, n. 2209, Foro it., Rep. 1962, voce cit., nn. 6-8 ; 1° agosto 1962, n. 2297, ibid., nn. 9, 10 ; nella motivazione, Cass. 27 gennaio 1959, n. 224, id., 1960, I, 453, con ampia nota di richiami dottrinali e giuris prudenziali.

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