Sezione I civile; sentenza 14 febbraio 1984, n. 1112; Pres. Santosuosso, Est. Cantillo, P. M.Dettori (concl. conf.); Bianchi (Avv. Umbertazzi, Polastri Menni) c. Banca provincialeLombarda; Banca provinciale Lombarda (Avv. Cassola, Santinoli) c. Bianchi. Conferma App.Milano 6 febbraio 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 5 (MAGGIO 1984), pp. 1285/1286-1287/1288Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175690 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
della pericolosità, ai fini previsti dall'art. 2050 c.c., è per converso
doveroso ricordare che in sede dottrinaria e giurisprudenziale risulta pacificamente recepita l'affermazione che costituisce attività
pericolosa la gestione e la manuntenzione di impianti elettrici ad
alta tensione, di cabine di trasformazione e di cavi elettrici ad alta
tensione (cfr. Cass. 12 febbraio 1953, n. 353, id., 1953, I, 1631; 1"
giugno 1968, n. 1647, id., 1968, I, 1760); indirizzo, questo, che è
stato confermato anche in ipotesi di svolgimento dell'attività da
parte di ente pubblico (E.n.el., cfr. Cass. 11 'novembre 1977, n.
4893, id., Rep. 1977, voce Responsabilità civile, n. 104; 27
gennaio 1982, n. 537, già citata). Le circostanze che, nella specie, la sottostazione elettrica —
dotata di sezionatori di corrente ad alta tensione — fosse
compresa in un impianto ferroviario, fosse gestita da personale
dipendente dalle ferrovie dello Stato e fosse funzionante ai fini
della utilizzazione dell'energia elettrica per il traffico ferroviario, non sembrano idonee ad incidere sul giudizio di pericolosità di
quell'impianto; né la strumentalità del servizio cui esso era
destinato nell'orbita del più ampio e generico servizio ferroviario
può valere ad espandere sul primo il carattere di non presunta
pericolosità del secondo.
7. - Passando a questo punto all'esame del secondo motivo di
annullamento — che dalla fondatezza del primo acquista rilevanza — è di tutta evidenza che l'attività in relazione al cui svolgimen to l'art. 2050 c.c. stabilisce una presunzione di responsabilità deve
essere quella del soggetto nei confronti del quale la presunzione stessa viene invocata.
Siffatta attività, secondo la giurisprudenza di questa corte
regolatrice, ricomprende anche l'organizzazione, la direzione e
l'apprestamento dei mezzi per un'attività altrui: ma pure sotto
questo profilo la pericolosità deve sempre essere individuata come
insita nell'attività del soggetto responsabile o nei mezzi da lui
adoperati per svolgerla. Erroneamente, quindi, la corte di merito ha concentrato la
propria attenzione sulle astratte caratteristiche delle mansioni
lavorative (verniciatura) cui il Virgili attendeva, a prescindere dalla natura degli oggetti (apparecchiature elettriche) sulla quali esse dovevano essere svolte, cosi desumendone una aprioristica non
pericolosità; ed altrettanto erroneamente la corte ha omesso di
indagare se le cautele apprestate, in sede organizzativa ed esecuti
va dalla azienda fossero, in quelle determinate circostanze di
tempo e di luogo, tutte quelle richieste dalla scienza e dalla
tecnica per evitare che il verniciatore (soggetto estraneo al
funzionamento dell'impianto) venisse a contatto con apparecchiatu re tuttora alimentate da correnti ad alta tensione (fossero, cioè,
idonee e sufficienti a neutralizzare la intrinseca pericolosità del
l'impianto medesimo): cosi eludendo l'accertamento sul se l'ammi
nistrazione convenuta avesse fornito la prova liberatoria gravante a suo carico.
8. - In accoglimento di entrambi i motivi del ricorso la sentenza
impugnata deve in definitiva essere cassata e la causa deve essere
rimessa ad altro giudice, che si designa nella Corte d'appello di
Bologna. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 14 feb
braio 1984, n. 1112; Pres. Santosuosso, Est. Cantillo, P. M.
Dettori (conci, conf.); Bianchi <Avv. Umbertazzi, Polastri
Menni) c. Banca provinciale Lombarda; Banca provinciale Lom
barda (Avv. Cassola, Santinoli) c. Bianchi. Conferma App. Milano 6 febbraio 1981.
Contratti bancari — Operazioni in conto corrente — Estratto
conto — Mancata contestazione — Conseguenze — Fattispecie
(Cod. civ., art. 1832, 1857). Contratti bancari — Operazioni in conto corrente — Interessi
dovuti dal correntista — Misura extra legale — Pattuizione
scritta — Riferimento alle condizioni praticate usualmente —
Validità (Cod. civ., art. 1284).
La mancata tempestiva contestazione dell'estratto conto bancario
rende non più contestabile l'iscrizione delle singole partite, ma
non la validità e l'efficacia dei rapporti obbligatori da cui
queste derivano (nella specie, è stato escluso che l'approvazione del conto precludesse la questione sulla esistenza di un atto
scritto idoneo a giustificare l'addebito di interessi superiori alla
misura legale). (1)
(1) In senso conforme, Cass. 19 agosto 1983, n. 5409, Foro it., Mass., 1127; 1° aprile 1980, n. 2095, id., Rep. 1982, voce Conto
corrente, n. 1. Cass. 22 giugno 1972, n. 2055, id., 1973, I, 1230, con osservazioni di
L'accettazione, da parte del cliente, della clausola secondo la
quale gli interessi dallo stesso dovuti si intendono determinati, salvo patto contrario, « alle condizioni praticate usualmente
dalle aziende di credito sulla piazza », soddisfa il precetto di
pattuizione scritta di interessi superiori alla misura legale. (2)
Motivi della decisione. — (Omissis). 2. - Con il primo motivo del ricorso principale, denunziando la violazione dell'art. 1832, 2°
comma, c.c. e vizi della motivazione, il Bianchi critica la sentenza
per avere considerato approvati gli estratti conto perché non
impugnati nel termine di decadenza previsto dalla norma suddet
ta, laddove essi non avevano i requisiti di completezza e di
analiticità per cui gli estratti sono considerati idonei a far
decorrere il termine medesimo e a condurre alla chiusura perio dica o finale del conto.
La censura è infondata. È esatto che in tema di conto corrente bancario « l'estratto conto relativo alla liquidazione », previsto dal l'art. 1832, 2° comma, c.c., al fine del decorso del termine semestra le per la sua impugnazione, tanto se relativo alla definitiva chiusu
ra, quanto se relativo ad un certo periodo del rapporto deve com
prendere e indicare analiticamente tutte le operazioni e le voci di credito e debito ricadenti nell'arco di tempo considerato, compresi i diritti di commissione, le spese e gli interessi attivi e passivi matura
ti; in mancanza di questi requisiti di compiutezza e di analiticità, l'estratto non vale a far decorrere il termine e a provocare, dunque, l'effetto dell'implicita approvazione del conto (v. sez. un.
n. 4310 del 1977, Foro it., 1977, I, 2428; n. 2336 del 1980, id.,
Rep. 1980, voce Conto corrente, n. 1).
Ma la corte d'appello non si è affatto discostata da questo principio, avendo esaminato gli estratti in questione e riscontrato che essi, in particolare quello di chiusura, possedevano i requisiti suddetti; e ha tratto conferma di ciò dalla considerazione che
nessuna ragione di impugnativa era stata formulata in ordine alle poste del conto neppure con la citazione introduttiva del
giudizio o con atti processuali successivi, essendo la contestazione
del Bianchi incentrata non sull'esattezza delle singole voci e del saldo contabile, bensì sull'esistenza di un fido reale maggiore di
quello formalmente convenuto e sulla mancanza di un atto scritto
idoneo a giustificare la liquidazione di interessi superiori al tasso
legale.
Queste contestazioni non involgono, manifestamente, questioni attinenti alla compiutezza ed analiticità del conto e non ne
inficiano, quindi, l'approvazione, bensì attengono al contenuto del
contratto e al titolo negoziale costitutivo del credito per interessi
annotato in conto; le quali questioni non sono precluse, com'è
noto, dall'approvazione, essendo principio consolidato che l'incon
testabilità delle risultanze del conto, derivante dalla mancata
impugnazione, si riferisce ai rispettivi accrediti e addebiti consi derati nella loro realtà effettuale e non alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui essi derivano (v. sent. n. 4738 del
1980, id., Rep. 1980, voce Conto corrente, n. 3). (Omissis)
C. M. Barone, ha escluso che l'approvazione degli estratti conto con la indicazione di interessi ultralegali possa valere da sola come confes sione della conclusione in forma solenne del negozio costitutivo del credito annotato nel conto ed impedire al giudice di rilevare, anche di ufficio, il relativo motivo di nullità. Ad opposta conclusione è pervenu ta App. Milano 17 febbraio 1977, id., Rep. 1977, voce Contratti bancari, n. 29. Nel senso che la mancata contestazione dell'estratto conto preclude al correntista di contestare il fatto (nella specie, con ferimento ad ordine di borsa) al quale la posta contabile si riferisce, App. Milano 20 ottobre 1981, id., Rep. 1982, voce Conto corrente, n. 3.
In dottrina, conformemente alla massima, Molle, I contratti bancari, Milano, 1978, 468; Id., Gli interessi nelle operazioni bancarie in conto corrente, in Banca, borsa, ecc., 1978, II, 70; Gerì, Rilievi intorno all'approvazione degli estratti conto nel conto corrente di corrispon denza, in Giust. civ., 1977, I, 1804.
'(2) Conformi Cass. 9 aprile 1983, n. 2521, Foro it., Mass., 522; Trib. Milano 4 marzo 1982, id., Rep. 1982, voce Contratti bancari, n. 22; Trib. Napoli 6 gennaio 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 23; Trib. Milano 5 marzo 1978, ibid., voce Interessi, n. 25; App. Firenze 29 settembre 1978, id., Rep. 1979, voce Contratti bancari, n. 22; Trib. Milano 5 ottobre 1976, ibid., n. 23; Trib. Brescia 29 marzo 1979, ibid., voce Interessi, n. 20; Cass. 20 giugno 1978, n. 3028, id., Rep. 1978, voce cit., n. 10; App. Bologna 7 settembre 1977, ibid., n. 11; Trib. Milano 16 ottobre 1977, ibid., n. 13, e 7 novembre 1977, ibid., n. 14.
In dottrina, Molle, Gli interessi nelle operazioni, ecc., cit., 72; N. Proto Pisani, Un interessante riferimento legislativo per la determina zione degli interessi bancari, in Dir. e giur., 1979, 532; Ruello, Ancora sugli interessi pattizi nell'apertura di credito in conto corrente, in Banca, borsa, ecc., 1979, II, 295; in senso contrario, Librando, In tema di interessi bancari convenzionali, in Foro pad., 1978, I, 203.
Sulla misura dei tassi bancari attivi nel periodo 1974-1978, Trib. Firenze 18 marzo 1978, Foro it., Rep 1979, voce Contratti bancari, n. 24.
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1287 PARTE PRIMA 1288
4. - Con il terzo motivo, denunziando la violazione dell'art.
1284 c.c., il ricorrente sostiene, ai fini della debenza degli interessi bancari, che erroneamente la sentenza impugnata ha
attribuito rilievo alla mancata contestazione degli estratti conto, la
quale, invece, non è sufficiente a realizzare la forma scritta
richiesta da detta norma per la pattuizione di interessi superiori al saggio legale.
La censura è infondata. In tema di pattuizione di interessi
eccedenti la misura legale, questa corte ha già avuto modo di
precisare che l'obbligo della forma scritta ad substantiam, impo sto dall'art. 1284, ult. comma, c.c., non comporta che il documen
to negoziale debba necessariamente indicare in cifre il tasso di
interesse, ma, in coerenza con il principio generale secondo cui
l'oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile
(art. 1346 c.c.), può essere assolto attraverso il riferimento a
criteri, sicuramente e obiettivamente rilevanti, che consentono la
concreta quantificazione del tasso medesimo: l'esigenza formale è
rispettata, cioè, quando nel documento contrattuale le parti indi cano criteri certi ed oggettivi per il calcolo degli interessi, ancorché ciò avvenga per relationem, mediante il richiamo di elementi estranei al documento stesso (v. sent. n. 3028 del 1978,
id., Rep. 1978, voce Interessi, n. 10, in ipotesi di interessi relativi ad un mutuo bancario).
Le norme bancarie uniformi sui conti correnti di corrisponden za stabiliscono che gli interessi dovuti dal correntista si intendono
determinati, salvo patto diverso, « alle condizioni praticate usual mente dalle aziende di credito sulla piazza »; e l'accettazione da
parte del oliente della clausola che, nel modulo contrattuale
predisposto dalla banca, riproduce questa regola, soddisfa il
precetto di pattuizione scritta degli interessi, giacché il riferimento alle condizioni usuali costituisce un criterio di determinabilità
oggettivo, certo e di agevole riscontro: i tassi attivi e passivi che
gli istituti di credito sono tenuti a praticare vengono fissati su scala nazionale con accordi di cartello, per modo che il rinvio al tasso usuale vale ad ancorare la determinazione della misura degli interessi a fatti oggettivi non influenzabili dal singolo istituto
bancario; e il correntista, al momento della stipulazione del
contratto, sa (o dovrebbe sapere, secondo l'ordinaria diligenza) che gli interessi sono suscettibili di variare in relazione .alle dette determinazioni del cartello interbancario ed è in grado, nel corso del rapporto, di verificare l'andamento degli stessi, adeguando corrispondentemente il proprio comportamento.
Ciò posto, è nel vero il ricorrente quando sostiene che l'appro vazione dell'estratto conto che conteggi interessi superiori al tasso
legale non è idonea a documentare la pattuizione: tale approva zione, per la sua natura confessoria, può valere come dichiara zione ricognitrice di una manifestazione negoziale precedente, ma non come espresssione diretta di tale volontà; e tanto meno può supplire alla mancanza dello scritto o essere utilizzata quale elemento presuntivo dell'avvenuta osservanza dei requisiti formali richiesti dalla legge ad substantiam (v., fra altre, sent. n. 1107 del
1975, id., Rep. 1975, voce Contratti bancari, n. 9 e n. 2055 del
1972, id., Rep. 1972, voce Interessi, n. 1). Nella sentenza in esame, però, la c.d. approvazione tacita del
conto non è stata valorizzata in tal senso, bensì in funzione della corretta applicazione, da parte della banca, dei tassi di interesse
vigenti nei periodi cui si riferivano gli estratti conto periodici e
quello finale, laddove l'esistenza del patto di interessi extralegali è stata affermata in base alla sottoscrizione del modulo contrat
tuale, che conteneva la clausola suddetta. E l'argomentazione deve essere condivisa, giacché, una volta accertata l'esistenza di
patto scritto circa la corresponsione degli interessi bancari, la mancata contestazione nei termini degli estratti conto impedisce al correntista di muovere eccezioni in ordine al concreto ammon tare degli interessi computati dalla banca, e, dunque, anche di dedurre la loro pretesa difformità rispetto al criterio dettato in via preventiva con la clausola; la contestazione non riguarda, infatti il titolo negoziale, ma si risolve in una mera questione di fatto relativa alla consistenza pecuniaria di appostazioni del
conto, sicché rientra tra quelle per le quali opera l'efficacia
preclusiva dell'approvazione tacita del conto. {Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 7 febbraio
1984, n. 936; Pres. Mazzacane, Est. R. Sgroi, P. M. Paolucci
(conci, conf.); Robatto (Avv. Grande Stevens, Jorio) c. Ma strazzo e Passerino (Avv. Dodero, Lojacono). Conferma App. Torino 16 ottobre 1981.
Rappresentanza nei contratti — « Contemplatio domini» espressa — Mancanza — Trasferimento immobiliare dell'intero da parte del comproprietario — Efficacia del trasferimento « pro quota ».
La promessa di vendita da parte di uno dei comproprietari di un
bene immobile è inefficace nei confronti dell'altro ove la
spendita del nome (anche) di quest'ultimo non risulti dallo
stesso documento contrattuale (nella specie, è stato ritenuto
irrilevante, ai fini del trasferimento dell'intero immobile,
l'affidamento del compratore circa l'esistenza di una società di
fatto fra venditore e terzo sorta in epoca successiva alla
vendita). (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione del 21 aprile 1964
l'avvocato Aldo Robatto conveniva dinanzi al Tribunale di -Impe ria il sig. Pietro Mastrazzo e, premesso che costui con scrittura 23 maggio 1960 gli aveva venduto un alloggio ed una autorimes
sa, oltre ad un locale sotterraneo, compresi nell'edificio in corso di costruzione in Diano Marina, via degli Oleandri (immobile di
cui aveva preso possesso nel settembre 1961); che tuttavia il
Mastrazzo non aveva aderito al suo invito di redigere l'atto
pubblico, chiedeva che venisse dichiarato il trasferimento a suo
favore dell'immobile in questione. Pietro Mastrazzo, costituitosi,
(1) Fattispecie singolare e piuttosto articolata — stando a quanto ri sulta dallo svolgimento del processo — a dispetto della massima, formu lata, come si sa, nel tentativo di estrarre un principio di diritto, senza peraltro « forzare » la specialità del decisum sostanziale (sarà sufficien te rammentare come l'elegante problema relativo alla necessità della risultanza scritta della contemplatio domini nei trasferimenti immobilia ri sia sorto da una sospetta truffa del compratore, sia pur assolto nel giudizio penale per insufficienza di prove, ai danni del venditore).
Pur nella sostanziale diversità dei casi di specie all'origine delle relative controversie, possono richiamarsi in argomento Cass. 5 maggio 1980, n. 2935, Foro it., 1981, I, 2025, con nota di richiami, sulla mancanza della contemplatio domini, da parte del socio amministratore di una società in nome collettivo irregolare, che non esclude la riferibilità dell'acquisto di beni mobili alla società ex art. 1706 c.c.; Cass. 24 febbraio 1975, n. 691, id., 1976, I, 206, che ha applicato l'art. 1706, 2° comma, c.c. all'acquisto immobiliare compiuto dal socio di una società semplice in nome proprio ma per conto della società.
In dottrina, ai riferimenti citati in nota a Cass. 2935/80, adde G. Ferri, Delle società, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1981, 406, sub art. 2298.
In tema di requisiti formali della contemplatio domini è tutt'altro che agevole orientarsi all'interno dei più recenti sviluppi giurispruden ziali, soprattutto per la scarsa aderenza delle massime alle fattispecie decise. Cass. 20 ottobre 1982, n. 5471, Foro it., Rep. 1982, voce Rappresentanza nei contratti, n. 7, afferma che il principio secondo cui la contemplatio domini non richiede necessariamente formule sacramen tali deve intendersi nel senso che, indipendentemente dall'uso di espressioni dirette a rendere noto il rapporto rappresentativo, questo può essere manifestato da univoci elementi che, vertendosi in tema di trasferimenti immobiliari, devono risultare ad substantiam dallo stesso documento contrattuale (in epoca più risalente v. Cass. 25 gennaio 1975, n. 299, id., Rep. 1975, voce cit., n. 11). Analogamente, a dire di Cass. 14 febbraio 1980, n. 1117 e 4 dicembre 1980, n. 6320, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 3, 4, la spendita del nome deve risultare dal contratto e consistere in una dichiarazione espressa ed univoca ma non necessariamente solenne o legata a formule rituali. E così Cass. 7 apri le 1979, n. 1999, id., Rep. 1979, voce cit., n. 5, asserisce che, in mancanza di un'espressa spendita del nome del rappresentato, gli effetti del negozio ricadono direttamente sul rappresentante anche se l'altro contraente abbia avuto comunque conoscenza del mandato e dell'interesse del mandante nell'affare, con la conseguenza che la contemplatio domini non può essere desunta da elementi presuntivi (ma v. Cass. 28 giugno 1979, n. 3634, ibid., n. 2). Nello stesso senso Cass. 6 novembre 1978, n. 5057, id., Rep. 1978, voce cit., n. 3; 21 gennaio 1978, n. 270, 25 gennaio 1978, n. 337, 6 dicembre 1978, n. 5777, ibid., voce Mandato, nn. 4-7.
Secondo Cass. 11 gennaio 1980, n. 239, id., Rep. 1980, voce Rappresentanza nei contratti, n. 5, invece, quando non sia richiesta la forma scritta, l'esistenza dei poteri di rappresentanza può dedursi anche da fatti univoci e concludenti, in relazione al comportamento tenuto dalle parti, fra loro e di fronte ai terzi. Più in generale v. Cass. 20 gennaio 1979, n. 459, id., Rep. 1979, voce Mandato, n. 6; 20 gennaio 1980, n. 287, id., Rep. 1980, voce cit., n. 2; 6 luglio 1977, n. 2973 e 2 aprile 1977, n. 1248, id., Rep. 1977, voce Rappresentanza nei contratti, nn. 5, 6.
Per una rapida ricognizione dei diversi orientamenti giurisprudenzia li, cfr. Distaso, l contratti in generale, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, III, 1832 ss.
Nella dottrina più recente in argomento, cfr. U. Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977, 6-8, il quale sembra propendere per l'indispensabilità della « spendita del nome », mai sostituibile con il comportamento concludente dell'agente ove il contratto richieda la forma solenne; G. Mirabelli, Dei contratti in generale2, in Commen tario Utet, Torino, 1980, 360, nota 37, cui si rinvia anche per ulteriori riferimenti giurisprudenziali indicativi della situazione di incertezza in cui versa la corte di legittimità; (R. Sacco e) G. Denova, Il contratto, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 10, 1982, 391; A. Luminoso, Mandato, commissione, spedizione, in Trattato, già diretto da Cicu e Messineo, continuato da Mengoni, 1984, 7 s., nota 14, e 18, nota 30.
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