sezione I civile; sentenza 14 febbraio 2000, n. 1610; Pres. Proto, Est. Adamo, P.M. Raimondi(concl. diff.); Soc. Selezione dal Reader's Digest (Avv. Zecca) c. Min. finanze. Cassa App. Milano12 dicembre 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 2 (FEBBRAIO 2001), pp. 637/638-639/640Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197562 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ad acquisire al processo il fatto delle intervenute trattative e del
l'accordo transattivo. In ciò consiste anche il vizio di motiva
zione, in quanto le circostanze oggetto della prova — riassunta
specificamente e con chiarezza nel ricorso — hanno carattere
decisivo.
Nel corso della discussione il difensore della Polaris assicura
zioni s.p.a. ha eccepito che, in ogni caso, non potrebbe darsi in
gresso alla prova testimoniale in quanto vertente su di un con
tratto — la transazione — per la quale è richiesta la prova per
iscritto (art. 1967). La deduzione è priva di fondamento. Infatti, il contratto di transazione non è invocato tra le parti quale fonte
di reciproci diritti ed obblighi ma quale atto in senso stretto con
sistente nel riconoscimento dell'altrui diritto e produttivo di ef
fetti interruttivi della prescrizione a norma dell'art. 2944 c.c.
(sull'esclusione dei limiti legali della prova quando il contratto,
per cui è richiesta la forma scritta, viene dedotto quale semplice fatto storico influente sulla decisione, v. Cass. 20 gennaio 1982, n. 363, id.., Rep. 1982, voce Impugnazioni civili, n. 64; 2 feb braio 1982, n. 610, ibid., voce Presunzione, n. 7; 7 aprile 1987, n. 3351, id., Rep. 1987, voce Prova testimoniale, n. 11; 2 luglio 1997, n. 5944, id., Rep. 1997, voce cit., n. 17).
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione
degli art. 2934, 2935 c.c., deducendo che la dichiarazione del
sinistro alla società assicuratrice costituisce atto di esercizio del
diritto al conseguimento del risarcimento, poiché ne è implicita la richiesta, cosicché, nel caso di specie, era da escludere l'in
tervenuta prescrizione. Anche tale motivo è fondato.
L'avviso di sinistro (art. 1913 c.c.) svolge la funzione di
mettere l'assicuratore in grado di accertare tempestivamente le
cause del sinistro e l'entità del danno prima che possano disper dersi le eventuali prove. Tale funzione non esclude, peraltro, che l'atto scritto con cui l'assicurato dà notizia all'assicuratore
del verificarsi dell'evento coperto da garanzia — e, come nel
caso di specie di assicurazione contro il furto, anche del valore
assicurato — consista anche in un atto di costituzione in mora
idoneo ad interrompere la prescrizione. Se è vero, infatti, che
l'avviso di sinistro costituisce un onere per l'assicurato, potendo incidere sul diritto all'indennità (art. 1915 c.c.), è pur vero che
l'assicurato comunica l'evento all'assicuratore proprio al fine di
ottenere l'indennità e che, nella normalità dei casi, l'atto in que stione è espressione inequivoca della volontà di ottenere
l'adempimento da parte dell'assicuratore. Per altro verso, l'uni
co requisito formale richiesto dalla legge per la costituzione in
mora è la richiesta scritta di adempimento (Cass. 6 agosto 1996,
n. 7181, id., Rep. 1996, voce Prescrizione e decadenza, n. 48);
mentre, sotto il profilo sostanziale, la manifestazione di volontà
del titolare di far valere il suo diritto non richiede formule parti colari e neppure l'esatta indicazione dell'ammontare del credito
(Cass. 5 marzo 1976, n. 737, id., Rep. 1976, voce cit., n. 129; 2
dicembre 1982, n. 6567, id., Rep. 1982, voce cit., n. 118). In conclusione, il collegio, discostandosi da Cass. 3 luglio
1993, n. 7276, id., Rep. 1993, voce Assicurazione (contratto), n.
174 (che, sia pure a livello di obiter dictum, considera l'avviso
di sinistro privo degli effetti di un atto di costituzione in mora) ritiene che l'avviso scritto di sinistro dato all'assicuratore co
stituisca anche manifestazione della volontà dell'assicurato di
esercitare il diritto all'indennità e consista dunque in un atto di
costituzione in mora idoneo ad interrompere la prescrizione, salvo che il tenore specifico dell'avviso di sinistro sia tale da far
escludere che con esso l'assicurato abbia inteso far valere anche
la propria pretesa. L'errore nel quale è incorsa la corte territoriale sta nell'avere
escluso, con valutazione aprioristica, che la denunzia del furto,
con gli estremi della polizza e il valore assicurato potesse consi
stere in quella manifestazione di volontà volta a ottenere il sod
disfacimento del proprio diritto.
In conclusione, il ricorso dev'essere accolto e la sentenza im
pugnata dev'essere cassata con rinvio, anche per le spese di
questa fase, ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che
si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.
Il Foro Italiano — 2001.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 feb braio 2000, n. 1610; Pres. Proto, Est. Adamo, P.M. Raimondi
(conci, diff.); Soc. Selezione dal Reader's Digest (Avv. Zec
ca) c. Min. finanze. Cassa App. Milano 12 dicembre 1997.
Impugnazioni civili in genere — Acquiescenza — Carteggio tra difensori — Esclusione — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 329).
L'acquiescenza espressa alla sentenza non può risultare da
una lettera del difensore del soccombente, privo di speciale mandato, indirizzata al difensore della parte vittoriosa per
comunicargli l'intenzione del cliente di non impugnare la
sentenza a lui sfavorevole. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione in data 29
febbraio 1992 la s.p.a. Selezione dal Reader's Digest conveniva
in giudizio avanti al Tribunale di Milano l'amministrazione fi nanziaria chiedendone la condanna al rimborso dell'importo di
lire 58.237.445, pagato a titolo di tassa sulle lotterie, in relazio
ne al concorso a premi, autorizzato con d.m. 4/83328 del 3 no
vembre 1989, ritenuto non dovuto.
A fondamento della domanda di rimborso la società attrice
rilevava che l'amministrazione aveva determinato la base impo nibile inserendo nel valore dei premi anche l'Iva pagata per il
loro acquisto. Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 28 settembre
1995, uniformandosi alla giurisprudenza di legittimità, fino allo
ra formatasi, respingeva la domanda, condannando la società
attrice al pagamento delle spese di giudizio. In data 20 marzo 1996, pendente il termine per la proposizio
ne dell'appello, il difensore della s.p.a. Selezione dal Reader's
Digest, comunicava testualmente al difensore della controparte che «la nostra assistita ci ha comunicato di voler prestare ac
quiescenza alla sentenza 8692/95 ... Per quanto riguarda le spe
(1) Non si rinvengono precedenti negli esatti termini, avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie (il difensore del soccombente in primo grado aveva comunicato al difensore della parte vittoriosa che la pro
pria cliente — una società di capitali — aveva a sua volta «comunicato di voler prestare acquiescenza alla sentenza» con invito a quantificare le spese di lite; successivamente, alla luce di una nuova giurisprudenza favorevole, la società aveva proposto appello dichiarato inammissibile
per acquiescenza). La Cassazione, a cospetto di tale fattispecie, ha ritenuto di annullare
la sentenza impugnata sul (duplice) rilievo che il difensore non era mu
nito di mandato speciale (in ordine alla dichiarazione) né, comunque, era stata fornita prova, da parte dell'appellata che aveva eccepito l'ac
quiescenza, che la volontà di non impugnare, per quanto riportata dal
difensore, fosse effettivamente riferibile all'organo societario munito
dei relativi poteri a termini di statuto (al carteggio tra difensori è stato, in tal senso, attribuito «il valore di un indizio da esaminarsi e valutarsi
alla stregua del disposto dell'art. 2729 c.c.»). Dalla disamina delle non frequenti pronunce in materia di acquie
scenza espressa, risulta del tutto pacifica l'affermazione secondo cui
essa è atto di disposizione del diritto di impugnazione e quindi deve
provenire dalla parte personalmente o anche dal difensore ad litem,
purché munito di mandato speciale: Cass. 27 maggio 1996, n. 4850, Foro it.. Rep. 1996, voce Impugnazioni civili, n. 43; 29 novembre
1990, n. 11496, id., Rep. 1990, voce cit., n. 44, entrambe citate dalla
sentenza in rassegna; 11 agosto 1982, n. 4526, id., Rep. 1982, voce cit., n. 74; 4 luglio 1968, n. 2250, id., 1969, I, 125 (tale ultima sentenza si
sofferma sui poteri del difensore munito di procura alle liti). Costante è anche l'affermazione secondo cui l'accettazione tacita co
stituisce atto unilaterale non recettizio, nel mentre non sempre la giuris
prudenza rinviene — a differenza della sentenza in epigrafe — la natu
ra di «negozio giuridico processuale» di tale atto. V., sul punto, Cass., sez. un., 28 luglio 1986, n. 4818, id., 1987,1, 1196, con nota di Orseni
go, che appunto si limita a ricondurre l'istituto a «atto unilaterale non
recettizio» (al quale, quindi, non si applicano le previsioni dell'art.
1334 c.c.); 13 ottobre 1993, n. 10112, id., 1994,1, 3498, con nota di ri
chiami, la quale ribadisce invece la natura di «negozio processuale»
dell'acquiescenza ed afferma il potere del giudice di legittimità di sin
dacare la valutazione effettuata dal giudice di merito circa l'acquie scenza all'impugnazione, sia sotto il profilo della corretta applicazione dei criteri ermeneutici dei negozi giuridici sia in relazione alla con
gruità della motivazione.
Sull'acquiescenza tacita, da ultimo, Cass. 21 novembre 1998, n.
11773, id., 2000, I, 213, nonché, per una rassegna delle varie fattispe cie, la nota a Cass. 10112/93, cit.
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639 PARTE PRIMA 640
se rimaniamo in attesa di indicazione da trasmettere alla società
nostra cliente».
Successivamente alla spedizione dell'indicata missiva, essen
do mutato l'indirizzo giurisprudenziale, in relazione all'oggetto della controversia, la s.p.a. Selezione dal Reader's Digest pro
poneva appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano, e la
corte di appello, con sentenza in data 12 dicembre 1997, dichia
rava improponibile l'appello, per avere l'appellante, con la let
tera su riportata, prestato acquiescenza alla sentenza di primo
grado. Ricorre per la cassazione della sentenza della corte d'appello
la s.p.a. Selezione dal Reader's Digest, con unico motivo, arti
colato in più parti, illustrato con memoria.
Resiste con controricorso l'amministrazione finanziaria.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso la
società ricorrente lamenta, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli art. 83, 84, 116 e 329 c.p.c. e, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., contraddittorietà della
motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Rileva che costituendo l'acquiescenza un negozio giuridico
processuale, l'accettazione della sentenza deve provenire dalla
parte o da procuratore munito di mandato speciale.
Ipotesi questa non ricorrente nella specie, posto che la lettera
in data 20 marzo 1996 risulta sottoscritta dal procuratore della
s.p.a. Selezione dal Reader's Digest, munito del solo mandato
ad litem, talché era lecito attendersi una reiezione de plano del
l'eccezione sollevata dall'avvocatura distrettuale, tanto più che
nella lettera si faceva menzione di un orientamento della parte, manifestato al suo difensore, orientamento da questi riferito ge nericamente alla società e non all'organo fornito dei poteri sta
tutari per disporre del diritto controverso.
D'altra parte, avendo la stessa corte di merito accertato che il
difensore non era munito di mandato speciale e che quindi non
potesse manifestare la volontà di disporre del diritto controver
so, ha poi ritenuto, contraddittoriamente, che potesse produrre i
medesimi effetti, comunicando di avere a sua volta ricevuto
comunicazione di un orientamento del proprio cliente favore
vole ad un'acquiescenza alla sentenza del tribunale, con conse
guenze nella sfera patrimoniale del cliente medesimo, senza
considerare che le dichiarazioni del difensore, sfavorevoli alla
parte, costituiscono al più elementi indiziari, valutabili ex art.
2729 c.c., mentre in nessun caso l'esistenza ed il perfezionarsi di un negozio giuridico può desumersi da una lettera del difen
sore, fra l'altro indirizzata non alla controparte ma al difensore
di questa. La sentenza della corte di merito deve quindi ritenersi censu
rabile in quanto pronunziata da un lato in violazione delle nor
me che circoscrivono agli atti processuali i poteri del difensore
(art. 83 e 84 c.p.c.) e dall'altro in violazione delle norme che di
sciplinano la prova, il suo onere e la sua valutazione (art. 2697
c.c., 2729 c.c. e art. 16 c.p.c.) e delle norme che disciplinano la
rappresentanza in genere e delle persone giuridiche in particola re (art. 1400 c.c. e art. 2384 c.c.).
Con lo stesso motivo la società ricorrente censura inoltre la
motivazione dell'impugnata sentenza sostenendo che la corte territoriale dopo avere esaminato la lettera del 20 marzo 1996, come se fosse il documento contenente la volontà negoziale della parte, ritenendola comprensiva degli elementi necessari
per la produzione di effetti negoziali, subito dopo, ancora una volta contraddittoriamente, valuta il documento come una di
chiarazione di scienza di una volontà negoziale formatasi altro
ve.
Il contenuto della volontà della parte infatti andava valutato in base agli scritti indirizzati dalla società al proprio difensore e non in base alla comunicazione che questi dava al collega di
controparte, costituendo tale comunicazione nuli'altro che una mera informativa fra colleghi, tenuto conto che l'acquiescenza, in quanto manifestazione di volontà negoziale, non può essere
provata de relato, ma deve tradursi in una dichiarazione prove niente direttamente dalla parte legittimata ad esprimerla.
Preliminarmente va dichiarato inammissibile il controricorso in quanto notificato oltre il termine di cui all'art. 370 c.p.c.
Ciò premesso si rileva che il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
Al riguardo si osserva che l'istituto dell'acquiescenza, così come previsto e regolato dall'art. 329 c.p.c., si configura alla
stregua di un negozio giuridico processuale, unilaterale non re
II Foro Italiano — 2001.
cettizio, costituito da una manifestazione di volontà finalizzata
all'accettazione delle statuizioni contenute nella sentenza, vo
lontà che può sostanziarsi in una dichiarazione espressa o in atti
certamente ed univocamente incompatibili con la volontà di im
pugnare. Nell'una e nell'altra ipotesi, poiché l'acquiescenza costitui
sce atto dispositivo del diritto di impugnazione e quindi, indi rettamente, del diritto fatto valere in giudizio, la manifestazione
di volontà oltre ad essere non equivoca deve necessariamente
essere posta in essere dal soggetto che di detto diritto possa di
sporre o da procuratore munito di mandato speciale (Cass., sez.
Ili, 27 maggio 1996, n. 4850, Foro it., Rep. 1996, voce Impu gnazioni civili, n. 43; 29 novembre 1990, n. 11496, id., Rep. 1990, voce cit., n. 44).
Tali principi non sono stati dalla corte di merito posti a fon
damento dell'impugnata sentenza, posto che la corte stessa ha
ritenuto di poter attribuire valore di acquiescenza non alle di
chiarazioni direttamente espresse dalla s.p.a. Selezione dal Rea
der's Digest, ma alle affermazioni del difensore di questa, circa
l'esistenza della volontà della società di non proporre im
pugnazione, contenute in una lettera, inviata al difensore di
controparte, senza che l'avvocatura distrettuale avesse fornito
alcuna prova in ordine all'effettivo contenuto della pretesa ma
nifestazione di volontà di non impugnare la seritenza del Tribu
nale di Milano, all'organo societario che tale presunta volontà
aveva espresso ed ai poteri di tale organo, in base all'atto costi
tutivo o allo statuto della società.
Né si può nella specie condividere la costruzione articolata
dalla corte territoriale, secondo la quale il difensore della s.p.a. ricorrente avrebbe agito quale nuncius della volontà societaria, dato che nella lettera sottoscritta dal difensore di Selezione dal
Reader's Digest non è riportata la delibera societaria, che sola
poteva essere oggetto dell'esame da parte della corte territoria
le, ma l'interpretazione di tale pretesa volontà fatta dal difenso
re, tenuto conto altresì che difetta, nella specie, come detto, l'i
neludibile accertamento dell'organo che avrebbe adottato la de
cisione trasmessa dal difensore alla controparte e quindi della
provenienza di tale pretesa decisione da parte del soggetto tito
lare del potere di disporre del diritto di accettare le statuizioni
contenute nella sentenza.
Giova rilevare a sostegno di quanto fin qui esposto che questa
Suprema corte ha più volte precisato che la volontà di accettare
la decisione, oltre che provenire dal soggetto legittimato a di
sporre del relativo diritto, deve essere univoca, certa e priva di
condizioni, elementi questi che possono essere accertati solo in
base all'esame diretto della dichiarazione di volontà o degli atti
e comportamenti che tale volontà evidenzino e non certo in base
ad un carteggio intervenuto fra difensori, nel quale la pretesa volontà della parte è solo menzionata, ma non riportata nella sua
interezza, potendo il carteggio assumere al massimo il valore di
un indizio da esaminarsi e valutarsi alla stregua del disposto dell'art. 2729 c.c., senza costituire esso stesso elemento unico e definitivo di prova.
Va inoltre rilevato che, come evidenziato dalla società ricor
rente, la motivazione dell'impugnata sentenza appare, oltre che
lacunosa, per omesso accertamento dell'organo che avrebbe de ciso di prestare acquiescenza alla sentenza del Tribunale di Mi
lano, anche contraddittoria, nella parte in cui esamina il conte nuto della missiva, al fine di accertare se la volontà della società
contenesse riserve o condizioni e poi conclude che si tratta co
munque di una manifestazione di scienza da parte del difensore, circa una volontà perfezionatasi altrove e quindi necessaria
mente non direttamente valutabile.
Pertanto l'impugnata sentenza va cassata con rinvio alla
Corte d'appello di Milano, diversa sezione, che, attenendosi al
principio di diritto su enunciato, provvederà all'esame del me
rito della vertenza.
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