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sezione I civile; sentenza 14 maggio 2004, n. 9185; Pres. De Musis, Est. Felicetti, P.M. Palmieri...

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sezione I civile; sentenza 14 maggio 2004, n. 9185; Pres. De Musis, Est. Felicetti, P.M. Palmieri (concl. conf.); P. e altra (Avv. Luciano) c. D. (Avv. Picciaredda, Grondona). Conferma App. Cagliari-Sassari 14 marzo 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 11 (NOVEMBRE 2004), pp. 3097/3098-3101/3102 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200305 . Accessed: 25/06/2014 00:16 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.134 on Wed, 25 Jun 2014 00:16:40 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 14 maggio 2004, n. 9185; Pres. De Musis, Est. Felicetti, P.M. Palmieri(concl. conf.); P. e altra (Avv. Luciano) c. D. (Avv. Picciaredda, Grondona). Conferma App.Cagliari-Sassari 14 marzo 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 11 (NOVEMBRE 2004), pp. 3097/3098-3101/3102Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200305 .

Accessed: 25/06/2014 00:16

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14

maggio 2004, n. 9185; Pres. De Musis, Est. Felicetti, P.M.

Palmieri (conci, conf.); P. e altra (Avv. Luciano) c. D. (Avv.

Picciaredda, Grondona). Conferma App. Cagliari-Sassari 14 marzo 2001.

Matrimonio — Divorzio — Assegno a carico dell'eredità —

Requisiti — Stato di bisogno — Nozione (Cost., art. 2; cod.

civ., art. 438; 1. 1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei casi di

scioglimento del matrimonio, art. 5, 9 bis; d.leg. 18 giugno 1998 n. 237, disciplina dell'introduzione in via sperimentale, in talune aree, dell'istituto del reddito minimo di inserimento,

a norma dell'art. 59, commi 47 e 48, 1. 27 dicembre 1997 n.

449, art. 6).

La liquidazione dell'assegno a carico dell'eredità presuppone che il coniuge divorziato versi in stato di bisogno, ossia che

egli manchi delle risorse economiche occorrenti per soddisfa re essenziali e primarie esigenze di vita, le quali devono esse

re valutate, con riferimento al contesto socio-economico del

richiedente e del de cuius, oltre che tenendo conto de! valore

dei beni ereditari relitti, del numero e della qualità degli ere

di e delle loro condizioni economiche. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 25 feb

braio 2004, n. 3747; Pres. Olla, Est. Luccioli, P.M. Destro

(conci, conf.); P. (Avv. Ligi) c. V. Conferma App. Palermo 6

novembre 2001.

Successione ereditaria — Coniuge divorziato — Devoluzione

dell'eredità in assenza di altri successibili — Esclusione — Questione manifestamente infondata di costituzionalità

(Cost., art. 3, 29, 42; cod. civ., art. 583, 584; 1. 1° dicembre

1970 n. 898, art. 9 bis, 12 sexies).

E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 583 c.c., nella parte in cui non riconosce la

qualità di erede legittimo al coniuge divorziato in mancanza

di altri successibili, in riferimento agli art. 3, 29 e 42, 4°

comma. Cost. (2)

(1) Sul concetto dì stato di bisogno, ai fini della liquidazione del

l'assegno successorio ex art. 9 bis 1. 1° dicembre 1970 n. 898, inteso

come mancanza delle risorse economiche occorrenti per soddisfare es

senziali e primarie esigenze di vita, cfr., negli stessi termini, Cass. 17

.luglio 1992, n. 8687, Foro it., 1993,1, 790, citata in motivazione.

In dottrina, per approfondimenti, v. Liuzzi, La tutela del coniuge nel

processo di divorzio, in De Marzo-Còrtesi-Liuzzi, La tutela del coniu

ge e della prole nella crisi familiare, Milano, 2003, 300; Viggiani,

L'assegno divorzile successorio, in Lessico dir. famiglia, 2002, fase. 2,

37; Totaro, Gli effetti del divorzio, in Trattato di diritto di famiglia a

cura di Zatti, Milano, 2002, 1280; Dossetti, Gli effetti della pronunzia di divorzio, in II diritto di famiglia, trattato diretto da Bonilini e Tom

maseo, I. Famiglia e matrimonio, Torino, 1999, 688; Bonilini

Tommaseo, Lo scioglimento deI matrimonio, Milano, 1997, 758; Cicca

rello, Ai confini della successione della famiglia: assegno successorio

al divorziato, in Fuccillo (a cura di), Famiglia e circolazione giuridi

ca, Milano, 1997, 132; Ceccherini, 1 rapporti patrimoniali nella crisi

della famiglia e nel fallimento, Milano, 1996, 459; Bianca, Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, in Commentario al diritto ita

liano della famiglia a cura di Cian, Oppo e Trabucchi, Padova, 1993,

VI, sub art. 9 bis 1. 898/70, 459; Mengoni, Successioni per causa di

morte. Parte speciale. Successione legittima, in Trattato Cicu

Messineo, Milano, 1990, XLIII, 1, 188; Mirone, 1 diritti successori del

coniuge, Napoli. 1984, 315; Garlatti, Pensione di reversibilità e asse

gno alimentare al coniuge divorziato, in Riv. dir. civ., 1982, II, 601;

Vincenzi Amato, / rapporti patrimoniali, in Commentario sul divorzio

diretto da Rescigno, Milano, 1980, 376; Barbiera, Disciplina dei casi

di scioglimento del matrimonio, in Commentario Scialoja-Branca, Bo

logna-Roma, 1979, 411; Scalisi, Commento alla 1.1° agosto 1978 n.

436, in Nuove leggi civ., 1979, 624.

(2) Per l'affermazione secondo cui l'individuazione delle categorie

di eredi è rimessa alla discrezionalità del legislatore, sulla base di rap

porti certi ed incontestabili, v. Corte cost. 7 novembre 1994, n. 377,

Foro it.. Rep. 1994, voce Successione ereditaria, n. 73; 26 maggio 1989. n. 310. id., 1991, I, 446, citata in motivazione; ord. 24 marzo

1988, n. 363, id., 1989.1, 2039.

Il Foro Italiano — 2004.

I

Svolgimento del processo. — 1. - D.R.G.S., con citazione 5

giugno 1996 convenne in giudizio P.L. e P.M.G. esponendo di

avere divorziato da P.G. e che con la sentenza di divorzio le era

stato attribuito un assegno divorzile di lire 800.000 mensili, da

rivalutarsi annualmente. Dedusse che l'ex coniuge era deceduto

in data 8 ottobre 1995, lasciando quali eredi le convenute, che

avevano ricevuto un'eredità del valore di alcuni miliardi di lire.

Chiese che le fosse riconosciuto un assegno periodico a carico

dell'eredità, da liquidarsi nella misura di lire 5.000.000 mensili.

Le convenute si costituivano chiedendo il rigetto della doman

da.

Il Tribunale di Tempio Pausania, con sentenza del dicembre

1999, riconosceva all'attrice un assegno mensile di lire 700.000,

da rivalutarsi annualmente. P.L. e P.M.G. proponevano appello

per motivi di rito e di merito. La D., a sua volta, proponeva ap

pello incidentale, chiedendo che l'assegno fosse determinato in

misura maggiore. La Corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari,

con sentenza depositata il 14 marzo 2001, dichiarava la nullità

della sentenza impugnata e riliquidava l'assegno nella stessa

misura di lire 700.000 mensili, da rivalutarsi annualmente. Di

chiarava inammissibile l'appello incidentale.

P.L. e P.M.G. hanno proposto ricorso a questa corte, con atto

notificato alla D. il 26 giugno 2001, formulando cinque motivi

di impugnazione. La D. resiste con controricorso notificato il 13

luglio 2001. Le ricorrenti hanno anche depositato memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo si denun

cia la violazione dell'art. 9 bis 1. n. 898 del 1970. Si deduce che

tale disposizione richiede, per la liquidazione al titolare di un

assegno di divorzio, di un assegno a carico dell'eredità del co

niuge divorziato, uno stato di bisogno, che dovrebbe essere in

dividuato secondo criteri desumibili da altre norme legislative,

quale l'art. 438 c.c., e presupporrebbe l'incapacità del soggetto a far fronte dignitosamente alle esigenze fondamentali della vi

ta. In particolare dovrebbe farsi riferimento all'art. 6 d.leg. n.

237 del 1998, che ha determinato per il 2000 in lire 520.000

mensili l'importo erogabile a favore di chi è privo di ogni altro

mezzo di sostentamento o alla pensione minima sociale, pari a

lire 501.500 mensili per tredici mensilità. Usufruendo la contro

parte di un reddito mensile lordo di lire 650.000, l'assegno —

secondo le ricorrenti — non le spetterebbe non versando in stato

di bisogno. Con il secondo motivo si denuncia l'omessa pronuncia su

punti decisivi, non avendo la corte d'appello precisato in che

misura ciascuno dei criteri previsti dall'art. 9 bis 1. n. 898 del

1970 concorresse nella liquidazione dell'assegno, ed avendo

omesso di prendere in considerazione le deduzioni formulate

dalle ricorrenti in appello, circa la necessità di valutare, ai fini

della sua determinazione, le circostanze di cui all'art. 5 1. n. 898

del 1970. Con il terzo motivo si censura che la corte di merito non ab

bia preso in considerazione, nel quantificare l'assegno — come

dedotto con l'appello — il grado di parentela delle odierne ri

correnti con il de cuius, il vincolo di inalienabilità dei beni ere

ditari stabilito dal de cuius per la durata di dieci anni, la circo

stanza che le ricorrenti non avevano un'occupazione, il valore

dei beni ereditari, il fatto che il reddito da loro ricavato dalla lo

cazione dei beni non poteva essere considerato al lordo, ma do

veva essere considerato al netto da ogni spesa. In particolare si

deduce che la corte non aveva tenuto conto che su un patrimo

nio valutato in sede di consulenza tecnica nella misura di lire

3.500.000.000, era stata pagata un'imposta di successione di lire

491.000.000 circa. Con il quarto motivo si censura che la sentenza sia motivata

circa il quantum dell'assegno in modo da non rendere intelligi

bile la sua ratio decidendi.

Con il quinto motivo si deduce la violazione dell'art. 91

c.p.c., per essere state le ricorrenti condannate alle spese del

doppio grado di merito pur essendo stata dichiarata la nullità

della sentenza di primo grado e l'inammissibilità dell'appello

incidentale, e non essendo state quindi le ricorrenti soccomben

ti, ma almeno in parte vittoriose.

2. - Il ricorso è infondato.

L'art. 9 bis della legge sul divorzio prevede che, a colui al

quale sia stato riconosciuto il diritto alla corresponsione di

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3099 PARTE PRIMA

somme di denaro a norma del precedente art. 5, qualora versi in

stato di bisogno, il tribunale, dopo il decesso dell'obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell'eredità tenendo

conto dell'importo di quelle somme, dell'entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze eredita

rie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni

economiche.

Trattasi di un assegno avente natura assistenziale, distinto da

quello di divorzio — che ne costituisce il presupposto giuridico — fondato sui principi solidaristici posti dall'art. 2 Cost, a base

del nostro ordinamento, alla luce dei quali la normativa che lo

prevede deve essere interpretata. Esso è diretto a garantire al

coniuge divorziato, che venga a trovarsi in uno stato di bisogno

per essere rimasto privo dell'assegno di divorzio a seguito della

morte dell'obbligato (il quale abbia lasciato beni ereditari), di

sopperire al venir meno di detto assegno. Va inquadrato, per tanto, fra gli istituti che il legislatore del divorzio ha previsto al

fine di apprestare tutela, dopo lo scioglimento del vincolo co

niugale, al coniuge che in conseguenza di tale scioglimento

venga a subire un deterioramento delle sue condizioni economi

che.

La sua quantificazione, peraltro, per espressa statuizione del

l'art. 9 bis, non è correlata agli elementi indicati nell'art. 5 per la liquidazione dell'assegno di divorzio, ma deve essere corre

lata al complesso degli elementi espressamente indicati nello

stesso art. 9 bis, cioè deve essere effettuata tenendo conto, oltre

che della misura dell'assegno di divorzio, dell'entità del biso

gno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ere

ditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condi

zioni economiche.

In proposito questa corte ha già statuito, facendo riferimento

allo stato di bisogno del richiedente per la liquidazione dell'as

segno ex art. 9 bis, che la sua liquidazione richiede che egli manchi delle risorse economiche occorrenti per soddisfare es

senziali e primarie esigenze di vita (Cass. 17 luglio 1992, n.

8687, Foro it., 1993,1, 790). Queste, peraltro, a giudizio di que sto collegio, vanno valutate — nell'ottica di ragionevolezza, ol

tre che di solidarietà, imposta dai principi costituzionali — non

in relazione alle specifiche norme di leggi speciali indicate dalle

ricorrenti, ma in analogia a quanto previsto dall'art. 438 c.c. in

materia di alimenti, con riferimento al contesto socio-econo

mico del richiedente e del de cuius, oltre che tenendo conto del

valore dei beni ereditari relitti, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche.

Le leggi indicate dalle ricorrenti, infatti, sono state dettate in

relazione a finalità di ordine generale di sostegno dell'indigen za, e sono prive di ogni collegamento con ragioni di solidarietà

familiare che invece costituiscono il fondamento della norma in

esame.

La sentenza impugnata ha fatto, in diritto, esatta applicazione di tali principi ed ha liquidato l'assegno nella misura di lire 700.000 mensili, rivalutabili annualmente secondo gli indici

Istat, dopo aver accertato che l'attrice, che chiedeva l'assegno ex art. 9 bis, era titolare di un assegno di divorzio di lire 800.000 mensili e disponeva di un reddito complessivo annuo lordo di lire 7.800.000, oltre alla comproprietà indivisa di beni

immobiliari, di valore inidoneo a influire sul suo tenore di vita. Viceversa le convenute, appellanti ed odierne ricorrenti, figlie del soggetto obbligato al pagamento dell'assegno di divorzio, avevano ricevuto un'eredità valutata in sede di c.t.u. in lire

3.500.000.000. In relazione ai principi sopra affermati e a tale contesto deci

sionale, il ricorso proposto a questa corte appare del tutto infon

dato.

In particolare, quanto al primo motivo, come si è detto, lo stato di bisogno va valutato in relazione al contesto socio economico del richiedente e del de cuius (in analogia a quanto previsto dall'art. 438 c.c. in materia di alimenti). Contesto ca

ratterizzato, nel caso di specie, da un'eredità relitta dal de cuius di lire 3.500.000.000, e da un coniuge divorziato con un reddito mensile lordo di lire 650.000.

Quanto ai successivi tre motivi, va rilevato che la corte d'ap pello ha espresso, nella motivazione della sentenza, in modo chiaro e sintetico, le ragioni della decisione, come prescrive l'art. 132 c.p.c., facendo esatto riferimento al contenuto della norma che applicava ed alla situazione di fatto accertata, liqui

II Foro Italiano — 2004.

dando l'assegno prendendo in esame tutti gli elementi a ciò ne

cessari. In tale contesto non ha alcun rilievo che non abbia esa

minato espressamente ogni singola prospettazione difensiva

della difesa delle appellanti, dovendosi ritenere tutte implicita mente considerate in relazione alla motivazione della corte sul

criterio di liquidazione adottato e sugli elementi di fatto posti a

base della liquidazione dell'assegno. (Omissis)

II

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 19 giugno 1996 N.P. conveniva in giudizio dinanzi al Tribu nale di Sciacca l'avv. G.V., nella qualità di curatore dell'eredità

giacente di M.A., deducendo che nel marzo 1949 aveva con

tratto matrimonio con il predetto A., dal quale aveva divorziato

nel giugno 1976; che nella sentenza di divorzio non le era stato

attribuito alcun assegno; che l'ex coniuge era deceduto il 31 di

cembre 1982 senza lasciare eredi; che ella versava in stato di bi

sogno. Chiedeva pertanto alternativamente il riconoscimento

della propria qualità di erede legittima, previa declaratoria di in

costituzionalità dell'art. 583 c.c., nella parte in cui non ricono

sce la qualità di erede all'ex coniuge in mancanza di altri suc

cessibili, ovvero l'attribuzione di un assegno periodico a cura

dell'eredità giacente. Costituitosi il contraddittorio, con sentenza del 14-21 settem

bre 1998 il tribunale rigettava le domande, dichiarando manife

stamente infondata la questione di legittimità costituzionale

sollevata.

Proposto appello dalla P., con sentenza del 15 novembre 2000 - 6 novembre 2001 la Corte d'appello di Palermo rigettava

l'impugnazione, osservando in motivazione che, esclusa ai sensi

degli art. 565 e 583 c.c. la qualità di successore legittimo del

coniuge divorziato, la questione di costituzionalità appariva ma

nifestamente infondata, stante l'ampio margine di discreziona

lità affidato dall'art. 42 Cost, al legislatore ordinario nella indi

viduazione delle categorie dei successibili e non appartenendo d'altro canto il diritto di successione mortis causa alla sfera dei

diritti inviolabili dell'uomo. Rilevava al riguardo che il legislatore individua i successori

legittimi sulla base di rapporti giuridici certi ed incontestabili e

che il mancato riconoscimento dei diritti successori al coniuge divorziato non contrasta con l'art. 29 Cost., volto a garantire i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, atteso che lo scio

glimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio

comporta la dissoluzione del vincolo e la fine della comunione

materiale e morale tra i coniugi. Osservava ancora che i benefici di natura economica attribuiti al coniuge divorziato dalla 1. n. 898 del 1970, modificata dalla 1. n. 74 del 1987, non trovano ra

gione nella persistente rilevanza degli effetti personali del ma

trimonio, ma nello scioglimento di esso, tendendo soprattutto a ristabilire un certo equilibrio in favore del coniuge che risulti

impoverito per effetto del divorzio.

Rigettava altresì il motivo di impugnazione con il quale si era censurato l'omesso riconoscimento in favore della P. del diritto ad un assegno periodico a carico dell'eredità, rilevando che la norma subordina il riconoscimento di detto diritto non solo allo stato di bisogno, ma anche alla pregressa titolarità dell'assegno di divorzio, al quale peraltro detto emolumento è commisurato.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la P. deducendo due motivi. Non vi è controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo di ricorso si

ripropone la questione di legittimità costituzionale dell'art. 583

c.c., nella parte in cui non prevede che in assenza di altri suc cessibili l'eredità si devolva al coniuge divorziato.

Si deduce al riguardo che la sentenza impugnata ha esaminato la questione da un punto di vista prevalentemente formale, sen za alcuna valutazione sistematica della tutela accordata alla po sizione del coniuge divorziato, non tenendo conto che l'ordina mento attribuisce alcuni effetti anche al matrimonio dichiarato

nullo, che la legge sul divorzio riconosce al coniuge divorziato una serie imponente di diritti, conferendo anche tutela penale al

soggetto titolare dell'assegno dovuto ai sensi degli art. 5 e 6, che l'evoluzione legislativa a partire dalla 1. n. 898 del 1970 ap pare sempre più orientata verso un ampliamento della sfera dei diritti del coniuge divorziato, in considerazione della natura

specialissima del rapporto matrimoniale.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La proposta questione di costituzionalità è manifestamente in

fondata, atteso che, come ha correttamente rilevato la sentenza

impugnata, l'art. 42, ultimo comma, Cost, ha rimesso alla valu

tazione discrezionale del legislatore la determinazione delle ca

tegorie di eredi — da individuare sulla base di rapporti giuridici certi ed incontestabili (così Corte cost. n. 310 del 1989, Foro it.,

1991, I, 446) — e che d'altro canto la scelta legislativa di non

includere tra gli eredi l'ex coniuge, anche in mancanza di suc

cessibili per diritto di coniugio o di parentela, e di accordargli in

relazione all'eredità la limitata tutela di cui all'art. 9 bis della

legge sul divorzio non si pone palesemente in contrasto con il

principio di ragionevolezza. Va al riguardo considerato che la discrezionalità affidata dalla

norma costituzionale al legislatore ordinario non incontra altri

limiti che quello imposto dal principio costituzionale di tutela

della famiglia ai sensi dell'art. 29 Cost., nonché, per quanto ri

guarda i figli e fratelli naturali, quello derivante dalla direttiva

dettata dall'art. 30, 3° comma, Cost, di equiparazione della fi

liazione naturale a quella legittima (v., sul punto, Corte cost. n.

55 del 1979, id., 1979, I, 1941; n. 310 del 1989; n. 184 del 1990, id., 1991,1, 3283).

E certamente vero che il legislatore della riforma del diritto di

famiglia, innovando incisivamente la preesistente disciplina co

dicistica, ha attribuito rilievo preminente al vincolo di coniugio in relazione all'eredità, riconoscendo al coniuge la posizione di

componente fondamentale della famiglia legittima tutelata dal

l'art. 29 Cost, e coerentemente regolando i suoi diritti successo

ri. Ma è altrettanto vero che il venir meno in via definitiva del

vincolo matrimoniale esclude la configurabilità nel rapporto tra

i coniugi divorziati di una comunità familiare nei cui confronti

la richiamata tutela costituzionale possa essere invocata e che

d'altro canto la legge sul divorzio, attribuendo una serie di be

nefici sul piano patrimoniale al soggetto più debole del rappor to, non presuppone affatto un'equiparazione tra coniuge ed ex

coniuge, atteso che il riconoscimento di detti benefici trova ra

gione non già nella persistente rilevanza del matrimonio, ma nel

fatto oggettivo della pregressa esistenza di un vincolo ormai de

finitivamente disciolto ed in esigenze solidaristiche che si

proiettano anche dopo la morte del coniuge. Tutto il sistema della normativa in esame si ispira infatti al

principio di solidarietà postconiugale, che impone di apprestare

adeguata tutela anche dopo lo scioglimento del vincolo al sog

getto che aveva dato il proprio contributo alla cessata comunio

ne di vita spirituale e materiale e che in conseguenza del divor

zio ha subito un deterioramento delle sue condizioni. Ne risulta

così esaltata l'effettività della pregressa comunione esistenziale

e di interessi e valorizzate le aspettative fondate sul matrimonio,

attraverso il riconoscimento che la vita coniugale costituisce il

fondamento di pretese autonome, tali da offrire una base abba

stanza certa per consentire dopo la sua estinzione, almeno in via

tendenziale, un'esistenza non troppo diversa da quella goduta durante il matrimonio.

Tale inquadramento ha da tempo ispirato la giurisprudenza di

questa Suprema corte nel definire la natura assistenziale e la

funzione dell'assegno di divorzio, nonché dei nuovi ed autono

mi diritti riconosciuti dalla legge in ordine alla pensione, al

trattamento di fine rapporto ed all'assegno a carico dell'eredità,

a loro volta presupponenti la titolarità dell'assegno di divorzio e

rivolti a garantire, in presenza di determinati requisiti, la conti

nuazione del sostentamento all'ex coniuge superstite (in tal sen

so si esprime anche il giudice della legittimità delle leggi; v., in

particolare, in relazione al trattamento di reversibilità, Corte

cost. n. 7 del 1980, id., Rep. 1980, voce Previdenza sociale, n.

597; n. 286 del 1987, id., 1988, I, 3516; n. Ili del 1988, ibid., 3515).

Né può indurre a diverse conclusioni il rilievo che l'art. 584

c.c. attribuisce la qualità di erede al coniuge putativo di buona

fede, così riconoscendo effetti sul piano successorio al matri

monio nullo, atteso che al contrario la limitazione del diritto in

favore del coniuge superstite di buona fede alla sola ipotesi in

cui il vincolo sia stato dichiarato nullo dopo la morte dell'altro

coniuge vale a dimostrare che nella fattispecie considerata il ti

tolo a succedere è costituito proprio dal rapporto di matrimonio,

in quanto sussistente al momento dell'apertura della successio

ne.

Parimenti inconferente è il richiamo svolto, a sostegno della

Il Foro Italiano — 2004.

proposta eccezione d'incostituzionalità, all'art. 12 sexies 1. n.

898 del 1970, aggiunto dall'art. 21 1. n. 74 del 1987: ed invero

la tutela penale che detta disposizione, introducendo una nuova

fattispecie delittuosa, accorda all'ex coniuge titolare dell'asse

gno di divorzio o di quello in favore dei figli è diretta a garanti re l'osservanza dell'obbligo di pagamento stabilito dal giudice e

certamente non implica un'equiparazione della posizione e dei

diritti patrimoniali del coniuge divorziato a quelli del soggetto ancora legato da rapporto di matrimonio (v., sul punto, Corte

cost. n. 472 del 1989, id., 1990, I, 1815, e n. 325 del 1995, id.. Rep. 1995, voce Matrimonio, n. 228). (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 23 aprile 2004, n. 7711; Pres. Ciciretti, Est. Stilè, P.M. Napoletano

(conci, conf.); Rodano (Avv. Caponetti) c. Min. giustizia.

Conferma Trib. Roma 17 ottobre 2000.

Ordinamento penitenziario — Detenuti lavoratori — Attivi

tà prestata all'interno del carcere — Ritenuta sulla re

munerazione — Controversia — Competenza — Magi strato di sorveglianza (Cod. proc. civ., art. 409; 1. 26 luglio 1975 n. 354, norme sull'ordinamento penitenziario e sulla

esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, art.

14 ter, 23, 69; 1. 10 ottobre 1986 n. 663, modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure

privative e limitative della libertà, art. 2, 21).

Con riferimento alle controversie introdotte dopo l'entrata in

vigore della l. 10 ottobre 1986 n. 663 (di modifica della l. 26 luglio 1975 n. 354), la competenza sulla pretesa del lavorato

re detenuto alla restituzione di somme pari ai tre decimi della

remunerazione corrisposta per il lavoro svolto in stato di de

tenzione è devoluta, in via esclusiva, al magistrato di sorve

glianza, nell'ambito di uno speciale procedimento avente

natura giurisdizionale, all'esito del quale il magistrato deci

de con ordinanza impugnabile per cassazione. (1)

II

CORTE D'APPELLO DI ROMA; sentenza 24 giugno 2004; Pres. Sorace, Est. Cannella; Min. giustizia c. Tagliaferri.

Ordinamento penitenziario — Detenuti lavoratori — Attivi

tà prestata all'interno del carcere — Ritenuta sulla re

munerazione — Controversia — Competenza — Giudice

del lavoro (Cod. proc. civ., art. 409; 1. 26 luglio 1975 n. 354, art. 14 ter, 23, 69; 1. 10 ottobre 1986 n. 663, art. 2, 21).

Le controversie relative alla restituzione di somme pari ai tre

decimi della remunerazione per l'attività lavorativa svolta in

stato di detenzione sono devolute, ai sensi dell'art. 409 c.p.c., alla competenza del giudice del lavoro, a meno che il lavo

ratore non abbia espressamente optato per la competenza «alternativa» del magistrato di sorveglianza, in applicazione dell'art. 69 l. n. 354 del 1975, come modificato dall'art. 21 1.

n. 663 del 1986. (2)

(1-2) I. - La giurisprudenza torna a pronunziarsi sul tema della com

petenza giudiziale nelle controversie in materia di retribuzione per il

lavoro penitenziario. La Corte di cassazione, nella sentenza sub I, si

adegua all'indirizzo consolidato nella giurisprudenza di legittimità cir

ca la devoluzione della competenza al magistrato di sorveglianza,

quantomeno per le controversie instaurate a seguito dell'entrata in vi

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