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Sezione I civile; sentenza 14 marzo 1962, n. 525; Pres. Lonardo P., Est. Fresa, P. M. Colli (concl.conf.); Peroni (Avv. Gallo, Lorenzoni, A. Trabucchi) c. Soc. an. Cooperativa case economiche epopolari di Camposampiero (Avv. Farini, Zavarise)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 5 (1962), pp. 949/950-951/952Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150598 .
Accessed: 28/06/2014 08:25
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
avesse esplicato un lavoro, il quale gli avesse assicurato
un guadagno non inferiore al terzo del normale.
Il Supremo collegio può peraltro dispensarsi dall'esa
minare le predette censure, perchè esse si rivolgono contro
una parte della motivazione della sentenza, la quale non si
riferisce affatto a quella che costituisce la vera ratio deci
dendi della sentenza stessa. La detta ratio decidendi è
costituita, come si è visto, unicamente dalla considerazione
del lavoro in atto prestato dal Gerace presso il Comune
di Crotone e della modalità di tale lavoro ; e, per le ragioni dianzi indicate, è da sola sufficiente a sorreggere la decisione.
Il riferimento al lavoro in precedenza prestato dal Gerace
presso altre aziende costituisce invece, nell'economia della
sentenza, un semplice ed inutile argomento di contorno.
Onde, anche se tale riferimento dovesse riconoscersi il
legittimo od erroneo per le ragioni dedotte nel secondo
mezzo, il dispositivo della sentenza risulterebbe pur sem
pre conforme al diritto e la sentenza sarebbe pur sempre non passibile di annullamento.
Non vi è quindi ragione alcuna perchè si debba proce dere all'esame del secondo mezzo, e devesi invece riget tare senz'altro il ricorso.
Per questi motivi, ecc.,
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 14 marzo 1962, n. 525 ; Pres.
Lonabdo P., Est. Presa, P. M. Colli (conci, conf.) ; Peroni (Avv. Gallo, Lorenzoni, A. Trabucchi) c.
Soc. an. Cooperativa case economiche e popolari di
Camposampiero (Avv. Farini, Zavajrise).
(Conferma App. Venezia 24 ottobre 1959)
Case economiche e popolari — Disciplina del t. u.
del 1919 — Cooperativa edilizia — Contributo sta
tale per gli interessi ■— Promessa di vendita —
Nullità — Fattispecie (Cod. civ., art. 1418, 1421, 2377 ; r. d. 1. 30 novembre 1919 n. 2318, t. u. per le case
popolari, art. 30).
La nullità della promessa di vendita d'una porzione d'im
mobile costruito da una cooperativa edilizia, vigente il
t. u. del 1919, col contributo dello Stato per il pagamento
degli interessi nella misura del 5,50%, pud essere eccepita dalla stessa cooperativa, ancorcjiè non sia stata impu
gnata, nei termini e nelle forme dell'art. 2377 cod. civ., la deliberazione assembleare di ratifica della promessa. (1)
La Corte, eco. — Svolgimento del processo.
—- Con atto
di citazione, notificato il 10 marzo 1956, la Società an.
case popolari di Camposampiero, premesso che era proprie taria della casa di abitazione con annesso terreno sita in
Camposampiero, Via Cà Boldri ; che tali immobili erano
(1) Conforme, per la locazione da parte dell'assegnatario di
alloggio costruito col contributo dello Stato, App. Trento 13 settembre 1957, Foro it., Rep. 1958, voce Case economiche, n. 34.
Per la nullità della vendita non autorizzata di ambienti destinati a magazzini e botteghe nei fabbricati di cooperative mutuatarie della Gassa depositi e prestiti, Cass. 10 agosto 1954, n. 2910, id., 1955, I, 683, con nota di richiami.
In applicazione del t. u. 1938 è stata ritenuta valida, da
App. Ancona 16 luglio 1951, id., Rep. 1952, voce cit., n. 24, la vendita di un alloggio costruito da una cooperativa per le case economiche degli impiegati dello Stato, ove sia stato stipulato il mutuo individuale e, da Cass. 30 luglio 1945, n. 644, id., 1944
1946, I, 381, la competenza del giudice ordinario a conoscere della controversia sorta dalla duplice cessione dell'alloggio a
persone diverse, dal socio di una cooperativa prima della stipu lazione del mutuo individuale.
Per il trasferimento di alloggi costruiti da una cooperativa privata, il cui statuto richiami le norme dalla legislazione sul l'edilizia economica e popolare, Cass. 5 dicembre 1947, id., 1948, I, 1, con nota di richiami.
occupati da Peroni Sara Irma la quale pretendeva di
averli acquistati da essa Cooperativa ; tutto ciò premesso l'istante conveniva in giudizio, davanti il Tribunale di
Padova, la Peroni per sentir dichiarare che gli immobili
erano di sua esclusiva proprietà e per sentirsi ordinare
l'immediato rilascio. La Peroni si costituiva e contestava
la domanda, assumendo che, nel 1936, aveva stipulato con
la Cooperativa istante una promessa di compravendita dei predetti immobili, per il prezzo di lire 27.500, da pagarsi unitamente agli interessi con il sistema di ammortamento, in rate mensili di lire 200 ciascuna, dal 1° ottobre 1936
al 1° settembre 1961, con facoltà di anticipare il pagamento del prezzo.
La Peroni aggiungeva che, nel 1946, aveva presentato istanza diretta ad ottenere l'autorizzazione al pagamento immediato del residuo e la Cooperativa aveva accolto tale
domanda, ma, successivamente, l'atto di compravendita non era stato stipulato perchè essa Peroni ne aveva chiesto
la sospensione ; che, soltanto in data 18 agosto 1955, la
Cooperativa aveva per la prima volta eccepito che l'impegno di vendita, concluso a suo tempo, non poteva ritenersi
valido ed operante perchè in contrasto con l'art. 2 del
proprio statuto, secondo il quale le case costruite dove
vano rimanere di proprietà inalienabile ed indivisibile
della Società. Chiedeva quindi, in via principale, il rigetto delle domande dell'attrice e, in via riconvenzionale, che
venisse fatto obbligo alla Cooperativa di prestarsi all'imme
diata stipulazione del contratto di vendita, previo versa
mento del residuo prezzo, e, in difetto, che l'emananda
sentenza tenesse luogo del contratto.
La Cooperativa, a sua volta, deduceva l'invalidità
della promessa di vendita per l'inalienabilità dell'immobile e, in ogni ipotesi, la sua nullità ai sensi del r. decreto legge 27
settembre 1941 n. 1015. (Omissis) Motivi della decisione. — (Omissis). Passando all'esame
del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo
la ricorrente denuncia la falsa applicazione delle norme in
tema di nullità di ordine pubblico per impossibilità giu ridica dell'oggetto del contratto di compravendita, e par ticolarmente dagli art. 1346 e 1418 cod. civ., in relazione
all'art. 30 t. u. dolle leggi sulle case popolari del 30 novembre
1919 n. 2318, nonché all'art. 90 del successivo t. u. del 28
aprile 1938 n. 1165 e legge 21 marzo 1958 n. 447 e
relativo decreto pres. 17 gennaio 1959 n. 2. In particolare deduce che la violazione delle norme sulla inalienabilità
degli alloggi importerebbe la conseguenza di ordine interno,
contrattuale od amministrativo, che potrebbero essere al
più fatte valere dallo Stato, e, comunque, non determi
nerebbero la nullità assoluta del contratto ; che, in ogni
caso, l'inalienabilità, dato lo scopo della norma, doveva
nella specie ritenersi cessata con l'estinzione del mutuo
verso l'ente finanziatore ; che, infine, l'inalienabilità, con
la conseguente nullità, anche ammesso che fosse stata san
cita dal t. u. del 1919, doveva considerarsi cessata per effetto dell'evoluzione della legislazione in materia di case
economiche e popolari e particolarmente per effetto della
legge n. 447 del 1958 e del decreto delegato n. 2 del 1959.
La censura non è fondata.
Nella decisione impugnata la Corte di merito ha, con
insindacabile giudizio di fatto, precisato che la Cooperativa di Camposampiero ha proceduto alla costruzione con il
contributo dello Stato relativo al pagamento degli interessi, nella misura del 5,50%, di due mutui contratti con la Cassa
di risparmio di Padova e quella di Rovigo, e, conseguente
mente, il fabbricato deve ritenersi soggetto al vincolo de
terminato dall'art. 30 t. u. del 1919, vigente all'epoca della
costruzione ed è, pertanto, inalienabile. La nullità che deriva
da tale disposizione è assoluta, essendo la norma dettata
da un interesse pubblico preminente'e, pertanto, può esser
fatta valere da chiunque vi abbia interesse (art. 1421 cod.
civ.) e non soltanto dallo Stato.
E non vi è dubbio che la Società cooperativa abbia un
concreto interesse, sia perchè l'immobile che si assume
alienato fa parte del suo patrimonio inalienabile, sia perchè essa è stata parte nel negozio nullo, sia perchè l'eventuale
alienazione contra legem la esporrebbe a sanzioni dell'auto
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951 PARTE PRIMA 952
rità tutoria. Per effetto di tale precisazione resta assorbito
anche il secondo punto della censura, perchè la norma
non può ritenersi dettata dalla necessità di far recuperare allo Stato le somme della sovvenzione in quanto il suo
contributo è a fondo perduto. La norma ha solo lo scopo di non fare disperdere il patrimonio che è stato creato anche
col contributo dello Stato in relazione ad una finalità di
pubblico interesse. Che questo sia lo scopo trova conferma
nello stesso art. 30 del citato t. u., ove è stabilito che le so
cietà beneficiarie del contributo devono, in caso di sciogli mento, cedere gli immobili costruiti od acquistati ad istituti
per case popolari e non possono procedere ad atti di divi
sione o di alienazione.
Nè la nullità della promessa di vendita, accertata sulla
base delle norme vigenti nel 1919, può ritenersi che sia
venuta meno per effetto di un mutamento di principio sancito da nuove disposizioni.
Il t. ti. 28 aprile 1938 n. 1165, infatti, conferma nell'art.
90 l'indivisibilità e l'inalienabilità degli immobili di pro
prietà delle cooperative che abbiano ricevuto il contributo
dello Stato. Il decreto pres. 17 gennaio 1959 n. 2 non ha
espressamente o tacitamente abrogato il vincolo di inalie
nabilità di tali case popolari, ma ha solo stabilito che alcuni
alloggi popolari di enti determinati possano, con una parti colare procedura, essere ceduti agli assegnatari a determi
nate condizioni non implicanti una libera contrattazione.
E ciò conferma che la nuova legge non ha fatto cessare 1 vincolo di inalienabilità, ma lo ha diversamente discipli inato in taluni casi.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la viola
zione degli art. 1379 e 2377 cod. civ., nonché degli art. 30
t. u. 30 novembre 1919 e 90 t. u. 28 aprile 1938 n. 1165, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civile. In particolare deduce che il principio generale del nostro ordinamento
giuridico è l'alienabilità di tutti i beni, salvo divieti o
limiti stabiliti con espresse statuizioni per determinati
periodi di tempo e per particolari interessi. Alla stregua di tale principio la ricorrente assume che non è possibile riconoscere valore generale ed assoluto alla norma statu
taria relativa al divieto di alienazione e, comunque, ogni
impugnazione deve ritenersi preclusa dopo la ratifica della
promessa di vendita da parte dell'assemblea della Coopera tiva con delibera non impugnata nei termini e nelle forme
prescritte dall'art. 2377 cod. civile.
La censura non è fondata.
Il divieto di alienazione non deriva semplicemente dalla norma dello statuto della Cooperativa, in quanto
questa non ha fatto altro che adeguarsi ad una precisa
disposizione di legge di carattere cogente, come è stato
messo in rilievo nell'esame del primo motivo di ricorso.
Conseguentemente il principio generale di alienabilità di
tutti i beni, invocato dalla ricorrente, trova un preciso limite in un'espressa disposizione di legge, e precisamente nell'art. 30 t. u. del 1919, al quale la norma statutaria si è
uniformata. La censura si rivela priva di fondamento anche per
quanto riguarda la seconda parte, trattandosi di impu
gnazione di deliberazione nulla per illiceità dell'oggetto per la quale il diritto di far valere la nullità è imprescrit tibile. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione III civile ; sentenza 9 marzo 1962, n. 469 ; Pres.
Lombardo P., Est. Cannizzaro, P. M. Maccarone
(conci, conf.) ; Stramaccioni (Avv. Di Pietro, Reggiani) c. Ferrovie dello Stato (Avv. dello Stato Gentile).
(Gonferma App. Soma 29 gennaio 1960)
Ferrovie e tramvie — Ferrovie dello Stato — Danni
a viaggiatore — Controversie — Competenza territoriale (D. iatermin. 13 dicembre 1956 n. 2171,
ohe approva le condizioni e tariffe per i trasporti delle
persone sulle Ferrovie dello Stato, art. 14, 16 ; cod.
proc. civ., art. 25).
Competente a conoscere della domanda di risarcimento danni
proposta dal viaggiatore nei confronti delle Ferrovie dello
Stato, è il giudice del luogo ove ha sede l'Avvocatura dello
Stato nel cui distretto trovasi la località di arrivo del con
voglio, anche se l'incidente siasi verificato durante il
viaggio. (1)
La Corte, ecc. — È preliminare l'esame dell'unico mezzo del ricorso incidentale e per l'esatta impostazione della que stione sulla competenza territoriale è necessario tener pre sente il testo dell'art. 16 delle condizioni e tariffe per i tras
porti delle persone sulle ferrovie dello Stato approvato con decreto interministeriale 13 dicembre 1956 n. 2171, clie porta il titolo : « 1) Rappresentanza dell'Amministrazione » ed
è del seguente tenore : « Rappresentanza del Ministro. Ferme le regole sulla competenza, l'Amministrazione delle ferrovie dello Stato è rappresentata, per quanto riguarda le azioni di cui al precedente art. 14 (che comprende la re
sponsabilità per danno alle persone), dal Ministro per i tras
porti in tutte le cause avanti le magistrature giudiziarie e amministrative residenti in Roma, anche se nei precedenti stadi del giudizio furono trattate avanti magistrature non residenti in Eoma.
« 2) Rappresentanza al capo compartimento. In tutti
gli altri casi l'Amministrazione è rappresentata dal capo compartimento per le cause istituite avanti le magistrature
giudiziarie e amministrative residenti nel territorio a tal
fine assegnato a ciascun compartimento con la tabella
alligata al r. decreto 7 giugno 1923 n. 1359. « 3) Rappresentanza al capo stazione o al capo gestione.
La rappresentanza dell'Amministrazione, nei giudizi tanto attivi quanto passivi, è, in tutte le sedi, attribuita anche al
capo stazione o capo gestione del luogo di partenza o di
arrivo, salvo per le azioni nascenti da danno alla persona del viaggiatore, per le quali s'intende rappresentata dal
capo compartimento avente, a norma del paragrafo pre cedente, giurisdizione sul territorio ove si verificò l'evento ».
Seguono altri paragrafi, i quali non hanno attinenza
con la controversia in esame.
L'Amministrazione delle ferrovie sostiene che la dispo sizione sopratrascritta, sebbene intitolata alla « rappre sentanza », alla quale, con riferimento ai diversi organi, sono intitolati anche i singoli paragrafi che la compongono, non è diretta soltanto alla disciplina completa della le
gitimatio ad processum degli organi centrali e periferici, ma è, principalmente, intesa a stabilire il giudice com
petente per territorio nelle controversie originate dal tras
porto di persone, fissando una stretta correlazione fra la
legitimatio ad processum del singolo organo con la competenza del giudice, e statuendo, in particolare, che per le cause da
trattarsi in Roma la rappresentanza spetta sempre al Mi
nistro, mentre per le cause da trattarsi nel rimanente ter ritorio dello Stato spetta, a norma del secondo e terzo
paragrafo, al capo compartimento, al capo stazione o al
capo gestione, meno che per le cause relative ai danni alle
persone, per le quali, nell'ultima parte dello stesso terzo pa
ragrafo, viene stabilita la rappresentanza esclusiva del capo compartimento del luogo dell'evento, rappresentanza esclusiva alla quale, per così dire, lega la competenza ter
ritoriale del giudice con effetto di vera e propria deroga all'art. 25 cod. proc. civ., che determina il foro della pub blica Amministrazione.
(1) Esclude la competenza del giudice del luogo in cui s'è verificato l'evento dannoso, in favore del giudice del luogo in cui era sorto o doveva aver termine il contratto di trasporto, App. Milano 21 aprile 1053, Foro it., 1953, I, 1000, con nota di richiami (applicazione delle norme precedenti alle attuali condi zioni e tariffe, richiamate dalla sentenza che si annota).
Sulla capacità processuale dell'Amministrazione convenuta, vedi Cass. 10 giugno 1956, n. 2103, id., 1956, I, 1402, con nota di Andrioli.
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