Sezione I civile; sentenza 14 marzo 1962, n. 526; Pres. Lonardo P., Est. Pece, P. M. Trotta (concl.conf.); Gran Magistero dell'Ordine Mauriziano (Avv. Comba, Ghia) c. Comune di Cardè (Avv.Carboni, Maiorca) e Proc. gen. Corte appello Roma; Finanze (Avv. dello Stato Bonvino) c.Comune di Cardè, Consorzio per la tutela della pesca nel Piemonte e nella Liguria, GranMagistero dell'Ordine Mauriziano e Proc. gen. Corte appell ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 639/640-645/646Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150404 .
Accessed: 28/06/2014 15:18
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.220.202.191 on Sat, 28 Jun 2014 15:18:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
639 PARTE PRIMA 640
i
cipato, anche ae nominato dal giudice per un determinato
atto (nella specie, per assistere la minore nel giudizio di
annullamento di matrimonio promosso dal marito), non puõ ehe avere gli stessi poteri ehe avrebbe il curatore, se non
sussistesse il conflitto di interessi, cioe solo il potere di
assistere il minore, non quello di rappresentarlo. Il riferimento poi, ehe il ricorrente fa agli art. 82, 83
e 86 cod. proc. civ., in relazione alia propria qualitä di
avvocato, non e influente : Part. 86, infatti, consente al
D'O. di costituirsi, quale proeuratore di se stesso in giu
dizio, ma non puõ certo consentirgli (avendo, come si e
detto, la norma attinenza alio ius postulandi, e non alia
capacity processuale di cui all'art. 75) di rappresentare un soggetto capace di agire in giudizio, anche se con l'assi
stenza del curatore.
In difetto del potere di rappresentanza legale, quindi,
giustamente la Corte di merito dichiarõ inammissibile
l'appello proposto dall'avv. D'O. in nome della minore
emancipata J. C., e, per lo stesso motivo, va disatteso il
primo motivo del ricorso, proposto anche esso dal D'O.
nella stessa quality di asserito rappresentante della C.
(Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione I civile ; sentenza 14 marzo 1962, n. 526 ; Pres.
Lonardo P., Est. Pece, P. M. Trotta (concl. conf.);
Gran Magistero dell'Ordine Mauriziano (Aw. Comba,
Ghia) c. Comune di Carde (Aw. Carboni, Maiorca) e Proc. gen. Corte appello Eoma ; Finanze (Aw. dello
Stato Bonvino) c. Comune di Oarde, Consorzio per la
tutola della pesca nel Piemonte e nella Liguria, Gran
Magistero dell'Ordine Mauriziano e Proc. gen. Corte
appello Roma ; Consorzio per la tutela della pesca nel
Piemonte e nella Liguria (Aw. Borda, Peyrondi) c. Comune di Cardfe, Finanze, Gran Magistero dell'Or
dine Mauriziano e Proc. gen. Corte appello Roma.
(Gonferma App. Boma, Sez. speciale usi civici, 30 maggio 1959)
Diritti promiseui ed usi civiei — Acque demaniali — Uso civieo di pesca — Ammissibilitä.
Diritti promiseui ed usi civici — Usi eivici di pesea — Controversie — Competenza del Commissario
per <)Ii usi eivici —- Sussistenza (L. 16 giugno 1927
n. 1766, riordinamento degli usi civici, art. 29, 43 ; r.
d. 26 febbraio 1928 n. 332, regolamento delle leggi sul
riordinamento degli usi civici, art. 10).
L'uso oivico di pesoa pud esercitarsi in acque demaniali. (1)
Non esorbita dai limiti, posti alla potestä regolamentare del
Ministro dalVart. 43 della legge n. 1766 del 1927, la norma
contenuta nelVart. 10 del r. decreto 26 febbraio 1928
n. 332, ehe devolve al Commissario la cognizione delle
questioni relative all'esistenza ed estensione degli usi
civici di pesca. (2)
II
Sezione II civile; sentenza 11 ottobre 1961, n. 2072 ;
Pres. Fibbi P., Est. Tamburrino, P. M. Caldarera
(concl. conf.) ; Spada Veralli Potenziani ed altri (Avv.
Cervati) c. Comune di Cantalice (Avv. Volpe) e
Finanze (Avv. dello Stato Bonvino).
(Cassa App. Roma, Sez. speciale usi civici, 31 luglio 1959)
Oiritti promiseui ed usi eivici Acque demaniali — Uso civico di pesca —- Ammissibilitii.
(1, 3) In senso conforme Cass. 27 aprile 1957, n. 1427, Foro
it., 1058, I, 1919.
(2) Suirinammissibilitä di questioni di eostituzionalitii a pro
Diritti promlseui ed usi civici — Procedimento
avanti il Commissario — Norme sull'ammissi
hilita delle prove — Applicability (Cod. proc. civ., art. 244 ; 1. 16 giugno 1927 n. 1766, art. 3 ; 1. 10 luglio 1930 n. 1078, definizione controversie in materia di
usi civici).
L'uso civico di pesca puö esercitarsi in acque demaniali. (3) Anche nel procedimento dinanzi al Commissario degli usi
civici non decade dalla prova per testi la parte die, nel
dedwrla, non indica le persone da interrogare e i fatti sui
quali ciascuna deve essere interrogata. (4)
I
La Corte, ecc. — Deve essere ordinata la riunione, sotto
il numero piu antico di ruolo, dei vari ricorsi, comeche
proposti tutti avverso la stessa sentenza della Corte d'appello di Roma, Sezione speciale per gli usi civici.
Raggruppando sistematicamente le varie censure dei
ricorsi sopra menzionati, si ricava che, con il primo mezzo
del ricorso del Gran Magistero dell'Ordine Mauriziano, e
con il primo e secondo mezzo, sia del ricorso dell'Ammini
strazione delle finanze, sia del Consorzio per la tutela della
pesca in Piemonte ed in Liguria, viene denunziato che :
a) inesattamente, e, comunque, con motivazione non. suf
ficiente, la sentenza impugnata ha negato la inconciliabilitä,
protestata dagli odierni ricorrenti, tra l'uso civico di pesca ed il carattere demaniale dei corsi di acqua nei quali tale
uso viene rivendicato dai cittadini di Carde; 6) inesatta
mente, e sempre con motivazione insufficiente, la Corte
d'appello di Roma (Sezione usi civici) ha negato ilprotestato sconfinamento del regolamento, approvato con r. decreto
26 febbraio 1928 n. 332, dai limiti fissati dall'art. 43 della
legge 16 giugno 1927 n. 1766, sul riordinamento degli usi civici.
Entrambe le censure sono infondate.
Innanzi tutto deve essere rilevato che la decisione
impugnata si e specificamente occupata, motivando, della
prima questione. In quanto, poi, alla congruitä ed esat
tezza della motivazione adottata, quest'ultima, essendo
attinente a questione di puro diritto. puõ essere integrata ed eventualmente corretta in questa sede, ai sensi deH'art.
384 cod. proc. civile.
Ciõ premesso, in quanto alla censura di cui alla lett. a), va richiamato che gia altre volte questa Corte suprema, con
pronunce meno recenti (Sez. unite 10 marzo 1924, in causa
Comune d'Ischitella-Distolfo ed altri, Foro it., Rep. 1924,
voce Diritti promiscui, nn. 9, 10 ; implicitamente con sent.
Sez. un. n. 1427 del 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 10, 11) e recentissima (sent. n. 2072 del 1961, id., Mass.,
536), ha costantemente affermato la compatibility dell'uso
civico con la natura demaniale del bene sul quale quello viene esercitato. E ci6 anche con riferimento specifico all'uso civico di pesca in acque demaniali.
posito dei regolamenti, vedi, in conformitä, Corte cost. 24 giugno 1901, n. 38, Foro it., 1961, I, 1048, con nota di richiami.
(4) Sul carattere ordinatorio dei primi due comma dell'art. 244 cod. proc. civ., v. Cass. 26 luglio 1960, n. 2149, Foro it., Rep. 1960, voce Prova testimoniale, n. 51. Si vedano perõ Cass. 30 dicembre
1959, n. 3589 e 26 novembre 1959, n. 3471 (id., Rep. 1959, voce
cit., nn. 36-38), che hanno qualificato « di carattere cogente »
la disposizione che prevede la specificazione dei fatti da accertare e delle persone da interrogare. Cosi anche Cass. 28 gennaio 1957, n. 298, id., Rep. 1957, voce cit., n. 45.
Sulle norme applicabili al procedimento dinanzi la Sezione
speciale della Corte d'appello, Cass. 27 ottobre 1961, n. 2422, id., Rep. 1961, voce Diritti promiscui, nn. 39-45; 1 luglio 1957, n. 2537, id., 1958, I, 659, con nota di richiami; sul termine per il ricorso in Cassazione, la sentenza n. 1427 del 1957, eitata supra ; sul Tilinist.ero del procuratore legalmente esercente, Cass. 17 ottobre 1961, n. 2178, id., 1961, I, 1634.
Cass. 21 giugno 1957, n. 2360, id., Rep. 1957, voce cit., n. 71, ha affermato che, pur dopo la «novella» processuale del 1950, la Corte d'appello di Roma, se ritiene necessarie nuove
indagini istruttorie, deve rimettere gli atti al Commissario.
This content downloaded from 91.220.202.191 on Sat, 28 Jun 2014 15:18:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
641 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 642
i A parte il rilievo, di carattere storico, circa la non con
trastata compatibility, negli Stati precedenti all'unifica zione nazionale, dell'uso civico di pesca con il carattere
pubblico delle acque nelle quali la pesca veniva esercitata, sta di fatto eke, attese le caratteristiche connaturali agli usi civici (inalienability imprescrittibility, insopprimibi litä se non, per quelli esercitati su terre, attraverso lo speciale procedimento di liquidazione previsto dalla
legislazione speciale in materia), la dedotta incompatibi lity avrebbe dovuto essere affermata, sotto il profilo for
male, con una specifica norma di legge, che invece manca. D'altra parte, in difetto di una norma del genere, non puo essere affermata, sotto il profilo sostanziale, una incompati bility intrinseca tra gli usi civici ed il carattere demaniale dei beni sui quali i primi sono destinati ad essere esercitati, postoche tale incompatibility non sussiste. Infatti, gli usi civici (nettamente diversi, come e risaputo, dai diritti ci vici esclusivi, di carattere privatistico, sui beni demaniali) tendono essi stessi al soddisfacimento di una finality di carattere pubblico, quale 6 quella di venire incontro alia necessity delle popolazioni che sono titolari del relativo diritto.
Nö vale obiettare che l'uso civico e qualificato dal cosid detto iws prohibendi, ossia dal diritto di precluderne l'eser cizio ai non appartenenti alle comunita titolari di esso uso.
Infatti, la utilizzazione dei beni demaniali va posta in relazione con quella che e la finalita pubblica di ciascuno di essi beni, a seconda della sua natura, tanto che l'art. 823 cod. civ. fa richiamo alia leggi speciali che regolano le varie
specie di beni demaniali.
Ora, e per quanto attiene alia pesca, quest'ultima, se e vero che viene esercitata nelle acque, restando condizionata alia esistenza delle acque stesse, tuttavia (come giy posto in evidenza dalla richiamata sentenza delle Sez. unite del 10 marzo 1924) non importa anche una utilizzazione e una
disposizione diretta delle predette acque, si da presentarsi incompatibile con il contemporaneo soddisfacimento della finalita pubblicistica, cui le acque pubbliche tendono in
conseguenza del loro carattere demaniale. Di ciõ e riprova il fatto che l'esercizio della pesca 6
sempre stato disciplinato, ed e tuttora disciplinato, in modo
autonomo, attraverso la predeterminazione legislativa di numerosi limiti di varia natura (di tempo, di luogo, di stru
menti), sicche, in definitiva, non contrasta con i principi in materia di regolamentazione della pesca la possibility che, in conseguenza dell'esercizio di un uso civico, lo ius piscandi risulti attribuito a determinate collettivity per il soddisfa cimento delle esigenze di nutrimento dei membri di esse collettivita.
La censura di cui alia lettera a) deve essere quindi disattesa.
Infondata si addimostra anche la censura di cui alia lettera b).
Va anzitutto ricordato che, per giurisprudenza e della Corte costituzionale (decisioni 17 aprile 1957, n. 54, e 18 marzo 1957, n. 47, Foro it., 1957, I, 1901 e 914) e di questa Corte di cassazione (Sez. un. n. 971 del 1959, id., Mass., 176 ; sent. n. 3699 del 1958, id., Rep. 1958, voce Legge, nn. 30-32 ; ordinanza n. 351 del 1957, id., 1957, I, 1728) e come riconosciuto del resto dagli stessi ricorrenti, il que sto sulla esorbitanza o meno di un regolamento, rispetto ai limiti della attribuzione regolamentare, non da origine ad una questione di legittimity costituzionale, ma resta di
competenza del giudice ordinario. Nella specie, viene denunziato che l'art. 10 del regola
mento, approvato con r. decreto 26 febbraio 1928 n. 332, 11 quale devolve al Commissario, a norma dell'art. 29 della
legge n. 1766 del 1927, la cognizione delle questioni relative alia esistenza ed alia estensione degli usi civici di pesca, avrebbe esorbitato dai limiti di cui all'art. 43 della menzio nata legge, che aveva autorizzato «il Ministro per la eco nomia nazionale a stabilire, con regolamento, da approvarsi con decreto reale, le norme che potranno ritenersi neces sarie per la esecuzione delle presenti disposizioni (della legge n. 1766 del 1927)».
£ esatto che, come rilevato dai ricorrenti, la sentenza
impugnata non si e diffusa a motivare la reiezione della
sõpra riassunta eccezione di illegittimitä. Tale particolare, perõ, non puõ importare la cassazione della sentenza stessa, in quanto, nella specie, il vizio di motivazione inerisce ad eccezione che, quale quella della assunta (dei ricorrenti) incompetenza per materia nel Commissario per gli usi civici in conseguenza della protestata illegittimitä dell'art. 10 del regolamento (che quella competenza prevede), avrebbe
potuto essere ayanzata per la prima volta anche in quest a
sede e in questa sede avrebbe anche potuto, se fondata, essere rilevata di ufficio.
Sta di fatto, perõ, che l'affermata illegittimitä, dell'art. 10 del r. decreto n. 332 del 1928 non sussiste.
L'eccezione dei ricorrenti parte dal presupposto che la legge n. 1766 del 1927 tratti esclusivamente degli usi civici da' esercitarsi sulle terre e prescinda dagli altri e, in i specie, da quelli di pesca.
In contrario, perõ, deve essere rilevato che la rubrica della legge attiene, genericamente, al « riordinamento degli usi civici» e che, se e vero che rubrica legis non est lex, tut tavia anche la indicazione legislativa della materia trattata assume valore sintomatico di chiarificazione della portata delle norme contenute nel contesto della legge. Ora la dizione dell'art. 1 della legge n. 1766 del 1927 non permette di ri tenere disciplinati i soli usi civici su terre, perche prevede due distinte operazioni, e cioe quella deH'accertamento degli usi civici in genere e quella della liquidazione degli usi civici sulle terre e di qualsiasi altro diritto promiscuo di
godimento delle terre stesse, spettanti agli abitanti dei co muni o di una frazione di comune. L'interpretazione restrit tiva affermata dai ricorrenti, oltre che contrastare con la dizione della legge, importerebbe l'assurda conseguenza di un disinteresse o, peggio, di una soppressione per implicito, da parte del legislatore, degli usi civici sulle acque e, in
ispecie, degli usi civici di pesca, che pure avevano formato
oggetto di trattazione dottrinale e giurisprudenziale e che,
soprattutto, avevano sempre trovato riscontro nel concreto esercizio fattone dai titolari. Ciõ e stato avvertito, del resto,
dagli stessi ricorrenti, i quali hanno avanzato l'ipotesi che i pregressi usi civici sulle acque possano essere stati
ricondotti, dal legislatore del 1927, nel novero di quellle mere consuetudini di cacciare, spigolare, previste dal l'art. 4 della legge. Tale conclusiolie perõ non puõ essere
accettata, data la netta differenza tra il concetto giuridico del diritto di uso civico, e quello delle mere consuetudini. che proprio l'art. 4 citato menziona per escludere, expressis verbis, che possano essere comprese tra gli usi civici e delle quali viene permessa, da esso art. 4, la sopravvivenza in modo precario e «finche non divengano incompatibili con la migliore destinazione data al fondo dai proprietari ».
La veritä si e che nulla autorizza a concludere che il le
gislatore del 1927 abbia inteso sopprimere o per implicito o
attraverso la soppressione totale o attraverso la trasfor mazione in mere consuetudini, un istituto importante come
quello degli usi civici di pesca. Yero e che, come sottolineato dai ricorrenti, in quasi
tutte le norme della legge del 1927 viene trattata esclusiva mente la liquidazione degli usi civici sulle terre, ma tale
particolare non h decisivo perchõ, come giä posto in evidenza dalla dottrina, le finalita della legge sono due e cice : a) l'accertamento degli usi civici esistenti; 6) la liquidazione, mediante 1'affrancazione dei soli usi civici gravanti la
proprietä privata, comechõ ritenuti dal legislatore parti colarmente gravosi per la predetta proprietä.
Posto, quindi, che, dopo la legge del 1927, e tuttora pos sibile l'esistenza giuridica degli usi civici di pesca e che la
liquidazione si riferisce esclusivamente agli usi (ivici aventi
per oggetto beni terrieri appartenenti ai privati; posto ciõ, il regolamento esecutivo, di cui al r. decreto n. 332 del
1928, statuendo che le questioni relative alia esistenza ed alia estensione degli usi civici di pesca sono devolute al
Commissario, a noima dell'ait. 29 della legge, non ha dettato nulla che possa ritenersi in contrasto con la pre detta legge, ma ha enunciato precetti di carattere inte
grative della legge stessa.
Ed e risaputo che, pur dopo la caducazione della legge
This content downloaded from 91.220.202.191 on Sat, 28 Jun 2014 15:18:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
643 PARTE PRIMA 644
I 31 gennaio 1926 n. 100, sulla facolty del potere esecutivo di emanare norme giuridiche, viene pacificamente ricono
sciuta, comeehe rispondente a necessity ed a principi giu ridici razionali, la possibility di norme regolamentari a
carattere integrativo rispetto alia legge, per la cui esecuzione il regolamento viene emanato.
In relazione al menzionato art. 10 del regolamento del
1928, va ulteriormente rilevato che, stante la distinzione, concettuale e giuridica, tra il diritto all'uso civico di pesca e il diritto esclusivo di pesca, conseguente, quest'ultimo, ad una concessione amministrativa, l'art. 10 ha attribuito al Commissario le controversie relative ai diritti di uso civico di pesca, mentre ha riservato ai Ministeri della economia nazionale (ora agricoltura) e delle comunicazioni (ora ma rina mercantile) e del Tribunale superiore delle acque la
competenza amministrativa circa l'uso esclusivo di pesca sulle acque del demanio fluviale. E poichõ, nella specie, era in discussione l'esistenza o meno del diritto all'uso civico di pesca, esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto la
competenza del Commissario per gli usi civici. Concludendo sul punto, per tutte le ragioni esposte,
deve essere disattesa, come si 6 detto, anche la censura di cui alla lett. 6). (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
II
La Corte, ecc. — Premesso che i due ricorsi, l'uno (quello del Potenziani e dei Fulio Bragoni) proposto in via prin cipale, l'altro (quello deH'Amministrazione demaniale dello
Stato) proposto in via incidentale, in parte autonomo ed in parte adesivo, vanno riuniti concernendo essi la medesima sentenza di merito, va notato come in realty oggetto della
presente controversia sia l'accertamento della sussistenza o meno di usi civici di pesca pretesi dal Comune di Cantalice a favore della propria popolazione su due distinti gruppi di laghi esistenti nel territorio del detto Comune, e precisa mente sui laghi Lagolungo e Capodacqua, appartenenti al demanio dello Stato, in quanto acque pubbliche, iscritti nei rispettivi elenchi, e dall'altra parte sul lago di Pogliano, ritenuto appartenente al demanio comunale.
Questi due gruppi di laghi, ai fini della presente contro
versia, devono essere tenuti nettamente distinti per faci litare l'esame dei-ricorsi e delle varie questioni in esso con tenute.
Invero, il ricorso incidentale dell'Amministrazione de
maniale, evidentemente, non puõ che riguardare i pretesi usi civici sui laghi pubblici, iscritti nell'elenco delle acque pubbliche. In esso, e precisamente con il primo motivo, 6 sol levata una questione di diritto di carattere preliminare e cioö l'assunta incompatibility tra usi civici e demanio pub hlico statale : sostiene infatti l'Ammiiristrazione ricorrente che la natura dell'uso civico, diritto di condominio che am mette e postula la possibility della liquidazione in natura, mal si concilia con il concetto di demaniality delle acque, demaniality che importa l'assoluta, completa, inalienabile ed insopprimibile appartenenza del bene (nella specie delle
acque) alio Stato. La tesi, benche abilmente prospettata, non puõ essere
accolta. La piena compatibility tra usi civici di pesca e natura
pubblica delle acque risulta dalla tradizione, dalla ratio dei due istituti e dalle disposizioni esplicite della legge.
In primo luogo b indubbio che il sorgere degli usi civici di pesca si riporta, come in genere il sorgere di tutti gli usi civici, ai bisogni primari ed indispensabili alle popo lazioni stanziate su un determinato territorio, che collet
tivamente, per il soddisfacimento di quei loro bisogni, sfrut tavano le risorse dei luoghi sui quali dimoravano.
Ora non si 6 mai discusso per il passato che gli usi di
pesca potessero esercitarsi su tutte le acque, sia private sia pubbliche, comprese in un determinato territorio : non si trova mai in niuno degli Stati preunitari e nelle rispet tive legislazioni un'affermazione simile, limitativa dei di ritti civici su acque pubbliche.
Siffatta abolizione avrebbe dovuto essere effettuata a
seguito dell'iscrizione dell'acqua neU'elenco delle acque
pubbliche, iscrizione prevista dalla nostra legislazione spe ciale. Ma manca una qualsiasi disposizione in proposito e
l'abolizione degli usi non potrebbe mai dirsi implicitamente contenuta nella dichiarazione di pubblicita dell'acqua, di
chiarazione, come 6 pacifico, non avente efficacia costitutiva, ma di semplice riconoscimento della natura pubblica preesi -
stente. E non potrebbe dirsi implicitamente contenuta nella
dichiarazione di pubblicita dell'acqua, sia perche contra
stante con la suddetta tradizione ebe sulle medesime acque
pubbliche non ammetteva l'uso civico di pesca, sia percbe contrastante con gli indistruttibili ed incontrovertibili re
quisiti propri e connaturali degli usi civici, vale a dire l'ina
lienabilitä, imprescrittibilitä ed insopprimibilitä, requisiti ebe ammettono solo la possibility di liquidazione nei limiti
consentiti dalla legge, seeondo le forme proprie da questa stabilite e normalmente dietro compenso.
D'altra parte la sussistenza degli usi civici non contrasta nemmeno con la destinazione all'uso pubblico dell'acqua, ma ö in armonia con essa, dacche ancbe il diritto civico im
porta, in definitiva, la destinazione dell'acqua ad una fi nality pubblica, quale l'uso delle popolazioni cui il diritto medesimo spett-a. Perciõ non puo non approvarsi la deci sione presa dalla Corte di cassazione romana in relazione alia legislazione esistente anteriormente all'entrata in
vigore delle leggi unitarie vigenti sull'abolizione degli usi
civici, seeondo cui «1'iscrizione di un corso d'acqua neU'elenco
delle acque pubblicbe non fa venir meno l'uso civico di
pesca » (sent. 10 marzo 1924, in causa Comune d'lschitella
Distolfo, Foro it., Eep. 1924, voce Diritti promiscvi, nn.
9, 10). E maggiormente essa deve seguirsi oggi, dopo che il
regolamento, approvato con r. decreto 26 febbraio 1928 n. 332, ha esplicitamente previsto all'art. 10 la possibility di esistenza dei diritti civici su acque pubblicbe : infatti il 2° comma dello stesso articolo ammette espressamente la
competenza del Commissario, ai sensi dell'art. 29 delle leggi fondamentali sugli usi civici, ancbe neU'ipotesi che si tratti
di acque pubbliche, soggette alia giurisdizione del Tribu nale delle acque.
In conclusione, vi e piena compatibility tra uso civico di
pesca e natura pubblica dell'acqua, sulla quale il primo si esercita. Ne a tale conclusione si oppone la possibility della
liquidazione dell'uso che attenterebbe all'esclusiva appar tenenza alio Stato del bene demaniale, in quanto non va dimenticato che, sempre a mente dell'art. 10 del regolamento citato (1° comma), gli usi civici di pesca mai dynno luogo a
liquidazione in natura o a divisione, ma importano solo l'esercizio della pesca in base a regolamenti appositi. Di
guisa che, come la concessione del diritto esclusivo di pesca a favore di un privato importa l'esercizio della pesca sulle
acque pubbliche, cosl dall'uso civico di pesca discende la medesima conseguenza, nel senso che, per finality eminente mente pubbliche e non meramente private, l'esercizio[della pesca spetta ai naturali del luogo. (Omissis)
II seeondo motivo del ricorso principale attiene all'am missione della prova testimoniale tendente a provare l'eser cizio dell'uso di pesca ai fini dell'art. 3 legge del 1927. Tale ammissione viene censurata sotto diversi angoli visuali.
In primo luogo da un punto di vista meramente pro cessuale, sostenendosi l'inammissibility della dedotta prova, per non essere stati indicati tempestivamente i nomi dei testimoni.
La tesi non pud essere seguita, non tanto per la ragione principale opposta dal resistente Comune di Cantalice, se eondo cui le disposizioni processuali in tema di prova testi moniale non si applicherebbero al procedimento relativo all'accertamento degli usi civici, dominato dal potere del l'officialita da parte del Commissario, eccezione che ripro pone la questione deH'applicability o meno delle norme del codice di rito vigente al procedimento commissariale in sede giurisprudenziale.
II principio fondamentale in materia e certamente
quello che prevalgono innanzi tutto le norme speciali con tenute nella legge del 1927 e nel relativo regolamento, nonche quelle, relative speeialmente all'appello, contenute nella legge n. 1078 del 1930, in quanto inspirate alia spe
This content downloaded from 91.220.202.191 on Sat, 28 Jun 2014 15:18:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
645 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 646
I ciale natura del procedimento in esame ed ai poteri del
Commissario ; in secondo luogo, in maneanza di disposi zioni speoiali si applicano quelle ordinarie del codiee di rito, e quelle del codiee vigente, ehe non siano incompatibili con la suddetta natura e con i suddetti poteri. E certamente
non vi contrastano le disposizioni sull'ammissione e sul
l'espletamento di prova testimoniale, quando essa sia
chiesta, come nella specie, avanti il Commissario dalla parte che lia l'onere di provare la sua domanda. Piuttosto la
tesi dei ricorrenti non merita accoglimento, proprio perclie contrastante con i principi ammessi in tema di deduzione
ed indicazione di prova testimoniale.
La giurisprudenza piu recente, infatti (vedi da ultimo, la
sentenza 26 luglio 1960, n. 2149, Foro it., Eep. 1960, voce
Prova testimoniale, n. 51), ha ritenuto che le disposizioni di
cui al 1° e 2° comma dell'art. 244 cod. proc. civ., secondo
cui la prova per testimoni deve essere dedotta mediante
indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti
sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata, hanno
carattere ordinatorio processuale e quindi non comportano, in caso di inosservanza, decadenza o nullita : tanto piü
che, ai sensi dell'ultimo capoverso dello stesso articolo, il
giudice istruttore puõ assegnare, fino all'inizio dell'esple
tamento, un termine per integrare le indicazioni di cui
sopra. Ora, a maggior ragione, il principio suddetto va ap
plicato nella specie, in cui, chiesta la prova avanti il Com
missario, in primo ed in secondo grado si discusse esclusi
vamente della sua ammissibilitä in linea di diritto e quindi mai si parlõ delle indicazioni di cui all'art. 244.
Una volta ritenuta ammissibile la prova del giudice di
appello, che, per le norme rituali apposite del procedimento in materia di usi civici, non puõ trattenere la causa e deci
dere nel merito, ma deve rimettere per le indagini istruttorie
e le ulteriori decisioni al Commissario, questi assume i
poteri dell'istruttore, ormai investito dell'assunzione della
prova ritenuta ammissibile, ed esso Commissario applicherä, la norma dell'art. 244 cod. proc. civile. (Omissis)
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 14 marzo 1962, n. 519 ; Pres.
Lonardo P., Est. Azara, P. M. Maccarone (concl.
conf.); Palmieri (Aw. Manfredonia, Brocchi) c. Pall. Palmieri (Ayy. Guerra, Vistoli), Bucci, Cassa
risp. Rimini.
(Oassa App. Bologna 16 febbraio 1960)
Fallimento — Artigiano — Non assoggcttabilita —
Fattispecie (R. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 1; 1. 25 luglio 1956 n. 860, disciplina giuridica delle imprese artigiane, art. 1).
L'artigiano, ohe non esplichi anche attivitä d'imprenditore commerciale, non e assoggettabile a fallimento, anche se
(in difetto di accertamento dell'imposta di r. m.) risulti aver investito nella sua attivitä un capitale superiore alle novecentomila lire. (1)
(1) La sentenza cassata, App. Bologna 16 febbraio 1960
(annotata dal Ricciotti, Nessuna novitä sul fallimento dell'arti
giano, in Dir. fall., 1960, II, 900 ; dal Minniti, L'assoggettamento dell'artigiano al fallimento ed alle altre -procedure coneorsuali, in Democrazia e diritto, 1960, 119), e pubblicata in Foro it., 1960, I, 827, con nota di richiami, cui adde, in senso contrario a quello della sentenza riportata: Trib. Sassari 19 novembre 1957, id., Rep. 1960, voce Fallimento, n. 168.
In argomento, v. Santini, II piccolo imprenditore commerciale e la sua concreta identificazione, in Biv. dir. civ., 1962, I, 21, n. 11 ; Dalmarteixo, Artigianato, in Enciclopedia del diritto ; Giannini
A., Artigiani ed impresa artigiana, in Riv. dir. civ., 1960, I, 189, e Ancora sul fallimento delle imprese artigiane, in Dir. fall., I960,
La Corte, ecc. — II ricorrente, denunziando violazione 0 falsa applicazione degli art. 2083 e 2221 cod. civ., in relazione all'art. 1 legge fall. (r. decreto 16 marzo 1942 n. 267), nonche difetto di motivazione, assume, sostan
zialmente, clie gli artigiani, costituendo una particolare
categoria di piccoli imprenditori, sono, come tali, esclusi dalla prooedura conoorsuale, alia quale sono invece soggetti soltanto i commercianti.
I ricorso e fondato.
Ya, anzitutto, precisato clie l'odontotecnico, come
tale, rientra nella categoria degli artigiani, in quanto
egli presta personalmente un servizio attraverso la organiz zazione di una attivitä lavorativa di carattere professionale, assumendo in proprio tutti gli oneri e i rischi inerenti alia
direzione e gestione dell'impresa. Per aversi infatti attivita artigiana, ai sensi e per gli ef
fetti della legge 25 luglio 1956 n. 860, contenente le norme
per la disciplina giuridica delle imprese artigiane, occorre
che la impresa corrisponda ai seguenti requisiti fondamen
tali: a) che abbia per scopo la produzione di beni o la presta zione di servizi di natura artistica o usuali; b) che sia or
ganizzata ed operi con il lavoro professionale, anche ma
nuale, del suo titolare e, eventualmente, con quello dei
suoi familiari; e) che, il titolare abbia la piena responsabilita dell'azienda e assuma tutti gli oneri e i rischi inerenti
alia sua direzione e gestione. Siffatta attivita si differenzia da quella commerciale,
poichö, nell'esercizio di quest'ultima, l'imprenditore svolge, a scopo di lucro, opera intermediaria diretta a produrre la
circolazione dei beni, servendosi all'uopo di mezzi idonei
a sua disposizione. A questo proposito, giova ricordare che il concetto
di professional^ nell'esercizio di attivita commerciale
non implica quello di esclusivita di detto esercizio, onde,
per aversi la quality di imprenditore commerciale, non si
richiede la esclusivitä, ne la preminenza dell'attivita di
scambio rispetto ad altra attivita contemporaneamente esercitata.
Ciõ posto, la Corte osserva che l'art. 1 legge fall, assog
getta alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preven tive e sull'amministrazione controllata gli imprenditori che
esercitano una attivita commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori. Agli effetti di tali disposizioni nel capov. del medesimo art. 1 sono considerati piccoli
imprenditori gli esercenti di una attivitä commerciale, che siano stati riconosciuti, in sede di accertamento della
imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore
minimo imponibile o in mancanza di un accertamento
del genere, che abbiano investito nella propria azienda
un capitale superiore alle lire novecentomila.
L'esercizio di una attivita commerciale & dunque il
necessario requisite, previsto dalla ora indicata norma di
legge, per far luogo all'assoggettamento dell'imprenditore alia procedura concorsuale. Nel caso particolare, la impu
gnata sentenza, nel confermare la dichiarazione di fal
limento del Palmieri, 6 partita dal presupposto che l'arti
giano sia un imprenditore soggetto, come tale, alia pro cedura del fallimento, qualora, in difetto di accertamento ai fini della imposta di ricchezza mobile, risulti avere in
vestito un capitale superiore alle novecentomila lire.
A siffatto convincimento i Giudici di secondo grado sono pervenuti ponendo l'art. 1 legge fall, in correlazione con
gli art. 2083 e 2221 cod. civ. (concernenti rispettivamente la nozione di piccolo imprenditore e il fallimento dell'im
prenditore) e con la giä eitata legge n. 860 del 1956.
Senonchö la soluzione adottata dai Giudici di merito
non puõ essere condivisa, proprio in considerazione della
I, 320 ; Ghidini, Artigiano e piccolo imprenditore, ibid., 269.
Per la qualificazione di impresa artigiana, v. altresx Trib. Roma 9 maggio 1960, Foro it., Rep. 1960, voce cit., n. 161 ; Cass. 7 ottobre 1961, n. 2051, id., Rep. 1961, voce Artigiano, nn. 7, 8 ; 11 ottobre 1961, n. 2079, ibid., n. 10 ; 28 marzo 1960, n. 648, id., 1961, I, 497, con nota di Dalla Vedova, Sulla no
zione di artigiano ; Aiello, Appunti in tema di artigianato, ibid.,
IV, 257.
This content downloaded from 91.220.202.191 on Sat, 28 Jun 2014 15:18:11 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions