sezione I civile; sentenza 15 aprile 1985, n. 2486; Pres. Santosuosso, Est. Zappulli, P. M. Benanti(concl. conf.); Soc. I.l.s.s.a. Viola (Avv. Alfieri, Ottolenghi). c. Soc. Cane Profilati (Avv. Califano,Viparelli). Cassa Trib Verbania 25 febbraio 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 2263/2264-2265/2266Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177990 .
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2263 PARTE PRIMA 2264
anzianità maturate); 2) l'ammissione dei lavoratori al trattamento
di ci.g. nonostante il licenziamento e sulla base del trattamento
economico in precedenza goduto; 3) la promozione di' nuove
assunzioni presso le imprese subentranti. Contenimento del costo
del lavoro, garanzia per i lavoratori di un adeguato ininterrotto
trattamento economico e ripresa dell'effettiva stabile occupazione essendo dunque gli scopi del provvedimento in esame, si osserva
come fa costituzione di rapporti1 di lavoro, senza le relative
prestazioni presso la società di gestione (nella fattispecie, la I.p.o.) abbia svolto, non soltanto una funzione di « cerniera » fra i
rapporti già 'esistenti con le precedenti imprese e quelli istituendi con le imprese subentranti, ma abbia adempiuto altresì fa funzio ne di mantenimento della compagine unitaria del personale di
ciascuna azienda in liquidazione favorendone perciò il reimpiego nelle stesse precedenti! posizioni.
L'avvenuto frazionamento dei rapporti di' lavoro — che rappre senta uno dei sacrifici ricadenti sui lavoratori, in vista però di
favoritine il reimpiego — impone pertanto un'interpretazione ne cessariamente .restrittiva della disposizione concernente l'assunzione dei lavoratori medesimi da parte delle società costituite dalla
G.e.pi. « alle .stesse condizioni fruite al momento del licenziamen to » (4° comma del di. n. 9 del 1976), espressione che dev'essere invero — secondo i criteri interpretativi in precedenza richiamati — inquadrata nella specifica finalità di consentire anzitutto a favore del personale l'intervento della ci.g. nonostante il suo licenziamento dalle imprese poste in liquidazione o cessate dal
l'attività, intervento che non avrebbe potuto non essere necessaria
mente commisurato al precedente parametro retributivo (per la
corresponsione dell'80 % di esso: art. 2 1. n. 164/75; art. 1, 4°
comma, 1. 8 agosto 1972 n. 464). Dati peraltro i (Imitati compiti di tali società e fa loro
estraneità ai precedenti rapporti di lavoro e alla relativa discipli na, non si vede come e perché dovessero far carico alle stesse le
obbligazioni scaturenti da una contrattazione collettiva stipulata dai rappresentanti di altre categorie datoriali in relazione al
concreto espletamento di specifiche prestazioni e in quella recipro cità di diritti e obblighi costituente un insieme organico fa cui
determinazione era stata pattuita in riferimento alla effettiva .realtà
delle situazioni lavorative e produttive (art. 2070 e 2071 c.c.).
L'espressione « stesse condizioni » dev'essere pertanto intesa, ai
fini di che trattasi, nel limitato senso di' « stesso trattamento
retributivo globale » con fa necessaria conseguenza, data l'ammis
sione alla c.i.g., della sua corresponsione nella sola misura
dell'80 %, non esistendo invero a carico di qualsivoglia .datore di
lavoro, a meno che non siano operativi specifici patti contrattuali
per lui vincolanti, l'obbligo di pagamento della differenza (cfr. le
sentenze Cass. 25 febbraio 1984, n. 1353 e 23 maggio 1984, n.
3153, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), nn. 1683, 1652).
La circostanza, inoltre, ohe la G.e.pi. fosse stata dotata della
somma di lire 10 miliardi per gli scopi di cui al decreto-legge in
esame (art. 1, 1° comma) non può costituire pertinente argomento in .contrario, trattandosi invero di tuia .previsione fatta in ordine
alfa possibile costituzione di più società di gestione per l'anticipa
zione del trattamento d'iintegraziòne salariale nei riguardi dei
dipendenti di imprese .anche di rilevainti dimensioni, con la
necessità peraltro di affrontare le spese relative a tale loro
costituzione, al pagamento del personale necessario e agli altri
costi occorrenti dovendosi peraltro considerare che a dette società
era affidato l'ulteriore compito di promuovere concretamente le
iniziative imprenditoriali per il reimpiego presso terzi dei lavora
tori licenziati dalle imprese poste in liquidazione o cessate (art. 1,
2° comma), il che ovviamente non poteva non comportare oneri
finanziari anche notevoli.
Quanto poi alla disposizione aggiunta dalla legge di conversione
al 4° .comma .dell'art. 1 di. circa l'ammissione ai trattamento di
ci.g. anche dei dirigenti con l'applicazione però del limite di cui
all'art. 15 1. 20 maggio 1975 n. 164 — e cioè quelle di lire
300.000 (mensili), secondo le modificazióni apportate dall'art. 1,
4° comma, 1. n. 464/72 sull'estensione del trattamento agli
impiegati — si osserva che il suddetto importo, certamente non
elevato anche rispetto ai livelli retributivi dell'epoca, si spiega sulla base di un necessario criterio di economicità .di per sé
tollerabile — in relazione a un ridotto periodo di tempo (come già
detto, fino al 30 settembre 1976 ) — da parte di una categoria
che, anche .per la maggiore professionalità ha normalmente miglio ri occasioni di ottenere un nuovo impiego e comunque presumi bilmente dispone in una situazione economica che, in determinate
circostanze, rende ragione, in sede di disciplina « dell'emergenza »,
di un intervento garantistico più attenuato (cfr. Ite citate sentenze
delle sezioni unite n. 5233, 5234 e 5235 del 1984 a proposito della ritenuta esclusione dei dirigenti dalla previsione del diretto
Il Foro Italiano — 1985.
obbligo di riassunzione da parte delle imprese di assicurazione
cessionarie del « portafoglio » e del personale già dipendente da
quelle poste in liquidazione coatta amministrativa, a norma dell'art.
5 di. 26 settembre 1978 ti. 576). Circa poi la previsione del trattamento di integrazione salariale
anche a favore dei lavoratori che avevano impugnato i loro
licenziamenti (e ciò in base al comma aggiunto in sede di
conversione in legge dopo 1 4° comma dell'art. 1 di. n. 9/76), essa trae ragione dalla sostanziale identità della situazione di tali
lavoratori rispetto agli altri dipendenti, dato invero che i licen
ziamenti loro inématì erano in ogni caso immediatamente efficaci
e ciò fino all'eventuale diversa decisione del giudice adito.
Non si può perciò trarre dagli argomenti esposti dal ricorrente
aìlcuin elemento di idonea confutazione della tesi interpretativa
seguita dal Tribunale di Milano.
III. - Dall'esattezza di tale interpretazione deriva quindi che
non possano essere condivise neppure le considerazioni svolte dal
ricorrente nel secondo motitvo, avendo invero il giudice d'appello riconosciuto nel rapporto di lavoro instauratosi fra il ricorrente
medesimo e la soc. I.p.o. un contenuto pienamente conforme al
dettato legislativo. Una volta poi esclusa l'applicabilità alle parti del contatto
collettivo per gli addetti all'industria metalmeccanica privata, vano si rivela ogni argomento basato sulla portata da attribuire alle
relative clausole e sull'interpretazione adottata al riguardò dalle
parti sociali, laddove l'avvenuta considerazione nel rapporto con la
I.p.o. dei vari elementi retributivi previsti da tale disciplina si
spiega appunto con il riferimento fatto dal 4° comma dell'art. 1 di. n. 9/76 al trattamento economico (globale) fruito dal persona le nel precedente rapporto su cui andava calcolata la quota dell'80 %, in tal senso dovendosi intendere, per quanto detto,
l'espressione « stesse condizioni fruite ». (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 15 aprile 1985, n. 2486; Pres. Santosuosso, Est. Zappulli, P. M. Be nanti (conci, conf.); Soc. I.l.s.s.a. Viola (Avv. Alfieri, Ot
tolenghi). c. Soc. Cane Profilati (Avv. Califano, Viparelli). Cassa Trib Verbania 25 febbraio 1982.
Amministrazione controllata — Durata — Decreto di proroga —
Illegittimità (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli
mento, art. 187; I. 24 luglio 1978 n. 391, modifica dell'art. 187 1. fall, relativo alla domanda di amministrazione controllata, art. 1).
Il decreto di proroga dell'amministrazione controllata, contro il
quale è ammesso ricorso per cassazione, deve considerarsi
illegittimo, anche se con il prolungamento della procedura non
venga superato il termine di durata massima di due anni. (1)
(1) Sull'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto di ammissione alla procedura di amministrazione controllata, cfr. Cass. 28 marzo 1983, n. 2215, Foro it., Rep. 1983, voce Amministrazione controllata, n. 33; 20 dicembre 1982, n. 7050, id., Rep. 1982, voce cit., n. 23; 17 dicembre 1981, n. 6677, ibid., n. 24, riportata per esteso in Giur. comm., 1982, II, 606, con nota di Cavazzuti. In particolare, sulla specifica questione della ricorribilità del provvedimento di proro ga della procedura, v. Cass. 23 aprile 1980, n. 2651, Foro it., 1981, I, 2816, con ulteriori riferimenti, secondo cui il termine per ricorrere decorre dalla data dell'affissione e, in difetto di questa, è applicabile il termine annuale ex art. 327 c.p.c. dalla data del deposito in cancelleria (per l'inapplicabilità del termine annuale di decadenza, cfr., però, Cass. 18 gennaio 1980, n. 429, id., Rep. 1980, voce cit., n. 21).
La sentenza riportata ribadisce l'orientamento più volte espresso dalla Cassazione prima dell'entrata in vigore della 1. 24 luglio 1978 n. 391, il cui art. 1 ha portato da uno a due anni la durata massima della
procedura, stabilendo che alla scadenza del termine originariamente fissato, anche se inferiore al biennio, il tribunale non ha altre
possibilità che quelle, indicate nell'art. 193 1. fall., di dichiarare il fallimento o di esaminare la domanda di concordato preventivo eventualmente presentata dal debitore. Sulla non prorogabilità della
procedura v. Cass. 19 giugno 1975, n. 2466, id., Rep. 1975, voce cit., n. 3; 26 aprile 1974, n. 1197, id., Rep. 1974, voce cit., n. 29; 28 maggio 1973, n. 1577, id., 1973, I, 1749. La giurisprudenza di merito, formatasi successivamente all'entrata in vigore della 1. n. 391/78, sembra, invece, decisamente a favore della tesi della prorogabilità del
termine, nell'ambito dei limiti di durata massima: v. Trib. Milano 18 novembre 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 40; Trib. Savona 4 luglio 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 17; Trib. Perugia 2 aprile 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 26; Trib. Torino 27 febbraio 1980, ibid., nn.
25, 28; Trib. Napoli 6 giugno 1979, ibid., nn. 27, 29 (da segnalare
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — La ricoprente società Ii.s.s.a. Viola
ha censurato il decreto impugnato con unico motivo, per violazio
ine degli aut. 187 e 193 1. fall., sotto un duplice profilo, e cioè, in
primo luogo, per aviere il tribunale concesso, coti quel provvedi
mento, la proroga dell'amminisitraaione controllata della s.p.a. Came Profilati sebbene essa non potesse essere disposta, neanche
per il iperiodo residuo entro il termine massimo di due anni
previsto dal citato art. 187 come modificato dall'art. 1 1. 24 luglio 1978 n. 391; dm secondo luogo per avere il tribunale disposto
quella proroga senza convocare nuovamente l'adunanza dei credi
tori per l'espressione del voto sulla stessa.
Il ricorso è ammissibile, come costantemente affermato da
questa corte regolatrice, per il carattere decisorio del provvedi mento di proroga e per Ila sua incidenza su diritti soggettivi
(Cass. 28 marzo 1983, n. 2215, Foro it., Rep. 1983, voce
Amministrazione controllata, n. 33; 19 giugno 1975, n. 2466, id.,
Rep. 1975, voce oit., imi. 3-4; 28 maggio 1973, n. 1577, id., 1973,
I, 1749; 28 ottobre 1971, n. 3044, id., 1971, I, 2728). Esso è, inoltre, fondato, in quanto, come ripetutamente afferma
to da questa Suprema corte, l'imprenditore può usufruire del
beneficio dell'ammiimistraaione controllata per una volta e il
termine concesso, con di relativo decreto, non è suscettibile di
proroga, non solo nel caso che sia stata già prevista la durata
massima di un anno (aumentata per la 1. n. 391/78 a due anni), ma anche nel caso in cui sia stata prevista inizialmente una
durata inferiore, perché in entrambe le ipotesi si verificherebbe
una non consentita rinnovazione dell'ammissione al beneficio (Cass. 19 giugno 1975, n. 2468, cit.; 26 aprile 1974, n. 1197, id., Rep.
1974, voce cit., ni. 29). Al riguardo, è stato posto in rilievo che nel sistema della legge
la detta amministrazione ha i caratteri della provvisorietà e della
temporaneità; con i quali la possibilità della proroga risulta
essenzialmente incompatibile. Ma, soprattutto a prescindere dalla
sussistenza o meno di quella incompatibilità, è stato affermato
esattamente che la proroga, implicando una valutazione ex novo
da parte del tribunale e dell'adunanza dei creditori (il che
concerne anche la seconda censura proposta nella specie) della
situazione esistente allo spirare del termine originariamente stabili
to, si risolverebbe itti urna seconda e nuova ammissione al
beneficio. Ma ciò non è previsto dalla normativa, posto che dal
perdurare, alla scadenza di quel termine, dell'impossibilità del
rimprediitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, discende per legge soltanto la dichiarazione di fallimento o la
possibilità, in caso di relativa istanza (nell'esistenza dei presuppo sti di legge, di un concordato preventivo.
Se sul piano letterale è stato considerato che il periodo del
l'amministrazione controllata è indicata al singolare nell'art. 187 1.
fall., sul piano sostanziale è stato correlativamente osservato che
l'esclusione di qualsiasi proroga discende dalla mancata previsione di essa tra le ipotesi tassativamente previste dal successivo art. 193. La scadenza del termine concesso nel provvedimento origina rio in assenza del previsto risanamento importa il mancato verificarsi della condizione posta dalla legge per l'unica e unitaria concezione di quel beneficio, già sottoposta con quei limiti di1
tempo all'esame dei creditori.
Conseguentemente, l'avere il giudice di merito esercitato un
potere di proroga non attribuitogli dalla legge importa, indipenden temente dalla questione sulle modalità e sul contenuto del suo decreto in relazione alila mancata convocazione dei1 creditori, la cassazione senza rinvio del provvedimento impugnato. (Omissis)
che quasi tutte le sentenze testé citate richiedono che la proroga debba essere sottoposta a nuova deliberazione dell'adunanza dei creditori).
iPer esaurienti indicazioni sulle posizioni della dottrina cons, la nota di D. Tedeschi a Cass. n. 2651/80, id., 1981, I, 2817, nonché Di Gravio, L'amministrazione controllata, Padova, 1982, 98 ss.; Locatel i,i, Amministrazione controllata, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1980, I, 297; Di Fusco, Finalità sociale della proroga del termine di durata dell'amministrazione controllata, in Foro nap., 1979, III, 261.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 29 marzo
1985, n. 2209; Pres. Gabrieli, Est. Iannotta, P. M. Benanti
(conci, conf.); Soc. La Malaghia (Avv. Marone, Vegetti) c. Soc.
clinica villa Aegla (Avv. Focaccia). Conferma Trib. Milano 28 aprile 1983.
Sfratto (procedimento per la convalida) — Ordinanza di conva lida — Natura di sentenza — Appellabilità — Fattispecie (Cod.
proc. civ., art. 323, 663).
Il Foro Italiano — 1985.
Locazione — Immobili adibiti ad uso non abitativo — Con
tratti non soggetti a proroga — Proroga legale — Esclusione
(L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immo
bili urbani, art. 67, 71; d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti, art.
15 bis; 1. 25 marzo 1982 n. 94, conversione in legge, con modi
ficazioni, del d.l. 23 gennaio 1982 n. 9, art. unico).
Il provvedimento di convalida di sfratto, emesso fuori dei casi
previsti per legge, pur se adottato nelle forme dell'ordinanza, ha
natura sostanziale di sentenza e, pertanto, è impugnabile me
diante appello (nella specie, la Cassazione ha ritenuto abnorme
l'ordinanza con cui il pretore ha convalidato lo sfratto intimato,
rigettando, sia pure implicitamente, la domanda principale pro
posta dal locators). (1)
(1) La decisione costituisce puntuale applicazione del costante orien tamento della Cassazione (cfr. sent. 23 gennaio 1985, n. 295, Fo ro it., Mass., 70; 17 dicembre 1984, n. 6604, id., Rep. 1984, voce Sfratto, n. 27; 24 ottobre 1983, n. 6267 e 24 marzo 1983, n. 2082, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 23, 21; conf. in dottrina, per tutti, Andrio li, Commento, IV3, 135; S. Satta, Commentario, II, 2, 103 e IV, 1, 130; Garbagnati, / procedimenti di ingiunzione e per convalida di sfrat to 5, 332 ss.), secondo cui l'ordinanza di convalida di sfratto, se svincola ta dai presupposti che la legittimano, assume la natura sostanziale di sen tenza e, come tale, è impugnabile mediante appello.
Nihil sub sole novi, saremmo tentati di affermare; senonché, se non ci si ferma all'esame, spesso ingannevole, della massima, ci si accorgerà che le sorprese non mancano. Infatti se l'enunciazione del principio testé in dicato non presenta difficoltà insormontabili, non altrettanto agevole si rivela l'individuazione delle fattispecie concrete ad esso riconducibili. La sentenza in epigrafe ne è conferma.
Nella specie l'intimante, proponendo l'azione speciale di convalida, sul presupposto che si fosse in presenza di contratto non abitativo non
soggetto a proroga (art. 71 1. 392/78), indicava in via principale una certa data di scadenza del rapporto, alternativamente (e chiaramente in via subordinata), ove si fosse ritenuto il contratto soggetto a proroga, indicava un'ulteriore data di scadenza, successiva dia prima, che teneva conto della proroga prevista dall'art. 15 bis 1. 94/82.
Non comparso il conduttore, il pretore, ritenuto il rapporto soggetto a proroga, convalidava la licenza per la data di scadenza più lunga.
Proposto appello dall'intimante, il giudice di seconda istanza, in
accoglimento del gravame, dichiarava finita la locazione alla prima delle due date indicate dal locatore (ovviamente, ritenendo il contratto non soggetto a proroga).
A seguito di ricorso presentato dal conduttore, il quale si doleva dell'affermata appellabilità dell'ordinanza di convalida, la Cassazione, nel confermare la decisione del giudice di seconda istanza, ha enunciato il principio riassunto in massima, desumendo l'abnormità dell'ordinanza (e, quindi, l'assimilabilità della stessa ad una sentenza) dal fatto che la medesima sarebbe stata emanata nel termine di un « accertamento di merito chiaramente esorbitante dal procedimento privilegiato di intimazione di licenza e da quella verifica delle ordinarie condizioni della convalida rimessa al relativo giudice ».
Da tali rilievi traspare evidente una visione estremamente riduttiva dei poteri del giudice della convalida, il quale, ai fini della pronuncia dell'ordinanza ex art. 663 c.p.c., deve limitarsi ad accertare la contumacia e la non opposizione dell'intimato. Ma di tale impostazione da tempo ormai ha fatto giustizia la migliore dottrina (v., per tutti, Garbagnati, op. cit., 318), la quale ritiene che la non opposizione (alla quale è equiparata la mancate comparizione del conduttore) vincola il giudice a/ ritenere ammessi i fatti dedotti dall'attore, ma non esclude l'operatività del principio iura novit curia, per cui il giudice potrà sempre rifiutare di emanare il provvedimento di convalida, quando la domanda del locatore appaia giuridicamente infondata. In quest'ottica, dovrà convenirsene, ogni ordinanza di convalida contiene un accerta mento di merito, sicché non è la presenza di quest'ultimo elemento che consente di considerare il provvedimento abnorme e, come tale, appellabile. Tuttalpiù, a voler aderire alla tesi prevalente in dottrina (cfr. soprattutto Garbagnati, op. cit., 330 s.; conf. Mandrioli, Sul l'impugnazione dell'ordinanza di convalida di licenza e sfratto, in Riv. dir. proc., 1968, 62, il quale, peraltro, estende la possibilità del ricorso per cassazione ex art. Ill Cost, anche alle ipotesi di errores in procedendo. Sull'argomento v., anche, ma con riferimento all'ordinanza definitiva di rilascio emessa ex art. 30, 4° comma, 1. 392/78, G.
Costantino, Controversie in materia di locazione, voce del Novissimo digesto, appendice, 1979, II, 43 ss. dell'estratto), ma ripudiata costan temente dalla Cassazione (sent. 25 agosto 1984, n. 4699, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 29; ord. 17 dicembre 1983, n. 992, id., Rep. 1983, voce cit., n. 20; 9 febbraio 1982, n. 769, id., Rep. 1982, voce cit., n. 14), se il giudice nell'ambito di tale accertamento incorra in un error in iudicando, l'ordinanza di convalida sarà ricorribile in Cassazione ex art. 111 Cost.
Gli è che la soluzione del nostro problema, come d'altronde la stessa corte regolatrice non ha mancato di rilevare, discende da altre considerazioni. Nella specie, non va dimenticato che il pretore aveva sf convalidato la licenza, ma disattendendo, sia pure implicitamente, ma inequivocabilmente, la domanda principale del locatore. Sotto questo profilo appare in tutta evidenza l'abnormità dell'ordinanza di convali
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