sezione I civile; sentenza 15 aprile 1998, n. 4095; Pres. Corda, Est. Marziale, P.M. Bonajuto(concl. conf.); Fall. soc. Fintur (Avv. Mansi) c. Fall. soc. Ital Discount Leasing (Avv. Flauti,Magnocavallo). Conferma App. Trieste 4 marzo 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1819/1820-1823/1824Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192638 .
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1819 PARTE PRIMA 1820
va senza soluzione di continuità e senza perdere la sua identità
soggettiva; con la conseguenza che tutto il patrimonio (mobile ed immobile) della società trasformata deve essere considerato, automaticamente e senza possibilità di eccezione alcuna, di pro
prietà della medesima società, pur nella sua nuova veste e deno
minazione. Da ciò consegue, tra l'altro, che, in caso di trasfor
mazione societaria, non si può parlare di trasferimento del pa trimonio dall'una all'altra società.
B) In secondo luogo, è la stessa formulazione dell'art. 21 d.p.r. n. 635 del 1972 (come sostituito dall'art. 7 d.l. n. 216 del 1978,
conv., con modificazioni, nella 1. n. 388 del 1978, applicabile nella specie ratione temporis) — concernente presupposto e mi
sura del tributo, come recita(va) la rubrica — ad implicare che
la determinazione dell'imposta catastale in misura proporziona le (anziché in quella fissa) presuppone un trasferimento patri moniale da un soggetto ad un altro: infatti — posto che il 1°
comma dispone(va) che l'esecuzione delle volture catastali è sog
getta all'imposta del 4 per mille sul valore dei beni immobili, rustici ed urbani, accertato agli effetti delle imposte di registro e di successione o determinato a norma del precedente art. 3
(imponibile per la trascrizione ipotecaria); e che l'art. 4, lett.
d), della tariffa ali. A al d.p.r. n. 634 del 1972 (disciplina del
l'imposta di registro, applicabile alla specie ratione temporis)
assoggetta gli atti di trasfomazione societaria ad imposta di re
gistro in misura fissa (presupponendo, quindi, l'inesistenza di
un trasferimento patrimoniale) — è evidente che, essendo im
possibile, secondo l'espresso disposto della legge, individuare,
per gli atti di trasformazione societaria, l'imponibile per la de
terminazione dell'imposta catastale nella misura proporzionale,
questa non può essere dovuta che in misura fissa.
C) In terzo luogo, se l'atto di trasformazione societaria non
implica, per definizione, un trasferimento patrimoniale da un
soggetto ad un altro — come è dimostrato, anche sul piano
tributario, si ribadisce, dall'assoggettamento dell'atto stesso ad
imposta di registro in misura fissa — non si scorge quale sia
la manifestazione indiretta di capacità contributiva espressa dal
l'atto medesimo, per di più (non già in generale, ma) soltanto
ai fini dell'imposta catastale; — che, conclusivamente, anche nella vigenza dell'art. 21 d.p.r.
n. 635 del 1972 (sia nel testo originario, sia in quello sostituito
dall'art. 7 d.l. n. 216 del 1978) — così come, pacificamente, dall'entrata in vigore (1° gennaio 1991) dell'art. 10, 2° comma,
d.leg. n. 347 del 1990 (approvazione del t.u. delle disposizioni concernenti le imposte ipotecarie e catastali, emanato sulla base
della delega conferita al governo dall'art. 17, 3° comma, 1. n.
825 del 1971, prorogata da ultimo dall'art. 1, 3° comma, 1.
n. 165 del 1990), il quale prevede, fra l'altro, che l'imposta catastale è dovuta nella misura fissa di lire centomila per le
volture eseguite in dipendenza di atti che non importano trasfe
rimento di beni immobili né costituzione o trasferimento di di
ritti reali immobiliari — gli atti di ogni specie di trasformazione
societaria, in quanto non comportano trasferimento patrimo niale, debbono ritenersi assoggettati ad imposta catastale in mi
sura fissa, quale determinata dall'art. 15 della tariffa allegata al decreto, che la prevede per «qualunque altro annotamento
non specificamente contemplato»; — che sussistono giusti motivi per dichiarare compensate per
intero, fra le parti, le spese del presente giudizio.
II
Svolgimento del processo. — Nel 1991, la Commissione tri
butaria di secondo grado di Viterbo respinse l'appello proposto dalla s.r.l. Manzi Aurelio contro la decisione della commissione
tributaria di primo grado che aveva ritenuto dovuta l'imposta catastale proporzionale in sede di registrazione dell'atto di tra
sformazione della società Manzi da società in accomandita sem
plice a società a responsabilità limitata.
La società impugnò questa decisione innanzi alla Corte d'ap
pello di Roma, sostenendo che la propria trasformazione non
aveva comportato il trasferimento di immobili e che, quindi,
per la voltura catastale non doveva scontarsi l'imposta propor zionale.
La corte d'appello adita, con sentenza dell'11 marzo-30 mag
gio 1994, ha affermato che l'imposta proporzionale non è do
vuta per i casi di trasformazione di società, perché questa ope
Ii Foro Italiano — 1998.
razione non comporta la nascita di un nuovo soggetto, ma co
stituisce solo un nuovo modello organizzativo della società. A
suo parere, infatti, un'imposta deve necessariamente colpire un
trasferimento di ricchezza o un indice di capacità contributiva, tant'è che anche la vigente normativa di cui al d.l. 31 ottobre
1990 n. 347 in materia di imposta catastale, all'art. 10, ha stabi
lito che in questo caso l'imposta è dovuta nella misura fissa.
Ma nessun trasferimento o arricchimento si verifica nel caso
di trasformazione di una società.
Contro tale sentenza, l'amministrazione delle finanze ha pro
posto ricorso per cassazione, basato su un solo motivo. La so
cietà Manzi non ha svolto attività difensiva in questa sede di
legittimità. Motivi della decisione. — L'amministrazione finanziaria, pre
messo che il presupposto dell'imposta catastale, ai sensi del
l'art. 21 d.p.r. n. 635 del 1972, è semplicemente la voltura cata
stale, osserva che la trasformazione di una società in accoman
dita semplice in società a responsabilità limitata, comportando l'esecuzione di una voltura, giustifica l'applicazione dell'impo sta sull'imponibile dichiarato nell'atto di trasformazione, indi
pendentemente dal fatto che vi sia stato o non vi sia stato un
trasferimento di ricchezza tra le due società.
La censura è fondata. Questa corte, con sentenza 22 febbraio
1991, n. 1965, (Foro it., Rep. 1991, voce Catasto, n. 13), ha
già chiarito che presupposto dell'imposizione catastale, secondo
il soppresso art. 21 d.p.r. n. 635 del 1972 (vigente all'epoca
dell'imposizione tributaria), non era un'attribuzione patrimo niale (presupposto, questo, tipico delle imposte di «trasferimen
to» e non anche dell'imposta catastale), ma la mera esecuzione
di una voltura, ancorché questa fosse stata resa necessaria da
una modificazione meramente formale della precedente situa
zione patrimoniale. Nella logica della disciplina vigente all'epoca, quindi, la vol
tura catastale — conseguente alla trasformazione di una società
di persone in una società di capitali — giustificava l'imposizio ne di un tributo proporzionale in quanto, integrando un cam
biamento dell'assetto proprietario e comportando, pertanto, una
diversa disponibilità dell'immobile dal punto di vista sia sogget tivo che oggettivo, costituiva comunque espressione di una ca
pacità contributiva.
Le modifiche catastali non collegate ad un trasferimento di
beni immobili o ad un'altra forma di attribuzione patrimoniale dell'immobile sono state espressamente sottratte al pagamento in misura proporzionale dell'imposta in questione solo con l'en
trata in vigore dell'art. 10 del sopravvenuto d.l. 31 ottobre 1990
n. 347.
Questa corte, pertanto, accoglie il ricorso e, in applicazione dell'art. 384, 2° comma, c.p.c. (nella nuova formulazione), de
cide nel merito, rigettando la domanda del contribuente.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 aprile 1998, n. 4095; Pres. Corda, Est. Marziale, P.M. Bonajuto
(conci, conf.); Fall. soc. Fintur (Avv. Mansi) c. Fall. soc. Ital Discount Leasing (Avy. Flauti, Magnocavallo). Con
ferma App. Trieste 4 marzo 1995.
Contratto in genere, atto e negozio giuridico — «Sale and lease back» — Vendita a scopo di garanzia — Esclusione — Licei tà (Cod. civ., art. 1322, 1344, 2744).
È legittimo il contratto di sale and lease back che abbia ad
oggetto beni funzionali ad un determinato assetto produttivo e destinati a restare nella disponibilità del venditore utilizza tore che si riserva la facoltà di riacquisto alla cessazione del
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rapporto, a nulla rilevando che la cessione sia avvenuta ad
un prezzo inferiore a quello di acquisto. (1)
Ritenuto in fatto, che con ricorso depositato il 2 dicembre
1985 la società I.D.L. — Ital Discount Leasing s.p.a. (d'ora innanzi I.D.L.) chiedeva al giudice delegato al fallimento della
società Fintur s.p.a. presso il Tribunale di Tolmezzo la rivendi
ca di una serie di beni costituenti l'arredo e le attrezzature dello
Sport hotel Poviz gestito dalla Fintur prima di essere dichiarata
fallita, assumendo che si trattava di beni concessi in leasing a
detta società con contratto registrato il 5 marzo 1982; — che la domanda veniva respinta dal giudice delegato sul
rilievo che i beni oggetto del leasing erano stati previamente ceduti dalla Fintur alla I.D.L. e che, pertanto, l'operazione co
stituiva, in realtà, un finanziamento, anziché una concessione
in godimento di beni, confermato dal fatto che la società istan
te aveva con separato ricorso chiesto (ed ottenuto) di essere am
messa al passivo «per il mutuo residuo»; — che la società I.D.L. proponeva opposizione allo stato pas
ci) Terza pronuncia della Cassazione nell'arco di un triennio in mate ria di sale and lease back, dopo Cass. 16 ottobree 1995, n. 10805 (Foro it., 1996, I, 3492, con nota di Monti, e Corriere giur., 1995, 1360, con nota di Carbone; Contratti, 1996, 28, con nota di De Meo; Nota
riato, 1996, 220, con nota di Nicotra; Impresa, 1996, 76, con nota di Spaziani Testa; Giust. civ., 1996, I, 1739, con nota di Schermi; Riv. giur. sarda, 1996, 346, con nota di Luminoso; Rass. trib., 1996, 417, con nota di Luminoso; Giur. it., 1996, 1, 1, 1382, con nota di
Cinquemani; Giur. comm., 1997, II, 656, con nota di Simone) e 19
luglio 1997, n. 6663 (Foro it., 1997, I, 3586). Ancora una volta sembre rebbe smentita, in maniera vieppiù categorica, l'idea di quanti preco nizzavano la morte, ancor prima del nascere, di tale fattispecie contrat tuale. In realtà, a ben guardare Cass. 4095/98, non diversamente dalle due precedenti, fa leva, ma questa volta con una motivazione 'france
sizzante', sull'analisi in concreto del regolamento negoziale. Senonché, se Cass. 1085/95 s'era ingegnata di delineare in positivo
gli indici di meritevolezza della tutela della fattispecie in esame, la pro nuncia in epigrafe, ponendosi nello stesso solco (al pari di Cass. 6663/97), si limita a negare che possano essere assunti quali indici di un patto commissorio soggiacente: a) l'inutilità dei beni oggetto di contratto ri
spetto alla società di leasing (e ciò si spiega in considerazione della fun zione di finanziamento dell'operazione); b) la vendita degli stessi ad un prezzo inferiore a quello originariamente pagato dal lessee.
Affermazione, quest'ultima, certamente in controtendenza (ma sul
punto si rinvia alle osservazioni di Monti, Mezzo pieno, mezzo vuoto: sulla vocazione stravolta dei «lease back», cit.), sol che si consideri che proprio la sproporzione tra il prezzo di vendita e l'importo com
plessivo dell'operazione di finanziamento sono stati tradizionalmente
impiegati per ravvisare la prevalenza della funzione di garanzia rispetto a quella traslativa, insieme al pericolo che in siffatta sproporzione si annidi la piaga di interessi usurari, tant'è che il discrimen tra patto commissorio (illecito) e vendita con patto di riscatto (lecita) è stato in dividuato nella contestuale, quanto inammissibile, sopportazione da parte del venditore-utilizzatore sia del rischio di perimento non imputabile del bene — residuando in ogni caso al creditore l'azione per l'esatto
adempimento, mentre nella vendita con patto di riscatto tale rischio incombe sul compratore —, sia di quello della sproporzione tra il valo re del bene dato in garanzia e l'entità del debito (cfr. Realmonte, Le
garanzie immobiliari, in La casa d'abitazione tra normativa vigente e
prospettive a cura di De Vita, Milano, 1986, 126 ss., e già Stipulazioni commissorie, vendita con patto di riscatto e distribuzione dei rischi, nota a Cass., sez. un., 3 aprile 1989, n. 1611, in Foro it., 1989, I, 1443; di qui l'idea di ravvisare nel patto marciano lo strumento atto ad evitare forme di indebito approfondimento dello stato di bisogno del venditore: cfr. Trib. Monza 24 maggio 1988, ibid., 1271).
Vien fatto di rilevare come nell'economia complessiva della vicenda
processuale abbia pesato non poco il mancato esame del profilo atti
nente alle condizioni economiche del lessee, perché non dedotto nei pre cedenti gradi di giudizio. A mo' d'inciso, mette conto sottolineare che
l'aver messo in secondo piano la possibile sproporzione tra il prezzo
originario di acquisto da parte dell'utilizzatore e quello percepito dal
lessor disinnesca l'impasse indotta dalle diverse traiettorie percorribili in sede di valutazione, posto che è evidente come l'acquisto effettuato
dal finanziatore non possa avvenire in base al valore di mercato, trat
tandosi di un bene estraneo alla sua attività istituzionale ed acquistato al solo fine di poterlo concedere in leasing. In un prossimo fascicolo
verrà riportata Cass. 7 maggio 1998, n. 4612, che — nell'escludere che
il lease-back sia riconducibile alle «operazioni di credito e finanziamen
to» di cui all'art. 10 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 —- ha ritenuto legitti ma la detrazione dell'Iva assolta sull'acquisto del bene utilizzato nel
l'ambito di una locazione finanziaria di ritorno. [R. Simone]
Il Foro Italiano — 1998.
sivo, da un lato, riaffermando di essere proprietaria dei beni
rivendicati, dall'altro, deducendo che la somma insinuata al pas sivo corrispondeva all'importo dei canoni scaduti e che tale ri
chiesta contrariamente a quanto ritenuto dal giudice delegato, non era quindi inconciliabile con la domanda di rivendica;
— che il Tribunale di Tolmezzo, facendo propria la tesi so
stenuta dalla curatela del fallimento, respingeva l'opposizione, sul rilievo che l'operazione era stata posta in essere in frode
al divieto del patto commissorio vietato dall'art. 2744 c.c. ed
era quindi nulla; — che tale sentenza era tuttavia riformata dalla Corte d'ap
pello di Trieste sul duplice rilievo: a) che l'operazione, pur non
essendo specificamente disciplinata dal legislatore, ha una sua
tipicità sociale e non può essere quindi considerata di per sé
illegittima; b) che, nel caso concreto, non era ravvisabile «alcun
intento di stile vessatorio o di fini usurari ...posto che i termini
e il computo dei canoni praticati... [rispondevano] agli usuali
criteri adottati in sede di finanziamento d'imprese» e che dove
va quindi escludersi l'esistenza di una volontà diretta a porre in essere un patto commissorio vietato dalla legge;
— che il fallimento della società I.D.L. chiede la cassazione
di tale sentenza con un motivo di ricorso al cui accoglimento il fallimento della società Fintur si oppone con controricorso
illustrato con memoria.
Considerato in diritto, che il ricorrente — denunziando viola
zione di legge (e, in particolare, dell'art. 2744 c.c.) e vizio di
motivazione — censura la sentenza impugnata sotto un duplice
profilo: a) per aver affermato, in linea astratta, la liceità dell'o
perazione di sale and lease-back — con la quale un soggetto
(di norma un operatore economico) vende un bene di sua pro
prietà ad un'impresa esercente la locazione finanziaria che, a
sua volta, glielo concede in leasing, con la possibilità, tipica di tale contratto, di riacquistarne la proprietà alla scadenza —
senza tener conto dei «dubbi che avvolgono ...quell'istituto»;
b) per avere altresì affermato, in modo apodittico, che l'opera zione concretamente stipulata dalle parti non rivelava alcun in
tento vessatorio o usurario ed era quindi «perfettamente lecita
dal punto di vista civilistico», prescindendo dalle modalità con
le quali era stata realizzata e, in particolare, senza considerare
che i beni erano stati ceduti «in blocco» dalla società Fintur
alla società I.D.L. (che non aveva alcun interesse ad acquisirli) ad un prezzo assai più vile di quello dei singoli acquisti somma
ti insieme», quando le sue condizioni economiche erano già com
promesse, e che l'acquisizione di tali beni era, per tale società, «assolutamente priva di ogni significato e di ogni utilità»;
— che questa corte ha di recente affermato: a) che il contrat
to di sale and lease-back si configura come un'operazione nego ziale complessa, frequentemente applicata nella pratica degli af
fari poiché risponde all'esigenza degli operatori economici di
ottenere, con immediatezza, liquidità, mediante l'alienazione di
un bene strumentale — di norma funzionale ad un determinato
assetto produttivo e pertanto non agevolmente collocabile sul
mercato — conservandone l'uso e con la facoltà di riacquistar ne la proprietà al termine del rapporto; b) che tale operazione è caratterizzata da uno schema negoziale tipico nel cui ambito
il trasferimento in proprietà del bene all'impresa di leasing rap
presenta il necessario presupposto per la concessione del bene
in locazione finanziaria e non è quindi preordinato «per sua
natura e nel suo fisiologico operare» ad uno scopo di garanzia nè tanto meno alla fraudolenta elusione del divieto posto dal
l'art. 2744 c.c.; c) che con quest'ultima disposizione il legislato
re, invero, ha inteso impedire che il creditore, approfittando dello stato di debolezza del debitore, acquisisca l'eccedenza di
valore del bene oggetto della garanzia rispetto al credito garan
tito; d) che pertanto — pur dovendosi ammettere che anche
il lease and sale back, come qualsiasi altro contratto, può essere
impiegato per scopi illeciti e fraudolenti e, in particolare, a fini
di violazione o di elusione del divieto del patto commissorio — deve tuttavia riconoscersi che tale ipotesi si realizza solo se
per le circostanze del caso concreto (difficoltà economiche del
l'impresa venditrice, legittimanti il sospetto di un approfitta mento della sua condizione di debolezza, sproporzione tra il
valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dall'acqui rente che confermi la validità di tale sospetto) l'operazione si
atteggi in modo da perseguire un risutato confliggente con il
divieto sancito dall'art. 2744 c.c. (Cass. 16 ottobre 1995, n. 10805, Foro it., 1996, I, 3492).
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1823 PARTE PRIMA 1824
— che alla stregua di tali principi, dai quali il collegio non
trova motivo di discostarsi, appare evidente l'infondatezza delle
doglianze formulate dal ricorrente, posto che: a) il sale and lea
se back è, nella sua configurazione tipica, pienamente legittimo;
b) avendo tale operazione normalmente ad oggetto beni «fun
zionali ad un determinato assetto produttivo» destinati a restare
nella disponibilità materiale del venditore-utilizzatore (il quale si riserva, per di più, la facoltà di riacquistarli alla scadenza
del rapporto) non possono essere assunti a sintomo di una sua
pretesa «anomalia» né la circostanza che tali beni siano privi di utilità per la società di leasing che li ha acquisiti in proprietà né il fatto che essi siano stati ceduti a detta società ad un prezzo inferiore a quello per il quale furono acquistati; e) che l'ulterio
re rilievo, mosso alla sentenza impugnata, di non aver conside
rato la precarietà delle condizioni della società Fintur, muove
dalla prospettazione di circostanze di fatto non dedotte nei pre cedenti gradi di giudizio;
— che il ricorso deve essere quindi respinto; — che il controricorso è stato notificato solo il 21 febbraio
1996 e, quindi, oltre il termine di venti giorni di quello stabilito
per il deposito del ricorso (31 gennaio 1996) e va conseguente mente dichiarato inammissibile (Cass. 11 aprile 1987, n. 3606,
id., Rep. 1987, voce Cassazione civile, n. 12); — che, attesa l'inammissibilità del controricorso, mancano
i presupposti per la condanna alle spese del ricorrente.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 aprile
1998, n. 3759; Pres. Pontrandolfi, Est. Amoroso, P.M. Ian
nelli (conci, conf.); Garuglieri (Avv. Vacirca, Zanello) c.
Ente poste italiane. Conferma Trib. Firenze 10 aprile 1994.
Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici in genere (rap
presentanza in giudizio) — Ente poste italiane — Avvocatura
dello Stato — Patrocinio facoltativo (R.d. 30 ottobre 1933
n. 1611, t.u. delle leggi sulla rappresentanza in giudizio dello
Stato e sull'ordinamento dell'avvocatura dello Stato, art. 43; d.l. 1° dicembre 1993 n. 487, trasformazione dell'amministra
zione delle Poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del ministero, art. 10; 1. 29 gen naio 1994 n. 71, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° dicembre 1993 n. 487).
L'ente Poste italiane può avvalersi del patrocinio facoltativo del
l'avvocatura dello Stato, senza bisogno di apposite specifiche deliberazioni, ai sensi dell'art. 10, 2° comma, d.l. 1° dicem
bre 1993 n. 487, convertito in l. 29 gennaio 1994 n. 71, e
quindi senza che sia necessario un apposito mandato all'av
vocatura stessa; né quest'ultima è onerata della produzione del provvedimento, del competente organo dell'ente, di auto
rizzazione del legale rappresentante ad agire o resistere in giu dizio, assumendo essa ex lege la rappresentanza e la difesa in giudizio. (1)
(1, 3) I. - In senso conforme alla prima pronuncia, v. Cass., sez.
un., 5 settembre 1997, n. 8587, Foro it., Mass., 854; nello stesso senso, Trib. Firenze 14 febbraio 1996, id., 1996, I, 3229, con nota di richiami.
Nel frattempo l'ente «Poste Italiane» si è trasformato in società per azioni, al termine della seguente serie di interventi normativi. Il punto di partenza è costituito dall'art. 18 d.l. 11 luglio 1992 n. 333, convertito nella 1. 8 agosto 1992 n. 359, articolo che, fermo restando quanto pre visto dalla 1. 30 luglio 1990 n. 218, consente al Comitato interministe riale per la programmazione economica (Cipe) di deliberare la trasfor mazione in società per azioni di enti pubblici economici, qualunque sia il loro settore di attività. La trasformazione in società per azioni dell'ente Poste era originariamente prevista entro il 31 dicembre 1996 dall'art. 1, 2° comma, d.l. 1° dicembre 1993 n. 487, convertito nella
Il Foro Italiano — 1998.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 novem
bre 1997, n. 11281; Pres. Ianniruberto, Est. Casciaro, P.M.
Fedeli (conci, conf.); Bambini (Avv. Minervini, Perilli) c.
Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Flauti, Giordano). Cassa
Trib. Brescia 6 ottobre 1994.
Procedimento civile — Rappresentanza volontaria limitata alla
•rappresentanza processuale — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 75, 77).
Ferrovie, tramvie e filovie — Controversie — Trasformazione
dell'ente Ferrovie dello Stato in società per azioni — Cessa
zione dello «ius postulandi» dell'avvocatura dello Stato —
Notificazione della sentenza alla parte personalmente — Ter
mine breve per l'impugnazione (Cod. proc. civ., art. 286, 301).
La rappresentanza processuale, intesa come potere di agire o
resistere in giudizio per il dominus e, in tale quadro, di con
ferire, in suo nome, la procura al difensore può essere attri
buita ad un terzo solo insieme alla rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto poi dedotto in giudizio; pertanto, è in
valida la procura alle liti rilasciata non già dal legale rappre sentante della società Ferrovie dello Stato, ma dal responsa bile del servizio centrale legale e contenzioso. (2)
È idonea a far decorrere il termine breve per la impugnazione la notifica della sentenza effettuata, dopo la trasformazione in società dell'ente Ferrovie dello Stato, personalmente alla
parte. (3)
1. 29 gennaio 1994 n. 71 (la legge istitutiva dell'ente), articolo che attri buiva al Cipe la competenza a deliberare in ordine alla proprietà ed al collocamento delle partecipazioni azionarie, al fine di favorirne la massima diffusione tra i risparmiatori. La trasformazione veniva diffe rita al 31 dicembre 1997 dall'art. 2, comma 27, 1. 23 dicembre 1996 n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, arti colo che demandava al Cipe l'eventuale modifica del predetto termine. Con delibera del 18 dicembre 1997, il Cipe dispone la trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni con effetto dalla data della
prima assemblea della società, che è stata convocata il 28 febbraio 1998. In quella data è stato approvato lo statuto sociale e sono stati nominati
gli amministratori e il presidente del consiglio di amministrazione. Ri chiamando l'art. 14 1. 8 agosto 1992 n. 359 (che reca misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), l'art 1, 2° comma, dello statuto sociale afferma che la società succede nei diritti, nelle attribu zioni e nelle situazioni giuridiche dei quali l'ente Poste italiane era tito lare in virtù della legge istitutiva. Le indicazioni del parlamento, fatte
proprie dal governo, prevedono che azionista unico della neocostituita società per azioni, con capitale di 2561 miliardi (di cui è previsto un aumento per ulteriori 3000 miliardi), è il ministro del tesoro, che eserci ta i diritti dell'azionista d'intesa con il ministro delle comunicazioni.
La trasformazione in società per azioni dell'ente Poste italiane pone il problema della cessazione del patrocinio dell'avvocatura dello Stato, di cui l'ente poteva avvalersi secondo l'art. 10, 2° comma, I. n. 71 del 1994 (la legge istitutiva dell'ente). Per l'esame di questo problema si rinvia alla successiva nota di R. Caponi.
II. - Nella seconda pronuncia la Corte di cassazione ha risolto di nuovo il problema se, dopo la trasformazione in società per azioni del l'ente Ferrovie dello Stato, la notificazione della sentenza, per far de correre il termine breve per l'impugnazione, debba essere fatta, ex art. 285 c.p.c., all'avvocatura dello Stato, che ha difeso l'ente nel grado di giudizio definito dalla sentenza appellabile, oppure, ex art. 286, 2°
comma, c.p.c., personalmente alla neocostituita società per azioni. L'estensione del patrocinio dell'avvocatura dello Stato all'ente Ferro
vie dello Stato, prevista dall'art. 24, 3° comma, della legge istitutiva 17 maggio 1985 n. 210 è stata mantenuta ferma, dopo la trasformazio ne dell'ente medesimo in società per azioni, solo in via transitoria, ai sensi dell'art. 15, comma 3 bis, 1. 24 marzo 1993 n. 75 (di conversione, con modificazioni, del d.l. 23 gennaio 1993 n. 16): cioè per le contro versie pendenti e limitatamente al grado di giudizio in corso alla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione.
Nella fattispecie, il giudizio di primo grado non era più in corso alla data di entrata in vigore della 1. 24 marzo 1993 n. 75 (la sentenza di primo grado era stata pubblicata il 12 settembre 1992), per cui la corte ha ritenuto che l'attore vincitore abbia correttamente notificato la sen tenza, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, non all'avvocatura dello Stato, ma personalmente alla società Ferrovie dello Stato.
A questa conclusione la corte perviene affermando, sulla scia di Cass. 23 ottobre 1996, n. 9211, id., Rep. 1996, voce Ferrovie e tramvie, n. 73, che, con la cessazione dello ius postulandi dell'avvocatura dello Sta
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