Sezione I civile; sentenza 15 dicembre 1980, n. 6487; Pres. Scanzano, Est. Cantillo, P. M. Valente(concl. conf.); Mutua volontaria assistenza malattia (Avv. Piletta) c. Rossetti (Avv. Scatamacchia,Marangoni). Conferma Trib. Vercelli 15 giugno 1977Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 3 (MARZO 1981), pp. 711/712-713/714Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171445 .
Accessed: 25/06/2014 07:21
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 07:21:22 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
Giova, al riguardo, considerare che il rapporto c.d. di remise
non è regolato dalla legge e la sua qualificazione giuridica,
conseguentemente, ha dato luogo a incertezze, esso essendo stato
assimilato talvolta al contratto di mediazione (art. 1754 cod. civ.) e talaltra al contratto di agenzia (art. 1742 cod. civile).
Tuttavia è ora prevalentemente ritenuto che sia giuridicamente
più corretto assimilare il rapporto a quello di agenzia, al contrat
to, cioè, con cui una parte assume stabilmente l'incarico di
promuovere, per conto dell'altra, verso retribuzione, lia conclusio
ne di contratti in una zona determinata.
Orientamento, il predetto, condiviso da questa Corte suprema
per la ragione che nel contratto di remise sono individuabili quasi tutti gli elementi caratterizztanti il rapporto di agenzia.
Infatti, nella pratica delle borse è remisier colui che riceve
dall'agente di cambio l'incarico, da esplicare in modo permanente dietro corrispettivo, di reperire, in una determinata località, clienti disposti a compiere operazioni di borsa, consistenti nell'ac
quisto e nella vendita di titoli; il medesimo, dopo avere fornito
alla clientela propria o a quella all'uopo reperita le notizie sull'andamento del mercato dei titoli, e ciò in base alle informa
zioni date dall'agente di cambio, riceve dalla clientela gli ordini che poi trasmette immediatamente al predetto.
Un'attività, dunque, complessa, a carattere continuativo, di
piena e quasi quotidiana collaborazione con l'agente; attività che se pur svolta, come nel caso in esame, in piena autonomia, è strettamente collegata alle istruzioni che, volta per volta sono al remisier impartite dall'agente di cambio, il quale, seguendo atten tamente e con competenza le vicende alterne nel mercato dei
titoli, è l'unica persona che possa fornire tempestivamente le utili notizie e gli opportuni consigli per il compimento delle
singole operazioni di borsa. Nel caso di specie, secondo quanto ammesso dalle stesse parti,
fu data vita proprio a siffatto rapporto di remise. Infatti il San
Martino, agente di cambio in Milano, avendo aperto altro ufficio in Lecce, nel mese di aprile 1972, ne conferì' al Bozzi la direzione con le specifiche mansioni di ricevere, dai clienti che intendevano
compiere operazioni in borsa, gli ordini per l'acquisto o la vendita di titoli. Quale corrispettivo fu pattuito, in favore del Bozzi, una partecipazione agli utili netti secondo una percentuale all'uopo determinata. Il rapporto si protrasse dall'aprile 1972 al
gennaio 1975.
Orbene, in relazione alla già illustrata natura giuridica del
rapporto in questione, è indubitabile che la controversia, a esso relativa, debba essere assoggettata, per la sua decisione, al pro cedimento speciale stabilito per le cause concernenti rapporti di lavoro.
Infatti la disposizione di cui all'art. 409, n. 3, cod. proc. civ., (nel nuovo testo) assoggetta a siffatto rito speciale proprio le controversie relative a rapporti di agenzia, di rappresentanza e a
ogni altro rapporto di collaborazione che si concreti, come quello in esame, in una prestazione d'opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.
Né può dubitarsi che nel caso di specie, nell'espletamento dell'incarico ricevuto, abbia assunto ruolo preponderante l'impe gno e l'attività personale del Bozzi; infatti non è stato da alcuna delle parti dedotto che l'ufficio in Lecce, alla cui direzione il predetto era stato preposto, fosse stato dal medesimo organizzato con lavoro prevalentemente altrui.
Per le esposte ragioni va dichiarata la competenza, in funzione di giudici del lavoro, del pretore in primo grado e del tribunale in appello. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 15 di cembre 1980, n. 6487; t'res. Scanzano, Est. Cantillo, P. M. Valente (conci, conf.); Mutua volontaria assistenza malattia
(Avv. Piletta) c. Rossetti (Avv. Scatamacchia, Marangoni). Conferma Trib. Vercelli 15 giugno 1977.
Prescrizione e decadenza — Associazione — Credito alle quote associative annuali — Prescrizione quinquennale (Cod. civ., art. 2948, n. 4).
È soggetto a prescrizione quinquennale il diritto delle associazioni alla riscossione delle quote associative dovute dagli associati an nualmente o ad intervalli più brevi. (1)
(1) Non constano precedenti giurisprudenziali. In dottrina confor memente Azzariti e Scarpello, Prescrizione e decadenza, in Com mentario, a cura di Scialoja e Branca, 1953, 634. Sui contributi alle associazioni cfr. F. Galgano, Delle associazioni non riconosciute e dei
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — La Mutua
volontaria assistenza malattia ottenne dal Pretore di Vercelli decreto ingiuntivo nei confronti dell'associato Alberto Coda Za
betta per il pagamento di lire 84.000 per quote associative relative
agli anni 1960, 1961, 1962 e 1963.
L'opposizione dell'intimato, che aveva eccepito, fra l'altro, la
prescrizione del credito, fu accolta dallo stesso pretore. La pronuncia, con sentenza del 15 giugno 1977, è stata confer
mata dal Tribunale di Vercelli, che ha ritenuto fondata l'eccezio
ne sul rilievo che le quote associative rientrano nella previsione di cui all'art. 2948, n. 4, cod. civ., in quanto attengono ad un
rapporto di durata e configurano prestazioni periodiche esigibili ad anno, con la conseguenza che si prescrivono nel termine di
cinque anni dalle rispettive scadenze.
Nella specie, ha osservato ancora il tribunale, le quote doveva
no essere corrisposte entro il 20 gennaio dell'anno di competenza e perciò alla data di notifica del decreto, avvenuta il 15 settembre
1967, il credito della Mutua si era prescritto per tutte le quote richieste.
Avvero questa sentenza l'associazione ha proposto ricorso affi
dato a tre motivi, illustrati con memoria. Resistono con controri
corso gli eredi del Coda, frattanto deceduto.
Motivi della decisione. — 1. - Nell'ordine logico-giuridico deve essere esaminato per primo il secondo motivo di ricorso, con il
quale la Mutua volontaria assistenza malattia, denunziando la
violazione dell'art. 2948, n. 4, cod. civ. e motivazione insufficiente,
rimprovera alla sentenza impugnata di avere erroneamente ritenu to applicabile la prescrizione quinquennale ai crediti delle asso ciazioni per le quote associative ed altresì di non avere considera to che queste, nella specie, non configuravano obbligazioni perio diche, inerendo, invece, ad un rapporto tacitamente rinnovato di anno in anno per mancata disdetta.
La censura è infondata. Sotto il primo profilo va detto che l'art. 2948, n. 4, assoggetta alla prescrizione quinquennale, oltre
agli interessi, « tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi », la quale formula generica (mutuata dall'art. 2144 cod. civ. del 1865) designa, in via residuale, tutte le
prestazioni di dare che abbiano natura periodica — ricorrenti ad intervalli non superiori all'anno — non espressamente previste nei
precedenti nn. 1, 2 e 3 della stessa norma. Al pari di queste ultime, quindi, le prestazioni comprese in tale categoria generica debbono presentare le caratteristiche ontologiche proprie delle
obbligazioni periodiche, cioè l'unicità del titolo costitutivo, in
quanto hanno la loro fonte in uno stesso rapporto giuridico e in
presupposti (qualitativamente) uguali; la periodicità, perché nel l'arco di durata del rapporto si ripetono a scadenze predetermina te o relazionate al verificarsi di certi accadimenti ricorrenti; l'autonomia, giacché le prestazioni non costituiscono frazioni di uno stesso debito (come, ad es., le rate in cui sia ripartita la restituzione di un capitale), ma sono tra loro distinte, nel senso che ciascuna di esse non ha, con le precedenti e le successive, altra relazione che quella di essere fondata, appunto, su di un comune rapporto giuridico.
Questi connotati si riscontrano, manifestamente, nei contributi e
quote associative dovuti dai partecipanti ad associazioni, comitati, circoli, ecc., che trovano causa nello status di associato, cioè in un unico rapporto giuridico continuativo, ricorrono con frequenza periodica, secondo le previsioni dell'atto costitutivo o delle statu to, e costituiscono prestazioni autonome, ciascuna di essa corri spondendo ad un determinato periodo di efficacia del rapporto associativo.
Correttamente, pertanto, i giudici del merito hanno affermato che il diritto delle associazioni al pagamento dei contributi perio dici dovuti dagli associati, annualmente o a intervalli più brevi, ricade nella previsione di cui all'art. 2948, n. 4, e si prescrive, quindi, nel termine di cinque anni dalla data di scadenza di ciascun contributo (o quota associativa).
comitati, in Commentario, cit., 1976, 139. In generale sull'art. 2948, n. 4, cod. civ., cfr. Cass. 24 febbraio 1977, n. 826 (Foro it., Rep. 1977, voce Prescrizione e decadenza, n. 144) e 6 ottobre 1977, n. 4251 (id., 1978, I, 82), che ne esclude l'applicazione all'obbligazione relativa al pagamento dell'imposta straordinaria sul patrimonio; Cass. 13 mag gio 1977, n. 1884, id., Rep. 1977, voce cit., n. 146, che ne fa applica zione agli interessi corrispettivi sulle somme indebitamente percepite a titolo di imposta doganale; App. Milano 9 marzo 1979, id., Rep. 1979, voce cit., n. 125; che ne esclude l'applicazione ai contratti con sortili; Cass. 27 marzo 1979, n. 1775, ibid., n. 144, che ne fa appli cazione al pagamento del canone da parte del titolare di utenza di ac que pubbliche (conf. Cass. 13 dicembre 1978, n. 5915 e 6 dicembre 1978, n. 5773, id., Rep. 1978, voce cit., nn. 42, 40); Ruperto, Pre scrizione e decadenza, in Giur. sist. civ. e comm., diretta da M. Bi giavi, 1968, 311 ss.
This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 07:21:22 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il secondo profilo della censura, poi, prima che infondato, è
inammissibile, giacché nelle fasi di merito non si è mai dubitato né che il rapporto associativo, durato in concreto numerosi anni, anche in base allo statuto avesse durata pluriennale, né che per questo verso rientrasse nella disciplina dettata dalla disposizione suddetta, la cui applicabilità alla vicenda risulta contestata dalla
Mutua, prima di questo grado, soltanto sotto il profilo innanzi confutato. Ed è principio consolidato che in sede di legittimità non sono proponibili questioni che, per la loro novità, siano tali da sconvolgere il precedente tema difensivo o comportino accer tamenti di fatto diversi da quelli oggetto delle precedenti fasi, ancorché i fatti da accertare possano emergere dai documenti e, in genere, dal materiale probatorio in atti.
Giova tuttavia rilevare, ad abundantiam, che la durata plurien nale risulta implicitamente accertata ad altri fini (cioè quanto al
l'epoca di scadenza dell'obbligo contributivo annuale) dalla sen tenza impugnata, la quale ha interpretato in tali sensi le clausole
statutarie; e questo apprezzamento di fatto non è qui sindacabile
perché congruamente argomentato. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 13
dicembre 1980, n. 6470; Pres. M. Pedroni, Est. Scribano, P. M.
Ferraiuolo (conci, diff.); Soc. Fina italiana (Avv. Bonomo,
Galli) c. Rescaldani (Avv. Conti, Severini). Cassa App. Mila
no 30 giugno 1978.
Contratto in genere — Eccessiva onerosità — Deduzione in via
di eccezione — Ammissibilità (Cod. civ., art. 1467).
Il debitore può, al solo scopo di ottenere il rigetto della do
manda proposta nei suoi confronti, eccepire in giudizio l'ec
cessiva onerosità sopravvenuta della prestazione. (1)
(1) La sentenza riportata si allinea con la tesi maggioritaria in giu risprudenza, secondo cui l'eccessiva onerosità sopravvenuta della pre stazione può farsi valere, anche in via di eccezione, dal debitore convenuto per l'adempimento (in questo senso v. Cass. 7 febbraio
1949, n. 190, Foro it., Rep. 1949, voce Obbligazioni e contratti, n.
500, citata in motivazione; 2 agosto 1950, n. 2315, id., Rep. 1950, vo
ve Appello civile, n. 248; 21 febbraio 1951, n. 439, id., 1951, I, 866; 8 giugno 1951, n. 1469, id., Rep. 1951, voce Obbligazioni e contratti, n. 503, citata in motivazione; 24 giugno 1952, n. 1870, id.. Rep. 1952, voce Appello civile, n. 153; 11 aprile 1953, n. 954, id., 1954, I, 486, citata in motivazione; 5 ottobre 1954, n. 3291, id., Rep. 1954, voce
Obbligazioni e contratti, n. 460; 7 giugno 1957, n. 2109, id., Rep.
1957, voce cit., n. 443, richiamata in motivazione). Omette, tuttavia, di confutare le obiezioni che tale orientamento ha
sollevato: in primo luogo, la mancanza, per l'eccessiva onerosità, di
una norma corrispondente all'art. 1256 cod. civ., che, prevedendo la
estinzione dell'obbligazione divenuta impossibile, libera il debitore dal
dovere di adempiere (in tal senso la dottrina è pressocché unanime;
v., tuttavia, nel senso che l'eccessiva onerosità della prestazione, so
pravvenuta prima della scadenza, esoneri senz'altro la parte gravata
dall'adempimento, Fissotti, Risoluzione del contratto per eccessiva
onerosità ed inadempimento dell'obbligazione, in Riv. dir. comm.,
1957, I, 137); in secondo luogo, l'impossibilità di ricondurre il po
tere attribuito al debitore dall'art. 1467 cod. civ. nella categoria del
le eccezioni in senso tecnico (significativo, in proposito, l'atteggia mento della stessa Cassazione, che in alcune pronunce [sent. nn.
439/1951 e 1870/1952] ha fatto ricorso all'ibrida figura dell'eccezione
riconvenzionale; sull'impossibilità di far valere, in assenza di una
espressa disposizione di legge, in via di eccezione un diritto d'im
pugnazione — come il diritto alla risoluzione del contratto — v. Bo
selli, Se l'eccessiva onerosità della prestazione possa essere dedotta
in giudizio anche in via di eccezione, in Giur. it., 1952, I, 1, 66);
infine, la necessità di evitare che, consentendo al debitore convenuto
per l'adempimento di opporre l'eccessiva onerosità, il creditore subi
sca il danno del mancato conseguimento della prestazione al momento
dovuto, senza essersi potuto avvalere del potere, espressamente confe
ritogli dal 3° comma dell'art. 1467, di offrire più eque condizioni (in
questo senso Giannattasio, Rassegna di giurisprudenza sul codice ci
vile, diretta da Nicolò e Stella Richter, Milano, 1971, libro IV, 3,
381; v., pure, i rilievi di Quadri, Il comportamento del debitore nel
la dinamica della risoluzione per eccessiva onerosità, in Riv. dir. civ.,
1976, I, 333, cui si rimanda per una dettagliata ed esaustiva analisi
delle posizioni assunte dalla giurisprudenza sul problema del com
portamento cui deve attenersi la parte gravata dalla sopravvenienza.
Su tale problematica cfr., da ultimo, Cass. 11 luglio 1978, n. 3492,
Foro it., Rep. 1978, voce Contratto in genere, n. 229, secondo cui
il contraente a carico del quale si verifica l'eccessiva onerosità soprav
venuta della prestazione può solo agire in giudizio per la risoluzione
del contratto, ma non può astenersi dalla prestazione pretendendo che
l'altro contraente accetti l'adempimento a condizioni diverse da quel
le pattuite, poiché la riduzione ad equità del contratto costituisce so
lo una facoltà della controparte, che può essere esercitata quando
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con scrittura
privata del 18 novembre 1969, stipulata tra la società Fina italiana ed Angelo Rescaldani, questi si obbligò, per la durata di
quindici anni dal 20 novembre 1969 al 19 novembre 1984, ad adibire un punto di vendita di carburanti e lubrificanti di sua
proprietà, sito in Vanzago, alla vendita di benzine e gasolio prodotti e fornitigli dalla Fina. Si convenne, particolarmente, che tali prodotti sarebbero stati ceduti al Rescaldani con l'abbuono, per litro, di lire 11 per benzine e di lire 8 per il gasolio sui
prezzi ufficiali di vendita, che questi abbuoni si intendevano ancorati alla differenza attuale tra prezzi ufficiali (determinati dal
C.i.p.) ed oneri fiscali per ciascun prodotto, e che verificandosi variazioni di questa differenza sia gli aumenti che le diminuzioni sarebbero stati ripartiti tra le parti nella medesima proporzione.
Con citazione del 31 marzo 1976 il Rescaldani convenne la Fina davanti al Tribunale di Milano, richiamando il contratto suindicato e soggiungendo che la convenuta non aveva dato esecuzione alla clausola sull'adeguamento degli abbuoni, nonostan te i numerosi aumenti dei prezzi ufficiali dei prodotti petroliferi frattanto intervenuti, e che, in attuazione di tale clausola, egli avrebbe avuto diritto ad abbuoni più elevati di quelli praticatigli, per l'ammontare complessivo di lire 88.689.140; domandò pertan
essa sia convenuta in giudizio per la risoluzione; ne consegue che, promosso il giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento, la parte convenuta non può eccepire la sopravvenuta onerosità della prestazione per giustificare la mancata esecuzione del contratto, es sendosi preclusa tale possibilità col pretendere arbitrariamente una ri duzione ad equità cui non aveva diritto, invece di chiedere giudizial mente la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità). Nel no stro caso, infatti, la parte che ha ricevuto la prestazione dell'altra ot tiene, grazie all'eccezione, di non eseguire il supplemento di presta zione dovuto a termini di contratto.
Proprio tali rilievi sono alla base dell'opposto orientamento, che, da un lato, afferma l'inammissibilità di un'eccezione disgiunta dalla domanda di risoluzione (v. Cass. 4 agosto 1949, n. 2173, id., Rep. 1949, voce Obbligazioni e contratti, n. 501; 10 luglio 1952, n. 2116, id., Rep. 1952, voce cit., n. 498, entrambe citate in motivazione; 18 dicembre 1952, n. 3232, ibid., n. 497); dall'altro, esclude che il de bitore sia liberato dal dovere di adempiere fino al momento della pronuncia di risoluzione (in questo senso cfr. Cass. 7 aprile 1952, n. 927, ibid., n. 141; 14 giugno 1955, n. 1789, id., Rep. 1955, voce
cit., n. 501; App. Genova 3 aprile 1951, id., Rep. 1951, voce cit., n. 543; App. Lecce 28 maggio 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 444; App. Milano 12 giugno 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 516; eviden temente, secondo tale interpretazione, l'effetto retroattivo della sen
tenza, derivante dal combinato disposto degli art. 1467 e 1458 cod.
civ., legittima semplicemente la restituzione di quanto prestato suc cessivamente alla domanda di risoluzione).
È da rilevare, comunque, come la giurisprudenza più recente (in conformità, del resto, alle direttive già indicate da Cass. 6 ottobre
1952, n. 2939, id., Rep. 1952, voce cit., n. 494, annotata da Mirabelli, Eccessiva onerosità e inadempimento, in Riv. dir. comm., 1953, II, 84) e la dottrina abbiano avvertito la gravità delle conseguenze derivanti dal costringere il debitore (gravato dalla sopravvenienza) ad adem
piere (salvo, poi, a ripetere, in caso di buon esito dell'azione, quanto
prestato). Da qui l'orientamento secondo cui sarebbe sufficiente, al fi
ne di consentire al debitore la sospensione dell'esecuzione, non solo
la proposizione della domanda giudiziale di risoluzione (in tal senso,
in giurisprudenza, Trib. Torino 13 marzo 1948, Foro it., 1948, I,
580; Trib. Roma 28 aprile 1959, id., Rep. 1959, voce cit., n. 315; in dottrina, A. De Martini, L'eccessiva onerosità nell'esecuzione dei
contratti, Milano, 1950, 110; secondo Boselli, La risoluzione del con
tratto per eccessiva onerosità, Torino, 1952, 255, invece, l'esigenza di « evitare che, durante il tempo occorrente per far valere il diritto alla
risoluzione, gli effetti di questa non riescano compromessi in modo
irreparabile dall'adempimento della prestazione » può essere utilmente
soddisfatta ricorrendo all'art. 700 cod. proc. civ.), ma anche la sem
plice tempestiva comunicazione dell'intento di far valere l'eccessiva
onerosità (cfr. Trib. Napoli 10 marzo 1976, Foro it., lRep. 1976,
voce Contratto in genere, n. 322, annotata da A. Quadri, in
Dir. e giur., 1975, 899; Coli. arb. 26 gennaio 1971, Foro it., Rep.
1971, voce cit., n. 446; 5 giugno 1975, id., Rep. 1975, voce cit., n.
285; in tal senso sembra debbano essere lette anche Cass. 26 luglio
1952, n. 2355, id., Rep. 1952, voce Obbligazioni e contratti, n. 491;
e 20 febbraio 1952, n. 448, ibid., n. 486; in dottrina, v. Mirabelli,
Eccessiva, cit., 84; Id., Dei contratti in generale2, in Commentario
Utet, Torino, 1967, IV, 590; Scognamiglio, Contratti in generale2, in
Trattato di diritto civile, diretto da Grosso e Santoro Passarelli, Mi
lano, 1966, 283; Quadri, Il comportamento, cit., 339).
Ma tale soluzione involge la delicata questione dei criteri di im
putazione della responsabilità contrattuale: infatti, per giustificare la
sospensione dell'esecuzione del contratto si è fatto leva sull impos
sibilità di considerare colpevole il comportamento del debitore che,
pur non adempiendo alla prestazione divenuta eccessivamente one
rosa, metta la controparte in condizione, attraverso un tempestivo
avviso, di offrire la riduzione del contratto ad equità.
A. SlLVESTRINl
Il Foro Italiano — 1981 — Parte I
This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 07:21:22 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions