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sezione I civile; sentenza 15 luglio 2004, n. 13121; Pres. Losavio, Est. Adamo, P.M. Uccella (concl....

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sezione I civile; sentenza 15 luglio 2004, n. 13121; Pres. Losavio, Est. Adamo, P.M. Uccella (concl. conf.); Soc. Edilinvest (Avv. Andreini) c. Soc. Piozzini costruzioni (Avv. Racco, Salvatore). Cassa App. Brescia 1° febbraio 2001 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 12 (DICEMBRE 2004), pp. 3357/3358-3359/3360 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200141 . Accessed: 28/06/2014 16:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.39 on Sat, 28 Jun 2014 16:48:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 15 luglio 2004, n. 13121; Pres. Losavio, Est. Adamo, P.M. Uccella(concl. conf.); Soc. Edilinvest (Avv. Andreini) c. Soc. Piozzini costruzioni (Avv. Racco,Salvatore). Cassa App. Brescia 1° febbraio 2001 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 12 (DICEMBRE 2004), pp. 3357/3358-3359/3360Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200141 .

Accessed: 28/06/2014 16:48

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

contrarietà alla logica corrente — non potendo essa limitarsi ad una generica denuncia di carenza motivazionale o di logicità.

4.11. ^ Il ricorrente, nel caso di specie, si è limitato ad indica re una incoerenza fra fonti probatorie acquisite all'istruttoria e convincimento del giudice costituito dal mancato rilievo asse

gnato a fonti probatorie a sé favorevoli il cui contenuto è, però,

parzialmente riportato e non idoneo pertanto ad assolvere alla

funzione di denuncia di un difetto di motivazione.

4.12. - Tale tipo di denuncia, che viola il principio di autosuf

ficienza, non si rivela idonea ad integrare la specificità dell'one

re contestativo che grava sulla parte a fronte della predetta for

mula usata dal giudice di merito.

5. - Le medesime argomentazioni riguardano, evidentemente, •

anche il profilo relativo alla mancata indicazione specifica delle

ragioni che avevano indotto il giudice a ritenere insussistente il

difetto di motivazione nelle ordinanze-ingiunzione. 6. - Il ricorso va, pertanto, rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 lu

glio 2004, n. 13121; Pres. Losavio, Est. Adamo, P.M. Uccel

la (conci, conf.); Soc. Edilinvest (Avv. Andreini) c. Soc.

Piozzini costruzioni (Avv. Racco, Salvatore). Cassa App. Brescia 1° febbraio 2001 e decide nel merito.

Arbitrato e compromesso — Arbitrato rituale — Adizione

del giudice ordinario — Clausola compromissoria — Ri nuncia implicita — Estremi — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 808, 810).

L'instaurazione, ad opera dell'appaltatore, di controversia in

sede giudiziaria contro l'appaltante (che siasi costituito sen

za invocare la cognizione arbitrale), rientrante nell'ambito

della clausola compromissoria, inserita nel contratto di ap

palto, e coincidente con quella, in base ad essa, successiva

mente promossa avanti gli arbitri rituali dal medesimo ap

paltatore contro lo stesso appaltante, determina la caduca

zione, per implicita rinuncia, della ripetuta clausola, con

conseguente impossibilità di avviare e proseguire il procedi mento arbitrale. ( 1 )

(1) La (I sezione civile della) corte si richiama espressamente a Cass. 25 gennaio 1995, n. 874, Foro it., Rep. 1995, voce Arbitrato, n. 99, che, in tema di arbitrato rituale, ha attribuito, alla proposizione, da parte di uno dei compromittenti, dell'azione giudiziaria tendente ad ottenere la tutela dei diritti nascenti da contratto contenente clausola compro missoria per arbitrato rituale, valenza di inequivoca rinùncia implicita alla facoltà di avvalersi di detta clausola con conseguente preclusione per la medesima parte di promuovere successivamente procedimento arbitrale di contenuto identico a quello della causa ordinaria preceden temente instaurata.

In precedenza, sulla stessa linea della riportata sentenza e della or ri cordata Cass. n. 874 del 1995, si era mantenuta, con riferimento però ad

un'ipotesi di arbitrato ìrrituale, Cass. 29 gennaio 1993, n. 1142, id., 1993, I, 1091 (con richiami di dottrina e di giurisprudenza; cui, adde,

per ulteriori indicazioni, le osservazioni di C M. Barone in nota a Cass. 8 luglio 1996, n. 6205, id., 1996,1, 2714), secondo la quale la parte che ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo, rinunciando così implicita mente ad avvalersi del patto per arbitrato irrituale, non può invocarne

l'operatività nel giudizio di opposizione, promosso, senza dedurre la

cognizione arbitrale, dall'intimato, per paralizzarne le eccezioni e le

domande riconvenzionali.

Dopo la sent. n. 874 del 1995, sempre con riferimento ad ipotesi di

arbitrato irrituale, sul tema della configurazione dell'implicita rinuncia al procedimento arbitrale in correlazione con il comportamento di una delle parti, è tornata sez. I 4 febbraio 1998, n. 1111, id., 1998, I, 1711, con osservazioni parzialmente critiche di C.M. Barone (adde, sui limiti

Il Foro Italiano — 2004.

Motivi della decisione. — (Omissis). Infine con il sedicesimo

ed ultimo motivo la ricorrente deduce abrogazione tacita della

clausola compromissoria. Assume la ricorrente che la corte territoriale ha omesso di

esaminare uno dei profili da cui discende la nullità della proce dura arbitrale, costituito dall'abrogazione tacita della clausola

compromissoria. Infatti il giudice di merito si è limitato ad escludere che tale

abrogazione si fosse verificata ab initio a seguito dell'inseri

mento nel contratto di appalto dell'art. 6 sulla competenza del

Tribunale di Brescia, sostenendo che tale indicazione di com

petenza non era incompatibile con la clausola compromissoria. La corte territoriale però nulla ha detto in ordine alla penden

za avanti al Tribunale di Brescia di altra controversia avente il

medesimo oggetto e vertente fra le stesse parti, nel corso della

quale si erano costituiti entrambi i contraenti, senza nulla ecce

pire in ordine all'esistenza della clausola compromissoria, con

dotta questa sempre ritenuta, dalla giurisprudenza di legittimità,

quale manifestazione tacita di abrogazione della clausola mede

sima.

In ordine logico va esaminato per primo il sedicesimo motivo

con il quale si eccepisce l'avvenuta rinunzia ad avvalersi della

clausola compromissoria contenuta nel contratto di appalto. Il motivo è fondato e va pertanto accolto.

Invero va sul punto rilevato che la Corte dì cassazione ha già avuto occasione di precisare che nell'ipotesi in cui la parte pro muova nei confronti dei medesimi contraddittori un giudizio avanti al giudice ordinario, avente identico oggetto, totale o par ziale, tale comportamento costituisce implicita rinunzia ad av

valersi della clausola compromissoria, restando così preclusa la

possibilità di far successivo ricorso al giudizio arbitrale (Cass. 25 gennaio 1995, n. 874, Foro it., Rep. 1995, voce Arbitrato, n.

99). Nella specie la società ricorrente ha, con l'atto d'impugna

zione del lodo arbitrale, rilevato che presso il Tribunale di Bre

scia era pendente, fra le medesime parti, fin dal 1989, prima

quindi dell'inizio del procedimento arbitrale, un giudizio avente

identico oggetto, eccependo per tale motivo la nullità del lodo

arbitrale a seguito di rinuncia implicita alla clausola compro missoria.

Su tale punto, rilevante ai fini della decisione, la corte territo

riale non ha fornito alcuna risposta ma dagli atti che si possono

di deducibilità delle eccezioni di arbitrato rituale e irrituale nelle con troversie soggette alla disciplina anteriore alla 1. 353/90, Cass. 26 gen naio 2000, n. 870, id., 2000,1, 1901, con nota redazionale; nonché, con riferimento al solo arbitrato rituale, Cass. 8 agosto 2001, n. 10925, id., 2001, I, 3079, con nota di richiami), ad avviso della quale la mancata

costituzione, da parte di società cooperativa, del collegio probivirale previsto dal suo statuto per la risoluzione delle controversie con i soci e l'invito al destinatario di delibera di esclusione dalla compagine socie taria a presentare le sue istanze nelle sedi competenti, integrano gli estremi della rinuncia della medesima società all'invocazione delle

previsioni statutarie concernenti l'operatività del ridetto collegio, con

conseguente ripristino della facoltà delle parti di far decidere dal giudi ce ordinario la controversia attribuibile alla cognizione arbitrale.

In dottrina, si tende ad escludere la possibilità di far discendere la ri nuncia implicita al compromesso e/o alla clausola compromissoria dal l'adizione del giudice ordinario ad opera di una soltanto delle parti della convenzione per arbitrato.

Così, ad es., per Rubino-Sammartano, Il diritto dell'arbitrato, Pado

va, 2002, 343 s., la cessazione-di tale convenzione per rinuncia impli cita può aversi nel caso di riferimento, ad iniziativa di una parte, della controversia al giudice ordinario e di mancata exceptio compromissi, ad

opera della controparte; mentre per Punzi, Disegno sistematico dell'ar

bitrato, Padova, 2000, I, 453, la cessazione degli effetti dell'anzidetta convenzione si verifica solo allorché, proposta la domanda avanti il

giudice ordinario da una delle parti della ridetta convenzione, tutte le altre si costituiscano e si difendano nel merito.

Si esprimono sul punto in termini più articolati Carpi-Zucconi Galli

Fonseca, in Arbitrato a cura di F. Carpi, Bologna, 2001, 65-68. Festi, La clausola compromissoria, Milano, 2001, 377-380, dal canto suo, so

stiene che «non si configura come risoluzione implicita della conven zione arbitrale, ma solo come occasionale esclusione dei suoi effetti, la circostanza che uno dei compromittenti agisca davanti al giudice ordi nario formulando domande nell'ambito di una lite rientrante nell'og

getto della stessa convenzione e l'altro non eccepisca la competenza arbitrale». Il medesimo a. valuta, poi, la situazione determinata dalla iniziativa giudiziale di uno dei compromittenti sotto il profilo dell'ina

dempimento.

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3359 PARTE PRIMA 3360

esaminare, con cognizione piena, attinendo il motivo all'ammis

sibilità dell'impugnazione, risulta che fin dal 1989 pendeva fra

la stesse parti, avanti al Tribunale di Brescia, giudizio, iscritto al

r.g. n. 6675/89 ed iniziato a seguito di atto di citazione, notifi

cato a cura della s.r.l. Piozzini costruzioni, avente identico og

getto, sicché il procedimento arbitrale non avrebbe potuto essere

né iniziato né proseguito. Pertanto il sedicesimo motivo va accolto, assorbiti gli altri

motivi su riassunti, l'impugnata sentenza va cassata e giudican do nel merito ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori

accertamenti in fatto, va dichiarata la nullità del lodo arbitrale

pronunziato inter partes, per mancanza della clausola compro missoria rinunziata dalle parti.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 14 lu

glio 2004, n. 13085; Pres. Nicastro, Est. Di Nanni, P.M. Ab

brutì (conci, diff.); Soc. Mobili A.B. (Avv. Schininà) c.

Condominio via Ercolano 24, Ragusa (Avv. Ruta). Cassa

senza rinvio App. Catania 20 giugno 2000.

Appello civile — Sentenza non definitiva — Riserva d'ap

pello — Termini (Cod. proc. civ., art. 325, 326, 327, 339, 340).

La riserva di appello avverso la sentenza non definitiva deve es

sere formulata, a pena di decadenza, entro il termine per ap

pellare e comunque non oltre la prima udienza successiva

alla comunicazione della sentenza stessa (nella specie, la ri

serva di appello è stata dichiarata tardiva perché, a prescin dere se fosse stata effettuata o no nella prima udienza succes

siva alla comunicazione della sentenza, era stata formulata

dopo la scadenza del termine ex art. 327 c.p.c.). (1)

(1) In termini, v. Cass. 6 aprile 2000, n. 4285 (citata in motivazio

ne), Foro it., Rep. 2000, voce Appello civile, n. 37; 14 febbraio 1990. n.

1084, id., Rep. 1990, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 221, secondo le quali il termine finale rappresentato dalla prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza non definitiva non ha l'intento di dilatare i termini di impugnazione previsti dagli art. 325 e 327 c.p.c., bensì di restringerli, nel caso in cui la prima udienza succes siva alla comunicazione intervenga prima dello scadere di essi.

È opportuno precisare che Cass. 4285/00 e 1084/90, a differenza della pronuncia riportata in epigrafe, sono intervenute in controversie

assoggettate al rito del lavoro, per le quali si è soliti ravvisare un'unica differenza rispetto al rito ordinario, rappresentata dal termine iniziale

per la formulazione della riserva di gravame avverso la sentenza non definitiva. Infatti, nel rito del lavoro, non essendo indispensabile per la

proposizione della riserva la conoscenza della sentenza nel suo testo

integrale, essa può essere eseguita già dopo la lettura del dispositivo in udienza e prima del deposito del testo contenente la motivazione, fermo restando che, in caso di mancato esercizio della facoltà di riserva ac

compagnato dalla mancata notifica della sentenza, ai fini della decor renza del termine annuale di cui all'art. 327 c.p.c., anche nelle contro versie di lavoro si deve far riferimento alla data di pubblicazione della sentenza e, quindi, non a quella della lettura del dispositivo, né tanto meno a quella della comunicazione dell'avvenuto deposito della sen tenza: tra le tante, per tutte, v. Cass. 25 agosto 2003, n. 12482, id., Rep. 2003, voce cit., n. 138; 4 dicembre 2000, n. 15425, id., Rep. 2000, voce cit., n. 188; 20 novembre 1991, n. 12455, id., Rep. 1991, voce cit., n. 210, la quale, peraltro, dopo aver ammesso la possibilità di formulare la riserva fin dal momento della lettura del dispositivo, ha precisato che non è possibile identificare in tale momento nel rito speciale la comu nicazione della sentenza — espressamente prevista dall'art. 430 c.p.c. — ai fini del decorso del termine finale.

Peraltro, mette conto segnalare che, secondo Cass. 11 gennaio 1986, n. 118 (id., Rep. 1986, voce Appello civile, n. 14), se dopo la lettura del

Il Foro Italiano — 2004.

Svolgimento del processo. — 1. - La Mobili A.B. s.n.c., con

atto di citazione del 20 dicembre 1985, ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Ragusa il condominio di via Ercolano 24

di quella città, chiedendone la condanna al pagamento della

somma di oltre lire quindici milioni a titolo di risarcimento dei

danni che si erano verificati nell'unità condominiale da lei con

dotta in locazione. L'attore ha dichiarato che i danni erano stati

determinati dall'intasamento della colonna fecale dell'edificio,

che aveva provocato una fuoruscita di liquame e le conseguenti infiltrazioni.

Il condominio si è costituito in giudizio ed ha chiesto di

chiamare in causa il comune di Ragusa, sostenendo che l'alla

gamento era stato determinato dalla rottura della rete fognaria comunale.

Anche il comune si è costituito nel giudizio ed ha eccepito che la domanda proposta nei suoi confronti era inammissibile ed

infondata.

2. - La domanda è stata accolta dal tribunale con sentenza non

definitiva del 24 aprile 1994 e definitiva del 20 settembre 1997. La decisione, impugnata dal condominio, è stata riformata

dalla Corte d'appello di Catania con sentenza del 20 giugno 2000.

La corte d'appello ha dichiarato la nullità di entrambe le

sentenze del tribunale, affermando che comproprietari del tratto

della colonna fecale, dalla quale era fuoruscito il liquame, erano

i condominii di via Ercolano 34 e 52, che costoro erano litiscon

sorti necessari, pretermessi nel giudizio e che ciò comportava la

rimessione della causa al giudice di primo grado. 3. - La Mobili A.B. s.a.s. ha proposto ricorso per cassazione

ed ha depositato memoria.

Il condominio ha resistito con controricorso.

dispositivo e della pedissequa ordinanza di prosecuzione del giudizio per l'ulteriore istruttoria, si dia luogo, in immediata prosecuzione, alla

prima udienza istruttoria, la parte soccombente, che ometta di inserire a verbale la propria dichiarazione di impugnazione differita, decade dalla facoltà di scelta tra le due forme di impugnazione, restandole soltanto l'esercizio del potere di impugnazione immediata, e cioè nel termine breve di cui all'art. 325 c.p.c. decorrente dalla data di notifica della sentenza, oppure, in difetto di notifica, nel termine lungo decorrente, ai sensi dell'art. 327 c.p.c., dalla pubblicazione della sentenza stessa; contra, però, v. Cass. 12482/03, cit., la quale ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto tardiva la riserva di appello formulata all'u dienza successiva alla comunicazione della sentenza, in quanto il giudi ce di primo grado aveva svolto attività istruttoria immediatamente dopo la lettura del dispositivo della sentenza non definitiva.

Sul fatto che, una volta formulata la riserva di impugnazione nell'u dienza successiva alla lettura del dispositivo, la parte non è tenuta a ri

peterla dopo la comunicazione della sentenza non definitiva o entro l'anno della sua pubblicazione, v. Cass. 30 ottobre 1981, n. 5736, id., 1982,1, 1354.

Nel senso che, nel sistema di riserva facoltativa di impugnazione contro sentenza non definitiva, la mancata dichiarazione di riserva, ov vero la sua irritualità o tardività producono la decadenza dal diritto og getto della riserva, cioè la facoltà di impugnazione differita, ma non

precludono l'esercizio del potere di impugnazione immediata della sentenza non definitiva secondo le regole generali, per tutte, v. Cass. 15

aprile 1998, n. 3807, id., Rep. 1998, voce cit., n. 17; 28 novembre

1992, n. 12753, id., Rep. 1992, voce cit., n. 14; 12 maggio 1989, n.

2171, id., Rep. 1989, voce cit., n. 9; 2 ottobre 1987, n. 7355, id., Rep. 1987, voce cit., n. 19.

Nel senso che, nel caso di pronuncia di sentenza non definitiva e di

prosecuzione del giudizio per l'ulteriore istruzione della controversia, si verifica per il giudice che ha adottato la pronuncia una preclusione al riesame delle questioni decise con tale sentenza, onde egli non può ri solverle in senso diverso con la sentenza definitiva, sicché, ove lo fac

cia, il giudice del gravame può rilevare d'ufficio la violazione del giu dicato interno originante dalla sentenza non definitiva, che non sia stata immediatamente impugnata né fatta oggetto di riserva di impugnazione differita, a nulla rilevando che la detta violazione non sia stata oggetto di specifico gravame di parte, per tutte, v. Cass. 22 agosto 2003, n.

12346, id., Rep. 2003, voce Cosa giudicata civile, n. 10; 14 giugno 1999, n. 5860, id., Rep. 1999, voce Sentenza civile, n. 95.

Sul problema dell'individuazione delle sentenze non definitive, tra le ultime, v. Cass. 27 gennaio 2003, n. 1200, id.. Rep. 2003, voce Appello civile, n. 32, nonché, per ulteriori ragguagli, l'ampia nota di Fortini, id., 2000,1, 123 ss.

In dottrina, sulle problematiche relative all'impugnazione delle sen tenze non definitive, per tutti, v. Califano, L'impugnazione della sen tenza non definitiva, Napoli, 1996.

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