sezione I civile; sentenza 15 maggio 1986, n. 3200; Pres. Santosuosso, Est. Senofonte, P. M.Benanti (concl. conf.); Emanuelli (Avv. Torrione) c. Spalla (Avv. Guzzo Loperfido, Petrini).Conferma App. Torino 29 gennaio 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3119/3120-3121/3122Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179133 .
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3119 PARTE PRIMA 3120
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 maggio
1986, n. 3200; Pres. Santosuosso, Est. Senofonte, P. M. Be
nanti (conci, conf.); Emanuelli (Aw. Torrione) c. Spalla (Avv. Guzzo Loperfido, Petrini). Conferma App. Torino 29 gen naio 1982.
Titoli di credito — Cambiale — Mutilazione della cambiale con
asportazione della firma di emittenza — Azione causale — Inam
missibilità (Cod. civ., art. 1988; r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, modificazioni alle norme sulla cambiale e sul vaglia cambiario, art. 66, 88).
La cambiale cui sia stata asportata, in corso di circolazione, la
firma di emittenza deve considerarsi pregiudicata ai sensi del
l'art. 66 legge cambiaria e non consente pertanto l'esperimento dell'azione causale. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 6 settembre 1978, Teresio Emanuelli ha chiesto e ottenuto dal presidente del Tribu
nale di Aosta un decreto ingiuntivo nei confronti di Carla Spalla
per lire 21.677.358, costituenti l'importo di vaglia cambiari (e re
lativi accessori) emessi, tra l'agosto del 1975 e il marzo dell'anno
successivo, da Giovanni Sorci a favore della Spalla e da essa gira ti all'Emanuelli, ma privi, al momento del ricorso, delle firme
dell'emittente, essendo state queste ultime asportate. L'intimata ha proposto opposizione, deducendo che i titoli, es
sendo stati mutilati delle firme di emittenza, non erano azionabili
né come cambiali né come chirografi, contenenti promesse unila
terali di pagamento, e che l'azione si era, comunque, prescritta.
Ritenendo, al contrario, l'attitudine chirografaria non intacca
ta dalla mutilazione e infondata l'eccezione di prescrizione dell'a
zione causale, il tribunale ha respinto l'opposizione che, con la
sentenza del 29 gennaio 1982, ora impugnata, la Corte d'appello di Torino ha, invece, accolto, osservando, in relazione ai motivi
di gravame specificati dalla Spalla (uno dei quali volto a sottoli
neare che la domanda improponibile, per l'impossibilità, da par te del giratario, di restituire alla girante le cambiali «impre
giudicate» onde consentirle di rivalersi nei confronti dell'emitten
te): 1) che, pur astraendo dalla non «equivoca» transazione sti
(1) La sentenza è commentata da Leonetti, La firma di girata nella cambiate alterata, in Giust. civ., 1986, I, 1819; e da R. Lener, Titoli di credito (1977-1986). Giurisprudenza, in Riv. dir. civ., 1987, II, 261.
Essa si segnala più per la particolarità della fattispecie esaminata che
per il principio di diritto enunciato. Si trattava di una cambiale cui era stata strappata, durante la circolazione, la parte contenente la firma di emittenza e che il portatore voleva far valere come chirografo ai fini dell'esercizio dell'azione causale ex art. 66 legge cambiaria.
Al riguardo la Cassazione ha affermato che: a) un titolo similmente «mutilato» non è nullo, ma mantiene la propria natura di titolo di credi
to; b) sono di conseguenza valide le obbligazioni cambiarie dei giranti; c) si tratta di una cambiale alterata, ai sensi dell'art. 88 legge cambiaria
(in quanto l'alterazione non necessariamente incide sul contenuto della
cambiale, potendo bensì incidere nella materialità della chartula); d) l'al terazione subita rende impossibile l'esercizio dell'azione causale in quan to il portatore non appare in grado di consegnare al debitore il titolo
impregiudicato (art. 66, ultimo comma, legge cambiaria). Infatti per la corte «in riferimento alla ratio della norma di cui all'art. 66, 2° comma, legge cambiaria [recte: 3° comma] non può certo dirsi che il creditore ex causa abbia compiutamente assolto l'onere di conservare integre al
proprio debitore le azioni cambiarie a lui eventualmente spettanti, se di
queste, pur sopravvissute, risultino menomate la naturale speditezza e l'attitudine a fruire senza ritardi dello speciale statuto processuale dal
quale sono normalmente assistite». In conclusione l'azione causale va respinta non già perché si basa su
di un titolo non idoneo a consentire al debitore compulsato l'esperimento delle azioni cambiarie che gli spettano, ma perché il debitore stesso —
ricevendo un titolo «mutilato» — si troverebbe esposto al rischio di per dere tempo per farlo valere.
Questa sentenza si aggiunge alle oramai numerose «precisazioni» della Cassazione riguardo al contenuto dell'onere di riconsegna del titolo pre visto dall'ultimo comma dell'art. 66 legge cambiaria: si vedano in parti colare sent. 22 giugno 1978, n. 3078, Foro it., 1979, I, 1836, con nota critica (incentrata su temi processualistici) di E. Sabatelli; sez. un. 25
maggio 1984, n. 3221, id., 1984, I, 2784; 17 giugno 1985, n. 3643, e 5 gennaio 1985, n. 6, id., 1985, I, 3159, con nota di R. Lener, Azione causale e prescrizione delle azioni cambiarie-, ancora sent. 27 febbraio 1985, n. 1706, id., 1986, I, 769, con nota di richiami.
Si vedano anche — pur se non del tutto precisi sul punto — Pieri e Tridico, La cambiale, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigia vi, Utet, Torino, 1981, 649.
Il Foro Italiano — 1987.
pulata tra le parti nel marzo del 1977, la girata apposta su un
titolo che abbia perduto successivamente la sua natura cartolare
non può, in principio, valere neppure come promessa di paga
mento, perché avulsa dal suo originario contesto e, quindi, dal
l'innesto sulla promessa principale dell'emittente (che ne costituisce
il presupposto), vincolerebbe solo il girante, ormai privo della
possibilità di rivalersi, in sede cambiaria o chirografaria, sul suo
dante causa; 2) che il caso di specie, caratterizzato dall'emissione
di cambiali divenute successivamente invalide (per l'asportazione delle firme di traenza), esula dalle ipotesi di titoli originariamente invalidi o che abbiano perduto per prescrizione l'efficacia cam
biaria e, tuttavia, idonei, secondo la giurisprudenza, a fungere da promesse unilaterali di pagamento; 3) che, nella specie, non
può essere utilmente invocata neppure la disposizione dell'art. 88
legge cambiaria — per dedurne che la Spalla, avendo apposto la girata sui titoli prima che fossero alterati, deve risponderne nei termini del testo originario — poiché l'alterazione attiene alle
risultanze scritte del documento e non riguarda quindi la meno
mazione della sua integrità fisica.
Per la cassazione di questa sentenza l'Emanuelli propone ricor
so affidato a due motivi. La Spalla resiste con controricorso e
memoria.
Motivi della decisione. — Col primo motivo, il ricorrente, evo
cato il rapido accenno fatto dalla corte d'appello alla transazione
stipulata dalle parti, denuncia cautelativamente (qualora, cioè, si
interpreti tale accenno come decisione sul punto) violazione degli art. 116 e 360, n. 5, c.p.c., imputando alla (eventuale) statuizione
di merito difetto di chiarezza nell'impostazione della questione
e, comunque, omessa o insufficiente motivazione.
Il motivo è inammissibile, perché muove (a scopo tuzioristico)
dall'ipotesi che il giudice a quo abbia fondato la propria decisio
ne sulla transazione menzionata, mentre dal testo della sentenza
impugnata emerge letteralmente che la corte d'appello ha indivi
duato «il problema di fondo» della causa nell'alternativa volta
a stabilire se «le firme di girata possano avere valore di promesse unilaterali di pagamento» e che a questo problema soltanto ha
inteso dare risposta. Col secondo motivo, si deduce violazione degli art. 88 e 7 legge
cambiaria, nonché dell'art. 1988 c.c., perché la corte torinese avreb
be errato sia nelPescludere che costituiva «alterazione» del titolo
la parziale distruzione di esso, sia nel ritenere che la cambiale
«pregiudicata» (cioè inidonea a consentire il regresso del poten ziale solvens nei confronti degli obbligati cambiari ulteriori o l'a
zione diretta nei confronti dell'obbligato principale) non possa valere come promessa di pagamento quante volte, per prescrizio ne o per altra causa, abbia perduto l'efficacia cartolare.
Il motivo è infondato, ma la motivazione della sentenza di me
rito deve essere corretta nelle parti in cui: da un lato, istituisce
un collegamento permanente tra la validità del titolo o della ob
bligazione cambiaria principale e la validità delle successive girate o delle inerenti obbligazioni di regresso, elevando la prima a fon damento (o presupposto) di queste, con la conseguenza che, dive
nuta l'una successivamente invalida, anche le altre perderebbero
qualsiasi valore, e neppure come chirografi le girate potrebbero essere fatte, quindi, valere; dall'altro, esclude indiscriminatamen
te che il concetto di «alterazione» recepito dall'art. 88 legge cam
biaria si addica alla mutilazione del titolo.
Se è vero, infatti, per quanto concerne il primo punto, che non danno luogo a (o perdono l'efficacia di) obbligazioni cam
biarie le dichiarazioni contenute in un titolo originariamente nul
lo (o che abbia perduto la forza cartolare), non è, in principio,
esatto, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa corte
(riduttivamente interpretata dai giudici torinesi, ma di recente ri
badita anche dalle sezioni unite, con la sentenza n. 3221 del 1984, Foro it., 1984, I, 2784), che tali dichiarazioni non possano essere
utilizzate come ordinarie promesse di pagamento o come ricogni zioni di debito ai sensi dell'art. 1988 c.c., dispensando il creditore
dall'onere di fornire la prova del rapporto sottostante. E meno
ancora si può condividere l'affermazione che anche della comune
promessa di pagamento la validità del titolo costituisca il presup posto, poiché, nella situazione data, non viene tanto in discussio ne la proponibilità dell'azione causale a tale promessa ancorata,
quanto l'eventualità che l'azione possa essere paralizzata dalle ec
cezioni del convenuto.
Parimenti da rifiutare, in relazione al secondo punto, è la re
strizione, privilegiata dalla corte di merito, dei casi di alterazio
ne, innominatamente previsti dall'art. 88 cit., alle sole ipotesi di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
contraffazione del contenuto rappresentativo del documento, co
si escludendo, senza ragione e in contrasto con autorevole dottri
na, la riferibilità del concetto di «alterazione» alla struttura fisica
della chartula, la cui manomissione o parziale soppressione, mu
tandone la originaria consistenza, sono, al contrario, pienamente riconducibili allo stesso concetto e rientrano, quindi, anch'esse
nella previsione della norma. La quale, dando per scontata la
validità dei titoli alterati, si limita a diversificare le responsabilità dei sottoscrittori, secondo che le relative firme siano state appo ste prima o dopo l'alterazione.
Questa precisazione sdrammatizza, sul piano formale, la reale
portata della controversia e consente, ad un tempo, di indivi
duarne i termini più appropriati che, convenientemente sintetiz
zati, si esauriscono, in definitiva, nel seguente quesito: se possa considerarsi «pregiudicata» (alla stregua dell'art. 66 legge cam
biaria) e, quindi, capace di paralizzare l'esercizio dell'azione cau
sale, la cambiale dalla quale sia stata indebitamente asportata, in corso di circolazione, la firma di emittenza e tale, dunque,
che, sebbene virtualmente valida e astrattamente idonea all'eser
cizio delle azioni diretta o di regresso, da parte del debitore ex
causa compulsato dal proprio creditore (che, come nel caso di
specie, la cambiale abbia alterato o lasciato alterare), di codeste
azioni non consente, tuttavia, l'esperimento immediato, dovendo
essere, a questo fine, preventivamente ricostruito il testo origina rio del titolo.
Il problema si pone perché l'ipotesi non si identifica né con
quella di perdita (definitiva) delle azioni considerate (e, quindi di «pregiudizio» canonizzato) né con quella di mera inutilità pra tica delle medesime (per sopravvenuta insolvenza, ad esempio,
dell'obbligato principale), in relazione alla quale il pregiudizio di cui trattasi non si configura (cfr. Cass. 4183/74, id., Rep. 1975, voce Titoli di credito, nn. 71, 73), pur non potendosi escludere
l'esperibilità di altri rimedi atti a risarcire il portatore insoddi
sfatto dei danni imputabili al comportamento dei suoi aventi cau
sa: è un'ipotesi intermedia, insomma, non specificamente regolata. Il collegio ritiene nondimeno che al quesito si debba rispondere
affermativamente.
A prescindere, infatti, dalle possibili analogie del caso con le
fattispecie disciplinate dagli art. 1955 e 1267 c.c. (concernenti,
rispettivamente, la estinzione della fideiussione, se per fatto del
creditore non può avere effetto la surrogazione del fideiussore
nella posizione del primo, e la cessazione della garanzia del ce
dente per il bonum nomen, se la mancata realizzazione del credi
to sia dipesa da negligenza del cessionario), particolarmente
pertinente pare il rilievo che, in riferimento alla ratio della norma
di cui all'art. 66, 2° comma, legge cambiaria, non può certo dirsi
che il creditore ex causa abbia compiutamente assolto l'onere di
conservare integro al proprio debitore le azioni cambiarie a lui
eventualmente spettanti, se di queste, pur sopravvenute, risultino
menomate la naturale speditezza e l'attitudine a fruire senza ri
tardi dello speciale statuto processuale dal quale sono normal
mente assistite.
«Pregiudicate» in questo senso debbono, pertanto, considerar
si, come ritenuto dal giudice del merito, anche le cambiali (muti
late) causalmente azionate dall'Emanuelli; si che correttamente, anche se con motivazione in parte erronea, l'opposizione della
Spalla è stata accolta.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 marzo
1986, n. 2068; Pres. Quaglione, Est. Rebuffat, P. M. Be
nanti (conci, conf.); Gatta (Avv. Palladino, Placella) c. Si
liato (Avv. Pannella) e altro. Cassa App. Roma 13 marzo 1984.
Locazione — Immobile — Azione di rilascio per occupazione senza
titolo — «Laudario auctoris» — Estromissione del convenuto — Esclusione — Condizioni (Cod. civ., art. 1586).
Nella controversia promossa per il rilascio di immobile nei con
fronti di chi si assuma occuparlo senza titolo, la circostanza
che il convenuto, allegando un rapporto di locazione con un
terzo, indichi il nome del locatore, non può implicare l'estro
missione, con la prosecuzione della causa contro detto locato
li. Foro Italiano — 1987.
re, secondo la previsione dell'art. 1586, 2° comma, c.c., qualo ra l'attore neghi la sussistenza di quel rapporto di locazione, atteso che permane in tal caso la legittimazione passiva del con
venuto stesso rispetto all'oggetto della lite. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato rispettivamente il 7 ed il 12 luglio 1972, l'avv. Vincenzo Curdo, nella qualità di custode dei beni immobili pignorati a Chiara Siliato ad istanza
(1) Non constano precedenti specifici in termini. Tuttavia Cass. 11 feb braio 1976, n. 457, Foro it., 1977, I, 1536, aveva già affermato che l'e stromissione del detentore ex art. 1586 c.c. presuppone che questi non si opponga all'azione del terzo che pretende di aver diritto alla cosa ri vendicata. La laudatio auctoris conseguirebbe il suo effetto favorevole al convenuto solo allorché egli dimostri di non avere alcun interesse a rimanere nella lite. Nello stesso senso cfr. Cass. 9 aprile 1969, n. 1143, id., Rep. 1969, voce Rivendicazione, n. 9 e Cass. 5 maggio 1962, n. 892, id., Rep. 1962, voce cit., n. 11.
In tema di rivendicazione, v. inoltre Cass. 7 giugno 1973, n. 1635, id., Rep. 1973, voce Proprietà (azioni a difesa della), n. 4, che subordina l'estromissione del detentore nomine alieno alla condizione che l'indica zione del possessore, da lui fatta, non venga contestata né dall'attore, né dal possessore medesimo, oppure sia accertata nella sua esattezza dal
giudice. Del pari Cass. 12 maggio 1961, n. 1122, id., 1961, I, 902, con nota di R. Sandulli, asserisce che il convenuto che intende essere estro messo non può limitarsi ad indicare la persona nel cui nome detiene, ma deve provare che detiene a nome di lei. Contra, specificamente, Cass. 8 ottobre 1954, n. 3448, id., Rep. 1954, voce Rivendicazione, n. 10, a tenore della quale si evince dall'art. 1586 c.c. che per acquistare il diritto all'estromissione è sufficiente la semplice indicazione del proprietario.
In dottrina pervengono a conclusioni analoghe a quella della sentenza
riportata: Provera, Locazione - Disposizioni generali, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980, 263; Tabet, La loca
zione, Milano, 1972, 538; R. Sandulli, In tema di «laudatio auctoris», in Foro it., 1961, I, 902. Contra, Zanzucchi, Dir. proc. civ., 1942, I, 304, e, implicitamente, Satta, Commentario, Milano, 1966, I, 403. Il
primo di questi autori definisce aberranti le conseguenze di un'estromis sione ordinata sulla semplice indicazione del locatore, come sembrerebbe desumersi dalla lettura della norma, aggiungendo che, qualora «il chia mato in causa neghi per qualsiasi motivo di essere tenuto alla garanzia, invano il conduttore pretenderebbe di essere estromesso dal giudizio». L'art. 1586, 2" comma, andrebbe pertanto raccordato con l'art. 108 c.p.c., pur ammettendosi la differenza testuale tra le due disposizioni, la prima delle quali attribuirebbe al conduttore uno «specifico diritto» all'estro
missione, mentre la seconda concederebbe soltanto una generica facoltà di richiederla.
Anche Tabet, dopo aver chiarito che la norma ha un contenuto di natura essenzialmente procedurale (analogamente v. Trifone, La locazio
ne, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, 11, Torino, 1984,
473), ne auspica il coordinamento con gli art. 106 e 108 c.p.c. Afferma
pertanto che il giudice ha il dovere di decidere sulla questione di legitti mazione passiva e di assolvere il conduttore dalla domanda (e non limi
tarsi a estrometterlo) se ravvisa che questi non era legittimato. L'autore
segnala inoltre la gravità della situazione che si verrebbe a creare qualora, estromesso il conduttore, l'attore non provvedesse a chiamare in causa il (presunto) locatore: il processo resterebbe con una sola parte senza che il giudice possa imporre all'attore la chiamata in causa del terzo, essendo tale chiamata prevista solo facoltativamente. Seguendo tale linea
argomentativa la sentenza in epigrafe sostiene che attribuire al convenuto
ex art. 1586 il «potere insindacabile di liberarsi, sulla parola, della do
manda», potrebbe condurre all'artificioso spostamento del processo tra
parti non in lite, mortificandone la funzione di produrre giustizia. Secon do il Supremo collegio discende da questa osservazione la necessità di
un'interpretazione restrittiva della norma, che consenta l'estromissione del convenuto allorché la locazione «non sia negata dai terzi cui venga
opposta». Come si può constatare la sentenza preferisce mettere in luce le para
dossali conseguenze di una interpretazione letterale della norma, rifacen
dosi, per liquidarla, a ineccepibili principi generali. Per tal via però si
omette di affrontare l'esegesi invero non agevole della disposizione stes
sa, a mente della quale il conduttore deve essere estromesso dal processo «se non ha interesse a rimanervi».
Su quest'ultima espressione cfr., ancora, Tabet, op. cit., 541, secondo
cui l'interesse in parola deve intendersi in senso oggettivo, cioè di interesse
processuale e non con mero riferimento al conduttore. Se ne inferisce che
la constatazione del terzo attore o del locatore, facendo emergere l'interes
se processuale a dirimere la questione insorta sulla legittimazione passiva, vale a escludere che operi il diritto all'estromissione. Si attenuano cosi le
differenze con la disciplina generale del codice di rito in ordine all'estro
missione del garantito (art. 108 c.p.c.) e si apre la via a un ventaglio di
ipotesi (cfr. sul punto Sandulli, op. cit., 905) prevalentemente destinata
a sfociare in una sentenza di merito, salva la verifica della concorde volon
tà dell'attore e del locatore chiamato in causa di far rapidamente uscire
dal processo il convenuto che ha effettuato la laudatio. [P. D'Ascola]
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