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Sezione I civile; sentenza 15 marzo 1983, n. 1900; Pres. U. Miele, Est. Lipari, P. M. Nicita (concl.diff.); Guatelli (Avv. Flauti, Dalmazzo, Verda) c. Soc. Italgraf Nord (Avv. Assumma, Bonelli,Moreno). Regolamento di competenza avverso Trib. Imperia 8 marzo 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 883/884-887/888Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175757 .
Accessed: 28/06/2014 08:44
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PARTE PRIMA
qualità soddisfacente, il che implica una particolare considera zione per il produttore e la correlativa tendenza dei consuma tori ad acquistare altri prodotti che venissero posti sul mercato con lo stesso marchio, nel ragionevole convincimento che anche i nuovi prodotti saranno di eccellente qualità; il che tuttavia non
è senza limiti poiché il marchio celebre non desterà una tale fi
ducia né ove esista una rilevante distanza merceologica tra il
vecchio ed il nuovo prodotto né qualora l'uno o l'altro prodot to siano altamente specializzati; b) i marchi celebri di alta rino
manza, pur esplicando prevalentemente funzione distintiva del
prodotto, estendono il campo di protezione al di là dei prodotti
uguali o strettamente affini, ma entro i limiti del pericolo di con
fusione in cui il consumatore medio può cadere attribuendo al
titolare del marchio la fabbricazione di altri prodotti o ritenen
do falsamente l'esistenza di legami giuridici ovvero economici
tra le due imprese; c) marchi difensivi o protettivi sono quei marchi i quali costituiscono variazioni di uno stesso marchio che
l'imprenditore può far registrare anche senza usarli, al fine di
conseguire maggiore sicurezza, contro le successive imitazioni dei
concorrenti, di beneficiare della protezione della legge (art. 42, 3° comma, della legge speciale) e porre al riparo da decadenza il titolare del brevetto relativo al marchio non utilizzato, qua lora egli utilizzi effettivamente altro marchio simile per contrad
distinguere gli stessi prodotti o merci; d) non è rilevante giuri dicamente il preuso di un marchio che costituendo una variante di un marchio precedente da altri registrato è protettivo del me desimo e ad esso quindi si richiama nella parte essenziale della sua funzione distintiva, in quanto in tal caso è sufficiente ad im
pedire la invalidazione del nuovo marchio che il registrante ab bia in precedenza utilizzato il marchio protetto che contiene
l'elemento caratterizzante ed individualizzante anche il nuovo mar
chio avente funzione protettiva del primo. In questo caso, in
fatti, il pubblico dei consumatori conosce già il prodotto contrad distinto col marchio originario e di conseguenza il preutente ris
petto al marchio protettivo del medesimo non è in grado di ge nerare nel pubblico dei consumatori la conoscenza del prodotto contraddistinto con il marchio di fatto e di ottenere quindi la
notorietà obiettiva dell'uso del medesimo poiché non toglie al marchio originario protetto il requisito della novità; e) poiché l'azione di usurpazione di ditta (come l'azione di concorrenza
sleale) tende alla eliminazione di un pregiudizio da altri prodot to alla propria attività di impresa, la relativa indagine deve es
sere svolta con particolare riferimento all'epoca della domanda
giudiziale in cui si assume che quel pregiudizio si è verificato.
(Omisis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 15 mar zo 1983, n. 1900; Pres. U. Miele, Est. Lipari, P. M. Nicita
(conci, diff.); Guatelli (Avv. Flauti, Dalmazzo, Verda) c. Soc. Italgraf Nord (Avv. Assumma, Bonelli, Moreno). Regola mento di competenza avverso Trib. Imperia 8 marzo 1982.
Arbitrato e compromesso — Società in accomandita semplice —
Atto costitutivo — Clausola compromissoria — Domanda di revoca di amministratore — Inoperatività — Competenza del
giudice ordinario — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 809, 810; cod. civ., art. 2259, 2319).
La clausola compromissoria, inserita nell'atto costitutivo di so cietà in accomandita semplice, che devolve alla cognizione di un collegio di tre arbitri (« due dei quali da nominare da cia scuna delle parti e il terzo dai due arbitri eletti o, in caso di disaccordo, dal presidente del tribunale ») le controversie « tra i soci ovvero tra alcuni di essi, i loro eredi e la società circa l'interpretazione e l'esecuzione del contratto », è ino
perante per l'azione di revoca dell'amministratore che, do vendosi svolgere necessariamente quantomeno fra tre sogget ti, resta di competenza del giudice ordinario. (1)
(1) Nella parte di motivazione non riprodotta la corte si è richia mata alla regola secondo cui alla nomina degli arbitri rituali devono concorrere tutte le parti (in argomento, di recente, Silingardi, Il compromesso in arbitri nelle società di capitali, 1979, 121-122, testo e nota 24; Cass. 21 ottobre 1980, n. 5635, Foro it., 1980, I, 2694, con osservazioni di C. M. Barone), ma la dottrina che più attentamente si è soffermata su vicende analoghe al caso ora esaminato dalla Cas sazione (Vecchione, L'arbitrato nel sistema del processo civile, 1971, 409-413, testo e note; Andrioli, Commento, 1964, IV3, 794-800, cui si rinvia per una sintetica ed efficace valutazione della portata di Cass. 11 ottobre 1957, n. 3758, Foro it., Rep. 1957, voce Società, n. 164, per esteso in Giust. civ., 1958, I, 66, posta a base delle con
Svolgimento del processo — Con atto di citazione, notificato il 12 maggio 1981 i coniugi Riccardo Guatelli e Tiziana Riva, nella qualità di soci accomandanti della s. a. s. Italgraf Nord, convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Imperia, il so cio accomandatario Bruno Fantini, l'amministratore di tale so
cietà, e la società stessa per sentirla condannare alla ripartizio ne dell'utile netto di esercizio relativo agli anni 1979 e 1980, con il conseguenziale risarcimento dei danni.
Con altro atto di citazione, notificato il 30 ottobre 1981, i me desimi Guatelli e Riva convenivano in giudizio davanti al mede simo tribunale il Fantini, la società, nonché, per completezza di contraddittorio l'altro socio accomandante, Sandro Fantini, per ottenere la revoca dell'amministratore negligente, ai sensi del l'art. 2259 c.c.
Le cause venivano riunite in istruttoria dopo che, in ciascuna di esse, era stata sollevata ecezione di incompetenza, in forza della clausola compromissoria, contenuta nell'art. 11 dell'atto co
stitutivo, del seguente tenore: « qualsiasi controversia dovesse
sorgere tra i soci, o tra alcuni di essi, i loro eredi e la società, circa la interpretazione ed esecuzione di questo contratto, sarà
rimessa al giudizio di tre arbitri, amichevoli compositori; due dei quali da nominare da ciascuna delle parti, ed il terzo dai due arbitri eletti o, in caso di disaccordo, dal presidente del tribu nale ».
Il tribunale adito accoglieva l'eccezione di incompetenza. (Omissis)
Il p. g. presso questa corte, con le proprie conclusioni scritte, ha chiesto che il ricorso sia rigettato, dichiarandosi la competen za arbitrale, osservando che la clausola compromissoria, quando, per la pluralità delle parti, non sia regolabile la nomina degli ar bitri, va ritenuta valida ed occorre ragionare in termini di effi
cacia-inefficacia, verificandosi quest'ultima eventualità solo quan do non sia possibile ridurre il numero delle parti in causa a due sole mediante raggruppamento degli interessi omogenei. Si deve, pertanto, verificare in concreto, a prescindere da qualsiasi aprio rismo, la possibilità della schematizzazione della controversia che si vuole compromettere in arbitri, in modo tale da assicurare cor
rispondenza fra raggruppamenti degli interessi coinvolti ed ar bitri da nominare, cosicché ciascun gruppo (equivalente al con cetto di « parte ») sia posto in grado di procedere alla nomina del proprio arbitro; e quindi, rispetto a clausole del tenore di
quella considerata, l'efficacia viene a dipendere dalla concreta
possibilità che i gruppi siano riducibili a due, ciascuno dei quali procede alla nomina di sua spettanza.
Tale raggruppamento risultava già formalizzato dal lato atti
vo, in cui si presenta in giudizio una sola parte, poiché i co
niugi Guatelli-Riva hanno proposto un unico atto di citazione, perseguendo identico scopo e finalità, affidandosi per lo svol
gimento delle loro ragioni ad un solo difensore, e cosi realiz zando un litisconsorzio facoltativo, laddove avrebbero potuto agire separatamente, iniziando autonomi giudizi arbitrali, cia scuno dei quali governato da uno specifico collegio arbitrale. Dal lato passivo, poiché la società e l'altro socio accomandante, pur negando in principio la loro legittimazione passiva, hanno aderito totalmente alle difese del socio unico accomandatario ed amministratore (Bruno Fantini): «ben può ipotizzarsi la riu nione di tali soggetti in un unico gruppo di interessi con unico arbitro ». Tale possibilità, del resto, è stata riconosciuta dalla
clusioni difformi del p. m.) ha ricollegato l'inoperatività di clausole compromissorie del tipo di quella contenuta nell'atto costitutivo della s.a.s. Italgraf Nord all'obbligo di osservare il principio della neces sità del numero dispari degli arbitri, dando concrete indicazioni (An drioli, op. cit., 795-796), anche sulla scorta di varie pronunzie giu risprudenziali, tra le quali Cass. 7 febbraio 1955, n. 349, Foro it., 1955, I, 313, su possibili clausole compromissorie funzionali e rispet tose del menzionato principio.
Sulla natura dell'azione di revoca dell'amministratore di società in accomandita semplice, in relazione agli art. 2259 e 2319, c.c., si può consultare G. Ferri (Delle società, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, 1981, 168-171, 483-485), che si diffonde sulla questione, di cui è cenno nella motivazione della riportata sentenza, relativa alla possibilità di riconoscere la personalità giuridica alle società a base personale, risolvendola in senso negativo {op. cit., 10 ss.). Il problema dei rapporti tra associazioni non riconosciute e/o comitati e le persone giuridiche è stato, comunque, più volte esa minato dalla Cassazione (fra le altre, sent. 12 novembre 1977, n. 4902, Foro it., 1978, I, 40, con nota di richiami; 7 marzo 1977, n. 925, id., 1977, I, 441 e 16 novembre 1976, n. 4252, ibid., 1482, entrambe con osservazione di A. Lener) la quale ha anche riconosciuto (cons, pure i precedenti richiamati in nota a quest'ultima sentenza) una propria soggettività ai gruppi con autonomia patrimoniale, anche se costituiti da società di fatto.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
stessa Corte di cassazione (con sent. n. 3758 del 1957, Foro it.,
Rep. 1957, voce Società, n. 164). Non sussisterebbero, in conclusione, « seri ostacoli » alla ap
plicazione pratica della clausola compromissoria. Né varrebbe
obiettare che la domanda risarcitone rientra, comunque, nella
competenza del tribunale adito, attraendo nell'ambito della giu risdizione ordinaria le ulteriori domande dedotte in causa, non
essendo esatto l'assunto che la domanda risarcitoria esorbiti dal
l'ambito della clausola compromissoria che comprende anche la
« esecuzione » del contratto societario.
Motivi della decisione. — (Omissis). Ritiene, pertanto, il col
legio che in situazione siffatta non basta, cosi come il p. g. pro
pone nella sua requisitoria, soffermarsi a prendere atto della
(sia pur singolare) coincidenza delle posizioni defensionali as
sunte dall'amministratore e dalla società (che questi viene ac
cusato di avere malamente gestito a proprio vantaggio, anzi
ché nell'interesse dei soci); e mentre va ribadito che il giudice non può interferire in positivo sullo spontaneo aggregarsi dei
portatori di interessi omogenei in funzione della nomina del
l'arbitro (dissipando, per quanto possa occorrere, l'equivoco che
potrebbe annidarsi nella motivazione del Tribunale di Imperia, suscettibile di essere intesa in tal senso), deve darsi essenziale
rilevanza, per regolare la competenza, alla natura dell'azione di
revoca dell'amministratore che si caratterizza in senso multila
terale e postula, come effetto del litisconsorzio necessario che
ne consegue, l'indeclinabile autonoma legittimazione nel pro cesso ordinario dei portatori degli interessi canonizzati nella
struttura dell'azione che devono stare in giudizio, ciascuno con
specifica collocazione, e non possono tenere in non cale questa autonomia che caratterizza la multilateralità dell'azione anche
se per avventura si trovino a condividere, nel proprium pecu liare di una singola lite, posizioni secondo la loro personale va
lutazione omogenee, ma che tali, in generale ed in astratto, non
sono state considerate dal legislatore. In tali circostanze è consentito al giudice, chiamato a stabilire
se possa ritenersi operante la clausola compromissoria binaria, di intervenire in negativo, negando, cioè, che l'ordinamento con
senta la aggregazione bipolare di interessi su cui i contendenti
si sono assestati.
Poiché l'aggregazione spontanea, affidata in principio alla au
tonomia delle parti, incontra il limite della fattispecie legale, e
non può essere valorizzata quando l'azione postula un litiscon
sorzio necessario, coinvolgente più di due parti, e poiché il col
legio ritiene che questa ipotesi ricorra rispetto alla revoca del
l'amministratore, il riconoscimento nella specie della competen za dell'a.g.o., nonostante la delicatezza della materia sottolineata nella requisitoria del p. g., risulta abbastanza agevole, muoven
do dal rilievo che il problema della applicabilità della clausola
compromissoria binaria nelle liti societarie non si risolve solo
e sempre in linea di fatto prendendo atto della spontanea aggre
gazione degli interessi, essendo inibito al giudice di ratificarla
quando sia resistita dalla struttura dell'azione che postula una
molteplicità di polì, facenti capo ciascuno ad un soggetto che
si qualifica come litisconsorte necessario e che, in relazione a
tale qualificazione, non può abdicare alla propria autonomia di
parte in senso formale e sostanziale nel passaggio dell'azione
giudiziaria al giudizio arbitrale, intermediata dalla nomina del
l'arbitro di sua esclusiva spettanza. Conseguentemente all'azione societaria, riguardante una plu
ralità di soggetti e nella quale la società, anche se personale, sia
pure nel limitato ambito della autonomia patrimoniale, si pre senta distinta dai soci o dall'amministratore, non è applicabile la clausola compromissoria che prevede un procedimento bina
rio di nomine degli arbitri: tale è il caso dell'azione di revoca
dell'amministratore di società in accomandita semplice. (Omissis) Attraverso il riscontro diretto degli atti, che il collegio può
compiere, in materia di competenza, risulta che in entrambe le ci
tazioni introduttive i coniugi Guatelli - Riva agiscono di conser
va, avendo instaurato un litisconsorzio facoltativo attivo, sia per richiedere la ripartizione degli utili, sia per ottenere la revoca
dell'amministratore e quindi può ammettersi la loro considera
zione come parte sostanziale unica.
Ma nel giudizio di revoca dell'amministratore (sul quale, co
me si è premesso, il collegio intende essenzialmente far leva) sono stati convenuti Bruno Fantini in proprio, la società in ac
comandita semplice di cui il medesimo è amministratore unico
(e solo socio accomandatario) e l'altro socio accomandante, San
dro Fantini. Dal punto di vista formale stanno in giudizio tre
«parti» di sicura soggettività giuridica (i coniugi accomandanti
attori legati fra loro in litisconsorzio facoltativo; il socio acco
modante convenuto; il socio accomandatario amministratore) ed
una parte (la società in accomandata semplice) la cui attitudine
a porsi quale centro di interessi, a prescindere dal puntuale ri
conoscimento della soggettività giuridica, è fuori discussione, attesa la autonomia patrimoniale che la legge prevede al riguar do rispetto ai soci; apparendo fondamentale ed insuperabile al
riguardo il dato di diritto positivo, rispetto ad un discorso da
svolgere in termini sostanzialistici, incentrato sugli interessi in
gioco, contrapposti alla caratterizzazione formale; è fuori discus
sione, perché sancita dalla legge, che la società in accomandita
semplice ha sostanzialmente autonomia patrimoniale e viene con
siderata come interlocutore necessario quando si tratta di pro
cedere/in giudizio alla revoca del suo amministratore.
L'indagine che il giudice di merito avrebbe dovuto compiere, ed ha, invece, trascurato, attiene alla individuazione dell'oggetto della lite, di cui si volevano investire gli arbitri, e specificamente di quella attinente alla revoca dell'amministratore, la cui uni
tarietà inscindibile, atteso il carattere costitutivo della sentenza
da emettere, avrebbe dovuto renderlo avvertito che ne venivano
ad essere stravolte le stesse premesse da cui muoveva contrap
ponendo il litisconsorzio facoltativo a quello necessario (con
siderato come limite invalicabile del ragionamento svolto). In
coerenza con la sua stessa impostazione il tribunale avrebbe do
vuto verificare se la scindibilità delle liti riunite in nuclei de
cisionali arbitrali, ciascuno volto a risolvere la dialettica bipolare di interessi meramente dualistici (anziché pluralistici) enunciata
come criterio di riprova della esattezza della contrapposta radi
calizzazione degli interessi in conflitto, in conseguenza dell'im
possibile accordo sulla nomina dell'arbitro (nel parallelismo del
le liti scindibili e separatamente promuovibili davanti all'a.g.o. e dei giudizi arbitrali ciascuno diretto a risolvere un frammen
to della lite globale suscettibile di autonoma considerazione ed
autonoma decisione) potesse applicarsi al giudizio di revoca del
l'amministratore integrante un'azione costitutiva a struttura sicu
ramente trilatera (se non addirittura ulteriormente plurilateral
La risposta negativa al quesito che il collegio intende dare
priva di plausibilità le argomentazioni che, sotto il segno della
concretezza e dell'ic et nunc, vengono svolte dalla sentenza im
pugnata ed avallate dalla requisitoria del p.g., poiché la preclu
sione di assorbente ordine giuridico che ne consegue, toglie fon
damento alle notazioni fattuali, esatte od inesatte che siano nel
la loro specificità. Il riconoscimento del carattere quantomeno trilatero dell'azio
ne di revoca dall'amministratore di società in accomandita sem
plice discende con sicurezza dalla autonomia patrimoniale che
l'ordinamento riconosce alle società di persone; e quindi non
comporta una presa di posizione sul tema della soggettività giu
ridica in senso pieno di tali società (che la giurisprudenza con
tinua a negare: cfr. per una fra le prime argomentate decisioni
in tal senso: Cass. 2784/52, id., 1953, I, 1638).
E nemmeno è necessario approfondire il discorso qualificato rio oltre la soglia della irriducibile e sicura trilateralità, che è
sufficiente al collegio per giungere alla conclusione della inap
plicabilità della clausola e dichiarare la competenza del tribunale
(considerando, appunto, l'ambito del giudizio da rendere che
attiene esclusivamente alla competenza).
È stata sostenuta in dottrina la multilateralità dell'azione di
revoca rispetto alla quale si presenterebbero irriducibilmente co
me parti necessarie non solo, come è ovvio il socio attore, l'am
ministratore convenuto e la società quale centro di imputazione di interessi diversi e contrapposti rispetto a quelli dell'ammini
stratore, ma tutti i singoli soci accomandanti, osservandosi che,
poiché l'azione di revoca incide oltre che sulla attività degli
amministratori, sulla loro stessa investitura, con effetti che si
curamente si ripercuotono sulla società, e sugli altri soci, il li
tisconsorzio necessario verrebbe a riguardare non soltanto la
società, ma anche gli altri soci, i quali, essendo tutti interessati, hanno diritto singolarmente di prendere posizione, uno per uno.
La società, nel suo nucleo di autonomia patrimoniale, sta al
centro della fattispecie di revoca del « suo » amministratore:
né, per negare questa autonomia dai riflessi formali e sostan
ziali, varrebbe obiettare che contro la società non sono state
proposte domande, non essendo possibile « estromettere » dal
giudizio di revoca dell'amministratore di una società, la società
stessa che rappresenta l'imprescindibile punto di riferimento del
la pronuncia da rendere che incide su un fondamentale elemen
to strutturale. Giova al riguardo in maniera determinante l'osser
vazione, sulla quale giustamente insiste la difesa degli istanti, che non sono confondibili ed unificabili nel medesimo fronte di
difesa di interessi « asseritamente » comuni quello dell'ammini
stratore a mantenere l'ufficio per i vantaggi che ne dipendono e
la possibilità di gestire la società come cosa propria, e quello della società ad essere amministrata al meglio.
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PARTE PRIMA
E nemmeno sarebbe decisivo osservare, contro il carattere (al
meno) trilatero dell'azione, che in definitiva l'interesse della so
cietà si identifica con la sommatoria degli interessi di tutti i soci.
Vero è che da questa constatazione la giurisprudenza ha preso le mosse per il superamento della mancata vocatio in ius della
società rispetto alla domanda di revoca dell'amministratore (cfr. Cass. 3028/76, id., Rep. 1976, voce Intervento, n. 43; 3297/69,
id., Rep. 1970, voce Società, n. 139); ma la soluzione allora adot
tata (a parte le perplessità che suscita per l'empirismo che la con
traddistingue), non rappresenta un ostacolo insuperabile sulla
strada che il collegio intende percorrere. E ciò per almeno tre ragioni: perché alla base della soluzione
concessiva e riparatoria allora adottata sta fermissimo il convin cimento della Suprema corte che la società è parte necessaria del giudizio che non si potrebbe svolgere in principio a prescin dere da tale vocatio; perché possibile o impossibile che sia rav visare situazioni vicarianti della omessa vocatio in ius della so
cietà, quando invece, e correttamente, l'attore abbia chiamato la
società in giudizio per sentire dichiarare se l'amministratore pos sa restare in carica, ovvero debba essere revocato, è assolutamen te certa la legittimazione processuale della società medesima,
(ancorata sostanzialmente alla evidenziata autonomia patrimonia le) che quindi non può essere sbiadita, od addirittura neutraliz
zata, negandole il diritto alla nomina del proprio arbitro, e che
non sembra riducibile e confondibile per l'eventuale raggruppa mento con altri interessi asseritamente omogenei perché l'azione,
per ribadire ancora il fondamentale motivo conduttore della pre sente decisione, è stata costruita dal legislatore facendo perno, per
ricollegarvi una legittimazione « necessaria », anche sulla figura societaria come tale, e la sua struttura presenta un tale coeffi
ciente di rigidità e di specificità negli interessi canonizzati da
non consentirne il raggruppamento con altri, non sussistendo, per effetto di questa caratterizzazione formale, nemmeno il conno
tato unificante della omogeneità; perché, infine, anche se fosse
possibile « stemperare », cosi come questa corte ha ritenuto di
fare nelle richiamate decisioni, la società, quale parte necessaria
del giudizio, nei soci (in tutti i soci) che ne fanno parte, il di
scorso in termini di litisconsorzio necessario pluralistico restereb be fermo ed anzi ne risulterebbe ratificata, sia pure in questa li mitata prospettiva, la tesi della estensione del contraddittorio medesimo a tutti i soci, dato che è consentito prescindere dalla
presenza in giudizio della società solo perché, in sua vece, stanno in giudizio tutti i soci, ciascuno dei quali deve imprescindibil mente essere parte perché la sentenza risulti utiliter data, venen do a rifrangersi il requisito qualitativo di parte necessaria della società come tale imprescindibilmente presente non solo nel giu dizio ordinario, ma anche in quello arbitrale, instaurato con il suo essenziale ed autonomo apporto nella nomina dell'arbitro, in
ciascuno dei soci, accomandatari od accomandanti che siano. An
cora una volta, quindi, la rigidità del litisconsorzio necessario
multilaterale si frappone ad una polarizzazione della lite conce
pita dal legislatore come controversia nella quale più di due parti devono essere presenti, con autonomia irriducibile di legittimazio ne, che si proietta nel « diritto » alla nomina dell'arbitro.
Dovendosi aver riguardo alla configurazione astratta del
l'azione nell'alternativa fra un litisconsorzio necessario compren dente la società, ovvero, in mancanza della vocatio in ius della
società medesima, vicariamente (ed imprescindibilmente) esteso
a tutti i soci, la ricognizione contenutistica delle posizioni proces suali che le parti necessarie dell'azione, in numero sempre e co
munque superiore a due, hanno assunto nel processo non rileva,
presentandosi la pluralità quale essenziale connotato della azione, che impedisce radicalmente di travasarla in un arbitrato binario,
poiché l'aggregazione di parti necessarie sotto unico esponente risulta essere una operazione contra legem.
È opportuno sottolineare, altresì', che lascia perplessi la rati
fica di una pretesa omogeneità di interessi suscettibili di rifletter
si sulla nomina di un solo arbitro che trova concordi tribunale e
p. g., ipotizzando una simbiosi tra società ed amministratore revo
cando, di cui giustamente si dolgono i ricorrenti, i quali, altresì, sottolineano che non è stata presa nella dovuta considerazione
la circostanza della dissociazione della posizione di Bruno Fan
tini socio accomandante convenuto rispetto a quella dei soci ac
comandanti attori, che sta in giudizio accanto al fratello ammi
nistratore revocando. Evidentemente al Bruno Fantini « sta bene »
che la società sia amministrata dal fratello; indubbiamente nella
valutazione dell'opera dell'amministratore si possono manifestare
divergenze fra i soci anche se si tratta di società a numero ri stretto di soci (tre accomandatari; Sandro Fantini per il 25 %, Riccardo Guatelli per il 45 %, Tiziana Riva, per il 5 %, ed un
accomandatario, Bruno Fantini per il 25 %); e poiché nella spe
eie, i due fronti delle quote sono in perfetto equilibrio al 50 %
fra i fratelli Fantini ed i Guatelli-Riva, la solidarietà per cosi
dire « familiare » dei due gruppi era estremamente significativa dello spazio di autonomia della società il cui interesse potrà
trovare un elemento esponenziale particolarmente significativo
proprio nella contrapposizione paralizzante dei gruppi. Sarebbe semplicistico osservare che anche rispetto alla revoca
dell'amministratore le posizioni astrattamente ipotizzabili sono
due sole: quella di chi è favorevole, e quella di chi la contrasta,
poiché il ragionamento prova troppo, attenendo a qualsiasi do
manda che venga proposta in giudizio. È. invece il necessario ri
flettersi della pronuncia su più di due soggetti che dà un conno
tato formale essenziale alla lite, rendendola insuscettibile di fra
zionarsi in una serie di rapporti omogenei e paralleli sussumibili
nello schema della bipolarità.
Rispetto al litisconsorzio necessario, in conclusione, rileva in
modo determinante, e preclusivo dell'applicabilità dello strumen
to di nomina degli arbitri a struttura binaria, la formale separa zione delle parti e la imprescindibile presenza di tutte e di cia
scuna nel giudizio sia esso ordinario che arbitrale, dovendo ri
flettersi in quest'ultimo a corrispondenza parte - arbitro poiché la
istituzionalizzata presenza di più legittimati rende irrilevante la
possibilità di raggrupparli su due fronti (e la stessa collocazione
contrapposta in due soli gruppi concretamente assunta nel pro
cesso). Tale formale autonomia delle parti « necessarie » che
risultano essere più di due, sia se si faccia capo alla società di
stinta dal gruppo dei soci accomandatari (eventualmente unifica
to), sia all'amministratore revocando, sia che si frammenti la ne
cessarietà del litisconsorzio in tante parti formali quanti sono i
soci, impedisce all'autonomia dei soggetti coinvolti nella lite di
raggrupparsi attorno a due soli poli di interesse (mentre è asso
lutamente certo che a tale contrapposizione dualistica non po
trebbe in nessun caso provvedere il giudice imperativamente). Pertanto nonostante il comportamento processuale evidenzi una
bipolarità di posizioni sia pure attraverso alleanze « singolari »
(come nella specie in cui la bipolarizzazione porterebbe all'as
surda designazione di un solo arbitro per la tutela degli interessi
sicuramente contrapposti, alla stregua della tesi degli attori, della
società malamente amministrata e dell'amministratore autore della
mala gestio, battendosi la società stessa per continuare ad essere
retta da un amministratore incapace e/o infedele). Posto che l'azione di revoca dell'amministratore, a struttura li
tisconsortile necessaria quantomeno trilatera, non è suscettibile
di essere compromessa in arbitri con sistema di nomina binario
ne segue l'inapplicabilità della clausola rispetto ad una lite sif
fatta, a prescindere dagli atteggiamenti litisconsortili, o di comu
ne difesa, concretamente assunti. Pertanto, tutti i giudizi riuniti
davanti al giudice ordinario, stante la componente di irriducibi
lità ad arbitrato (binario) posta in evidenza, restano di compe tenza dell'a.g.o. davanti alla quale rettamente sono stati incar
dinati.
In conclusione l'istanza risulta fondata e deve essere dichia
rata la competenza del Tribunale di Imperia, ribadendo, giusta il
costante orientamento della corte, l'inammissibilità della memoria
degli istanti, diretta alla confutazione delle conclusioni negative del p. g. (ofr., da ultimo, Cass. 1939/81, id., Rep. 1981, voce
Competenza civ., n. 262). (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 9
marzo 1983, n. 1756; Pres. Mirabelli, Est. Tondo, P. M. Miccio
(conci, conf.); Calzaturificio Let's Go 2000 (Avv. Me
lani, Aranguren) c. D'Apuzzo. Conferma Trib. Pistoia 2 mar
zo 1978.
Lavoro (rapporto) — Patto di prova — Forma scritta « ad sub
stantiam » (Cod. civ., art. 1350, 2096).
L'atto scritto, dal quale deve risultare l'assunzione in prova del
lavoratore a norma dell'art. 2096, 1° comma, c. c., è richiesto
ad substantiam e non ad probationem. (1)
(1) Le sezioni unite ribadiscono il tradizionale orientamento sul carattere essenziale della forma scritta prescritta, a pena di nullità, dall'art. 2096, 1° comma, c.c. per l'introduzione del patto di prova, assorbendo la deviazione dall'indirizzo consolidato recentemente ten tata da Cass. 25 maggio 1982, n. 3192, Foro it., 1982, I, 1551, che con una serie di argomenti — analiticamente confutati dalla sentenza
riportata — ha ritenuto che l'atto scritto sia richiesto ad probationem. Peraltro, già prima dell'intervento delle sezioni unite, la sezione la
voro, con la sent. 17 giugno 1982, n. 3699, ibid., 2165, ha riaffermato
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