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Sezione I civile; sentenza 15 marzo 1983, n. 1903; Pres. Mazzacane, Est. Lipari, P. M. Ferraiuolo...

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Sezione I civile; sentenza 15 marzo 1983, n. 1903; Pres. Mazzacane, Est. Lipari, P. M. Ferraiuolo (concl. conf.); Soc. Nabocarni (Avv. Bonifazi) c. Comp. di assicurazioni Anglo Elementar (Avv. Bauderer, Wolf). Conferma App. Brescia 28 giugno 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3095/3096-3101/3102 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176939 . Accessed: 25/06/2014 02:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.47 on Wed, 25 Jun 2014 02:06:04 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 15 marzo 1983, n. 1903; Pres. Mazzacane, Est. Lipari, P. M. Ferraiuolo(concl. conf.); Soc. Nabocarni (Avv. Bonifazi) c. Comp. di assicurazioni Anglo Elementar (Avv.Bauderer, Wolf). Conferma App. Brescia 28 giugno 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3095/3096-3101/3102Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176939 .

Accessed: 25/06/2014 02:06

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3095 PARTE PRIMA 3096

zione (mediante le anteriori previsioni della convenzione medesi

ma) di concorrente competenza ai giudici dell'uno e dell'altro

Stato, è regolato con riferimento a situazioni rilevanti, nell'ordi

namento interno, in termini di conflitto di competenza per ragioni

qualificate di litispendenza, ed è regolato con analoga disciplina:

perché egualmente presuppone l'identità delle parti e dell'oggetto di procedimenti successivamente instaurati davanti a giudici di

versi (identità di causa) ed egualmente si prescrive il rifiuto del

giudizio da parte del giudice della causa posteriormente proposta — differenziatamente riservandosi a questo giudice il controllo

dell'appartenenza della causa alla giurisdizione di quello primo

adito, mediante preventiva delibazione della riconoscibilità della

decisione ad esso chiesta.

Deve invece escludersi che l'art. 12 della convenzione conside

ri e regoli anche la diversa situazione alla quale ha ulteriormente

riguardo l'art. 3 c.p.c. di contemporanee pendenza davanti a

giudici diversi di cause connesse, o in rapporto di continenza

(che è una specie della connessione): perché questa situazione ha

presupposti diversi da quelli della litispendenza e ad essa l'anzi

detta disciplina non è adeguata.

Invero, il conflitto indotto dalla connessione, o continenza, non

è logicamente componibile, e concretamente non è risolto nell'or

dinamento, con un rifiuto di giudizio, che comporterebbe parziale

privazione della perseguita tutela giurisdizionale: ché invece per considerazione di esso sono sancite previsioni di coordinamento

delle attività dei diversi giudici che vi sono coinvolti, mediante

attribuzione di competenza a uno solo di essi per la unitaria

decisione (secondo il criterio della prevenzione, o secondo diverso

criterio) o mediante (temporanea) privazione di poteri giurisdizio nali in ordine a una delle cause (sospensione del processo)

ovvero anche, quando tali rimedi non abbiano in concreto

operato, mediante le regole che disciplinano il contrasto di

giudicati.

Certamente, poi, per difetto di identità o di similarità dei

presupposti e delle ragioni e dei modi di rilevanza delle conside

rate situazioni processuali, la regola dell'art. 12 della convenzione,

posta per il caso di contemporanea pendenza della stessa causa

davanti a giudici appartenenti ai due Stati contraenti, non è

utilizzabile, in tutto o in parte, per il caso di contemporanea

pendenza davanti a quei giudici di cause invece connesse o in

rapporto di continenza, per la rispettiva tipicità e differenziata

disciplina nell'ordinamento difettando le condizioni di sua appli cazione estensiva e analogica, e questa peraltro restando pre

clusa dal carattere eccezionale della deroga a norme e regole

generali dell'ordinamento (in base ai principi presupposti dell'art.

14 disp. sulla legge in generale premesse al codice civile). E tanto

più ciò è certo, perché talune convenzioni concluse dallo Stato

italiano con altri diversi Stati specificamente si riferiscono, con

distinte previsioni, alla connessione e alla continenza di cause,

ponendo al riguardo differenziata autonoma disciplina (in tal

senso particolarmente rilevano le disposizioni degli art. da 21 a

23 della convenzione con gli Stati della Comunità europea conclusa il 27 settembre 1968 e ratificata con 1. 21 giugno 1971 n.

804, presso che in coincidenza temporale con la convenzione

italo-austriaca).

Né, ovviamente, per l'espresso divieto dell'art. 3 c.p.c., sul

punto non derogato dall'art. 12 della convenzione, e per radicale

diversità di situazione, il conflitto indotto dalla contemporanea

pendenza, davanti a un giudice italiano e davanti a un giudice

austriaco, di cause connesse o in rapporto di continenza può essere composto in base alle disposizioni che tale conflitto regola no in relazione a procedimenti egualmente proposti davanti a

diversi giudici italiani.

Deve conseguentemente, non operando l'art. 12 della convenzio

ne e operando invece la comune normativa, escludersi ogni

rilevanza, in ordine allo svolgimento e alla definizione di un

procedimento davanti al giudice italiano, alla contemporanea

pendenza davanti a un giudice austriaco di un procedimento

avente ad oggetto causa connessa o in rapporto di continenza con

quella davanti a esso proposta, e, per quanto occorra, va rilevato

che i problemi in ipotesi dipendenti dalla coesistenza di autono

me pronunce dei giudici dei due Stati, ammessa la relativa

riconoscibilità, vanno risolti in base alle già menzionate regole di

composizione di conflitto tra giudicati.

Le considerazioni fin qui svolte rilevano per la decisione della

questione sottoposta all'esame di queste sezioni unite, perché nel

caso la situazione di identità di cause (litispendenza), per consi

derazione della quale i giudici del merito si sono astenuti dal

giudizio a norma dell'art. 12 della convenzione più volte ricorda

ta, in realtà non ricorre.

Invero, dal consentito (per le chiarite ragioni) libero esame

degli atti processuali risulta che, come si è già detto nella

premessa esposizione del fatto, il ricorrente, convenuto in giudizio dal resistente davanti al giudice austriaco, propose in suo con fronto causa riconvenzionale con domande di dichiarazione della

nullità o annullabilità, per dedotti vizi della relativa autorizzazio

ne, e di rescissione, per lesione, del contratto stipulato dal

rappresentante dell'incapace suo dante causa; e che invece, nella

causa da lui successivamente proposta contro il medesimo resi

stente davanti al giudice italiano, egli formulò, oltre a quelle anzidette, anche altre domande diverse per il titolo e per l'ogget to, miranti alla dichiarazione di inefficacia del contratto conside

rato, per mancato avveramento di condizione appostavi, e di sua

invalidità perché stipulato condizionatamente in contrasto con i

termini di sua autorizzazione, formulando inoltre domanda per la

condanna del resistente al risarcimento di danni. Per tale diversità qualitativa e quantitativa (di parte) del

rispettivo oggetto, la successiva proposizione e la contemporanea pendenza davanti ai giudici dei due Stati delle cause anzidette

realizza una situazione processuale — riconducibile non alla nozione della litispendenza, ma invece a quella di continenza o connessione di cause — diversa da quella che sola trova discipli na nell'art. 12 della convenzione italo-austriaca pili volte menzio nata: si che difetta un imprescindibile presupposto della operati vità di quella norma e quindi della dichiarazione di astensione dal giudicare della cui pronuncia il ricorrente si duole (se pure, essenzialmente, ma senza che — per le ragioni già dette —

possano derivarne limiti per il giudizio, in base ad argomenti diversi da quelli esposti e valorizzati).

In accoglimento della istanza di cui al ricorso, conseguentemen te la sentenza impugnata deve essere cassata, con dichiarazione della giurisdizione del giudice italiano in ordine alla causa

proposta dal ricorrente contro il resistente; e la causa va rimessa

davanti al Tribunale di Bolzano inizialmente adito, che ha

dichiarato di astenersi dal giudicare, per combinata applicazione

degli art. 382, 1° comma, e 383, ult. comma, c.p.c.., allo stesso

tribunale rimettendo di provvedere sulle spese del giudizio di

cassazione.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 15 marzo

1983, n. 1903; Pres. Mazzacane, Est. Lipari, P.M. Ferraiuolo

'(conci, conf.); Soc. Nabocarni (Avv. Bonifazi) c. Comp. di

assicurazioni Anglo Elementar (Avv. Bauderer, Wolf). Con

ferma App. Brescia 28 giugno 1979.

Contumacia civile — Regolare notifica della sentenza — Decor

renza del termine breve per impugnare — Inammissibilità del

gravame (Cod. proc. civ., art. 292, 325, 326, 327).

Il termine breve sancito dall'art. 326 c.p.c. decorre anche nei

confronti del convenuto contumace volontario a cui sia stata

notificata personalmente la sentenza. (1)

<1) In senso conforme, v. Cass. 22 aprile 1982, n. 2486, Foro it., Rep. 1982, voce Impugnazioni civili, n. 53; 14 ottobre 1981, n 5371, id., Rep. 1981, voce Contumacia civile, n. 4; 12 luglio 1980, n. 4476, id., Rep. 1980, voce Impugnazioni civili, nn. 29, 51; 28 giugno 1980, n. 4066, ibid., voce Notificazione civile, n. 29; 27 febbraio 1971, n. 502, id., Rep. 1971, voce Contumacia civile, n. 12.

In dottrina è favorevole all'applicazione dei termini brevi di impu gnazione, in caso di regolare notifica della sentenza, Andrioli, Diritto

processuale civile, Napoli, 1979, I, 782 ss., il quale però precisa che, in ipotesi di contumacia involontaria, la notificazione della sentenza è idonea a fare decorrere i termini acceleratori solo se effettuata « in tempo tale da rendere possibile la scadenza del termine acceleratorio a data anteriore alla scadenza del termine annuale di decadenza », laddove invece se effettuata dopo la scadenza del termine annuale di decadenza ovvero « in modo inidoneo a provocare la scadenza del termine acceleratorio a data anteriore alla scadenza del termine annuale » essa è idonea solo a fare decorrere il termine annuale in quanto segna la fine della operatività della fattispecie ex art. 327, 2° comma. Con riferimento alla contumacia volontaria, in senso favorevole alla appli cazione del termine breve per impugnare v., anche, A. Cerino Canova, Domanda nuova non notificata e impugnazione del contumace (nota a Cass. 5 aprile 1978, n. 1551, Foro it., Rep. 1978, voce Impugnazioni civili, n. 57), in Giur. it., 1979, I, 1, 108; in quest'ultima pronuncia la corte affronta in particolare, mutando il suo precedente orientamento, l'ulteriore problema dell'applicabilità del 2° comma dell'art. 327 al

convenuto regolarmente citato al quale non sia stata notificata, in corso di causa, una domanda nuova non conseguenziale a quella originaria; la Cassazione infatti, contrariamente a quanto sostenuto da Cerino Canova, ritiene di poter assimilare sulla base del com binato disposto degli art. 183, 292 e 327 c.p.c. le due ipotesi di

ignoranza assoluta dell'intero giudizio e di mancata instaurazione del contraddittorio rispetto ad una domanda nuova, cosicché la sentenza

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Linz (Austria),

con sentenza in data 21 marzo 1977, riconosceva la responsa bilità esecutiva di Giacomo Pezzotti, conducente di un auto

treno di proprietà della s.r.l. Nabocarni, con sede in Milano,

per lo scontro verificatosi il 23 novembre 1973 sull'autostra

da Vienna-Strasburgo, e che aveva coinvolto l'autocisterna della

società Friedrich Lugmair, condannando tanto il Pezzotti che

la Nabocarni nei confronti sia della ditta austriaca sia della com

pagnia Anglo Elementar Versicherungs Aktiengesellschaft (Lan

desdirektion Linz) (assicuratrice della Lugmair). Con citazione 26 ottobre 1977 la compagnia conveniva in

giudizio, davanti alla Corte d'appello di Brescia, sia il Pezzotti, sia

la s.r.l. Nabocarni in liquidazione, per sentir dichiarare efficace in

Italia tale sentenza.

La corte adita, pronunciando in contumacia della Nabocarni, e

disattendendo le eccezioni del Pezzotti, accoglieva la richiesta di

delibazione osservando: che la competenza del Tribunale di Linz

discendeva dalla circostanza che l'incidente si era verificato in

territorio austriaco (art. 5, n. 4, della convenzione italo-austriaca

di Roma 16 novembre 1971, ratificata e resa esecutiva in Italia

con 1. 12 febbraio 1974 n. 71, ed art. 4, n. 2, c.p.c.); che il

Pezzotti risultava regolarmente costituito e difeso nel giudizio davanti all'autorità giudiziaria austriaca, a mezzo dell'avvocato

Kohler, cui aveva conferito mandato, non risultando provato che

detto mandato concernesse solo la causa proposta dalla ditta

Lugmair (e non anche quella iniziata dalla compagnia assicuratri

ce) stante l'unitarietà del procedimento svoltosi davanti al giudice

austriaco; che nemmeno giovava obiettare che per lo stesso

incidente pendeva giudizio davanti al Tribunale di Brescia: sia

perché non vi era identità soggettiva di parti (trattandosi di causa

svolgentesi fra la Nabocarni ed il Pezzotti); sia perché, comunque, il giudice austriaco era stato adito prima di quello italiano.

La sentenza, emessa in contumacia dalla Nabocarni, pubblicata mediante deposito in cancelleria avvenuto il 28 giugno 1979,

veniva notificata alla predetta società in data 24 gennaio 1980, in

persona dell'amministratore unico Gianni Bimbati, nella sede

sociale di via Luciano Manara n. 11 in Milano.

Contro tale decisione la società Nabocarni ha proposto ricorso

per cassazione, notificato in data 16 settembre 1980, deducendo la

violazione e falsa applicazione dell'art. 797, nn. 2, 3, 4, 5 e 7,

c.p.c., ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. per violazione e falsa

applicazione di norme di diritto ed omessa ed insufficiente

motivazione. Assume la società ricorrente che la corte d'appello non ha accertato, alla stregua dell'art. 797 c.p.c. se la citazione

sia stata notificata in conformità della legge austriaca; né che le

parti si siano costituite in giudizio secondo la legge del luogo desumendosi dalla sentenza austriaca che il Pezzotti e la Nabo

carni erano difesi dall'avv. Kohler, senza attestazione della costi

tuzione; nemmeno risultava se la sentenza del Tribunale di Linz

fosse passata in giudicato, alla stregua della legge austriaca; né,

infine, la corte lombarda si era preoccupata di verificare se la

sentenza straniera fosse in ipotesi contraria ad altra sentenza

pronunciata da un giudice italiano. Resiste con controricorso la

compagnia di assicurazione Anglo Elementar Versicherungs Ak

tiengesellschaft, la quale eccepisce preliminarmente l'inammissibi

lità del ricorso per tardività.

Motivi della decisione. — 1. - La Corte d'appello di Brescia, su

istanza della compagnia di assicurazione Anglo Elementar, sede di

Linz, ha delibato una sentenza austriaca nei confronti di Giaco

mo Pezzotti e della s.r.l. Nabocarni, rimasta contumace, ohe

erano stati condannati in solido al risarcimento dei danni conse

guenti ad uno scontro di veicoli industriali avvenuto in Au

stria. La contumacia della Nabocarni risulta dalla intestazione della

sentenza e dal contesto dello « svolgimento del processo » in cui

emessa in ambedue i casi sarebbe affetta da nullità-inesistenza (affer mazione questa confutata dalla stessa previsione di impugnabilità dell'art. 327, cpv.).

Non esiste invece contrasto, in dottrina e in giurisprudenza, sulla validità della sentenza emanata in caso di omessa declaratoria formale di contumacia del convenuto (quest'ultima avrebbe infatti come unico

scopo quello di dare la prova dell'avvenuto accertamento, da parte del

giudice, dell'avvenuta regolare notificazione dell'atto di citazione alla

parte non comparsa in giudizio). Cfr., in questo senso, Cass. 14

aprile 1977, n. 1406, Foro it., Rep. 1977, voce Contumacia civile, n. 3; 15 novembre 1977, n. 4997, ibid., n. 2; 3 agosto 1974, n. 927, id., Rep. 1974, voce Procedimento civile, n. 105. In dottrina cfr., per tutti, G. Giannozzi, La contumacia nel processo civile, Milano, 1963, spec. 269 ss. (secondo l'autore la declaratoria di contumacia « costituisce un mero suggello formale » che « non preclude successivamente al convenuto l'eccezione di nullità » della notificazione); S. Satta, Com

mentario, Milano, 1960, II, 1, 376; Andrioli, Diritto processuale civile, cit., 650.

si dà atto che essa versava in stato di liquidazione, e, pur essendo

stata regolarmente chiamata in giudizio in persona del liquidato re, era rimasta contumace; e si precisa ulteriormente che, revoca

ta la liquidazione su richiesta dell'attrice, era stata disposta la

rinnovazione della citazione « ma, nonostante la regolare notifica

di questo secondo atto, era restata contumace ».

Può quindi ritenersi con sicurezza, nonostante la collocazione

topograficamente impropria della declaratoria di contumacia, che i

giudici bresciani hanno inteso dichiarare l'efficacia nella repubbli ca italiana della sentenza pronunciata dal Tribunale di Linz, in data 21 marzo 1977 fra la compagnia di assicurazioni Anglo Elementar Verischerungs Aktiengesellschaft, la società Nabocarni, contumace ed il Pezzottì.

È noto, d'altra parte, che la dichiarazione di contumacia del convenuto non ha carattere di formalità ineludibile, non rappre senta, cioè, un imprescindibile elemento del rapporto processuale (giur. costante), perché assume essenziale e determinante rilievo la situazione effettivamente emergente dagli atti del processo, e non quella consacrata nella dichiarazione cui avrebbe dovuto

procedere l'istruttore, ovvero, in sua sostituzione, il collegio. Ne

segue che se il convenuto resta effettivamente contumace il

giudizio si svolge secondo le specifiche regole processuali all'uo

po dettate, a prescindere dall'avvenuta declaratoria formale, es sendo sempre possibile rilevare, nelle successive fasi del giudizio, le eventuali violazioni delle regole del contraddittorio, che com

portano la nullità del processo e della sentenza, presentandosi la

omissione della dichiarazione di contumacia quale semplice irre

golarità, insuscettibile di invalidare gli atti.

La constatazione che la s.r.l. Nabocarni è rimasta contumace nel giudizio di delibazione svoltosi davanti alla Corte d'appello di

Brescia, conclusosi con la sentenza che viene ora impugnata per cassazione, appare essenziale per la valutazione della eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, in relazione all'avvenuta notificazione della sentenza al contumace, compiuta, cosi come la

legge impone, ai sensi dell'art. 292, ult. comma, c.p.c. alla parte personalmente al domicilio effettivo.

I tempi e le circostanze della notificazione sono incontrover si.

La sentenza, pubblicata il 28 giugno 1979, è stata impugnata con ricorso notificato il 16 settembre 1980; la tempestività po trebbe di conseguenza correlarsi al termine annuale suscettibile di

proroga feriale per ben due volte; ma se si ammette — come il

collegio ritiene — che anche rispetto al contumace possa decorre re il termine breve, facendo capo alla notificazione che trova la sua esclusiva disciplina nell'art. 292 c.p.c. cit., è fuori discussione che il ricorso risulta largamente fuori termine poiché la notifica zione presso la sede della società è avvenuta il 24 gennaio 1980.

2. - L'eccezione di inammissibilità, per tardività del ricorso è fondata. .-If

Anche di recente questa Suprema corte ha avuto modo di ribadire il proprio orientamento nel senso che il termine breve

per l'impugnazione decorre, nei confronti della persona che sia rimasta contumace, dalla notifica della sentenza effettuata perso nalmente, ai sensi dell'art. 292, 4° comma, c.p.c. (Cass. 2486/82, Foro it., Rep. 1982, voce Impugnazioni civ., n. 53; 5371/81, id.,

Rep. 1981, voce Contumacia civ., n. 4; 4476/80, id., Rep. 1980, voce Impugnazioni civ., nn. 29, 51; 4066/80, ibid., voce Notifica zione civ., n. 29).

La notificazione della sentenza non è mai imposta alla parte vittoriosa, ma si rende opportuna ai fini acceleratori per conse

guire più rapidamente la definitività dell'accertamento (o della

condanna) ponendosi tale notificazione come elemento discrimi nante fra il regime temporale delle impugnazioni agganciato all'art. 325 c.p.c. e quello che fa capo alla regola generale dell'art. 327 c.p.c., temperata, giusta il 2° comma, dalla dimostra zione che il contumace non ebbe conoscenza del processo.

E poiché rispetto alla situazione di contumacia, non essendovi un procuratore costituito, non è ipotizzabile la notificazione presso di questi, l'alternativa che si pone all'interprete è quella di negare in assoluto la possibilità acceleratoria dei termini quando il

convenuto resta contumace, ovvero di ricollegare in coerenza con il sistema, anche in questo caso, il dies a quo di decorrenza del termine breve alla notificazione, cosi come la legge la disciplina all'art. 292, 4° comma, c.p.c.

Sembra veramente ingiustificato « premiare » il contumace, di lazionando nei suoi confronti il passaggio in giudicato della

sentenza, sicché, anche in prima approssimazione, l'esclusione del contumace dall'area delle impugnazioni a termini brevi non

persuade.

Questa iniziale resistenza ad accogliere la tesi della irrilevanza della notificazione personale al contumace per la decorrenza dei

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3099 PARTE PRIMA 3100

termini brevi, trova, comunque, un valido supporto logico giuri dico nell'approfondimento del discorso esegetico.

3. - Occorre muovere al riguardo dall'art. 326 c.p.c. il quale stabilisce che i termini (brevi) fissati dal precedente art. 325 c.p.c. decorrono dalla notificazione della sentenza. Rispetto alla parte contumace tale articolo va coordinato (non già con gli art. 285 e 170 c.p.c. sibbene) con il richiamato art. 292, ult. comma, c.p.c.

Infatti l'art. 285 c.p.c. nella perentorietà del suo dettato, stabilendo che la notificazione della sentenza, al fine della decor renza del termine per l'impugnazione, si fa su istanza di parte, a norma dell'art. 170, 1° e 3° comma, c.p.c. non esaurisce l'ambito della possibilità, correlandosi chiaramente alla situazione fisiologi ca per cui alla instaurazione del contraddittorio è seguita la costituzione delle parti, che può avvenire per mezzo di procura tore ovvero pesonalmente. Da ciò una duplicità di previsioni normative: individuando da un lato nel procuratore che sia in

giudizio, in rappresentanza della parte, il tramite necessario della notifica (in funzione della attitudine professionale a vagliare le reazioni più opportune contro l'atto notificato); mentre dal

l'altro, ove procuratore incaricato della difesa tecnica sostitutoria non vi sia, e la parte stia in giudizio personalmente, l'atto va

portato a conoscenza dell'interessato nel domicilio dichiarato od eletto. Se la notificazione fatta personalmente alla parte costituita in proprio (anziché a mezzo di procuratore) è suscettibile di far

decorrere il termine breve, non vi sono ragioni per escludere che

un corrispondente effetto, pur tacendo la legge al riguardo, si

debba verificare quando la parte medesima (nel presupposto sicuro della conoscenza del giudizio) abbia prescelto la strada

della contumacia. ,

La previsione normativa dell'art. 285 c.p.c., correlandosi all'art.

170, riguarda esclusivamente le situazioni di costituzione delle

parti nel processo (vuoi a mezzo di procuratore, vuoi personal mente) imponendo in questi casi, ma solo in essi, che la

notificazione della sentenza, idonea a far decorrere il termine

breve, sia quella che si rivolga al soggetto costituito secondo i

termini propri di tale costituzione. Elemento caratterizzante della

decorrenza del termine breve, è, e resta, la « notificazione » della sentenza contrapposta alla « pubblicazione », venendo in conside razione il « modo » di tale notificazione in funzione della posi zione di parte costituita o di parte contumace, operando nel

primo caso l'art. 170, 1° e 3° comma, c.p.c. e nel secondo l'art.

292, 4° comma, c.p.c. La parte contumace, che non va penalizzata in quanto tale,

nemmeno deve essere privilegiata per non aver posto in essere le formalità necessarie e sufficienti per determinare la propria pre senza legale nel processo.

La contumacia infatti, rileva nell'ordinamento, a prescindere dai moventi che hanno determinato l'operata scelta, quale mera mancata partecipazione al processo per « inattività » della parte, venendo in considerazione soltanto ulteriormente il profilo opzio nale, riflettente la imputabilità o meno della mancata costituzione in giudizio (diverso essendo il trattamento riservato al contumace a secondo che abbia avuto o meno cognizione del processo e

quindi sia stato effettivamente messo in grado di partecipare al

giudizio, ovvero di astenersene per una valutazione che, a pre scindere dagli irrilevanti motivi, ha senso soltanto se si innesta su una adeguata conoscenza della vocatio in ius: cfr. art. 294 e 327, 2° comma, c.p.c.).

Ciò posto non si giustifica, sul piano dei principi, né alla

stregua dei dati normativi, da comporre a sistema, rispetto al

contumace, che abbia deciso di non costituirsi in giudizio, a

mezzo di procuratore, ovvero (se ed in quanto possibile) perso

nalmente, l'esclusione della operatività del termine breve correlato

alla notificazione della sentenza quale è disciplinata nei suoi

confronti dal citato art. 292, ult. comma, c.p.c., restando l'alterna

tiva di fondo emergente da diritto positivo quella della contrap

posizione fra pubblicazione (cui si ricollega il termine lungo di

decadenza) e notificazione (cui si aggancia il termine breve).

Si spiega che rispetto all'ipotesi della costituzione in giudizio a

mezzo di procuratore l'unica notificazione rilevante, perché scatti

il termine breve, sia quella effettuata nei confronti del procurato re (non prendendo rilievo di sorta quella compiuta presso la

parte personalmente: giur. costante), tenendo presente il carattere

del patrocinio legale ex art. 82 ss. c.p.c. comportante che

« quando la parte sta in giudizio con il ministero del difensore

questi può compiere e ricevere nell'interesse della parte stessa

tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa

espressamente riservati » (cfr. art. 84, 1° comma, c.p.c.). Il procu

ratore, costituendosi in giudizio, assume la gestione della lite che

mantiene finché non gli vengano revocati i relativi poteri. L'enu

cleazione delle facoltà del procuratore in termini di « potere »

non sta a significare la coesistenza di poteri della parte rappre

sentala nella singola fase processuale considerata, ma implica trasferimento dei relativi poteri (di tutti quelli, cioè, suscettibili — secondo il sistema — di trasferimento; cfr. art. 84, 2° comma,

c.p.c.) che in costanza del mandato, ed in pendenza della lite, non spettano più alla parte, ma solo al procuratore (restando libera la parte rappresentata di sostituire, se del caso, il procura tore).

Nell'apprezzamento tecnico delle ragioni della decisione no

tificata, e da eventualmente impugnare, si preferisce, quindi, far

capo all'avvocato, professionalmente in grado di vagliarle e di

consigliare il cliente ohe, se avesse ritenuto egli stesso la notifica, nella normalità dei casi non avrebbe potuto far altro che rivol

gersi al proprio difensore, consultarsi con esso per la determina

zione della linea difensiva più opportuna, dal medesimo elaborata e suggerita.

Ma se non c'è difensore in giudizio (ed è l'ipotesi contemplata dall'art. 170, 3° comma, c.p.c.) la scelta resta affidata alla parte destinataria della notificazione. Allo stesso risultato deve giungersi

rispetto al contumace che, scegliendo di non costituirsi nel

processo, subisce le connaturali (e non sanzionatone) conseguen

ze, fra cui quella, dopo la notifica personale della sentenza, di

disporre di minor tempo per apprestare le difese rivolgendosi ad

un legale chiamato a valutare in tempi brevi una vicenda le cui

modalità non sono state da lui eseguite passo per passo.

In effetti il solo appiglio per escludere l'operatività del termine

breve rispetto al contumace sarebbe quello di ricostruire la ratio

dell'art. 170 c.p.c. con riferimento ad una difesa tecnica ovvero

alla possibilità di prescinderne stante la semplicità delle questioni (ritenuta a priori per le cause davanti al conciliatore, da stabilire

caso per caso rispetto alle cause demandate alla competenza del

pretore). Si avrebbe, cioè, un contemperamento delle esigenze di

tecnicismo, accantonate, stante la semplicità delle questioni, sicché la parte che sta in giudizio da sé, a prescindere dal patrocinio del difensore, è equiparata al difensore medesimo nella capacità di cogliere le implicazioni della lite. Alle attitudini professionali del difensore, ed alla irrilevanza della preparazione tecnica di

questi, attesa la non complessità della causa, si correlerebbe il

termine breve che presuppone agevole determinazione all'impu

gnazione. Pertanto quando l'ausilio del tecnico, che gestisce la lite

per conto della parte, non ha modo di manifestarsi, né è

verificabile a priori la possibilità di prescindere dal patrocinio, come appunto accade, nei confronti del contumace, opererebbe

sempre e comunque il termine lungo, né vi sarebbe possibilità acceleratoria per la controparte.

Tale conclusione appare insoddisfacente, perché, rovesciando la

giustificazione dell'irrilevanza della notificazione alla parte in

presenza di procuratore, pretende, inammissibilmente, di dare

rilievo alla notificazione alla parte che non sia rappresentata da

procuratore, laddove risulta del tutto irrilevante per l'ordinamen

to la misura di complessità della lite: ed il 3° comma dell'art.

170 c.p.c. rileva non perché correla l'impugnazione alla notifica

zione personale, ma perché tale notificazione incardina presso la

residenza dichiarata o il domicilio eletto, cosi come la legge

processuale imponeva di fare all'atto della costituzione. Quindi il

momento unificante dei comma 1° e 3° dell'art. 170 c.p.c. va

ravvisato nella individuazione delle forme della notificazione

secondo la legge del processo con parti costituite. Se costituzione

non vi è stata la decorrenza del termine breve trova la sua fonte

nella norma che stabilisce come effettuare la notificazione al

contumace (e cioè « personalmente ») e prende rilievo a tale fine

il collegamento fra notificazione della sentenza e disciplina della

suddetta notificazione quando si tratta di contumace.

4. - Una volta riconosciuta la possibilità di far decorrere il

termine breve anche nei confronti del contumace, attraverso una

regolare notificazione personale, occorre riscontrare in concreto

tale regolarità. Nel caso in esame la notificazione risulta regolare e significati

vamente la società ricorrente non muove alcune doglianze al

riguardo come mezzo al fine della riappropriazione del termine

lungo. In effetti, come si è rilevato nella narrazione che precede, la

sentenza ora impugnata tardivamente per cassazione, fu notificata

a mani dell'amministratore delegato presso la sede sociale e

quindi l'ingranaggio della conoscibilità è stato azionato al massi

mo livello.

Infine non rileva la circostanza che l'iniziativa processuale sia

stata presa dalla sola società Nabocarni senza che l'atto di

impugnazione sia stato notificato al Pezzotti.

Posto che la pretesa riguarda il riconoscimento dei danni e la

sentenza da delibare ha pronunciato una condanna « in solido »

si verte manifestamente in tema di causa scindibile ed opera la

norma di cui all'art. 332 c.p.c.

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Page 5: Sezione I civile; sentenza 15 marzo 1983, n. 1903; Pres. Mazzacane, Est. Lipari, P. M. Ferraiuolo (concl. conf.); Soc. Nabocarni (Avv. Bonifazi) c. Comp. di assicurazioni Anglo Elementar

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Conseguentemente, essendo stata pubblicata la sentenza il 28

giugno 1979 ed essendo decorso più di un anno (e novanta

giorni) dalla pubblicazione nel momento in cui questa corte si

accinge a pronunciare, appare evidente che, nei confronti del

Pezzotti, la impugnabilità della suddetta decisione risulta esclu

sa.

La inammissibilità del ricorso preclude alla parte la potestà di

rinuncia (giur. costante); conseguentemente non è stata accolta la

richiesta di differimento della causa per consentire il perfezio namento di una rinuncia che non avrebbe potuto modificare il

segno della presente pronuncia. 5. - In conclusione, il presente ricorso per cassazione tardiva

mente proposto deve essere dichiarato inammissibile. (Omis

sis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 29

ottobre 1982, n. 5668; Pres. Marchetti, Est. Panzarani, P.M.

Sgroi V. (conci, conf.); Cassa conguaglio zucchero (Avv. dello

Stato Braguglia) c. Iacono. Regolamento di giurisdizione.

Impiegato dello Stato e pubblico — Cassa conguaglio zucchero — Natura pubblica dell'ente — Controversie riguardanti il

rapporto di impiego — Giurisdizione del giudice amministrati

vo (L. 24 febbraio 1941 n. 254, competenza a conoscere delle

controversie di lavoro e di impiego dei dipendenti di enti

pubblici inquadrati nelle associazioni sindacali; d.l. 15 settem

bre 1947 n. 896, nuove disposizioni per la disciplina dei prezzi, art. 1; d.l. 26 gennaio 1948 n. 98, disciplina delle casse

conguaglio prezzi, art. 2, 6; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 7; 1. 29

gennaio 1982 n. 19, conversione in legge del d.l. 20 novembre 1981 n. 694, recante modifiche al regime fiscale dello zucchero

e finanziamento degli aiuti nazionali previsti dalla normativa comunitaria nel settore bieticolo-saccarifero, ecc., art. 3).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo conoscere della controversia riguardante il rapporto di lavoro tra la Cassa

conguaglio zucchero ed un proprio dipendente, stante la natura pubblica di tale rapporto, non svolgendo la suddetta cassa alcuna attività di produzione o di scambio di beni o di

servizi, ma essendo questa diretto strumento della politica economica dello Stato e della Comunità economica euro

pea. (1)

(1) Sulla natura pubblica del rapporto di impiego intercorrente tra la Cassa conguaglio zucchero e un proprio dipendente, cfr., in senso conforme, Cons. Stato, sez. VI, 26 novembre 1975, n. 385, Foro it., Rep. 1976, voce Impiegato dello Stato, n. 200, che definisce la Cassa conguaglio zucchero come organo dello Stato ad ordinamento autonomo, mentre la sentenza in epigrafe non prende posizione sul punto, affermando che la problematica riguardante la natura giuridica delle casse conguaglio in generale (se cioè debbano considerarsi organo dello Stato ad ordinamento autonomo oppure debbano ritenersi distinte dall'apparato dello Stato) è inutile ai fini della decisione sulla giurisdizione.

Riguardo, più in generale, alla giurisdizione circa le controversie aventi come parte la Cassa conguaglio zucchero, la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda con la quale un importatore di zucchero, ammesso dal comitato interministeriale all'integrazione del prezzo, chiede alla cassa conguaglio il pagamento di quanto dovutogli, è stata dichiarata da Cass. 15 ottobre 1975, n. 3334, id., Rep. 1976, voce Zuccheri, n. 3. Viceversa si era riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere, unicamente sotto il profilo dell'in teresse legittimo, la violazione del limite, dato dalla remuneratività dell'operazione economica che il legislatore ha inteso favorire in vista di un pubblico interesse, operata dai provvedimenti del comitato interministeriale per lo zucchero d'importazione che determinano la misura dell'integrazione dovuta all'importatore ovvero la misura della quota prezzo dovuta alla cassa conguaglio, v. Trib. Milano 25 maggio 1970, id., Rep. 1971, voce Prezzi (disciplina dei), n. 2, commentata da Salafia, Brevi considerazioni sulla natura degli interessi sui quali incidono i provvedimenti del comitato interministeriale per lo zucchero di importazione, in Mon. trib., 1970, 1058.

La disciplina relativa alla Cassa conguaglio zucchero e ai poteri del C.Lp. in materia è stata sottoposta al vaglio di costituzionalità della Corte costituzionale, la quale, con la sent. 3 agosto 1976, n. 221, Foro it., 1976, I, 2756, con nota di richiami, ha dichiarato l'infondatezza delle questioni riguardanti l'art. 1 d.l. 15 settembre 1947 n. 896 (e l'art. 5 d.1.1. 28 dicembre 1944 n. 411), in riferimento all'art. 97 Cost., nella parte in cui abilitano il C.i.p. ad istituire casse di conguaglio; delle questioni riguardanti lo stesso art. 1 di. 896/47, con riferimento all'art. 23 Cost., circa il potere del C.i.p. di imporre contribuzioni; ed infine con riguardo all'art. 1 d.l. 896/47 e art. 5 d.d.l. 411/44, in

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato di 21 aprile 1980 la signora Francesca Iacono, dipendente della Cassa con

guaglio zucchero, chiedeva al Pretore di Roma — in funzione di

giudice del lavoro — che fosse dichiarato nei confronti della

datrice di lavoro l'unicità del proprio rapporto d'impiego a

decorrere dal 18 maggio 1965 e cioè dal tempo in cui ella era

stata assunta dalla Cassa conguaglio zucchero d'importazione ed

inoltre che fosse dichiarato il suo diritto a superiori qualifiche, con condanna della convenuta al pagamento di differenze retribu

tive. La Cassa conguaglio zucchero, che nel costituirsi aveva già

eccepito il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordina

ria, prima di qualsiasi decisione di merito ha proposto istanza di

regolamento di giurisdizione formulata in un solo motivo ed

illustrata da memoria. In tale procedimento la Iacono non si è

costituita. '

| Motivi della decisione. — Con l'unico motivo la ricorrente —

premesso di essere stata istituita, in base ai d.leg. 15 settembre

1947 n. 896 e 26 gennaio 1948 n. 98, con provvedimento del

C.i.p. 22 giugno 1968 n. 1195, allo scopo d'inserire il settore

italiano dello zucchero nell'ambito comunitario governato dalla

relativa organizzazione (regolamenti del Consiglio CEE n. 1009

del 1967 e n. 3330 del 1974) — deduce che la funzione essenziale

ad essa affidata è quella di riscuotere il sovrapprezzo sullo

zucchero e di ridistribuirne l'ammontare in aiuti, autorizzati dalla

Comunità, in favore dei produttori di bietole e dell'industria di

trasformazione e che altri suoi compiti sono quelli di riscossione

di entrate (ad. es., i contributi sulla produzione eccedentaria di

zucchero) ovvero di distribuzione di integrazioni come il rimbor

so per le spese di magazzinaggio del prodotto.

Argomenta perciò la ricorrente ohe essa agisce come ente

strumentale dello Stato con compiti di perequazione ovvero

compiti demandatile dalla disciplina comunitaria del settore, sen

za alcuna finalità di carattere economico o di conseguimento di

un utile, né operando nel campo della produzione o dello

scambio di beni o servizi. Precisa ancora che il proprio bilancio

consuntivo viene allegato al rendiconto generale dello Stato (1. 25 novembre 1971 n. 1041) al quale sono devolute le eventuali

attività residue.

Conseguentemente, argomenta ancora la ricorrente, il rapporto

d'impiego che intercorre con essa (così come con la ormai cessata

Cassa conguaglio zucchero d'importazione) ha natura pubblica e

ciò sia che venga considerata come ente pubblico strumentale, sia che le si attribuisca la -natura di organo dello Stato ad

ordinamento autonomo. Precisa quindi che il rapporto con l'attri

ce è sorto mediante atto di nomina del 23 aprile 1971 n. 13786

(rectius n. 13876) confermato con atto del 26 giugno 1971 n.

15325, mentre quello precedente (con la disciolta Cassa congua

glio zucchero d'importazione) risulta da atto del 15 ottobre 1965

n. 11531, laddove l'attrice medesima ha proposto ricorso al

T.A.R. del Lazio per far accertare che il proprio rapporto è di

sciplinato dalla 1. 20 marzo 1975 n. 70 e dal d.p.r. 26 maggio 1976 n. 411. Deduce perciò conclusivamente la cassa istante che

riferimento all'art. 41, 2° comma, Cost., in merito all'istituzione del C.i.z.i. ed al suo funzionamento.

La manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità riguar danti gli art. 1 d.l. 896/47 e 1 d.l. 98/48, in relazione agli art. 3, 23 e 53 Cost., era stata in precedenza affermata da Cons. Stato, sez. VI, 26 maggio 1970, n. 433, id., 1970, III, 269, con nota di richiami, che nella medesima decisione ha anche dichiarato l'insussistenza del con trasto tra il provvedimento del C.i.p., istitutivo della Cassa conguaglio zucchero, e le norme comunitarie direttamente operanti nell'ordinamen to italiano in forza dell'art. 189, 2° comma, del trattato di Roma 25 marzo 1957. Conf. alla prima parte della decisione v. anche Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 1971, n. 223, id., Rep. 1971, voce cit., n. 3.

Con riguardo più in generale alle casse conguaglio, l'estraneità ad esse di finalità mutualistiche o cooperativistiche è stata sostenuta da Cons. Stato, sez. VI, 27 ottobre 1970, n. 698, id., Rep. 1980, voce

Calmiere, n. 5; mentre T.A.R. Lazio, sez. Ili, 14 febbraio 1977, n. 60, id., Rep. 1977, voce Prezzi (disciplina dei), nn. 47, 48, chiarisce che l'istituzione delle casse conguaglio è finalizzata ad interventi di

sostegno delle imprese che rivelino minori capacità produttive rispetto ai livelli considerati come marginali in base a scelte di politica economica operate dagli organi pubblici di amministrazione dei prezzi, e riconosce ai proventi dei sovrapprezzi su determinati prodotti destinati alle casse stesse natura di prestazione imposta per finalità di interesse generale, in conformità agli art. 3, 23 e 53 Cost.

Circa infine il rapporto di impiego tra un ente non economico ed un

proprio dipendente v., da ultimo, Cass. 13 maggio 1980, n. 3135, id., 1981, I, 473 (nella specie, si trattava di dichiarare la natura non economica delle università agrarie delle province dell'ex Stato pon tificio), con nota di Bellantuono, Università agrarie e giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le controversie di impiego dei

dipendenti.

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