sezione I civile; sentenza 15 marzo 2005, n. 5582; Pres. Saggio, Est. Panebianco, P.M. Sorrentino(concl. diff.); Fall. soc. Arti grafiche editoriali (Avv. Adriano) c. Porcheddu (Avv. Monacchia,Passino). Cassa App. Cagliari-Sassari 21 dicembre 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 9 (SETTEMBRE 2005), pp. 2365/2366-2369/2370Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200847 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
6353/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 135; 11614/02, id., Rep. 2002, voce Lavoro (rapporto), n. 653, nonché la sentenza
968/89, cit., con riferimento alla legittimazione del prefetto) —
non è ammissibile, per difetto della legittimazione appunto, il
ricorso per cassazione — contro la sentenza di accoglimento
dell'opposizione ad ordinanza-ingiunzione — che sia proposto, come nella specie, dal ministero gerarchicamente sovraordinato
all'autorità che ha emesso l'ordinanza-ingiunzione opposta
(quale, appunto, il ministero del lavoro e delle politiche sociali). Pertanto va dichiarato inammissibile il ricorso principale pro
posto dal ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Ammissibile risulta, invece, il ricorso principale proposto dalla direzione provinciale del lavoro di Avellino.
3.1. - Con l'unico motivo del ricorso principale — denun
ciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa ap
plicazione di norme di diritto (art. 9 quater, 4° comma, d.l. 1°
ottobre 1996 n. 510, convertito, con modificazioni, dalla 1. 28
novembre 1996 n. 608, e 19 1. 29 aprile 1949 n. 264) — la dire zione provinciale del lavoro di Avellino (oltre che, inammissi
bilmente, il ministero del lavoro e delle politiche sociali) censu
ra la sentenza impugnata per aver ritenuto che non fosse sanzio
nato il ritardo delle prescritte comunicazioni.
Il ricorso principale, proposto dalla direzione provinciale del
lavoro di Avellino, è fondato.
3.2. - Invero la disposizione (art. 9 quater, 4° comma, d.l. 1°
ottobre 1996 n. 510, convertito in 1. 28 novembre 1996 n. 608) — la cui violazione integra l'illecito amministrativo, che forma
oggetto dell'ordinanza-ingiunzione opposta nel presente giudi zio — sancisce testualmente: «La sezione matricola e paga è
composta di fogli a lettura ottica. Ciascun foglio è riprodotto in
cinque esemplari (...). Il primo esemplare va inviato all'Inps entro cinque giorni dalla data di assunzione, il secondo alla se
zione circoscrizionale per l'impiego e per il collocamento in
agricoltura entro cinque giorni dalla data di assunzione (...). 1
termini della comunicazione all'Inps e alla sezione circoscrizio
nale per l'impiego si computano escludendo i giorni festivi».
Per la violazione prospettata, poi, la disposizione, (18° comma
dello stesso art. 9 quater d.l. 1° ottobre 1996 n. 510, convertito
in 1. 28 novembre 1996 n. 608, cit.) — che ne commina la san
zione — così recita: «La violazione degli obblighi di comunica
zione di cui al 4° comma e l'infedele compilazione del registro di impresa sono puniti con la sanzione amministrativa da lire
cinquecentomila a lire tre milioni per ciascun lavoratore interes
sato (...)». Evidente ne risulta lo scopo (ratio legis) di dare informazioni
adeguate e tempestive —
per consentire, ai destinatari delle
stesse informazioni (quali, nella specie, la sezione circoscrizio
nale per l'impiego e per il collocamento in agricoltura e l'Inps), accertamenti ispettivi immediati — circa i dati contenuti nella
sezione matricola e paga del registro d'impresa (concernenti, ai
sensi del 3° comma dello stesso art. 9 quater, l'iscrizione di
«tutti gli operai, nell'ordine cronologico della loro assunzione,
con l'indicazione dei dati anagrafici, codice fiscale, luogo di
svolgimento della prestazione, mansioni, contratto collettivo
applicato e livello d'inquadramento ovvero retribuzione lorda
giornaliera convenuta, data di assunzione» e, per i lavoratori as
sunti a tempo determinato, anche l'indicazione di «tipologia della lavorazione, giornate di lavoro previste ed il relativo pe riodo di svolgimento»).
In funzione della ratio prospettata, infatti, non solo risulta
univocamente stabilito il termine («entro cinque giorni dalla
data di assunzione») — per ottemperare all'obbligo, conte
stualmente imposto al datore di lavoro, di inviare un esemplare della sezione matricola e paga a ciascuno dei destinatari — ma
viene precisato, altresì, che — in deroga al principio generale
(di cui all'art. 155, 3° comma, c.p.c.) — «i termini della comu nicazione all'Inps e alla sezione circoscrizionale per l'impiego si computano escludendo i giorni festivi».
L'univoco tenore letterale e la ratio del precetto prospettato
consentono, quindi, di concludere che l'elemento oggettivo del
l'illecito amministrativo della «violazione degli obblighi di co municazione di cui al 4° comma» —
per il quale è comminata la
sanzione (di cui al 18° comma dell'art. 9 quater d.l. 1° ottobre
1996 n. 510, convertito in 1. 28 novembre 1996 n. 608, cit.) — è
integrato non solo dalla omessa, ma — come questa corte ha già avuto occasione di ritenere in casi analoghi (vedine, per tutte, le
sentenze 12031/03, id., Rep. 2003, voce Lavoro (collocamento),
Il Foro Italiano — 2005.
n. 58; 18714/04, id., Mass., 1898) — anche dalla tardiva comu
nicazione.
Infatti, ne risulta violato il termine imposto, dalla legge, per
l'adempimento di quell'obbligo —
significativamente stabilen
done i criteri speciali di computo — e, nel contempo, frustrato
lo scopo (ratio) di consentire (eventuali) accertamenti ispettivi immediati.
In altri termini, il mancato rispetto del termine — fissato per
l'adempimento degli «obblighi di comunicazione di cui al 4° comma», significativamente stabilendone i criteri speciali di
computo, appunto — costituisce mancato adempimento («viola
zione») — entro il termine essenziale, parimenti imposto dalla
legge (v. Cass. 12031/03, cit.) — di quegli obblighi e, peraltro, risulta incompatibile
— per quanto-si è detto — con la ratio le
gis ta sentenza impugnata si discosta dal principio di diritto
enunciato, laddove nega che la «violazione degli obblighi di
comunicazione» — della quale si discute — possa ritenersi in
tegrata «in caso di semplice ritardo».
Tanto basta per accogliere il ricorso principale della direzione
provinciale del lavoro di Avellino.
Inammissibile risulta, invece, il ricorso incidentale condizio
nato, proposto dal comune di Lauro. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 mar
zo 2005, n. 5582; Pres. Saggio, Est. Panebianco, P.M. Sor
rentino (conci, diff.); Fall. soc. Arti grafiche editoriali (Avv. Adriano) c. Porcheddu (Avv. Monacchia, Passino). Cassa
App. Cagliari-Sassari 21 dicembre 2001.
Fallimento — Ammissione al passivo — Credito di impresa — Prova — Scritture contabili — Insufficienza (Cod. civ., art. 2709; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 93, 95).
Nel procedimento di accertamento del passivo, il creditore per ottenere l'ammissione al passivo, del proprio credilo non può limitarsi a produrre le scritture contabili del fallito, in quanto la norma dell'art. 2709 c.c. si applica al debitore-imprendi tore e non al curatore il quale assume una posizione di ter
zietà, potendo tali scritture costituire un indizio cui devono
accompagnarsi altri elementi di giudizio. (1)
( 1 ) Il principio affermato trova ascendenti, a proposito del contiguo art. 2710 c.c., in Cass. 19 novembre 2003, n. 17543, Foro it.. Rep. 2003, voce Fallimento, n. 304; 9 maggio 2001, n. 6465, id., 2001, I, 3542, con nota di richiami.
Non trova smentita in Cass. 8 settembre 2004, n. 18059, id.. Rep. 2004, voce cit., n. 318; 18 aprile 2003, n. 6306, id.. Rep. 2003, voce Libri e scritture contabili, n. 2 (e Fallimento, 2004, 655, con nota entu siastica di F. Signorelli, Novità in tema di efficacia probatoria delle
scritture contabili dell'imprenditore); 13 aprile 2001, n. 5529, Foro it..
Rep. 2001, voce cit., n. 4, decisioni emesse in occasione di controversie
aventi ad oggetto la riscossione di un credito del fallito, ovverosia giu dizi nei quali il curatore non si trovava in posizione di terzietà, quanto invece di successore del fallito.
La differenza fra il regime dell'art. 2709 c.c. e quello di cui all'art.
2710 c.c. si ritrova nel fatto che solo per il secondo è — espressamente — previsto il libero apprezzamento del magistrato; da qui la considera
zione con la quale il giudice di legittimità si è rifugiato nella qualifica zione del risultato della prova documentale come mero indizio, da cor
roborare con altri elementi di giudizio. Sull'art. 2709 c.c. e sulla ratio
della norma che viene ravvisata nella regola d'esperienza in base alla
quale, normalmente, nessuno predispone in una documentazione, dati a
proprio carico ma non corrispondenti al vero, nonché sul valore di pre
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2367 PARTE PRIMA 2368
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data
12 marzo 1999 Francesco Porcheddu proponeva opposizione avanti al Tribunale di Sassari ai sensi dell'art. 98 1. fall, avverso
il decreto dell'11 febbraio 1999, notificato il 25 successivo, con
cui il giudice delegato al fallimento della Arti grafiche editoriali
s.r.l., nel dichiarare esecutivo lo stato passivo, aveva escluso
perché non sufficientemente documentato né sull'an né sul
quantum il suo credito di lire 21.525.000 verso la società fallita
per le prestazioni d'opera da lui fornite in piena autonomia e
senza vincoli di orario negli ultimi nove mesi (dal 1° luglio 1993 al 31 marzo 1994) del rapporto di collaborazione coordi
nata e continuativa intercorso con la stessa società subito dopo la cessazione, per collocamento in pensione, del rapporto di la
voro subordinato che lo aveva legato ad essa fino al 1985, cre
dito di cui aveva chiesto l'ammissione al passivo con gli inte
ressi legali e con il privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 2, c.c. Il fallimento rimaneva contumace.
Con sentenza del 5 luglio 2001 il tribunale rigettava la do
manda.
Proponeva impugnazione il Porcheddu avanti alla Corte d'ap
pello di Cagliari -— sezione distaccata di Sassari — che all'esito del giudizio, nel quale il fallimento rimaneva ancora contumace, con sentenza del 12-21 dicembre 2001, in accoglimento del gra vame, ammetteva al passivo in via privilegiata ai sensi dell'art.
2751 bis, n. 2, c.c. il credito nella misura richiesta con gli inte
ressi legali in via chirografaria con decorrenza dalla domanda di
ammissione al passivo. Osservava la corte di merito che, avendo il curatore, con la
domanda di autorizzazione a non costituirsi in giudizio, dichia
rato fra l'altro che il credito del Porcheddu risultava iscritto
nella contabilità della società fallita per l'intero importo richie
sto, doveva ritenersi provato che il credito era iscritto per detto
importo nelle scritture contabili le quali ai sensi dell'art. 2709
c.c. fanno prova contro l'imprenditore dell'esistenza e del
l'ammontare delle posizioni debitorie che vi risultano.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il falli
sunzione iuris tantum, della risultanza scritturale, cfr. L. Quattrocchio, Libri e scritture contabili, voce del Digesto comm., Torino, 1997, XIV,
appendice, 539; G.F. Campobasso, Diritto commerciale. I. Diritto del
l'impresa, Torino. 1997, 124; S. Patti, Prova documentale, in Com mentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1996, 112; A. Nigro, L'im
presa. Le scritture contabili, in Trattato dir. comm. e dir. pubbl. eco nomia diretto da F. Galgano, Padova, 1978, II, 242. Nel senso, invece, che il valore probatorio della scrittura sarebbe vincolante, E. Bocchini, Manuale di diritto della contabilità delle imprese, Torino, 1995, 81.
Il tema dell'efficacia probatoria delle scritture contabili (in particola re nella prospettiva dell'art. 2710 c.c.) è stato ripetutamente affrontato anche con riguardo all'azione revocatoria, nella quale, pure, il curatore riveste un ruolo di terzietà. In questa, diversa, cornice, la giuris prudenza ha assunto un orientamento ancipite in quanto ha stabilito: a) che non sono opponibili al curatore le risultanze delle scritture contabili
obbligatorie provenienti dall'imprenditore fallito, non potendo il cura tore essere ricompreso tra i soggetti indicati dall'art., 2710 c.c.; così Cass. 28 maggio 1997, n. 4729, Foro it., Rep. 1997. voce Fallimento, n. 511; 26 maggio 1987, n. 4703, id., Rep. 1987, voce cit., n. 313; Trib. Milano 16 novembre 1992, id., Rep. 1993, voce cit., n. 335; b) che è rimesso al libero apprezzamento del giudice del merito, ai sensi del l'art. 2710 c.c.. lo stabilire se le scritture contabili, tenute dall'impren ditore fallito, siano idonee o meno a far prova in favore della curatela; così Cass. 10 gennaio 2003. n. 142, id., Rep. 2003, voce cit., n. 305; 13 ottobre 1982, n. 5272, id., Rep. 1982, voce cit., n. 269; Trib. Genova 19 marzo 1999, id., Rep. 2000, voce cit., n. 526; Trib. Torino 23 febbraio 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 341; per l'inutilizzabilità, v., invece, Trib. Roma 18 dicembre 1997, id., Rep. 1999, voce cit., n. 553; Trib. Verona 3 ottobre 1992, id., Rep. 1994, voce cit., n. 374.
In dottrina, nel senso dell'applicabilità dell'art. 2710 c.c. quando la controversia abbia ad oggetto un rapporto attinente all'impresa (ancor ché la lite non riguardi due imprenditori), cfr. F. Astone, In tema di ef ficacia probatoria delle scritture contabili dell'imprenditore, in Giur. it., 1990, I, 2, 382; M. Lazzara, Revocatoria fallimentare e non utiliz zabilità delle scritture contabili del fallito, in Dir. fallim., 1990, II. 792; C. Trentini, Efficacia delle scritture contabili nei confronti del curato re, in Fallimento, 1995, 956; per una particolare attenzione al profilo oggettivo, v. anche A.A. Dolmetta, La data certa. Milano, 1986. Per l'utilizzabilità delle scritture come argomento di prova, V. Rampini, Scritture contabili del fallito e onere probatorio a carico del curatore nella revoca dei pagamenti, in Giur. comm., 2000, II, 44; G. Bettazzi, Efficacia probatoria delle scritture contabili nel fallimento, in Falli
mento, 2003. 1170. [M. Fabiani]
Il Foro Italiano — 2005.
mento Arti grafiche editoriali s.r.l., deducendo un unico motivo
di censura.
Resiste con controricorso Francesco Porcheddu.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso il
fallimento Arti grafiche editoriali s.r.l. denuncia violazione o
falsa applicazione degli art. 31, 35, 93 e 98 1. fall, e degli art. 2709-2710 c.c. nonché difetto di motivazione. Lamenta che la
corte d'appello, nel riconoscere il credito, non abbia considerato
che la confessione proveniente dal curatore del fallimento è
inefficace in quanto, come si evince dall'art. 35 1. fall., egli è
incapace di disporre dei diritti della massa e che inoltre non so
no applicabili le disposizioni di cui agli art. 2709-2710 c.c., as sumendo il curatore, nel procedimento di accertamento del pas sivo fallimentare, la posizione di terzo con la conseguente inop
ponibilità al medesimo delle scritture provenienti dai creditori o
dallo stesso fallito. Deduce altresì che dalla motivazione della
sentenza impugnata nessuna prova risulta acquisita in ordine
alle prestazioni effettuate a favore della società fallita.
Il motivo di ricorso in esame, articolato in due distinte censu
re, è fondato per quanto di ragione.
Quanto alla prima, con cui si sostiene l'inefficacia della con
fessione proveniente dal curatore fallimentare in considerazione
della sua incapacità di disporre dei diritti della massa, una tale
deduzione è frutto di una non corretta lettura della sentenza im
pugnata nella quale in realtà l'ammissione del curatore falli
mentare non risulta riferita alla sussistenza del credito in conse
guenza di una sua consapevole ed effettiva presa d'atto della
situazione debitoria ma alle risultanze delle scritture contabili
della società che l'importo richiesto riportano. Trattasi, come è evidente, di una diversa prospettazione, es
sendosi la corte d'appello limitata a desumere la presenza nelle
scritture della somma richiesta sulla base delle dichiarazioni del
curatore, senza ravvisare alcuna ammissione sull'effettiva esi
stenza di tale credito né operare alcuna valutazione giuridica in
ordine alla sua possibile configurabilità come confessione.
Conseguentemente deve ritenersi estraneo il profilo del ricor
so basato sull'inefficacia della confessione in quanto non cor
relabile alla ratio decidendi della sentenza impugnata che a tale
dichiarazione ha fatto riferimento unicamente quale presupposto di fatto su cui ha basato la tesi giuridica dell'applicabilità del
l'art. 2709 c.c. in forza del quale ha desunto poi l'esistenza del
credito.
Puntuale è invece la seconda censura che riguarda l'opponi bilità al fallimento di dette scritture su cui, come si è già rile
vato, la corte d'appello, in virtù del richiamato art. 2709 c.c., ha
basato la propria decisione rilevando che esse fanno prova con
tro l'imprenditore. Orbene, diversamente dall'ipotesi in cui il curatore agisce
quale avente causa del fallito esercitando un diritto trovato nel
fallimento e subentrando così nella medesima posizione proces suale e sostanziale del fallito (per esempio per ottenere il paga mento di una somma dì denaro, l'annullamento o la risoluzione
di un contratto, ecc.), nella procedura di verifica dei crediti e
quindi in sede di formazione dello stato passivo egli agisce in
vece in qualità di terzo sia rispetto ai creditori del fallito che ri
chiedono l'insinuazione nel passivo e sia rispetto allo stesso
fallito.
Conseguentemente, non solo non sono a lui opponibili i cre
diti non aventi data certa in osservanza dell'art. 2704 c.c. ma
non è nemmeno applicabile nei suoi confronti, al pari dell'art.
2710 c.c., l'art. 2709 c.c. (secondo cui i libri e le scritture con
tabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro
costoro) invocabile, solo nei rapporti fra i contraenti od i loro
successori, fra i quali ultimi non è annoverabile il curatore nella
sua funzione istituzionale di gestione del patrimonio del fallito
ed in particolare in quella di formazione dello stato passivo. Al
riguardo, del resto, la giurisprudenza, sia pure in special modo
con riferimento all'art. 2710 c.c., è ormai da tempo consolidata
(fra le tante, Cass. 4703/87, Foro it., Rep. 1987, voce Falli
mento, n. 313; 352/99, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 409). Erroneamente pertanto la corte d'appello, senza fornire oltre
tutto alcuna argomentazione per contrastare il diverso orienta
mento della giurisprudenza, ha ritenuto provato il credito sul
semplice rilievo che le scritture contabili su cui esso era ripor tato fanno prova contro l'imprenditore ai sensi dell'art. 2709
c.c.
Le esposte considerazioni non comportano però la totale irri
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
levanza di dette scritture, potendo queste essere oggetto di esa
me quali elementi indiziari in ordine all'esistenza del credito, unitamente ad altri eventuali elementi di giudizio desumibili
dalle risultanze processuali già emerse ovvero eventualmente
acquisibili sulla base delle richieste istruttorie già formulate, se
tempestive e rilevanti ai fini della decisione.
Ma ciò richiede una valutazione di merito che esula dai com
piti istituzionali del giudizio di legittimità e che va demandata al giudice di rinvio il quale, nell'uniformarsi al principio accolto in ordine all'inapplicabilità al curatore dell'art. 2709 c.c., pro cederà ad un riesame degli elementi emersi, comprese le sopra indicate scritture contabili, nonché delle risultanze probatorie che eventualmente emergeranno dall'espletamento delle richie
ste istruttorie, se ritenute tempestivamente proposte e rilevanti
ai fini della decisione. L'impugnata sentenza va pertanto cassata in relazione alla
censura accolta con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione
della Corte d'appello di Cagliari.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 4 marzo 2005, n. 4753; Pres. Vittoria, Est. Talevi, P.M. Ce
niccola (conci, parz. diff.); Marinucci e altra (Avv. Cersosi
mo) c. Soc. Motor Tecno (Avv. De Sisto). Cassa App. Roma
17 ottobre 2000.
Locazione — Immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazio ne — Mancato uso — Inadempimento del conduttore —
Confìgurabilità — Condizioni — Disciplina applicabile (Cod. civ., art. 1453, 1455, 1587; 1. 27 luglio 1978 n. 392, di sciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 80).
Il conduttore dì immobile destinato ad uso non abitativo, se di
regola non è tenuto a farne uso, ha, tuttavia, tale obbligo
qualora il contratto abbia ad oggetto una cosa produttiva o
un bene il cui uso sia necessario alla sua conservazione, ov
vero quando il prolungato non uso potrebbe provocare un
deprezzamento del valore di mercato del bene locato, come
nel caso di immobile destinato ad esercizio commerciale che
resti chiuso per più anni; in tali ipotesi, come anche nel caso
in cui un determinato uso della cosa sia stato specificamente assunto come obbligatorio tra le parti nel sinallagma con
trattuale, il non uso della cosa locata posto a base della do
manda di risoluzione contrattuale deve essere valutato dal
giudice di merito non ai sensi dell'art. 80 l. 392/78, che con
templa il caso di unilaterale mutamento d'uso dell'immobile
locato, bensì alla stregua dei criteri generali in tema di ina
dempimento contrattuale, per stabilire se ed in quali limiti
questo sussista e, qualora sussista, che importanza abbia ai
sensi dell'art. 1455 c.c. (1)
Svolgimento del processo. —
Neil'impugnata decisione lo
svolgimento del processo è esposto come segue. «La Tecnicar s.r.l., dedotto di aver concordato con scrittura
del 18 ottobre 1990 con la Motor Tecno s.r.l. l'affidamento del
ti) In senso conforme, v. Cass. 12 novembre 1996, n. 9875, Foro it..
Rep. 1997, voce Locazione, n. 309 (che può leggersi in Rass. locazioni,
1997, 66, con nota di A. Scarpa; Riv. giur. edilizia, 1997, I, 479, con nota di M. De Tilla). In termini analoghi (se si eccettua la mancata
espressa inclusione, tra le ipotesi di possibile rilevanza del non uso del
l'immobile ai fini della risoluzione della locazione per inadempimento, del caso in cui esso, in ragione della destinazione pattuita, possa provo care il deprezzamento del bene), v. anche Cass. 17 ottobre 1995, n.
10815, Foro it., 1996,1, 3444, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2005.
l'incarico di provvedere all'esecuzione dei lavori di carrozzeria
sulle auto nuove Saab in garanzia, anche a richiesta dei pro
prietari delle vetture, in quanto essa non era attrezzata per tale
attività, pattuendo la durata del rapporto dal 1° novembre 1990
al 31 ottobre 1996 ed una caparra penitenziale di lire
140.000.000 in caso di recesso da parte di ciascuno dei con
traenti, e stabilendo il compenso in lire 2.810.000 quale minimo
garantito per gli interventi in garanzia richiedenti solo impiego di mano d'opera da adeguarsi secondo indici Istat, e premesso altresì che, iniziato il rapporto con la prestazione dell'attività
concordata, la committente versava solo in parte il compenso fatturato, tanto che al luglio 1993 era rimasto non pagato l'im
porto di lire 23.150.000, conveniva in giudizio la suddetta so
cietà per ottenere il versamento del detto corrispettivo delle pre stazioni, nonché il pagamento della caparra, dato atto dell'avve
nuto ingiustificato recesso della società stessa dal contratto.
La Motor Tecno si costituiva resistendo alla domanda, ed op
ponendo che l'indicato accordo costituiva lo strumento di cui
Marinucci Franco, contitolare con il figlio Andrea del capitale sociale della Tecnicar nonché proprietario del locale dato in lo
cazione ad essa committente per l'esercizio della propria attività
di officina meccanica, si era avvalso per conseguire un aumento
del canone fuori dei limiti di cui alla 1. 392/78. Marinucci Franco a distanza di pochi giorni conveniva in
giudizio la Motor Tecno, per ottenere il rilascio dei locali a que sta concessi per inadempimento del contratto, deducendo che la
conduttrice aveva effettuato un cambiamento dell'uso dell'im
mobile, nonché aveva eseguito opere non autorizzate. Anche in
questa causa la Motor Tecno si costituiva contestando la prete sa.
Il tribunale con sentenza del 14 maggio 1997, riunite le due
cause, rigettava le domande delle due parti attrici, individuando
nel rapporto avente ad oggetto l'esecuzione di lavori di carroz
zeria un contratto in violazione della legge sopra richiamata, di
chiarava cessata in data 31 dicembre 1996 la locazione intercor
sa tra la società convenuta ed il Marinucci, condannava la con
venuta a pagare lire 1.900.000 in favore di quest'ultimo per spe se di riduzione in pristino dell'immobile locato, e condannava
Tecnicar e Marinucci a pagare in solido le spese di lite.
Con atto del 14 e del 15 aprile 1998 il Marinucci e la Tecni
car proponevano appello e la Motor Tecno si costituiva oppo nendosi al gravame ...».
Con sentenza 16 giugno - 17 ottobre 2000 la corte d'appello,
definitivamente pronunciando, respingeva l'appello proposto da
Marinucci Franco e dalla Tecnicar s.r.l. nei confronti della Mo
tor Tecno s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Roma in
data 14 maggio 1997, e condannava gli appellanti a pagare in
solido le spese del grado liquidate in lire 130.000 per esborsi,
lire 1.300.000 per competenze e lire 4.000.000 per onorari.
Contro questa decisione hanno proposto ricorso per cassazio
ne Marinucci Franco e la Tecnicar s.r.l.
Ha resistito con controricorso la Motor Tecno s.r.l. in liquida zione in persona del suo liquidatore.
Marinucci Franco e la Tecnicar s.r.l. hanno depositato memo
ria. Motivi delia decisione. — Va esaminato anzitutto il secondo
motivo di ricorso in quanto ha ad oggetto una questione preli minare.
Con detto secondo motivo i ricorrenti denunciano «violazione
dell'art. 102, in relazione all'art. 360, n. 4, c.p.c.» esponendo le
seguenti doglianze. La corte d'appello non ha osservato che nel
giudizio promosso dalla Tecnicar contro la Motor Tecno per ottenere il pagamento delle fatture non pagate e della caparra
penitenziale, la Motor Tecno non aveva chiamato in causa il
Marinucci, che, se di simulazione relativa si trattava, era litis
consorte necessario, quale partecipe dell'accordo simulatorio,
mentre la riunione delle cause, respinta nel corso del giudizio, fu disposta solo con la sentenza. Avrebbe quindi dovuto la corte
d'appello rimettere le parti davanti al primo giudice per integra re il contraddittorio nei confronti di Marinucci Franco. Tale
questione è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità. Il motivo non può essere accolto in quanto, come questa corte
ha già più volte rilevato, «nell'ipotesi in cui la domanda di ac
certamento della simulazione sia stata proposta in via mera
mente incidentale, deve escludersi la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti dell'accordo simu
latorio, in quanto l'accertamento della simulazione avviene,
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