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sezione I civile; sentenza 15 settembre 1995, n. 9771; Pres. F. E. Rossi, Est. Berruti, P.M....

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sezione I civile; sentenza 15 settembre 1995, n. 9771; Pres. F. E. Rossi, Est. Berruti, P.M. Carnevali (concl. parz. diff.); Soc. Cfm (Avv. Persichelli, Floridia, G. Ferrari) c. Soc. Pfizer italiana; Soc. Pfizer italiana (Avv. Giorgianni, Franceschelli) c. Soc. Cfm. Cassa App. Milano 17 gennaio 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 961/962-967/968 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190859 . Accessed: 28/06/2014 16:16 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 16:16:04 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 15 settembre 1995, n. 9771; Pres. F. E. Rossi, Est. Berruti, P.M.Carnevali (concl. parz. diff.); Soc. Cfm (Avv. Persichelli, Floridia, G. Ferrari) c. Soc. Pfizeritaliana; Soc. Pfizer italiana (Avv. Giorgianni, Franceschelli) c. Soc. Cfm. Cassa App. Milano 17gennaio 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 961/962-967/968Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190859 .

Accessed: 28/06/2014 16:16

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

d'appello, ponendo a fondamento della decisione le prove pro

poste dalle parti, né la decisione della corte d'appello è viziata

per non aver essa ritenuto necessario affidare ad un tecnico un'in

dagine sul funzionamento dell'altalena, giacché stabilire quale fosse questo modo non richiedeva l'impiego di particolari com

petenze (art. 61 c.p.c.). La decisione della corte d'appello costituisce in conclusione

il risultato del prudente apprezzamento degli elementi di prova dedotti dalle parti e la valutazione che essa ha dato del compor tamento del Braghini si presenta, in relazione alla norma da

applicare al caso, come un giudizio il quale, perché attiene alla

valutazione dei fatti e non presenta i vizi che il ricorso ha de

nunziato, non è suscettibile di cassazione.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 15 set

tembre 1995, n. 9771; Pres. F. E. Rossi, Est. Berruti, P.M.

Carnevali (conci, parz. diff.); Soc. Cfm (Avv. Persichelli,

Floridia, G. Ferrari) c. Soc. Pfizer italiana; Soc. Pfizer ita

liana (Aw. Giorgianni, Franceschelli) c. Soc. Cfm. Cassa

App. Milano 17 gennaio 1992.

Brevetti per invenzioni industriali — Concedente e licenziatario — Solidarietà attiva — Esclusione (Cod. civ., art. 1292, 1294,

1310). Brevetti per invenzioni industriali — Contraffazione — Risarci

mento del danno — Concedente e licenziatario — Legittima zione attiva (R.d. 29 giugno 1939 n. 1127, testo delle disposi zioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali, art. 66-68).

Prescrizione e decadenza — Sentenza di condanna generica —

Passaggio in giudicato — Azione di liquidazione — Termine

— Effetti interruttivi (Cod. civ., art. 2947, 2953; cod. proc.

civ., art. 278).

In assenza di una specifica pattuizione intervenuta tra le parti, non vi è solidarietà attiva tra titolare del brevetto e licenziata

rio nel credito al risarcimento del danno derivante dalla con

traffazione. (1) La diversità tra il diritto del licenziatario esclusivo e il diritto

del titolare del brevetto non esclude che la contraffazione del

brevetto (accertata con efficacia di giudicato) possa essere fonte di legittimazione ad agire per il risarcimento del danno, in

favore, oltre che del concedente, anche del licenziatario. (2) La sentenza di condanna generica passata in giudicato determi

na l'assoggettamento dell'azione diretta alla liquidazione al

termine prescrizionale di cui all'art. 2953 c.c., nonché la pro duzione degli effetti interruttivi della prescrizione, esclusiva

mente nei confronti di coloro che hanno esercitato le azioni

concluse con la condanna generica. (3)

(1-3) La sentenza ha cassato App. Milano 17 gennaio 1992, Foro

it., Rep. 1992, voce Brevetti, nn. 96-99, e Riv. dir. ind., 1994, II, 185, con nota di Bozzola.

Esaurite le impugnazioni relative alla causa sulla contraffazione —

limitatamente all 'an debeatur (Cass. 8 aprile 1982, n. 2168, Foro it.,

Rep. 1983, voce cit., nn. 54, 55) — culminata con la declaratoria di

validità del brevetto, la società titolare del brevetto e la licenziataria

avevano agito per la corresponsione del quantum. La corte milanese

(nella citata pronuncia) aveva affermato, in riforma della sentenza di

primo grado, la sussistenza di un vincolo di solidarietà attiva tra la

società concedente e la licenziataria. Da quest'affermazione scaturiva

un'importante conseguenza in tema di prescrizione. Infatti, atteso che

la licenziataria si era affiancata alla società titolare del brevetto solo

nella proposizione del giudizio relativo al quantum (iniziato nel 1987), in virtù della prescrizione quinquennale, i crediti risarcitori maturati

prima del 1982 a rigore dovevano essere ritenuti estinti per prescrizione. Senonché, l'affermazione della sussistenza del predetto vincolo di soli

darietà attiva ha consentito di applicare alla licenziataria il disposto

Il Foro Italiano — 1996.

Svolgimento del processo. — Con citazione dell'11 marzo 1987, la Pfizer Incorporated di New York, e la Pfizer italiana s.p.a., la prima titolare del brevetto per invenzione industriale n. 966903, la seconda licenziataria esclusiva per l'Italia, convenivano in giu

dizio, davanti al Tribunale di Milano, la s.p.a. Cfm (Compa

gnia farmaceutica milanese) chiedendone la condanna al risarci mento dei danni conseguenti alla contraffazione posta in essere

dal prodotto Carbadoz, protetto dal citato brevetto, dal 1973

fino al 1985, ovvero fino alla sua scadenza. Le attrici narrava

no che il Tribunale di Milano, adito una prima volta, nel 1975, dalla sola Pfizer Inc. contro la Cfm, aveva dichiarato la nullità

del brevetto, ritendendolo erroneamente relativo ad un medica

mento umano. Quindi, dopo che la Corte costituzionale, nel

1978, ebbe a dichiarare la incostituzionalità dell'art. 14 1. inv., la Corte d'appello di Milano aveva dichiarato la nullità del bre

vetto per difetto di novità intrinseca. La Corte di cassazione

aveva tuttavia cassato tale sentenza, quindi la corte di Torino, in sede di rinvio, con sentenza dell'8 luglio 1983, aveva accerta

di cui all'art. 1310, 2° comma, c.c., secondo cui gli atti con i quali uno dei creditori in solido interrompe la prescrizione contro il comune

debitore, hanno effetto con riguardo agli altri creditori.

Ora, la Corte suprema, riformando l'impugnata sentenza di appello nella parte in cui aveva ritenuto la sussistenza di un vincolo di solidarie

tà attiva tra concedente del brevetto e licenziatario, ha elaborato i se

guenti principi: 1) poiché il legislatore non ha specificamente previsto, con riferimento al rapporto tra concreditori, un meccanismo presuntivo fondato sull'identità di fonte dei rispettivi crediti, non può in astratto

ipotizzarsi un rapporto di solidarietà attiva tra titolare del brevetto e

licenziatario; 2) il licenziatario non può ritenersi cessionario del brevet

to, atteso che il suo diritto di utilizzazione coesiste con quello del titola

re; 3) ancorché il diritto del licenziante e quello del licenziatario siano

ontologicamente diversi, in virtù del principio dell'efficacia riflessa del

giudicato l'accertamento definitivo inerente al fatto storico della con

traffazione del brevetto — fonte del diritto al ripristino dell'ordine giu ridico violato, sia in favore del concedente che del licenziatario — fon

da la legittimazione ad agire per il risarcimento del danno anche in

capo al terzo licenziatario, che non abbia partecipato al primo giudizio relativo all'on debeatur (in dottrina, sull'efficacia riflessa della cosa giu dicata, cfr. Carnelutti, Efficacia diretta ed efficacia riflessa della cosa

giudicata, in Studi di diritto processuale, Padova, 1925, I, 341; Allo

rio, La cosa giudicata rispetto ai terzi, Milano, 1935, 92; Liebman, Efficacia ed autorità della sentenza, Milano, 1935; Id., Manuale di di

ritto processuale civile, Milano, 1984, II, 114 ss.); 4) sia l'assoggetta mento dell'azione diretta alla liquidazione (promossa a seguito di sen

tenza di condanna generica) al termine di cui all'art. 2953 c.c., sia la

produzione di effetti interruttivi della prescrizione, operano esclusiva

mente rispetto a coloro i quali abbiano esercitato l'azione per la con

danna generica e non si estendono al licenziatario (terzo rispetto al pri mo giudizio) che abbia intrapreso, insieme al titolare del brevetto, esclu

sivamente l'azione di quantificazione del risarcimento dovuto in

conseguenza dell'accertata contraffazione. A questo proposito, la giuris

prudenza ha affermato che, a seguito del passaggio in giudicato della

sentenza di condanna generica al risarcimento del danno, l'azione di

liquidazione del danno è assoggettata, non già al termine di prescrizio ne quinquennale, bensì' al termine ordinario, in applicazione dell'art. 2953 c.c. Sul punto, v. Cass. 14 maggio 1981, n. 3188, Foro it., Rep. 1981, voce Prescrizione e decadenza, n. 191.

A conti fatti, la sentenza in epigrafe, pur rifiutando di accomunare

la posizione processuale e sostanziale del licenziatario a quella del con

cedente, sul presupposto del vincolo di solidarietà attiva, ha replicato l'affermazione — già contenuta nella pronuncia di merito oggetto di

gravame — dell'«efficacia riflessa» del giudicato di contraffazione nei confronti del licenziatario, estraneo alla causa sull'art promossa dal ti

tolare del brevetto. Da notare che la dottrina (Bozzola, Sulla contraf

fazione del brevetto come illecito permanente. Ultime vicende del caso

Carbodox, in Riv. dir. ind., 1994, II, 218 ss.; Francesckelli, Le vicen

de del brevetto Carbodox. Considerazioni e documenti, id., 1986, II,

153, 606) non ha mancato di rilevare come, in quella pronunzia, la

teoria dell'«efficacia riflessa» del giudicato fosse applicata in duplice chiave: in primo luogo, si era affermato che il licenziatario del brevetto

(estraneo al primo giudizio tra contraffattore e titolare del brevetto)

può opporre al contraffattore, che promuova contro il medesimo una

nuova causa di nullità, l'efficacia della sentenza che ha dichiarato la

validità del brevetto, passata in giudicato tra contraffattore e titolare;

d'altro canto, si era precisato che il licenziatario è legittimato attiva

mente ad intraprendere l'azione (relativa al quantum) di risarcimento del danno di contraffazione del brevetto a fianco del titolare del brevet

to, nonostante la sua estraneità alla causa sull'art (in effetti, la preva lente giurisprudenza si è pronunciata nel senso della legittimazione atti

va del licenziatario in ordine all'azione di contraffazione del brevetto:

Trib. Milano 22 gennaio 1990, Foro it., Rep. 1992, voce Brevetti, n.

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PARTE PRIMA

to la validità del brevetto Carbadox e la sua contraffazione da

parte della Cfm, condannata a risercire i danni da liquidarsi

separatamente, in favore dell'attrice Pfizer Inc.

Questa decisione passava in giudicato a seguito del rigetto del ricorso per cassazione.

La Pfizer Inc. e la Pfizer italiana, dichiarandosi creditori so

lidali, e/o avente causa la seconda dalla prima, ed invocando

altresì la società italiana la efficacia riflessa del giudicato sulla

contraffazione anche nei propri confronti, agivano per la quan tificazione del danno derivante dalla contraffazione.

Il Tribunale di Milano, con sentenza non definitiva del 24

ottobre 1988, dichiarava la legittimazione ad agire della Pfizer italiana sulla base della efficacia, ad essa riflessa, del giudicato ottenuto dalla Pfizer Inc., negando tuttavia alla stessa società

italiana il riconoscimento della qualità di creditore solidale con

la consorella americana, e dunque la estensione ad essa dei be

nefici derivanti dagli atti di messa in mora e di interruzione

della prescrizione compiuti dalla predetta. Dichiarava quindi la Cfm tenuta al risarcimento dei danni nei confronti di entrambe

le attrici, ed accogliendo un'eccezione della Cfm, dichiarava pre scritto il diritto della Pfizer italiana al risarcimento relativo al

periodo antecedente la data dell'11 marzo 1982, ovvero il quin

quennio antecedente la domanda giudiziale.

Proponevano appello tutte le parti, e la corte di Milano, con la sentenza in esame, confermava la legittimazione ad agire del

la Pfizer italiana anche in relazione al rapporto di solidarietà

76; 18 maggio 1989, id., Rep. 1991, voce cit., n. 61; 2 ottobre 1986, id., Rep. 1989, voce cit., n. 77; 17 gennaio 1985, id., Rep. 1987, voce cit., n. 68; Trib. Bologna 2 aprile 1984, id., Rep. 1986, voce cit., n. 81. Sulla questione della natura della licenza, v. in giurisprudenza: Cass. 11 giugno 1980, n. 3714, id., Rep. 1981, voce cit., nn. 24, 63, e Giur.

it., 1981, I, 1, 906, nella quale si afferma che il contratto di licenza

per lo sfruttamento del brevetto industriale non si trasforma in un con tratto associativo, in ragione della sola previsione di un corrispettivo proporzionato ai ricavi del licenziatario, ovvero dell'espletamento di una collaborazione del licenziante inventore nella fabbricazione dell'inven

zione, qualora quest'ultimo rimanga estraneo all'attività imprenditoria le del licenziatario ed ai relativi rischi. Cfr. anche Cass. 29 dicembre

1988, n. 7083, Foro it., 1989, I, 960, con nota di Pardolesi, secondo la quale nel contratto costitutivo di licenza su brevetto industriale, che è immediatamente produttivo di effetti, i diritti del licenziatario insor

gono non appena venga ottenuto il brevetto, senza necessità di ulteriori accordi negoziali. Sulla non identificabilità del contratto di licenza con la cessione di brevetto, v. nella giurisprudenza di merito: Trib. Torino 15 giugno 1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 79; Trib. Milano 28 giugno 1979, ibid., n. 51, e Giur. dir. ind., 1979, 592. In dottrina, cfr. Intro

vigne, Contratto di licenza, voce del Digesto comm., Torino, 1989, IV, 86; Barbuto, Trasferimento dei diritti di brevetto: concessione, li

cenza, cessione, in Impresa, 1988, 1785, 1933 e 2099). Per tutta conse guenza, il giudicato sull'a/i si riflette per due volte sul licenziatario:

prima, ponendolo al riparo dai nuovi attacchi al brevetto, attraverso la proposizione dell'eccezione di cosa giudicata; poi, fornendogli il tito lo per chiedere il risarcimento del danno in via diretta con il titolare del brevetto (cfr. Bozzola, op. cit., 218).

Tuttavia, la negazione della natura solidale a latere creditoris del rap porto tra titolare del brevetto e licenziatario conduce a conseguenze pratiche sfavorevoli per il licenziatario che non sia stato parte del giudi zio relativo all 'an, in un caso (come quello di specie) in cui la contraf

fazione, iniziata nel lontano 1973, si è protratta in via continuativa fino alla scadenza del brevetto, avvenuta nel 1985. Infatti, atteso che l'atto introduttivo del giudizio relativo al quantum risale al 1987, i cre diti maturati tra il 1973 e il 1982 in favore del licenziatario devono ritenersi estinti per decorso del termine di prescrizione stabilito dall'art. 2947 c.c.

Una voce dottrinaria (Bozzola, op. cit., 217) ha proposto una solu zione che consentirebbe di evitare questa grave conseguenza a carico del licenziatario, prescindendo dal riferimento all'istituto della solida rietà attiva. Si è, infatti, ritenuta applicabile alla fattispecie in esame la teoria dell'illecito permanente, in virtù della quale, essendosi l'attivi tà di contraffazione protratta nel tempo in via continuativa ed ininter rotta, il termine di prescrizione dovrebbe cominciare a decorrere dal l'ultimo atto contraffattivo. Questa interpretazione si fonda sulla tra

sposizione, sul piano dell'illecito civile, della costruzione penalistica del 'reato permanente', che trova un appiglio normativo nell'art. 158 c.p., ai sensi del quale il termine di prescrizione decorre — per il reato per manente — dal giorno in cui è cessata la permanenza.

Sennonché, tale riflessione dottrinaria non ha trovato accoglimento nella pronuncia in epigrafe, a cui dire la questione relativa alla natura

permanente dell'illecito de quo rimane assorbita nella trattazione del motivo di ricorso relativo alla sussistenza di un rapporto di solidarietà attiva tra titolare del brevetto e licenziatario. [V. Montaruli]

Il Foro Italiano — 1996.

attiva con la Pfizer Inc. Quindi accoglieva l'appello della Pfizer

italiana sul punto della prescrizione, e dichiarava la Cfm tenuta

a risarcire il danno relativo anche al periodo 1° marzo

1973-settembre 1985. Dichiarava anche il diritto della Cfm di profittare, ai sensi dell'art. 1304 c.c., delle transazioni interve

nute tra le attrici ed i magistrati, gli integratoristi e gli allevatori che avevano adoperato il Carbadox per le loro miscele, e con

fermava tutte le altre statuizioni della sentenza del tribunale.

Il secondo giudice, in particolare, rilevava la sussistenza, ol

tre che della efficacia del giudicato sull'art debeatur anche nei

confronti della licenziataria Pfizer italiana, anche della solida

rietà attiva tra questa e la consorella americana. Secondo la

corte, nella specie vi sarebbe la identità della causa credendì, costituita dal brevetto di cui la Pfizer Inc. è titolare e la Pfizer

italiana licenziataria, la cui contraffazione è stata accertata con

sentenza passata in cosa giudicata, che attribuisce anche al li

cenziatario il diritto di tutelare i diritti nascenti dal brevetto, sia pure limitatamente alla estensione della sua licenza. Quindi, l'effetto formale del giudicato, che copre il dedotto ed il dedu

cibile, si dovrebbe, nella specie, tradurre nella impossibilità di

riesaminare sotto qualunque profilo, in un eventuale altro giu

dizio, ogni domanda già esaminata nel processo promosso dalla

sola Pfizer Inc.

Conseguentemente alla affermata solidarietà pertanto la sen tenza riteneva estensibile alla Pfizer italiana gli effetti degli atti

interruttivi della prescrizione e di messa in mora compiuti dalla

Pfizer Inc., in applicazione degli art. 1310 e 1308 c.c.

La corte d'appello, infine, affermava il diritto della Cfm di

profittare delle transazioni compiute tra le attrici e i terzi utiliz

zatori del Carbadox.

Contro questa decisione ricorre alla Corte di cassazione, con

quattordici motivi, la Cfm. Resistono e spiegano ricorso inci

dentale, la Pfizer Inc. e la Pfizer italiana.

Motivi della decisione. — 1) I ricorsi vanno preliminarmente riuniti.

2) Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione

degli art. 1292 ss. c.c. Afferma infatti che la decisione della

corte milanese ha erroneamente ritenuto che la solidarietà attiva

possa sussistere pur in mancanza di una espressa previsione,

negoziale o legale. Secondo il ricorrente invece, in via di princi

pio, non è possibile presumere l'esistenza di un tale vincolo, sulla base della identità del titolo e della res debita. Per di più nella specie non vi sarebbe alcuna di tali affermate identità,

giacché il diritto del licenziatario è diverso da quello del titolare

del brevetto per la ragione che il primo, nella sua zona di spet tanza esclude ogni potere del suo licenziante. Conseguentemen

te, anche l'eventuale danno che deriva dalla lesione del diritto

del licenziatario è diverso da quello che nasce dalla lesione del diritto del titolare del brevetto, ancorché il fatto lesivo abbia

identica natura extracontrattuale. Dunque, secondo il ricorren

te, mancherebbe ogni elemento della solidarietà attiva, e conse

guentemente non sarebbe possibile applicare alla fattispecie le

regole di cui agli artt. 1308 e 1310 c.c.

2a) La censura è fondata. La legge, all'art. 1294 c.c., stabili sce che la solidarietà passiva si presume. La norma, come è

stato osservato in dottrina, ha rappresentato un mutamento si

gnificativo rispetto al sistema di cui all'art. 1184 e 1186 c.c.

abrogato, coerente peraltro con le tecniche ottocentesche nelle

quali si aveva che la solidarietà poteva avere una fonte negozia le o legale. La scelta della presunzione, e quindi della possibilità di superarla da parte della volontà delle parti, per le ipotesi del rapporto obbligatorio con pluralità di debitori, è stata la

scelta del favor creditoris, individuato nell'interesse della cate

goria dei creditori ad avere a disposizione, ai sensi dell'art. 1292

c.c., la possibilità di una sola esecuzione, nei confronti del pa trimonio prescelto. Interesse che nel caso di rapporto obbligato rio con pluralità di creditori non è analogamente ravvisato, po tendo anzi non risultare vantaggioso per un creditore che non

abbia ottenuto l'adempimento totale, dover ricorrere ad azione

di regresso verso il concreditore che ha riscosso, anziché a quel la verso l'originario debitore. Il legislatore vigente ha privilegia to la valutazione del rapporto tra i concreditori, cosicché ha stabilito la prevalenza, su di un pur possibile meccanismo pre suntivo, del concreto atto di gestione degli interessi in gioco da parte dei titolari dei diritti. Consegue che dedurre dalla strut

tura del rapporto obbligatorio, ovvero del fatto che un rappor to è caratterizzato dalla esistenza di una pluralità di creditori

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

i quali invocano la medesima fonte del loro diritto nei confronti

del debitore, la sussistenza del vincolo di solidarietà attiva, è

errato. La identità della fonte può essere, al più, il presupposto della espressa pattuizione di solidarietà, sulla base, appunto, della valutazione della sua maggiore convenienza per le ragioni

complessive dei creditori. Non è invece essa stessa anche fonte della solidarietà, giacché

un tale effetto è presunto dalla legge espressamente solo a pro

posito della solidarietà passiva (Cass. 3524/83, Foro it., Rep. 1983, voce Obbligazioni in genere, n. 53).

2b) La sentenza impugnata, tuttavia, giunge alla conclusione

appena censurata anche sulla base della considerazione della ef

ficacia del giudicato sulla contraffazione, a seguito della senten

za della corte di Torino del 1983. Giudicato che, estendendosi, in virtù dei principi del dedotto e deducibile, ad ogni questione rientrante nella relativa domanda, impedirebbe distinti percorsi

ai crediti nascenti dall'illecito definitivamente accertato. Dun

que, poiché la contraffazione non può più essere negata, né

riesaminata, in alcun altro giudizio, la posizione del licenziata rio esclusivo sarebbe anch'essa di creditore del contraffattore,

e per di più sarebbe di creditore solidale con il licenziante, atto

re nella causa di contraffazione.

Osserva la corte che è del tutto evidente il salto logico com

piuto dal giudice di merito. Il fatto storico oggetto del giudizio di contraffazione, in quanto

affermazione oggettiva di verità coperta dal giudicato, non può

essere contraddetto da alcun altro accertamento (Cass. 10654/91,

id., Rep. 1991, voce Cosa giudicata civile, n. 8). Ma tale profilo processuale (del quale ancora si dovrà dire

trattando il motivo che segue) non comporta affatto che dalla

definitività della affermazione di verità nascano, in capo a quanti

possono giovarsene, identici diritti sostanziali. E meno ancora

comporta che possano comunicarsi dall'uno all'altro di tali sog

getti posizioni nel tempo acquisite da ciascuno, quali quelle na

scenti da atti interruttivi delle prescrizioni. Il cosiddetto effetto riflesso del giudicato comporta semplice

mente che una certa affermazione di verità resti processualmen

te immutabile, fermo restando che natura ed estensione dei di

ritti eventualmente nascenti in conseguenza di essa, dipendono

pur sempre dalle rispettive vicende. Dunque, l'affermazione della

esistenza della solidarietà attiva tra le due attrici è errata, oltre

che per le ragioni dette innanzi, anche sotto l'ulteriore profilo

processuale adottato dalla sentenza impugnata.

3) Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione

dell'art. 2909 c.c. Afferma che la corte di Milano non poteva

attribuire efficacia al giudicato sulla contraffazione, nei con

fronti del terzo licenziatario, essendo questi titolare di un dirit

to autonomo, incompatibile con quello del titolare del brevetto,

e non avendo peraltro partecipato al relativo giudizio.

3a) Osserva la corte che pur nella atipicità del contratto di

licenza di brevetto, si ha comunque, di norma, la autorizzazio

ne data dal titolare ad un terzo di utilizzare la invenzione bre

vettata. Il licenziatario, dunque, non è cessionario del brevetto,

giacché il suo potere di attuarlo in una certa zona per un certo

tempo, convive con quello del titolare. In via di principio può dirsi che il diritto del licenziatario è sicuramente diverso, come

sostiene il ricorrente, da quello del licenziante, e che le relative

posizioni nel rapporto sono conflittuali. Tale diversità peraltro

si caratterizza ancora meglio nel caso di licenza esclusiva, che

per definizione è opponibile allo stesso licenziante.

La rilevanza esterna della licenza, ovvero la sua opponibilità,

è comunemente affermata in dottrina, che la desume dalle nor

me degli art. 66 e 68 1. inv., le quali stabiliscono che i contratti

di licenza sono opponibili al terzo acquirente del brevetto. Può

dunque considerarsi certa la diversità del diritto del licenziata

rio esclusivo nei confronti del diritto del titolare del brevetto,

pur essendo il suo acquisto derivativo, rispetto all'altro, e dun

que presupponendolo. Tale connotazione del diritto del licenziatario tuttavia non

vale, come il ricorrente pretende, ad escludere che un fatto sto

rico, quale può essere la contraffazione del brevetto, possa co

stituire fonte di diritti al ripristino dell'ordine giuridico violato, tanto per il titolare del brevetto, licenziante, quanto per il licen

ziatario.

La contraffazione infatti può ledere entrambi i diritti e, quanto

al diritto del licenziatario, costituisce affermazione giurispru

denziale antica che il licenziatario con esclusiva, acquistando

Il Foro Italiano — 1996.

un diritto di sfruttamento di contenuto identico a quello del

concedente, gode della medesima tutela processuale (Cass. n.

1675 del 1968, id., Rep. 1968, voce Privative industriali, nn.

42, 46). Tant'è che non viene discussa la opinione che afferma

la legittimazione ad agire di tale licenziatario, per i fatti di con traffazione. Tale contenuto del diritto, ad onta della diversità

predetta, fa si che il giudicato sulla contraffazione ottenuto dal

licenziarne non possa essere riesaminato in un diverso giudizio

che, pur orientato all'ottenimento di una specifica tutela rispon

dente all'interesse del soggetto leso, si fonda tuttavia sulla me

desima oggettiva affermazione di verità. La diversità dei diritti

in questione non si discute; dunque diversa può essere, caso

per caso, la forma di tutela giudiziaria prescelta. Ciò non toglie

che se identico è il fatto storico che legittima il ricorso a tali tutele, il principio generale del giudicato impone che esso possa

rilevare nei confronti di quel terzo, estraneo al giudizio, che

tuttavia quel medesimo fatto debba far valere (Cass. 6126/90,

id., Rep. 1991, voce Cosa giudicata civile, n. 7; 2344/90, id., Rep. 1990, voce cit., n. 22; 10654/91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 8). Nella specie, pertanto, non ricorre il caso, come ritiene

il ricorrente, del diritto autonomo in quanto avente origine da

una diversa fattispecie e da una diversa regola. Ricorre invece

l'ipotesi del diritto, al risarcimento o ad altri rimedi, che dipen

de dalla stessa situazione già accertata in altro processo. Tale

identità, se non vale, come si è già precisato, a dar luogo a

una solidarietà attiva, legittima tuttavia il terzo ad invocare quel

giudicato senza che possa rilevare in contrario il fatto che esso

derivi da una sentenza dichiarativa giacché anche questa è dota

ta del potere di accertare un fatto costituente fonte di obbliga

zione (Cass. 3188/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 20). 4) Con il terzo, quarto e quinto motivo, che possono essere

trattati insieme, la Cfm lamenta la violazione degli art. 278 c.p.c.,

112 c.p.c., nonché la motivazione omessa e contraddittoria su

punti decisivi della causa. Afferma che il giudizio sull'a/i che

ha condotto alla sentenza della corte di Torino, è stato il frutto

di un accordo di separazione tra due fasi del giudizio, al quale la Pfizer italiana fu estranea, non avendo partecipato a quel

contraddittorio. Dunque, la sentenza oggi impugnata avrebbe

pronunciato su di una domanda di contraffazione che la Pfizer

italiana non ha mai avanzato, e non avrebbe invece motivato

sulla riconvenzionale, avanzata verso la stessa società, di nullità

del brevetto per insufficiente descrizione.

Osserva la corte che le doglianze tendono a superare il valore

e l'efficacia del giudicato nascente dalla sentenza della corte

di Torino dell'8 luglio 1983. Tale giudice ha già chiarito, richia mando anche i limiti del giudizio di rinvio, che contraffazione di brevetto vi è stata. Pertanto, correttamente, e con motivazio

ne del tutto adeguata, la sentenza impugnata si è rifiutata di

esaminare ogni questione, tra cui quella della pretesa insuffi

cienza della descrizione, che avrebbe potuto condurre ad una

pronuncia sulla validità del brevetto, e dunque, sulla contraf

fazione.

5) Con i motivi sesto, settimo, ed ottavo, che possono an

ch'essi essere esaminati congiuntamente, la Cfm lamenta la vio

lazione degli art. 278 c.p.c. e 2953, 2945 e 2909 c.c. Il ricorso

infatti afferma che la corte ha errato nel ritenere che nel caso

di separazione del giudizio sull'e/i debeatur da quello sul quan

tum la sentenza di condanna generica comporti l'applicazione

del termine decennale di prescrizione del diritto al risarcimento,

e la sospensione e la interruzione dei termini prescrizionali, non

ché, quindi, la estensione di tali effetti al creditore che, in quanto

solidale, ha agito solo nel giudizio di quantificazione. Afferma

pure che l'effetto di cui all'art. 2953 c.c. non può conseguire

ad una sentenza di condanna generica sulla contraffazione di

un brevetto, giacché questa può dar luogo anche a domande

di condanna diverse da quella al risarcimento dei danni, come

nel caso in cui si chieda la sola inibitoria.

5a) Osserva la corte che occorre distinguere, nelle censure in

esame, quelle che riguardano l'estensione al licenziatario degli

effetti degli atti di messa in mora e di interruzione della prescri

zione compiuti dal licenziarne. Estensione che la sentenza impu

gnata ha operato sulla base della erronea individuazione di un

vincolo di solidarietà attiva, e di un altrettanto erroneo utilizzo

dell'istituto del giudicato, cosiddetto riflesso. Tale estensione

è stata già censurata trattando del primo motivo del ricorso.

Passando quindi al contenuto precipuo delle doglianze di cui

ai motivi in esame, anch'esse sono da respingere.

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Page 5: sezione I civile; sentenza 15 settembre 1995, n. 9771; Pres. F. E. Rossi, Est. Berruti, P.M. Carnevali (concl. parz. diff.); Soc. Cfm (Avv. Persichelli, Floridia, G. Ferrari) c. Soc.

PARTE PRIMA

La sentenza di condanna generica passata in giudicato, infat

ti, poiché dà luogo ad una vera e propria statuizione autoritati

va, che impone all'obbligato di adempiere ad una prestazione, anche se la determinazione di tale adempimento è rimandata,

determina l'assoggettamento della azione diretta alla liquidazio ne al termine di cui all'art. 2953 c.c. (Cass. 3188/81, id., Rep. 1981, voce Prescrizione e decadenza, n. 191; 1870/67, id., Rep.

1967, voce Prescrizione civile, n. 128). Beninteso, in favore di

coloro i quali hanno esercitato la azione, e non certo di coloro

i quali non l'hanno esercitata, benché a vantaggio di costoro

possa aversi, nel senso precisato, l'effetto del giudicato sul fat

to storico fonte della obbligazione in parola. Parimenti, sempre nei confronti di quanti hanno esercitato le azioni concluse con

la condanna generica, si producono gli effetti interruttivi della

prescrizione. Nessun rilievo, infine, riveste la considerazione della

possibilità di richiedere anziché la condanna al risacimento, quella di inibitoria, giacché, nota la sentenza impugnata, nella specie la domanda della Pfizer italiana mirava al risarcimento dei dan ni. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 1° settem

bre 1995, n. 9245; Pres. Nuovo, Est. Vidiri, P.M. Leo (conci,

conf.); Min. interno c. Riccio e altri. Cassa Trib. Napoli 26

maggio 1992.

Invalidi civili e di guerra — Pensione di inabilità o assegno di invalidità — Requisiti — Mancanza — Rilevabilità d'ufficio — Effetti del giudicato (L. 30 marzo 1971 n. 118, conversio

ne in legge del d.l. 30 gennaio 1971 n. 5 e nuove norme in

favore dei mutilati ed invalidi civili, art. 12, 13)

In materia di pensione d'inabilità o di assegno di invalidità a favore degli invalidi civili, il requisito economico integra, al

pari di quello sanitario, un elemento costitutivo della pretesa, la mancanza del quale è deducibile o rilevabile d'ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio, con la sola limitazione

dell'eventuale formarsi di un giudicato interno a seguito del

contenuto della sentenza di primo grado e dell'oggetto del

l'impugnazione avverso tale sentenza. (1)

Motivi della decisione. — Con il primo motivo di ricorso il

ministro deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 13

(1) In senso conforme, v. Cass. 13 aprile 1995, n. 4217, Foro it., Mass., 522, che ha peraltro distinto il «requisito economico» per le prestazioni di invalidità civile, ritenuto costitutivo del diritto, dal «re

quisito reddituale» per le prestazioni pensionistiche Inps, che funge da condizione sospensiva di erogabilità della prestazione (su cui, da ulti

mo, v. Cass. 16 marzo 1995, n. 3058, id., 1995, I, 1817, con nota di richiami).

Per riferimenti sui limiti di reddito rispetto alle prestazioni di invali dità civile, cfr. Cass. 4 giugno 1994, n. 5412, id., 1994, I, 2696, con nota di richiami.

Sul principio esaminato in motivazione, secondo cui il giudicato co

pre il dedotto e il deducibile e pertanto il giudice d'àppello non può esaminare d'ufficio le questioni pregiudiziali che rappresentano l'ante cedente logico del decisum in mancanza di specifica impugnazione, cfr. Cass. 1° aprile 1993, n. 3939, id., Rep. 1993, voce Cosa giudicata civi

le, n. 5; 18 gennaio 1992, n. 576, id., Rep. 1992, voce cit., n. 4; 21 aprile 1989, n. 1892, id., Rep. 1989, voce cit., n. 12; 18 maggio 1988, n. 3451, id., Rep. 1988, voce Lavoro (rapporto), n. 2309; 27 novembre 1986, n. 6991, id., 1987, I, 446, con nota di A. Proto Pisani, Note

problematiche e no sui limiti oggettivi del giudicato civile. Con riferimento alle prestazioni di invalidità erogate dall'Inps, v. Cass.

25 settembre 1991, n. 10033, id., 1991, I, 2697, con nota di V. Ferra

ri, L'ombra del giudicato sulla «revoca» della pensione d'invalidità.

li Foro Italiano — 1996.

1. 30 marzo 1971 n. 118 e dell'art. 9 d.leg. 23 novembre 1988

n. 509 in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. In particolare sostiene il ministero che il tribunale non avrebbe dovuto acco

gliere la domanda degli eredi di Giuseppe Diaco in quanto il consulente tecnico d'ufficio aveva valutato nel 70% la riduzio

ne della capacità lavorativa dell'assicurato. Ed invero l'art. 9

d.leg. n. 509 del 1988, a modifica dell'art. 13 1. 118/71, aveva

elevato la riduzione della capacità lavorativa alla misura del 74%

a partire dalla data di entrata in vigore, a seguito della pubbli

cazione, il 26 febbraio 1992, nella Gazzetta ufficiale, del decre to del ministro della sanità che aveva approvato la nuova tabel

la indicativa delle percentuali di invalidità. Con il secondo motivo il ministero denunzia violazione e fal

sa applicazione degli art. 12 e 13 1. 30 marzo 1971 n. 118 non

ché omesso esame su un punto decisivo della controversia (art.

360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.). Più specificamente il ministe

ro sostiene che il giudice, nell'esaminare la domanda diretta ad

ottenere le prestazioni previdenziali per invalidità, non deve li

mitarsi ad accertare la sussistenza del solo requisito sanitario,

ma deve anche verificare, d'ufficio, se sussiste pure il c.d. re

quisito economico. Deduce pertanto il ricorrente che la senten

za impugnata va censurata perché nella sua motivazione «non

si rinviene traccia alcuna anche di una semplice verifica di even

tuale documentazione o qualsiasi attività istruttoria rivolta a com

provare il possesso del requisito c.d. economico».

Con il terzo motivo, infine, il ricorrente impugna la sentenza

nella parte in cui il tribunale ha liquidato, sugli arretrati della

somma capitale riconosciuta al Diaco, la rivalutazione moneta

ria, deducendo che detta rivalutazione non può essere ricono

sciuta sui crediti di natura assistenziale.

Per evidenti ragioni di pregiudizialità logica va prima degli altri esaminato il secondo motivo.

La censura che con tale motivo si esplicita merita accoglimento. Di recente questa corte, facendo leva sulla chiara lettera degli

art. 12, 13, 14 e 21 1. 30 marzo 1971 n. 118, ha statuito che

in materia di pensione di inabilità o di assegno per gli invalidi civili il legislatore ha posto sullo stesso piano il requisito sanita

rio e quello economico, senza fare alcuna distinzione tra gli

stessi, sicché il requisito economico, al pari dell'altro, quale com

ponente della complessa fattispecie prevista dalla legge, si con

figura come elemento costitutivo del diritto fatto valere in giu

dizio, e non invece come semplice condizione di erogabilità del

la pensione e dell'assegno. Sul piano processuale consegue che

il suddetto elemento deve essere dedotto e provato dall'interes

sato ed inoltre, se mancante, può formare oggetto di contraria

allegazione in qualunque stato e grado del processo, su eccezio

ne di parte o anche d'ufficio, versandosi nel campo di una mera

difesa processuale e non di una eccezione in senso proprio (cfr. Cass. 13 aprile 1995, n. 4217, Foro it., Mass., 522).

La circostanza che una questione rilevabile d'ufficio possa essere in astratto formulata in ogni stato e grado del processo non comporta però necessariamente che detta questione possa

proporsi sempre ed in ogni momento, dovendosi avere riguardo alle pregresse vicende processuali ed alla possibilità che sul re

quisito economico si sia formato un giudicato interno a seguito del contenuto della sentenza di primo grado e dell'oggetto del

l'impugnazione avverso tale sentenza.

È noto che autorevole dottrina processualistica ha sostenuto

che il giudicato non si formi soltanto sul diritto (dipendente,

pregiudicato) dedotto in giudizio come petitum, ma si estenda anche al rapporto pregiudiziale (condizionante) dedotto o dedu

cibile in giudizio, come elemento costitutivo, impeditivo, modi ficativo o estintivo della fattispecie da cui scaturisce il suddetto

diritto fatto valere.

Da parte sua la giurisprudenza ha ripetutamente statuito che

l'autorità del giudicato copre sia il dedotto che il deducibile, ossia non soltanto le questioni giuridiche fatte valere nel giudi zio (c.d. giudicato esplicito) ma anche tutte quelle altre che,

seppure non specificamente dedotte ed enunciate, costituiscono,

tuttavia, precedenti logici, essenziali e necessari della pronun

cia, e che si pongono, quindi, come premesse indefettibili della

decisione (c.d. giudicato implicito) (cfr., ex plurimis, Cass. 1° aprile 1993, n. 3939, id., Rep. 1993, voce Cosa giudicata civile, n. 5; 18 gennaio 1992, n. 576, id., Rep. 1992, voce cit., n.

4; 21 aprile 1989, n. 1892, id., Rep. 1989, voce cit., n. 12;

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