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sezione I civile; sentenza 16 febbraio 2005, n. 3116; Pres. Saggio, Est. Morelli, P.M. Martone(concl. conf.); Comune di Foggia (Avv. Cerisano) c. Tagarelli e altra (Avv. Follieri). Cassa App.Bari 27 settembre 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2005), pp. 2063/2064-2065/2066Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201717 .
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2063 PARTE PRIMA 2064
Letto il ricorso proposto dal comune di Bacoli avverso la
sentenza, meglio in epigrafe specificata, con la quale il Giudice di pace di Pozzuoli, ritenendo soggetta alla giurisdizione ordina
ria la domanda, proposta dal contribuente, di accertamento ne
gativo dell'obbligo di corresponsione di canoni di fognatura e
depurazione per periodi anteriori all'anno 2000, ha provveduto nel merito;
ritenuto che gli intimati non si sono costituiti; che lo stesso comune ha poi depositato un atto di rinuncia al
ricorso, giusta delibera del commissario straordinario n. 1 del 19
gennaio 2005, recante la data del 20 gennaio 2005, sottoscritto
personalmente dallo stesso commissario, nonché dal difensore; considerato che tale atto è idoneo a determinare l'estinzione
del giudizio di legittimità, ai sensi degli art. 390 e 391 c.p.c., senza condanna del rinunciante alle spese processuali, attesa la
mancata costituzione degli intimati, e senza necessità di pre ventivo scrutinio della sussistenza di tutte le condizioni di am
missibilità del ricorso, in adesione al più recente orientamento
espresso al riguardo dalle sezioni unite, le quali, con sentenza
22 dicembre 2004, n. 23737 (Foro it., Mass., 1749) hanno san
cito il principio per cui, in presenza di rinuncia al ricorso per cassazione, alla manifestazione della volontà abdicativa segue
sempre la declaratoria di estinzione, anche qualora sussista una
causa di inammissibilità dell'impugnazione.
mento collegiale, per modo che, se in luogo della dichiarazione d'estin
zione, la Cassazione, a motivo dell'intempestività della rinuncia, acco
glie il ricorso, la rinuncia rimane irrilevante, posto che la giustificazio ne di tale caratteristica va ravvisata nella prevalenza dell'interesse pub blico su quelli delle parti, propria del procedimento avanti la Corte di cassazione».
Dei significativi profili ora indicati non si coglie traccia né nell'ordi nanza n. 2492 del 2003 né tantomeno nelle successive due pronunzie delle sezioni unite, che, essendosi limitate ai singolari generici rinvìi dianzi indicati, hanno finito per avallare sic et simpliciter il revirement
propugnato dalla III sezione civile, sia pure nel modo sbrigativo ed ap prossimativo dianzi evidenziato. [C.M. Barone]
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 feb braio 2005, n. 3116; Pres. Saggio, Est. Morelli, P.M. Mar
tone (conci, conf.); Comune di Foggia (Avv. Cerisano) c. Tagarelli e altra (Avv. Follieri). Cassa App. Bari 27 settem bre 2001.
Espropriazione per pubblico interesse — Indennità — De
terminazione — Area agricola — Variante con localizza zione dell'opera pubblica — Edificabilità — Condizioni (L. 3 gennaio 1978 n. 1, accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni in
dustriali, art. 1; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica, art. 5 bis\ 1. 8 agosto 1992 n. 359, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.
11 luglio 1992 n. 333, art. unico).
La localizzazione di un'opera pubblica in zona agricola, com
portante variante allo strumento urbanistico generale, non
attribuisce di per sé natura edificabile, ai fini dell'indennità, al suolo espropriato, essendo necessario il previo accerta
mento del carattere conformativo e non ablatorio della va riante medesima. (1)
( 1 ) La pronuncia in rassegna si inserisce nel filone giurisprudenziale (sulla scia di Cass. 23 aprile 2001, n. 173/SU, Foro it., 2002, I, 150, con nota di Benini, Edificabilità legale e utilizzazione economica dei
fondi espropriati, citata in motivazione) per il quale, posto che l'edifi cabilità (legale) del suolo va ricavata in base agli strumenti urbanistici
vigenti (residuando un margine di operatività per l'edificabilità di fatto
Il Foro Italiano — 2005.
Svolgimento del processo. — Il comune di Foggia ricorre per
cassazione avverso la sentenza in data 27 settembre 2001, con la
quale la corte di Bari ha determinato in lire 210.666.110 e in lire
88.017.365 le indennità, rispettivamente, di espropriazione e di
occupazione legittima da esso dovute a Marino ed Alessandra
Tagarelli in relazione all'attuata espropriazione di un terreno di
proprietà del loro dante causa ricadente in zona individuata, con
delibera 27 marzo 1987, per la realizzazione dell'edificio scola
stico elementare Camporeale. Con i due connessi mezzi dell'odierna impugnazione, il co
mune critica la corte territoriale per avere duplicemente errato
nell'attribuire al suolo in questione una vocazione edificatoria
non avente riscontro nello strumento urbanistico e, comunque, nel non operare la detrazione del quaranta per cento di cui al
l'art. 5 bis 1. 359/92. Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo del ricor
so, il comune censura la decisione per violazione dell'art. 5 bis
1. 359/92 là dove, in presenza di una qualificazione dei fondi nel
piano regolatore generale come non edificabili, perché recante
destinazione delle aree a verde pubblico, anziché applicare l'in
dennità per l'esproprio dei suoli agricoli (estesa ai suoli desti
nati a verde pubblico, a parcheggi o ad impianti sportivi) ha ri
tenuto potesse prevalere l'edificabilità di fatto quale imposta dalle stesse scelte espropriative del comune.
Il motivo è certamente fondato.
Va premesso — come esattamente rammentato dal comune
ricorrente — che l'art. 5 bis ha introdotto la nota dicotomia tra
aree edificabili e tutte le altre aree (Corte cost. 261/97, Foro it.,
1998, I, 1021) idonea ad escludere l'esistenza — ai fini dell'in
dennizzarbilità secondo il criterio del valore venale — di un ter
tium genus costituito da aree non edificabili, diverse da quelle
agricole, segnate da una specifica utilizzabilità diretta (quali verde pubblico attrezzato, parcheggio, impianti sportivi). È va
pur rammentato che, nella logica dell'individuazione dell'edifi
cabilità dell'area ablata, l'unico criterio imposto dalla ridetta
norma (codificante il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità) è quello della ricerca delle capacità legali di edi ficazione, il che è quanto dire che, in presenza di uno strumento
laddove vi sia assenza di pianificazione urbanistica) (Cass. 173/SU/01, cit. ; seguita, successivamente, tra le altre, da Cass. 25 febbraio 2004, n.
3724, id., Mass., 239; 13 febbraio 2004, n. 2781, ibid., 173, entrambe citate in motivazione; 1° agosto 2003, n. 11729, id., 2003, I, 2587, ci tata in motivazione; 21 febbraio 2003, n. 2641, id., Rep. 2003, voce
Espropriazione per p.i., n. 149, citata in motivazione; 1° febbraio 2002, n. 1286, id., Rep. 2002, voce cit., n. 148; 12 dicembre 2001, n. 15704, id., Rep. 2001, voce cit., n. 173; 19 settembre 2001, n. 11764, id., 2002, I, 311; 29 maggio 2001, n. 7258, id., Rep. 2001, voce cit., n. 142, citata in motivazione), l'eventuale variante apportata allo strumento urbani stico generale ex art. 1 1. 1/78, ossia in virtù dell'approvazione del pro getto di opera pubblica, può essere presa in considerazione al fine di stabilire il regime di edificabilità del suolo soltanto ove la stessa pre senti carattere conformativo, ossia si ponga in un'ottica di zonizzazione dell'intero territorio, rivolgendosi a tutti i beni in esso presenti. In caso
contrario, se i vincoli si appuntano su beni determinati in funzione della localizzazione dell'opera pubblica, gli stessi saranno qualificati come
preordinati all'esproprio, con la conseguenza che ad essi non potrà farsi riferimento per stabilire il regime dell'area, ma dovrà aversi riguardo esclusivamente alla destinazione del precedente strumento urbanistico
(Cass. 1° agosto 2003, n. 11729, e 25 giugno 2003, n. 10073, id., 2003, I, 2587, con menzione di due precedenti contrari nella nota di richiami che conferiscono carattere legalmente edificabile al suolo in virtù della sola approvazione del progetto di opera pubblica; 18 aprile 2003, n.
6301, id., Rep. 2003, voce cit., n. 168; 9 maggio 2002, n. 6635, id.,
Rep. 2002, voce cit., n. 147; 19 aprile 2002, n. 5727, id., Rep. 2003, voce cit., n. 137; 28 novembre 2001, n. 15114, id., Rep. 2002, voce cit., n. 144; 5 luglio 2001, n. 9062, id., Rep. 2001, voce cit., n. 164; 26 giu gno 2001, n. 8685, ibid., n. 177).
Nella specie, la Suprema corte ha ritenuto che il vincolo apposto per la realizzazione dell'opera pubblica avesse carattere preespropriativo e,
pertanto, non computabile ai fini del regime urbanistico del suolo, che andava perciò ricavato alla stregua dell'originario piano regolatore ge nerale che per la zona in questione aveva previsto la destinazione a verde pubblico. Pertanto, non è stato necessario vagliare l'ulteriore re
quisito (indicato da Cass. 23 aprile 2001, n. 172/SU, id., 2002, I, 151, con nota di Benini, e seguito, tra le altre, dalla citata Cass. 11729/03) per cui, in caso di acclarato carattere conformativo del vincolo deri vante dalla localizzazione dell'opera pubblica, è necessario verificare che la nuova destinazione impressa sia realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
urbanistico vigente ed applicabile, è sulla sua sola base che de
vesi individuare edificabilità e misura della stessa (Cass., sez.
un., 173/SU/01, id., 2002, I, 150; 7258/01, id., Rep. 2001, voce Espropriazione per p.i., n. 142; 1286/02, id., Rep. 2002, voce
cit., n. 148; 2641/03, id., Rep. 2003, voce cit., n. 149; 11729/03, id., 2003,1, 2587; 2781/04 e 3724/04, id., Mass., 173 e 239) re siduando il ricorso alla capacità edificatoria di fatto quale para metro utilizzabile in assenza di conformazione urbanistica del
suolo.
Quanto alla possibilità di un rilievo, ai fini in discorso, dell'i potesi che lo stesso espropriante abbia a modificare la destina
zione impressa dal piano regolatore generale o dal p.d.f. conte
stualmente all'adozione della misura ablativa e mediante l'ap
provazione di un piano di zona che imprima all'area vocazione
edificatoria, essa è indiscutibile nel momento in cui a tale stru
mento attuativo si assegni contestuale efficacia di variante dello
strumento di secondo livello (sez. un. 11433/97, id., 1998, I, 463).
Ma è altrettanto indubbio che tale efficacia non possa ricon
nettersi alla c.d. variante attuativa, disposta dal comune in dero
ga alla pianificazione territoriale ed allo scopo di realizzare
un'opera pubblica sull'area individuata ed ai sensi dell'art. 1, 5°
comma, 1. 3 gennaio 1978 n. 1, in tal caso la delibera dell'ente
essendo la fonte del vincolo preordinato all'esproprio della
quale, nell'individuazione delle possibilità edificatorie legali, non si deve tener conto alcuno (cfr. Cass. 11220/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 178; 8223/00, ibid., n. 177; 11729/03, cit.).
E ben vero, come già altra volta precisato, ai fini della deter
minazione dell'indennità di esproprio, in presenza di variante al
piano regolatore generale, il carattere conformativo di essa (che soltanto consente di tenerne conto ai fini indennitari) e non
ablatorio, non discende dalla collocazione in una specifica cate
goria di strumenti urbanistici, e neppure dalla tipologia delle de
stinazioni individuate, ma dipende soltanto dai requisiti oggetti vi, di natura e di struttura, che presentano i vincoli in essa con
tenuti. Tale carattere è dunque configurabile ove tali vincoli mi rino ad una (nuova) zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei
confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione
della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono ed in
ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto (per 10 più spaziale) con un'opera pubblica; per converso, se la va
riante non abbia una tal natura generale, ma imponga un vincolo
particolare incidente su beni determinati, in funzione non già di
una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di
un'opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con
la proprietà privata, il vincolo che la stessa contiene deve essere
qualificato come preordinato alla relativa espropriazione e da
esso deve, dunque, prescindersi nella qualificazione dell'area,
pur quando la variante abbia mutato la classificazione urbanisti
ca di quest'ultima, con la conseguenza che soltanto in tal caso
deve farsi riferimento alla previgente destinazione del piano re
golatore generale (cfr. 10265/04, id., Mass., 760). Nella specie, la sentenza di merito nel pervenire alla conclu
sione della vocazione edificatoria delle aree ablate ha violato i
testé sintetizzati principi: da un canto ha ritenuto che sulla de stinazione di piano (a verde pubblico) facesse premio la desti
nazione impressa in fatto dallo stesso ente locale con l'assegna zione dell'area all'edificabilità pubblica (scuola elementare) e
con la «confessoria» qualificazione contenuta nel decreto di
esproprio; dall'altro canto ha assegnato ruolo di variante («mu
tando») proprio alla delibera 26 gennaio 1987 di approvazione del progetto esecutivo, e recante dichiarazione di pubblica uti
lità adottata ai sensi dell'art. 1 1. 1/78.
E per entrambi i versi essendo stata violata la norma di legge ne segue l'accoglimento della censura.
2. - Assorbita va, quindi, dichiarata la cognizione del secondo
motivo del ricorso con il quale si denunzia come, nell'ambito
dell'erronea applicazione dell'indennità di cui all'art. 5 bis 1.
359/92, la corte di merito abbia poi negato la decurtazione del
quaranta per cento dell'indennizzo.
E l'assorbimento dell'applicabilità dell'art. 5 bis (di cui al primo mezzo).
3. - La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione
al motivo accolto, con il conseguente rinvio della causa alla
stessa corte di Bari in diversa composizione per la ridetermina
zione delle indennità in questione in applicazione dei principi
sopra enunciati.
11 Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 11 feb braio 2005, n. 2858; Pres. Losavio, Est. Salvago, P.M. Rus
so (conci, conf.); Min. infrastrutture e trasporti (Avv. dello
Stato) c. Calcagno e altri (Avv. Camici, Germano). Cassa
App. Genova 15 febbraio 2001.
Espropriazione per pubblico interesse — Indennità — Op
posizione alla stima — Deposito presso la cassa depositi e
prestiti — Misura (L. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazio ni per causa di pubblica utilità, art. 48, 49; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale
pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; mo
difiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizza
zione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edili
zia residenziale, agevolata e convenzionata, art. 15, 16).
Nel giudizio di opposizione alla stima, il giudice deve ordinare
il deposito presso la cassa depositi e prestiti non dell'intera
indennità liquidata giudizialmente, bensì della maggior som
ma rispetto a quella già depositata nel corso del procedi mento amministrativo. (1)
Svolgimento del processo. — La Corte d'appello di Genova, con sentenza del 15 febbraio 2001, ha determinato l'indennità
di espropriazione dovuta dal ministero dei trasporti a Pasquali no, Bruno e Fausto Calcagno per l'espropriazione di un terreno
e di un fabbricato di loro proprietà ubicato in Vado Ligure on
de realizzare la stazione di controllo autoveicoli dell'ufficio
(1) Negli stessi termini della pronuncia in epigrafe, v. Cass. 19 no vembre 2002, n. 16258, Foro it., Rep. 2002, voce Espropriazione per p.i., n. 216; 19 ottobre 2001, n. 12802, id., Rep. 2001, voce cit., n. 245; 11 aprile 2001, n. 5370, ibid., n. 246 (dove, conformemente a Cass.
2858/05, si ribadisce che gli interessi si calcolano sulla differenza tra indennità riconosciuta in sede di opposizione alla stima e quella già de
positata all'atto della pronuncia del decreto di esproprio); 22 marzo
2001, n. 4087, ibid., n. 244; 19 settembre 2000, n. 12408, id., Rep. 2000, voce cit., n. 271; 4 novembre 1997, n. 10785, id., Rep. 1999, vo ce cit., n. 231; 3 ottobre 1997, n. 9665, id., Rep. 1997, voce cit., n. 130; 1° febbraio 1995, n. 1125, id., Rep. 1996, voce cit., n. 121; 12 aprile 1994, n. 3406, id., Rep. 1994, voce cit., n. 130; 16 maggio 1992, n.
5842, id., Rep. 1992, voce cit., n. 125; 15 febbraio 1992, n. 1893, ibid., n. 124; 20 giugno 1990, n. 6207, id., Rep. 1991, voce cit., n. 93; 30 ot tobre 1990, n. 10510, id., Rep. 1990, voce cit., n. 89, citata in motiva
zione; 29 ottobre 1990, n. 10455, ibid., n. 90; 1° agosto 1990, n. 7671, ibid., n. 91, citata in motivazione; 1° giugno 1990, n. 5155, ibid., n. 92; 12 aprile 1990, n. 3115, ibid., n. 162; 14 marzo 1985, n. 1972, id., Rep. 1985, voce cit., n. 89; 17 maggio 1984, n. 3048, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 86; 20 febbraio 1984, n. 1197, ibid., n. 288, citata in motivazio
ne; 3 dicembre 1983, n. 7243, id., Rep. 1983, voce cit., n. 101; 6 giugno 1983, n. 3825, ibid., n. 212.
Il giudice deve tener conto delle somme già depositate nel corso del
procedimento amministrativo, in quanto tale deposito ha efficacia libe ratoria per l'espropriante (oltre alla giurisprudenza citata supra, v. Cass. 23 aprile 2002, n. 5909, id., Rep. 2002, voce cit., n. 184).
L'ordine di deposito da parte del giudice costituisce lo strumento ti
pico per concretizzare la condanna al pagamento dell'indennità, non
potendo disporre il pagamento diretto all'espropriato, anche a garanzia dei diritti che i terzi intendessero far valere sull'indennità (per tali con
siderazioni, v., ex pluribus, Cass. 27 giugno 2000, n. 8721, id., Rep. 2000, voce cit., n. 312; 15 marzo 1999, n. 135/SU, id., Rep. 1999, voce
cit., n. 273; 2 marzo 1999, n. 109/SU, id., 1999,1, 785). Il deposito presso la cassa depositi e prestiti vige per il regolare corso
del procedimento ablatorio, mentre non trova applicazione allorché l'amministrazione sia condannata al risarcimento del danno per occu
pazione illegittima del suolo od occupazione acquisitiva (v., ex pluri bus, Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 542, id., Rep. 2003, voce
cit., n. 342; Cass. 11 novembre 1998, n. 11360, id., Rep. 1998, voce
cit., n. 146). Se nel giudizio di opposizione alla stima non sono presenti tutti i
comproprietari (perché non hanno potuto o voluto promuoverlo) o pur essendo presenti non hanno tutti proposto opposizione, il giudice, pur dovendo determinare l'indennità con riferimento all'intero valore del
bene, ordina il deposito presso la cassa depositi e prestiti non già del
corrispondente importo nella sua interezza, ma solo di quella sua parte percentuale che coincide con la quota dei proprietari partecipanti al
giudizio (Cass. 16 luglio 1992, n. 8661, id., 1993, I, 449, con nota di
Pellecchia; contra, per il deposito dell'intera indennità liquidata, Cass. 19 novembre 1999, n. 12861, id., Rep. 1999, voce cit., n. 238; 22 aprile 1998, n. 4082, id., Rep. 1998, voce cit., n. 145).
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