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Sezione I civile; sentenza 16 giugno 1961, n. 1408; Pres. Verzì P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 16 giugno 1961, n. 1408; Pres. Verzì P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Colli (concl. conf.); Banca nazionale del lavoro, Sezione speciale per il credito alle medie e piccole industrie (Avv. Del Nunzio, Di Mattia, Ferrara) c. Fall. ditta Officine meccaniche ing. Enrico Barchiesi (Avv. Barsanti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 7 (1961), pp. 1085/1086-1089/1090 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151624 . Accessed: 28/06/2014 08:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.141 on Sat, 28 Jun 2014 08:09:45 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 16 giugno 1961, n. 1408; Pres. Verzì P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M.Colli (concl. conf.); Banca nazionale del lavoro, Sezione speciale per il credito alle medie epiccole industrie (Avv. Del Nunzio, Di Mattia, Ferrara) c. Fall. ditta Officine meccaniche ing.Enrico Barchiesi (Avv. Barsanti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 7 (1961), pp. 1085/1086-1089/1090Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151624 .

Accessed: 28/06/2014 08:09

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1085 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1086

legati a quel processo di adattamento della propria legis lazione nazionale alle regole predette, processo di adatta

mento al quale i singoli Stati aderenti alla Convenzione

erano abilitati dal Protocollo addizionale.

Per gli Stati Uniti, tale processo di adattamento si è risolto nell'affermare, attraverso i due understandigs, che, nonostante la recezione delle norme della Convenzione nel

sistema giuridico americano, dovevano continuare a soprav vivere alcuni principi del C.o.g.s.a., ancorché incompatibili con quelle norme. L'efficacia, però, dei due understandings e, di conseguenza, la sopravvivenza dei principi del C.o.g.s.a.,

malgrado la loro incompatibilità con le norme della Con

venzione, trovando, sotto il riflesso del diritto internazionale, la propria legittimazione nella facoltà prevista dal men

zionato Protocollo addizionale al testo della Convenzione, devono necessariamente intendersi limitate al campo della

legislazione interna degli Stati Uniti, sia perchè il Proto

collo abilita al processo di adattamento solo ai fini della

legislazione interna dei singoli Stati aderenti, sia perchè il riconoscimento della facoltà, per i predetti Stati, di

emendamenti valevoli anche nel/ campo internazionale, frustrerebbe in pieno la finalità stessa della Convenzione, che è quella di dettare, relativamente ad alcuni punti della polizza di carico, regole uniformi valevoli nei rap

porti di trasporto internazionale, per i quali la polizza di

carico risulti emessa in uno degli Stati aderenti (art. 10

Convenzione). Tale limitazione, del resto, per quanto attiene all'og

getto che interessa la controversia di cui si discute (limite massimo della responsabilità del vettore), è dettata espres samente dal primo dei due understandings, il quale espli citamente circoscrive la propria efficacia « entro la giuris dizione degli Stati Uniti d'America ». Il richiamo alla

giurisdizione americana importa che la limitazione impo

sta, dall' understanding summenzionato, alla responsabilità del vettore, agisce solo nei confronti delle pronunce dei

giudici americani, mentre alla limitazione stessa sono

insensibili i trasporti internazionali le cui controversie

ricadono sotto la giurisdizione straniera.

La diversità di trattamento giuridico or ora accennata

resta legittimata anche sul piano della politica legislativa americana nel senso che gli Stati Uniti non hanno inteso

derogare alla propria legge nazionale per quello che attiene

ai trasporti marittimi, il cui risultato è destinato a realiz

zarsi entro i confini della giurisdizione americana. Ai

fini dell'economia della decisione, di cui è causa, è deci

sivo che, pur con le eccezioni espresse dagli adattamenti

di cui agli understandings e da intendersi, dette eccezioni,

nei limiti sopra precisati, le regole della Convenzione, a

seguito dell'adesione degli Stati Uniti, sono entrate a far

parte del sistema giuridico marittimo americano ed hanno

modificato lo stesso sistema del C.o.g.s.a. Stante ciò, anche il richiamo convenzionale al C.o.g.s.a.,

contenuto nella polizza di carico in discussione, deve

necessariamente essere ritenuto valido in relazione al

sistema del C.o.g.s.a. quale è derivato, nei sensi dianzi

illustrati, dalla recezione delle regole della Convenzione

nell'ordinamento g uridico americano. Con questa conse

guenza che, nella specie, devono trovare applicazione le

norme della Convenzione e non le regole del C.o.g.s.a., non potendo, evidentemente, le parti alterare il rapporto tra l'efficacia giuridica del C.o.g.s.a. e delle regole della

Convenzione quale risulta dall'ordinamento giuridico ame

ricano.

Il ricorso incidentale va, pertanto, accolto, e, conse

guentemente, va dichiarato assorbito il ricorso principale, le cui censure muovono tutte dal presupposto, che si è

dimostrato errato, della non applicabilità della Convenzione

di Bruxelles.

Per effetto dell'accoglimento del ricorso incidentale

per violazione di norme di diritto, la cassazione della

sentenza denunciata implica che il giudice di rinvio, al

quale la causa viene rinviata per nuovo esame, dovrà

uniformarsi ai seguenti principi di diritto : a) Le norme

italiane di attuazione della Convenzione di Bruxelles sulla

polizza di carico 25 agosto 1924 (r. decreto legge 6 gennaio

1928 n. 1958, convertito nella legge 19 luglio 1929 n. 1638), per il carattere speciale che è inerente a tutte le norme internazionalmente uniformi dotate di autonome regole di

applicazione (quale è l'art. 10 della Convenzione), preval gono sulle altre disposizioni dell'ordinamento statuale ; in

particolare l'art. 10 Convenzione, in base al quale «le

disposizioni della Convenzione si applicano a tutte le

polizze di carico create in vino Stato contraente », prevale sulle norme contenute nell'art. 10 cod. nav. e nell'art. 25

disp. sulla legge in generale. 6) Le condizioni o riserve che, in base alla prima parte del Protocollo aggiuntivo di firma

della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, ogni Stato contraente ha facoltà di introdurre nel proprio ordi

namento interno, agiscono solo nei confronti delle pronunce dei giudici di quel singolo Stato contraente, mentre ad esse sono insensibili i trasporti internazionali le cui controversie

ricadono sotto la giurisdizione straniera. Tale criterio vale, in particolare, anche per le limitazioni (understandings) che nel sistema giuridico degli Stati Uniti d'America importano la sopravvivenza di alcuni principi del C.o.g.s.a. (Carriage of Goods by Sea Act del 16 aprile 1936) in ordine alla respon sabilità del vettore marittimo.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 16 giugno 1961, n. 1408 ; Pres.

Verzì P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Colli

(conci, conf.) ; Banca nazionale del lavoro, Sezione

speciale per il credito alle inedie e piccole industrie

(Avv. Del Nunzio, Di Mattia, Ferrara) c. Fall,

ditta Officine meccaniche ing. Enrico BarcMesi (Avv.

Barbanti).

(Gassa App. Ancona 12 dicembre 1959)

Produzione nazionale (incremento e tutela) — Nuovi

incentivi a favore delle medie e piccole industrie — Istituti autorizzati ad esercitare il credito a

medio termine — Sezione speciale della Banca

nazionale del lavoro — Deroga alle norme sulla revocatoria lallimentare — Applicabilità (R. d.

16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 67 ; d. 1. 15 dicembre 1947 n. 1419, disposizioni per il cre

dito alle medie e piccole imprese industriali, art. 1 ; 1. SO

luglio 1959 n. 623, nuovi incentivi a favore delle medie

è piccole industrie, art. 20). Fallimento — Revocatoric — Legislazione a favore

delle medie e piccole industrie — Applicabilità ai giudizi in corso (E. d. 16 marzo 1942 n. 267, art.

67; 1. 30 luglio 1959 n. 623, art. 20).

La Sezione speciale della Banca nazionale del lavoro per il

credito alle medie e piccole industrie è compresa tra gli isti

tuti autorizzati ad esercitare il credito a medio termine, ai quali l'art. 20 legge 30 luglio 1959 n. 623 statuisce

che le disposizioni dell'art. 67 legge fall, non si applicano decorsi dieci giorni dalla stipulazione del mutuo. (1)

La norma dell'art. 20 legge 30 luglio 1959 n. 623, secondo

cui le disposizioni dell'art. 67 legge fall, non si applicano ai mutui stipulati almeno dieci giorni prima della dichia

razione di fallimento dagli istituti autorizzati ad esercitare

il credito a medio termine, nonché da tutti gli altri istituti

di credito, limitatamente alle operazioni dagli stessi effet tuate con fondi statali o con l'assistenza della garanzia dello Stato, è applicabile ai giudizi in corso al momento

di entrata in vigore di detta legge (20 agosto 1959). (2)

(1-2) Non risultano precedenti in termini.

In dottrina, sul tipo di attività creditizia che ne occupa, v.

Am. Giannini, Credito commerciale a medio termine, in Banca,

borsa, ecc., 1961, I, 118 e, per un completo panorama, Crediti

speciali, Milano, 1960. Per la illustrazione della norma dell'art. 18 t. u. sul credito

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1087 PARTE PRIMA 1088

La Corte, ecc. — L'Istituto ricorrente sostiene che alla

fattispecie debba essere applicato lo ius superveniens ; e

cioè la norma dell'art. 20 legge 30 luglio 1959 n. 623, secondo la quale le disposizioni di cui all'art. 67 legge fall.

« non si applicano, dopo che siano decorsi dieci giorni dalla stipulazione del mutuo, agli istituti autorizzati ad

esercitare il credito a medio termine, nonché a tutti gli altri istituti di credito, limitatamente alle operazioni dagli stessi effettuati con fondi statali o con l'assistenza della

garanzia dello Stato ».

È da premettere che, essendo la legge in questione entrata in vigore il 20 agosto 1959, essa avrebbe dovuto

essere applicata (se ed in quanto la norma citata si ritenga

applicabile al caso concreto) dalla Corte di appello di An

cona, essendo stata la sentenza impugnata depositata (e soltanto con il deposito, come è noto, la sentenza acquista

giuridica esistenza) in data posteriore all'entrata in vigore del provvedimento legislativo, cioè il 12 dicembre 1959.

Che, dal punto di vista soggettivo, la norma sia appli cabile alla Sezione speciale per il credito alle medie e piccole industrie della Banca nazionale del lavoro, non vi è dubbio.

L'art. 20 citato, infatti, ha un duplice campo di appli cazione : mentre, per quanto riguarda in genere gli istituti

di credito, la disposizione di favore è circoscritta a deter

minate operazioni (sovvenzionate o garantite dallo Stato),

per quanto riguarda gli « istituti autorizzati ad esercitare

il credito a medio termine » essa deve ricevere applica zione per tutte le operazioni compiute dagli istituti mede

simi. E si trova appunto in tali condizioni la Sezione

autonoma della Banca del lavoro, Sezione istituita con

decreto legisl. 15 dicembre 1947 n. 1419, e la cui atti

vità è regolata (art. 8 decreto legisl. citato) dallo statuto,

approvato con decreto legisl. 17 aprile 1948 ; l'art. 2 del

quale dispone che « la Sezione ha lo scopo di esercitare il

credito a medio termine a favore delle medie e piccole industrie ... ».

La questione che si presenta all'esame di questa Corte

è, invece, quella di stabilire, in relazione all'art. 11 delle

disposizioni sulla legge in generale (per cui la legge non ha

effetto retroattivo), se l'art. 20 debba o meno essere appli cato nell'ipotesi di una azione revocatoria fallimentare,

proposta dal curatore prima dell'entrata in vigore della

legge, ma sulla quale, al momento di detta entrata in vigore, il giudice non si sia ancora pronunziato con sentenza pas sata in giudicato. La questione è certamente delicata,

perchè (nell'assenza di ogni esplicita norma transitoria

nel testo legislativo in questione), essa va risolta facendo

ricorso ai principi generali del nostro ordinamento, in

materia di efficacia della legge nel tempo. Questa Corte suprema ritiene che debba essere accolta

la tesi dell'Istituto ricorrente, nel senso che l'art. 20 si

applichi anche alle azioni revocatorie in corso. È neces

sario, ai fini dell'indagine, stabilire i limiti e la portata del

detto art. 20 ; il quale va interpretato nel senso che i

diversi termini per l'esercizio della revocatoria fallimentare, di cui all'art. 67 legge fall, (due anni, o un anno prima della dichiarazione di fallimento, a seconda delle varie

ipotesi previste) sono tutti unificati e ridotti a dieci giorni ; sì che il curatore (ferma restando negli altri casi la facoltà

di esercitare l'azione revocatoria ordinaria secondo il codice

civile) potrà chiedere la revoca del negozio, o della garanzia, ai sensi dell'art. 67, soltanto se l'atto è stato compiuto entro i dieci giorni anteriori alla dichiarazione di fallimento.

In sostanza, l'art. 20 non fa che estendere, agli istituti

autorizzati ad esercitare il credito a medio termine, la

stessa disposizione che già l'art. 18 t. u. 16 luglio 1905

n. 646 aveva introdotto per gli istituti di credito fondiario, e secondo la quale « le iscrizioni ipotecarie a favore del

l'istituto saranno valide nonostante il sopraggiunto falli

mento, quando siano state prese almeno dieci giorni avanti

la pubblicazione della sentenza », a qualsiasi data questa

fondiario, richiamata nella motivazione della sentenza, v. Mo

glie, Manuale del credito fondiario, Milano, 1961, pag. 229.

Vedi, per qualche riferimento, Cass. 4 luglio 1961, n. 1604, retro, 1072, con nota di richiami.

abbia stabilito la data di cessazione dei pagamenti (la norma è coordinata al sistema dell'abrogato codice di

commercio ; ma ora, essendo richiamata dall'art. 76, ultimo

comma, va intesa nel senso clie la revocatoria fallimentare

è ammessa comunque solo per le iscrizioni eseguite entro

i dieci giorni anteriori alla dichiarazione di fallimento). Si tratta perciò di una norma che modifica, a favore

del terzo contraente, e per considerazioni di utilità pub blica (la legge n. 623 del 1959 è intitolata « Nuovi incentivi

a favore delle medie e piccole industrie e dell'artigianato »), i termini di cui all'art. 67 legge fall. Per stabilire se essa

si applichi ai giudizi in corso, è necessario quindi deter

minare la natura dell'azione revocatoria fallimentare ; onde accertare se, pendente ancora il giudizio, si sia già verificato il « fatto compiuto », al quale la nuova legge

(ove essa non sia espressamente dichiarata retroattiva dal

legislatore) non può applicarsi, in virtù dell'art. 11 disp.

preliminari. È da ricordare che, com'è giurisprudenza costante di

questa Corte suprema, l'azione revocatoria fallimentare

ha la medesima natura dell'azione revocatoria ordinaria,

disciplinata dall'art. 2901 cod. civ. (com'è dimostrato, fra l'altro, dal richiamo dell'art. 2904 alla legge speciale). Si tratta del medesimo istituto, avente, in entrambi i

casi, gli stessi presupposti (il consilium, frauclis e Veventus

damni), e che utilizza lo stesso mezzo tecnico (l'inefficacia

dell'atto, relativamente ai creditori). Le due azioni revo

catone, in definitiva, differiscono soltanto perchè in sede

fallimentare la legge consente notevoli agevolazioni in

ordine alla prova dei presupposti, ponendo una serie di

presunzioni, alcune iuris et de iure, altre iuris tantum ; sì che, ad esempio, si presume lo stato d'insolvenza in

un tempo determinato prima della dichiarazione di falli

mento, e si presume il danno ai creditori. D'altra parte, con altra presunzione (iuris et de iure), la scientia deco

tionis da parte del terzo s'identifica con il consilium fraudis ;

mentre, in alcune ipotesi, è presunta (e si tratta in questo caso di presunzione semplice) la conoscenza, da parte del

terzo, dello stato di insolvenza.

Se così è, non può non ritenersi che una nuova legge, la quale sopprima o limiti (come nel caso concreto) quelle

agevolazioni, non fa che modificare delle regole relative

alle prove ; e precisamente sopprimere alcune presunzioni

legali (art. 2727 e 2728 cod. civ.) ristabilendo la norma

generale sull'onere della prova. Non può negarsi, eviden

temente, che le norme sulla revocatoria fallimentare

abbiano anche riflessi di carattere sostanziale, perchè con

l'esercizio di detta azione possono essere revocati atti che

attraverso la proposizione dell'azione revocatoria ordinaria

non sarebbero soggetti a revoca, ma si tratta, appunto, di

effetti riflessi, perchè la diversa disciplina delle due azioni

incide direttamente, come si è detto, sulle modalità della

prova relativa ai presupposti della revocatoria. E, se così

è, deve ritenersi che le norme che modifichino il campo di

applicazione della revocatoria fallimentare siano di imme

diata applicazione ; non perchè esse siano retroattive, ma

perchè, se non è intervenuta una sentenza del giudice che

utilizzi le presunzioni e le ponga a base della decisione, non si è verificato quel « fatto compiuto » cui la norma sulla irretroattività impone di applicare la legge vigente nel momento in cui i fatti vennero ad esistenza.

La dichiarazione di fallimento non costituisce quel fatto ; essa è un semplice presupposto per la proponibilità dell'azione revocatoria nei limiti e con le modalità del

l'art. 67, ma il momento in cui si ha il « fatto compiuto » è

quello nel quale il giudice, accertata l'esistenza dei presup

posti di legge, dichiara l'atto revocabile, inefficace nei

confronti dei creditori.

Che tali siano i principi generali che possono trarsi dalla legge fallimentare, è confermato dall'art. 124 della

legge stessa. Perchè, se potesse ritenersi che per la revoca

degli atti in frode ai creditori costituisca « fatto compiuto » la dichiarazione di fallimento e perciò la pronunzia del

giudice costituisca semplice conseguenza di quel fatto, si dovrebbe anche ritenere che, una volta regolarmente pro

posta l'azione revocatoria dal curatore, ogni evento sue

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1089 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1090

cessivo non potrebbe spiegare alcuna influenza, e, in

particolare, che le azioni revocatone già proposte dovreb bero intendersi cedute di diritto all'assuntore del con cordato. La legge, invece, ha dovuto espressamente auto rizzare la cessione di dette azioni al terzo, la cessione deve

avvenire a mezzo di apposito patto (art. 124 citato), in

mancanza del quale non può essere ulteriormente prose

guito il giudizio. Ciò dimostra che nessun diritto hanno

acquistato i creditori con la proposizione dell'azione, ma

che occorre, a tal fine, la pronunzia del giudice che dichiara

l'atto inefficace. Analogamente, nel caso di successioni

di leggi, si deve perciò concludere che il giudice, appli cando la legge sopravvenuta, non l'applica alle conse

guenze di un fatto già compiuto sotto la legge precedente (e perciò non la applica retroattivamente) ; ma ne fa

applicazione immediata, per l'accertamento dei fatti posti a fondamento della decisione.

A tale conclusione non possono opporsi, come fa il

fallimento controricorrente, alcune delle disposizioni tran

sitorie al codice civile ed alla legge fallimentare del 1942.

Come tutte le norme transitorie espressamente dettate

dalla legge, esse valgono soltanto a dirimere i conflitti

tra la legge che entra in vigore, e quella precedente, e

non possono assurgere a valore di principi generali appli cabili in casi analoghi.

Si deve anzi presumere che le norme in questione costi

tuiscano deroghe ai principi generali, volute dal legislatore nel caso concreto in considerazione di speciali motivi di

opportunità, Ciò è particolarmente chiaro proprio nel

caso dell'art. 233 disp. trans, al cod. civ., citato dalla

difesa del resistente, norma la quale accoglie una soluzione

improntata ad un evidente ibridismo (le disposizioni rela

tive alle prove del nuovo codice si applicano anche ai

giudizi precedenti ; a meno che non sia stata pronunciata sentenza definitiva « di primo grado »), e tale da poter

legittimamente argomentare che, in mancanza di una

tale norma restrittiva, in virtù dei principi generali le

nuove disposizioni sulle prove si sarebbero applicate imme

diatamente, sempre che il giudizio fosse pendente, e fino

a che non fosse stato concluso con sentenza passata in

giudicato. In base a tale principio, la disposizione dell'art.

20 1 gge 30 luglio 1959 n. 623 (che non contiene alcuna

norma transitoria che disponga in senso contrario) deve

ritenersi applicabile anche ai giudizi tuttora in corso, e

relativi ad azioni revocatone fallimentari proposte in

precedenza. La sentenza impugnata, che ha omesso di applicare

lo iws superveniens, va perciò annullata, col rinvio della

causa ad altra corte d'appello, che dovrà attenersi al

principio di diritto ora enunciato.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

ìzioni unite civili ; sentenza 8 giugno 1961, n. 1331 ;

Pres. Oggioni P. P., Est. Stella Richtek, P. M. Pepe

(conci, conf.) ; Comune di Trieste (Avv. Crusizio) e

A.c.e.g.a.t. (Avv. Crusizio, De Martini, Tanasco) c.

s.e.l.v.e.g. (Avv. Jemolo, Levis, Sadar).

(Conferma App. Venezia 17 aprile 1958)

Trieste — Contratti di tornitura di acqua, elettricità

e cjas — Proroga le<jalc — Inapplicabilità (D. 1. 15

settembre 1947 n. 896, nuove disposizioni per la disci

plina dei prezzi, art. 11 ; decreto del Commissario gene rale del Governo italiano per il territorio di Trieste 29

ottobre 1954 n. 1, disposizioni relative alle leggi vigenti, art. un. ; decreto del Commissario generale 9 dicembre

1955 n. 330, disposizioni per la disciplina dei prezzi, art, 1, 3).

La norma dell'art. 11 decreto legisl. 15 settembre 1947 n.

896, che lia prorogato i contratti di fornitura di acqua,

gas ed energia elettrica, non è applicabile ai rapporti svoltisi nel territorio di Trieste. (1)

La Corte, eco. — (Omissis). Con il terzo motivo si la

menta che non sia stato ritenuto applicabile al territorio

di Trieste l'art. 11 decreto legisl. 15 settembre 1947 n. 896, che ha prorogato i contratti di fornitura di acqua, gas ed

energia elettrica fino a quando avranno vigore le disposi zioni che assoggettano a disciplina i relativi prezzi. All'uopo si sostiene : o) che il detto provvedimento legislativo è

applicabile alla specie perchè costituisce una legge nazio

nale comune ai contraenti, che sono entrambi italiani

(art. 25 disp. sulla legge in generale) e perchè comunque si tratta di una disciplina essenzialmente di ordine pubblico, e come tale inderogabilmente applicabile ai sensi dell'art.

31 delle citate disposizioni ; 6) che il medesimo provvedi mento completa la disciplina vincolistica attuata con i de

creti n. 142 del 1941 e n. 100 del 1943 in modo da formare

un'unità normativa indissolubile, con la conseguenza che

l'applicabilità al territorio di Trieste di questi postula l'ap

plicabilità anche di quello ; c) che le disposizioni del Go

verno militare alleato non potevano sovrapporsi alla di

sciplina imperativa dell'ordinamento italiano e che co

munque l'art. 11 decreto del 1947 non poteva non avere

applicazione immediata e retroattiva nel 1954 con il ritorno

di Trieste all'Amministrazione italiana ; d) (he la mancata

emanazione di apposite norme, sia da parte del Governo

militare alleato, prima, sia da parte del Commissario del

Governo poi, dimostra appunto l'estensione automatica

della legge del 1947 al territorio di Trieste ; e) che, avendo

la S.e.l.v.e.g. la sua sede a Gorizia, non poteva non essere

vincolata dalla norma imperativa dell'art. 11 decreto del

1947, fin dal momento della sua emanazione.

Anche questa doglianza è infondata. Il richiamo alle

disposizioni di diritto internazionale privato è inconferente,

perchè nella tpscìe non si tratta di determinare se sia appli cabile la legge di uno Stato o quella di un altro, dato che

il rapporto si è svolto tra italiani in territorio italiano, e

che quindi esso è regolato senza dubbio dalla legge italiana.

La questione attiene alla determinazione delle leggi (ita

liane) vigenti nel territorio di Trieste prima e dopo il ri

torno di questo all'Amministrazione italiana, nonché alla

determinazione e all'efficacia dei provvedimenti, anteriori

al 1954, del Governo militare alleato, che ebbe l'ammini

strazione di quel territorio.

Così pure è inconferente il rilievo di cui alla lett. c,

perchè il contratto è stato concluso a Trieste, dove la

S.e.l.v.e.g. aveva la sua sede (che fu trasferita a Gorizia

solo nel 1947), e che il rapporto si è sempre svolto e si è

esaurito a Trieste.

(1) Nel territorio di Trieste amministrato dall'Italia vige la

legislazione italiana con le modifiche apportate ad essa in regime di occupazione e che non siano state abrogate : Cass. pen. 16

aprile 1957, Romano, Foro it., Rep. 1957, voce Trieste, n. 19 ; ma l'instaurazione del Commissariato generale non ha fatto tornare in vigore la legislazione italiana con effetto abrogativo di ogni contraria disposizione emanata dall'A.m.g. : Cass. 28

gennaio 1956, Battisti, ibid., voce Legge, n. 34. Secondo Cass. 25 settembre 1956, n. 3259, id., Rep. 1956,

voce Trieste, n. 10, la Costituzione e le leggi dello Stato spiega vano la loro efficacia nei confronti dei cittadini italiani residenti nel territorio di Trieste anche durante il periodo in cui esso era

occupato militarmente, senza che fosse indispensabile un formale

provvedimento di estensione. La sentenza Cass. 31 luglio 1952, n. 2451, citata in moti

vazione, è pubblicata in questa livista, 1953, I, 973. In dottrina cons., oltre la nota di M. G. Severini, La so

vranità italiana su Trieste e i poteri normativi del G.m.a., a Cass. 12 ottobre 1956, n. 3543, in questa rivisl a, 1957,1, 53; Colletti, Le vicende triestine e la Costituzione italiana, in Rass. dir. pubblico, 1958, 197 (ivi ulteriori richiami di dottrina) ; Volli, in Foro pa dano, 1956, III, 67 ; e in Foro it., 1956, IV, 181 e 285 ; Camma

bata, ibid., 183 e II, 86. La precedente sentenza pronunciata dalla Cassazione,

i marzo 1957, n. 760, in questa lite, è riassunta nel nostro Rep. 1957, voce Trieste, n. 23.

Il Foro Italiano — Volume LXXXIV — Parte 1-71.

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