sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis(concl. conf.); Soc. Sirc Natural &Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv. Biamonti,Mondini). Conferma App. Milano 18 maggio 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 145/146-157/158Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200383 .
Accessed: 28/06/2014 14:13
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 lu
glio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Au
gustine (conci, conf.); Soc. Sire Natural & Dietetic Foods
(Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv. Biamonti, Mondini). Con
ferma App. Milano 18 maggio 2001.
Marchio — Marchio complesso — Enervit — Validità —
Precedente registrazione dei fonemi componenti — Irrile
vanza — Fattispecie (R.d. 21 giugno 1942 n. 929, testo delle
disposizioni legislative in materia di brevetti per marchi
d'impresa, art. 17).
Il marchio costituito dalla parola Enervit, seguito dalla raffigu razione di una freccia, utilizzato per integratori dietetici, è
nuovo, ed è validamente registrato, nonostante la registrazio ne anteriore delle generiche parole sia Ener che Vit, in
quanto esso assume significato commerciale specifico e di
stintivo — ed anzi costituisce marchio forte e notorio — solo
nel neologismo costituito dall'unione dei due fonemi, nel
l'ambito del quale ha però rilievo precipuo, quale cuore del
segno, il primo, Ener (la Suprema corte ha pertanto ritenuto
immune da vizi logico-giuridici la motivazione del giudice di
merito che aveva ritenuto, anche sulla scorta di una consu
lenza tecnica d'ufficio sulla notorietà del segno, che il mar
chio Enervit — definito come seriale, complesso e difensivo
— era confondibile con il marchio successivo Enerbest, utiliz
zato per gli stessi prodotti, e composto con un suffisso asso
nante). (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 lu
glio 2004, n. 13159; Pres. Losavio, Est. Cappuccio, P.M. De
Augustinis (conci, conf.); Soc. Ferrerò (Avv. Sena, Tarchi
ni, Berti) c. Soc. Zaini (Avv. Ferretti, Sotriffer). Conferma
App. Milano 22 giugno 2001.
Marchio — Eccezione di nullità — Pubblico ministero — In
tervento necessario — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 70,
72; r.d. 21 giugno 1942 n. 929, art. 59). Marchio — «Ovetto» a doppio guscio marrone e bianco —
Marchio di forma tridimensionale — Validità — Esclusio ne (R.d. 21 giugno 1942 n. 929, art. 16, 18).
Concorrenza (disciplina della) — Invenzioni industriali —
Brevetto — Decadenza — Forme necessarie — Imitazione
servile — Esclusione (Cod. civ., art. 2598).
Il pubblico ministero non è parte necessaria nei giudizi in cui
venga dedotta questione relativa alla illegittimità, per con
traffazione, di un marchio d'impresa solo in via di eccezione,
anche riconvenzionale, al solo scopo di paralizzare la pretesa
avversaria, destinata quindi ad un accertamento solo inci
dentale, senza efficacia di giudicato. (2) Non costituisce valido marchio di forma il segno costituito da
un «ovetto» a doppio guscio, di cui quello esterno, di cacao,
di color marrone, e quello interno, al latte, di colore bianco,
in quanto si tratta di forma che dà un valore sostanziale al
prodotto, di cui l'art. 18, 1° comma, lett. c), l. marchi inibisce
la registrazione come marchio, atteso che il giudice di merito
ha accertato — con motivazione esente da vizi logici — che
tale composizione bicromatica è strutturalmente e necessa
riamente collegata al prodotto stesso, tanto da non consentire
l'introduzione di varianti senza snaturarlo. (3) Una volta decaduto un brevetto d'invenzione, la forma del pro
(1-4) I. - Le sentenze in rassegna, decise alla stessa udienza dal me
desimo collegio della Cassazione (con diversi relatori), affrontano que stioni di grande interesse sistematico e operativo in materia di marchi.
La sentenza 13178/03 (di cui qui si riporta solo la prima parte della
motivazione, in quanto per il resto svolge essenzialmente considerazio
ni in fatto, riproducendo ampiamente le difese delle parti) conferma
App. Milano 18 maggio 2001, Foro it., Rep. 2002, voce Marchio, n.
190 (e, per esteso, Dir. ind., 2002, 143, con nota di Biondetti). La corte milanese, sul presupposto che al marchio forte, ancorché
complesso, deve essere riconosciuta tutela nel suo nucleo ideologico e
Il Foro Italiano — 2005.
dotto oggetto di privativa è lecitamente e pedissequamente imitabile, sempre che si tratti di forma resa necessaria da
esigenze tecniche, sicché qualunque variante pregiudichereb be le caratteristiche funzionali del prodotto (nella specie, la
Suprema corte ha ritenuto immune da vizi logico-giuridici la
motivazione del giudice di merito che, con riferimento agli «ovetti» bicromi Kinder, di cioccolato all'esterno e al latte
all'interno, ha ritenuto che non vi era la prova che lo stesso
risultato potesse essere realizzato con varianti c.d. innocue o
indipendenti nell'ambito del medesimo procedimento). (4)
non solo nei confronti di un'integrale riproduzione o di un'imitazione molto prossima, aveva ravvisato nel prefisso Ener il nucleo ideologico del marchio Enervit sia perché ne costituisce l'incipit su cui si ferma
maggiormente l'attenzione del consumatore sia per l'inferiore incisività del suffisso Vit che allude alla vitalità forse più che alle vitamine.
Il carattere forte del marchio in questione — anzi ormai la rinomanza
dello stesso — è stato riconosciuto in via di secondary meaning, anche alla stregua di una c.t.u.
Da qui anche l'affermazione che il marchio Enerbest utilizzato per
prodotti identici e non solo appartenenti alla stessa classe merceologica viola la sfera di protezione che viene riconosciuta al marchio Enervit, cioè in quanto ne utilizza il prefisso aggiungendovi un suffisso — Best — che sotto il profilo fonetico crea un effetto di assonanza essendo co
stituito anch'esso, come il suffisso del marchio Enervit, da un mono
sillabo terminante con la lettera T. La corte ha così condannato la società titolare del marchio Enerbest
ad un congruo risarcimento, liquidato equitativamente. La Cassazione ha ripercorso le argomentazioni dei giudici milanesi,
confermandole integralmente, essenzialmente per relationem (la parte motiva della sentenza, una volta omessi i richiami alle difese delle parti e alla motivazione appellata, come accennato, è estremamente succin
ta). Anche l'argomentazione sottesa al principio espresso dalla massima
1, a ben vedere, è estremamente succinta. In sostanza la Suprema corte
ha inteso assegnare al fonema Ener il valore di «cuore» del marchio
complesso Enervit, pur se (con ragionamento in un certo senso circola
re) quello stesso fonema, di per sé, senza l'aggiunta del suffisso — an
cor meno distintivo — Vit è generico, sicché pur se registrato non è in
grado di scalfire la validità (novità) del marchio complesso, ritenuto
anzi forte e di rinomanza.
Cfr., sul rischio di confusione e sulla tutela del marchio forte, Cass.
27 febbraio 2004, n. 3984, Foro it., 2004,1, 2117, con ampia nota di ri
chiami, e, per i marchi costituiti da parole generiche, App. Torino 28
dicembre 2002, id., 2003,1, 1870, pure con ampia nota.
II. - La sentenza 13159/04, enunciando (massima 2) il principio della
non necessità dell'intervento obbligatorio del p.m. nei giudizi in cui la
questione di nullità dei marchi registrati è posta solo in via di eccezio
ne, si conforma ad un indirizzo assolutamente consolidato della giuris
prudenza di legittimità. Tale intervento è però necessario in caso di
azione diretta (o domanda riconvenzionale) di nullità del marchio: v., in
ultimo, Cass. 3984/04, cit., id., Mass., 264; 21 maggio 1998, n. 5067,
id., Rep. 2000, voce Pubblico ministero civile, n. 7.
Il rigore giurisprudenziale, in materia di intervento obbligatorio del
p.m. nei giudizi di nullità dei marchi è tale che Cass. 25 gennaio 1989, n. 413, id., Rep. 1989, voce Marchio, n. 98, afferma che il vizio deri
vante dalla mancata partecipazione del p.m. al processo di primo grado non è sanato neanche «dalla presenza in giudizio del procuratore gene rale presso la corte d'appello, ancorché abbia formulato conclusioni di
merito senza muovere eccezioni sulla ritualità del rapporto processuale,
giacché il potere di impugnare la sentenza di primo grado non spetta a
questo ultimo ufficio, ma solo all'ufficio del p.m. presso il giudice a
quo». Si tratta però di un rigorismo formale sempre più malvisto dagli ope
ratori: «Nella prassi l'intervento del p.m. non porta alcun reale contri
buto al processo, e si limita ad una presenza rituale e distratta. Accade
con una certa frequenza che (per 'colpa' delle parti, del giudice, della
cancelleria e/o della procura) il p.m. rimanga assente. In questo caso la
sentenza è nulla, e questa sanzione è (ed è sentita da tutti come) asso
lutamente sproporzionata al peso reale dell'assenza. La rilevazione di
questo vizio si presta agevolmente ad iniziative pretestuose»; così Di
Cataldo, Intervento su questioni generali, in AA.VV., Il codice della
proprietà industriale (a cura di Ubertazzi), Milano, 2004, 195.
Il progetto di codice della proprietà industriale (versione del 10 set
tembre 2004), di cui è prevista l'emanazione entro il 29 dicembre 2004, così dispone all'art. 122, 1° comma: «L'azione diretta ad ottenere la di
chiarazione di decadenza o di nullità di un titolo di proprietà industriale
può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse e promossa d'uffi
cio dal pubblico ministero. In deroga all'art. 70 c.p.c. l'intervento del
pubblico ministero non è obbligatorio». La soppressione dell'intervento obbligatorio del p.m. — sicuramente
condivisibile nel merito — fa dubitare di un eccesso di delega (non ri
This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
I
Svolgimento del processo. — Con sentenza del 17 maggio
1999 il Tribunale di Milano rigettava la domanda dell'8 aprile 1994 della Also s.p.a. (da ora Also), titolare di più marchi con il
prefisso Ener (Enervit più freccia, Enerdieta, Enermix, Enervi
tam e freccia, Enervitene, Enerday Protein più freccia, Ener
D.M. più freccia), identificativi di integratori alimentari nei con
levato peraltro, dal Consiglio di Stato, nel parere positivo sul codice
espresso dall'adunanza generale del 25 ottobre 2004). In effetti l'art. 15 1. 273/02 ha conferito al governo la delega per
l'adozione di uno o più decreti legislativi «per il riassetto delle disposi zioni vigenti in materia di proprietà industriale». I principi e criteri di rettivi prevedono, tra l'altro, la «ripartizione della materia per settori
omogenei e coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni vigenti per garantire coerenza giuridica, logica e sistematica» e
1'«adeguamento della normativa alla disciplina internazionale e comu nitaria intervenuta».
Si tratta, in sostanza, di una delega per un testo unico essenzialmente
ricognitivo della normativa vigente. Può allora fortemente dubitarsi della riconducibilità alla delega della soppressione dell'intervento ob
bligatorio del p.m. che, per quanto inopportuno, era previsto in forza di norme generali, ed anzi dello stesso codice di procedura civile (cui, in
fatti, l'art. 122 cit. pone espressa deroga). III. - La sentenza 13159/04 ritorna anche sul tema del marchio di
forma tridimensionale (massima 3), enunciando — con chiarezza inu suale — che l'esclusione dalla registrabilità come marchi delle forme di cui all'art. 18, 1° comma, lett. c), 1. marchi (nel testo introdotto dal
d.leg. 480/92) ha la funzione pubblicistica di evitare «il perpetuarsi di una esclusiva».
Il segno, quindi, per costituire valido marchio di forma, deve essere
sempre, anche quanto alle forme tridimensionali, almeno idealmente
separabile dal prodotto, senza che la funzionalità e la natura di esso siano mutate o pregiudicate.
In concreto, al fine di individuare il valido marchio di forma, l'inter
prete dovrà tener conto delle modalità di utilizzazione e di presentazio ne del prodotto, delle informazioni e delle suggestioni trasmesse attra verso la pubblicità, della percezione che di quella data forma ha il pub blico. Così Trib. Napoli 26 luglio 2001, Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 49 (e, per esteso, Riv. dir. ind., 2002, II, 153): «solo il contesto con creto di uso, di pubblicizzazione ed in ultima analisi di conoscenza, fa sì che la forma di una cosa, pur continuando inevitabilmente ad essere tale, diventi anche altro da sé, vale a dire compendio di conoscenze, di
suggestioni, di comunicazioni: in una parola, un marchio». Tale sentenza conclude quindi che una forma, pur «utile» può co
munque essere marchio, se in concreto è tale la funzione che prevalen temente espleta: solo alla stregua di una tale (pur se minoritaria) inter
pretazione può attribuirsi pratica applicazione al riconoscimento dei marchi di forma di cui alla novella del 1992.
Sul marchio di forma tridimensionale, nel diritto interno, v. Trib. Catania 23 luglio 2003, Foro it., 2003, I, 2831, con nota di richiami;
per il diritto comunitario, v. Corte giust. 12 febbraio 2004, causa C
218/01, Trib. I grado 28 gennaio 2004, cause riunite da T-146/02 a T 153/02, e 3 dicembre 2003, causa T-305/02, id., 2004, IV, 130, pure con ampia nota, nonché Corte giust. 29 aprile 2004, cause riunite da C 468/01 P a C-472/01 P, in questo fascicolo, IV, 50.
Il richiamo di cui alla sentenza in rassegna alla terza fattispecie osta tiva dell'art. 18 cit., quindi alla forma che «dà valore sostanziale al
prodotto», è però piuttosto raro in giurisprudenza. Va richiamato al riguardo proprio il provvedimento sugli ovetti Kin
der ora confermato da Cass. 13159/04, App. Milano 22 giugno 2001, id., Rep. 2002, voce cit., n. 53 (e, per esteso, Giur. it., 2002, 1016): «non è valido il marchio composto esclusivamente dalla forma o dal colore che sia necessario per ottenere un risultato tecnico, ovvero con ferisca un valore sostanziale al prodotto cui afferisce, e il cui apprez zamento da parte dei consumatori sia tale da comportare un vantaggio di natura concorrenziale».
Cfr. anche Trib. Verona 16 luglio 1998, Foro it., Rep. 1999, voce
cit., n. 52 (e, per esteso, Riv. dir. ind., 1999, II, 28), che ha escluso la
registrazione come marchio di un raviolo a forma di fagottino, rilevan do che tale forma non è estranea al prodotto raviolo cui è applicata, e anzi «si appalesa forma del tutto intrinseca al prodotto medesimo, con esso inscindibilmente collegata ed idonea ad attribuire al medesimo valore sostanziale; appare esclusa la possibilità di attribuire alla forma di fagottino i connotati di un valido marchio; la migliore dimostrazione di quanto sopra è data dal fatto che entrambe le priorità invocate dalle
parti sono relative a domande di brevetto per modello ornamentale sic ché la forma di fagottino è stata assunta in entrambi i casi non già come elemento estrinseco del prodotto bensì quale espressione figurativa del medesimo».
Trib. Torino 16 agosto 1995, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 62, ha escluso che il marchio registrato per snacks costituito dalla forma di
Il Foro Italiano — 2005.
fronti della Sire Natural & Dietetic Foods s.p.a. (da ora Sire), che aveva introdotto sul mercato un prodotto affine denominato
Enerbest e la domanda riconvenzionale di questa, ponendo le
spese prevalentemente a carico dell'attrice.
In via principale si era chiesto di accertare la contraffazione
dei marchi dell'attrice e di dichiarare la Sire decaduta dall'uso
in modo ingannevole del marchio Enerbest, ex art. 11 e 41 r.d.
21 giugno 1942 n. 929, modificati dal d.leg. 4 dicembre 1992 n.
cono ricada nel divieto posto dall'art. 18, 1° comma, lett. c), 1. marchi, in quanto non ricade nei divieti di cui all'art. 18 cit.; in particolare non
costituisce una forma che dà un valore sostanziale al prodotto. Per ulte riori profili, v. Trib. Milano 14 dicembre 1995, id., Rep. 1997, voce
cit., n. 61. IV. - Gli ovetti Kinder per cui è causa erano stati brevettati come in
venzione industriale, privativa poi scaduta. Dottrina e giurisprudenza si sono però interessate soprattutto alle
possibili interferenze tra marchi e modelli di utilità ed ornamentali, di
cui al r.d. 25 agosto 1940 n. 1411 (legge modelli). Questa, all'art. 5. collocava nell'ambito dei modelli le forme idonee
a «dare a determinati prodotti industriali uno speciale ornamento, sia
per la forma, sia per una particolare combinazione di linee, di colori o di altri ornamenti».
Dottrina e giurisprudenza maggioritarie hanno costantemente affer mato che il sistema brevettuale — cui disegni e modelli fanno pur sem
pre capo — ha l'obiettivo di stimolare la ricerca, che invece sarebbe
depressa e ostacolata da una esclusiva potenzialmente perpetua (quale quella assicurata dalla normativa sui marchi) sui risultati della ricerca
stessa; di contro, corrisponde all'interesse pubblico la «caduta» in pub blico dominio delle forme una volta decorso il periodo di esclusiva: v.
ampiamente Bichi, La tutela delta forma del prodotto e le nuove pro spettive introdotte dalla direttiva comunitaria 98/71, in AA.VV., Segni e forme distintive, Milano, 2001, 239.
Da qui l'esigenza di escludere la possibilità — invece attivamente «ricercata» dagli operatori — che forme ornamentali possano artata mente superare il limite temporale della disciplina brevettuale.
Così, in estrema sintesi, l'orientamento maggioritario ha negato la
possibilità di interferenza della disciplina dei marchi con quella di di
segni e modelli, nel senso che la tutela offerta dall'una è alternativa ri
spetto a quella offerta dall'altra. Si tratta — in altri termini — di tutele incompatibili, quindi non cu
mulabili. A tale risultato si è pervenuti — quanto alle norme applicabili — at
traverso una lettura della nozione di forma che dà un valore sostanziale al prodotto, di cui all'art. 18, lett. c), 1. marchi non ispirata alla disci
plina delle invenzioni e tanto meno a quella del diritto d'autore.
Piuttosto, alla forma sostanziale si è dato un significato equivalente a
quella di forma atta «a dare a determinati prodotti industriali uno spe ciale ornamento», di cui all'art. 5 1. modelli: v., sostanzialmente in ter
mini, Cass. 17 gennaio 1995, n. 484, Foro it., 1995,1, 3520. Lo speciale ornamento sarebbe allora lo spartiacque tra le forme tu
telabili come marchio e le forme tutelabili come segno distintivo. Pertanto non sarebbe registrabile come marchio la forma suscettibile
di brevettazione come modello. E stato così possibile tracciare con una certa precisione il confine tra
marchi da un lato e disegni e modelli dall'altro. Infatti è pressoché impossibile che un valido modello ornamentale —
il quale conferisce ai prodotti lo speciale ornamento di cui all'art. 5 cit. — non realizzi anche la fattispecie impeditiva di cui all'art. 18, lett. c), cit. vale a dire quella del valore sostanziale.
L'assetto normativo prima illustrato è stato radicalmente innovato dal d.leg. 2 febbraio 2001 n. 95 (integrato dal d.leg. 12 aprile 2001 n.
164, quindi dal d.leg. 2 febbraio 2002 n. 26), di attuazione della diretti va Ce 98/71 del 13 ottobre 1998 relativa alla protezione giuridica dei
disegni e dei modelli, che ha costruito l'istituto del disegno o modello
registrato, così sostituendo il brevetto per modello o disegno ornamen tale (è stata anche eliminata, dalla stessa definizione di disegni e mo delli, l'aggettivazione «ornamentali», che peraltro «sopravvive», per evidente errore di coordinamento, nella rubrica del titolo III della legge modelli; di contro è rimasta invariata la disciplina dei modelli di utili
tà). In particolare la legge modelli sembra prendere ormai in considera
zione la forma, quantomeno di riflesso, anche a tutela della sua funzio ne distintiva, della capacità identificativa dell'imprenditore, lasciando ne quanto meno in secondo piano il pregio estetico.
Pertanto il sistema come ora rinnovato si è allontanato dal tradizio nale modello brevettuale; ciò d'altronde è in linea con la più generale tendenza volta ad accreditare una visione unitaria dei diritti di proprietà intellettuale ed industriale, avvicinando indubbiamente la disciplina dei marchi di forma a quella dei disegni e modelli.
Il «punto di svolta» nel nuovo assetto dei rapporti tra disegni e mo delli e marchi di forma sta nell'abrogazione del requisito, per la regi strazione, dello «speciale ornamento».
This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
480 (da ora 1. marchi), con inibitoria di detto uso e d'accertare
la concorrenza sleale con condanna della convenuta al risarci
mento dei danni; in via riconvenzionale, la Sire aveva doman
dato la dichiarazione di nullità dei marchi della Also, da con
dannare al risarcimento dei danni.
Respinte le richieste interinali della Also di inibitoria ex art.
63 1. marchi e all'esito del deposito delle relazioni dei c.t.u. no
minati per un'indagine demoscopica sulla conoscenza del mar
II legislatore italiano ha qui trasposto pressoché alla lettera quanto enunciato dalla direttiva (art. 3-5).
Il nuovo art. 5 1. modelli prevede ora che «possono costituire oggetto di registrazione i disegni e modelli che siano nuovi ed abbiano carattere individuale».
La definizione di novità e di carattere individuale è offerta dai suc cessivi art. 5 bis e 5 ter (in termini è stato novellato anche l'art. 2593
c.c.). Non sono quindi registrabili, né proteggibili, i disegni o modelli che,
pur differenziandosi rispetto a quelli già noti, suscitano comunque nel
l'utilizzatore informato, per le somiglianze con questi, una sensazione di déjà vu.
Il nuovo requisito del carattere individuale dei modelli e disegni —
da valutarsi in termini relativi e mai assoluti — si discosta dal «vec
chio» speciale ornamento in quanto si tratta di una qualificazione che
non contiene alcun riferimento al valore estetico della forma; la nuova
nozione è stata ricostruita in termini di valore di mercato della forma
stessa (il che pure l'avvicina alla disciplina dei segni distintivi). Tuttavia la novella non ha inteso tanto riconoscere la tutela come di
segno o modello all'aspetto di un prodotto pur totalmente privo di qual siasi valore estetico, come pure si è affermato.
In realtà il legislatore ha voluto solo adottare un criterio oggettivo (ma lo è veramente?), per la tutela del valore commerciale della forma, o meglio del prodotto avente una certa forma, che si manifesta proprio nel carattere individuale.
Cfr., ampiamente, sulla novella del 2001, CaSaburi, La nuova disci
plina dei disegni e modelli e la disciplina dei marchi: interferenze e pa rallelismi, in Dir. ind., 2003, 100.
Si è così posta la questione del cumulo delle tutele, vale a dire del
l'applicazione sia del regime giuridico dei marchi che di quello dei
modelli alle forme tridimensionali, o almeno a parte di esse, ciò nella
perdurante vigenza dell'art. 18 1. marchi cit.
In tal senso (peraltro già nella vigenza della normativa ora abrogata), v. Sena (difensore della ricorrente nella vicenda decisa dalla sentenza
in epigrafe), La diversa funzione e i diversi modelli di tutela della for ma del prodotto, in Riv. dir. ind., 2001, I, 577: «Rimane certamente il
divieto di registrare come marchio la forma che dà un 'valore sostan
ziale' al prodotto, ma tale limite non può più essere individuato nella
brevettabilità della forma come modello ornamentale, non può cioè es
sere desunto dalla equazione 'speciale ornamento' = 'valore sostanzia
le' della forma. Lo spazio di sovrapposizione delle fattispecie disegni e
modelli, da un lato, e marchio di forma, dall'altro, ed il concorso delle
due diverse normative, mi pare dunque certo e, riterrei, piuttosto este
so». Resta però da individuare un preciso fondamento normativo per il
cumulo, non espressamente previsto dalla novella (a differenza che con
riferimento al diritto d'autore). Un primo riscontro è stato individuato nel settinfo 'considerando'
della direttiva: «La presente direttiva non esclude l'applicazione ai disegni e ai mo
delli delle norme di diritto interno o comunitario che sanciscono una
protezione diversa da quella attribuita dalla registrazione o dalla pub blicazione come disegno o modello, quali le disposizioni concernenti i
diritti sui disegni ed i modelli non registrati, i marchi, i brevetti per in
venzioni e i modelli di utilità, la concorrenza sleale e la responsabilità civile».
Vi è poi l'art. 16 della direttiva stessa, che però si limita ad afferma
re che sono «impregiudicate le disposizioni comunitarie o nazionali ap
plicabili ai disegni o modelli non registrati, ai marchi di impresa o ad
altri segni distintivi, ai brevetti per invenzione, ai modelli di utilità, ai
caratteri tipografici, alla responsabilità civile e alla concorrenza sleale».
A favore del cumulo si richiama, sotto il profilo sistematico, la stessa
nozione di carattere individuale: si è già più volte osservato che questa sembra evocare la nozione di capacità distintiva richiesta per la prote zione dei marchi di forma e contro l'imitazione servile; i sostenitori del
cumulo, in sostanza, giungono ad affermare che tra le due nozioni vi è
coincidenza. Da ciò — in radicale contrasto con la tradizione italiana — discende
rebbe la possibilità di cumulare la tutela del marchio con quella del
modello; in tal senso deporrebbe il già rilevato basso livello richiesto — almeno secondo parte degli interpreti — per la protezione del de
sign, che finisce appunto per coincidere con la capacità distintiva ri
chiesta per la protezione dei segni. Per il cumulo delle tutele, v. anche l'ancora recente risoluzione
Il Foro Italiano — 2005.
chio e sulla redditività dei prodotti, il Tribunale di Milano rite
neva il marchio Enervit, come accertato dal c.t.u., noto a grandi
percentuali di consumatori e ne deduceva il carattere rafforzato, se in origine debole o convalidato ex art. 47 bis 1. marchi, il che
comportava il rigetto della domanda di nullità di esso proposta dalla Sire.
Poiché peraltro la distintività del marchio deriva da entrambe
le parole che lo compongono, Ener e Vit più freccia, secondo il
adottata dall'Aippi, prestigiosa associazione internazionale per la pro tezione della proprietà intellettuale:
«Il est possible de réunir sur une mème forme tri-dimensionnelle les
protections du droit des marques et du droit des modèles, pourvu que les conditions de chaque type de protection soient réunies. Il n'y a pas de règie particulière excluant de la protection comme marque une for
me tri-dimensionnelle protégée actuellement ou antérieurement comme
modèle ou selon une autre modalité de la propriété intellectuelle» (v. Aippi, Marques tridimensionnelles: la frontière entre marques et mo
dèles, Résolution 14 avril 2000, reperibile in <www.aippi.org>). Contro il cumulo di tutele, per ragioni sistematiche, anche a salva
guardia dell'autonomia concettuale e normativa dei marchi di forma ri
spetto ai disegni e modelli, nonché a tutela della libertà di concorrenza, v. Casaburi, op. cit.
Non consta che la giurisprudenza si sia ancora pronunciata sulla que stione.
V. - La Cassazione esclude che, una volta decaduto il brevetto di in
venzione, la forma-colore degli ovetti Kinder sia tutelabile sotto il
profilo della concorrenza sleale per imitazione servile (massima 4). Ciò anche perché — nella specie — non era stato dimostrato che lo
stesso risultato sarebbe stato raggiungibile con varianti innocue o indi
pendenti all'interno dello stesso procedimento: di contro, qualsiasi va
riante avrebbe pregiudicato le caratteristiche funzionali del prodotto ovetto.
La Suprema corte — quanto alla teoria delle varianti innocue — ha
aderito ad un orientamento diffuso nella giurisprudenza; v. Cass. 9
marzo 1998, n. 2578 (caso Lego), Foro it., 1998,1, 2475: «Il divieto di
imitazione servile impone, a chi intende riprodurre la forma funzionale
del prodotto di un concorrente, di sperimentare varianti innocue idonee
ad evitare il rischio di confusione nel mercato».
Per la giurisprudenza di merito, e con riferimento alla tutela di forme
di prodotti oggetto di brevetti scaduti, v. Trib. Milano 11 ottobre 2001,
id., Rep. 2002, voce Concorrenza (disciplina), n. 265: «l'oggetto del
brevetto, una volta caduto in pubblico dominio, deve ritenersi libera
mente riproducibile in tutte le sue utilità, mentre restano suscettibili di
tutela, per il divieto di imitazione servile, soltanto gli aspetti formali
dotati di capacità distintiva e, al contempo, superflui, tecnicamente in
significanti, arbitrari o capricciosi, secondo l'efficace terminologia uti
lizzata da giurisprudenza risalente ma ancora pienamente condivisibi
le». In applicazione di questo principio il tribunale ha escluso che siano
individualizzanti e distintivi, arbitrari, capricciosi e tecnicamente insi
gnificanti gli elementi capaci di consentire l'accoppiamento non solo
tra di loro ma anche tra elementi appartenenti a moduli diversi dei c.d.
mattoncini Lego. In termini, v. Trib. Torino 30 luglio 2001, id., Rep. 2003, voce cit., n.
257; Trib. Napoli 27 febbraio 2001, ibid., n. 260.
Di rilievo anche Trib. Bologna 16 luglio 1999, id., Rep. 2002, voce
cit.. n. 270: «ove non esista o sia cessata la privativa derivante dal bre
vetto, l'imitazione servile delle forme esteriori può essere esclusa solo
quando esse non tollerino aggiunte o varianti, nel senso che queste im
plicherebbero una riduzione del valore del prodotto e della sua possibi lità di utilizzazione».,App. Milano 28 luglio 1998, id., Rep. 2001, voce
cit., n. 304, segnala che la mancata brevettazione o la cessazione di ef
ficacia nel tempo del brevetto non fa venir meno il divieto dell'imita
zione servile delle caratteristiche esteriori non generalizzate, le quali,
proprio perché distintive, servono ad individuare ed a differenziare un
determinato prodotto davanti alla clientela cui è destinato.
Cfr. infine — in senso parzialmente diverso dalla pronuncia in rasse
gna — Cass. 29 maggio 1999, n. 5243, id., 2000.1, 3298: «la nullità del
brevetto per modello ornamentale, se esclude la sussistenza dell'illecito
brevettuale, non comporta anche l'esclusione dell'illecito concorren
ziale per imitazione servile della forma del prodotto dell'impresa con
corrente, tenuto conto della diversità dei fatti costitutivi dei due illeciti
ed in particolare del rilievo che la fattispecie costitutiva dell'imitazione
servile è la confondibilità, ovvero l'equivoco sull'origine del prodotto che si immette sul mercato attraverso l'imitazione degli elementi for
mali di altro prodotto dotati di efficacia distintiva, qual che ne sia l'e
ventuale rilevanza brevettuale».
In dottrina, la teoria delle «varianti innocue», e della tutela prima come brevetto, poi ai sensi dell'art. 2598 c.c., è fortemente contestata
da Ghidini, Profili evolutivi del diritto industriale, Milano, 2001, 12, il
quale richiama al riguardo il principio di numerus clausus, ossia di tas
satività dei diritti esclusivi, in quanto attributivi di poteri restrittivi
della concorrenza. Occorre evitare «le ricorrenti deviazioni interpretati
This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
tribunale, non era monopolizzabile il prefisso Ener e doveva
quindi negarsi la contraffazione del marchio dedotta dalla Also,
pure per il profilo della concorrenza sleale, stanti la diversità di
confezioni dei prodotti e i distinti canali di immissione di essi sui mercati.
Entrambe le parti proponevano appello contro la sentenza del
tribunale, insistendo nelle proprie domande e la Corte d'appello di Milano, con sentenza 18 maggio 2001, in parziale accogli mento dell'appello principale della Also, ha dichiarato il mar
chio Enerbest contraffazione di quello Enervit e ne ha violato
l'utilizzazione, ordinandone l'eliminazione da confezioni, in
volucri e materiale pubblicitario entro sei mesi dalla pubblica zione della decisione con penale per il caso di inottemperanza dell'ordine.
La Sire è stata anche condannata al risarcimento del danno,
equitativamente liquidato in lire 1.000.000.000, con interessi le
gali dalla sentenza, e alla pubblicazione della decisione su due
quotidiani a cura dell'appellata condannata alle spese del dop
pio grado. La corte, come il tribunale, ha rilevato l'altissima notorietà
tra i consumatori del marchio Enervit identificativo di integrato ri alimentari venduti con detto segno distintivo, come tali noti a
strati significativi di popolazione. Con l'appello la Also aveva sostenuto che il tribunale, pur
avendo riconosciuto l'acquisizione della notevole distintività
del marchio Enervit, lo aveva però assimilato a un marchio «de
bole», usando per la valutazione della contraffazione del segno, criteri assai restrittivi, applicabili a marchi complessi distingui bili in vari elementi, mentre nel caso l'efficacia distintiva è at
tribuibile al solo marchio unitariamente considerato, essendo
«di serie» tutti i màrchi con il prefisso Ener.
Secondo la Also il marchio era divenuto rinomato e anzi ce
lebre e la contraffazione con l'uso d'una identica radice e l'ag
giunta di un suffisso, palesemente costruito con la stessa logica di cui ai marchi dell'appellante, creava rischio di confusione e/o
associazione tra i prodotti di identica natura in vendita, come
peraltro poteva dimostrarsi con la prova per testi allo scopo
espressamente articolata; comunque v'era concorrenza sleale, confusoria per tipo di confezione, colore, canali di distribuzione
e per appropriazione di pregi, di cui chiaramente la Sire s'era
avvantaggiata.
L'appellata Sire, in via incidentale, insisteva per la nullità del
marchio Enervit, generico e privo di forza distintiva, non poten do questa logicamente derivare dalla combinazione di due pa role prive di tale forza, con conseguente irrilevanza di ogni pe netrazione commerciale del marchio da dichiarare nullo; era poi censurata la qualifica dei marchi della Also come «forti», ne
gandosi ancora l'illecito concorrenziale.
Secondo la corte territoriale dall'istruttoria era risultata certa
la notevole penetrazione commerciale del marchio Enervit più freccia e la grande forza distintiva di esso, connessa alla noto
rietà, che ormai lo aveva reso «forte» se non «celebre» e di tale
situazione doveva tenersi conto ex art. 47 bis 1. marchi novellato
dal d.leg. 480/92, così come del rafforzamento del marchio che
vi poteva essere stato anche ai sensi dell'art. 51 del regolamento Cee n. 3288 del 22 dicembre 1994.
Riconosciuta la rilevanza della situazione esistente all'atto
della decisione e l'importanza dell'uso del segno e dell'evolver
si della sua significatività nel tempo che aveva reso il marchio
Enervit forte, doveva riconoscersi una tutela del nucleo ideolo
gico di esso non solo rispetto alla sua integrale riproduzione o
imitazione prossima, ma anche in rapporto a chiari riferimenti a
parti rilevanti o significative di esso.
A tal fine rilevava pure il carattere seriale dei più marchi
della Also contraddistinti dal prefisso Ener, la cui forza distinti
va derivava dall'elevata significatività acquisita dal neologismo
ve in tema di concorrenza sleale che finiscono per attribuire alla disci
plina una funzione criptobrevettuale affatto impropria: come quella che vorrebbe estendere il divieto di imitazione servile anche oltre il limite della difesa contro il rischio di confusione, o come quell'altra che . . . vorrebbe imporre ai possibili imitatori di un modello ornamentale sca duto l'onere di apportare, essi, alla forma del loro prodotto finito parti colari differenziazioni rispetto alla forma oggetto dell'esclusiva bre vettuale scaduta (esclusiva che così, nella sostanza, verrebbe surretti ziamente prorogata ad infinitum)». [G. Casaburi]
Il Foro Italiano — 2005.
Enervit: il prefisso Ener è infatti per la corte di merito il nucleo
ideologico del marchio da tutelare, perché su esso si sofferma
l'attenzione del consumatore, in quanto all'inizio del segno di
stintivo del prodotto. Non osta alla constatazione della corte la deduzione della di
fesa Sire, per la quale il prefisso, per la sua natura meramente
descrittiva nel linguaggio comune non si poteva monopolizzare dalla Also, perché l'uso esclusivo conseguiva proprio dalla di
sciplina della legge marchi, per la quale aveva rilievo la descrit
tività della parola per la validità del marchio non contestabile
per la certa distintività del neologismo Enervit.
Pertanto il marchio Enerbest, usato per prodotti identici e non
solo della stessa classe merceologica, violava la sfera di prote zione riconosciuta al marchio Enervit, contenendo il medesimo
prefisso di questo con l'aggiunta del suffisso Best che, sul piano fonetico comporta assonanza per la lettera finale dei due mono
sillabi conclusivi (in ambedue le parole è la T), con rischio di confondibilità tra segni e induzione del pubblico in possibili er rori in ordine alla riferibilità del prodotto alla medesima azienda
o sull'esistenza di vincoli contrattuali o associativi di esso al
marchio Enervit della Also.
La sentenza di appello ha peraltro negato esservi stata concor
renza sleale, per la comparazione delle confezioni dei prodotti delle parti in causa e in base ai parametri dell'art. 2598, nn. 1 e
2, c.c.
Il risarcimento dei danni per la dichiarata contraffazione del
marchio era liquidato equitativamente in lire 1.000.000.000, ol
tre agli interessi dalla sentenza, negandosi che esso coincidesse
interamente con l'eventuale riduzione di vendite della Also o
con tutti i guadagni della Sire, e dandosi rilievo alla percentuale di guadagno sui prodotti; esclusa la condotta fraudolenta del
l'appellata, era pure rigettata la domanda di danni morali o non
patrimoniali. Per la cassazione di questa sentenza, propone ricorso la Sire
con tre motivi e la Also resiste con controricorso; entrambe le
parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — (Omissis). 2.1. - Il primo motivo di
ricorso denuncia l'omessa pronuncia e la mancata motivazione
su punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, n.
5, c.p.c. e la violazione e falsa applicazione dell'art. 47, in rela
zione agli art. 1,1° comma, lett. £>), 17, 1° comma, lett. d) ed e), 1. marchi, in relazione all'art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.
La ricorrente aveva proposto due diverse e concorrenti ragio ni di diritto a sostegno dalla domanda di nullità del marchio
Enervit più freccia, per le parti da cui è composto da individuare
nei distinti prefissi Ener e Vit, negandone la tutelabilità dalla 1.
marchi, sia perché la loro non specificità comporta che l'insie
me di due fenomeni senza forza distintiva non può conferire
l'indicata forza al neologismo unico costituito da essi sia perché detti prefissi risultavano già registrati.
Il tribunale aveva solo ritenuto generico il prefisso Ener, escludendo che fosse perciò monopolizzabile dalla Also, senza
pronunciarsi sull'altra causa petendi dell'azione, ritenuta assor
bita: solo sulla forza distintiva del marchio Enervit s'è poi fer
mata la Corte d'appello di Milano, per affermarla e negare la
chiesta nullità del segno distintivo, senza rispondere al gravame della Sire, che aveva riproposto anche in appello la seconda
causa petendi della sua domanda, connessa alla registrazione delle parole indicate.
La corte territoriale ha riformato la sentenza di primo grado a
causa della forza distintiva del marchio Enervit, ritenendo irri
levante indagini sul fatto che il marchio distintivo era all'origi ne nullo «in quanto meramente descrittivo ovvero tutelabile ma
debole, ovvero, ancora, forte fin dall'inizio (in quanto l'unione
di due particelle creerebbe un neologismo costituente di per sé
denominazione di fantasia)». I giudici del merito non hanno esaminato il tema concorrente
di cui alla domanda e all'appello incidentale della Sire, della
nullità del marchio Enervit per essere antecedenti alla registra zione di questo, quella di ciascuno dei suoi componenti Ener e
Vit, e numerose altre registrazioni di segni simili in uso per
prodotti in commercio, come documentato dalla copia prodotta dell' Informatore farmaceutico.
Trattasi di nullità, dedotta da una parte e rilevabile di ufficio, e l'omessa pronuncia sulla questione è rilevante, in quanto la
precedente registrazione è causa autonoma di nullità del mar
chio della Also, da dichiarare per la presenza di due concause di
This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
essa o almeno per rilevare la debolezza di esso accertata dal tri
bunale per la non distintività dei due suoi componenti. In applicazione degli art. 47 bis, 18, 1° comma, lett. b), e 17,
1° comma, lett. a), 1. marchi la Cassazione deve cassare il prin
cipio sotteso alla sentenza di merito che sarebbe quello errato
dell'irrilevanza dell'anticipata registrazione di segni distintivi
identici a un marchio originariamente debole o nullo, perché
generico e meramente descrittivo, convalidato dall'acquisizione della natura distintiva per la notorietà, riconoscendosi altrimenti
a chi è titolare di detto tipo di marchio il potere di ottenere l'e
liminazione di identici segni, preventivamente registrati, perché rimasti deboli e nulli.
Secondo la controricorrente, il motivo d'impugnazione è
inammissibile perché privo di autosufficienza, non precisando i
segni distintivi confliggenti con il marchio Enervit, i documenti
da cui risulterebbe la loro anteriore registrazione rispetto all'uso
di questo e il fatto che si tratti di marchi vitali non decaduti per non uso.
Comunque l'esame del motivo di ricorso comporterebbe l'esame di documenti precluso in sede di legittimità e in effetti,
per la registrazione del marchio Enervit dal 1979, il motivo di
appello sul punto della Sire è da ritenersi rigettato dalla corte
milanese.
2.2. - Il motivo di ricorso è infondato, perché la sentenza im
pugnata rigetta la domanda di nullità proposta dalla Sire per il
carattere forte del marchio Enervit a seguito dell'uso che ne è
stato fatto come già accaduto in primo grado, in applicazione
degli art. 89, 2° comma, d.leg. 4 dicembre 1992 n. 480, 47 bis 1.
marchi e 51, 2° comma, del regolamento Ce 40/94 del 20 di
cembre 1993.
Il rigetto della domanda di nullità copre ogni causa di invali
dità del marchio, sia essa connessa alla sua genericità o non si
gnificatività ovvero dipenda dalla registrazione precedente d'altro marchio «simile o identico» (e non di una delle parole che lo compongono in altro marchio: Cass. 11 ottobre 2002, n.
14483, Foro it., Rep. 2003, voce Marchio, nn. 81, 160). La
corte milanese ha ritenuto che Enervit più freccia fosse
marchio rinomato, la cui forza identificativa è sorta dalla noto
rietà e penetrazione nel mercato, che lo qualifica, al momento
della decisione come «forte, se non celebre», per l'acquisita di
stintività nel tempo, sulla base del suo uso protratto che gli ha
dato notorietà come tipico integratore alimentare, come tale in
genere riconosciuto dai consumatori, in base al c.d. secondary
meaning (Cass. 9 novembre 2000, n. 14560, id., Rep. 2000, vo
ce cit., n. 200, e 26 gennaio 1999, n. 697, id., Rep. 1999, voce
cit., n. 55). Trattandosi di marchio «forte», che gode di rinomanza su
tutto il territorio nazionale, come tale identificato dalla sentenza
di merito con motivazione logicamente corretta e scevra di vizi
giuridici, la tutela di esso comporta l'illegittimità di qualsiasi variazione e modificazione dell'uso di quella parte dello stesso
che costituisce il c.d. cuore, ossia il nucleo ideologico che ne
esprime l'idea fondamentale, identificato dalla corte di merito
nel prefisso Ener (sulla tutela dei marchi forti, in relazione alla
confondibilità della loro parte precipua, cfr. Cass. 27 febbraio
2004, n. 3984, id., 2004, I, 2117; 19 aprile 2000, n. 5091, id.,
2001, I. 1340; 25 settembre 1998, n. 9617, id., Rep. 1998, voce
cit., n. 63). La rinomanza e celebrità che hanno conferito forza distintiva
al marchio Enervit più freccia, costituito da due fonemi quali Ener e Vit e la cui idea fondante si è nel merito identificata nella
parola Ener, che ha in fatto reso di serie i vari segni distintivi di
molteplici integratori dietetici prodotti dalla Also con il mede
simo prefisso, esclude la nullità richiesta, anche a non rilevare i
problemi che si pongono per la «novità» della dedotta registra
zione, nel caso questa fosse stata anteriore a quella incontesta
tamente del 1979 del marchio Enervit (cfr. anche art. 8, lett. c,
del regolamento Ce 40/94 e 17 1. marchi).
Non esistono marchi identici registrati anteriormente e pure
se parti del marchio forte Enervit fossero state già oggetto di re
gistrazione, è incontestato l'uso ultraquinquennale e la registra zione di quest'ultimo segno distintivo dal 1979, con conse
guente decadenza dal diritto di farne dichiarare la nullità ex art.
48 1. marchi sia nella formulazione antecedente che in quella successiva alla novella del 1992, per cui il rigetto della doman
da della Sire copre ogni causa petendi della stessa, compresa
quella della registrazione.
Il Foro Italiano — 2005.
Il riconoscimento del carattere forte del marchio costituito
dall'unica parola Enervit e del rilievo precipuo in esso del fo
nema Ener impone di ritenere inidonea ogni registrazione, pure
anteriore, di questa parola da sola o con altre espressioni, perché esso assume significato specifico e senso distintivo commer
ciale solo nel neologismo creato con l'unione al fonema Vit più
freccia, per la notorietà degli integratori alimentari venduti con
detta denominazione.
La dedotta registrazione dei fonemi Ener e Vit da soli alla lu
ce dell'art. 7 del regolamento Ce 40/94, che disciplina i marchi
comunitari, è incompatibile con la pretesa genericità di tali sin
gole componenti del marchio tutelato, costituendo impedimento assoluto a detta registrazione, per l'art. 38 di detto regolamento, la mancanza di distintività di segni divenuti di uso comune nel
linguaggio; nessun rilievo ha poi l'eventuale registrazione di
marchi in cui i richiamati fonemi siano uniti ad altre parole se
essi, per l'identità del prodotto che identificano con quello ven
duto come Enervit divenuto celebre, comportano rischi di con
fondibilità delle merci tra i consumatori.
La motivazione della sentenza impugnata nel qualificare mo
tivatamente come complesso, seriale e difensivo il marchio
Enervit più freccia, con cuore o nucleo ideologico di maggior rilievo costituito dal fonema Ener e il suffisso minore Vit con
fondibile con quello Best di cui al marchio della Sire, riconosce
forza identificativa, per la notorietà raggiunta, al marchio di cui
la Also ha chiesto la tutela, esplicitamente rigettando la doman
da di nullità per la dedotta genericità del marchio e implicita mente negando rilievo alla registrazione che si assume avvenuta
di parti separate di tale marchio, la cui forza identificativa ed
evocativa, soprattutto nel prefisso Ener, rende irrilevanti le de
duzioni sulla registrazione di tale parola, da non considerare
autonoma in base alla decisione impugnata, per la quale essa
costituisce componente e cuore del citato marchio di fantasia
ormai rinomato. (Omissis)
II
Svolgimento del processo. — Nel marzo 1998 la Zaini s.p.a.
conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, la Ferrerò
s.p.a., produttrice dell'ovetto «Kinder sorpresa», per ottenere —
con conseguente risarcimento del danno — l'affermazione del
proprio diritto a liberamente commerciare l'ovetto bicolore de
nominato «Supermario» nonostante le diffide inviatele dalla
Ferrerò, dal momento che era ormai scaduto il brevetto d'inven
zione della Ferrerò; era nullo, ai sensi dell'art. 18, lett. c), r.d.
929/42 e comunque privo di capacità distintiva, il marchio di
forma con cui la Ferrerò intendeva perpetuare la propria privati va e non sussisteva possibilità alcuna di confusione tra i propri involucri e quelli protetti dai marchi figurativi della Ferrerò.
A sua volta la Ferrerò s.p.a., nel respingere le eccezioni av
versarie, chiedeva la condanna della Zaini per contraffazione
dei propri marchi e per concorrenza parassitaria ed imitazione
servile, con risarcimento dei danni.
Avverso la sentenza del tribunale, che aveva escluso la con
traffazione e la concorrenza sleale, accolta l'eccezione di nullità
del marchio di forma e — pur escludendo, per carenza di prova
dei danni, la domanda di risarcimento avanzata dalla Zaini —
disposta la pubblicazione del dispositivo della sentenza, propo neva appello principale la Ferrerò s.p.a. ed incidentale —
per ottenere il risarcimento dei danni — la Zaini s.p.a.
Con sentenza 13-22 giugno 2001 (Foro it., Rep. 2002, voce
Marchio, n. 52) la Corte d'appello di Milano confermava la de
cisione di primo grado, rigettando sia l'appello principale che
l'appello incidentale, quest'ultimo per mancanza della prova,
pur generica, che la Zaini s.p.a. avesse subito un danno; veniva
esclusa, in conseguenza, la pubblicazione disposta dal primo
giudice, già sospesa in accoglimento di inibitoria. Il fatto viene
così descritto:
«L'invenzione brevettata nel 1973 e poi ovviamente scaduta
si riferiva testualmente alla fabbricazione di articoli cavi di
cioccolato (tipicamente, uova pasquali) 'mediante preformatura di due gusci di cioccolato e successiva unione degli stessi'.
Nella descritta tecnica anteriore, i bordi di questi due gusci pre formati venivano riscaldati e quindi uniti in modo da farli salda
re con il raffreddamento: sennonché, l'inconveniente era 'nel
fatto che il rammollimento termico dei bordi stemperava il cioc
This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
colato per cui la zona di saldatura ed anche l'interno dei gusci subivano col tempo un'alterazione del colore, dando così l'im
pressione di un cioccolato avariato'. Per evitare ciò, l'invenzio
ne insegnava a 'rivestire i due gusci internamente con uno strato
fuso di materiale commestibile, normalmente solido ... ed a
saldare reciprocamente (solo) i due strati di (interno) rivesti
mento, mentre almeno uno di essi si trova ancora in condizioni
di fluidità sufficienti per saldarsi all'altro'. La descrizione bre
vettuale proseguiva poi con l'indicazione di alcune preferite modalità procedimentali (in tema di stampi, 'colaggi' tempera
ture), per precisare, ancora: 'il materiale di rivestimento può es
sere costituito anch'esso di cioccolato, ad esempio identico a
quello dei due gusci. Si può però impiegare (anche per ragioni
dietetiche) un materiale più povero in cacao e più ricco in latte,
ad esempio composto essenzialmente di latte intero in polvere, di burro di cacao e di zucchero, ed esente da pasta di cacao;
questo materiale presenta il colore del latte anziché il tipico co
lore del cioccolato ...'. Di qui, sette rivendicazioni: la prima ri
guardante il descritto procedimento, nel quale il rivestimento
interno dei gusci è genericamente costituito da 'uno strato fuso
di materiale commestibile'; le successive concernenti varianti
procedimentali senza specificazioni di materiali; la quarta avente ad oggetto 'il procedimento secondo 1, 2 o 3, in cui anche
i detti strati interni sono di cioccolato'; la quinta relativa ai me
desimi procedimenti, 'in cui il materiale degli strati interni es
senzialmente composto di latte intero in polvere, burro di cacao
e zucchero, ed è esente da pasta di cacao, per cui tale strato pre senta il colore del latte'; la sesta ripetitiva delle precedenti; la
settima concernente, infine, un 'articolo cavo di cioccolato, par ticolarmente uovo pasquale, ottenuto con il procedimento se
condo una qualsiasi delle rivendicazioni 1-6'.
Fin dal 1977 la Ferrerò ha registrato poi un marchio figurati vo (non di forma) per il suo ovetto 'Kinder sorpresa', adoperan dolo, in varia guisa ed anche solo in parte, sull'incarto di sta
gnola, sulla confezione 'multipla' esterna e nella pubblicità del
prodotto. Questo marchio si presenta con un 'fondo bianco con
margine inferiore rosso, definito da una linea ondulata irregola re', contiene i disegni di un ovetto bicolore bianco-marrone (nel senso ridetto di 'interno-esterno') e di un bimbo biondo che
regge un modellino-giocattolo contenuto in un barilotto traspa rente, e reca le parole, scritte con diversi caratteri e colori:
'Kinder sorpresa' e '+latte-cacao'. Altri marchi coevi presenta no varianti ai nostri fini non significative. Nel marzo 1981, poi, la Ferrerò ha depositato un ulteriore marchio figurativo nazio
nale, costituito semplicemente da un campo superiore bianco e
da un campo inferiore arancione definiti da una linea di ondula
zione irregolare; nel campo arancione alcune 'gocce di colore'
bianche. Infine, il marchio nazionale (di forma) domandato
dalla stessa Ferrerò nel 1996 'consiste in due semivalve di for
ma ovoidale combaciami caratterizzate ciascuna da due strati di
cui quello esterno di colore marrone e quello interno di colore
bianco', da utilizzarsi per 'uova in cioccolato con strato interno
al latte' : il disegno, o fotografia, allegato riproduce esattamente
questa descrizione, che è poi quella dell'ovetto Kinder 'nudo'.
Identico è il marchio di forma internazionale pressoché contem
poraneo. Le altre numerose registrazioni della Ferrerò, pure do
cumentate o richiamate in atti, non sono, invece, rilevanti per la
decisione».
In sintesi, la sentenza impugnata ha ritenuto invalido il mar
chio di forma/colore perché vietato dall'art. 18, lett. c), 1. mar
chi; ha escluso la contraffazione dei marchi figurativi, perché le
confezioni Zaini sono adeguatamente differenziate; ha negato l'imitazione servile perché la forma/colore, una volta scaduto il
brevetto d'invenzione ed in quanto funzionale al risultato tecni
co ed al valore sostanziale del prodotto, non consente variazioni
innocue mentre il confezionamento diverso esclude la confondi
bilità esteriore; non vi è infine imitazione sistematica, ovvero
concorrenza parassitaria, perché le caratteristiche che la Ferrerò
indica come copiate sono quelle standardizzate, ovverosia as
solutamente consuete e tipiche della categoria di prodotto in
questione. Irrilevante, altresì, il secondary meaning (ovverosia
l'acquisizione, sulla base dell'uso nel tempo, della capacità di
stintiva inizialmente carente: Cass. 14560/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 200) perché non supera l'iniziale inidoneità del
marchio alla registrazione. Contro la sentenza d'appello ha proposto, il 15 novembre
2001, ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la Ferre
II Foro Italiano — 2005.
ro s.p.a.; resiste, con controricorso notificato il 21 dicembre
2001 la Zaini s.p.a. Le parti hanno depositato memorie e la Zaini s.p.a. anche
note d'udienza, per contrastare la richiesta, avanzata in tesi dal
p.m., di dichiarare la nullità del giudizio. Motivi della decisione. — Costituisce principio consolidato
(Cass. 2169/87, id., Rep. 1988, voce cit., n. 144; 6180/84, id., Rep. 1986, voce cit., n. 99; 5762/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 83; 3714/80, ibid., voce Brevetti, nn. 24, 63) che la partecipa zione al giudizio del p.m., prevista come necessaria quando sia
proposta azione diretta o riconvenzionale di nullità del marchio
ai sensi dell'art. 59 r.d. 929/42 (ed ora dell'art. 55 1. 480/92), non è invece richiesta quando la nullità del marchio forma og
getto di un'eccezione, sia pure riconvenzionale, allo scopo di
paralizzare la pretesa avversaria e destinata ad un accertamento
incidenter tantum, senza efficacia di giudicato. Nel caso in esa
me, i giudici di merito hanno pronunciato solo in via incidenta
le, ravvisando nella dedotta nullità del marchio Ferrerò una sola
eccezione riconvenzionale della Zaini s.p.a.: lo evidenzia il di
spositivo della sentenza del tribunale, che, nel pronunciare sulla
domanda proposta da Zaini s.p.a., di non essere molestata nella
propria attività di produzione e diffusione dell'ovetto «Super mano», precisa di aver «accertata in via incidentale la nullità
del brevetto per marchio n. 695.253 rilasciato in data 13 dicem
bre 1993 in favore di Ferrerò s.p.a.». Sulla stessa eccezione si è
poi pronunciata anche la corte d'appello, ma sempre in via inci
dentale, come evidenzia la conferma, sul punto, della sentenza
di primo grado. L'eccezione di nullità del processo, per difetto di integrità del
contraddittorio, sollevata in via preliminare dal p.m., deve quin di essere respinta.
Col primo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli art. 16 e 18, lett. c), r.d. 929/42 perché, avendo la sentenza ac
certato che il segno distintivo in questione era costituito da una
specifica combinazione cromatica e non dalla forma del pro dotto, non poteva applicare alla combinazione cromatica i limiti
posti dall'art. 18, 1° comma, lett. c), r.d. 929/42 per i marchi di
forma, trattandosi di normativa eccezionale e perciò di stretta
applicazione. La censura è infondata, perché la funzione dell'art. 16 è
esemplificativa e non classificatoria (la norma elenca, cioè, i
possibili oggetti di registrazione, senza giustificare la distinzio
ne, che la ricorrente vorrebbe introdurre, tra forma e colore) e
perché il richiamato art. 18, 1° comma, lett. c), non introduce
un'eccezione alla registrabilità come marchio, ma disciplina il
coordinamento tra il diritto al marchio, temporalmente illimita
to, e la disciplina brevettuale, soggetta a precisi termini deca
denziali, nel senso che il modello suscettibile di tutela brevet
tuale non può fruire anche della tutela come marchio di forma, ove non si intenda vanificare la tutela brevettuale.
L'esclusione, quindi, dalla registrabilità come marchi, dei
«segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natu
ra stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore so
stanziale al prodotto» si traduce nella tutela del pubblico inte
resse ad impedire il perpetuarsi di una esclusiva e si risolve nel
l'affermazione — i cui indubbi limiti ai fini del discorso in esame non interessano — che tutte le forme brevettabili non so
no tutelabili come marchio.
E poi indifferente, sempre ai fini in esame, che i limiti alla
registrabilità come marchio della combinazione cromatica si
rinvengano nel coordinamento delle varie normative, o nel di
vieto posto dall'art. 18, 1° comma, lett. c), dal momento che i
risultati vengono a coincidere. Infatti, sono brevettabili le forme
utili che esprimono un nuovo concetto innovativo (art. 2 r.d.
1411/40) e le forme ornamentali che diano «uno speciale orna
mento, sia per la forma, sia per una particolare combinazione di
linee o di colori» (art. 5) e la tutela come modello verrebbe
quindi ugualmente ad escludere la tutela come marchio.
La distinzione che, secondo un'illustre dottrina, si deve intro
durre tra forma del prodotto e marchio di forma, con l'effetto di
rendere cumulabile la registrazione come marchio e la brevetta
zione come modello del segno distintivo che sia estrinseco alla
forma del prodotto, non è, nel caso in esame, invocabile, dal
momento che il giudice del merito ha accertato, in fatto, che la
composizione cromatica è così strutturalmente e necessaria
mente collegata al prodotto «ovetto» a doppio guscio, di latte e
This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di cacao, da non consentire neppure l'introduzione di varianti
indipendenti, ovverosia innocue, senza snaturare, sul piano tec
nico e sul piano organolettico, il prodotto stesso.
Col secondo motivo, si censura, sotto il duplice profilo della
violazione di legge e del vizio di motivazione, l'interpretazione ed applicazione che dell'art. 18, 1° comma, lett. c), 1. marchi, ha
dato la sentenza d'appello. Dopo aver ricordato che, per affer
mazione della stessa sentenza impugnata, la realizzazione di
ovetti a doppio strato di cioccolato non comporta necessaria
mente l'utilizzazione della sequenza di colori marrone/bianco
propria degli ovetti «Kinder sorpresa», tanto che — secondo la
stessa sentenza — è perfettamente realizzabile la produzione di
ovetti che presentino valve od emisferi a combinazione cromati
ca alternata o che offrano apparenze variegate, la ricorrente ri
corda che, ai sensi dell'art. 18, 1° comma, lett. c), 1. marchi —
quand'anche ritenuto applicabile — la forma non tutelabile è
quella necessaria, mentre restano assoggettate alla regola gene rale tutte le forme che presentano, oltre agli aspetti necessitati, varianti indipendenti, come ha già statuito Cass. 484/95 (id.,
1995,1, 3520). In sostanza, la ricorrente nega che la combinazione cromatica
in questione (consistente, secondo la domanda di registrazione come marchio, in due semivalve di forma ovoidale combacianti
caratterizzate ciascuna da due strati di cui quello esterno di co
lore marrone e quello interno di colore bianco) costituisca forma
necessitata, ben potendosi il medesimo risultato conseguire at
traverso varianti equipollenti. La censura, espressa per dimostrare la tutelabilità come mar
chio della forma colore in questione, è inammissibile perché in
cide su una sola delle due ratio decidendi esposte dalla sentenza
impugnata per escludere la tutelabilità come marchio di forma
del trovato in questione. Infatti, dopo aver ritenuto che «la com
binazione cromatica per chi voglia, in un ovetto, legittimamente unire la crema di latte al cioccolato, appare ... necessaria per ottenere il risultato tecnico ... di un ovetto dall'esterno di cioc
colato che, grazie alla saldatura di uno strato interno, non pre senti alterazioni esterne sgradevoli» ha aggiunto
-— in preciso richiamo alla forma che dà un valore sostanziale al prodotto, ovverosia alla terza delle tre ipotesi autonome indicate dall'art.
18, 1° comma, lett. c), 1. marchi — che la forma colore incide,
in maniera determinante, sul contenuto nutritivo dietetico del
prodotto e ne determina l'apprezzamento e la scelta da parte del
consumatore medio, e tale rilievo, che la ricorrente non censura,
è comunque sufficiente all'esclusione della tutela (come mar
chio) invocata ed alla conferma dell'eccepita nullità del marchio
695.253 concesso alla Ferrerò s.p.a. in data 13 dicembre 1996.
Col terzo motivo, si censura la sentenza per violazione di leg
ge e vizio di motivazione in ordine al rigetto della domanda di
contraffazione dei marchi figurativi Ferrerò. La sentenza avreb
be confrontato le confezioni Ferrerò e Zaini e non i marchi Fer
rerò e le confezioni Zaini ricercando, inoltre, una confondibilità
non necessaria ai fini della tutela invocata, come già precisato dalla decisione 13592/99 della Cassazione (id., Rep. 2001, voce
Marchio, n. 147); avrebbe, inoltre, trascurato di esaminare e
confrontare il marchio figurativo italiano 326.851 e quello in
ternazionale 462.160, caratterizzati da due fasce di colore bian
co ed arancio separate da una linea ondulata, senza alcun ele
mento denominativo o figurativo, ed il marchio italiano
306.275, caratterizzato dalla figura di un personaggio. La censura è in parte infondata e in parte inammissibile; è in
fondato l'assunto che il confronto sia avvenuto tra confezioni:
la sentenza richiama i documenti di produzione Ferrerò, con
fronta a tali documenti — ovverosia ai marchi figurativi che
rappresentano — le confezioni degli ovetti Zaini ed esclude, con
giudizio di fatto non sindacabile in questa sede, che sussista
somiglianza e/o confondibilità, ovverosia che si sia verificato
quel pericolo di confusione a cui il legislatore collega la tutela
concorrenziale. È poi non pertinente il richiamo alla decisione
13592/99 della Cassazione (che a sua volta si richiama alla de
cisione 1080/86, id., 1986,1, 3064) perché si tratta di pronunce rese in casi di usurpazione del marchio (o della parte individua
lizzante dello stesso), ipotesi qui non avanzata.
È inammissibile, perché in violazione del principio di auto sufficienza del ricorso, l'affermazione che il giudice a quo avrebbe omesso l'esame di alcuno dei marchi figurativi prodotti dalla Ferrerò: poiché la sentenza fornisce una descrizione dei
marchi figurativi esaminati coincidente con quella che dei mar
II Foro Italiano — 2005.
chi pretermessi fornisce il ricorso, ma riferita alla numerazione
della produzione Ferrerò, sarebbe stato necessario indicare
quale numero assumevano, nella produzione numerata, i marchi
figurativi 306.275, 326.851, 462.160 e quali differenze, rispetto a quelli esaminati, ne rendeva necessaria la specifica considera
zione.
Col quarto motivo del ricorso si deduce violazione e falsa ap
plicazione, nonché vizio di motivazione in ordine al rigetto del
l'azione di concorrenza sleale fondata sui nn. 1 e 3 dell'art.
2598 c.c.
Poiché la confondibilità esteriore delle confezioni dei due
ovetti è stata esclusa dalla sentenza impugnata e tale giudizio in
fatto non viene validamente contrastato dalla ricorrente, che si
limita a riaffermare la propria soggettiva convinzione di con
fondibilità, la sussistenza di concorrenza sleale per imitazione
servile rimane affidata all'utilizzo della medesima combinazio
ne cromatica del prodotto «nudo». Combinazione che, secondo
quanto ha accertato il giudice d'appello, non è ispirata ad un
criterio di fantasia o di differenziazione del prodotto, ma costi
tuisce una forma, utile e conveniente, che esprime esclusiva
mente il valore, cioè le caratteristiche essenziali dell'ovetto, racchiudendone in sé tutta e solo la dimensione funzionale: in
sostanza, che è la forma necessaria del prodotto. Tale conclusione non è in contrasto con la possibilità di otte
nere ovetti esternamente bicolori od ovetti a doppio strato di
cioccolato (e quindi non di cioccolato esterno e latte interno)
perché si tratta, secondo il giudizio di fatto del giudice a quo, di
applicazioni di un diverso concetto innovativo, mentre è indi
mostrato che lo stesso risultato sia realizzabile con varianti che
si collochino all'interno dello stesso procedimento: con varianti,
appunto, innocue o indipendenti. In conseguenza, una volta decaduto il brevetto d'invenzione,
la forma colore risultava lecitamente e pedissequamente imita
bile, poiché qualsiasi variante avrebbe pregiudicato le caratteri
stiche funzionali del prodotto. Né contrasta con tale conclusione la possibilità astratta di al
tre forme tecniche — esame al quale si è arrestata, secondo
quanto ha accertato la corte milanese, la sentenza del Tribunale
di Colonia — perché la combinazione cromatica in questione
costituisce una forma resa necessaria sia da ragioni tecniche —
perché il procedimento di fabbricazione brevettato nel 1973
dalla Ferrerò s.p.a. comportava necessariamente tale risultato —
sia da ragioni dietetiche: ne risulta in conseguenza esclusa la
tutelabilità in via di imitazione servile, una volta decaduto il
brevetto d'invenzione e non praticabile il tentativo di conser
varne gli effetti, a tempo indefinito, come marchio di forma e
colore.
La concorrenza parassitaria — anche se manca un esplicito ri
ferimento al n. 3 dell'art. 2598 c.c. — è stata implicitamente esclusa dalla sentenza impugnata perché quanto viene indicato
come oggetto di imitazione (formato degli ovetti, presenza al
l'interno di una sorpresa, confezione multipla) rappresenta le
caratteristiche «assolutamente consuete e tipiche della categoria del prodotto»; è, in altri termini, standardizzato. Questo giudizio di fatto non è contrastato dalla ricorrente, che denuncia invece
come vizio di motivazione quella che, nei termini nei quali la
censura è esposta, sarebbe in realtà un'omissione di pronuncia sulla concorrenza parassitaria, a fronte del — secondo la ricor
rente, dimostrato e pacifico —
comportamento imitativo siste
matico e generalizzato della Zaini s.p.a. Censura del tutto gene
rica, che potrebbe essere esaminata solo se il giudizio di legitti mità costituisse un terzo grado di merito.
Il ricorso deve, perciò, essere rigettato.
This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions