+ All Categories
Home > Documents > sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis...

sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: tranxuyen
View: 220 times
Download: 5 times
Share this document with a friend
8
sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural &Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv. Biamonti, Mondini). Conferma App. Milano 18 maggio 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 145/146-157/158 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200383 . Accessed: 28/06/2014 14:13 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural & Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv.

sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis(concl. conf.); Soc. Sirc Natural &Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv. Biamonti,Mondini). Conferma App. Milano 18 maggio 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 145/146-157/158Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200383 .

Accessed: 28/06/2014 14:13

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural & Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 lu

glio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Au

gustine (conci, conf.); Soc. Sire Natural & Dietetic Foods

(Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv. Biamonti, Mondini). Con

ferma App. Milano 18 maggio 2001.

Marchio — Marchio complesso — Enervit — Validità —

Precedente registrazione dei fonemi componenti — Irrile

vanza — Fattispecie (R.d. 21 giugno 1942 n. 929, testo delle

disposizioni legislative in materia di brevetti per marchi

d'impresa, art. 17).

Il marchio costituito dalla parola Enervit, seguito dalla raffigu razione di una freccia, utilizzato per integratori dietetici, è

nuovo, ed è validamente registrato, nonostante la registrazio ne anteriore delle generiche parole sia Ener che Vit, in

quanto esso assume significato commerciale specifico e di

stintivo — ed anzi costituisce marchio forte e notorio — solo

nel neologismo costituito dall'unione dei due fonemi, nel

l'ambito del quale ha però rilievo precipuo, quale cuore del

segno, il primo, Ener (la Suprema corte ha pertanto ritenuto

immune da vizi logico-giuridici la motivazione del giudice di

merito che aveva ritenuto, anche sulla scorta di una consu

lenza tecnica d'ufficio sulla notorietà del segno, che il mar

chio Enervit — definito come seriale, complesso e difensivo

— era confondibile con il marchio successivo Enerbest, utiliz

zato per gli stessi prodotti, e composto con un suffisso asso

nante). (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 lu

glio 2004, n. 13159; Pres. Losavio, Est. Cappuccio, P.M. De

Augustinis (conci, conf.); Soc. Ferrerò (Avv. Sena, Tarchi

ni, Berti) c. Soc. Zaini (Avv. Ferretti, Sotriffer). Conferma

App. Milano 22 giugno 2001.

Marchio — Eccezione di nullità — Pubblico ministero — In

tervento necessario — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 70,

72; r.d. 21 giugno 1942 n. 929, art. 59). Marchio — «Ovetto» a doppio guscio marrone e bianco —

Marchio di forma tridimensionale — Validità — Esclusio ne (R.d. 21 giugno 1942 n. 929, art. 16, 18).

Concorrenza (disciplina della) — Invenzioni industriali —

Brevetto — Decadenza — Forme necessarie — Imitazione

servile — Esclusione (Cod. civ., art. 2598).

Il pubblico ministero non è parte necessaria nei giudizi in cui

venga dedotta questione relativa alla illegittimità, per con

traffazione, di un marchio d'impresa solo in via di eccezione,

anche riconvenzionale, al solo scopo di paralizzare la pretesa

avversaria, destinata quindi ad un accertamento solo inci

dentale, senza efficacia di giudicato. (2) Non costituisce valido marchio di forma il segno costituito da

un «ovetto» a doppio guscio, di cui quello esterno, di cacao,

di color marrone, e quello interno, al latte, di colore bianco,

in quanto si tratta di forma che dà un valore sostanziale al

prodotto, di cui l'art. 18, 1° comma, lett. c), l. marchi inibisce

la registrazione come marchio, atteso che il giudice di merito

ha accertato — con motivazione esente da vizi logici — che

tale composizione bicromatica è strutturalmente e necessa

riamente collegata al prodotto stesso, tanto da non consentire

l'introduzione di varianti senza snaturarlo. (3) Una volta decaduto un brevetto d'invenzione, la forma del pro

(1-4) I. - Le sentenze in rassegna, decise alla stessa udienza dal me

desimo collegio della Cassazione (con diversi relatori), affrontano que stioni di grande interesse sistematico e operativo in materia di marchi.

La sentenza 13178/03 (di cui qui si riporta solo la prima parte della

motivazione, in quanto per il resto svolge essenzialmente considerazio

ni in fatto, riproducendo ampiamente le difese delle parti) conferma

App. Milano 18 maggio 2001, Foro it., Rep. 2002, voce Marchio, n.

190 (e, per esteso, Dir. ind., 2002, 143, con nota di Biondetti). La corte milanese, sul presupposto che al marchio forte, ancorché

complesso, deve essere riconosciuta tutela nel suo nucleo ideologico e

Il Foro Italiano — 2005.

dotto oggetto di privativa è lecitamente e pedissequamente imitabile, sempre che si tratti di forma resa necessaria da

esigenze tecniche, sicché qualunque variante pregiudichereb be le caratteristiche funzionali del prodotto (nella specie, la

Suprema corte ha ritenuto immune da vizi logico-giuridici la

motivazione del giudice di merito che, con riferimento agli «ovetti» bicromi Kinder, di cioccolato all'esterno e al latte

all'interno, ha ritenuto che non vi era la prova che lo stesso

risultato potesse essere realizzato con varianti c.d. innocue o

indipendenti nell'ambito del medesimo procedimento). (4)

non solo nei confronti di un'integrale riproduzione o di un'imitazione molto prossima, aveva ravvisato nel prefisso Ener il nucleo ideologico del marchio Enervit sia perché ne costituisce l'incipit su cui si ferma

maggiormente l'attenzione del consumatore sia per l'inferiore incisività del suffisso Vit che allude alla vitalità forse più che alle vitamine.

Il carattere forte del marchio in questione — anzi ormai la rinomanza

dello stesso — è stato riconosciuto in via di secondary meaning, anche alla stregua di una c.t.u.

Da qui anche l'affermazione che il marchio Enerbest utilizzato per

prodotti identici e non solo appartenenti alla stessa classe merceologica viola la sfera di protezione che viene riconosciuta al marchio Enervit, cioè in quanto ne utilizza il prefisso aggiungendovi un suffisso — Best — che sotto il profilo fonetico crea un effetto di assonanza essendo co

stituito anch'esso, come il suffisso del marchio Enervit, da un mono

sillabo terminante con la lettera T. La corte ha così condannato la società titolare del marchio Enerbest

ad un congruo risarcimento, liquidato equitativamente. La Cassazione ha ripercorso le argomentazioni dei giudici milanesi,

confermandole integralmente, essenzialmente per relationem (la parte motiva della sentenza, una volta omessi i richiami alle difese delle parti e alla motivazione appellata, come accennato, è estremamente succin

ta). Anche l'argomentazione sottesa al principio espresso dalla massima

1, a ben vedere, è estremamente succinta. In sostanza la Suprema corte

ha inteso assegnare al fonema Ener il valore di «cuore» del marchio

complesso Enervit, pur se (con ragionamento in un certo senso circola

re) quello stesso fonema, di per sé, senza l'aggiunta del suffisso — an

cor meno distintivo — Vit è generico, sicché pur se registrato non è in

grado di scalfire la validità (novità) del marchio complesso, ritenuto

anzi forte e di rinomanza.

Cfr., sul rischio di confusione e sulla tutela del marchio forte, Cass.

27 febbraio 2004, n. 3984, Foro it., 2004,1, 2117, con ampia nota di ri

chiami, e, per i marchi costituiti da parole generiche, App. Torino 28

dicembre 2002, id., 2003,1, 1870, pure con ampia nota.

II. - La sentenza 13159/04, enunciando (massima 2) il principio della

non necessità dell'intervento obbligatorio del p.m. nei giudizi in cui la

questione di nullità dei marchi registrati è posta solo in via di eccezio

ne, si conforma ad un indirizzo assolutamente consolidato della giuris

prudenza di legittimità. Tale intervento è però necessario in caso di

azione diretta (o domanda riconvenzionale) di nullità del marchio: v., in

ultimo, Cass. 3984/04, cit., id., Mass., 264; 21 maggio 1998, n. 5067,

id., Rep. 2000, voce Pubblico ministero civile, n. 7.

Il rigore giurisprudenziale, in materia di intervento obbligatorio del

p.m. nei giudizi di nullità dei marchi è tale che Cass. 25 gennaio 1989, n. 413, id., Rep. 1989, voce Marchio, n. 98, afferma che il vizio deri

vante dalla mancata partecipazione del p.m. al processo di primo grado non è sanato neanche «dalla presenza in giudizio del procuratore gene rale presso la corte d'appello, ancorché abbia formulato conclusioni di

merito senza muovere eccezioni sulla ritualità del rapporto processuale,

giacché il potere di impugnare la sentenza di primo grado non spetta a

questo ultimo ufficio, ma solo all'ufficio del p.m. presso il giudice a

quo». Si tratta però di un rigorismo formale sempre più malvisto dagli ope

ratori: «Nella prassi l'intervento del p.m. non porta alcun reale contri

buto al processo, e si limita ad una presenza rituale e distratta. Accade

con una certa frequenza che (per 'colpa' delle parti, del giudice, della

cancelleria e/o della procura) il p.m. rimanga assente. In questo caso la

sentenza è nulla, e questa sanzione è (ed è sentita da tutti come) asso

lutamente sproporzionata al peso reale dell'assenza. La rilevazione di

questo vizio si presta agevolmente ad iniziative pretestuose»; così Di

Cataldo, Intervento su questioni generali, in AA.VV., Il codice della

proprietà industriale (a cura di Ubertazzi), Milano, 2004, 195.

Il progetto di codice della proprietà industriale (versione del 10 set

tembre 2004), di cui è prevista l'emanazione entro il 29 dicembre 2004, così dispone all'art. 122, 1° comma: «L'azione diretta ad ottenere la di

chiarazione di decadenza o di nullità di un titolo di proprietà industriale

può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse e promossa d'uffi

cio dal pubblico ministero. In deroga all'art. 70 c.p.c. l'intervento del

pubblico ministero non è obbligatorio». La soppressione dell'intervento obbligatorio del p.m. — sicuramente

condivisibile nel merito — fa dubitare di un eccesso di delega (non ri

This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural & Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv.

PARTE PRIMA

I

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 17 maggio

1999 il Tribunale di Milano rigettava la domanda dell'8 aprile 1994 della Also s.p.a. (da ora Also), titolare di più marchi con il

prefisso Ener (Enervit più freccia, Enerdieta, Enermix, Enervi

tam e freccia, Enervitene, Enerday Protein più freccia, Ener

D.M. più freccia), identificativi di integratori alimentari nei con

levato peraltro, dal Consiglio di Stato, nel parere positivo sul codice

espresso dall'adunanza generale del 25 ottobre 2004). In effetti l'art. 15 1. 273/02 ha conferito al governo la delega per

l'adozione di uno o più decreti legislativi «per il riassetto delle disposi zioni vigenti in materia di proprietà industriale». I principi e criteri di rettivi prevedono, tra l'altro, la «ripartizione della materia per settori

omogenei e coordinamento, formale e sostanziale, delle disposizioni vigenti per garantire coerenza giuridica, logica e sistematica» e

1'«adeguamento della normativa alla disciplina internazionale e comu nitaria intervenuta».

Si tratta, in sostanza, di una delega per un testo unico essenzialmente

ricognitivo della normativa vigente. Può allora fortemente dubitarsi della riconducibilità alla delega della soppressione dell'intervento ob

bligatorio del p.m. che, per quanto inopportuno, era previsto in forza di norme generali, ed anzi dello stesso codice di procedura civile (cui, in

fatti, l'art. 122 cit. pone espressa deroga). III. - La sentenza 13159/04 ritorna anche sul tema del marchio di

forma tridimensionale (massima 3), enunciando — con chiarezza inu suale — che l'esclusione dalla registrabilità come marchi delle forme di cui all'art. 18, 1° comma, lett. c), 1. marchi (nel testo introdotto dal

d.leg. 480/92) ha la funzione pubblicistica di evitare «il perpetuarsi di una esclusiva».

Il segno, quindi, per costituire valido marchio di forma, deve essere

sempre, anche quanto alle forme tridimensionali, almeno idealmente

separabile dal prodotto, senza che la funzionalità e la natura di esso siano mutate o pregiudicate.

In concreto, al fine di individuare il valido marchio di forma, l'inter

prete dovrà tener conto delle modalità di utilizzazione e di presentazio ne del prodotto, delle informazioni e delle suggestioni trasmesse attra verso la pubblicità, della percezione che di quella data forma ha il pub blico. Così Trib. Napoli 26 luglio 2001, Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 49 (e, per esteso, Riv. dir. ind., 2002, II, 153): «solo il contesto con creto di uso, di pubblicizzazione ed in ultima analisi di conoscenza, fa sì che la forma di una cosa, pur continuando inevitabilmente ad essere tale, diventi anche altro da sé, vale a dire compendio di conoscenze, di

suggestioni, di comunicazioni: in una parola, un marchio». Tale sentenza conclude quindi che una forma, pur «utile» può co

munque essere marchio, se in concreto è tale la funzione che prevalen temente espleta: solo alla stregua di una tale (pur se minoritaria) inter

pretazione può attribuirsi pratica applicazione al riconoscimento dei marchi di forma di cui alla novella del 1992.

Sul marchio di forma tridimensionale, nel diritto interno, v. Trib. Catania 23 luglio 2003, Foro it., 2003, I, 2831, con nota di richiami;

per il diritto comunitario, v. Corte giust. 12 febbraio 2004, causa C

218/01, Trib. I grado 28 gennaio 2004, cause riunite da T-146/02 a T 153/02, e 3 dicembre 2003, causa T-305/02, id., 2004, IV, 130, pure con ampia nota, nonché Corte giust. 29 aprile 2004, cause riunite da C 468/01 P a C-472/01 P, in questo fascicolo, IV, 50.

Il richiamo di cui alla sentenza in rassegna alla terza fattispecie osta tiva dell'art. 18 cit., quindi alla forma che «dà valore sostanziale al

prodotto», è però piuttosto raro in giurisprudenza. Va richiamato al riguardo proprio il provvedimento sugli ovetti Kin

der ora confermato da Cass. 13159/04, App. Milano 22 giugno 2001, id., Rep. 2002, voce cit., n. 53 (e, per esteso, Giur. it., 2002, 1016): «non è valido il marchio composto esclusivamente dalla forma o dal colore che sia necessario per ottenere un risultato tecnico, ovvero con ferisca un valore sostanziale al prodotto cui afferisce, e il cui apprez zamento da parte dei consumatori sia tale da comportare un vantaggio di natura concorrenziale».

Cfr. anche Trib. Verona 16 luglio 1998, Foro it., Rep. 1999, voce

cit., n. 52 (e, per esteso, Riv. dir. ind., 1999, II, 28), che ha escluso la

registrazione come marchio di un raviolo a forma di fagottino, rilevan do che tale forma non è estranea al prodotto raviolo cui è applicata, e anzi «si appalesa forma del tutto intrinseca al prodotto medesimo, con esso inscindibilmente collegata ed idonea ad attribuire al medesimo valore sostanziale; appare esclusa la possibilità di attribuire alla forma di fagottino i connotati di un valido marchio; la migliore dimostrazione di quanto sopra è data dal fatto che entrambe le priorità invocate dalle

parti sono relative a domande di brevetto per modello ornamentale sic ché la forma di fagottino è stata assunta in entrambi i casi non già come elemento estrinseco del prodotto bensì quale espressione figurativa del medesimo».

Trib. Torino 16 agosto 1995, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 62, ha escluso che il marchio registrato per snacks costituito dalla forma di

Il Foro Italiano — 2005.

fronti della Sire Natural & Dietetic Foods s.p.a. (da ora Sire), che aveva introdotto sul mercato un prodotto affine denominato

Enerbest e la domanda riconvenzionale di questa, ponendo le

spese prevalentemente a carico dell'attrice.

In via principale si era chiesto di accertare la contraffazione

dei marchi dell'attrice e di dichiarare la Sire decaduta dall'uso

in modo ingannevole del marchio Enerbest, ex art. 11 e 41 r.d.

21 giugno 1942 n. 929, modificati dal d.leg. 4 dicembre 1992 n.

cono ricada nel divieto posto dall'art. 18, 1° comma, lett. c), 1. marchi, in quanto non ricade nei divieti di cui all'art. 18 cit.; in particolare non

costituisce una forma che dà un valore sostanziale al prodotto. Per ulte riori profili, v. Trib. Milano 14 dicembre 1995, id., Rep. 1997, voce

cit., n. 61. IV. - Gli ovetti Kinder per cui è causa erano stati brevettati come in

venzione industriale, privativa poi scaduta. Dottrina e giurisprudenza si sono però interessate soprattutto alle

possibili interferenze tra marchi e modelli di utilità ed ornamentali, di

cui al r.d. 25 agosto 1940 n. 1411 (legge modelli). Questa, all'art. 5. collocava nell'ambito dei modelli le forme idonee

a «dare a determinati prodotti industriali uno speciale ornamento, sia

per la forma, sia per una particolare combinazione di linee, di colori o di altri ornamenti».

Dottrina e giurisprudenza maggioritarie hanno costantemente affer mato che il sistema brevettuale — cui disegni e modelli fanno pur sem

pre capo — ha l'obiettivo di stimolare la ricerca, che invece sarebbe

depressa e ostacolata da una esclusiva potenzialmente perpetua (quale quella assicurata dalla normativa sui marchi) sui risultati della ricerca

stessa; di contro, corrisponde all'interesse pubblico la «caduta» in pub blico dominio delle forme una volta decorso il periodo di esclusiva: v.

ampiamente Bichi, La tutela delta forma del prodotto e le nuove pro spettive introdotte dalla direttiva comunitaria 98/71, in AA.VV., Segni e forme distintive, Milano, 2001, 239.

Da qui l'esigenza di escludere la possibilità — invece attivamente «ricercata» dagli operatori — che forme ornamentali possano artata mente superare il limite temporale della disciplina brevettuale.

Così, in estrema sintesi, l'orientamento maggioritario ha negato la

possibilità di interferenza della disciplina dei marchi con quella di di

segni e modelli, nel senso che la tutela offerta dall'una è alternativa ri

spetto a quella offerta dall'altra. Si tratta — in altri termini — di tutele incompatibili, quindi non cu

mulabili. A tale risultato si è pervenuti — quanto alle norme applicabili — at

traverso una lettura della nozione di forma che dà un valore sostanziale al prodotto, di cui all'art. 18, lett. c), 1. marchi non ispirata alla disci

plina delle invenzioni e tanto meno a quella del diritto d'autore.

Piuttosto, alla forma sostanziale si è dato un significato equivalente a

quella di forma atta «a dare a determinati prodotti industriali uno spe ciale ornamento», di cui all'art. 5 1. modelli: v., sostanzialmente in ter

mini, Cass. 17 gennaio 1995, n. 484, Foro it., 1995,1, 3520. Lo speciale ornamento sarebbe allora lo spartiacque tra le forme tu

telabili come marchio e le forme tutelabili come segno distintivo. Pertanto non sarebbe registrabile come marchio la forma suscettibile

di brevettazione come modello. E stato così possibile tracciare con una certa precisione il confine tra

marchi da un lato e disegni e modelli dall'altro. Infatti è pressoché impossibile che un valido modello ornamentale —

il quale conferisce ai prodotti lo speciale ornamento di cui all'art. 5 cit. — non realizzi anche la fattispecie impeditiva di cui all'art. 18, lett. c), cit. vale a dire quella del valore sostanziale.

L'assetto normativo prima illustrato è stato radicalmente innovato dal d.leg. 2 febbraio 2001 n. 95 (integrato dal d.leg. 12 aprile 2001 n.

164, quindi dal d.leg. 2 febbraio 2002 n. 26), di attuazione della diretti va Ce 98/71 del 13 ottobre 1998 relativa alla protezione giuridica dei

disegni e dei modelli, che ha costruito l'istituto del disegno o modello

registrato, così sostituendo il brevetto per modello o disegno ornamen tale (è stata anche eliminata, dalla stessa definizione di disegni e mo delli, l'aggettivazione «ornamentali», che peraltro «sopravvive», per evidente errore di coordinamento, nella rubrica del titolo III della legge modelli; di contro è rimasta invariata la disciplina dei modelli di utili

tà). In particolare la legge modelli sembra prendere ormai in considera

zione la forma, quantomeno di riflesso, anche a tutela della sua funzio ne distintiva, della capacità identificativa dell'imprenditore, lasciando ne quanto meno in secondo piano il pregio estetico.

Pertanto il sistema come ora rinnovato si è allontanato dal tradizio nale modello brevettuale; ciò d'altronde è in linea con la più generale tendenza volta ad accreditare una visione unitaria dei diritti di proprietà intellettuale ed industriale, avvicinando indubbiamente la disciplina dei marchi di forma a quella dei disegni e modelli.

Il «punto di svolta» nel nuovo assetto dei rapporti tra disegni e mo delli e marchi di forma sta nell'abrogazione del requisito, per la regi strazione, dello «speciale ornamento».

This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural & Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

480 (da ora 1. marchi), con inibitoria di detto uso e d'accertare

la concorrenza sleale con condanna della convenuta al risarci

mento dei danni; in via riconvenzionale, la Sire aveva doman

dato la dichiarazione di nullità dei marchi della Also, da con

dannare al risarcimento dei danni.

Respinte le richieste interinali della Also di inibitoria ex art.

63 1. marchi e all'esito del deposito delle relazioni dei c.t.u. no

minati per un'indagine demoscopica sulla conoscenza del mar

II legislatore italiano ha qui trasposto pressoché alla lettera quanto enunciato dalla direttiva (art. 3-5).

Il nuovo art. 5 1. modelli prevede ora che «possono costituire oggetto di registrazione i disegni e modelli che siano nuovi ed abbiano carattere individuale».

La definizione di novità e di carattere individuale è offerta dai suc cessivi art. 5 bis e 5 ter (in termini è stato novellato anche l'art. 2593

c.c.). Non sono quindi registrabili, né proteggibili, i disegni o modelli che,

pur differenziandosi rispetto a quelli già noti, suscitano comunque nel

l'utilizzatore informato, per le somiglianze con questi, una sensazione di déjà vu.

Il nuovo requisito del carattere individuale dei modelli e disegni —

da valutarsi in termini relativi e mai assoluti — si discosta dal «vec

chio» speciale ornamento in quanto si tratta di una qualificazione che

non contiene alcun riferimento al valore estetico della forma; la nuova

nozione è stata ricostruita in termini di valore di mercato della forma

stessa (il che pure l'avvicina alla disciplina dei segni distintivi). Tuttavia la novella non ha inteso tanto riconoscere la tutela come di

segno o modello all'aspetto di un prodotto pur totalmente privo di qual siasi valore estetico, come pure si è affermato.

In realtà il legislatore ha voluto solo adottare un criterio oggettivo (ma lo è veramente?), per la tutela del valore commerciale della forma, o meglio del prodotto avente una certa forma, che si manifesta proprio nel carattere individuale.

Cfr., ampiamente, sulla novella del 2001, CaSaburi, La nuova disci

plina dei disegni e modelli e la disciplina dei marchi: interferenze e pa rallelismi, in Dir. ind., 2003, 100.

Si è così posta la questione del cumulo delle tutele, vale a dire del

l'applicazione sia del regime giuridico dei marchi che di quello dei

modelli alle forme tridimensionali, o almeno a parte di esse, ciò nella

perdurante vigenza dell'art. 18 1. marchi cit.

In tal senso (peraltro già nella vigenza della normativa ora abrogata), v. Sena (difensore della ricorrente nella vicenda decisa dalla sentenza

in epigrafe), La diversa funzione e i diversi modelli di tutela della for ma del prodotto, in Riv. dir. ind., 2001, I, 577: «Rimane certamente il

divieto di registrare come marchio la forma che dà un 'valore sostan

ziale' al prodotto, ma tale limite non può più essere individuato nella

brevettabilità della forma come modello ornamentale, non può cioè es

sere desunto dalla equazione 'speciale ornamento' = 'valore sostanzia

le' della forma. Lo spazio di sovrapposizione delle fattispecie disegni e

modelli, da un lato, e marchio di forma, dall'altro, ed il concorso delle

due diverse normative, mi pare dunque certo e, riterrei, piuttosto este

so». Resta però da individuare un preciso fondamento normativo per il

cumulo, non espressamente previsto dalla novella (a differenza che con

riferimento al diritto d'autore). Un primo riscontro è stato individuato nel settinfo 'considerando'

della direttiva: «La presente direttiva non esclude l'applicazione ai disegni e ai mo

delli delle norme di diritto interno o comunitario che sanciscono una

protezione diversa da quella attribuita dalla registrazione o dalla pub blicazione come disegno o modello, quali le disposizioni concernenti i

diritti sui disegni ed i modelli non registrati, i marchi, i brevetti per in

venzioni e i modelli di utilità, la concorrenza sleale e la responsabilità civile».

Vi è poi l'art. 16 della direttiva stessa, che però si limita ad afferma

re che sono «impregiudicate le disposizioni comunitarie o nazionali ap

plicabili ai disegni o modelli non registrati, ai marchi di impresa o ad

altri segni distintivi, ai brevetti per invenzione, ai modelli di utilità, ai

caratteri tipografici, alla responsabilità civile e alla concorrenza sleale».

A favore del cumulo si richiama, sotto il profilo sistematico, la stessa

nozione di carattere individuale: si è già più volte osservato che questa sembra evocare la nozione di capacità distintiva richiesta per la prote zione dei marchi di forma e contro l'imitazione servile; i sostenitori del

cumulo, in sostanza, giungono ad affermare che tra le due nozioni vi è

coincidenza. Da ciò — in radicale contrasto con la tradizione italiana — discende

rebbe la possibilità di cumulare la tutela del marchio con quella del

modello; in tal senso deporrebbe il già rilevato basso livello richiesto — almeno secondo parte degli interpreti — per la protezione del de

sign, che finisce appunto per coincidere con la capacità distintiva ri

chiesta per la protezione dei segni. Per il cumulo delle tutele, v. anche l'ancora recente risoluzione

Il Foro Italiano — 2005.

chio e sulla redditività dei prodotti, il Tribunale di Milano rite

neva il marchio Enervit, come accertato dal c.t.u., noto a grandi

percentuali di consumatori e ne deduceva il carattere rafforzato, se in origine debole o convalidato ex art. 47 bis 1. marchi, il che

comportava il rigetto della domanda di nullità di esso proposta dalla Sire.

Poiché peraltro la distintività del marchio deriva da entrambe

le parole che lo compongono, Ener e Vit più freccia, secondo il

adottata dall'Aippi, prestigiosa associazione internazionale per la pro tezione della proprietà intellettuale:

«Il est possible de réunir sur une mème forme tri-dimensionnelle les

protections du droit des marques et du droit des modèles, pourvu que les conditions de chaque type de protection soient réunies. Il n'y a pas de règie particulière excluant de la protection comme marque une for

me tri-dimensionnelle protégée actuellement ou antérieurement comme

modèle ou selon une autre modalité de la propriété intellectuelle» (v. Aippi, Marques tridimensionnelles: la frontière entre marques et mo

dèles, Résolution 14 avril 2000, reperibile in <www.aippi.org>). Contro il cumulo di tutele, per ragioni sistematiche, anche a salva

guardia dell'autonomia concettuale e normativa dei marchi di forma ri

spetto ai disegni e modelli, nonché a tutela della libertà di concorrenza, v. Casaburi, op. cit.

Non consta che la giurisprudenza si sia ancora pronunciata sulla que stione.

V. - La Cassazione esclude che, una volta decaduto il brevetto di in

venzione, la forma-colore degli ovetti Kinder sia tutelabile sotto il

profilo della concorrenza sleale per imitazione servile (massima 4). Ciò anche perché — nella specie — non era stato dimostrato che lo

stesso risultato sarebbe stato raggiungibile con varianti innocue o indi

pendenti all'interno dello stesso procedimento: di contro, qualsiasi va

riante avrebbe pregiudicato le caratteristiche funzionali del prodotto ovetto.

La Suprema corte — quanto alla teoria delle varianti innocue — ha

aderito ad un orientamento diffuso nella giurisprudenza; v. Cass. 9

marzo 1998, n. 2578 (caso Lego), Foro it., 1998,1, 2475: «Il divieto di

imitazione servile impone, a chi intende riprodurre la forma funzionale

del prodotto di un concorrente, di sperimentare varianti innocue idonee

ad evitare il rischio di confusione nel mercato».

Per la giurisprudenza di merito, e con riferimento alla tutela di forme

di prodotti oggetto di brevetti scaduti, v. Trib. Milano 11 ottobre 2001,

id., Rep. 2002, voce Concorrenza (disciplina), n. 265: «l'oggetto del

brevetto, una volta caduto in pubblico dominio, deve ritenersi libera

mente riproducibile in tutte le sue utilità, mentre restano suscettibili di

tutela, per il divieto di imitazione servile, soltanto gli aspetti formali

dotati di capacità distintiva e, al contempo, superflui, tecnicamente in

significanti, arbitrari o capricciosi, secondo l'efficace terminologia uti

lizzata da giurisprudenza risalente ma ancora pienamente condivisibi

le». In applicazione di questo principio il tribunale ha escluso che siano

individualizzanti e distintivi, arbitrari, capricciosi e tecnicamente insi

gnificanti gli elementi capaci di consentire l'accoppiamento non solo

tra di loro ma anche tra elementi appartenenti a moduli diversi dei c.d.

mattoncini Lego. In termini, v. Trib. Torino 30 luglio 2001, id., Rep. 2003, voce cit., n.

257; Trib. Napoli 27 febbraio 2001, ibid., n. 260.

Di rilievo anche Trib. Bologna 16 luglio 1999, id., Rep. 2002, voce

cit.. n. 270: «ove non esista o sia cessata la privativa derivante dal bre

vetto, l'imitazione servile delle forme esteriori può essere esclusa solo

quando esse non tollerino aggiunte o varianti, nel senso che queste im

plicherebbero una riduzione del valore del prodotto e della sua possibi lità di utilizzazione».,App. Milano 28 luglio 1998, id., Rep. 2001, voce

cit., n. 304, segnala che la mancata brevettazione o la cessazione di ef

ficacia nel tempo del brevetto non fa venir meno il divieto dell'imita

zione servile delle caratteristiche esteriori non generalizzate, le quali,

proprio perché distintive, servono ad individuare ed a differenziare un

determinato prodotto davanti alla clientela cui è destinato.

Cfr. infine — in senso parzialmente diverso dalla pronuncia in rasse

gna — Cass. 29 maggio 1999, n. 5243, id., 2000.1, 3298: «la nullità del

brevetto per modello ornamentale, se esclude la sussistenza dell'illecito

brevettuale, non comporta anche l'esclusione dell'illecito concorren

ziale per imitazione servile della forma del prodotto dell'impresa con

corrente, tenuto conto della diversità dei fatti costitutivi dei due illeciti

ed in particolare del rilievo che la fattispecie costitutiva dell'imitazione

servile è la confondibilità, ovvero l'equivoco sull'origine del prodotto che si immette sul mercato attraverso l'imitazione degli elementi for

mali di altro prodotto dotati di efficacia distintiva, qual che ne sia l'e

ventuale rilevanza brevettuale».

In dottrina, la teoria delle «varianti innocue», e della tutela prima come brevetto, poi ai sensi dell'art. 2598 c.c., è fortemente contestata

da Ghidini, Profili evolutivi del diritto industriale, Milano, 2001, 12, il

quale richiama al riguardo il principio di numerus clausus, ossia di tas

satività dei diritti esclusivi, in quanto attributivi di poteri restrittivi

della concorrenza. Occorre evitare «le ricorrenti deviazioni interpretati

This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural & Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv.

PARTE PRIMA

tribunale, non era monopolizzabile il prefisso Ener e doveva

quindi negarsi la contraffazione del marchio dedotta dalla Also,

pure per il profilo della concorrenza sleale, stanti la diversità di

confezioni dei prodotti e i distinti canali di immissione di essi sui mercati.

Entrambe le parti proponevano appello contro la sentenza del

tribunale, insistendo nelle proprie domande e la Corte d'appello di Milano, con sentenza 18 maggio 2001, in parziale accogli mento dell'appello principale della Also, ha dichiarato il mar

chio Enerbest contraffazione di quello Enervit e ne ha violato

l'utilizzazione, ordinandone l'eliminazione da confezioni, in

volucri e materiale pubblicitario entro sei mesi dalla pubblica zione della decisione con penale per il caso di inottemperanza dell'ordine.

La Sire è stata anche condannata al risarcimento del danno,

equitativamente liquidato in lire 1.000.000.000, con interessi le

gali dalla sentenza, e alla pubblicazione della decisione su due

quotidiani a cura dell'appellata condannata alle spese del dop

pio grado. La corte, come il tribunale, ha rilevato l'altissima notorietà

tra i consumatori del marchio Enervit identificativo di integrato ri alimentari venduti con detto segno distintivo, come tali noti a

strati significativi di popolazione. Con l'appello la Also aveva sostenuto che il tribunale, pur

avendo riconosciuto l'acquisizione della notevole distintività

del marchio Enervit, lo aveva però assimilato a un marchio «de

bole», usando per la valutazione della contraffazione del segno, criteri assai restrittivi, applicabili a marchi complessi distingui bili in vari elementi, mentre nel caso l'efficacia distintiva è at

tribuibile al solo marchio unitariamente considerato, essendo

«di serie» tutti i màrchi con il prefisso Ener.

Secondo la Also il marchio era divenuto rinomato e anzi ce

lebre e la contraffazione con l'uso d'una identica radice e l'ag

giunta di un suffisso, palesemente costruito con la stessa logica di cui ai marchi dell'appellante, creava rischio di confusione e/o

associazione tra i prodotti di identica natura in vendita, come

peraltro poteva dimostrarsi con la prova per testi allo scopo

espressamente articolata; comunque v'era concorrenza sleale, confusoria per tipo di confezione, colore, canali di distribuzione

e per appropriazione di pregi, di cui chiaramente la Sire s'era

avvantaggiata.

L'appellata Sire, in via incidentale, insisteva per la nullità del

marchio Enervit, generico e privo di forza distintiva, non poten do questa logicamente derivare dalla combinazione di due pa role prive di tale forza, con conseguente irrilevanza di ogni pe netrazione commerciale del marchio da dichiarare nullo; era poi censurata la qualifica dei marchi della Also come «forti», ne

gandosi ancora l'illecito concorrenziale.

Secondo la corte territoriale dall'istruttoria era risultata certa

la notevole penetrazione commerciale del marchio Enervit più freccia e la grande forza distintiva di esso, connessa alla noto

rietà, che ormai lo aveva reso «forte» se non «celebre» e di tale

situazione doveva tenersi conto ex art. 47 bis 1. marchi novellato

dal d.leg. 480/92, così come del rafforzamento del marchio che

vi poteva essere stato anche ai sensi dell'art. 51 del regolamento Cee n. 3288 del 22 dicembre 1994.

Riconosciuta la rilevanza della situazione esistente all'atto

della decisione e l'importanza dell'uso del segno e dell'evolver

si della sua significatività nel tempo che aveva reso il marchio

Enervit forte, doveva riconoscersi una tutela del nucleo ideolo

gico di esso non solo rispetto alla sua integrale riproduzione o

imitazione prossima, ma anche in rapporto a chiari riferimenti a

parti rilevanti o significative di esso.

A tal fine rilevava pure il carattere seriale dei più marchi

della Also contraddistinti dal prefisso Ener, la cui forza distinti

va derivava dall'elevata significatività acquisita dal neologismo

ve in tema di concorrenza sleale che finiscono per attribuire alla disci

plina una funzione criptobrevettuale affatto impropria: come quella che vorrebbe estendere il divieto di imitazione servile anche oltre il limite della difesa contro il rischio di confusione, o come quell'altra che . . . vorrebbe imporre ai possibili imitatori di un modello ornamentale sca duto l'onere di apportare, essi, alla forma del loro prodotto finito parti colari differenziazioni rispetto alla forma oggetto dell'esclusiva bre vettuale scaduta (esclusiva che così, nella sostanza, verrebbe surretti ziamente prorogata ad infinitum)». [G. Casaburi]

Il Foro Italiano — 2005.

Enervit: il prefisso Ener è infatti per la corte di merito il nucleo

ideologico del marchio da tutelare, perché su esso si sofferma

l'attenzione del consumatore, in quanto all'inizio del segno di

stintivo del prodotto. Non osta alla constatazione della corte la deduzione della di

fesa Sire, per la quale il prefisso, per la sua natura meramente

descrittiva nel linguaggio comune non si poteva monopolizzare dalla Also, perché l'uso esclusivo conseguiva proprio dalla di

sciplina della legge marchi, per la quale aveva rilievo la descrit

tività della parola per la validità del marchio non contestabile

per la certa distintività del neologismo Enervit.

Pertanto il marchio Enerbest, usato per prodotti identici e non

solo della stessa classe merceologica, violava la sfera di prote zione riconosciuta al marchio Enervit, contenendo il medesimo

prefisso di questo con l'aggiunta del suffisso Best che, sul piano fonetico comporta assonanza per la lettera finale dei due mono

sillabi conclusivi (in ambedue le parole è la T), con rischio di confondibilità tra segni e induzione del pubblico in possibili er rori in ordine alla riferibilità del prodotto alla medesima azienda

o sull'esistenza di vincoli contrattuali o associativi di esso al

marchio Enervit della Also.

La sentenza di appello ha peraltro negato esservi stata concor

renza sleale, per la comparazione delle confezioni dei prodotti delle parti in causa e in base ai parametri dell'art. 2598, nn. 1 e

2, c.c.

Il risarcimento dei danni per la dichiarata contraffazione del

marchio era liquidato equitativamente in lire 1.000.000.000, ol

tre agli interessi dalla sentenza, negandosi che esso coincidesse

interamente con l'eventuale riduzione di vendite della Also o

con tutti i guadagni della Sire, e dandosi rilievo alla percentuale di guadagno sui prodotti; esclusa la condotta fraudolenta del

l'appellata, era pure rigettata la domanda di danni morali o non

patrimoniali. Per la cassazione di questa sentenza, propone ricorso la Sire

con tre motivi e la Also resiste con controricorso; entrambe le

parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — (Omissis). 2.1. - Il primo motivo di

ricorso denuncia l'omessa pronuncia e la mancata motivazione

su punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, n.

5, c.p.c. e la violazione e falsa applicazione dell'art. 47, in rela

zione agli art. 1,1° comma, lett. £>), 17, 1° comma, lett. d) ed e), 1. marchi, in relazione all'art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.

La ricorrente aveva proposto due diverse e concorrenti ragio ni di diritto a sostegno dalla domanda di nullità del marchio

Enervit più freccia, per le parti da cui è composto da individuare

nei distinti prefissi Ener e Vit, negandone la tutelabilità dalla 1.

marchi, sia perché la loro non specificità comporta che l'insie

me di due fenomeni senza forza distintiva non può conferire

l'indicata forza al neologismo unico costituito da essi sia perché detti prefissi risultavano già registrati.

Il tribunale aveva solo ritenuto generico il prefisso Ener, escludendo che fosse perciò monopolizzabile dalla Also, senza

pronunciarsi sull'altra causa petendi dell'azione, ritenuta assor

bita: solo sulla forza distintiva del marchio Enervit s'è poi fer

mata la Corte d'appello di Milano, per affermarla e negare la

chiesta nullità del segno distintivo, senza rispondere al gravame della Sire, che aveva riproposto anche in appello la seconda

causa petendi della sua domanda, connessa alla registrazione delle parole indicate.

La corte territoriale ha riformato la sentenza di primo grado a

causa della forza distintiva del marchio Enervit, ritenendo irri

levante indagini sul fatto che il marchio distintivo era all'origi ne nullo «in quanto meramente descrittivo ovvero tutelabile ma

debole, ovvero, ancora, forte fin dall'inizio (in quanto l'unione

di due particelle creerebbe un neologismo costituente di per sé

denominazione di fantasia)». I giudici del merito non hanno esaminato il tema concorrente

di cui alla domanda e all'appello incidentale della Sire, della

nullità del marchio Enervit per essere antecedenti alla registra zione di questo, quella di ciascuno dei suoi componenti Ener e

Vit, e numerose altre registrazioni di segni simili in uso per

prodotti in commercio, come documentato dalla copia prodotta dell' Informatore farmaceutico.

Trattasi di nullità, dedotta da una parte e rilevabile di ufficio, e l'omessa pronuncia sulla questione è rilevante, in quanto la

precedente registrazione è causa autonoma di nullità del mar

chio della Also, da dichiarare per la presenza di due concause di

This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 6: sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural & Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

essa o almeno per rilevare la debolezza di esso accertata dal tri

bunale per la non distintività dei due suoi componenti. In applicazione degli art. 47 bis, 18, 1° comma, lett. b), e 17,

1° comma, lett. a), 1. marchi la Cassazione deve cassare il prin

cipio sotteso alla sentenza di merito che sarebbe quello errato

dell'irrilevanza dell'anticipata registrazione di segni distintivi

identici a un marchio originariamente debole o nullo, perché

generico e meramente descrittivo, convalidato dall'acquisizione della natura distintiva per la notorietà, riconoscendosi altrimenti

a chi è titolare di detto tipo di marchio il potere di ottenere l'e

liminazione di identici segni, preventivamente registrati, perché rimasti deboli e nulli.

Secondo la controricorrente, il motivo d'impugnazione è

inammissibile perché privo di autosufficienza, non precisando i

segni distintivi confliggenti con il marchio Enervit, i documenti

da cui risulterebbe la loro anteriore registrazione rispetto all'uso

di questo e il fatto che si tratti di marchi vitali non decaduti per non uso.

Comunque l'esame del motivo di ricorso comporterebbe l'esame di documenti precluso in sede di legittimità e in effetti,

per la registrazione del marchio Enervit dal 1979, il motivo di

appello sul punto della Sire è da ritenersi rigettato dalla corte

milanese.

2.2. - Il motivo di ricorso è infondato, perché la sentenza im

pugnata rigetta la domanda di nullità proposta dalla Sire per il

carattere forte del marchio Enervit a seguito dell'uso che ne è

stato fatto come già accaduto in primo grado, in applicazione

degli art. 89, 2° comma, d.leg. 4 dicembre 1992 n. 480, 47 bis 1.

marchi e 51, 2° comma, del regolamento Ce 40/94 del 20 di

cembre 1993.

Il rigetto della domanda di nullità copre ogni causa di invali

dità del marchio, sia essa connessa alla sua genericità o non si

gnificatività ovvero dipenda dalla registrazione precedente d'altro marchio «simile o identico» (e non di una delle parole che lo compongono in altro marchio: Cass. 11 ottobre 2002, n.

14483, Foro it., Rep. 2003, voce Marchio, nn. 81, 160). La

corte milanese ha ritenuto che Enervit più freccia fosse

marchio rinomato, la cui forza identificativa è sorta dalla noto

rietà e penetrazione nel mercato, che lo qualifica, al momento

della decisione come «forte, se non celebre», per l'acquisita di

stintività nel tempo, sulla base del suo uso protratto che gli ha

dato notorietà come tipico integratore alimentare, come tale in

genere riconosciuto dai consumatori, in base al c.d. secondary

meaning (Cass. 9 novembre 2000, n. 14560, id., Rep. 2000, vo

ce cit., n. 200, e 26 gennaio 1999, n. 697, id., Rep. 1999, voce

cit., n. 55). Trattandosi di marchio «forte», che gode di rinomanza su

tutto il territorio nazionale, come tale identificato dalla sentenza

di merito con motivazione logicamente corretta e scevra di vizi

giuridici, la tutela di esso comporta l'illegittimità di qualsiasi variazione e modificazione dell'uso di quella parte dello stesso

che costituisce il c.d. cuore, ossia il nucleo ideologico che ne

esprime l'idea fondamentale, identificato dalla corte di merito

nel prefisso Ener (sulla tutela dei marchi forti, in relazione alla

confondibilità della loro parte precipua, cfr. Cass. 27 febbraio

2004, n. 3984, id., 2004, I, 2117; 19 aprile 2000, n. 5091, id.,

2001, I. 1340; 25 settembre 1998, n. 9617, id., Rep. 1998, voce

cit., n. 63). La rinomanza e celebrità che hanno conferito forza distintiva

al marchio Enervit più freccia, costituito da due fonemi quali Ener e Vit e la cui idea fondante si è nel merito identificata nella

parola Ener, che ha in fatto reso di serie i vari segni distintivi di

molteplici integratori dietetici prodotti dalla Also con il mede

simo prefisso, esclude la nullità richiesta, anche a non rilevare i

problemi che si pongono per la «novità» della dedotta registra

zione, nel caso questa fosse stata anteriore a quella incontesta

tamente del 1979 del marchio Enervit (cfr. anche art. 8, lett. c,

del regolamento Ce 40/94 e 17 1. marchi).

Non esistono marchi identici registrati anteriormente e pure

se parti del marchio forte Enervit fossero state già oggetto di re

gistrazione, è incontestato l'uso ultraquinquennale e la registra zione di quest'ultimo segno distintivo dal 1979, con conse

guente decadenza dal diritto di farne dichiarare la nullità ex art.

48 1. marchi sia nella formulazione antecedente che in quella successiva alla novella del 1992, per cui il rigetto della doman

da della Sire copre ogni causa petendi della stessa, compresa

quella della registrazione.

Il Foro Italiano — 2005.

Il riconoscimento del carattere forte del marchio costituito

dall'unica parola Enervit e del rilievo precipuo in esso del fo

nema Ener impone di ritenere inidonea ogni registrazione, pure

anteriore, di questa parola da sola o con altre espressioni, perché esso assume significato specifico e senso distintivo commer

ciale solo nel neologismo creato con l'unione al fonema Vit più

freccia, per la notorietà degli integratori alimentari venduti con

detta denominazione.

La dedotta registrazione dei fonemi Ener e Vit da soli alla lu

ce dell'art. 7 del regolamento Ce 40/94, che disciplina i marchi

comunitari, è incompatibile con la pretesa genericità di tali sin

gole componenti del marchio tutelato, costituendo impedimento assoluto a detta registrazione, per l'art. 38 di detto regolamento, la mancanza di distintività di segni divenuti di uso comune nel

linguaggio; nessun rilievo ha poi l'eventuale registrazione di

marchi in cui i richiamati fonemi siano uniti ad altre parole se

essi, per l'identità del prodotto che identificano con quello ven

duto come Enervit divenuto celebre, comportano rischi di con

fondibilità delle merci tra i consumatori.

La motivazione della sentenza impugnata nel qualificare mo

tivatamente come complesso, seriale e difensivo il marchio

Enervit più freccia, con cuore o nucleo ideologico di maggior rilievo costituito dal fonema Ener e il suffisso minore Vit con

fondibile con quello Best di cui al marchio della Sire, riconosce

forza identificativa, per la notorietà raggiunta, al marchio di cui

la Also ha chiesto la tutela, esplicitamente rigettando la doman

da di nullità per la dedotta genericità del marchio e implicita mente negando rilievo alla registrazione che si assume avvenuta

di parti separate di tale marchio, la cui forza identificativa ed

evocativa, soprattutto nel prefisso Ener, rende irrilevanti le de

duzioni sulla registrazione di tale parola, da non considerare

autonoma in base alla decisione impugnata, per la quale essa

costituisce componente e cuore del citato marchio di fantasia

ormai rinomato. (Omissis)

II

Svolgimento del processo. — Nel marzo 1998 la Zaini s.p.a.

conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, la Ferrerò

s.p.a., produttrice dell'ovetto «Kinder sorpresa», per ottenere —

con conseguente risarcimento del danno — l'affermazione del

proprio diritto a liberamente commerciare l'ovetto bicolore de

nominato «Supermario» nonostante le diffide inviatele dalla

Ferrerò, dal momento che era ormai scaduto il brevetto d'inven

zione della Ferrerò; era nullo, ai sensi dell'art. 18, lett. c), r.d.

929/42 e comunque privo di capacità distintiva, il marchio di

forma con cui la Ferrerò intendeva perpetuare la propria privati va e non sussisteva possibilità alcuna di confusione tra i propri involucri e quelli protetti dai marchi figurativi della Ferrerò.

A sua volta la Ferrerò s.p.a., nel respingere le eccezioni av

versarie, chiedeva la condanna della Zaini per contraffazione

dei propri marchi e per concorrenza parassitaria ed imitazione

servile, con risarcimento dei danni.

Avverso la sentenza del tribunale, che aveva escluso la con

traffazione e la concorrenza sleale, accolta l'eccezione di nullità

del marchio di forma e — pur escludendo, per carenza di prova

dei danni, la domanda di risarcimento avanzata dalla Zaini —

disposta la pubblicazione del dispositivo della sentenza, propo neva appello principale la Ferrerò s.p.a. ed incidentale —

per ottenere il risarcimento dei danni — la Zaini s.p.a.

Con sentenza 13-22 giugno 2001 (Foro it., Rep. 2002, voce

Marchio, n. 52) la Corte d'appello di Milano confermava la de

cisione di primo grado, rigettando sia l'appello principale che

l'appello incidentale, quest'ultimo per mancanza della prova,

pur generica, che la Zaini s.p.a. avesse subito un danno; veniva

esclusa, in conseguenza, la pubblicazione disposta dal primo

giudice, già sospesa in accoglimento di inibitoria. Il fatto viene

così descritto:

«L'invenzione brevettata nel 1973 e poi ovviamente scaduta

si riferiva testualmente alla fabbricazione di articoli cavi di

cioccolato (tipicamente, uova pasquali) 'mediante preformatura di due gusci di cioccolato e successiva unione degli stessi'.

Nella descritta tecnica anteriore, i bordi di questi due gusci pre formati venivano riscaldati e quindi uniti in modo da farli salda

re con il raffreddamento: sennonché, l'inconveniente era 'nel

fatto che il rammollimento termico dei bordi stemperava il cioc

This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 7: sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural & Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv.

PARTE PRIMA

colato per cui la zona di saldatura ed anche l'interno dei gusci subivano col tempo un'alterazione del colore, dando così l'im

pressione di un cioccolato avariato'. Per evitare ciò, l'invenzio

ne insegnava a 'rivestire i due gusci internamente con uno strato

fuso di materiale commestibile, normalmente solido ... ed a

saldare reciprocamente (solo) i due strati di (interno) rivesti

mento, mentre almeno uno di essi si trova ancora in condizioni

di fluidità sufficienti per saldarsi all'altro'. La descrizione bre

vettuale proseguiva poi con l'indicazione di alcune preferite modalità procedimentali (in tema di stampi, 'colaggi' tempera

ture), per precisare, ancora: 'il materiale di rivestimento può es

sere costituito anch'esso di cioccolato, ad esempio identico a

quello dei due gusci. Si può però impiegare (anche per ragioni

dietetiche) un materiale più povero in cacao e più ricco in latte,

ad esempio composto essenzialmente di latte intero in polvere, di burro di cacao e di zucchero, ed esente da pasta di cacao;

questo materiale presenta il colore del latte anziché il tipico co

lore del cioccolato ...'. Di qui, sette rivendicazioni: la prima ri

guardante il descritto procedimento, nel quale il rivestimento

interno dei gusci è genericamente costituito da 'uno strato fuso

di materiale commestibile'; le successive concernenti varianti

procedimentali senza specificazioni di materiali; la quarta avente ad oggetto 'il procedimento secondo 1, 2 o 3, in cui anche

i detti strati interni sono di cioccolato'; la quinta relativa ai me

desimi procedimenti, 'in cui il materiale degli strati interni es

senzialmente composto di latte intero in polvere, burro di cacao

e zucchero, ed è esente da pasta di cacao, per cui tale strato pre senta il colore del latte'; la sesta ripetitiva delle precedenti; la

settima concernente, infine, un 'articolo cavo di cioccolato, par ticolarmente uovo pasquale, ottenuto con il procedimento se

condo una qualsiasi delle rivendicazioni 1-6'.

Fin dal 1977 la Ferrerò ha registrato poi un marchio figurati vo (non di forma) per il suo ovetto 'Kinder sorpresa', adoperan dolo, in varia guisa ed anche solo in parte, sull'incarto di sta

gnola, sulla confezione 'multipla' esterna e nella pubblicità del

prodotto. Questo marchio si presenta con un 'fondo bianco con

margine inferiore rosso, definito da una linea ondulata irregola re', contiene i disegni di un ovetto bicolore bianco-marrone (nel senso ridetto di 'interno-esterno') e di un bimbo biondo che

regge un modellino-giocattolo contenuto in un barilotto traspa rente, e reca le parole, scritte con diversi caratteri e colori:

'Kinder sorpresa' e '+latte-cacao'. Altri marchi coevi presenta no varianti ai nostri fini non significative. Nel marzo 1981, poi, la Ferrerò ha depositato un ulteriore marchio figurativo nazio

nale, costituito semplicemente da un campo superiore bianco e

da un campo inferiore arancione definiti da una linea di ondula

zione irregolare; nel campo arancione alcune 'gocce di colore'

bianche. Infine, il marchio nazionale (di forma) domandato

dalla stessa Ferrerò nel 1996 'consiste in due semivalve di for

ma ovoidale combaciami caratterizzate ciascuna da due strati di

cui quello esterno di colore marrone e quello interno di colore

bianco', da utilizzarsi per 'uova in cioccolato con strato interno

al latte' : il disegno, o fotografia, allegato riproduce esattamente

questa descrizione, che è poi quella dell'ovetto Kinder 'nudo'.

Identico è il marchio di forma internazionale pressoché contem

poraneo. Le altre numerose registrazioni della Ferrerò, pure do

cumentate o richiamate in atti, non sono, invece, rilevanti per la

decisione».

In sintesi, la sentenza impugnata ha ritenuto invalido il mar

chio di forma/colore perché vietato dall'art. 18, lett. c), 1. mar

chi; ha escluso la contraffazione dei marchi figurativi, perché le

confezioni Zaini sono adeguatamente differenziate; ha negato l'imitazione servile perché la forma/colore, una volta scaduto il

brevetto d'invenzione ed in quanto funzionale al risultato tecni

co ed al valore sostanziale del prodotto, non consente variazioni

innocue mentre il confezionamento diverso esclude la confondi

bilità esteriore; non vi è infine imitazione sistematica, ovvero

concorrenza parassitaria, perché le caratteristiche che la Ferrerò

indica come copiate sono quelle standardizzate, ovverosia as

solutamente consuete e tipiche della categoria di prodotto in

questione. Irrilevante, altresì, il secondary meaning (ovverosia

l'acquisizione, sulla base dell'uso nel tempo, della capacità di

stintiva inizialmente carente: Cass. 14560/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 200) perché non supera l'iniziale inidoneità del

marchio alla registrazione. Contro la sentenza d'appello ha proposto, il 15 novembre

2001, ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la Ferre

II Foro Italiano — 2005.

ro s.p.a.; resiste, con controricorso notificato il 21 dicembre

2001 la Zaini s.p.a. Le parti hanno depositato memorie e la Zaini s.p.a. anche

note d'udienza, per contrastare la richiesta, avanzata in tesi dal

p.m., di dichiarare la nullità del giudizio. Motivi della decisione. — Costituisce principio consolidato

(Cass. 2169/87, id., Rep. 1988, voce cit., n. 144; 6180/84, id., Rep. 1986, voce cit., n. 99; 5762/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 83; 3714/80, ibid., voce Brevetti, nn. 24, 63) che la partecipa zione al giudizio del p.m., prevista come necessaria quando sia

proposta azione diretta o riconvenzionale di nullità del marchio

ai sensi dell'art. 59 r.d. 929/42 (ed ora dell'art. 55 1. 480/92), non è invece richiesta quando la nullità del marchio forma og

getto di un'eccezione, sia pure riconvenzionale, allo scopo di

paralizzare la pretesa avversaria e destinata ad un accertamento

incidenter tantum, senza efficacia di giudicato. Nel caso in esa

me, i giudici di merito hanno pronunciato solo in via incidenta

le, ravvisando nella dedotta nullità del marchio Ferrerò una sola

eccezione riconvenzionale della Zaini s.p.a.: lo evidenzia il di

spositivo della sentenza del tribunale, che, nel pronunciare sulla

domanda proposta da Zaini s.p.a., di non essere molestata nella

propria attività di produzione e diffusione dell'ovetto «Super mano», precisa di aver «accertata in via incidentale la nullità

del brevetto per marchio n. 695.253 rilasciato in data 13 dicem

bre 1993 in favore di Ferrerò s.p.a.». Sulla stessa eccezione si è

poi pronunciata anche la corte d'appello, ma sempre in via inci

dentale, come evidenzia la conferma, sul punto, della sentenza

di primo grado. L'eccezione di nullità del processo, per difetto di integrità del

contraddittorio, sollevata in via preliminare dal p.m., deve quin di essere respinta.

Col primo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli art. 16 e 18, lett. c), r.d. 929/42 perché, avendo la sentenza ac

certato che il segno distintivo in questione era costituito da una

specifica combinazione cromatica e non dalla forma del pro dotto, non poteva applicare alla combinazione cromatica i limiti

posti dall'art. 18, 1° comma, lett. c), r.d. 929/42 per i marchi di

forma, trattandosi di normativa eccezionale e perciò di stretta

applicazione. La censura è infondata, perché la funzione dell'art. 16 è

esemplificativa e non classificatoria (la norma elenca, cioè, i

possibili oggetti di registrazione, senza giustificare la distinzio

ne, che la ricorrente vorrebbe introdurre, tra forma e colore) e

perché il richiamato art. 18, 1° comma, lett. c), non introduce

un'eccezione alla registrabilità come marchio, ma disciplina il

coordinamento tra il diritto al marchio, temporalmente illimita

to, e la disciplina brevettuale, soggetta a precisi termini deca

denziali, nel senso che il modello suscettibile di tutela brevet

tuale non può fruire anche della tutela come marchio di forma, ove non si intenda vanificare la tutela brevettuale.

L'esclusione, quindi, dalla registrabilità come marchi, dei

«segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natu

ra stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore so

stanziale al prodotto» si traduce nella tutela del pubblico inte

resse ad impedire il perpetuarsi di una esclusiva e si risolve nel

l'affermazione — i cui indubbi limiti ai fini del discorso in esame non interessano — che tutte le forme brevettabili non so

no tutelabili come marchio.

E poi indifferente, sempre ai fini in esame, che i limiti alla

registrabilità come marchio della combinazione cromatica si

rinvengano nel coordinamento delle varie normative, o nel di

vieto posto dall'art. 18, 1° comma, lett. c), dal momento che i

risultati vengono a coincidere. Infatti, sono brevettabili le forme

utili che esprimono un nuovo concetto innovativo (art. 2 r.d.

1411/40) e le forme ornamentali che diano «uno speciale orna

mento, sia per la forma, sia per una particolare combinazione di

linee o di colori» (art. 5) e la tutela come modello verrebbe

quindi ugualmente ad escludere la tutela come marchio.

La distinzione che, secondo un'illustre dottrina, si deve intro

durre tra forma del prodotto e marchio di forma, con l'effetto di

rendere cumulabile la registrazione come marchio e la brevetta

zione come modello del segno distintivo che sia estrinseco alla

forma del prodotto, non è, nel caso in esame, invocabile, dal

momento che il giudice del merito ha accertato, in fatto, che la

composizione cromatica è così strutturalmente e necessaria

mente collegata al prodotto «ovetto» a doppio guscio, di latte e

This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 8: sezione I civile; sentenza 16 luglio 2004, n. 13178; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. De Augustinis (concl. conf.); Soc. Sirc Natural & Dietetic Foods (Avv. Fano) c. Soc. Also (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di cacao, da non consentire neppure l'introduzione di varianti

indipendenti, ovverosia innocue, senza snaturare, sul piano tec

nico e sul piano organolettico, il prodotto stesso.

Col secondo motivo, si censura, sotto il duplice profilo della

violazione di legge e del vizio di motivazione, l'interpretazione ed applicazione che dell'art. 18, 1° comma, lett. c), 1. marchi, ha

dato la sentenza d'appello. Dopo aver ricordato che, per affer

mazione della stessa sentenza impugnata, la realizzazione di

ovetti a doppio strato di cioccolato non comporta necessaria

mente l'utilizzazione della sequenza di colori marrone/bianco

propria degli ovetti «Kinder sorpresa», tanto che — secondo la

stessa sentenza — è perfettamente realizzabile la produzione di

ovetti che presentino valve od emisferi a combinazione cromati

ca alternata o che offrano apparenze variegate, la ricorrente ri

corda che, ai sensi dell'art. 18, 1° comma, lett. c), 1. marchi —

quand'anche ritenuto applicabile — la forma non tutelabile è

quella necessaria, mentre restano assoggettate alla regola gene rale tutte le forme che presentano, oltre agli aspetti necessitati, varianti indipendenti, come ha già statuito Cass. 484/95 (id.,

1995,1, 3520). In sostanza, la ricorrente nega che la combinazione cromatica

in questione (consistente, secondo la domanda di registrazione come marchio, in due semivalve di forma ovoidale combacianti

caratterizzate ciascuna da due strati di cui quello esterno di co

lore marrone e quello interno di colore bianco) costituisca forma

necessitata, ben potendosi il medesimo risultato conseguire at

traverso varianti equipollenti. La censura, espressa per dimostrare la tutelabilità come mar

chio della forma colore in questione, è inammissibile perché in

cide su una sola delle due ratio decidendi esposte dalla sentenza

impugnata per escludere la tutelabilità come marchio di forma

del trovato in questione. Infatti, dopo aver ritenuto che «la com

binazione cromatica per chi voglia, in un ovetto, legittimamente unire la crema di latte al cioccolato, appare ... necessaria per ottenere il risultato tecnico ... di un ovetto dall'esterno di cioc

colato che, grazie alla saldatura di uno strato interno, non pre senti alterazioni esterne sgradevoli» ha aggiunto

-— in preciso richiamo alla forma che dà un valore sostanziale al prodotto, ovverosia alla terza delle tre ipotesi autonome indicate dall'art.

18, 1° comma, lett. c), 1. marchi — che la forma colore incide,

in maniera determinante, sul contenuto nutritivo dietetico del

prodotto e ne determina l'apprezzamento e la scelta da parte del

consumatore medio, e tale rilievo, che la ricorrente non censura,

è comunque sufficiente all'esclusione della tutela (come mar

chio) invocata ed alla conferma dell'eccepita nullità del marchio

695.253 concesso alla Ferrerò s.p.a. in data 13 dicembre 1996.

Col terzo motivo, si censura la sentenza per violazione di leg

ge e vizio di motivazione in ordine al rigetto della domanda di

contraffazione dei marchi figurativi Ferrerò. La sentenza avreb

be confrontato le confezioni Ferrerò e Zaini e non i marchi Fer

rerò e le confezioni Zaini ricercando, inoltre, una confondibilità

non necessaria ai fini della tutela invocata, come già precisato dalla decisione 13592/99 della Cassazione (id., Rep. 2001, voce

Marchio, n. 147); avrebbe, inoltre, trascurato di esaminare e

confrontare il marchio figurativo italiano 326.851 e quello in

ternazionale 462.160, caratterizzati da due fasce di colore bian

co ed arancio separate da una linea ondulata, senza alcun ele

mento denominativo o figurativo, ed il marchio italiano

306.275, caratterizzato dalla figura di un personaggio. La censura è in parte infondata e in parte inammissibile; è in

fondato l'assunto che il confronto sia avvenuto tra confezioni:

la sentenza richiama i documenti di produzione Ferrerò, con

fronta a tali documenti — ovverosia ai marchi figurativi che

rappresentano — le confezioni degli ovetti Zaini ed esclude, con

giudizio di fatto non sindacabile in questa sede, che sussista

somiglianza e/o confondibilità, ovverosia che si sia verificato

quel pericolo di confusione a cui il legislatore collega la tutela

concorrenziale. È poi non pertinente il richiamo alla decisione

13592/99 della Cassazione (che a sua volta si richiama alla de

cisione 1080/86, id., 1986,1, 3064) perché si tratta di pronunce rese in casi di usurpazione del marchio (o della parte individua

lizzante dello stesso), ipotesi qui non avanzata.

È inammissibile, perché in violazione del principio di auto sufficienza del ricorso, l'affermazione che il giudice a quo avrebbe omesso l'esame di alcuno dei marchi figurativi prodotti dalla Ferrerò: poiché la sentenza fornisce una descrizione dei

marchi figurativi esaminati coincidente con quella che dei mar

II Foro Italiano — 2005.

chi pretermessi fornisce il ricorso, ma riferita alla numerazione

della produzione Ferrerò, sarebbe stato necessario indicare

quale numero assumevano, nella produzione numerata, i marchi

figurativi 306.275, 326.851, 462.160 e quali differenze, rispetto a quelli esaminati, ne rendeva necessaria la specifica considera

zione.

Col quarto motivo del ricorso si deduce violazione e falsa ap

plicazione, nonché vizio di motivazione in ordine al rigetto del

l'azione di concorrenza sleale fondata sui nn. 1 e 3 dell'art.

2598 c.c.

Poiché la confondibilità esteriore delle confezioni dei due

ovetti è stata esclusa dalla sentenza impugnata e tale giudizio in

fatto non viene validamente contrastato dalla ricorrente, che si

limita a riaffermare la propria soggettiva convinzione di con

fondibilità, la sussistenza di concorrenza sleale per imitazione

servile rimane affidata all'utilizzo della medesima combinazio

ne cromatica del prodotto «nudo». Combinazione che, secondo

quanto ha accertato il giudice d'appello, non è ispirata ad un

criterio di fantasia o di differenziazione del prodotto, ma costi

tuisce una forma, utile e conveniente, che esprime esclusiva

mente il valore, cioè le caratteristiche essenziali dell'ovetto, racchiudendone in sé tutta e solo la dimensione funzionale: in

sostanza, che è la forma necessaria del prodotto. Tale conclusione non è in contrasto con la possibilità di otte

nere ovetti esternamente bicolori od ovetti a doppio strato di

cioccolato (e quindi non di cioccolato esterno e latte interno)

perché si tratta, secondo il giudizio di fatto del giudice a quo, di

applicazioni di un diverso concetto innovativo, mentre è indi

mostrato che lo stesso risultato sia realizzabile con varianti che

si collochino all'interno dello stesso procedimento: con varianti,

appunto, innocue o indipendenti. In conseguenza, una volta decaduto il brevetto d'invenzione,

la forma colore risultava lecitamente e pedissequamente imita

bile, poiché qualsiasi variante avrebbe pregiudicato le caratteri

stiche funzionali del prodotto. Né contrasta con tale conclusione la possibilità astratta di al

tre forme tecniche — esame al quale si è arrestata, secondo

quanto ha accertato la corte milanese, la sentenza del Tribunale

di Colonia — perché la combinazione cromatica in questione

costituisce una forma resa necessaria sia da ragioni tecniche —

perché il procedimento di fabbricazione brevettato nel 1973

dalla Ferrerò s.p.a. comportava necessariamente tale risultato —

sia da ragioni dietetiche: ne risulta in conseguenza esclusa la

tutelabilità in via di imitazione servile, una volta decaduto il

brevetto d'invenzione e non praticabile il tentativo di conser

varne gli effetti, a tempo indefinito, come marchio di forma e

colore.

La concorrenza parassitaria — anche se manca un esplicito ri

ferimento al n. 3 dell'art. 2598 c.c. — è stata implicitamente esclusa dalla sentenza impugnata perché quanto viene indicato

come oggetto di imitazione (formato degli ovetti, presenza al

l'interno di una sorpresa, confezione multipla) rappresenta le

caratteristiche «assolutamente consuete e tipiche della categoria del prodotto»; è, in altri termini, standardizzato. Questo giudizio di fatto non è contrastato dalla ricorrente, che denuncia invece

come vizio di motivazione quella che, nei termini nei quali la

censura è esposta, sarebbe in realtà un'omissione di pronuncia sulla concorrenza parassitaria, a fronte del — secondo la ricor

rente, dimostrato e pacifico —

comportamento imitativo siste

matico e generalizzato della Zaini s.p.a. Censura del tutto gene

rica, che potrebbe essere esaminata solo se il giudizio di legitti mità costituisse un terzo grado di merito.

Il ricorso deve, perciò, essere rigettato.

This content downloaded from 141.101.201.139 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:20 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended