sezione I civile; sentenza 16 marzo 1994, n. 2510; Pres. Cantillo, Est. Luccioli, P.M. Amirante(concl. parz. diff.); Soc. Mima (Avv. Costa, Vanzetta) c. Fall. Botteri ed altri (Avv. Vitucci,Stella Richter, De Finis). Cassa App. Trento 28 aprile 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 2 (FEBBRAIO 1995), pp. 587/588-593/594Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188838 .
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PARTE PRIMA
Essi, dopo avere criticato l'affermazione della corte bologne se relativa alla possibilità che i richiedenti avevano di individua
re l'immobile in contestazione, sostengono che nel vigente siste
ma la buona fede è sempre presunta ed è esclusa solo dalla
colpa grave, che nella specie non ricorreva.
La ragione dell'esame unitario dei due motivi sta nel fatto
che entrambi si riferiscono allo stesso principio di diritto.
Questi due motivi non sono fondati.
9.2. - L'usucapione decennale della proprietà di un immobile,
regolata dall'art. 1159 c.c., tra i suoi requisiti necessari contiene
quello che l'acquisto a non domino sia avvenuto in buona fede.
In questo caso la fattispecie richiamata è quella dell'art. 1147
c.c., il quale pone a favore del possessore la presunzione della
sua buona fede.
Tuttavia, questa presunzione (la quale può essere vinta dalla
prova contraria basata anche su semplici presunzioni; Cass. n.
4374 del 1979, id., Rep. 1979, voce Possesso, n. 21) non toglie
che, allorquando il titolo dell'acquisto contenga elementi idonei
per consentire con la normale diligenza di escludere o comun
que dubitare della titolarità in capo all'alienante del diritto tra
sferito, il requisito della buona fede non sussiste ai fini del com
pimento dell'effetto acquisitivo. Nella giurisprudenza di questa corte da tale premessa è stata
ricavata la conclusione che la presunzione di buona fede nel
l'acquisto può essere superata in tutti i casi in cui l'acquirente sia stato posto in grado di accertare o comunque dubitare che
l'alienante non fosse proprietario del bene attraverso opportuna verifica catastale della corrispondenza fra il diritto trasferito e
quello ricevuto dal suo dante causa (Cass. n. 7278 del 1992,
id., Rep. 1992, voce Usucapione, n. 12; n. 4215 del 1987, id.,
Rep. 1987, voce cit., nn. 13, 22). A questa fattispecie può essere assimilata quella nella quale
la verifica indicata può essere compiuta anche attraverso altri
strumenti di pubblicità costituiti dai registri nei quali è effettua
ta la trascrizione di determinate alienazioni o delle relative do
mande giudiziali. L'indagine relativa appartiene alle valutazioni di fatto del giu
dice del merito, che non possono esser censurate in sede di le
gittimità, se immuni da vizi logici ed errori di diritto (Cass. n. 2468 del 1969, id., Rep. 1969, voce cit., n. 24).
Nella specie, la sentenza impugnata ha accertato che dalla
nota di trascrizione della domanda giudiziale, con la quale Bru
no Balzoni e Graziella Masotti avevano chiesto il riconoscimen
to della proprietà dell'immobile in contestazione nei confronti
della società Cea, risultava dettagliatamente specificata la loro
descrizione e che, in base a questi elementi, ad Alberto Monti
e Lorenzo Pallotti non poteva essere riconosciuta la qualità di
acquirenti in buona fede.
Si tratta di un accertamento condotto correttamente e, per
tanto, il rigetto della domanda di riconoscimento della proprie tà degli stessi immobili in favore di Alberto Monti e Lorenzo
Pallotti per avvenuta usucapione si sottrae alle censure mosse
con i motivi che sono stati esaminati. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1995.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 marzo
1994, n. 2510; Pres. Cantillo, Est. Luccioli, P.M. Amiran
te (conci, parz. diff.); Soc. Mima (Aw. Costa, Vanzetta) c. Fall. Botteri ed altri (Aw. Vitucci, Stella Richter, De
Finis). Cassa App. Trento 28 aprile 1990.
Fallimento — Liquidazione dell'attivo — Vendita di immobile
a trattativa privata — Azione di nullità del contratto — Inte
resse ad agire del terzo — Fattispecie (Cod. civ., art. 1418,
1421; cod. proc. civ., art. 100; r.d. 16 marzo 1942 n. 267,
disciplina del fallimento, art. 108).
È titolare di un interesse giuridicamente rilevante, tale da legit timarlo ad esperire l'azione di nullità del contratto di com
pravendita di un bene immobile rientrante nell'attivo falli mentare venduto a trattativa privata, per il mancato rispetto delle forme previste dalla legge, il terzo che deduca una pro
pria posizione differenziata rispetto a quella della generalità dei potenziali partecipanti alla vendita con o senza incanto
(nella specie, individuata dall'avere il terzo la sede della sua
azienda alberghiera al piano superiore dello stabile compra venduto e dalla prospettazione di un 'esigenza attuale di am
pliamento e potenziamento della relativa attività). (1)
(1) Non è rinvenibile alcun precedente in termini con la sentenza in
epigrafe. Se «qualsiasi soggetto che, pur estraneo alla procedura fallimentare,
possa avere un qualche interesse, anche limitato e contingente, al suo
regolare svolgimento» è legittimato a proporre reclamo ai sensi dell'art. 26 1. fall, avverso i provvedimenti del giudice delegato in materia di
liquidazione dell'attivo, la medesima legittimazione va riconosciuta al terzo che intenda far valere la nullità di un negozio giuridico concluso dal curatore in attuazione di un provvedimento autorizzativo viziato: «la coincidenza della pretesa del terzo che deduca la violazione di nor me sostanziali con l'interesse generale del fallimento, ove si saldi con una posizione specifica e differenziata di tale soggetto rispetto a quella della generalità dei cittadini, può valere a configurare in capo al mede simo la titolarità di un interesse giuridicamente rilevante, in quanto ri volto a conseguire un risultato apprezzabile per il diritto e non conse
guibile senza l'intervento del giudice». Nel complessivo contesto della decisione che si riporta sembra essere
proprio questa l'argomentazione decisiva, che consente alla corte di ri conoscere l'interesse ad agire, ai fini dell'esperimento dell'azione di nullità del contratto di compravendita di un immobile concluso dal curatore
(previamente autorizzato dal giudice delegato) e dall'acquirente del be ne in questione, in capo ad un soggetto la cui posizione differenziata, rispetto alla generalità di coloro che avrebbero potuto partecipare alla vendita con o senza incanto, viene individuata nella circostanza dell'«avere la sede della sua azienda alberghiera al piano superiore dello stabile e dalla prospettazione di una esigenza attuale di ampliamento e poten ziamento della relativa attività».
Tali affermazioni suscitano non poche perplessità ed un primo imme diato rilievo va mosso nel senso della obiettiva difficoltà di ravvisare nel terzo in questione la titolarità di un interesse giuridicamente apprez zabile ai fini dell'esperimento dell'azione di nullità, secondo la configu razione che di tale interesse impone l'interpretazione dottrinale e giuris prudenziale dell'art. 1421 c.c. (cfr., tra le più recenti, Cass. 20 dicem bre 1993, n. 12602, Foro it., Rep. 1993, voce Contratto in genere, n.
404; 1° luglio 1993, n. 7179, ibid., n. 405; 12 luglio 1991, n. 7717, id., Rep. 1991, voce cit., n. 341; 9 marzo 1982, n. 1475, id., 1982, I, 654, con nota di G. Marziale; App. Milano 27 aprile 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 337; Trib. Torino 18 novembre 1992, id.. Rep. 1993, voce cit., n. 419).
Non dissimile dall'interesse generale all'attuazione della legge sembra infatti doversi qualificare la situazione giuridica soggettiva di cui è tito lare il soggetto di cui la corte — diversamente opinando — ha ricono sciuto la legittimazione ad esperire l'impugnativa del contratto di com
pravendita di immobile concluso a trattativa privata in violazione del l'art. 108 1. fall.
In questa decisione si è in qualche modo sovrapposto, senza distin
guerli, il problema della legitimatio ad causam e quello dell'interesse ad agire. A questo proposito, si segnala l'analisi di Proto Pisani, che ha posto in evidenza come, nonostante la distinzione tra legittimazione ed interesse ad agire, sia estremamente chiara («la legitimatio ad cau sam attiene alla relazione del soggetto con il diritto sostanziale dedotto in giudizio, l'interesse ad agire indica una situazione di fatto in cui versa il diritto» ed il problema della sussistenza della legittimazione è
pregiudiziale rispetto a quello concernente l'interesse ad agire), la giuri sprudenza tende a confondere i due concetti, soprattutto nelle fattispe cie normative che attribuiscono la legittimazione all'esperimento di una determinata azione a chiunque vi abbia interesse.
In tale ipotesi, infatti, il termine interesse non fa riferimento all'art. 100 c.p.c., ma sta a significare che la legittimazione straordinaria a
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione del 19
novembre 1986 la s.a.s. Mima di Remo Sammadossi & Co. con
veniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trento il fallimento
della ditta Pio Botteri, il curatore Maurizio Maturi, la s.n.c.
f.lli Giovannini e la s.n.c. Forum, chiedendo che si dichiarasse
la nullità o l'annullamento dei contratti stipulati il 10 ottobre
1986, con i quali il fallimento Botteri, in persona del curatore
Maturi, aveva venduto rispettivamente alla s.n.c. Giovannini ed
alla s.n.c. Forum due porzioni di un immobile sito a Pinzolo.
Deduceva l'attrice che essendo interessata, in quanto condut
trice dei piani superiori dell'edificio, all'acquisto delle porzioni in oggetto, aveva richiesto al curatore le informazioni necessa
rie per partecipare all'asta fallimentare ed aveva anche trasmes
so una propria offerta al giudice delegato, ma questi aveva au
torizzato il curatore a vendere una delle porzioni stesse a tratta
tiva privata alla s.n.c. Giovannini o a persona da questa
nominata, nel quadro di un accordo transattivo ed in relazione
a diritti di prelazione dalla medesima vantati.
dedurre in giudizio un rapporto giuridico altrui spetta unicamente al
terzo che sia titolare di un rapporto giuridico dipendente da quello al trui che viene dedotto in giudizio (Proto Pisani, in Commentario al codice di procedura civile diretto da E. Allorio, Torino, 1973, 1080 ss.).
Nella fattispecie sottoposta all'esame della corte non è possibile indi viduare in capo al terzo la titolarità di un rapporto giuridico dipendente da quello esistente tra i contraenti della compravendita di cui viene de dotta la nullità, ove si consideri che la situazione in base alla quale è stata affermata la sussistenza della legittimazione ad agire del terzo non è certamente assimilabile a quelle ipotesi in cui il legislatore accor da ad un terzo estraneo alle vicende di un contratto di diritto potestati vo di farne valere la nullità per evitare le conseguenze pregiudizievoli che potrebbero derivare dall'esistenza del contratto nullo («cosi ad es.
legittimato all'azione di nullità sarà il primo o secondo acquirente dallo
stesso dante causa che abbia trascritto per secondo, il quale miri attra
verso la dichiarazione di nullità del contratto trascritto per primo ad eliminare la causa di suvvalenza di cui all'art. 2644 c.c.»: Proto Pisa
ni, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 1994, 320). Tra i numerosi altri autori che hanno affrontato il tema della legitti
mazione ad agire, si segnalano V. Andrioli, La legittimazione ad agire, in Riv. it. sc. giur., 1935, 273 ss.; F. Carnelutti, Teoria generale del
diritto, Roma, 1951, 182 ss.; G.A. Micheli, Considerazioni sulla legit timazione ad agire, in Riv. dir. proc., 1960, 566 ss.; Id., Sentenza di annullamento di un atto giuridico e risarcimento patrimoniale derivato da lesione di interessi legittimi, id., 1964, 396 ss.; G. Tomei, Legittima zione ad agire, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1974, XXIV, 65 ss.; G. Balena, Contributo allo studio delle azioni dirette, Bari,
1990; G. Costantino, Legittimazione ad agire, voce dell' Enciclopedia
giuridica Treccani, Roma, 1990, XVIII; A. Attardi, Legittimazione ad agire, voce del Digesto civ., 1993, X, 524 ss.
Per una ricognizione delle posizioni della dottrina e della giurispru denza in tema di interesse ad agire in mero accertamento, v. I. Pagni, nota a Cass. 26 maggio 1993, n. 5889, Foro it., 1994, I, 507.
Un ulteriore rilievo cui la decisione in questione si presta concerne
l'assolutezza del parallelismo che la corte opera tra legittimazione ad
agire ex art. 26 1. fall., per far valere l'illegittimità dei provvedimenti del giudice delegato in fase di liquidazione dell'attivo, e legittimazione ad agire ex art. 1421 c.c., per ottenere la declaratoria di nullità dei
negozi giuridici conclusi dal curatore fallimentare in attuazione di prov vedimenti autorizzatoti viziati.
Riprendendo l'affermazione iniziale, l'iter argomentativo è cosi sinte
tizzabile: se ad un soggetto estraneo alla procedura fallimentare viene
riconosciuta la legittimazione ad esperire il rimedio del reclamo al tri
bunale contro un provvedimento del giudice delegato, non può negarsi a quello stesso soggetto la legittimazione ad esperire l'impugnativa del
negozio che il curatore ha posto in essere proprio in forza del provvedi mento del giudice delegato, che si assume illegittimo.
Tutto ciò sembra però nascere dall'equivoco di considerare perfetta mente sovrapponibili l'area di applicazione dell'istituto del reclamo e
l'area in cui opera la tutela giurisdizionale extrafallimentare.
Sebbene non sia questa la sede per affrontre la disamina del tema, vale la pena rammentare che il reclamo delinea un vero e proprio siste
ma di controllo non solo della legittimità, ma anche dell'opportunità dei provvedimenti processuali che il giudice delegato (v. in tal senso
Pajardi, Codice del fallimento, Milano, 1991, sub art. 26), in qualità di organo che «dirige le operazioni del fallimento» (art. 25 1. fall.), adotta nel corso della procedura.
Di recente, un autore ha proposto di tali provvedimenti la seguente classificazione: provvedimenti decisori su diritti; provvedimenti cautela
ri; provvedimenti di liquidazione dell'attivo; provvedimenti amministra
tivi (E.F. Ricci, Il reclamo contro i provvedimenti del giudice delegato, in Riv. dir. proc., 1990, 93 ss.; Id., Ancora sull'impugnazione dei de
creti del giudice delegato, in Fallimento, 1994, 903 ss.).
Il Foro Italiano — 1995.
Assumeva la s.a.s. Mima che detta autorizzazione doveva con
siderarsi viziata per non essere titolare la s.n.c. Giovannini di
alcun diritto di prelazione; rilevava altresì che il curatore aveva
indebitamente operato un ulteriore frazionamento in favore della
s.n.c. Forum.
I convenuti, costituitisi, resistevano alla domanda. In parti colare, il fallimento Botteri eccepiva l'improcedibilità dell'azio
ne perché diretta a rimuovere gli effetti e ad invalidare gli atti
della procedura fallimentare al di fuori dei rimedi specifici pre visti all'interno di detta procedura; contestava altresì la legitti mazione attiva della s.a.s. Mima e deduceva che le iniziative
assunte dagli organi fallimentari erano state esclusivamente di
rette a realizzare il massimo possibile dell'attivo.
Gli altri convenuti chiedevano il risarcimento del danno per
responsabilità aggravata. Con sentenza del 15 dicembre 1988 il tribunale rigettava la
domanda principale e quelle per danni, osservando che la s.a.s.
Mima, pur essendo titolare di un concreto interesse all'acquisto
Ora, se si considera che avverso tutti i decreti del giudice delegato, nonostante la loro diversa natura, è consentito a «chiunque abbia inte resse» proporre reclamo al tribunale fallimentare, risulterà evidente che l'istituto in questione ha la funzione di accordare la celere tutela endo fallimentare: non solo a coloro che lamentino la lesione di un diritto
soggettivo, ma anche a coloro che si dolgano semplicemente della ille
gittimità e/o della inopportunità di un provvedimento del giudice dele
gato che in qualche modo incida su di un interesse legittimo. Sotto questo profilo non esiste perfetta coincidenza tra terzi legitti
mati alla proposizione del reclamo al tribunale fallimentare e terzi legit timati alla proposizione dell'azione di nullità di un negozio, dal mo
mento che — come si è detto — la legittimazione ad esperire quest'ulti ma azione va riconosciuta soltanto al terzo titolare di un rapporto
giuridico dipendente da quello la cui nullità si invoca. La tipologia di situazioni giuridiche soggettive che l'istituto endofalli
mentare del reclamo ha la funzione di tutelare risulta dunque assai più ampia rispetto a quella deducibile ex art. 1421 c.c.: assai poco convin
cente è dunque la decisione della corte, che proprio dalla legittimazione del terzo alla proposizione del reclamo desume la legittimazione dello
stesso soggetto all'esperimento dell'acro nullitatis avente ad oggetto il
contratto di vendita concluso in violazione del divieto di vendita di im
mobile a trattativa privata. Resta comunque aperto il problema di quale sia il rimedio azionabile
dal terzo di fronte alla vendita a trattativa privata di un immobile fa
cente parte dell'attivo fallimentare posto che una vendita siffatta è sen
z'altro illegittima (v., da ultimo, Cass. 20 maggio 1993, n. 5751, Foro
it., Rep. 1993, voce cit., n. 484; in dottrina, tra gli altri, Pellegrino, Prassi fallimentare, Padova, 1988, 273 ss.).
La novità del principio affermato nella sentenza che si riporta e le
conseguenze pratiche che esso comporta nelle procedure concorsuali ren dono forse necessario rimediare sul discusso ed annoso tema dell'indivi duazione delle forme di tutela azionabili dal terzo estraneo alla proce dura avverso i provvedimenti pronunciati dal giudice delegato nella fase
di liquidazione dell'attivo. Premesso che i fautori della tesi della proponibilità di una ordinaria
domanda di accertamento pongono alla base di tale affermazione il
presupposto che il provvedimento del giudice delegato abbia diretta mente o indirettamente determinato la lesione di un diritto soggettivo
(v., per tutti, A. Bonsic.nori, Profilo sistematico delle vendite fallimen tari, Napoli, 1963, 110; Id., Sospensione di vendita fallimentare immo
biliare e rimedi contro eventuali nullità, in Dir. fallim., 1970, I, 5; Id.,
Liquidazione dell'attivo, in Commentario Scialoja-Branca, Legge falli mentare, Bologna-Roma, 1976, 66 ss.), va osservato che su questa pro blematica si registrano essenzialmente due orientamenti: quello di colo
ro che affermano la proponibilità dell'opposizione agli atti esecutivi ex
art. 617 c.p.c. (V. Andrioli, Fallimento (dir. priv.), voce dell' Encielo
pedia del diritto, Milano, 1967, XVI, 437-438; I. Schettini, Impugna bili ex art. 617 c.p.c. dei provvedimenti emessi dal giudice delegato nella fase di liquidazione dell'attivo fallimentare, in Dir. fallim., 1965,
II, 111; P. Martinelli, Diritto di difesa e impugnazione dei provvedi menti di liquidazione fallimentare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1967, 466 ss.; Ricci, Il reclamo, cit., 105 ss.) e quello di coloro che individua
no nel reclamo al tribunale fallimentare l'unica possibile impugnazione avverso i provvedimenti del giudice delegato in materia di liquidazione dell'attivo (in particolare, v. G. Bongiorno, 1 provvedimenti del tribu
nale fallimentare, Milano, 1979, 346 ss.; C. Ferri, Iprovvedimenti del
giudice delegato, Milano, 1986, 67; L.A. Russo, Tutela giurisdizionale
endofallimentare dei diritti soggettivi nelle vendite concorsuali, in Falli
mento, 1987, 261 ss.; Pajardi, Codice del fallimento, Milano, 1994, sub art. 105).
In Cass. 3482/91, Foro it., 1992, I, 842, cui si rinvia per ulteriori
richiami, il Supremo collegio palesa ancora una volta la sua propensio ne per quest'ultimo orientamento, allorché afferma, in relazione ad una
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PARTE PRIMA
dell'intero immobile e legittimata anche a titolo di prelazione,
per averle il titolare della locazione, Ottavio Sommadossi, cedu
to il relativo contratto, tuttavia, non poteva far valere pretese nullità di un atto della procedura fallimentare se non mediante
le impugnative previste dalla legge nell'ambito della procedura concorsuale.
Rilevava altresì' che le domande risarcitorie andavano respin te perché l'unico possibile danneggiato dall'azione della s.a.s.
Mima era il fallimento, il quale non avva avanzato istanze al
riguardo.
Proposto appello dalla s.a.s. Mima ed appello incidentale dalla
s.n.c. Giovannini, dalla s.n.c. Forum, dal Maturi in proprio e dal fallimento Botteri, con sentenza del 28 aprile 1990 la Cor
te di appello di Trento rigettava tutte le impugnazioni, osser
vando in motivazione che l'azione doveva considerarsi proponi
bile, in quanto avente ad oggetto non già l'impugnazione di
provvedimenti autorizzativi del giudice delegato, ma l'invalida
zione dei contratti stipulati dal curatore in eccedenza ai poteri
conferitigli, e che tuttavia la s.a.s. Mima era carente di interesse
ad agire, non essendo ella (bensì il socio Ottavio Sommadossi) titolare del contratto di locazione di una porzione dell'immobile
(peraltro, non coincidente con quelle compravendute) e non es
sendo mai stata spesa nel corso della trattativa con il fallimento
la ragione sociale della stessa s.a.s. Mima.
Aggiungeva la corte di merito che comunque soltanto le parti
contraenti, i creditori ammessi al passivo, il fallito ed eventuali
terzi titolari di diritti inerenti al bene sono legittimati a far vale
re la nullità di una vendita per violazione dell'art. 108 1. fall.
Quanto all'appello incidentale della s.n.c. Giovannini e della
s.n.c. Forum, rilevava che i danni dalle medesime prospettati ai sensi dell'art. 96 c.p.c. non potevano considerarsi in re ipsa, ma avrebbero dovuto essere concretamente dimostrati in fun
zione dell'effettiva necessità di accedere al credito ipotecario e
della maggiore onerosità delle soluzioni alternative adottate.
L'appello incidentale del Maturi per violazione dell'art. 89
c.p.c. era infine da respingere in quanto le espressioni usate
dalla controparte nei suoi confronti non potevano considerarsi
estranee all'oggetto della lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la
fattispecie di vendita di beni mobili a trattativa privata, che il reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato che dispone la vendita stessa «assume la stessa funzione che nell'esecuzione ordinaria può as sumere l'opposizione agli atti esecutivi, mezzi di tutela di diritti non richiamati dagli art. 105-107 1. fall, e per i quali nessuna autonoma
disposizione si rinviene nella legge fallimentare, che non sia il mezzo
generale del reclamo, o indirettamente applicato, o analogicamente in
terpretato per chi ritenga che il provvedimento disponente la vendita
abbia, proprio in virtù dell'estensione del richiamo dell'art. 105, natura di ordinanza e non di decreto».
Nella fattispecie esaminata nella sentenza in epigrafe si è di fronte — giova ribadirlo — ad un soggetto che ha visto leso il proprio interes se al rispetto delle norme disciplinanti la vendita fallimentare, in quan to il mancato rispetto dell'art. 108 1. fall, gli ha di fatto impedito di
partecipare alla vendita con o senza incanto di un immobile facente
parte dell'attivo fallimentare, è senz'altro condivisibile l'affermazione
dell'esperibilità del reclamo al tribunale fallimentare. Ma vi è da chiedersi, sollecitati ora da una decisione della Corte di
cassazione che apre la strada all'acro nullitatis anche in assenza della lesione di un diritto soggettivo, ritenendo forse insoddisfacente — è lecito supporlo — la tutela ex art. 26 1. fall, delle ragioni del terzo, se quello endofallimentare sia davvero l'unico mezzo di tutela, o se ve ne siano altri eventualmente ad esso «cumulabili» (sulla possibilità di coesistenza del reclamo con altri mezzi di riesame dei decreti del
giudice delegato, v. Ricci, Il reclamo, cit., 100 ss.). Sembra dunque opportuno rivisitare l'ipotesi teorica dell'ammissibili
tà della opposizione agli atti esecutivi.
Tuttavia, anche qui, posto che l'art. 617 c.p.c. delinea un ordinario
giudizio di cognizione proponibile a pena di decadenza entro cinque giorni dal momento in cui il terzo ha notizia del compimento dell'atto
esecutivo, riaffiora il problema della legittimazione del terzo «estraneo» alla procedura ad impugnare la vendita fallimentare viziata.
Poco meno di trent'anni fa Andrioli osservava: «La maggioranza della dottrina e la giurisprudenza contrastano l'ammissibilità della op posizione agli atti esecutivi allegando motivi specifici alla materia falli
mentare, ma sarebbe tempo di constatare che lo stesso codice di proce dura civile non conferisce la legittimazione agli atti esecutivi se non al debitore e, in genere, a chi subisce l'esecuzione forzata, e non ai
Il Foro Italiano — 1995.
s.a.s. Mima deducendo quattro motivi. Hanno resistito con
distinti controricorsi illustrati con memoria da un lato la s.n.c.
Giovannini, la s.n.c. Forum ed il Maturi, dall'altro il falli
mento Botteri, i quali hanno anche proposto ricorso inciden
tale.
Motivi della decisione. — Va preliminarmente disposta la
riunione del ricorso principale e di quelli incidentali proposti dal fallimento Botteri e congiuntamente dal Maturi, dalla
s.n.c. Giovannini e dalla s.n.c. Forum, ai sensi dell'art. 335
c.p.c. Con il primo motivo di ricorso la s.a.s. Mima, denunciando
violazione e falsa applicazione dell'art. 100 c.p.c. anche in rela
zione ad erronea interpretazione dell'art. 108 1. fall., deduce
che la sentenza impugnata ha errato nell'escludere la sussistenza
di un suo interesse ad agire per la declaratoria di nullità delle
vendite immobiliari in oggetto, tendendo ella a perseguire un
risultato giuridicamente apprezzabile e non conseguibile altri
menti, sulla base del proprio diritto a partecipare all'asta o alla
vendita senza incanto.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale il fallimento
Botteri, denunciando violazione degli art. 1441 c.c. e 35 1. fall., falsa applicazione dell'art. 108 1. fall., omessa motivazione su
punto decisivo della controversia, sostiene che la corte di appel
lo, tenuto conto che era stata conferita al curatore autorizzazio
ne a transigere, ai sensi dell'art. 35 1. fall., e non semplicemente ad alienare, avrebbe dovuto ritenere che i vizi dedotti, relativi
a tale autorizzazione, dessero luogo non a nullità, ma a mera
annullabilità delle alienazioni, che la società istante non era le
gittimata a far valere, anche per non aver impugnato in sede
fallimentare l'atto autorizzativo.
I due motivi vanno esaminati congiuntamente, per la loro con
nessione logica. Va innanzitutto rilevato, con specifico riferimento
alla censura del fallimento Botteri appena annunciata, che il con
tratto della cui validità si discute in giudizio è costituito dalla du
plice alienazione da parte del curatore delle due porzioni immo
biliari in oggetto rispettivamente alla s.n.c. Giovannini ed alla
s.n.c. Forum, effettuate con il sistema della trattativa privata.
Ogni riferimento alla transazione autorizzata dal tribunale (nel l'ambito della quale avrebbe dovuto disporsi la vendita alla s.n.c.
Giovannini o a persona da questa nominata) non è pertinente,
creditori e, in genere, ad altri interessati e che questa estensione è il frutto di un orientamento giurisprudenziale, del quale la dottrina non ha ancora valutato il significato teorico» (Fallimento, cit., 438).
La dottrina più recente ha analizzato l'esito della incisiva evoluzione
operata dalla giurisprudenza in tema di opposizione agli atti esecutivi, ponendo in luce anzitutto l'ampliamento del novero dei soggetti che la giurispru denza ha ritenuto essere legittimati al suo esperimento: «non solo il debi
tore, ma anche i creditori e anche altri interessati (quali ad es. i parteci panti ad una vendita forzata) che partecipino a singole fasi del procedi mento di espropriazione forzata e possano subire effetti sfavorevoli dai
provvedimenti del giudice dell'esecuzione» (Proto Pisani, Lezioni, cit., 820). Vale forse la pena riflettere sull'applicabilità dell'istituto dell'opposi
zione agli atti esecutivi, divenuto, proprio in relazione all'evoluzione
giurisprudenziale cui sopra si è fatto cenno, rimedio che assolve nel l'ambito dell'espropriazione forzata la medesima funzione che l'art. 161, 1° comma, c.p.c. riveste nella cognizione: assicurare la stabilità della res iudicata formale mediante il principio della conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione (Proto Pisani, Lezioni, cit., 821, ma v. anche in generale R. Oriani, L'opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987), come possibile impugnazione avverso errores in proce dendo del giudice delegato proponibile anche da quei soggetti che, avendo un concreto interesse alla corretta applicazione delle norme in materia di espropriazione concorsuale, subiscono effetti pregiudizievoli in con
seguenza del mancato rispetto delle norme stesse. Invocare le esigenze di celerità della procedura fallimentare e di stabi
lità dei provvedimenti del giudice delegato, per continuare a sostenere che il reclamo è preferibile all'opposizione agli atti esecutivi, non sem bra più costituire un utile argomento, a fronte dell'affermazione di prin cipio contenuta nella decisione che si riporta.
Gli effetti deceleratori e destabilizzanti (basti pensare all'imprescritti bilità dell'azione di nullità) cui si troverebbe ad essere esposta qualsiasi procedura fallimentare, ove si accedesse alla tesi dell'esperibilità del Vactio nullitatis da parte di qualsiasi terzo, anche non titolare di un
rapporto giuridico dipendente da quello la cui nullità viene dedotta, risulterebbero infatti notevolmente più intensi di quelli da cui l'espro priazione concorsuale verrebbe ad essere investita consentendo a tutti
gli interessati di esperire il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, a fronte di errores in procedendo del giudice delegato nella liquidazione dell'attivo. [P. De Francesco]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
atteso che — come è incontestato in giudizio e come la corte
di appello ha chiaramente accertato — il contratto stipulato dal
curatore non fu affatto una transazione, bensì' una mera com
pravendita. È pertanto evidente la non applicabilità nella fatti
specie in esame dei principi e degli orientamenti giurispruden ziali richiamati dal difensore del fallimento in materia di annul
labilità del negozio transattivo concluso in attuazione di
autorizzazione concessa ai sensi dell'art. 35 1. fall.
Tanto premesso, osserva la corte che correttamente la senten
za impugnata ha ritenuto la nullità di detta compravendita, in
quanto conclusa in violazione della norma imperativa di cui al
l'art. 108 1. fall.
Invero, tale disposizione, prescrivendo al 1 ° comma come re
gola generale la forma dell'incanto, ed in via di eccezione quel la senza incanto, ove il giudice delegato — previe le formalità
indicate nella stessa norma — la ritenga più vantaggiosa, è chia
ramente ispirata ad un formalismo più intenso di quello posto dal codice di rito per il processo di espropriazione immobiliare, atteso che fissa come regola quella forma di vendita che nell'e
secuzione individuale è invece succedanea; il 2° comma della
stessa norma vale a riaffermare l'impossibilità di forme di ven
dita forzata che prescindono — come avviene nella trattativa
privata — dalla partecipazione del giudice delegato dinanzi al
quale devono svolgersi (v. sul punto Cass. 1983 n. 5069; Foro
it., Rep. 1983, voce Fallimento, n. 521; 1979 n. 58, id., 1980,
I, 216). Si è altresì puntualizzato in giurisprudenza che il mancato
reclamo ai sensi degli art. 23 e 26 1. fall, avverso il provvedi mento autorizzativo della vendita a trattativa privata non ha
alcun effetto preclusivo rispetto alla impugnazione del negozio
autorizzato, atteso che l'indagine sull'idoneità di una vendita
siffatta ad operare il trasferimento della proprietà esula dai po
teri del giudice delegato e può formare oggetto soltanto di un
ordinario giudizio contenzioso (cosi Cass. 1979 n. 58, cit.; 1975
n. 3184, id., Rep. 1975, voce cit., nn. 539-544).
È peraltro evidente che in tali fattispecie l'invalidità del prov vedimento autorizzativo si estende, ai sensi dell'art. 1418 c.c.,
allo stesso contratto posto in essere in violazione delle norme
imperative che regolano il procedimento di liquidazione dell'at
tivo fallimentare.
Cosi qualificata l'invalidità del negozio in esame, va ritenuta
la legittimazione della s.a.s. Mima a farla valere.
Costituisce acquisizione consolidata nella giurisprudenza di
questa Suprema corte che la generalità dell'azione di nullità ai
sensi dell'art. 1421 c.c., secondo il quale detta nullità può esse
re fatta valere da chiunque vi abbia interesse o essere rilevata
anche di ufficio dal giudice, non esime il soggetto che la deduce
dall'onere di provare la sussistenza di un proprio interesse con
creto ad agire, attraverso la dimostrazione della necessità di ri
correre al giudice per evitare una lesione attuale di una propria
posizione soggettiva ed il conseguente danno della propria sfera
giuridica. In mancanza della dimostrazione di un interesse siffatto l'a
zione non può essere proposta, almeno di regola, in funzione
di un fine generale di attuazione della legge (v., per tutte in
tal senso, Cass. 1991 n. 7717, id., Rep. 1991, voce Contratto
in genere, n. 341; 1982 n. 1475, id., 1982, I, 654; 1981 n. 1553,
id., Rep. 1981, voce cit., n. 256).
Peraltro, il criterio dell'interesse, sancito nella norma genera
le di cui all'art. 100 c.p.c., assume particolari connotazioni nel
l'ambito della procedura fallimentare, atteso che questa, rivolta
alla massima realizzazione possibile delle attività del fallito, è
informata a caratteri autoritativi ed alla prevalenza dell'impul
so di ufficio, con l'attribuzione agli organi del fallimento di
poteri che superano il principio dispositivo proprio del processo
civile. In aderenza a tali profili l'art. 26, 1° comma, 1. fall, prevede
la reclamabilità dei decreti del giudice delegato non soltanto
da parte dei soggetti direttamente interessati alla procedura, co
me il curatore, il fallito ed il comitato dei creditori, ma anche
da parte di qualsiasi soggetto che, pur estraneo alla procedura
stessa, possa avere qualche interesse, anche limitato e contin
gente, al suo regolare svolgimento. Ed ancora l'art. 108, 3° comma, della stessa legge concede
al giudice delegato il potere di sospendere la vendita degli im
II Foro Italiano — 1995.
mobili sulla base del mero apprezzamento discrezionale della
notevole inferiorità del prezzo offerto a quello giusto. In tale ipotesi il mero interesse di qualsiasi terzo che segnali
l'irrisorietà di quel prezzo, al fine di avere la possibilità di par
tecipare ad una nuova gara, può coincidere con l'interesse gene rale del fallimento al rinnovo del procedimento di vendita, ac
quisendo giuridica rilevanza.
Questa Suprema corte ha riconosciuto a detto soggetto la le
gittimazione a reclamare dinanzi al tribunale contro il provvedi mento del giudice delegato che abbia negato la sospensione del
la vendita e l'apertura di una nuova gara (v. sul punto Cass.
1975 n. 3184, cit.; 1970 n. 316, id., 1970, I, 1105). La richiamata legittimazione dei terzi all'interno della proce
dura concorsuale non può peraltro non riflettersi sulla legitti mazione dei medesimi a far valere la nullità di negozi giuridici conclusi dal curatore in attuazione di provvedimenti autorizza
toti viziati: la coincidenza della pretesa del terzo che deduca
la violazione di norme sostanziali con l'interesse generale del
fallimento, ove si saldi con una posizione specifica e differen
ziata di tale soggetto rispetto a quella della generalità dei citta
dini, può valere a configurare in capo al medesimo la titolarità
di un interesse giuridicamente rilevante, in quanto rivolto a con
seguire un risultato apprezzabile per il diritto e non conseguibi le senza l'intervento del giudice.
Nel caso di specie, la s.a.s. Mima deve considerarsi portatrice di un interesse siffatto, avendo ella dedotto una propria posi zione differenziata rispetto a quella della generalità dei poten ziali partecipanti alla vendita con o senza incanto, costituita
dall'avere la sede della sua azienda alberghiera al piano supe riore dello stabile e dalla prospettazione di una esigenza attuale
di ampliamento e potenziamento della relativa attività.
Tale posizione vale a rendere specifico e concreto l'interesse
dedotto, indipendentemente dal titolo in forza del quale l'azien
da della ricorrente ha sede in quello stabile. La sua pretesa in
fatti non può essere identificata con il fine generale di attuazio
ne della legge o con un interesse di mero fatto a fronte dell'una
o dell'altra modalità di vendita, ma appare rivolta ad ottenere
l'effettiva possibilità di partecipare — attraverso l'indispensabi le rispetto delle forme previste dalla legge ed allo scopo finale
di conseguire l'indicato obiettivo — alla vendita immobiliare,
in coincidenza con l'interesse proprio del fallimento di realizza
re dalla vendita stessa un prezzo più alto.
Le suesposte considerazioni determinano l'accoglimento del
primo motivo del ricorso principale ed il rigetto del secondo
motivo del ricorso incidentale del fallimento Botteri.
L'accoglimento del motivo suindicato comporta altresì l'as
sorbimento degli altri motivi del ricorso principale, nonché del
ricorso incidentale del Maturi, della s.n.c. Giovannini e della
s.n.c. Forum.
Va infine dichiarato inammissibile il primo motivo, proposto in via condizionata, del ricorso incidentale del fallimento Botte
ri, con il quale si deduce che la corte di appello avrebbe dovuto
dichiarare inammissibile, perché nuova, la domanda diretta a
far valere l'invalidità del contratto per interposizione fittizia di
persona, atteso che nella sentenza impugnata tale domanda non
è stata in alcun modo presa in esame.
La sentenza stessa deve essere in conclusione cassata, in rela
zione al motivo accolto, e la causa rinviata ad altro giudice,
che si designa nella Corte di appello di Venezia.
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