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Sezione I civile; sentenza 16 ottobre 1959, n. 2881; Pres. Lonardo P., Est. Bianchi d'Espinosa, P....

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Sezione I civile; sentenza 16 ottobre 1959, n. 2881; Pres. Lonardo P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Fazio (Avv. Panebianco, Marziano, De Martini) c. Ciancio (Avv. Molle), Sanfilippo (Avv. Ferri), Paternò Castello Artale (Avv. Bozzi, Stolfi), Ciancio M., S.r.l. Editrice Risorgimento (Avv. Gennuso) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 10 (1960), pp. 1757/1758-1765/1766 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151708 . Accessed: 25/06/2014 01:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.214 on Wed, 25 Jun 2014 01:54:26 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 16 ottobre 1959, n. 2881; Pres. Lonardo P., Est. Bianchi d'Espinosa, P.M. Cutrupia (concl. conf.); Fazio (Avv. Panebianco, Marziano, De Martini) c. Ciancio (Avv.Molle), Sanfilippo (Avv. Ferri), Paternò Castello Artale (Avv. Bozzi, Stolfi), Ciancio M., S.r.l.Editrice Risorgimento (Avv. Gennuso)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 10 (1960), pp. 1757/1758-1765/1766Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151708 .

Accessed: 25/06/2014 01:54

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

addursi che nel caso di mancata affissione la sentenza non

passerebbe mai in giudicato. Invero, l'affissione è un atto

che rientra tra i doveri di ufficio del cancelliere, il quale deve eseguirla entro otto giorni dalla pubblicazione della

sentenza. Pertanto, nel caso di inadempimento di tale

obbligo, qualunque interessato può ottenerne l'esecuzione, richiamando l'attenzione del funzionario, e ricorrendo, se

del caso, all'intimazione di cui all'art. 60, n. 1, cod. proc. civ. (v. sent. 1779 del 28 maggio 1958, Foro it., Rep. 1958,

voce cit., n. 500). (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

I

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 16 ottobre 1959, n. 2881 ; Pres.

Lonardo P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Cutru

pia (conci, conf.) ; Fazio (Avv. Panebianco, Marziano, De Martini) c. Ciancio (Avv. Molle), Sanfilippo

(Avv. Ferri), Paterno Castello Artale (Avv. Bozzi,

stolfi), Ciancio M., S.r.l. Editrice Risorgimento (Avv.

grennuso).

(Conferma Api). Roma 22 giugno 1957)

Società -— Società a responsabilità limitata -—- Alie

nazione di quota — Diritto di prelazione — Con

cetto (Cod. civ., art. 2479, 1331). Società — Società a responsabilità limitata—• Tras

lerimcnto di quota — Violazione del diritto di

prelazione — Iscrizione da parte della società —•

Obbligo — Insussistenza (Cod. civ., art. 2479). Società — Società a responsabilità limitata — Alie

nazione di quota — Determinazione di un diritto

di prelazione a favore degli altri soci — Confi

gurability di condizione potestativa negativa (Cod.

crv., art. 2479, 2353). Società — Società a responsabilità limitala —- Eser

cizio del diritto di prelazione — Termine di pre scrizione — Decorrenza (Cod. civ., art. 2479, 2935,

2949).

La clausola statutaria di società a responsabilità limitata,

mediante la quale, si conviene che, in caso di alienazione

di quote, il socia cedente debba fame offerta agli altri soci

a parità di condizioni, pone in essere un diritto di pre lazione. (1)

Qualora il trasferimento di quota di società a responsabilità limitata avvenga in violazione del diritto di prelazione stabilito nello statuto, la società non è obbligata all'anno

tazione relativa sul libro dei soci. (2) Si ha condizione potestativa negativa allorché le parti subor

dinano l'efficacia del trasferimento di quota al mancato

esercizio del diritto di prelazione da parte degli altri

soci. (3) Il termine di prescrizio-ne per l'esercizio del diritto di prela

zione decorre dal giorno in cui viene effettuata l'offerta in cessione della quota. (4)

II

CORTE D'APPELLO DI BARI.

Sentenza 4 dicembre 1959 ; Pres. De Lellis, Est. Ri

poli ; Zucca (Avv. Russo Frattasi, Scillitani, Nu

volone) c. Soc. Zuccherifici meridionali (Avv. Si

ciliani, Fresa, Werner).

Società — Società per azioni — Diritto di prela

zione — Delibera maggioritaria di soppressione — Annullabilità.

È annullabile la deliberazione dell'assemblea che a mag gioranza sopprime il diritto di prelazione in favore dei

soci in caso di trasferimento delle azioni. (5)

III

TRIBUNALE DI GENOVA.

Sentenza 15 giugno 1959 ; Pres. Altobelli P., Est. Gm glione ; Pasqualetti (Avv. Gatteschi) c. Soc. S.v.a.m.a.

(Avv. Zanin), Maggiora (Avv. Cardino) e Gagliardi (Avv. Bertoni).

Società — Società a responsabilità limitata — Tras

ferimento «Ielle quote — Richiesta di iscrizione

nel libro dei soci — Efficacia del trasferimento

(Cod. civ., art. 2479). Società — Società a responsabilità limitata —- Diritto

di prelazione — Vendita di quota — Mancala

offerta al socio defunto non sostituito — Nullità

(Cod. civ., art. 2479). Società — Società a responsabilità limitata — Irre

golare partecipazione all'assemblea — Influenza

sulla deliberazione — Annullabilità (Cod. civ., art. 2377, 2379).

Società — Società a responsabilità limitata — Azione

di annullamento della deliberazione — Legitti mazione dell'erede non ancora iscritto al momento

della deliberazione — Insussistenza (Cod. civ., art. 2377).

Il trasferimento di quote di una società a responsabilità limi

tata e la conseguente acquisizione della qualità di socio

hanno effetto nei confronti della società solo per mezzo e dal momento dell'iscrizione del detto trasferimento nel libro

dei soci, e non dal momento della cessione o della comu -

nicazione o mediante le semplice acquiescenza dell'as

semblea. (6)

Nell'ipotesi della esistenza di un diritto di prelazione a

favore degli altri soci, l'alienante di una quota di società a responsabilità limitata è tenuto, pena la nullità dell'alie

nazione, ad offrire in cessione la quota anche al socio de

funto presso il suo ultimo domicilio, qualora gli eredi non abbiano ancora provveduto all'iscrizione del trasfe rimento. (7)

La irregolare partecipazione ad un'assemblea da parte di un quotista (nella fattispecie l'irregolarità derivava dal

trasferimento avvenuto in violazione del diritto di prela zione) determina, ove abbia influito sulla formazione della maggioranza, l'annullabilità e non la nullità della

deliberazione. (8) Non sono legittimati all'azione di annullamento di una

deliberazione assembleare ex art. 2377 gli eredi del socio di una società a responsabilità limitata, che non abbiano

ancora fatto iscrivere il trasferimento sul libro dei soci. (9)

(1, 3, 5) Sulla distinzione fra diritto di prelazione e diritto di

opzione di cui alla sentenza della Cassazione, vedi App. Firenze 20 giugno 1953, Foro it., 1954, I, 1120, che esclude fra l'altro l'ammissibilità del diritto di prelazione nel caso di trasferimento inter socios, sentenza annotata in parte criticamente da Btjttaho, Patto di opzione, clausola di prelazione, vincoli al trasferimento di quote, nelle società a r. I., in Banca, borsa, ecc., 1954, II, 92.

Sulla validità di clausole che, come quella di prelazione, limitano la libera trasferibilità delle quote o azioni di società, vedi Trib. Torino 15 maggio 1954, Foro it., 1954, I, 1387.

Per la inapplicabilità della clausola di prelazione a parità di condizioni ai trasferimenti inter vivos a titolo gratuito, vedi

App. Messina 11 luglio 1957, id., Rep. 1958, voce Società, n. 423 e Trib. Brindisi 31 luglio 1953, id., Rep. 1955, voce cit., ri ri.

398, 399. Nel senso della invalidità della deliberazione che a maggio

ranza sopprime un preesistente diritto di prelazione, vedi Cass. 10 ottobre 1957, n. 3702, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 389-404, ed in dottrina Ascabellt, Limiti statutari alla circolazione delle

partecipazioni azionarie, in Banca, borsa, ecc., 1953, I, pag. 28 e segg., n. 18, e per il caso opposto di introduzione della clausola

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1759 PARTE PRIMA 1760

I

La Corte, eco. —- (Omissis). Secondo punto della argo mentazione della sentenza impugnata, è la definizione del

negozio posto in essere fra le parti, quale vendita di quote, sottoposta a condizione sospensiva negativa (mancato esercizio del diritto di «opzione » da parte degli altri soci).

Anche questo giudizio, costituente interpretazione della volontà dei contraenti, costituisce un apprezzamento di

fatto, incensurabile in questa sede, e non censurato, del

resto, dal ricorrente, salvo clie con un inciso (« non sembra clie possa attagliarsi al caso la figura della condizione ») contenuto nel 7° motivo del ricorso. Quell'interpretazione,

comunque, è pienamente aderente alla volontà espressa nella lettera-ricevuta del 31 marzo 1946 (esibita dallo stesso Fazio), con la quale il Ciancio si dichiarava pronto a «restituire la somma versatami nel caso in cui fosse esercitata opzione a termini dello statuto sociale », con

un chiarissimo riferimento alla possibilità dell'inefficacia della vendita in relazione al verificarsi di un determinato

evento (esercizio del diritto di opzione). Soltanto nelle

osservazioni scritte, presentate dopo l'udienza in replica

di prelazione, vedi App. Genova 31 dicembre 1956, Foro it., 1957, I, 2049, con nota critica di Pascale, Azioni. Diritto di

prelazione in caso di trasferimento, in Nuova riv. dir. comm., 1957, 240, nonché Ascarelli, L'interesse sociale dell'art. 2441. La teoria dei diritti individuali e il sistema dei vizi delle delibera zioni assembleari, in Riv. società, 1956, 106-108, note 5,7, il quale precisa che il vizio della deliberazione ne produce l'annullabilità

(sostengono, ma senza riferimento specifico alla deliberazione in esame, l'inefficacia della deliberazione, che violi un diritto individuale dell'azionista il Mengoni, in Riv. dir. comm., 1955, II, 281 ed il Mignoli, Le assemblee speciali, Milano, 1960).

Nel senso della validità di tali deliberazioni, vedi App. Mi lano 24 aprile 1959, Foro it., Rep. 1959, voce cit., n. 360 e Trib. Milano 29 novembre 1957, id., Rep. 1957, voce cit.,nn. 390, 391, commentata da La Gioia, in Mon. trib., 1958, 763.

Sulla efficacia di cessione di quote o azioni avvenuta in vio lazione del diritto di prelazione degli altri soci, App. Roma si è

pronunciata nel senso della nullità dell'alienazione con sentenza 25 giugno 1956, Foro it., Rep. 1957, voce cit., n. 405 ; nella stessa sentenza si afferma la efficacia inter partes del trasferimento anche se manchi il gradimento della società. Sulla natura di questa ultima clausola e sempre nel senso della semplice inopponibilità dell'avvenuto trasferimento alla società, che non dia il suo gradi mento, vedi Cass. 13 luglio 1957, n. 2848, id., 1957, I, 1953, con ampia nota di richiami, e nota critica di Be Maio, Effetti delle limitazioni statutarie alla circolazione delle partecipazioni azionarie, in Banca, borsa, ecc., 1957, II, 544. Adde in dottrina Stolfi M., In tema di limiti alla trasferibilità delle azioni, id., 1957, I, 208, che conclude per l'estinzione dell'alienazione a causa del mancato godimento.

Per una interessante rassegna delle varie clausole in tema di limitazione alla trasferibilità di quote o azioni, vedi Rusconi, Clausole dì gradimento e clausole di prelazione nella recente prassi societaria, in Riv. società, 1958, 145.

(2, 4, 7) Non risultano precedenti in materia.

(6, 9) Sulla necessità della iscrizione nel libro dei soci per la efficacia del trasferimento nei confronti della società, vedi, nello stesso senso della sentenza annotata, Cass. 14 novembre 1959, n. 3377, Foro it., Rep. 1959, voce Società, n. 393, nonché App. Roma 17 marzo 1958, id., 1959, I, 1436 ; con nota adesiva di Biondi, Trasferimento delle quote e funzione del libro dei soci nelle società a r. I., in Banca, borsa, ecc., 1959, II, 226.

Nel senso che la legittimazione ad opporsi a deliberazioni di assemblea di soc. a r. 1. spetta solo a quei soci che risultano iscritti nel libro dei soci al momento dell'assemblea (e che tali restano durante l'intero procedimento) e non anche a coloro che ottengono la iscrizione dopo la deliberazione assembleare, vedi App. Milano 12 aprile I960, retro, 1019, con nota di richiami.

(8) Nel senso che la nullità del voto di chi appare legittimato a votare in assemblea determina l'annullabilità e non la nullità della deliberazione, purché la maggioranza risulti effettivamente influenzata dai voti nulli, vedi Trib. Torino 12 giugno 1959, Giur. it., 1960, I, 2, 589 ; Trib. Verona 4 maggio 1959, Foro it., Rep. 1959, voce Società, n. 309 e infine Trib. Milano 16 marzo 1956, id., 1957, I, 1348, con nota di richiami.

Per riferimenti, v. pure Messineo, La clausola di gradi mento all'alienazione delle azioni ed i diritti inerenti alla qualità di socio, in Riv. società, 1960, 18.

alle conclusioni del P. m., ai sensi dell'art. 379 cod. proc. civ., il ricorrente tenta di contestare il valore della lettera

31 marzo 1946, ed afferma che in essa l'aggiunta di una

condizione fu « arbitrariamente » apposta dal Ciancio. Si

tratta, com'è chiaro, di una nuova tesi di fatto, del resto

non sorretta da alcun elemento, ohe, evidentemente, non

può essere sollevata per la prima volta in questa sede.

La suddetta definizione consente di ritenere superata la

censura formulata nel quinto motivo del ricorso. Il ricor

rente (sia pure in via subordinata) propone la tesi che fosse

stata conclusa una interposizione reale (il Ciancio avrebbe

acquistato per conto del Fazio, con il conseguente obbligo di ritrasferire a quest'ultimo le quote, ai sensi dell'art.

1706 cod. civ.) ; onde la domanda di risarcimento del

danno avrebbe dovuto essere accolta almeno nei confronti

del Ciancio, il quale si sarebbe reso responsabile di viola

zione agli obblighi derivanti dal mandato fiduciario rice

vuto. Ma è evidente che, anche ammessa tale configura zione del negozio (acquisto del Ciancio a nome proprio, ma per conto del Fazio), l'obbligo di ritrasferire del fidu

ciario sarebbe stato, comunque, subordinato al mancato

avverarsi della condizione sospensiva negativa, apposta al contratto posto in essere tra il Ciancio ed il Fazio, onde

anche questa censura resta superata dall'accertamento di

fatto, che si trattò in realtà di un negozio condizionato.

La questione a questo punto restava circoscritta ad

accertare se effettivamente si fosse verificato l'avveni

mento dedotto in contratto come condizione sospensiva

negativa, se cioè gli altri soci avessero o meno esercitato il diritto « di opzione » di cui all'art. 8 dello statuto sociale

(secondo tale norma statutaria « una quota può essere

alienata a terzi soltanto dopo che sia stato esercitato il

diritto di opzione spettante a tutti gli altri soci », ai quali deve essere offerta).

È da rilevare che la sentenza impugnata esattamente

ricondusse la facoltà, riservata ai soci dal ricordato art. 8, alla disposizione dell'art. 2479 cod. civ., secondo il quale le quote sono trasferibili per atto tra vivi, « salva contraria

disposizione dell'atto costitutivo ». Quantunque l'art. 8

parli di diritto di opzione, e quantunque la sentenza, in

altri punti, sembri ritenere applicabili anche le disposi zioni degli art. 2441 e 2495 sull'opzione (su questa parte l'inesattezza non ha avuto alcuna influenza sulla deci

sione), non può parlarsi in realtà di un'ipotesi di opzione, nel senso di cui all'art. 2441, riguardando questa il caso di aumento di capitale (obbligo di offrire le azioni di nuova emissione agli azionisti in proporzione al numero delle azioni da loro possedute) ; e riguardando invece l'art. 8 dello statuto qualsiasi caso di alienazione a terzi di quote.

Si tratta, perciò, di una disposizione restrittiva della libera alienazione delle quote sociali (disposizione prevista dal ricordato art. 2479), e cioè di una clausola di prela zione a favore di tutti gli altri soci, ai quali le quote ven dute devono essere offerte prima che l'alienazione abbia effetto. In realtà, la Corte di merito inquadrò esattamente nei detti termini la clausola in questione, parlando di man cata autorizzazione degli altri soci ad intestare al Fazio le

quote in questione, in relazione all'art. 8 : e, contro questa conclusione, non ha alcuna rilevanza la censura, contenuta nel terzo motivo del ricorso, secondo la quale sarebbe stato erroneamente trasformato il diritto di opzione in autoriz zazione ex art. 2479. Chè, come si è detto, nel caso con creto non poteva assolutamente parlarsi di opzione nel senso di cui all'art. 2441, mancandone i presupposti, onde la tesi prospettata in questo motivo del ricorso non ha

fondamento. La clausola di prelazione si risolveva, in definitiva,

nell'obbligo di offrire le quote in vendita agli altri soci, e nella facoltà di questi di esercitare su di esse il diritto di prelazione (o di opzione) ; in tal senso conserva piena validità l'affermazione, posta dalla sentenza impugnata a base della sua dimostrazione, che gli altri soci e la Società non consentirono mai l'acquisto da parte del Fazio, anzi dimostrarono la loro volontà negativa a tale acquisto, o,

comunque, non fu dimostrato l'assenso degli altri soci, necessario ai sensi dell'art. 8 dello statuto. E, se l'affer

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mazione parte da un presupposto che è certamente errato in diritto (che nella società a responsabilità limitata domina l'intuitus personae, che è proprio delle società di persone), non potendosi negare che la società a r. 1., al pari della società per azioni, sia una società di capitali ; l'errore in cui è incorsa la Corte resta isolata affermazione, che non ha avuto alcuna influenza sulla decisione, e che non può costituire motivo di annullamento della sentenza.

Eesta così superato il secondo motivo del ricorso, per la parte con cui si segnala quell'innegabile errore. Per

tutto il resto lo stesso motivo è infondato. Il ricorrente

riconosce che lo statuto può porre limiti al libero trasferi

mento delle quote, ma sostiene che la contraria disposi zione, di cui all'art. 2479, non esiste nel caso concreto,

mentre, come si è già detto, quella disposizione esiste, ed

è l'art. 8, che impone l'obbligo di offrire le quote agli altri

soci in opzione prima dell'alienazione. Cade, sulla scorta

di tale osservazione, tutta la tesi contenuta nello stesso

motivo del ricorso, secondo la quale la Volontà degli altri

soci non poteva impedire il trasferimento delle quote dal

Ciancio al Fazio, e l'altra tesi secondo la quale, una volta

avvenuta la cessione, la Società sarebbe stata obbligata ad annotare il trasferimento nel libro dei soci (art. 2479, 3° comma), e non libera di rifiutarsi.

Il che è certamente esatto in linea di massima ; non

quando, come nel caso in questione, esiste una clausola

statutaria di prelazione, all'osservanza della quale l'ente

sociale e gli altri soci hanno indubbio interesse (cfr. la

sentenza di questa Corte suprema 10 ottobre 1957, n. 3702, Foro it., Rep. 1957, voce Società, n. 404) ; e non special

mente, allorché il mancato esercizio del diritto di prela zione funge, per espressa volontà delle parti, quale condi

zione sospensiva negativa, e quando tale condizione si è

avverata (e perciò il trasferimento non è efficace). Non avrebbe potuto perciò neppure essere ricono

sciuta l'efficacia del trasferimento inter partes (ultima censura contenuta nello stesso motivo del ricorso), perchè, anche nei rapporti interni fra alienante ed acquirente, la trasmissione della proprietà delle quote era subordinata

alla suddetta condizione.

Ciò che si è detto dimostra come, evidentemente, uno

solo era il punto centrale da risolvere ; accertare se effetti

vamente il diritto di prelazione fosse stato tempestiva mente esercitato. La tesi dell'interposizione fittizia (inte stazione delle quote al Ciancio, che dissimula, con con

senso della Società e degli altri soci, la reale appartenenza delle quote al Fazio) va appunto, in questo quadro, inter

pretata come integrante (dimostrandosi il consenso degli altri soci) la prova della rinunzia dei soci all'esercizio del

diritto di prelazione (con conseguente mancato avverarsi

dell'evento integrante la condizione sospensiva negativa). Ed anche qui la Corte d'appello, con un giudizio di

fatto, ampiamente motivato, e perciò non soggetto a sin

dacato in sede di legittimità, giunse alla conclusione che i

soci, lungi dal consentire il trasferimento, manifestarono

costantemente (ed i motivi per cui ciò avvenne, indicati in motivi politici, non hanno rilevanza) la loro avversione

all'iscrizione del Fazio nel libro dei soci ; e che gli organi sociali si rifiutarono costantemente di riconoscere nel

Fazio la qualità di socio (con relativa esclusione della tesi

dell'interposizione fittizia). Ed anche in questo caso,

quindi, la censura (contenuta nel quarto mezzo del ricorso), è rivolta contro un apprezzamento di fatto, e costituisce

un tentativo, cui non può essere consentito ingresso in

sede di legittimità, di sottoporre a nuovo esame il materiale

probatorio già accuratamente esaminato e vagliato dai

Giudici di merito. I quali, infine, ritennero che i soci Sanfilippo e Paternò

esercitarono iure la loro facoltà di prelazione ; sia pure soltanto nel 1953, perchè solo allora, allorché il Fazio

chiese il trasferimento, fu offerto ad essi di esercitare il

diritto d'opzione (e, con l'esercizio di quella facoltà, si

avverò la condizione sospensiva negativa, e il trasferi

mento rimase inefficace). Le censure contenute nel settimo motivo del ricorso,

in quanto censurano questa conclusione, affermando che

Il Foro Italiano — Volume LXXXIII — Parte I-113.

l'esercizio del diritto di opzione non fu manifestato nel

termine dell'art. 2441 cod. civ., sono irrilevanti, perchè

partono dal presupposto, erroneo, clie si tratti di diritto

d'opzione, e non di clausola di prelazione ai sensi dell'art.

2479. E, per il fatto che solo nel 1953 le quote furono

offerte agli altri soci per l'eventuale esercizio di quel diritto, non può parlarsi nè di mancata legittimazione dei

soci Sanfilippo e Paterno (anche se essi non erano soci al

momento della vendita), nè di prescrizione ex art. 2949 cod. civ. del diritto di opzione.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

II

La Corte, ecc. — (Omissis). È fondato, invece, il secondo motivo diretto a contestare l'esattezza del principio affer mato dal Tribunale, secondo il quale un diritto soggettivo

perfetto (e cioè il diritto di prelazione) derivante da un

vero e proprio contratto parasociale, incorporato nello

statuto, può essere legittimamente abrogato attraverso una delibera maggioritaria.

Il Tribunale si è genericamente richiamato, al riguardo, al tipo normale della società per azioni, caratterizzato

dalla libera alienabilità delle sue azioni, e al favore con

cui debbono essere riguardate le modificazioni statutarie che tendono ad abolire i limiti posti alla circolazione, per ricondurre la regolamentazione sociale all'anzidetta situa

zione di normalità tipica. Di rincalzo, la Società appellata, senza contestare che

la clausola di prelazione attribuisce ai singoli soci un tale

diritto, ha distinto in due categorie i diritti soggettivi dei soci, e cioè, quelli derivanti dalla legge e quelli di

origine statutaria, e ha sostenuto che, mentre i primi non

possono essere aboliti che per rinunzia unanime di tutti

coloro a favore dei quali sono previsti, per i secondi,

seguendo essi le sorti dello statuto, è possibile la modifi

cazione e la soppressione con deliberazione maggioritaria. La Corte ritiene di non poter attribuire un valore

determinante alla generica considerazione valorizzata dal

Tribunale, perchè essa non ha importanza di un indiscusso

principio di diritto, e si rivela inoltre poco efficace in un

caso, come quello attuale, per il quale lo stesso legislatore ha previsto deroghe alla libera circolazione delle azioni con il disposto dell'ultimo comma dell'art. 2355 cod. civ. che testualmente recita : « L'atto costitutivo può sotto

porre a particolari condizioni l'alienazione delle azioni

nominative ».

Nè ritiene di poter aderire alla distinzione enunciata,

dall'appellata e di far proprie le conseguenze giuridiche da essa ricavate. Tale distinzione, infatti, non rispecchia lo spirito e il contenuto dell'art. 2377 cod. civ., nel quale la conformità all'atto costitutivo è posta sullo stesso piano della conformità alla legge, ai fini della validità delle deliberazioni assembleari, e urta contro l'indirizzo dottri

nale più autorevole.

Lo sforzo della migliore dottrina è diretto infatti alla

enunciazione dei criteri che valgono a stabilire, con certezza,

quali sono, tra i complessi rapporti di cui è titolare il

socio, quelli che assurgono a diritti individuali ; ma, una volta che tali diritti siano stati identificati, non si dubita che tutti, senza differenziazione di sorta, meritino la più

ampia tutela e siano, tra l'altro, sottratti alla disponibi lità della maggioranza.

Non sembra esatto poi, come oppone la Società ap pellata, che il socio, il quale intenda dare più ampio conte

nuto ai propri diritti individuali, debba servirsi di un distinto

contratto, parasociale, con i propri consoci. Infatti il negozio

giuridico, nel quale trova naturale e congrua regolamenta zione la posizione di ogni socio, tanto verso la società quanto nei confronti degli altri membri di essa, è il contratto

sociale, che si estrinseca, appunto, attraverso l'atto costi

tutivo, e non vi è nessuna ragione, nè giuridica nè pratica, in omaggio alla quale le parti convenute per dare vita

alle norme sociali, non potrebbero condensare in un unico

atto la disciplina relativa all'ordinamento e all'attività

della società, e la regolamentazione inerente ai rapporti,

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1763 PARTE PRIMA 1764

che legano i soci alla società e tra di loro, se non a rischio

di veder compromessi quei diritti patrimoniali che si ricol

legano alla posizione contrattuale di ciascuno di essi.

Il rilievo, d'altra parte, potrebbe essere apprezzabile al fine di eseludere la possibilità di inserire nell'atto costi

tutivo o nello statuto patti riguardanti i rapporti dei soci

tra di loro, e quindi diritti dei soci uti singuli, ma, una

volta che siano state superate le difficoltà relative ad una

tale inserzione, ed un accordo di siffatto genere sia stato

inserito nell'atto costitutivo, come nel caso di specie, non pare che il collegamento formale tra esso e l'atto

costitutivo di cui è parte debba prevalere sugli elementi

sostanziali, al punto di distruggere l'efficacia e il conte

nuto contrattuale di esso.

E non è neanche ipotizzabile, come pure si accenna a fare dalla difesa dell'appellante, una limitazione nello

svolgimento della tutela giudiziale, nel senso che solo nei

confronti dei singoli soci tra i quali era operante una clau

sola limitatrice della circolazione delle azioni, a sfondo

individuale, sarebbe possibile agire per il ripristino o il

rispetto di essa. In tal caso, infatti, i soci singolarmente

perseguiti, fuori della sfera societaria, potrebbero fonda

tamente opporre la già avvenuta soppressione o modifi

cazione di una tale clausola, in forza di una deliberazione

che, non essendo stata specificamente e direttamente

impugnata, è divenuta operativa e vincolante anche

rispetto ai soci dissenzienti.

Va disattesa pertanto la distinzione in oggetto e af

fermato invece che tutti i diritti individuali dei soci, an

corché di origine statutaria, non possono essere soppressi o

modificati dagli organi sociali, se non con il consenso dei

singoli titolari di essi.

Nel caso di specie il diritto di prelazione inerente alla

vendita del'e azioni è stato soppresso senza il consenso del

l'azionista Zucca, attuale appellante ; e poiché non si du

bita, nè si contesta, neanche da parte della Società ap

pellata, che trattasi di un diritto individuale, comechè

derivante da una norma dettata nell'interesse esclusivo e

diretto del socio, devesi ritenere la invalidità della delibe

razione in oggetto, presa da un organo sociale che, decidendo

a maggioranza, non aveva il potere di modificare la rela

tiva clausola dello statuto.

In accoglimento quindi del secondo motivo di gravame, l'anzidetta invalidità va concretamente tradotta nella

formula dell'annullamento della citata deliberazione del

13 gennaio 1956, limitatamente alla parte riguardante la

soppressione del 2° comma dell'art. 7 dello statuto, che ha

per oggetto la concessione, tra soci, del diritto di prefe renza nelle alienazioni o trasferimenti delle azioni.

Per questi motivi, ecc.

Ili

Il Tribunale, ecc. —- L9 attrici Pasqualetti Emilia

ed Angela hanno impugnato le deliberazioni tutte di

assemblee della Società S.v.a.m.a., assemblee adunatesi

rispettivamente in data 29 aprile 1954 e 30 aprile 1955, lamentando che le deliberazioni prese nell'assemblea del

1954 erano nulle per non essere state le Pasqualetti mede

sime invitate a partecipare all'assemblea, quelle prese dal

l'assemblea del 1955 erano nulle per la stessa ragione, nonché per non essere state depositate nel termine le scrit

ture contabili, infine perchè la votazione era nulla essendo

stata la maggioranza formata con 30 voti del socio Mag

giora a questi irregolarmente trasferiti in data 8 ottobre

1953 dal socio Gagliardi in spreto all'art. 4 dello statuto

sociale. Le attrici, inoltre, hanno chiesto che il Tribunale

revocasse dalla carica di liquidatore il Maggiora, nominando

altri in sua sostituzione e condannasse infine il Maggiora ed il Gagliardi al risarcimento dei danni.

Osserva innanzi tutto il Collegio che le Pasqualetti solo nelle more del giudizio, e precisamente in data 1° di cembre 1956, hanno presentato alla S. v. a. m. a. richiesta

di iscrizione nel libro dei soci del trasferimento ad esse, per successione a causa di morte, di 30 quote di pertinenza del

loro padre Pasqualetti Vittorio Emanuele, defunto nel mese

di luglio del 1953. La richiesta è stata accolta e nello stesso

giorno 1 dicembre 1956 è stata effettuata la iscrizione.

Orbene, a prescindere dal fatto che tale iscrizione non

appare del tutto regolare, in quanto, ai sensi dell'art. 4

dello statuto della Società, la intestazione delle quote avrebbe dovuto essere fatta in capo ad una sola delle eredi

Pasquale! * i e non in capo ad entrambe, deve porsi nel do

vuto rilievo che le attrici hanno comunque acquisito la

qualità di socie della S. v. a. m. a. unicamente a partire dalla data del 1° dicembre 1956 : prima di tale data le

Pasqualetti non erano di fronte alla Società titolari delle

quote, non erano socie e non potevano essere titolari dei

diritti che lo statuto e la legge riconoscono ai soci. Ed invero per specifica disposizione di legge (v. art. 2479,

capov., cod. civ.) il trasferimento delle quote in una società

a responsabilità limitata (quale è la S. v. a. m. a.) non ha

effetto di fronte alla società stessa, se non dal momento

dell'iscrizione nel libro dei soci e cioè in quel libro (obbli

gatorio) nel quale (v. art. 2490, n. 1, cod. civ.) devono essere

indicati il nome dei soci, i versamenti fatti sulle quote, nonché le variazioni nelle persone dei soci medesimi.

Non può sottacersi, a questo punto, che le attrici hanno

osservato, in proposito, che esse avevano preso parte ad

un'assemblea (30 aprile 1955) alla quale erano state am

messe, sicché la loro qualità di socie sarebbe stata rico

nosciuta dalla Società ben prima che, a loro richiesta, venisse fatta l'iscrizione del trasferimento a loro nome delle

30 quote sociali ereditate dal padre. Senonchè il tenore

della norma contenuta nell'art. 2479 è troppo preciso per

prestarsi ad equivoci : rispetto alla società sono soci solo

coloro che tali risultino mediante la iscrizione citata. Nè

possono concepirsi equipollenti : la ratio della disposizione dell'art. 2479 si poggia sull'esigenza, evidente e necessaria, di evitare che, nel caso di variazioni nelle persone dei soci,

possano verificarsi irregolarità o comunque possano risultare

situazioni di incertezza in ordine alla titolarità delle quote. È così che per l'efficacia del trasferimento delle quote

per atto tra vivi o mortis eausa, decisivo verso la società non è il momento della cessione e neppure quello della co

municazione, ma quello dell'iscrizione nel libro dei soci,

appunto perchè tale iscrizione ha il valore di una forma

di pubblicità costitutiva, seppure di carattere, per così

dire, interno : essa, infatti, per quanto riguarda il trasfe

rimento mortis causa che qui interessa, ha luogo solo verso

esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, titolo

che, a rigore, si sostanzia nella necessità della accetta

zione dell'eredità (art. 459 e 470 cod. civ.) e, per i legatari della quota, di fornire la prova di aver ottenuto il possesso dall'erede (art. 649, 3° comma, cod. civ.). È chiaro pertanto che solo attraverso le modalità prescritte dall'art. 2479 il trasferimento delle quote può operarsi con le necessarie

garanzie formali e sostanziali. Ne consegue che è ovvia mente inconcepibile che taluno possa, come invece sosten

gono le Pasqualetti, diventare socio di una società a r. 1. mediante la mera acquiescenza dell'assemblea.

Ii3 considerazioni che precedono dimostrano, in con

clusione, che le attrici sono divenute effettivamente socie

della S. v. a. m. a. soltanto dal 1° dicembre 1956, da quando cioè le quote del Pasqualetti Vittorio sono state, a loro ri chiesta documentata, iscritte formalmente nel libro dei soci in capo ad esse.

Prima della data sopra indicata le attrici non erano nè,

per quanto già sopra detto, potevano essere considerate socie e, pertanto, non erano ovviamente legittimate a

proporre impugnazioni per i motivi previsti in citazione sub a), b) e e). E si noti, in proposito, che la S. v. a. m. a., tramite il suo liquidatore Maggiora Lorenzo, aveva prov veduto (in data 21 aprile 1954 e quindi entro gli otto giorni prescritti dall'art. 8 dello statuto) a spedire, come emerge dalle produzioni della detta Società, al domicilio del de funto Pasqualetti Vittorio la regolare lettera di convoca zione dell'assemblea fissata per i giorni 20 e 30 aprile 1954, realizzando pertanto lo scopo sostanziale di porre coloro che sono poi risultate le acquirenti mortis causa delle quote, vale a dire le sorelle Pasqualetti, nella concreta possibilità di regolarizzare la loro posizione di socie ai sensi dell'art.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1766

2479, e di intervenire ritualmente alla riunione : le Pasqua

letti, debbono quindi imputare solo a se stesse il fatto di

non aver ottemperato a quanto sopra, e ciò vale sia in rela

zione all'assemblea tenutasi il 29 aprile 1954, sia in rela

zione all'assemblea del 30 aprile 1955, in ordine alla quale,

peraltro, le attrici, pur essendo state convocate, come ri

sulta dal verbale relativo, non banno neppure offerto di

provare il loro assunto, vale a dire che l'avviso non sarebbe

stato spedito in termini e cbe, pure in termini, non sarebbero

state depositate le scritture contabili.

Resta da esaminare un'ulteriore questione sollevata

dalle Pasqualetti. In data 8 novembre 1953, come è pacifico in causa, il

socio della S. v. a. m. a. Gagliardi Ottavio, proprietario di

trenta quote, cedette le stesse a titolo oneroso ad altro

socio e precisamente a Maggiora Lorenzo, ed il trasferi

mento venne in pari data iscritto nel libro dei soci. Orbene

le attrici sostengono che tale negozio di cessione dovrebbe

essere dichiarato nullo, essendo avvenuto in spreto allo

art. 4 dello statuto sociale, che prevede il diritto di prela zione di tutti i soci in caso di cessione di quote. Oppongono,

sostanzialmente, le controparti che le sorelle Pasqualetti, al momento della cessione delle quote dal Gagliardi al

Maggiora (8 novembre 1953) non erano ancora socie della

S. v. a. m. a., e quindi non avevano quel diritto di prela zione all'acquisto delle quote che in questa sede invocano

nè, correlativamente, il Gagliardi aveva l'obbligo di of

frire le quote a chi socio non era. Si è già dimostrato più

sopra che effettivamente le Pasqualetti non erano socie

della S. v. a. m. a. alla data suddetta, in quanto non avevano

ancora provveduto ad adempiere le necessarie formalità

per fare iscrivere nel libro dei soci il trasferimento delle

quote ad esse pervenute iure hereditatis.

Ciò non intacca, però, ad avviso del Collegio, il buon

diritto delle attrici di lamentarsi, nella propria attuale

qualità di socie della S. v. a. m. a., in ordine alla irrego larità della cessione in esame. Va rilevato in proposito che

è assurdo ed inconcepibile che nel lasso di tempo intercor

rente tra la morte di un socio (di una società a responsa bilità limitata, quale è appunto la S. v. a. m. a.), e la iscri

zione del trasferimento delle sue quote a nome di coloro cbe

dimostrano di esserne gli acquirenti mortis causa, possa verificarsi una insanabile lacuna di guisa che sorga la pos sibilità per l'altro socio (l'esempio è volutamente limitato

al caso di una società con due soli soci per ragioni di sem

plicità e di maggiore evidenza) di eludere una eventuale

preesistente clausola statutaria di prelazione inter socios.

Si faccia l'ipotesi che in una società a r. 1., nel cui statuto

esista una clausola di tal genere, il socio Tizio, immedia

ta,mente dopo la morte del socio Caio, venda le proprie

quote ad un terzo ; è evidente che in questo caso gli eredi

e legatari di Caio, anche volendolo, non avrebbero neppure il tempo materiale necessario per svolgere tutte le pratiche della successione, per munirsi del titolo e per farlo iscrivere

nel libro dei soci ; non avrebbero, cioè, il tempo necessario

per risultare soci verso la società e quindi, appunto perchè non ancora soci al momento della cessione, non potrebbero, se valida fosse la tesi dei convenuti, neppure lamentarsi

di non essere stati interpellati per l'eventuale esercizio del

loro diritto di prelazione. È di macroscopica evidenza la

assurdità di una situazione del genere. La verità è che una

tale situazione non può verificarsi se non attraverso una

sostanziale violazione del patto di prelazione. Per una

fictio iuris, la cui ratio è chiaramente intuibile, il socio de

funto rimane verso la società a r. 1. socio, finché al suo

nome non venga, col rispetto delle formalità prescritte dall'art. 2479, sostituito quello dell'acquirente mortis causa ;

ne consegue che il socio che intende vendere la propria

quota deve fare l'offerta (per l'eventuale esercizio del

diritto di prelazione) anche al socio che, pur essendo de

funto, non sia ancora stato sostituito, come socio, dall'acqui rente mortis causa. Tale offerta, ovviamente, dovrà essere

fatta pervenire, per raggiungere lo scopo sostanziale, al

luogo dell'ultimo domicilio del defunto, siccbè sia possibile

porre gli aventi causa nella condizione di eventualmente

attivarsi al fine di far valere il diritto di prelazione, previa

regolarizzazione della loro qualità di soci.

Ciò, nella specie, non risulta essere stato fatto dal Ga

gliardi, di guisa che le Pasqualetti non sono state poste nelle condizione di far valere, nel senso sopra illustrato,

il loro diritto di prelazione. È stata così elusa e quindi

violata, nella sua sentenza, la clausola di prelazione inter

socios di cui al citato art. 4 dello statuto della S. v. a. m. a.

E poiché è noto, anche sulla base dell'autorevole giurispru denza del Supremo collegio, che le clausole di prelazione

statutarie, oltre ad essere indirizzate alla tutela del patri monio sociale, consacrano pure un vero e proprio diritto

dei soci wti sìnguli, ne consegue che, nel caso in esame, l'avvenuta violazione della menzionata clausola della

S. v. a. m. a. ha leso il diritto di prelazione spettante in

particolare alle sorelle Pasqualetti, quali eredi del socio

defunto Pasqualetti Vittorio, con l'ulteriore ovvia conse

guenza che il trasferimento 8 novembre 1953 delle quote del Gagliardi al Maggiora va dichiarato nullo e di nessun

effetto.

Dalla nullità, testé dichiarata, le attrici vorrebbero

peraltro far derivare anche la nullità della deliberazione

assembleare 30 aprile 1955 : questa infatti, secondo le

Pasqualetti, sarebbe stata presa con una votazione nulla

essendosi la maggioranza formata mediante il voto corri

spondente a trenta quote passate in proprietà dal Gagliardi al Maggiora in violazione dell'art. 4 dello statuto. Senonchè

è facile osservare come nella specie ci si trova di fronte non

ad un caso di deliberazione nulla (per impossibilità o illi

ceità dell'oggetto, v. art. 2379 cod. civ., ecc.) bensì ad un

caso di deliberazione annullabile (v. art. 2377), appunto

perchè presa in modo sostanzialmente non conforme allo

statuto (esclusi, infatti, i 30 voti del Gagliardi di cui il

Maggiora non poteva servirsi, perchè nulla la cessione, la

maggioranza di 3/4 del capitale sociale, prescritta dallo

statuto, non si è formata nell'assemblea 30 aprile 1955,

avendo la somma di 30 voti del Maggiora e dei trenta del

l'altro socio Gavanna raggiunto solo la metà del capitale

sociale). Trattandosi di deliberazione annullabile, il Tribunale

non può limitarsi ad accertare se vi sia stata violazione

di una norma statutaria, ma deve altresì indagare se la

deliberazione sia stata legittimamente impugnata da chi

oggi lamenta quella violazione. Ora si è visto sopra che

all'epoca della deliberazione in esame le Pasqualetti non

erano nèpotevano essere considerate socie della S. v. a. m. a.,

perchè non avevano provveduto, per loro esclusiva negli

genza, a far iscrivere nel libro dei soci il trasferimento delle

quote ereditate : esse, pertanto, non avevano, allora, la

qualità costituente il presupposto essenziale e necessario

del potere di impugnativa. Ne consegue che esse non pos sono oggi chiedere l'annullamento di una deliberazione,

alla quale non hanno validamente partecipato : è di in

tuitiva evidenza, infatti, che soltanto chi ha validamente

partecipato, in qualità di socio, ad una riunione assem

bleare, può legittimamente impugnare la deliberazione

presa nel corso di tale riunione. Sotto questo profilo si

appalesa, pertanto, del tutto irrilevante la circostanza che

le sorelle Pasqualetti abbiano successivamente acquistato

quella qualità di socio, che in loro difettava al momento

della deliberazione. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione I civile ; sentenza 6 ottobre 1959, n. 2695 ; Pres.

Zappia P., Est. Gabrielli, P. M. Colli (conci, conf.) ;

Finanze c. Fallimento Busolo (Aw. Franchi).

(Cassa App. Venezia 23 ottobre 1957)

Registro — Donazione ira coniugi — Sentenza dichia

rativa della nullità — Applicabilità dell'imposta

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