Sezione I civile; sentenza 16 ottobre 1959, n. 2881; Pres. Lonardo P., Est. Bianchi d'Espinosa, P.M. Cutrupia (concl. conf.); Fazio (Avv. Panebianco, Marziano, De Martini) c. Ciancio (Avv.Molle), Sanfilippo (Avv. Ferri), Paternò Castello Artale (Avv. Bozzi, Stolfi), Ciancio M., S.r.l.Editrice Risorgimento (Avv. Gennuso)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 10 (1960), pp. 1757/1758-1765/1766Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151708 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
addursi che nel caso di mancata affissione la sentenza non
passerebbe mai in giudicato. Invero, l'affissione è un atto
che rientra tra i doveri di ufficio del cancelliere, il quale deve eseguirla entro otto giorni dalla pubblicazione della
sentenza. Pertanto, nel caso di inadempimento di tale
obbligo, qualunque interessato può ottenerne l'esecuzione, richiamando l'attenzione del funzionario, e ricorrendo, se
del caso, all'intimazione di cui all'art. 60, n. 1, cod. proc. civ. (v. sent. 1779 del 28 maggio 1958, Foro it., Rep. 1958,
voce cit., n. 500). (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
I
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 16 ottobre 1959, n. 2881 ; Pres.
Lonardo P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Cutru
pia (conci, conf.) ; Fazio (Avv. Panebianco, Marziano, De Martini) c. Ciancio (Avv. Molle), Sanfilippo
(Avv. Ferri), Paterno Castello Artale (Avv. Bozzi,
stolfi), Ciancio M., S.r.l. Editrice Risorgimento (Avv.
grennuso).
(Conferma Api). Roma 22 giugno 1957)
Società -— Società a responsabilità limitata -—- Alie
nazione di quota — Diritto di prelazione — Con
cetto (Cod. civ., art. 2479, 1331). Società — Società a responsabilità limitata—• Tras
lerimcnto di quota — Violazione del diritto di
prelazione — Iscrizione da parte della società —•
Obbligo — Insussistenza (Cod. civ., art. 2479). Società — Società a responsabilità limitata — Alie
nazione di quota — Determinazione di un diritto
di prelazione a favore degli altri soci — Confi
gurability di condizione potestativa negativa (Cod.
crv., art. 2479, 2353). Società — Società a responsabilità limitala —- Eser
cizio del diritto di prelazione — Termine di pre scrizione — Decorrenza (Cod. civ., art. 2479, 2935,
2949).
La clausola statutaria di società a responsabilità limitata,
mediante la quale, si conviene che, in caso di alienazione
di quote, il socia cedente debba fame offerta agli altri soci
a parità di condizioni, pone in essere un diritto di pre lazione. (1)
Qualora il trasferimento di quota di società a responsabilità limitata avvenga in violazione del diritto di prelazione stabilito nello statuto, la società non è obbligata all'anno
tazione relativa sul libro dei soci. (2) Si ha condizione potestativa negativa allorché le parti subor
dinano l'efficacia del trasferimento di quota al mancato
esercizio del diritto di prelazione da parte degli altri
soci. (3) Il termine di prescrizio-ne per l'esercizio del diritto di prela
zione decorre dal giorno in cui viene effettuata l'offerta in cessione della quota. (4)
II
CORTE D'APPELLO DI BARI.
Sentenza 4 dicembre 1959 ; Pres. De Lellis, Est. Ri
poli ; Zucca (Avv. Russo Frattasi, Scillitani, Nu
volone) c. Soc. Zuccherifici meridionali (Avv. Si
ciliani, Fresa, Werner).
Società — Società per azioni — Diritto di prela
zione — Delibera maggioritaria di soppressione — Annullabilità.
È annullabile la deliberazione dell'assemblea che a mag gioranza sopprime il diritto di prelazione in favore dei
soci in caso di trasferimento delle azioni. (5)
III
TRIBUNALE DI GENOVA.
Sentenza 15 giugno 1959 ; Pres. Altobelli P., Est. Gm glione ; Pasqualetti (Avv. Gatteschi) c. Soc. S.v.a.m.a.
(Avv. Zanin), Maggiora (Avv. Cardino) e Gagliardi (Avv. Bertoni).
Società — Società a responsabilità limitata — Tras
ferimento «Ielle quote — Richiesta di iscrizione
nel libro dei soci — Efficacia del trasferimento
(Cod. civ., art. 2479). Società — Società a responsabilità limitata —- Diritto
di prelazione — Vendita di quota — Mancala
offerta al socio defunto non sostituito — Nullità
(Cod. civ., art. 2479). Società — Società a responsabilità limitata — Irre
golare partecipazione all'assemblea — Influenza
sulla deliberazione — Annullabilità (Cod. civ., art. 2377, 2379).
Società — Società a responsabilità limitata — Azione
di annullamento della deliberazione — Legitti mazione dell'erede non ancora iscritto al momento
della deliberazione — Insussistenza (Cod. civ., art. 2377).
Il trasferimento di quote di una società a responsabilità limi
tata e la conseguente acquisizione della qualità di socio
hanno effetto nei confronti della società solo per mezzo e dal momento dell'iscrizione del detto trasferimento nel libro
dei soci, e non dal momento della cessione o della comu -
nicazione o mediante le semplice acquiescenza dell'as
semblea. (6)
Nell'ipotesi della esistenza di un diritto di prelazione a
favore degli altri soci, l'alienante di una quota di società a responsabilità limitata è tenuto, pena la nullità dell'alie
nazione, ad offrire in cessione la quota anche al socio de
funto presso il suo ultimo domicilio, qualora gli eredi non abbiano ancora provveduto all'iscrizione del trasfe rimento. (7)
La irregolare partecipazione ad un'assemblea da parte di un quotista (nella fattispecie l'irregolarità derivava dal
trasferimento avvenuto in violazione del diritto di prela zione) determina, ove abbia influito sulla formazione della maggioranza, l'annullabilità e non la nullità della
deliberazione. (8) Non sono legittimati all'azione di annullamento di una
deliberazione assembleare ex art. 2377 gli eredi del socio di una società a responsabilità limitata, che non abbiano
ancora fatto iscrivere il trasferimento sul libro dei soci. (9)
(1, 3, 5) Sulla distinzione fra diritto di prelazione e diritto di
opzione di cui alla sentenza della Cassazione, vedi App. Firenze 20 giugno 1953, Foro it., 1954, I, 1120, che esclude fra l'altro l'ammissibilità del diritto di prelazione nel caso di trasferimento inter socios, sentenza annotata in parte criticamente da Btjttaho, Patto di opzione, clausola di prelazione, vincoli al trasferimento di quote, nelle società a r. I., in Banca, borsa, ecc., 1954, II, 92.
Sulla validità di clausole che, come quella di prelazione, limitano la libera trasferibilità delle quote o azioni di società, vedi Trib. Torino 15 maggio 1954, Foro it., 1954, I, 1387.
Per la inapplicabilità della clausola di prelazione a parità di condizioni ai trasferimenti inter vivos a titolo gratuito, vedi
App. Messina 11 luglio 1957, id., Rep. 1958, voce Società, n. 423 e Trib. Brindisi 31 luglio 1953, id., Rep. 1955, voce cit., ri ri.
398, 399. Nel senso della invalidità della deliberazione che a maggio
ranza sopprime un preesistente diritto di prelazione, vedi Cass. 10 ottobre 1957, n. 3702, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 389-404, ed in dottrina Ascabellt, Limiti statutari alla circolazione delle
partecipazioni azionarie, in Banca, borsa, ecc., 1953, I, pag. 28 e segg., n. 18, e per il caso opposto di introduzione della clausola
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1759 PARTE PRIMA 1760
I
La Corte, eco. —- (Omissis). Secondo punto della argo mentazione della sentenza impugnata, è la definizione del
negozio posto in essere fra le parti, quale vendita di quote, sottoposta a condizione sospensiva negativa (mancato esercizio del diritto di «opzione » da parte degli altri soci).
Anche questo giudizio, costituente interpretazione della volontà dei contraenti, costituisce un apprezzamento di
fatto, incensurabile in questa sede, e non censurato, del
resto, dal ricorrente, salvo clie con un inciso (« non sembra clie possa attagliarsi al caso la figura della condizione ») contenuto nel 7° motivo del ricorso. Quell'interpretazione,
comunque, è pienamente aderente alla volontà espressa nella lettera-ricevuta del 31 marzo 1946 (esibita dallo stesso Fazio), con la quale il Ciancio si dichiarava pronto a «restituire la somma versatami nel caso in cui fosse esercitata opzione a termini dello statuto sociale », con
un chiarissimo riferimento alla possibilità dell'inefficacia della vendita in relazione al verificarsi di un determinato
evento (esercizio del diritto di opzione). Soltanto nelle
osservazioni scritte, presentate dopo l'udienza in replica
di prelazione, vedi App. Genova 31 dicembre 1956, Foro it., 1957, I, 2049, con nota critica di Pascale, Azioni. Diritto di
prelazione in caso di trasferimento, in Nuova riv. dir. comm., 1957, 240, nonché Ascarelli, L'interesse sociale dell'art. 2441. La teoria dei diritti individuali e il sistema dei vizi delle delibera zioni assembleari, in Riv. società, 1956, 106-108, note 5,7, il quale precisa che il vizio della deliberazione ne produce l'annullabilità
(sostengono, ma senza riferimento specifico alla deliberazione in esame, l'inefficacia della deliberazione, che violi un diritto individuale dell'azionista il Mengoni, in Riv. dir. comm., 1955, II, 281 ed il Mignoli, Le assemblee speciali, Milano, 1960).
Nel senso della validità di tali deliberazioni, vedi App. Mi lano 24 aprile 1959, Foro it., Rep. 1959, voce cit., n. 360 e Trib. Milano 29 novembre 1957, id., Rep. 1957, voce cit.,nn. 390, 391, commentata da La Gioia, in Mon. trib., 1958, 763.
Sulla efficacia di cessione di quote o azioni avvenuta in vio lazione del diritto di prelazione degli altri soci, App. Roma si è
pronunciata nel senso della nullità dell'alienazione con sentenza 25 giugno 1956, Foro it., Rep. 1957, voce cit., n. 405 ; nella stessa sentenza si afferma la efficacia inter partes del trasferimento anche se manchi il gradimento della società. Sulla natura di questa ultima clausola e sempre nel senso della semplice inopponibilità dell'avvenuto trasferimento alla società, che non dia il suo gradi mento, vedi Cass. 13 luglio 1957, n. 2848, id., 1957, I, 1953, con ampia nota di richiami, e nota critica di Be Maio, Effetti delle limitazioni statutarie alla circolazione delle partecipazioni azionarie, in Banca, borsa, ecc., 1957, II, 544. Adde in dottrina Stolfi M., In tema di limiti alla trasferibilità delle azioni, id., 1957, I, 208, che conclude per l'estinzione dell'alienazione a causa del mancato godimento.
Per una interessante rassegna delle varie clausole in tema di limitazione alla trasferibilità di quote o azioni, vedi Rusconi, Clausole dì gradimento e clausole di prelazione nella recente prassi societaria, in Riv. società, 1958, 145.
(2, 4, 7) Non risultano precedenti in materia.
(6, 9) Sulla necessità della iscrizione nel libro dei soci per la efficacia del trasferimento nei confronti della società, vedi, nello stesso senso della sentenza annotata, Cass. 14 novembre 1959, n. 3377, Foro it., Rep. 1959, voce Società, n. 393, nonché App. Roma 17 marzo 1958, id., 1959, I, 1436 ; con nota adesiva di Biondi, Trasferimento delle quote e funzione del libro dei soci nelle società a r. I., in Banca, borsa, ecc., 1959, II, 226.
Nel senso che la legittimazione ad opporsi a deliberazioni di assemblea di soc. a r. 1. spetta solo a quei soci che risultano iscritti nel libro dei soci al momento dell'assemblea (e che tali restano durante l'intero procedimento) e non anche a coloro che ottengono la iscrizione dopo la deliberazione assembleare, vedi App. Milano 12 aprile I960, retro, 1019, con nota di richiami.
(8) Nel senso che la nullità del voto di chi appare legittimato a votare in assemblea determina l'annullabilità e non la nullità della deliberazione, purché la maggioranza risulti effettivamente influenzata dai voti nulli, vedi Trib. Torino 12 giugno 1959, Giur. it., 1960, I, 2, 589 ; Trib. Verona 4 maggio 1959, Foro it., Rep. 1959, voce Società, n. 309 e infine Trib. Milano 16 marzo 1956, id., 1957, I, 1348, con nota di richiami.
Per riferimenti, v. pure Messineo, La clausola di gradi mento all'alienazione delle azioni ed i diritti inerenti alla qualità di socio, in Riv. società, 1960, 18.
alle conclusioni del P. m., ai sensi dell'art. 379 cod. proc. civ., il ricorrente tenta di contestare il valore della lettera
31 marzo 1946, ed afferma che in essa l'aggiunta di una
condizione fu « arbitrariamente » apposta dal Ciancio. Si
tratta, com'è chiaro, di una nuova tesi di fatto, del resto
non sorretta da alcun elemento, ohe, evidentemente, non
può essere sollevata per la prima volta in questa sede.
La suddetta definizione consente di ritenere superata la
censura formulata nel quinto motivo del ricorso. Il ricor
rente (sia pure in via subordinata) propone la tesi che fosse
stata conclusa una interposizione reale (il Ciancio avrebbe
acquistato per conto del Fazio, con il conseguente obbligo di ritrasferire a quest'ultimo le quote, ai sensi dell'art.
1706 cod. civ.) ; onde la domanda di risarcimento del
danno avrebbe dovuto essere accolta almeno nei confronti
del Ciancio, il quale si sarebbe reso responsabile di viola
zione agli obblighi derivanti dal mandato fiduciario rice
vuto. Ma è evidente che, anche ammessa tale configura zione del negozio (acquisto del Ciancio a nome proprio, ma per conto del Fazio), l'obbligo di ritrasferire del fidu
ciario sarebbe stato, comunque, subordinato al mancato
avverarsi della condizione sospensiva negativa, apposta al contratto posto in essere tra il Ciancio ed il Fazio, onde
anche questa censura resta superata dall'accertamento di
fatto, che si trattò in realtà di un negozio condizionato.
La questione a questo punto restava circoscritta ad
accertare se effettivamente si fosse verificato l'avveni
mento dedotto in contratto come condizione sospensiva
negativa, se cioè gli altri soci avessero o meno esercitato il diritto « di opzione » di cui all'art. 8 dello statuto sociale
(secondo tale norma statutaria « una quota può essere
alienata a terzi soltanto dopo che sia stato esercitato il
diritto di opzione spettante a tutti gli altri soci », ai quali deve essere offerta).
È da rilevare che la sentenza impugnata esattamente
ricondusse la facoltà, riservata ai soci dal ricordato art. 8, alla disposizione dell'art. 2479 cod. civ., secondo il quale le quote sono trasferibili per atto tra vivi, « salva contraria
disposizione dell'atto costitutivo ». Quantunque l'art. 8
parli di diritto di opzione, e quantunque la sentenza, in
altri punti, sembri ritenere applicabili anche le disposi zioni degli art. 2441 e 2495 sull'opzione (su questa parte l'inesattezza non ha avuto alcuna influenza sulla deci
sione), non può parlarsi in realtà di un'ipotesi di opzione, nel senso di cui all'art. 2441, riguardando questa il caso di aumento di capitale (obbligo di offrire le azioni di nuova emissione agli azionisti in proporzione al numero delle azioni da loro possedute) ; e riguardando invece l'art. 8 dello statuto qualsiasi caso di alienazione a terzi di quote.
Si tratta, perciò, di una disposizione restrittiva della libera alienazione delle quote sociali (disposizione prevista dal ricordato art. 2479), e cioè di una clausola di prela zione a favore di tutti gli altri soci, ai quali le quote ven dute devono essere offerte prima che l'alienazione abbia effetto. In realtà, la Corte di merito inquadrò esattamente nei detti termini la clausola in questione, parlando di man cata autorizzazione degli altri soci ad intestare al Fazio le
quote in questione, in relazione all'art. 8 : e, contro questa conclusione, non ha alcuna rilevanza la censura, contenuta nel terzo motivo del ricorso, secondo la quale sarebbe stato erroneamente trasformato il diritto di opzione in autoriz zazione ex art. 2479. Chè, come si è detto, nel caso con creto non poteva assolutamente parlarsi di opzione nel senso di cui all'art. 2441, mancandone i presupposti, onde la tesi prospettata in questo motivo del ricorso non ha
fondamento. La clausola di prelazione si risolveva, in definitiva,
nell'obbligo di offrire le quote in vendita agli altri soci, e nella facoltà di questi di esercitare su di esse il diritto di prelazione (o di opzione) ; in tal senso conserva piena validità l'affermazione, posta dalla sentenza impugnata a base della sua dimostrazione, che gli altri soci e la Società non consentirono mai l'acquisto da parte del Fazio, anzi dimostrarono la loro volontà negativa a tale acquisto, o,
comunque, non fu dimostrato l'assenso degli altri soci, necessario ai sensi dell'art. 8 dello statuto. E, se l'affer
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mazione parte da un presupposto che è certamente errato in diritto (che nella società a responsabilità limitata domina l'intuitus personae, che è proprio delle società di persone), non potendosi negare che la società a r. 1., al pari della società per azioni, sia una società di capitali ; l'errore in cui è incorsa la Corte resta isolata affermazione, che non ha avuto alcuna influenza sulla decisione, e che non può costituire motivo di annullamento della sentenza.
Eesta così superato il secondo motivo del ricorso, per la parte con cui si segnala quell'innegabile errore. Per
tutto il resto lo stesso motivo è infondato. Il ricorrente
riconosce che lo statuto può porre limiti al libero trasferi
mento delle quote, ma sostiene che la contraria disposi zione, di cui all'art. 2479, non esiste nel caso concreto,
mentre, come si è già detto, quella disposizione esiste, ed
è l'art. 8, che impone l'obbligo di offrire le quote agli altri
soci in opzione prima dell'alienazione. Cade, sulla scorta
di tale osservazione, tutta la tesi contenuta nello stesso
motivo del ricorso, secondo la quale la Volontà degli altri
soci non poteva impedire il trasferimento delle quote dal
Ciancio al Fazio, e l'altra tesi secondo la quale, una volta
avvenuta la cessione, la Società sarebbe stata obbligata ad annotare il trasferimento nel libro dei soci (art. 2479, 3° comma), e non libera di rifiutarsi.
Il che è certamente esatto in linea di massima ; non
quando, come nel caso in questione, esiste una clausola
statutaria di prelazione, all'osservanza della quale l'ente
sociale e gli altri soci hanno indubbio interesse (cfr. la
sentenza di questa Corte suprema 10 ottobre 1957, n. 3702, Foro it., Rep. 1957, voce Società, n. 404) ; e non special
mente, allorché il mancato esercizio del diritto di prela zione funge, per espressa volontà delle parti, quale condi
zione sospensiva negativa, e quando tale condizione si è
avverata (e perciò il trasferimento non è efficace). Non avrebbe potuto perciò neppure essere ricono
sciuta l'efficacia del trasferimento inter partes (ultima censura contenuta nello stesso motivo del ricorso), perchè, anche nei rapporti interni fra alienante ed acquirente, la trasmissione della proprietà delle quote era subordinata
alla suddetta condizione.
Ciò che si è detto dimostra come, evidentemente, uno
solo era il punto centrale da risolvere ; accertare se effetti
vamente il diritto di prelazione fosse stato tempestiva mente esercitato. La tesi dell'interposizione fittizia (inte stazione delle quote al Ciancio, che dissimula, con con
senso della Società e degli altri soci, la reale appartenenza delle quote al Fazio) va appunto, in questo quadro, inter
pretata come integrante (dimostrandosi il consenso degli altri soci) la prova della rinunzia dei soci all'esercizio del
diritto di prelazione (con conseguente mancato avverarsi
dell'evento integrante la condizione sospensiva negativa). Ed anche qui la Corte d'appello, con un giudizio di
fatto, ampiamente motivato, e perciò non soggetto a sin
dacato in sede di legittimità, giunse alla conclusione che i
soci, lungi dal consentire il trasferimento, manifestarono
costantemente (ed i motivi per cui ciò avvenne, indicati in motivi politici, non hanno rilevanza) la loro avversione
all'iscrizione del Fazio nel libro dei soci ; e che gli organi sociali si rifiutarono costantemente di riconoscere nel
Fazio la qualità di socio (con relativa esclusione della tesi
dell'interposizione fittizia). Ed anche in questo caso,
quindi, la censura (contenuta nel quarto mezzo del ricorso), è rivolta contro un apprezzamento di fatto, e costituisce
un tentativo, cui non può essere consentito ingresso in
sede di legittimità, di sottoporre a nuovo esame il materiale
probatorio già accuratamente esaminato e vagliato dai
Giudici di merito. I quali, infine, ritennero che i soci Sanfilippo e Paternò
esercitarono iure la loro facoltà di prelazione ; sia pure soltanto nel 1953, perchè solo allora, allorché il Fazio
chiese il trasferimento, fu offerto ad essi di esercitare il
diritto d'opzione (e, con l'esercizio di quella facoltà, si
avverò la condizione sospensiva negativa, e il trasferi
mento rimase inefficace). Le censure contenute nel settimo motivo del ricorso,
in quanto censurano questa conclusione, affermando che
Il Foro Italiano — Volume LXXXIII — Parte I-113.
l'esercizio del diritto di opzione non fu manifestato nel
termine dell'art. 2441 cod. civ., sono irrilevanti, perchè
partono dal presupposto, erroneo, clie si tratti di diritto
d'opzione, e non di clausola di prelazione ai sensi dell'art.
2479. E, per il fatto che solo nel 1953 le quote furono
offerte agli altri soci per l'eventuale esercizio di quel diritto, non può parlarsi nè di mancata legittimazione dei
soci Sanfilippo e Paterno (anche se essi non erano soci al
momento della vendita), nè di prescrizione ex art. 2949 cod. civ. del diritto di opzione.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
II
La Corte, ecc. — (Omissis). È fondato, invece, il secondo motivo diretto a contestare l'esattezza del principio affer mato dal Tribunale, secondo il quale un diritto soggettivo
perfetto (e cioè il diritto di prelazione) derivante da un
vero e proprio contratto parasociale, incorporato nello
statuto, può essere legittimamente abrogato attraverso una delibera maggioritaria.
Il Tribunale si è genericamente richiamato, al riguardo, al tipo normale della società per azioni, caratterizzato
dalla libera alienabilità delle sue azioni, e al favore con
cui debbono essere riguardate le modificazioni statutarie che tendono ad abolire i limiti posti alla circolazione, per ricondurre la regolamentazione sociale all'anzidetta situa
zione di normalità tipica. Di rincalzo, la Società appellata, senza contestare che
la clausola di prelazione attribuisce ai singoli soci un tale
diritto, ha distinto in due categorie i diritti soggettivi dei soci, e cioè, quelli derivanti dalla legge e quelli di
origine statutaria, e ha sostenuto che, mentre i primi non
possono essere aboliti che per rinunzia unanime di tutti
coloro a favore dei quali sono previsti, per i secondi,
seguendo essi le sorti dello statuto, è possibile la modifi
cazione e la soppressione con deliberazione maggioritaria. La Corte ritiene di non poter attribuire un valore
determinante alla generica considerazione valorizzata dal
Tribunale, perchè essa non ha importanza di un indiscusso
principio di diritto, e si rivela inoltre poco efficace in un
caso, come quello attuale, per il quale lo stesso legislatore ha previsto deroghe alla libera circolazione delle azioni con il disposto dell'ultimo comma dell'art. 2355 cod. civ. che testualmente recita : « L'atto costitutivo può sotto
porre a particolari condizioni l'alienazione delle azioni
nominative ».
Nè ritiene di poter aderire alla distinzione enunciata,
dall'appellata e di far proprie le conseguenze giuridiche da essa ricavate. Tale distinzione, infatti, non rispecchia lo spirito e il contenuto dell'art. 2377 cod. civ., nel quale la conformità all'atto costitutivo è posta sullo stesso piano della conformità alla legge, ai fini della validità delle deliberazioni assembleari, e urta contro l'indirizzo dottri
nale più autorevole.
Lo sforzo della migliore dottrina è diretto infatti alla
enunciazione dei criteri che valgono a stabilire, con certezza,
quali sono, tra i complessi rapporti di cui è titolare il
socio, quelli che assurgono a diritti individuali ; ma, una volta che tali diritti siano stati identificati, non si dubita che tutti, senza differenziazione di sorta, meritino la più
ampia tutela e siano, tra l'altro, sottratti alla disponibi lità della maggioranza.
Non sembra esatto poi, come oppone la Società ap pellata, che il socio, il quale intenda dare più ampio conte
nuto ai propri diritti individuali, debba servirsi di un distinto
contratto, parasociale, con i propri consoci. Infatti il negozio
giuridico, nel quale trova naturale e congrua regolamenta zione la posizione di ogni socio, tanto verso la società quanto nei confronti degli altri membri di essa, è il contratto
sociale, che si estrinseca, appunto, attraverso l'atto costi
tutivo, e non vi è nessuna ragione, nè giuridica nè pratica, in omaggio alla quale le parti convenute per dare vita
alle norme sociali, non potrebbero condensare in un unico
atto la disciplina relativa all'ordinamento e all'attività
della società, e la regolamentazione inerente ai rapporti,
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1763 PARTE PRIMA 1764
che legano i soci alla società e tra di loro, se non a rischio
di veder compromessi quei diritti patrimoniali che si ricol
legano alla posizione contrattuale di ciascuno di essi.
Il rilievo, d'altra parte, potrebbe essere apprezzabile al fine di eseludere la possibilità di inserire nell'atto costi
tutivo o nello statuto patti riguardanti i rapporti dei soci
tra di loro, e quindi diritti dei soci uti singuli, ma, una
volta che siano state superate le difficoltà relative ad una
tale inserzione, ed un accordo di siffatto genere sia stato
inserito nell'atto costitutivo, come nel caso di specie, non pare che il collegamento formale tra esso e l'atto
costitutivo di cui è parte debba prevalere sugli elementi
sostanziali, al punto di distruggere l'efficacia e il conte
nuto contrattuale di esso.
E non è neanche ipotizzabile, come pure si accenna a fare dalla difesa dell'appellante, una limitazione nello
svolgimento della tutela giudiziale, nel senso che solo nei
confronti dei singoli soci tra i quali era operante una clau
sola limitatrice della circolazione delle azioni, a sfondo
individuale, sarebbe possibile agire per il ripristino o il
rispetto di essa. In tal caso, infatti, i soci singolarmente
perseguiti, fuori della sfera societaria, potrebbero fonda
tamente opporre la già avvenuta soppressione o modifi
cazione di una tale clausola, in forza di una deliberazione
che, non essendo stata specificamente e direttamente
impugnata, è divenuta operativa e vincolante anche
rispetto ai soci dissenzienti.
Va disattesa pertanto la distinzione in oggetto e af
fermato invece che tutti i diritti individuali dei soci, an
corché di origine statutaria, non possono essere soppressi o
modificati dagli organi sociali, se non con il consenso dei
singoli titolari di essi.
Nel caso di specie il diritto di prelazione inerente alla
vendita del'e azioni è stato soppresso senza il consenso del
l'azionista Zucca, attuale appellante ; e poiché non si du
bita, nè si contesta, neanche da parte della Società ap
pellata, che trattasi di un diritto individuale, comechè
derivante da una norma dettata nell'interesse esclusivo e
diretto del socio, devesi ritenere la invalidità della delibe
razione in oggetto, presa da un organo sociale che, decidendo
a maggioranza, non aveva il potere di modificare la rela
tiva clausola dello statuto.
In accoglimento quindi del secondo motivo di gravame, l'anzidetta invalidità va concretamente tradotta nella
formula dell'annullamento della citata deliberazione del
13 gennaio 1956, limitatamente alla parte riguardante la
soppressione del 2° comma dell'art. 7 dello statuto, che ha
per oggetto la concessione, tra soci, del diritto di prefe renza nelle alienazioni o trasferimenti delle azioni.
Per questi motivi, ecc.
Ili
Il Tribunale, ecc. —- L9 attrici Pasqualetti Emilia
ed Angela hanno impugnato le deliberazioni tutte di
assemblee della Società S.v.a.m.a., assemblee adunatesi
rispettivamente in data 29 aprile 1954 e 30 aprile 1955, lamentando che le deliberazioni prese nell'assemblea del
1954 erano nulle per non essere state le Pasqualetti mede
sime invitate a partecipare all'assemblea, quelle prese dal
l'assemblea del 1955 erano nulle per la stessa ragione, nonché per non essere state depositate nel termine le scrit
ture contabili, infine perchè la votazione era nulla essendo
stata la maggioranza formata con 30 voti del socio Mag
giora a questi irregolarmente trasferiti in data 8 ottobre
1953 dal socio Gagliardi in spreto all'art. 4 dello statuto
sociale. Le attrici, inoltre, hanno chiesto che il Tribunale
revocasse dalla carica di liquidatore il Maggiora, nominando
altri in sua sostituzione e condannasse infine il Maggiora ed il Gagliardi al risarcimento dei danni.
Osserva innanzi tutto il Collegio che le Pasqualetti solo nelle more del giudizio, e precisamente in data 1° di cembre 1956, hanno presentato alla S. v. a. m. a. richiesta
di iscrizione nel libro dei soci del trasferimento ad esse, per successione a causa di morte, di 30 quote di pertinenza del
loro padre Pasqualetti Vittorio Emanuele, defunto nel mese
di luglio del 1953. La richiesta è stata accolta e nello stesso
giorno 1 dicembre 1956 è stata effettuata la iscrizione.
Orbene, a prescindere dal fatto che tale iscrizione non
appare del tutto regolare, in quanto, ai sensi dell'art. 4
dello statuto della Società, la intestazione delle quote avrebbe dovuto essere fatta in capo ad una sola delle eredi
Pasquale! * i e non in capo ad entrambe, deve porsi nel do
vuto rilievo che le attrici hanno comunque acquisito la
qualità di socie della S. v. a. m. a. unicamente a partire dalla data del 1° dicembre 1956 : prima di tale data le
Pasqualetti non erano di fronte alla Società titolari delle
quote, non erano socie e non potevano essere titolari dei
diritti che lo statuto e la legge riconoscono ai soci. Ed invero per specifica disposizione di legge (v. art. 2479,
capov., cod. civ.) il trasferimento delle quote in una società
a responsabilità limitata (quale è la S. v. a. m. a.) non ha
effetto di fronte alla società stessa, se non dal momento
dell'iscrizione nel libro dei soci e cioè in quel libro (obbli
gatorio) nel quale (v. art. 2490, n. 1, cod. civ.) devono essere
indicati il nome dei soci, i versamenti fatti sulle quote, nonché le variazioni nelle persone dei soci medesimi.
Non può sottacersi, a questo punto, che le attrici hanno
osservato, in proposito, che esse avevano preso parte ad
un'assemblea (30 aprile 1955) alla quale erano state am
messe, sicché la loro qualità di socie sarebbe stata rico
nosciuta dalla Società ben prima che, a loro richiesta, venisse fatta l'iscrizione del trasferimento a loro nome delle
30 quote sociali ereditate dal padre. Senonchè il tenore
della norma contenuta nell'art. 2479 è troppo preciso per
prestarsi ad equivoci : rispetto alla società sono soci solo
coloro che tali risultino mediante la iscrizione citata. Nè
possono concepirsi equipollenti : la ratio della disposizione dell'art. 2479 si poggia sull'esigenza, evidente e necessaria, di evitare che, nel caso di variazioni nelle persone dei soci,
possano verificarsi irregolarità o comunque possano risultare
situazioni di incertezza in ordine alla titolarità delle quote. È così che per l'efficacia del trasferimento delle quote
per atto tra vivi o mortis eausa, decisivo verso la società non è il momento della cessione e neppure quello della co
municazione, ma quello dell'iscrizione nel libro dei soci,
appunto perchè tale iscrizione ha il valore di una forma
di pubblicità costitutiva, seppure di carattere, per così
dire, interno : essa, infatti, per quanto riguarda il trasfe
rimento mortis causa che qui interessa, ha luogo solo verso
esibizione del titolo da cui risulta il trasferimento, titolo
che, a rigore, si sostanzia nella necessità della accetta
zione dell'eredità (art. 459 e 470 cod. civ.) e, per i legatari della quota, di fornire la prova di aver ottenuto il possesso dall'erede (art. 649, 3° comma, cod. civ.). È chiaro pertanto che solo attraverso le modalità prescritte dall'art. 2479 il trasferimento delle quote può operarsi con le necessarie
garanzie formali e sostanziali. Ne consegue che è ovvia mente inconcepibile che taluno possa, come invece sosten
gono le Pasqualetti, diventare socio di una società a r. 1. mediante la mera acquiescenza dell'assemblea.
Ii3 considerazioni che precedono dimostrano, in con
clusione, che le attrici sono divenute effettivamente socie
della S. v. a. m. a. soltanto dal 1° dicembre 1956, da quando cioè le quote del Pasqualetti Vittorio sono state, a loro ri chiesta documentata, iscritte formalmente nel libro dei soci in capo ad esse.
Prima della data sopra indicata le attrici non erano nè,
per quanto già sopra detto, potevano essere considerate socie e, pertanto, non erano ovviamente legittimate a
proporre impugnazioni per i motivi previsti in citazione sub a), b) e e). E si noti, in proposito, che la S. v. a. m. a., tramite il suo liquidatore Maggiora Lorenzo, aveva prov veduto (in data 21 aprile 1954 e quindi entro gli otto giorni prescritti dall'art. 8 dello statuto) a spedire, come emerge dalle produzioni della detta Società, al domicilio del de funto Pasqualetti Vittorio la regolare lettera di convoca zione dell'assemblea fissata per i giorni 20 e 30 aprile 1954, realizzando pertanto lo scopo sostanziale di porre coloro che sono poi risultate le acquirenti mortis causa delle quote, vale a dire le sorelle Pasqualetti, nella concreta possibilità di regolarizzare la loro posizione di socie ai sensi dell'art.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1766
2479, e di intervenire ritualmente alla riunione : le Pasqua
letti, debbono quindi imputare solo a se stesse il fatto di
non aver ottemperato a quanto sopra, e ciò vale sia in rela
zione all'assemblea tenutasi il 29 aprile 1954, sia in rela
zione all'assemblea del 30 aprile 1955, in ordine alla quale,
peraltro, le attrici, pur essendo state convocate, come ri
sulta dal verbale relativo, non banno neppure offerto di
provare il loro assunto, vale a dire che l'avviso non sarebbe
stato spedito in termini e cbe, pure in termini, non sarebbero
state depositate le scritture contabili.
Resta da esaminare un'ulteriore questione sollevata
dalle Pasqualetti. In data 8 novembre 1953, come è pacifico in causa, il
socio della S. v. a. m. a. Gagliardi Ottavio, proprietario di
trenta quote, cedette le stesse a titolo oneroso ad altro
socio e precisamente a Maggiora Lorenzo, ed il trasferi
mento venne in pari data iscritto nel libro dei soci. Orbene
le attrici sostengono che tale negozio di cessione dovrebbe
essere dichiarato nullo, essendo avvenuto in spreto allo
art. 4 dello statuto sociale, che prevede il diritto di prela zione di tutti i soci in caso di cessione di quote. Oppongono,
sostanzialmente, le controparti che le sorelle Pasqualetti, al momento della cessione delle quote dal Gagliardi al
Maggiora (8 novembre 1953) non erano ancora socie della
S. v. a. m. a., e quindi non avevano quel diritto di prela zione all'acquisto delle quote che in questa sede invocano
nè, correlativamente, il Gagliardi aveva l'obbligo di of
frire le quote a chi socio non era. Si è già dimostrato più
sopra che effettivamente le Pasqualetti non erano socie
della S. v. a. m. a. alla data suddetta, in quanto non avevano
ancora provveduto ad adempiere le necessarie formalità
per fare iscrivere nel libro dei soci il trasferimento delle
quote ad esse pervenute iure hereditatis.
Ciò non intacca, però, ad avviso del Collegio, il buon
diritto delle attrici di lamentarsi, nella propria attuale
qualità di socie della S. v. a. m. a., in ordine alla irrego larità della cessione in esame. Va rilevato in proposito che
è assurdo ed inconcepibile che nel lasso di tempo intercor
rente tra la morte di un socio (di una società a responsa bilità limitata, quale è appunto la S. v. a. m. a.), e la iscri
zione del trasferimento delle sue quote a nome di coloro cbe
dimostrano di esserne gli acquirenti mortis causa, possa verificarsi una insanabile lacuna di guisa che sorga la pos sibilità per l'altro socio (l'esempio è volutamente limitato
al caso di una società con due soli soci per ragioni di sem
plicità e di maggiore evidenza) di eludere una eventuale
preesistente clausola statutaria di prelazione inter socios.
Si faccia l'ipotesi che in una società a r. 1., nel cui statuto
esista una clausola di tal genere, il socio Tizio, immedia
ta,mente dopo la morte del socio Caio, venda le proprie
quote ad un terzo ; è evidente che in questo caso gli eredi
e legatari di Caio, anche volendolo, non avrebbero neppure il tempo materiale necessario per svolgere tutte le pratiche della successione, per munirsi del titolo e per farlo iscrivere
nel libro dei soci ; non avrebbero, cioè, il tempo necessario
per risultare soci verso la società e quindi, appunto perchè non ancora soci al momento della cessione, non potrebbero, se valida fosse la tesi dei convenuti, neppure lamentarsi
di non essere stati interpellati per l'eventuale esercizio del
loro diritto di prelazione. È di macroscopica evidenza la
assurdità di una situazione del genere. La verità è che una
tale situazione non può verificarsi se non attraverso una
sostanziale violazione del patto di prelazione. Per una
fictio iuris, la cui ratio è chiaramente intuibile, il socio de
funto rimane verso la società a r. 1. socio, finché al suo
nome non venga, col rispetto delle formalità prescritte dall'art. 2479, sostituito quello dell'acquirente mortis causa ;
ne consegue che il socio che intende vendere la propria
quota deve fare l'offerta (per l'eventuale esercizio del
diritto di prelazione) anche al socio che, pur essendo de
funto, non sia ancora stato sostituito, come socio, dall'acqui rente mortis causa. Tale offerta, ovviamente, dovrà essere
fatta pervenire, per raggiungere lo scopo sostanziale, al
luogo dell'ultimo domicilio del defunto, siccbè sia possibile
porre gli aventi causa nella condizione di eventualmente
attivarsi al fine di far valere il diritto di prelazione, previa
regolarizzazione della loro qualità di soci.
Ciò, nella specie, non risulta essere stato fatto dal Ga
gliardi, di guisa che le Pasqualetti non sono state poste nelle condizione di far valere, nel senso sopra illustrato,
il loro diritto di prelazione. È stata così elusa e quindi
violata, nella sua sentenza, la clausola di prelazione inter
socios di cui al citato art. 4 dello statuto della S. v. a. m. a.
E poiché è noto, anche sulla base dell'autorevole giurispru denza del Supremo collegio, che le clausole di prelazione
statutarie, oltre ad essere indirizzate alla tutela del patri monio sociale, consacrano pure un vero e proprio diritto
dei soci wti sìnguli, ne consegue che, nel caso in esame, l'avvenuta violazione della menzionata clausola della
S. v. a. m. a. ha leso il diritto di prelazione spettante in
particolare alle sorelle Pasqualetti, quali eredi del socio
defunto Pasqualetti Vittorio, con l'ulteriore ovvia conse
guenza che il trasferimento 8 novembre 1953 delle quote del Gagliardi al Maggiora va dichiarato nullo e di nessun
effetto.
Dalla nullità, testé dichiarata, le attrici vorrebbero
peraltro far derivare anche la nullità della deliberazione
assembleare 30 aprile 1955 : questa infatti, secondo le
Pasqualetti, sarebbe stata presa con una votazione nulla
essendosi la maggioranza formata mediante il voto corri
spondente a trenta quote passate in proprietà dal Gagliardi al Maggiora in violazione dell'art. 4 dello statuto. Senonchè
è facile osservare come nella specie ci si trova di fronte non
ad un caso di deliberazione nulla (per impossibilità o illi
ceità dell'oggetto, v. art. 2379 cod. civ., ecc.) bensì ad un
caso di deliberazione annullabile (v. art. 2377), appunto
perchè presa in modo sostanzialmente non conforme allo
statuto (esclusi, infatti, i 30 voti del Gagliardi di cui il
Maggiora non poteva servirsi, perchè nulla la cessione, la
maggioranza di 3/4 del capitale sociale, prescritta dallo
statuto, non si è formata nell'assemblea 30 aprile 1955,
avendo la somma di 30 voti del Maggiora e dei trenta del
l'altro socio Gavanna raggiunto solo la metà del capitale
sociale). Trattandosi di deliberazione annullabile, il Tribunale
non può limitarsi ad accertare se vi sia stata violazione
di una norma statutaria, ma deve altresì indagare se la
deliberazione sia stata legittimamente impugnata da chi
oggi lamenta quella violazione. Ora si è visto sopra che
all'epoca della deliberazione in esame le Pasqualetti non
erano nèpotevano essere considerate socie della S. v. a. m. a.,
perchè non avevano provveduto, per loro esclusiva negli
genza, a far iscrivere nel libro dei soci il trasferimento delle
quote ereditate : esse, pertanto, non avevano, allora, la
qualità costituente il presupposto essenziale e necessario
del potere di impugnativa. Ne consegue che esse non pos sono oggi chiedere l'annullamento di una deliberazione,
alla quale non hanno validamente partecipato : è di in
tuitiva evidenza, infatti, che soltanto chi ha validamente
partecipato, in qualità di socio, ad una riunione assem
bleare, può legittimamente impugnare la deliberazione
presa nel corso di tale riunione. Sotto questo profilo si
appalesa, pertanto, del tutto irrilevante la circostanza che
le sorelle Pasqualetti abbiano successivamente acquistato
quella qualità di socio, che in loro difettava al momento
della deliberazione. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione I civile ; sentenza 6 ottobre 1959, n. 2695 ; Pres.
Zappia P., Est. Gabrielli, P. M. Colli (conci, conf.) ;
Finanze c. Fallimento Busolo (Aw. Franchi).
(Cassa App. Venezia 23 ottobre 1957)
Registro — Donazione ira coniugi — Sentenza dichia
rativa della nullità — Applicabilità dell'imposta
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