+ All Categories
Home > Documents > sezione I civile; sentenza 16 ottobre 2003, n. 15482; Pres. Genghini, Est. Di Amato, P.M. Sepe...

sezione I civile; sentenza 16 ottobre 2003, n. 15482; Pres. Genghini, Est. Di Amato, P.M. Sepe...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: tranmien
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
sezione I civile; sentenza 16 ottobre 2003, n. 15482; Pres. Genghini, Est. Di Amato, P.M. Sepe (concl. diff.); Soc. F.lli Damiano &C. (Avv. Cuffaro) c. Di Noto (Avv. Mazzarella). Cassa App. Messina 10 marzo 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 6 (GIUGNO 2004), pp. 1845/1846-1849/1850 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199245 . Accessed: 24/06/2014 20:32 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.72.104 on Tue, 24 Jun 2014 20:32:00 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

sezione I civile; sentenza 16 ottobre 2003, n. 15482; Pres. Genghini, Est. Di Amato, P.M. Sepe(concl. diff.); Soc. F.lli Damiano &C. (Avv. Cuffaro) c. Di Noto (Avv. Mazzarella). Cassa App.Messina 10 marzo 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 6 (GIUGNO 2004), pp. 1845/1846-1849/1850Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199245 .

Accessed: 24/06/2014 20:32

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 62.122.72.104 on Tue, 24 Jun 2014 20:32:00 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 16 otto bre 2003, n. 15482; Pres. Genghini, Est. Di Amato, P.M. Se

pe (conci, diff.); Soc. F.lli Damiano & C. (Avv. Cuffaro) c. Di Noto (Avv. Mazzarella). Cassa App. Messina 10 marzo 1999.

Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Recesso —

Abuso del diritto — Buona fede (Cod. civ., art. 1175, 1375).

La corrispondenza al canone di buona fede dell 'esercizio del

diritto di recesso previsto in un contratto deve essere valutata

nel contesto dei rapporti intercorrenti tra le parti, al fine di

accertare se il recesso sia stato esercitato secondo modalità e

tempi rispondenti ad un interesse del titolare meritevole di

tutela piuttosto che al solo scopo di recare danno all'altra

parte. (1)

(1) Con la decisione in epigrafe la Corte di cassazione riaccende il dibattito sulla figura dell'abuso del diritto, tematica che da molto tem

po attraversa, con fasi alterne, il palcoscenico giuridico italiano, tanto da assumere le sembianze dell'araba fenice (l'immagine è di G. Alpa, I

principi generali, Milano, 1993, 76; nell'ampia bibliografia in materia si segnalano, tra gli altri, G. Pino, L'abuso del diritto tra teoria e dog matica (precauzioni per l'uso), in corso di pubblicazione; M. Gestri, Abuso del diritto e frode alla legge nell'ordinamento comunitario, Milano, 2003; P. Rescigno, L'abuso del diritto, Bologna, 1998; D.

Messinetti, Abuso del diritto, voce dell' Enciclopedia del diritto, Mila

no, 1998, aggiornamento II, 1; U. Breccia, L'abuso del diritto, in Di ritto privato, Padova, 1997, III, 5; P.G. Monateri, Abuso del diritto e simmetria della proprietà (un saggio di «Comparative Law and Eco

nomics»), ibid., 89; R. Sacco, L'abuso della libertà contrattuale, ibid., 217; M. Gestri, Considerazioni sulla teoria dell'abuso del diritto alla luce della prassi internazionale, in Riv. dir. internaz., 1994, 5; G. Levi, L'abuso del diritto, Milano, 1993; M.C. Traverso, L'abuso del diritto, in Nuova giur. civ., 1992, II, 297; C. Salvi, Abuso del diritto (diritto civile), voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1988, I; A.

Gambaro, Abuso del diritto (diritto comparato e straniero), ibid.-, S.

Patti, Abuso del diritto, voce del Digesto civ., Torino, 1987, I, 1; V.

Giorgianni, L'abuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano, 1963).

L'abuso del diritto viene individuato nel comportamento di un sog getto che esercita i diritti che gli derivano dalla legge o dal contratto

per realizzare uno scopo diverso da quello cui questi diritti sono preor dinati: la figura concerne, cioè, le ipotesi nelle quali un comportamen to, che formalmente integra gli estremi dell'esercizio del diritto sog gettivo, deve ritenersi illecito sulla base di alcuni criteri di valutazione

(v., di recente, Cass. 15 marzo 2004, n. 5240, Foro it., 2004, I, 1397, con osservazioni di Colangelo, laddove l'abuso si presenta sotto la forma del ritardo sleale nell'esercizio del diritto).

Gran parte della discussione dottrinaria si è appuntata proprio su

quali criteri debbano guidare la valutazione della condotta: le perples sità da alcuni sollevate derivano, in particolare, dal legame funzionale

stabilito tra la nozione di abuso del diritto e gli standard valutativi tratti dall'etica sociale, che portano ad accostarlo a concetti come quello di buona fede — della quale, non a caso, qualcuno ha ritenuto rappresenti un «doppione» (Sacco, op. cit., 234; cfr. G. Cattaneo, Buona fede obiettiva ed abuso del diritto, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1971, 613) — e ad intravedervi niente di più che «un mezzo sicuro ed originale per ottenere un criterio di giudizio più appagante, per la nostra coscienza, di quanto non sia il criterio della legittimità formale degli atti umani»

(Rescigno, op. cit., 11). Più in generale, alle adesioni convinte si con

trappongono le critiche più aspre di chi, segnalando l'impossibilità lo

gica di concepire l'abuso del diritto, si è spinto sino a sostenere che «è un fenomeno sociale, ... è uno stato d'animo, è una valutazione etica

di un periodo di transizione, è quel che si vuole, ma non una categoria giuridica» (G. Rotondi, L'abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1923,

116). Non è mancato, tuttavia, chi abbia evidenziato la rilevanza dell'i

stituto quale strumento che va incontro alla necessità di entrare nel cuo re del programma negoziale, andando oltre la mera formalizzazione

dell'accordo (Messinetti, op. cit., 13: «l'esercizio del potere negoziale deve essere ricondotto dalla prospettiva di un'analisi del contenuto del

programma e degli aspetti interni della contrattazione alla spiegazione di relazioni oggettive che si formano come conseguenza degli sviluppi dell'iniziativa economica»), e che rappresenta l'occasione per mettere

in risalto le anomalie nei rapporti di distribuzione e «richiedere l'an

nullamento di un atto posto in essere a seguito di un comportamento minatorio o prevaricatorio del contraente che pur facendo valere una

sua facoltà legittima (ad esempio l'impiego della sua pressione econo

mica o la minaccia di recesso dal contratto), miri a realizzare in tal

modo un vantaggio ingiusto» (G. Vettori, Anomalie e tutele nei rap

porti di distribuzione fra imprese. Diritto dei contratti e regole di con

correnza, Milano, 1983, 147). In piena sintonia con questa nota prevalente, la decisione in epigrafe

Il Foro Italiano — 2004.

Svolgimento del processo. — La F.Ili Damiano & C. s.r.l.

conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Patti, Prospero Di Noto esponendo che con atto del 9 settembre 1988, aveva co

stituito insieme al convenuto la Derizuccheri s.r.l., avente ad

oggetto il commercio all'ingrosso di zucchero, attività che sino

a quel momento le parti avevano esercitato in concorrenza tra

loro; che con un successivo contratto del 16 gennaio 1989 la

F.lli Damiano & C. s.r.l. e Prospero Di Noto si erano obbligati a

fornire annualmente alla Derizuccheri s.r.l. prestabiliti quantita tivi di zucchero; che detto contratto aveva la durata di un anno, rinnovabile di anno in anno, in mancanza di disdetta sei mesi

prima della scadenza; che il 13 luglio 1989, prima dell'inizio dell'esecuzione della fornitura, il convenuto recedeva dal con

tratto di fornitura a partire dal 1° gennaio 1990; che in tale pe riodo il Di Noto ritardava l'acquisizione di un computer neces

sario per l'entrata in funzione della Derizuccheri s.r.l.; che le

bozze di stampa relative a modelli di fatture ed altri stampati, necessari per l'entrata in funzione della Derizuccheri, venivano

restituiti con ritardo dal Di Noto e solo dopo un sollecito del

l'attrice; che dopo la costituzione della Derizuccheri il Di Noto

non aveva rispettato prezzi e condizioni di vendita concordati

con la F.lli Damiano & C. s.r.l., rovesciando a proprio favore il

rapporto di vendite fino a quel momento esistente tra le imprese. Pertanto, la F.lli Damiano & C. s.r.l. chiedeva la condanna del

Di Noto al risarcimento dei danni conseguiti alla concorrenza

condotta in violazione degli impegni contrattualmente assunti

nonché alla violazione dell'obbligo di buona fede nell'esecu

zione del contratto, che aveva portato all'impossibilità di fun

zionamento della Derizuccheri s.r.l.

Successivamente il Di Noto conveniva in giudizio la F.lli

Damiano & C. s.r.l. e la Derizuccheri s.r.l., chiedendo, in rela

indaga sulla presunta violazione dell'obbligo di buona fede conse

guente alla disdetta di un contratto di fornitura. Non che siano mancate

occasioni, anche recenti, nelle quali la Cassazione abbia fatto ricorso all'abuso del diritto per dirimere alcune controversie (cfr. Cass. 11 di cembre 2000, n. 15592, Foro it., 2001,1, 3274; 14 luglio 2000, n. 9321, id., 2000, I, 3495; 14 novembre 1997, n. 11271, id., Rep. 1998, voce

Obbligazioni in genere, n. 30, e Corriere giur., 1998, 540, con nota di O. Fittipaldi; 23 luglio 1997, n. 6900, Foro it., 1998,1, 1582; 21 mag gio 1997, n. 4538, id., 1997, I, 2479, con nota di M. Caputi; laddove, invece, l'originario riconoscimento è da rintracciarsi in Cass. 15 no vembre 1960, n. 3040, id., 1961, I, 256); eppure la sentenza in rasse

gna, più di ogni altra, sembra fornire una teorizzazione esplicita degli ambiti applicativi dell'istituto.

Due imprese che si occupano del commercio all'ingrosso di zucchero decidono di costituire una società comune, alla quale fornire annual

mente un quantitativo prestabilito di zucchero: il contrarto ha durata

annuale, rinnovabile in mancanza di disdetta sei mesi prima della sca

denza. Il convenuto, esattamente sei mesi dopo la stipula del contratto e

prima di procedere alla fornitura, comunica di recedere avvalendosi della clausola pattuita e, nei restanti sei mesi di vigenza del contratto,

pone in essere tutta una serie di condotte contrarie agli interessi della

neonata società: la parte ricorrente chiede il risarcimento del danno de nunciando la violazione dell'obbligo di buona fede nell'esecuzione del contratto.

I giudici supremi annullano la sentenza con la quale la Corte d'ap pello di Messina aveva ritenuto insussistente la violazione dell'obbligo di buona fede, sul presupposto che la disdetta fosse stata esercitata le

gittimamente in virtù dell'apposita clausola prevista nel contratto: «tale

conclusione .. . sottintende l'erroneo convincimento secondo cui l'esercizio del diritto non possa mai essere contrario a buona fede e non

possa mai dare luogo a responsabilità di chi abusa del proprio diritto», essendo da affermarsi, invece, il principio secondo il quale «la corri

spondenza a buona fede dell'esercizio del diritto di recesso, contrat

tualmente previsto, nella specie per il contratto di fornitura, deve essere

valutata nel complessivo contesto dei rapporti intercorrenti tra le parti, onde accertare se il recesso sia stato esercitato o meno secondo moda

lità e tempi che non rispondono ad un interesse del titolare del diritto

meritevole di tutela, ma soltanto allo scopo di recare danno all'altra

parte, incidendo sulla condotta sostanziale che le parti sono obbligate a

tenere per preservare il reciproco interesse all'esatto adempimento delle rispettive prestazioni».

Per queste ragioni la sentenza impugnata viene cassata e disposto il

rinvio alla Corte d'appello di Catania affinché valuti la legittimità del

recesso alla luce del suddetto principio, in modo da accertare se la di

sdetta sia stata esercitata allo scopo di sciogliersi dal vincolo contrat

tuale o, viceversa, se essa si inserisca in una strategia tesa ad impedire la realizzazione degli interessi delle parti come consacrati nell'accordo

contrattuale. [G. Colangelo]

This content downloaded from 62.122.72.104 on Tue, 24 Jun 2014 20:32:00 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PRIMA 1848

zione all'impossibilità di raggiungere lo scopo sociale, lo scio

glimento della società Derizuccheri e la dichiarazione di nullità

della delibera assunta da tale società in data 28 giugno 1991.

I giudizi venivano riuniti ed il Tribunale di Patti, con senten

za del 22 gennaio 1998, rigettava le domande proposte dalla

F.lli Damiano & C. s.r.l. e dichiarava cessata la materia del

contendere in ordine alla domanda del Di Noto, in considera

zione del fatto che in data 3 maggio 1995 era intervenuto lo

scioglimento della Derizuccheri.

La F.lli Damiano proponeva appello che la corte di Messina

rigettava, osservando, quanto alla domanda di risarcimento del

danno conseguito all'impossibilità di funzionamento della De

rizuccheri, asseritamente provocata dal Di Noto con violazione

dell'obbligo di buona fede, che: 1) la disdetta del contratto di

fornitura ora prevista da apposita clausola, indipendentemente dalla cessazione dell'attività dei contraenti ad anche in relazione

alla prima scadenza contrattuale; pertanto la disdetta era stata

esercitata legittimamente; 2) i pretesi ingiustificati ritardi del Di

Noto in attività necessarie al funzionamento della Derizuccheri

potevano, in ipotesi, avere determinato il ritardo nell'inizio del

l'attività, ma non l'anticipata cessazione della società.

Avverso detta sentenza la F.lli Damiano & C. s.r.l. propone ricorso per cassazione, deducendo un motivo. Prospero Di Noto

resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condi

zionato, affidato ad un motivo. Entrambe la parti hanno presen tato memoria.

Motivi della decisione. — Si deve preliminarmente esaminare

l'eccezione d'inammissibilità del ricorso per inesistenza della

notificazione, argomentata dal controricorrente col rilievo che la

stessa era stata effettuata il 12 aprile 2000, presso l'avvocato

domiciliatario che aveva assistito il Di Noto nella precedente fa

se di giudizio, ma che si era cancellato dall'albo professionale nel gennaio 2000, come risultava da certificazione prodotta ai

sensi dell'art. 372 c.p.c. L'eccezione è infondata. Il collegio non ignora che questa

corte a sezioni unite (Cass., sez. un., 21 novembre 1996, n.

10284, Foro it., Rep. 1996, voce Impugnazioni civili, n. 24;

conf. Cass. 26 novembre 1998, n. 12002, id., Rep. 1998, voce

Procedimento civile, n. 159; contra, Cass. 11 ottobre 1999, n.

11360, id., Rep. 1999, voce Notificazione civile, n. 97) ha af fermato l'inesistenza della notificazione effettuata al procurato re domiciliatario cancellato dall'albo. Secondo tale arresto la

cancellazione dall'albo determina la decadenza dall'ufficio di

procuratore e di avvocato e, facendo venir meno lo ius postu landi, implica la mancanza di legittimazione di quel difensore a

compiere e a ricevere atti processuali. Proprio per tale ragione la

notificazione al procuratore cancellato dall'albo — qualunque

sia la causa della cancellazione — è stata ritenuta giuridica mente inesistente. Tale affermazione, tuttavia, s'inserisce come

premessa argomentativa nel contesto della motivazione di una

sentenza, che, in una fattispecie in cui il procuratore della parte si era appunto cancellato dall'albo, doveva pronunziarsi sulla

ritualità, ai fini della decorrenza del termine breve ex art. 325

c.p.c., della notificazione effettuata alla parte personalmente. Nella stessa sentenza, d'altro canto, si precisa che, in relazione

alla cancellazione dall'albo del procuratore domiciliatario, pos sono prospettarsi situazioni diverse «a seconda che la notifica

zione sia stata ricevuta dal procuratore cancellato, ovvero sia

stata da questi rifiutata per questa ragione, o, ancora, vi sia stata

la comunicazione da parte dell'ufficiale giudiziario dell'impos sibilità di notificare — a seguito della cancellazione anagrafica — ovvero, infine, la parte notificante — a conoscenza dell'e

vento, direttamente o per effetto di una notifica precedente mente non andata a buon fine — abbia direttamente provveduto a notificare alla parte personalmente». Più in generale, si deve,

poi, osservare che la categoria dell'inesistenza della notificazio

ne è stata elaborata dalla giurisprudenza in relazione a fattispe cie nelle quali la difformità dal modulo legale è tale che il fe

nomeno verificatosi, chiaramente abnorme, non è idoneo ad in

serirsi nello sviluppo del processo. Per questa ragione viene

qualificata come inesistente la notificazione viziata dall'assenza

di un qualsiasi rapporto tra il destinatario ed il luogo dove è

stata consegnata la copia o la persona che l'ha ricevuta (v., ex

multis, Cass. 22 ottobre 1997, n. 10380, id., Rep. 1997, voce

cit., n. 56). L'inesistenza, peraltro, richiede la verifica in con

creto del presupposto dell'assenza di un qualsiasi rapporto. In

questa prospettiva, se l'assenza di un qualsiasi rapporto ben si

Il Foro Italiano — 2004.

può affermare nel caso in cui il procuratore cancellatosi dall'al

bo rifiuti di ricevere la copia, non altrettanto può dirsi nel caso

in cui lo stesso procuratore accetti di ricevere l'atto; in siffatta

ipotesi e malgrado la perdita dello ius postulandi, assume rilievo

la circostanza che, anche dopo l'estinzione del mandato, grava sul mandatario un dovere di diligenza in relazione a fatti colle

gabili a quelli verificatisi nell'epoca di operatività del mandato

(Cass. 12 giugno 1987, n. 5141, id., Rep. 1987, voce Comunio

ne e condominio, n. 128, in relazione agli obblighi di notizia del

mandatario dopo l'estinzione del mandato). Si deve, quindi, concludere che la notificazione al procuratore che, benché can

cellato dall'albo, adempia il dovere di darne comunicazione alla

parte, non sia effettuata a soggetto privo di qualsiasi rapporto con il destinatario; la notificazione non è, pertanto, inesistente,

ma soltanto nulla e perciò suscettibile di sanatoria nel caso in

cui l'atto, come nella specie, raggiunga comunque il suo effetto.

Con l'unico motivo dedotto la ricorrente lamenta la violazio

ne degli art. 1175 e 1375 c.c. e 112 c.p.c. nonché il vizio di mo

tivazione. In particolare, la ricorrente ricorda che aveva richie

sto il risarcimento dei danni in relazione al comportamento del

Di Noto, che, nell'ambito di un'unitaria operazione economica

articolata nella creazione di una nuova società ed in un accordo

di fornitura con la neocostituita società, aveva prima ostacolato

il funzionamento della Derizuccheri, omettendo la dovuta colla

borazione, ad aveva poi comunicato la disdetta del contratto di

fornitura. Tale comportamento era stato denunziato come con

trario al principio di buona fede che sovrintende lo svolgimento del contratto ed a tal fine, in sede di gravame, erano stati arti

colati due motivi con i quali si lamentava la mancanza di moti

vazione (secondo motivo) e l'omessa considerazione, alla stre

gua del principio di buona fede, del comportamento con cui il

Di Noto aveva determinato la cessazione dell'attività della De

rizuccheri (nono motivo). Orbene, secondo il ricorrente, la corte

d'appello non solo aveva omesso l'esame del secondo dei ri

chiamati motivi, ma, frantumando in segmenti la valutazione

della vicenda, aveva omesso di considerare che anche l'eserci

zio del diritto non si sottrae alla valutazione del parametro della

buona fede e che, nella specie, il recesso, pur contrattualmente

previsto, era stato esercitato in un contesto fattuale e pattizio che lo qualificava come abuso del diritto.

Il controricorrente eccepisce l'inammissibilità della censura

perché prospetterebbe per la prima volta in sede di legittimità la

qualificabilità del comportamento del Di Noto in termini di abu

so del diritto. L'eccezione è però infondata. L'odierna ricor

rente, infatti, aveva dedotto tutta la condotta del Di Noto, com

preso il recesso, come contraria al principio di buona fede. Ri

spetto a tale deduzione, l'opposta eccezione, secondo cui il re

cesso costituiva l'esercizio di un diritto contrattualmente previ sto e non era, quindi, contrario a buona fede, aveva già ampliato il thema decidendum, nei cui termini si è mantenuta la ricorren

te, deducendo in questa sede che la contrarietà a buona fede non

si può escludere col semplice rilievo che il comportamento de

nunziato corrisponde all'esercizio di un diritto.

Ciò premesso, il motivo è infondato nella parte in cui deduce

un vizio di omessa pronunzia. Per integrare gli estremi del detto

vizio occorre che sia stato completamente omesso il provvedi mento indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass. 4

giugno 1992, n. 6876, id., Rep. 1992, voce Revocazione (giudi zio di), n. 16). Ai fini di un corretto scrutinio della sussistenza o

meno del vizio di omessa pronuncia, infatti, non si può confon

dere il concetto di «capo» della domanda riproposto all'esame

del giudice dell'impugnazione, con il concetto di argomentazio

ne, ragione o motivo esposto per ottenere un provvedimento

giurisdizionale sul capo della domanda ancora controverso. In

coerenza con tale distinzione il vizio di «omessa pronuncia» si

concreta necessariamente nel difetto del «momento decisorio, mentre la mancanza o l'insufficienza di motivazione integra un

vizio di natura diversa afferente all'attività svolta dal giudice

per supportare l'adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio. Nella specie, pertanto, non integra il vizio di omessa pronunzia la mancata analitica

confutazione dell'argomentazione svolta in uno dei motivi di

appello. La corte d'appello, infatti, si è pronunziata sul capo di

domanda che con il gravame era stato proposto alla sua atten

zione, affermando che la disdetta del contratto di fornitura non

poteva considerarsi espressione di un comportamento del Di

Noto contrario a buona fede, in quanto la disdetta era stata «ef

This content downloaded from 62.122.72.104 on Tue, 24 Jun 2014 20:32:00 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

fettuata legittimamente e tempestivamente ai sensi del punto 8

del contratto di fornitura in parola». Il motivo è, invece, fondato nella parte in cui lamenta la vio

lazione di legge, deducendo che la contrarietà a buona fede è

stata esclusa sulla base del solo rilievo che, con la disdetta, il Di

Noto aveva esercitato un diritto contrattualmente previsto. Tale

conclusione, infatti, sottintende l'erroneo convincimento secon

do cui l'esercizio del diritto non possa mai essere contrario a

buona fede e non possa mai dare luogo a responsabilità di chi

abusa del proprio diritto. La corte di merito esclude così impli citamente la stessa ammissibilità della figura dell'abuso del di

ritto, sulla quale, viceversa concorda l'orientamento largamente

prevalente in dottrina, secondo cui nel nostro sistema legislativo è implicita una norma che reprime ogni forma di abuso del di

ritto, sia questo il diritto di proprietà o altro diritto soggettivo, reale o di credito. L'abuso del diritto consiste, secondo questa autorevole dottrina, nell'esercitare il diritto per realizzare inte

ressi diversi da quelli per i quali esso è riconosciuto dall'ordi

namento giuridico. Questa stessa nozione dell'abuso del diritto

ha trovato eco anche nella giurisprudenza di questa corte, che

ammette come «in singoli casi ed in riferimento ai fondamentali

precetti della buona fede (come regola di condotta) e della ri

spondenza dell'esercizio del diritto agli scopi etici e sociali per cui il diritto stesso viene riconosciuto e concesso dall'ordina

mento giuridico positivo, l'uso anormale del diritto possa con

durre il comportamento del singolo (nel caso concreto) fuori

della sfera del diritto soggettivo medesimo e che quindi tale

comportamento possa costituire un illecito, secondo le norme

generali di diritto in materia» (Cass. 15 novembre 1960, n.

3040, id., 1961, I, 256). Quanto, più specificamente, alla buona fede nell'esecuzione del contratto è pacifico, in dottrina e in

giurisprudenza, che l'obbligo, posto dall'art. 1375 c.c., di ese

guire il contratto secondo buona fede concorre a formare il

contenuto legale del contratto, ai sensi dell'art. 1374; sicché la

violazione del dovere di esecuzione secondo buona fede costi

tuisce un inadempimento contrattuale. Specifica ipotesi di vio

lazione dell'obbligo di buona fede nell'esecuzione del contratto

viene considerata proprio l'abuso del diritto, individuato nel

comportamento del contraente che esercita verso l'altro i diritti

che gli derivano dalla legge o dal contratto per realizzare uno

scopo diverso da quello cui questi diritti sono preordinati. In

tema di recesso, in particolare, con riferimento alla c.d. interru

zione brutale del credito, questa corte ha avuto modo di affer

mare che il giudice non deve limitarsi al riscontro obiettivo

della sussistenza o meno dell'ipotesi di giusta causa di recesso

prevista in un contratto di apertura di credito per un tempo de

terminato, ma, alla stregua del principio per cui il contratto deve

essere eseguito secondo buona fede, dove accertare che il reces

so non sia esercitato con modalità impreviste ed arbitrarie, tali

da contrastare con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai

rapporti usualmente tenuti dalla banca ed all'assoluta normalità

commerciale dei rapporti in atto, abbia fatto conto di poter di

sporre della provvista redditizia per il tempo previsto e che non

può pretendersi essere pronto in qualsiasi momento alla restitu

zione delle somme utilizzate (Cass. 21 maggio 1997, n. 4538, id., 1997, I, 2479; 14 luglio 2000, n. 9321, id., 2000, I, 3495; 21

febbraio 2003, n. 2642, id., Mass., 237). Più in generale, poi,

questa corte ha ritenuto che la clausola generale di buona fede e

correttezza è operante tanto sul piano dei comportamenti del de

bitore e del creditore nell'ambito del singolo rapporto obbliga torio (art. 1175 c.c.), quanto sul piano del complessivo assetto

di interessi sottostanti all'esecuzione di un contratto (art. 1375

c.c.), specificandosi nel dovere di ciascun contraente di coope rare alla realizzazione dell'interesse della controparte e ponen dosi come limite di ogni situazione, attiva o passiva, negozial mente attribuita, determinando così integrativamente il conte

nuto e gli effetti del contratto (Cass. 8 febbraio 1999, n. 1078,

id., Rep. 1999, voce Contratto in genere, n. 456). In conclusione, si deve affermare il principio che, in relazione

ad una pluralità di rapporti contrattuali tra loro collegati per la

realizzazione di un'unica operazione economica, nella specie la

regolamentazione della concorrenza attraverso la creazione di

una nuova società e la previsione, a carico delle parti, dell'ob

bligo di rifornire la predetta società in misura predeterminata, la

corrispondenza a buona fede dell'esercizio del diritto di recesso,

contrattualmente previsto, nella specie per il contratto di forni

tura, deve essere valutata nel complessivo contesto dei rapporti

Il Foro Italiano — 2004 — Parte I-32.

intercorrenti tra le parti, onde accertare se il recesso sia stato

esercitato o meno secondo modalità e tempi che non rispondono ad un interesse del titolare del diritto meritevole di tutela, ma

soltanto allo scopo di recare danno all'altra parte, incidendo

sulla condotta sostanziale che le parti sono obbligate a tenere

per preservare il reciproco interesse all'esatto adempimento delle rispettive prestazioni. La sentenza impugnata deve essere,

pertanto, cassata con rinvio al giudice di merito che, applicando il suesposto principio di diritto, dovrà valutare la legittimità del

recesso del Di Noto, alla stregua del principio di buona fede, nel

contesto del complesso dei rapporti intercorsi tra la parti ed ac

certare se il recesso stesso sia stato esercitato allo scopo di scio

gliersi dal vincolo contrattuale di rifornire la nuova società ov

vero ad un diverso scopo nel contesto di una condotta comples siva diretta ad impedire la realizzazione dei reciproci interessi

delle parti come consacrati negli accordi contrattuali.

Con l'unico motivo del ricorso incidentale subordinato si ri

propone l'eccezione, formulata in primo grado e riproposta in

appello ai sensi dell'art. 346 c.p.c., di nullità sopravvenuta, ai

sensi della 1. n. 287 del 1990, sia dell'accordo di fornitura del

16 gennaio 1989 sia del patto di società del 9 settembre 1988.

Il ricorso è infondato. La nullità delle intese fra imprese che

abbiano per effetto quello di impedire, restringere o falsare in

modo consistente il gioco della concorrenza all'interno del mer

cato nazionale o in una sua parte rilevante è prevista dall'art. 2

1. 10 ottobre 1990 n. 287 allo scopo di proibire fatti distorsivi della concorrenza ed opera anche quando dette parti abbiano

un'origine contrattuale anteriore all'entrata in vigore della leg

ge; in questo caso, tuttavia, gli effetti non riguardano né il fatto

generatore del singolo rapporto né i fatti già verificatisi, ma

soltanto le vicende successive del rapporto che realizzino profili di distorsione della concorrenza (Cass. 1° febbraio 1999, n. 827,

id., 1999, I, 831). Nella specie le condotte del Di Noto, sulle

quali la ricorrente principale fonda la propria domanda di risar

cimento dei danni, hanno termine con il recesso per la scadenza

contrattuale dal 1° gennaio 1990 e, pertanto, in epoca anteriore

all'entrata in vigore della 1. 287/90. Da ciò consegue che gli ef

fetti della predetta legge sui rapporti in corso alla data della sua

entrata in vigore non riguardano la fattispecie in esame.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata, in

relazione al ricorso accolto, con rinvio alla Corte d'appello di

Catania.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 3 set

tembre 2003, n. 12844; Pres. Ciciretti, Est. Mercurio, P.M.

Fuzio (conci, conf.); De Lisi (Avv. D'Amato) c. Banca di Roma (Avv. Conti). Conferma Trib. Roma 28 maggio 2001.

Procedimento civile — Transazione — Cessazione della ma

teria del contendere — Presupposti — Fattispecie (Cod.

proc. civ., art. 100).

La transazione con la quale le parti compongono la lite relati

vamente ad una domanda di reintegrazione nel posto di lavo

ro concordando la definitiva risoluzione del rapporto, senza

nulla decidere in ordine alla domanda di risarcimento dei

danni proposta in connessione con l'impugnazione del licen

ziamento, non determina la cessazione della materia del con

tendere del relativo giudizio, persistendo l'interesse delle

This content downloaded from 62.122.72.104 on Tue, 24 Jun 2014 20:32:00 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended