sezione I civile; sentenza 17 aprile 2003, n. 6172; Pres. De Musis, Est. Plenteda, P.M. Golia(concl. conf.); Chindemi (Avv. Guerrera) c. Corigliano (Avv. Corigliano) e altro. Cassa senzarinvio App. Reggio Calabria 30 giugno 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2003), pp. 2055/2056-2061/2062Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198040 .
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2055 PARTE PRIMA 2056
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 17 aprile 2003, n. 6172; Pres. De Musis, Est. Plenteda, P.M.
Golia (conci, conf.); Chindemi (Avv. Guerrera) c. Coriglia no (Avv. Corigliano) e altro. Cassa senza rinvio App. Reggio Calabria 30 giugno 2000.
Fallimento — Accertamento del passivo —
Impugnazione del credito ammesso tardivamente — Sentenza notificata — Appello — Termine breve (R.d. 16 marzo 1942 n. 267,
disciplina del fallimento, art. 90, 100, 101). Fallimento — Accertamento del passivo
— Impugnazione di
crediti ammessi — Rinuncia del creditore — Mancata ac
cettazione del curatore — Estinzione del giudizio —
Esclusione (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 100). Fallimento — Accertamento del passivo — Insinuazione
tardiva — Decreto di ammissione — Mancata comunica
zione — Impugnazione del decreto — Termine annuale —
Esclusione (Cod. proc. civ., art. 327; r.d. 16 marzo 1942 n.
267, art. 100, 101).
La sentenza che decide sull'impugnazione di un credito ammes
so tardivamente al passivo se notificata deve essere appellata nel termine breve di quindici giorni. (1)
Nel giudizio d'impugnazione di crediti ammessi al passivo la
rinuncia al ricorso effettuata da parte del creditore che lo ha
proposto non provoca l'estinzione del processo se manca
l'accettazione del curatore costituito. (2) Il termine per proporre impugnazione avverso il decreto di am
missione tardiva al passivo di credito può decorrere solo
dalla comunicazione, in difetto della quale non trova applica zione il termine annuale. (3)
(1-3) Con la pronuncia in rassegna il giudice di legittimità risolve tre
questioni di carattere processuale tutte afferenti il procedimento con
tenzioso d'impugnazione dei crediti ammessi. Il primo profilo affrontato è quello meno significativo visto che esi
ste un richiamo normativo testuale (Cass. 9 luglio 1996, n. 6244, Foro
it.. Rep. 1997, voce Liquidazione coatta amministrativa, n. 53), nel l'art. 100, 4° comma, 1. fall.. laddove si stabilisce che si applica all'im
pugnazione la disciplina dell'opposizione allo stato passivo per quanto attiene alla decisione. In dottrina, nella stessa direzione, Bonfatti, L'accertamento del passivo e dei diritti mobiliari, in Le procedure concorsuali. Il fallimento, trattato diretto da G. Ragusa Maggiore e C.
Costa, Torino, 1997, III, 353. Per ciò che attiene al ruolo del curatore che è parte necessaria del
procedimento, va osservato che costituisce un principio consolidato il fatto che nel giudizio d'impugnazione dei crediti ammessi al passivo fallimentare previsto dall'art. 100 1. fall, la legittimazione è attribuita a ciascun creditore e non anche al curatore al quale il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza vanno notificati affinché la sentenza sia op ponibile alla massa (Cass. 8 agosto 1997, n. 7401, Foro it., Rep. 1998, voce Fallimento, n. 641), sì che il curatore non assume la qualità di
parte in senso stretto nel giudizio di opposizione, essendo la sua pre senza contemplata al solo fine di rendere estensibile nei suoi confronti l'efficacia della sentenza (Cass. 26 luglio 1994, n. 6954, id., Rep. 1995, voce cit., n. 577; Trib. Milano 4 gennaio 1990. id., Rep. 1992, voce cit., n. 556, e Giur. comm., 1991, II, 997, con nota di Canale); da ciò si è tratta la logica conseguenza che il curatore, pur avendo la facoltà di
svolgere deduzioni nell'ambito del processo ritualmente instaurato, non
può proporre ricorso per cassazione per censurare la sentenza di appello a cui abbiano fatto acquiescenza le parti legittimate all'impugnazione (Cass. 27 luglio 1994, n. 7024, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 578; 26
gennaio 1988, n. 659, id., Rep. 1988, voce cit., n. 500; per Trib. Milano 4 gennaio 1990, cit., nel giudizio d'impugnazione dei crediti ammessi al passivo del fallimento il curatore non è legittimato a far propria la domanda proposta da un creditore; in dottrina, Bozza(-Schiavon), L'accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Mi
lano, 1992, 29; Gio. Tarzia, L'impugnazione dei crediti ammessi, in
Fallimento, 1990, 942; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Mila
no, 1986, 505; Ferrara, Il fallimento, Milano, 1989, 536; Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, III, 1494). In tale conte sto la decisione in rassegna lascia nel limbo la collocazione istituzio nale del curatore, non risultando chiaro se la decisione possa essere considerata una frizione con questo orientamento, ovvero se la sua
portata vada limitata nel senso che il curatore, come parte costituita, non può essere estromessa dalla valutazione delle parti di definire il
processo con la rinuncia agli atti del giudizio, ed ha quindi il diritto a contestare l'estinzione, quanto meno sotto il profilo della regolazione delle spese di lite. Per una diversa visione sul ruolo del curatore nel
giudizio d'impugnazione dei crediti ammessi, cfr. Bonfatti, L'accer tamento de! passivo e dei diritti mobiliari, cit., 342, ad avviso del quale al curatore deve essere riconosciuta la facoltà di proporre gravame au
II Foro Italiano — 2003.
Svolgimento del processo. — Il giudice delegato del falli
mento di Cassone Giuseppe, dichiarato il 29 aprile 1998 dal
Tribunale di Reggio Calabria, ammise in via privilegiata con decreto 2 dicembre 1994 il credito di lire 200.000.000 oltre Iva
e Cpa, fatto valere con ricorso tardivo ex art. 101 1. fall, dal
l'avv. Mario Corigliano, che aveva dedotto di avere curato, giu sta convenzione del 31 maggio 1981, tutti gli affari del falli
mento, in sede contenziosa e stragiudiziale, per i quali era stato
fissato un compenso forfettario di lire 12.000.000 annui per l'attività stragiudiziale e per la contenziosa il compenso che sa
rebbe stato liquidato a conclusione di ciascun giudizio. Dei crediti maturati propose la liquidazione equitativa, assu
mendo che essa fosse nell'interesse della massa fallimentare,
perché ben maggiore sarebbe stato l'importo, se si fosse proce duto attraverso le singole note specifiche corredate dai pareri
tonomo, la facoltà di proseguire il giudizio anche in caso d'inammissi
bilità o improcedibilità del ricorso proposto dal creditore, il diritto a
condizionare l'estinzione del processo partecipando all'accordo con i
creditori (su quest'ultimo punto, v. anche Tedeschi, Manuale di diritto
fallimentare, Padova, 2001, 520; Guguelmucci, Lezioni di diritto falli mentare, Torino, 2001, 243; Mercurio, Creditori e curatori del falli mento nel procedimento d'impugnazione dei crediti ammessi, in Falli
mento, 1989, 40; Russo, L'accertamento del passivo nel fallimento, Milano, 1988, 255); la possibilità del curatore di «far propria» l'azione
del creditore (già affermata in passato da Cass. 30 maggio 1974, n.
1547, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n. 511) e di poter introdurre nuove
eccezioni è difesa da Jorio, Le crisi d'impresa. Il fallimento, Torino,
2000, 644; Montanari, Dell'accertamento del passivo e dei diritti mo biliari dei terzi, in Le procedure concorsuali a cura di G.U. Tedeschi,
Torino, 1996, I, 2, 879; Lo Cascio, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1995, 365; Canale, Il curatore e l'art. 100 l. fall., in Giur. comm., 1991, II, 1009; Satta, Diritto fallimentare, Padova,
1990, 319; Bonsignori, Il fallimento, in Trattato di diritto commerciale
e diritto pubblico dell'economia diretto da F. Galgano, Padova, 1986, IX, 620; Lanfranchi, La verificazione del passivo nel fallimento, Mila
no, 1979, 424; Di Lauro, Fallimento, processo e diritto sostanziale,
Napoli, 1971, 1141.
Quando è stato dichiarato illegittimo (Corte cost. 22 aprile 1986, n.
102, Foro it., 1986, I, 1762), per violazione dell'art. 24, 2° comma,
Cost., l'art. 100, 1° comma, 1. fall, (nella parte in cui prevedeva che il
termine per l'impugnazione dei crediti ammessi decorresse dalla data del deposito dello stato passivo in cancelleria anziché dalle date di rice
zione delle raccomandate con avviso di ricevimento con cui il curatore
deve dare notizia dell'avvenuto deposito a tutti i creditori che hanno
presentato domanda di ammissione al passivo), non si era considerato che analogo problema si sarebbe riproposto con riferimento all'impu
gnazione dei decreti d'ammissione di domande tardive. A seguito di
tale pronuncia ablativa, si è poi affermato che il termine per proporre l'impugnazione di un credito ammesso a seguito di dichiarazione tardi va decorresse dalla data di deposito in cancelleria dello stato passivo aggiornato in base al decreto di ammissione pronunciato dal giudice
delegato ai sensi dell'art. 101, 3° comma, 1. fall. (Cass. 15 luglio 1988, n. 4672, id., 1988, I, 2869), ma a tale interpretazione — ritenuta non
completamente appagante — è poi seguito il decisum del giudice delle
leggi che ha dichiarato illegittimo, per violazione dell'art. 24 Cost., l'art. 100, 1° comma, 1. fall., nella parte in cui, in relazione all'art. 101, 3° comma, prevedeva che il termine d'impugnazione dei crediti am messi tardivamente decorresse dal deposito in cancelleria del decreto di variazione dello stato passivo, anziché dalla ricezione della raccoman data con la quale il curatore deve dare avviso ai creditori della varia zione stessa (Corte cost. 14 dicembre 1990, n. 538, id., 1992, I, 602; Caiafa, Lezioni di diritto concorsuale, Padova, 2003, 245; critiche al l'intervento additivo del giudice delle leggi sono espresse da Berti, Ammissione tardiva di crediti: impugnabilità e termine di decorrenza
per la Corte costituzionale, in Giur. comm., 1992, II, 17; Del Pinto, Ancora sul diritto di difesa nei giudizi di verificazione ordinaria del
passivo nel fallimento, id., 1991, II, 549). La novità introdotta da Cass. 6172/03 è rappresentata dal fatto che mentre per ciò che attiene al giu dizio di opposizione allo stato passivo si reputa applicabile, nel difetto della comunicazione, il termine lungo annuale importato dal codice di rito in tema di impugnazioni — art. 327 c.p.c. — (cfr. Trib. Catania 13
giugno 1998, Foro it., 1998, I, 3010, alla cui nota di richiami si rinvia),
per l'ipotesi dell'impugnazione del decreto di ammissione di domanda tardiva si esclude l'utilizzazione di questo principio per effetto della ritenuta mancanza di una data certa a partire dalla quale far decorrere il
predetto termine annuale. Va segnalato, infine, che nel disegno di legge approvato dal governo
il 1° marzo 2002, assegnato alla commissione del senato con il n. 1243
(ma mai avanzato in sede parlamentare), si è previsto in capo al curato re il potere autonomo di proporre l'impugnazione ex art. 100 1. fall. [M. Fabiani]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'ordine professionale, e addusse a fondamento del privilegio invocato di avere operato in regime di parasubordinazione; chiese infine la rivalutazione monetaria e il riconoscimento del
trattamento di fine rapporto. L'ammissione fu impugnata ai sensi dell'art. 100 1. fall, da
Cotroneo Angelo, creditore ammesso in via privilegiata, con
l'assunto che la pretesa di credito non era provata; che il credito
non fosse privilegiato e che era comunque prescritto. Il Corigliano eccepì l'inammissibilità, improcedibilità ed in
fondatezza del ricorso e chiese che i suoi crediti fossero ride
terminati in misura superiore a quanto prima richiesto.
Nel giudizio si costituì, aderendo all'impugnazione, il curato
re speciale dott. Francesco De Domenico nominato ad istanza
del p.m. presso il Tribunale di Reggio Calabria, in considera
zione del conflitto d'interessi in cui versava il curatore falli
mentare che, per non essersi costituito nel giudizio d'impugna zione, nell'interesse del fallimento, era stato sottoposto a proce dimento penale.
Nell'udienza fissata, tuttavia, il creditore impugnante com
parve personalmente e dichiarò di rinunziare agli atti di causa.
La rinunzia fu accettata dal Corigliano, ma non dal curatore
speciale, che dichiarò di voler coltivare autonomamente l'impu
gnazione e ribadì l'eccezione di prescrizione e le altre contesta
zioni di merito, in ordine all'esistenza del credito e, all'invocata
causa di prelazione. Il Corigliano rifiutò il contraddittorio e insistette perché fosse
dichiarato estinto il giudizio. Con sentenza 31 dicembre 1998 il tribunale accolse l'impu
gnazione e riformò il decreto del giudice delegato, riducendo il
credito a lire 687.500 in via privilegiata e a lire 4.939.900 in via chirografaria, oltre Iva e Cpa.
La sentenza fu appellata dal Corigliano e riformata dalla
Corte d'appello di Reggio Calabria, che con decisione del 30
giugno 2000 ha dichiarato estinto il giudizio per rinunzia agli atti.
Ha ritenuto la corte territoriale — dopo avere giudicato tem
pestivo l'appello del Corigliano, benché proposto nel termine di
trenta giorni anziché nei quindici dalla notifica della sentenza — che il curatore non ha potere d'impugnazione avverso il de
creto del giudice delegato di esecutività dello stato passivo, in
quanto partecipa alla verifica dei crediti, non come parte proces suale, ma come organo della procedura, che assiste il giudice e
con lui collabora in posizione di assoluta terzietà, sì da non po tere assumere posizioni processuali e sostanziali di contrasto
con quelle di tale giudice.
Propone ricorso per cassazione con due motivi il curatore fal
limentare; resiste con controricorso l'avv. Mario Corigliano, che
ha anche proposto ricorso incidentale condizionato, con un mo
tivo.
Entrambi hanno depositato memorie; non ha presentato difese
Cotroneo Angelo. Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente
principale denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art.
325 c.p.c. e degli art. 99, 5° comma, e 100, 4° comma, 1. fall, e
lamenta l'omessa dichiarazione d'inammissibilità dell'appello, per erronea qualificazione del procedimento.
Deduce che la corte d'appello abbia errato nell'applicazione
all'appello dell'avv. Corigliano del termine ordinario di trenta
giorni, in luogo di quello abbreviato di quindici, previsto dal
l'art. 99, 5° comma, 1. fall., richiamato dall'art. 100; e ciò abbia
fatto, richiamando le disposizioni processuali sull'insinuazione
tardiva, ma non considerando che il credito era stato sì insinuato
tardivamente, ma in via precontenziosa, e che la controversia
sull'accertamento del passivo era quella sorta successivamente
per iniziativa del Cotroneo, creditore ammesso al passivo, sulla
quale nessuna rilevanza esercitava la tardività o tempestività dell'ammissione contestata.
Conseguentemente il termine per l'appello era quello previsto dall'art. 99 cit.
Con il secondo si denunziano la violazione e falsa applicazio ne dell'art. 306 c.p.c., in relazione all'art. 100 1. fall.
Assume il ricorrente che il curatore è parte nel procedimento di verifica dei crediti, quanto meno una volta che il giudizio di
impugnazione sia stato instaurato, tant'è che l'art. 100, 3°
comma, prevede l'accordo che, necessariamente, richiede l'ade
sione del curatore; a meno di volerlo considerare semplice in
terveniente adesivo.
Il Foro Italiano — 2003.
Con il ricorso incidentale il Corigliano deduce l'errore della
sentenza impugnata, ai fini della correzione della motivazione,
per non avere esaminato altre questioni in conseguenza del
l'adozione di una diversa ratio decidendi.
In particolare rileva che la sentenza di primo grado era stata
notificata a cura della parte, che aveva eletto domicilio in modo
diverso rispetto a quanto avvenuto in primo grado, e cioè presso l'avv. Mandaglio anziché presso l'avv. Postorino; e poiché la
parte medesima era stata indicata come dott. Francesco De Si
mone e non come Francesco De Domenico ed era mancato il
nome del difensore di primo grado nella relata della copia noti
ficata e l'indicazione del nuovo domiciliatario era stata incom
pleta, non essendo stati specificati via e civico dello studio in
Reggio Calabria, tutto ciò aveva impedito di proporre impugna zione nel termine breve di quindici giorni, essendo occorso un
tempo maggiore per le necessarie identificazioni, in realtà avve
nute, ma solo successivamente; sicché, per essere state la di
chiarazione di domicilio invalida ed errata l'indicazione del nome della parte, la notifica della sentenza era stata non idonea
a far decorrere il termine breve, tanto da rendere rituale l'ap
pello proposto nel termine lungo. Rileva, inoltre, che la notifica era stata eseguita ad istanza di
un soggetto — il curatore speciale
— che non era stato parte del
processo, perché non era titolare del diritto di azione nel proce dimento ex art. 100 1. fall.
Nega che, costituendosi, egli avesse potuto sanare la posizio ne illegittima della curatela, riconoscendole la possibilità di
contraddire, sia pure con riguardo all'eventualità che il giudizio
potesse essere dichiarato estinto; e ciò in quanto egli aveva di
chiarato subito di non accettare il contraddittorio.
Deduce, ancora, che illegittima era stata la nomina del curato
re speciale, non essendo prospettabile alcun conflitto d'interes
si, sicché il provvedimento di nomina, per la sua abnormità, de
ve considerarsi inesistente e in quanto tale sottratto all'operati vità dei principi dell'assorbimento delle nullità nei mezzi di
gravame e del giudicato conseguente all'eventuale inammissi
bilità dell'impugnazione. Essendo il provvedimento inidoneo ad
esplicare giuridica rilevanza, la denunzia predetta sarebbe pro
ponibile in ogni tempo e con qualsiasi mezzo, non potendosi
configurare sulla questione alcun giudicato endofallimentare.
Infine rileva che, essendo stata l'ammissione tardiva disposta con decreto 2 dicembre 1994 o impugnata il 29 settembre 1997,
impugnazione che la curatela speciale aveva fatto propria il 2
marzo 1998, era decorso un anno dal decreto di ammissione non
comunicato; ipotesi corrispondente al deposito dello stato passi vo, nel caso di verifica dei crediti ordinaria, sì da far decorrere il
termine lungo per l'impugnazione e da produrre il giudicato in
terno, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado, ove l'eccezione
relativa non sia mai stata sollevata prima, esaminata ed esplici tamente o implicitamente rigettata.
Dei ricorsi va preliminarmente disposta la riunione, ai sensi
dell'art. 335 c.p.c. Del ricorso principale è fondato il primo motivo.
La sentenza impugnata ha ritenuto tempestivo l'appello pro
posto da Corigliano Mario, avverso la sentenza del tribunale che
aveva accolto l'impugnazione proposta ex art. 100 1. fall, da un creditore ammesso al passivo, affermando che il termine abbre
viato di quindici giorni, previsto dall'art. 99, 5° comma, 1. fall., richiamato dall'art. 100, non sia applicabile ai giudizi conse
guenti ad insinuazioni tardive ex art. 101 1. fall., regolati dalle
norme ordinarie del codice di rito con riguardo ai termini di im
pugnazione. L'assunto, che muove da una prospettazione in fatto errata, è
giuridicamente infondato.
Va, infatti, considerato che il giudizio in questione non era
conseguito ad un ricorso per insinuazione tardiva, la quale ne è
stata semmai l'antefatto, essendo la controversia insorta sul
l'impugnazione promossa da un creditore ammesso al passivo, avverso quella insinuazione. Trattasi, cioè, di procedimento del
tutto autonomo, rispetto a quello conclusosi con l'insinuazione
tardiva, avviato ai sensi dell'art. 100 1. fall., che al 4° comma ri
chiama, per l'istruzione e la decisione delle impugnazioni, le di
sposizioni dell'articolo precedente, il quale, al 1° comma, stabi
lisce che il termine per appellare è di quindici giorni dall'affis sione (decorrenza dichiarata illegittima da Corte cost. 152/80, Foro it., 1981, I, 2, per violazione dell'art. 24 Cost, e sostituita
dalla notificazione) della sentenza.
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2059 PARTE PRIMA 2060
Conseguentemente l'appello del Corigliano, proposto oltre il
quindicesimo giorno, è inammissibile perché tardivo; e l'acco
glimento sul punto del ricorso, porta all'assorbimento dell'altro
motivo di censura.
Infondato è, invece, il ricorso incidentale condizionato.
Il complesso gravame, formulato con unico motivo, si articola
su tre punti, con il primo dei quali, nella implicita adesione alla
tesi di controparte, circa il termine di cui sopra, il Corigliano so
stiene che esso non ebbe a decorrere — e trova, quindi, applica zione il termine lungo annuale, previsto dall'art. 327 c.p.c.
—
per vizi di notificazione della sentenza di primo grado, dovuti al
fatto che: 1) la notifica era avvenuta ai sensi dell'art. 330, 1°
comma, c.p.c., con l'elezione di domicilio della parte richie
dente presso l'avv. Mandaglio, e cioè in modo diverso dall'ele
zione compiuta in primo grado, presso l'avv. Postorino; 2) era
mancata l'identificazione certa della parte predetta, risultando
nella relata della copia notificata il dott. Francesco De Simone, anziché il dott. Francesco De Domenico, e comunque il soggetto richiedente, il curatore speciale, non era stato parte del proces so, perché non era titolare del diritto d'azione, ai sensi dell'art.
100 1. fall., mentre la costituzione in giudizio di esso controri
corrente non aveva sanato quella posizione illegittima, avendo
egli subito dichiarato di non accettare il contraddittorio; 3) non
era stato citato il procuratore e difensore del primo grado, che
era dunque il solo ad essere noto alla controparte, ma il nuovo
domicilitario avv. Francesco Mandaglio, con studio in Reggio Calabria, ma senza alcuna indicazione sulla via e sul numero ci
vico.
Si aggiunge, con il secondo, che la nomina del curatore spe ciale era stata illegittima ed anzi abnorme e dunque inesistente — mancando il conflitto di interessi; per l'effetto, quand'anche
l'impugnazione fosse stata inammissibile, la denunzia in ordine
al vizio di tale nomina sarebbe proponibile in ogni tempo e con
ogni mezzo, esso incidendo sulla ritualità, procedibilità, validità
e sulla stessa esistenza del procedimento ex art. 100 1. fall.
Infine con il terzo si assume che l'impugnazione ex art. 100
era avvenuta circa tre anni dopo (il 29 settembre 1997) l'insi
nuazione tardiva del credito (2 dicembre 1994), mai comunica
ta, ed era stata fatta propria dalla curatela speciale il 2 marzo
1987; sicché, essendo decorso il termine lungo, si era formato il
giudicato interno, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado. Nessuno dei profili considerati può essere condiviso.
Quanto al primo, dedotto a fondamento della tempestività
dell'appello, in quanto proposto nel termine annuale, quello breve non avendo mai cominciato a decorrere, non par dubbio
che la notifica della sentenza sia stata correttamente richiesta e
validamente eseguita; legittima essendo stata la diversa domici
liazione, rispetto a quella di primo grado; irrilevante l'errore
nell'indicazione del cognome del curatore speciale, per la palese sua materialità, posto che nella relata si era indicata, appunto, la
qualità di curatore speciale del fallimento di Cassone Giuseppe, con la quale il dott. Francesco De Domenico era stato in giudi zio; inconferente l'indicazione del nuovo domiciliatario con il
solo nome e la residenza, senza la specificazione della via e del
numero civico dello studio, essendo gli elementi presenti idonei
ad agevolmente identificarlo, senza possibilità di equivoci, non
essendosi, peraltro, nemmeno dedotto che altri avvocati omoni
mi operassero in Reggio Calabria.
Ed è sufficiente rilevare che la notificazione dell'impugna zione fu poi effettuata correttamente, seppure soltanto il 6 mag
gio 1999 e cioè nei trenta anziché nei quindici giorni dalla noti
fica della sentenza, e che nessuna osservazione fu compiuta con
l'appello, a sostegno dell'inefficacia, invalidità o addirittura
inesistenza — come ora si assume — di quest'ultimo atto, tali
da avere abilitato all'utilizzazione del termine lungo, per con
cludere che il decorso del maggior tempo, rispetto a quello di
rito, conseguì al convincimento che il termine breve fosse più
ampio dei quindici giorni e non già alle anomalie della notifica. Né ha qualche pregio l'ulteriore assunto che la notifica co
munque mancò, perché richiesta da un soggetto che non era
parte processuale, limitando l'art. 100 1. fall, l'impugnazione solo ai creditori ammessi e non anche al curatore.
Se quest'ultima circostanza è vera, altrettanto certo è che nel
procedimento d'impugnazione il curatore è considerato, ope le
gis (art. 100, 2° comma), contraddittore necessario, dovendo es
sere chiamato in giudizio, al pari dei creditori ammessi, il cui credito sia contestato, assumendo così la qualità di parte proces
II Foro Italiano — 2003.
suale (Cass. 1547/74, id., Rep. 1974, voce Fallimento, n. 511),
che, per quanto non legittimata all'impugnazione ex art. 100,
per la sua qualità di organo di collaborazione del giudice nella
fase della verifica dei crediti, una volta entrata nel processo im
pugnatorio, assume e conserva tutte le facoltà delle altre parti, ad eccezione del diritto di azione, in primo grado e nei gradi successivi (Cass. 7024/94, id., Rep. 1995, voce cit., n. 578;
659/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 500), sì da svolgere iniziati ve, attività e conclusioni pertinenti al thema decidendum.
Conseguentemente la rinunzia del curatore impugnante, ac
cettata dal Corigliano, ma non anche dal curatore fallimentare, non ha prodotto l'effetto estintivo del giudizio, il quale, ai sensi
dell'art. 306 c.p.c., si produce per rinunzia «quando questa è ac
cettata dalle parti costituite che potrebbero avere interesse alla
prosecuzione»; interesse che al curatore non può essere negato, esso inerendo alla stessa sua partecipazione al giudizio, previ sta, come si è detto, obbligatoriamente e in effetti avvenuta con
la costituzione e l'assunzione delle stesse difese del creditore
impugnante. E per la stessa ragione la notifica della sentenza, a sua istan
za, è valida ed efficace, in quanto proveniente da una parte abi
litata ed in concreto interessata.
Quanto al secondo profilo, che deduce l'invalidità della no
mina del curatore speciale — dal ricorrente incidentale addirit
tura prospettata in termini di inesistenza, a causa della supposta sua abnormità, allo scopo di legittimare la denunzia per la prima volta nel presente grado
— la doglianza si sostanzia esclusiva
mente nell'assunto che il curatore speciale era stato nominato in
sostituzione del curatore fallimentare, per essere stato quest'ul timo «colpito da un asserito e non meglio identificato conflitto
di interessi».
Tuttavia nell'esposizione dei fatti processuali il Corigliano ri
ferisce, che nelle fasi intercorse tra il ricorso ex art. 100 e l'u
dienza del 2 marzo 1998, era avvenuta la nomina del curatore
speciale da parte del presidente del Tribunale di Reggio Cala
bria, su richiesta del p.m. — sollecitato dal fallito Cassone —
che aveva prospettato un conflitto di interessi «in cui sarebbe
venuta a trovarsi la curatela nell'ambito del procedimento di cui
sopra, per l'esistenza di un procedimento penale a suo carico
per fatti imprecisati connessi all'uso del suo ufficio, nonché per il fatto che all'epoca della fase tardiva non aveva proposto op
posizione, nonché infine per la non avvenuta costituzione in
giudizio». Da tale narrativa riceve diretta smentita l'assunto circa «l'as
serito e non meglio identificato conflitto d'interessi»; mentre
inammissibile è la disamina dell'effettiva esistenza di quel con
flitto, perché impinge in valutazioni di merito, inibite al giudice di legittimità.
E ciò quand'anche fosse condivisibile la deduzione della giu ridica inesistenza dell'atto di nomina, della sua rilevabilità d'uf
ficio e della sua proponibilità per la prima volta in questo grado. Per ciò che attiene, infine, alla decorrenza dell'anno dal de
creto di ammissione tardiva del credito, poi impugnato, mai co
municato o notificato, che avrebbe reso inammissibile l'impu
gnazione ex art. 100, la reductio ad legittimatem operata dalla
Corte costituzionale, con la sentenza 538/90 (id., 1992, I, 602), non autorizza la proposta conclusione.
La Consulta, dichiarando illegittimo per violazione dell'art.
24 Cost., il 10 comma della norma — nella parte in cui prevede va che il termine per proporre l'impugnazione contro i crediti
ammessi tardivamente decorresse dal momento del deposito in
cancelleria dello stato passivo aggiornato, a seguito del decreto
d'ammissione tardiva pronunciato dal giudice delegato ex art.
101,3° comma, 1. fall., e non invece dalla data di ricezione della
raccomandata, con cui i creditori ammessi hanno notizia del de
creto di variazione dello stato passivo — ha considerato neces
saria, perché decorra il termine di cui si tratta, la predetta comu
nicazione del curatore, che pone il creditore interessato nell'ef
fettiva condizione di conoscere il provvedimento che ha variato
in aumento le passività ammesse.
Tanto giova ad escludere l'applicabilità in via analogica del
l'art. 327 c.p.c., che, in mancanza di notificazione della senten
za, fissa in un anno il termine di decadenza dall'impugnazione, a far tempo dalla sua pubblicazione.
L'estensione della norma alla fattispecie in esame, che pure è
stata ritenuta possibile (Cass. 3924/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 697; 8763/90, id., Rep. 1991, voce cit., n. 492) con riguardo
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
all'opposizione di cui all'art. 98 1. fall., per la quale il deposito dello stato passivo in cancelleria (art. 97, 2° comma, 1. fall.), unitamente al decreto che lo dichiara esecutivo, è stato assimi
lato alla pubblicazione della sentenza, trova resistenza nella cir
costanza che, a differenza di quanto stabilito in quella ipotesi,
per l'ammissione tardiva del credito, a norma dell'art. 101 1.
fall., disposta con decreto, la legge non prevede alcun deposito dello stato passivo aggiornato; sicché l'applicazione della nor
ma processuale richiamata finirebbe per svuotare la garanzia di
difesa, che l'intervento del giudice delle leggi ha reso effettiva, sebbene il riferimento in esso contenuto al deposito del decreto
di variazione dello stato passivo, compiuto sulla scia di pronun zie di questa Corte di legittimità (Cass. 4713/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 509, e 4672/88, id., 1988, I, 2869), lasci supporre quanto in realtà la legge non dispone.
In ogni caso il rilievo del ricorrente incidentale, secondo cui
sarebbe maturato il c.d. termine lungo, suppone che fossero stati
accertati in punto di fatto il deposito di quell'aggiornamento e la
data di esso, dal quale poter determinare siffatta decorrenza; sicché l'assenza di tale accertamento priva di fondatezza, anche
per tale aspetto, la doglianza. La sentenza impugnata va pertanto, in considerazione del
l'accoglimento del primo motivo del ricorso principale, cassata
senza rinvio, attesa l'inammissibilità dell'appello a suo tempo
proposto da Corigliano Mario.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 3 aprile 2003, n. 5154; Pres. Calfapietra, Est. Malpica, P.M. Ve
lardi (conci, diff.); Bracci (Avv. Martorelli) c. Soc. Ima
(Avv. Luchetti). Cassa Trib. Macerata 4 novembre 1999.
Possesso e azioni possessorie — Azione di reintegrazione —
Termine annuale — Scadenza (Cod. civ., art. 1168).
Il termine annuale per l'esperimento dell'azione di reintegra zione previsto dall'art. 1168 c.c. va calcolato con riferimento alla data di deposito del ricorso anche se diversa da quella in
cui il ricorso giunga a diretta conoscenza dell'autore dello
spoglio. (1)
(1) Non constano precedenti specifici editi. Secondo il principio di diritto sancito dalla corte in relazione al termine annuale per l'esperi mento dell'azione di reintegrazione previsto dall'art. 1168 c.c. occorre far riferimento alla data di deposito del ricorso a nulla rilevando la cir costanza che il ricorso giunga a conoscenza dell'autore dello spoglio in un secondo tempo. Nella specie, l'effettivo autore dello spoglio era ve nuto a conoscenza del ricorso successivamente rispetto al deposito dello stesso, ed oltre la scadenza del termine annuale previsto dall'art. 1168 c.c., a seguito di chiamata in causa iussu iudicis, per essere avve nuta la sua esatta individuazione a procedimento avviato, grazie alle eccezioni proposte dall'originario convenuto. La corte ha osservato che il decorso del termine annuale previsto dall'art. 1168 c.c. deve ritenersi definitivamente impedito quando viene sottoposto al giudice il fatto e viene chiesta la relativa tutela nei confronti di chi appaia ragionevol mente responsabile dello spoglio, non potendo rilevare il fatto che una diversa o più esatta individuazione dell'autore dello spoglio avvenga più tardi a seguito delle eccezioni proposte dall'originario convenuto o dalle prove testimoniali acquisite. Secondo la corte «una diversa solu zione si presterebbe a facili collusioni in danno dello spogliato con la
possibilità che il convenuto, contestata la propria legittimazione passi va, abbia interesse a far emergere solo tardivamente l'identità del pre teso spogliarne o adotti altro utile espediente al fine di precludere allo
spogliato il proficuo esperimento dell'azione». Pur non rinvenendosi precedenti, vale la pena osservare che il princi
pio di diritto espresso nella sentenza in epigrafe ben può essere acco
stato (è la corte stessa ad effettuare tale accostamento nella motivazione
Il Foro Italiano — 2003.
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Mace
rata depositato il 9 gennaio 1990, Bracci Dalmo, lamentando di
aver scoperto nel febbraio 1989 — allorché si era recato sul po sto dalla sua abituale residenza di Perugia — che su un suo ap
pezzamento di terreno sito in San Genesio, località Pian di Pie
ca, erano stati costruiti abusivamente alcuni pozzi per la capta zione di acqua, invocava la tutela possessoria nei confronti di
Ferriccioni Gabriella, proprietaria del fondo confinante, sul quale erano stati realizzati altri simili pozzi, e nei confronti
della ditta Ci.pre. s.r.l., corrente in San Genesio, esecutrice delle
opere. Il ricorrente lamentava anche che la ditta Ci.pre., per ese
guire i pozzi, aveva occupato la sua confinante proprietà con
inerti e breccia sistemata al fine di agevolare il transito di auto
carri.
Instauratosi il contraddittorio, la Ferriccioni si dichiarava
estranea ai fatti, mentre la Ci.pre. ammetteva di aver eseguito la
sola apertura del tracciato — peraltro nel lontano 1983 — ma
escludeva di aver proceduto ali'escavazione dei pozzi, indican
done come responsabile la Ima s.n.c.
Disposta la chiamata iussu iudicis della soc. Ima, questa si
costituiva a mezzo del legale rappresentante Ciabocco Federico, marito della Ferriccioni e amministratore nel contempo anche
della soc. Ci.pre., ed ammetteva di aver eseguito l'escavazione
dei pozzi sia nella proprietà della Ferriccioni, sia nella proprietà del ricorrente, in data 18 gennaio 1989, eccependo il difetto di
clandestinità e dell'animus spoliandi, in quanto i lavori erano
stati eseguiti con il consenso del padre del ricorrente Bracci
Franco.
Con ordinanza 2 maggio 1990 il pretore ordinava l'immediata
sospensione dell'attività di sollevamento dell'acqua dai pozzi realizzati sul fondo del ricorrente e la rimessa in pristino dei
luoghi, confermando poi il tutto con la sentenza 9-15 aprile 1993, con la quale condannava altresì la Ima al risarcimento dei
danni, liquidati in lire cinque milioni. Avverso la sentenza del pretore la Ima s.n.c. proponeva ap
pello al Tribunale di Macerata eccependo: a) che il Bracci era
decaduto dall'azione per essere decorso oltre un anno tra la data
del preteso spoglio e la data di chiamata in causa della Ima, di
sposta con ordinanza del pretore 5 febbraio 1990; b) che la do
manda risarcitoria era stata introdotta in causa tardivamente; c) che, infine, era irrituale la liquidazione equitativa ben potendo
procedersi alla determinazione del suo preciso ammontare.
Con la sentenza 686/99 il Tribunale di Macerata, in totale ri
forma della sentenza pretorile, respingeva sia la domanda di re
integrazione che quella accessoria di risarcimento, siccome im
proponibile per tardività, e condannava il Bracci alla rifusione
dei due gradi di giudizio. Argomentava il tribunale che lo spoglio era avvenuto pacifi
camente il giorno 18 gennaio 1989 e che, data la presenza sul
posto del padre del ricorrente, non poteva ritenersi che l'atto
avesse i requisiti della clandestinità al fine di consentire la pro va di una diversa data di conoscenza dello spoglio stesso. Inol
tre assumeva il giudice d'appello che il termine annuale deve ri
sultare rispettato con riferimento alla data in cui è evocato in
giudizio l'autore dello spoglio, e tale data con riferimento alla
ditta responsabile, era individuabile nell'ordinanza di chiamata in causa del pretore, a nulla rilevando che la società convenuta dal Bracci e quella chiamata in causa fossero legalmente rappre sentate dalla stessa persona fisica.
Per l'annullamento della nominata sentenza propone ricorso
il Bracci formulando due motivi.
Resiste la soc. Ima s.n.c. con controricorso. Il ricorrente ha
altresì depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 378
c.p.c. Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente
della sentenza) al principio, più volte affermato in giurisprudenza, se condo il quale ai fini della tempestività dell'azione di spoglio entro l'anno dal fatto deve farsi riferimento al giorno del deposito in cancel leria del ricorso e non a quello successivo della notificazione del ricor so stesso con il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione delle
parti (Cass. 4 novembre 1993, n. 10936, Foro it., Rep. 1994, voce Pos
sesso, n. 64; Trib. Cagliari 23 novembre 1983, id., Rep. 1986, voce cit., n. 77; contra, Pret. Milano 11 luglio 1949, id., Rep. 1950, voce cit., n.
Ili); nella formulazione di entrambi i principi la giurisprudenza, met tendo da parte schemi interpretativi rigidamente formalistici, mira a ga rantire l'effettività della tutela possessoria.
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