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Sezione I civile; sentenza 17 gennaio 1981, n. 417; Pres. ed est. Scanzano, P.M. Leo (concl. conf.);...

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Page 1: Sezione I civile; sentenza 17 gennaio 1981, n. 417; Pres. ed est. Scanzano, P.M. Leo (concl. conf.); Puca (Avv. Moscarini, Miglino) c. Di Genio (Avv. Clarizia). Conferma App. Salerno

Sezione I civile; sentenza 17 gennaio 1981, n. 417; Pres. ed est. Scanzano, P.M. Leo (concl. conf.);Puca (Avv. Moscarini, Miglino) c. Di Genio (Avv. Clarizia). Conferma App. Salerno 30 aprile1977Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 1033/1034-1037/1038Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172840 .

Accessed: 24/06/2014 23:26

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

stà autoritativa (ex art. 357 cod. pen.); c) ovvero per indicare

quelle attività economiche che lo Stato e gli altri enti, cosiddetti

economici, che operano nel campo dell'economia, in regime di concorrenza con i privati, e la cui attività risulta regolata iure

privatorum. Non manca, infine, nella dottrina coloro che, nell'am

bito delle attività, più propriamente economiche, restringono il

campo del servizio pubblico a quegli enti che, in regime di diritto

pubblico, esplicano un'azione diretta alla produzione di beni e

servizi; restringendo di conseguenza nell'ambito della pubblica funzione degli enti, che, pur svolgendo la loro attività nel campo economico assumono compiti direttivi, programmatrici, d'impulso e di controllo.

Ora proprio con riferimento al carattere « polisenso » che

assume il termine di servizio pubblico, l'esatta portata di tale

espressione in subiecta materia non può che determinarsi nell'am

bito della ratio legis, su cui si fonda l'art. 78 cit., e degli stessi

principi sistematici che regolavano la materia tributaria nel perio do antecedente all'entrata in vigore dell'attuale legislazione fiscale.

È indubbio che quest'ultima sottopone ad imposizione tributaria

diretta (i.r.p.e.g.) anche gli enti pubblici siano essi meramente

economici, o esplicanti un pubblico servizio; mentre, per conver

so, la precedente legislazione sottoponeva all'imposizione tributa

ria diretta (imposta di ricchezza mobile, imposta sulle società,

ecc.) anche le persone giuridiche pubbliche, soltanto nell'ipotesi in

cui queste espletassero un'attività economica a scopo di lucro;

rimanendo, di conseguenza, esclusi quegli enti esplicanti attività

non economiche o, comunque, non a fine di lucro, ivi compi esi

gli enti esercenti un pubblico servizio.

In tale categoria erano, quindi, ricompresi tutti quegli enti che,

esplicando un'attività iure publico, realizzassero i loro proventi sotto forma di tassa o tributo, e in genere non a scopo di lucro, con obbligo di reinvestimento nel servizio o nel fine pubblico

degli avanzi di gestione. Da ciò consegue che, alla luce dei suesposti principi, il termine

« pubblico servizio », utilizzato dal legislatore in materia tributa

ria nell'art. 78 cit., nonché nell'art. 151, lett. d (riguardante le

esenzioni in ordine all'imposta sulle società, il cui parallelismo con la prima disposizione appare del tutto evidente, stante la

identità di ratio legis su cui si fondano le due previsioni normati

ve sulla base delle considerazioni sopraesposte), è suscettibile di

ricomprendere lato sensu non soltanto gli enti che esercitano una

attività economica in regime di monopolio, costituente pubblico

servizio, ma, attesi tutti gli altri enti che, senza perseguire finalità

di lucro esplicano, come l'Ente nazionale per la cellulosa e per la

carta attività promozionale, programmatica, di incentivazione e di

controllo nell'ambito dell'economia e di un suo particolare settore.

A tale conclusione ugualmente dovrebbe pervenirsi, se in base

ad una questione meramente nominalistica dovesse riconoscersi in

tale attività promozionale, direttiva e di controllo nel campo economico il carattere di pubblica funzione, anziché quello di

pubblico servizio, in assenza di finalità di lucro, seppure collatera

li allo scopo istituzionale, stante l'identità di ratio, che caratteriz

za entrambe le situazioni, che renderebbe illogica una siffatta

interpretazione restrittiva del termine « servizio pubblico » e un

discriminato trattamento ai fini dell'applicazione dell'esenzione de

qua.

Pertanto, considerati la particolare natura dell'attività svolta

dall'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta, il suo inseri

mento tra gli enti parastatali (legge 20 marzo 1975 n. 70), nonché

l'attività che il medesimo, senza scopo di lucro, con caratteri

autoritativi, e potestà impositiva tributaria, è chiamato ad espleta re nel settore economico della cellulosa e della carta, con finalità

promozionali, direttive, di controllo, ecc. (art. 1, 2 legge 13 giugno

1935) (in mancanza di ogni più specifica dimostrazione che questo ente abbia espletato, in concreto, altre attività economiche iure

privatorum) consegue che a detto ente va riconosciuta l'esenzione

prevista nell'art. 78, lett. c, legge n. 203 del 1950. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 17 gen

naio 1981, n. 417; Pres. ed est. Scanzano, P.M. Leo (conci,

conf.); Puca (Avv. Moscarini, Miglino) c. Di Genio (Avv.

Clarizia). Conferma App. Salerno 50 aprile 1977.

Ingiunzione (procedimento per) — Creditore procuratore legale — Difesa personale — Obbligo di dichiarare la residenza o

eleggere domicilio presso il giudice adito — Esclusione — Ef

fetti sulla notifica dell'opposizione (Cod. proc. civ., art. 86,

638, 645; r. d. 27 novembre 1933 n. 1578, ordinamento delle

professioni di avvocato e di procuratore, art. 10, 17; r. d. 22

gennaio 1934 n. 37, norme integrative e di attuazione del r. d.

27 novembre 1933 n. 1578, art. 82).

Poiché il procuratore legale che propone domanda d'ingiunzione nel proprio interesse difendendosi personalmente, a norma del l'art. 86 cod. proc. civ., non è tenuto a dichiarare la residenza o a eleggere domicilio nel comune ove ha sede il giudice adito, è invalida la notifica dell'opposizione alla detta ingiunzione effettuata presso la cancelleria del tribunale adito e non invece

presso il domicilio del ricorrente, situato nella circoscrizione dello stesso tribunale, cui il procuratore è assegnato. (1)

(1) Sul principio per cui la parte che si difende personalmente per avere la qualità necessaria ad esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, viene a valersi di (e a soggia cere a) tutte le norme riguardanti l'esercizio del ministero del pro curatore nel processo, v. Cass. 25 ottobre 1972, n. 3264, Foro it., Rep. 1972, voce Avvocato, n. 39 (che riconosce al professioni sta costituitosi personalmente il diritto alle competenze procuratorie e all'onorario se abbia svolto opera professionale); Cass. 23 luglio 1973, n. 2149, id., Rep. 1973, voce Procedimento civ., n. 15 (che estende le limitazioni territoriali dello ius postulandi anche a coloro che assumono il patrocinio in causa propria); Cass. 7 dicembre 1972, n. 3541, id., Rep. 1972, voce Sentenza civ., n. 125 (che ritiene la notifica alla parte nel suo domicilio idonea a far decorrere il ter mine per l'impugnazione nel caso che rivesta la qualità di procura tore e si sia difesa personalmente).

A norma dell'art. 82 r. d. 22 gennaio 1934 n. 37, i procuratori che esercitano il proprio ufficio in un giudizio in corso fuori della cir coscrizione del tribunale a cui sono assegnati, devono all'atto della costituzione eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giu diziaria presso la quale i1_ giudizio si svolge, in mancanza di che il domicilio si intende eletto presso la cancelleria del giudice adito: ne consegue che il procuratore, che proponga il ricorso per ingiun zione fuori della circoscrizione del tribunale di assegnazione, deve eleggere domicilio nella sede del giudice adito all'atto della presen tazione del ricorso (cfr. Cass. 11 settembre 1978, n. 4100, id., Rep. 1978, voce Ingiunzione (procedimento), n. 17), che costituisce, nel

procedimento monitorio, l'atto introduttivo del giudizio e deve con tenere tutti gli elementi dell'instaurazione della lite (v. Cass. 24 mar zo 1969, n. 1854, id., 1970, I, 842).

È altresì pacifico che il cit. art. 82 non può considerarsi tacita mente abrogato a seguito dell'entrata in vigore del codice di rito, atteso che l'art. 170 (e le altre norme che sono espressione dello stesso principio), nello stabilire che nel corso del procedimento tut te le notificazioni e comunicazioni si fanno al procuratore costituito, indica la persona nei cui confronti la notifica deve essere effettuata, ma non il luogo in cui va eseguita (cfr. per tutte Cass. 2 agosto 1977, n. 3386, id., Rep. 1977, voce Procedimento civ., n. 58; 8 marzo

1977, n. 976, ibid., voce Notificazione civ., n. 17; 5 agosto 1976, n. 3018, id., Rep. 1976, voce Avvocato, n. 89; 23 maggio 1975, n.

2053, id., Rep. 1975, voce cit., n. 189). Diverso è il caso preso in esame dalla sentenza che si riporta, in

cui il giudizio doveva svolgersi avanti al tribunale cui il procuratore è assegnato: per tale ipotesi l'art. 10 r. d. 1578 del 1933 non con

templa l'autorizzazione alle notificazioni presso la cancelleria in man canza di elezione di domicilio e la Cassazione (v. sent. 28 maggio 1962, n. 1264, id., 1963, I, 136) ha ritenuto che, nell'ipotesi di man canza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio del

procuratore costituito, le notificazioni e comunicazioni possono es

sergli fatte nel luogo ove risiede per ragioni del suo ufficio ovvero nella sua residenza o domicilio reali, quando non coincidano con quello dove, a norma dell'art. 10 r. d. cit., il procuratore deve risie dere per ragioni del suo ufficio.

Una volta ammessa la validità della notifica al domicilio reale del procuratore, sito in luogo diverso dal comune in cui ha sede il

giudice adito, pur in presenza del recapito nel capoluogo previsto dall'art. 10 cit., è agevole ritenere che, ove sia indicato il domicilio

reale, giammai potrebbe farsi ricorso alla notifica presso la cancel leria del giudice adito. Tale notifica deve escludersi con sicurezza, almeno ogniqualvolta ricorra la duplice condizione che vi sia l'indi cazione di un domicilio del procuratore nell'ambito della circoscri zione del tribunale avanti al quale si svolge il giudizio e che il

procuratore sia assegnato a tale tribunale.

Nell'ipotesi in cui manchi ogni indicazione può sorgere qualche dubbio: Cass. 11 dicembre 1963, n. 3133, id., 1964, I, 274 e 7

aprile 1956, n. 1011, id., Rep. 1956, voce Impugnazioni civ., n. 36, con riferimento a giudizi svoltisi avanti a giudici monocratici, ri

spetto ai quali giocano altresì le norme degli art. 314 cod. proc. civ. e 58 disp. att. cod. proc. civ., lo scioglie nel senso che, pur

quando il giudizio si svolge nella circoscrizione del tribunale cui è

assegnato il procuratore costituito e questi ometta negli atti proces suali ogni indicazione del suo domicilio o del suo recapito, non può essere imposto alla controparte di farne ricerca, con la conseguenza che, allora, le notificazioni e le comunicazioni durante il procedi mento possono essere validamente fatte presso la cancelleria del

giudice adito; Cass. 12 agosto 1957, n. 3395, id., Rep. 1957, voce

Notificazione civ., n. 9, opina, invece, sempre con riferimento ad un

giudizio pretorile, che, in mancanza di dichiarazione di residenza o

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1035 PARTE PRIMA 1036

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — L'avv. Antonio

Di Genio, iscritto nell'albo dei procuratori di Vallo della Lucania,

propose ricorso per ingiunzione al presidente del tribunale di

detta città per crediti professionali nei confronti di Pasquale Puca, dichiarando di stare in giudizio personalmente ai sensi

dell'art. 86, capov., ed indicando il suo domicilio in Ogliastro Cilento sia mediante un timbro apposto in testa al ricorso, sia

con dichiarazione contenuta nel precetto notificato insieme col

ricorso e col decreto ingiuntivo sia nella richiesta di notificazione.

Avverso il decreto ingiuntivo (emesso per la chiesta somma di

lire 997.000), il Puca propose opposizione, e notificò il relativo

atto presso la cancelleria del giudice adito in quanto nel testo del

ricorso il Di Genio non aveva indicato la sua residenza né eletto

domicilio ai sensi dell'art. 638 cod. proc. civile. Il Di Genio si

costituì al solo fine di eccepire l'irritualità di tale notificazione.

Il tribunale, accogliendo questa eccezione, dichiarò inammissibi

le l'opposizione con sentenza del 16 giugno 1976, confermata

dalla Corte d'appello di Napoli, sezione distaccata di Salerno, con la sentenza ora impugnata.

La corte d'appello ha ritenuto che la dichiarazione di residenza

o di domicilio, di cui all'art. 638 cod. proc. civ., deve essere fatta

dalla parte che sta in giudizio di persona ai sensi del 1° e 2°

comma dell'art. 82 cod. proc. civ., e non anche dal procuratore

legale che proponga ricorso nel suo interesse personale e stia in

giudizio di persona ai sensi dell'art. 86 cod. proc. civ. in quanto abilitato all'esercizio della professione forense: non sussistendo

quindi il presupposto della notificazione in cancelleria, l'atto di

opposizione avrebbe dovuto essere notificato al domicilio reale

dell'avv. Di Genio, quale risultante dal complesso delle indicazio

ni contenute nel ricorso ed atti pedissequi (cioè il timbro di cui si

è detto, l'atto di precetto e la richiesta di notificazione del decreto

ingiuntivo). Contro tale sentenza il Puca ha proposto ricorso per cassazione

sulla base di un unico motivo. Il Di Genio ha presentato controri

corso. Il ricorrente ha poi presentato note sulle conclusioni del

pubblico ministero.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di cassazione il

ricorrente sostiene che alla indicazione della residenza o alla

elezione di domicilio previste nell'art. 638 cod. proc. civ., è tenuto

in ogni caso colui che sta in giudizio di persona e quindi anche

colui che esercita per sé lo ius postulandi ai sensi dell'art. 86 cod.

proc. civ. in quanto abilitato all'esercizio della professione foren

se. Soggiunge che nella specie manca comunque nel ricorso per

ingiunzione anche la dichiarazione della residenza reale del Di

Genio, essendo, a quest'ultimo fine, inidonea l'apposizione del

timbro in testa al ricorso (anche perché il suo contenuto era

equivoco, esso indicando un duplice recapito) ed irrilevanti le

indicazioni contenute nell'atto di precetto, per cui la notificazione

dell'opposizione al decreto ingiuntivo era stata ritualmente esegui ta presso la cancelleria del giudice adito.

Le questioni che, secondo la censura riassunta, occorre esami nare sono: a) se la dichiarazione di residenza o l'elezione di

domicilio nel comune, ove ha sede il giudice adito, previste dall'art. 638 cod. proc. civ. richiamato dal successivo art. 645 (dichiarazio ne ed elezione, la cui mancanza legittima la esecuzione delle notificazioni — compresa quella dell'atto di opposizione al decre to ingiuntivo — in cancelleria), debba essere fatta anche dal

procuratore legale che esercita nel suo stesso interesse lo ius

postulandi a norma dell'art. 86 cod. proc. civ.; b) se, ove non esista l'onere di quella dichiarazione od elezione, gli elementi valorizzati dal giudice di merito fossero idonei a rendere noto il domicilio reale dell'avv. Di Genio.

La soluzione adottata in ordine a tali questioni della corte di merito appare corretta.

L'art. 638 cod. proc. civ. per il caso che il ricorrente agisca a mezzo di procuratore legale prevede la sola indicazione del

procuratore, e richiede invece la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio per il caso che sia ammessa la costituzione di persona.

Analogamente l'art. 165 cod. proc. civ. richiede la stessa dichia razione o elezione nel caso che l'attore si costituisca di persona, essendo altrimenti sufficiente (art. 163, n. 4) che la citazione

contenga il nome e il cognome del procuratore. L'art. 170 cod.

di elezione di domicilio nel luogo ove ha sede l'ufficio giudiziario adito, le notifiche vanno fatte, non in cancelleria, ma nel luogo in cui il procuratore deve risiedere per ragioni del suo ufficio a norma degli art. 10 e 17, 1° comma, n. 7, r. d. 1578/1933, cosi superando l'ipotesi della omessa indicazione, ma prospettando un'altra suddistin zione con il far discendere l'integrazione della lacuna nella sola ipo tesi di osservanza delle prescrizioni dell'art. 10 cit. (residenza nel capoluogo o, previa autorizzazione, in altra località della circoscri zione, con istituzione di un recapito nel capoluogo).

proc. civ. inoltre prescrive che la notificazione e le comunicazioni

vengano fatte — nel corso del processo — nella residenza

dichiarata o nel domicilio eletto con riferimento alla parte che si

è costituita personalmente, mentre per il caso di costituzione a

mezzo di procuratore dispone che notificazioni e comunicazioni si

fanno al procuratore costituito, senza neanche indicare il luogo in cui debbano essere fatte (v. Cass. 2053/1975, Foro it., Rep. 1975, voce Avvocato, n. 189).

Per comprendere la ragione per cui nel procedimento avanti al tribunale la presenza in giudizio di un procuratore legale esercen te nel circondario rende superflua la dichiarazione di residenza e l'elezione di domicilio, occorre coordinare le dette disposizioni con l'art. 10 r. d. 1. 27 novembre 1933 n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934 n. 36, sull'ordinamento delle professioni forensi: il quale articolo — riguardo ai giudizi che si svolgono presso il

tribunale al quale il procuratore è assegnato — assicura la conoscenza del recapito del procuratore (e quindi del luogo di esecuzione delle notificazioni e comunicazioni) con l'imporre al

procuratore stesso la residenza nel capoluogo del circondario, o,

previa autorizzazione, in altra località dello stesso circondario, ma con obbligo di istituire un ufficio nel capoluogo presso un altro

procuratore.

Una elezione di domicilio nel luogo ove ha sede il giudice investito del processo è imposta invece, anche al procuratore, solo nel caso che il processo medesimo si svolga fuori dalla circoscri

zione del tribunale al quale egli è assegnato (art. 82 r. d. 1. citato). E solo in tal caso la mancata elezione di domicilio autorizza che

le notificazioni si facciano presso la cancelleria (v. Cass.

2053/1965, cit.; 3018/1976, id., Rep. 1976, voce cit., n. 89;

3386/1977, id., Rep. 1977, voce Procedimento civ., n. 58). Se questo è il sistema, e se quindi il procuratore, allorché

agisce su mandato del cliente presso il tribunale al quale è

assegnato, non deve fare alcuna dichiarazione di residenza od elezione di domicilio, non si vede perché egli debba sottostare al

relativo onere quando agisce nel proprio interesse, ai sensi del l'art. 86 cod. proc. civ., cioè come procuratore di se stesso.

Ed allora, considerando che l'art. 638 cod. proc. civ. è dettato sia per il procedimento avanti al tribunale che per il procedimen to avanti al conciliatore ed al pretore, è chiaro che il riferimento — in esso contenuto — al caso in cui sia ammessa la costituzione di persona riguarda solo le ipotesi previste dal 1° e 2° comma dell'art. 82 cod. proc. civile. E poiché nella specie l'aw. Di Genio era iscritto nell'albo dei procuratori assegnati al Tribunale di Vallo della Lucania, presso il quale doveva svolgersi il giudizio di

opposizione a decreto ingiuntivo, l'elezione di domicilio nel capo luogo del circondario non era richiesta (Cass. 4100/1978, id., Rep. 1978, voce Ingiunzione (procedimento), n. 17), con la conseguenza che la notificazione dell'atto di opposizione non poteva essere fatta presso la cancelleria né a norma degli art. 638 e 645, né a norma della citata disposizione della legge professionale.

Per quanto riguarda la seconda questione, la corte condivide le

ragioni per le quali il giudice del merito ha ritenuto idonei il

complesso degli elementi contenuti nell'atto, che ha provocato l'opposizione del Puca, ad evidenziare il domicilio reale dell'avv. Di Genio. Poiché tale domicilio risultava indicato in Ogliastro Cilento sia dal timbro apposto in testa all'atto, sia nel precetto pedissequo al decreto ingiuntivo, sia nella relazione di notificazio ne che seguiva, e poiché la idoneità di un atto o di una dichiarazione a realizzare il raggiungimento di un certo scopo non è condizionata all'uso di formule o modalità rituali, nessun serio dubbio nella specie poteva sorgere nella identificazione di tale domicilio. E non poteva sorgere neanche in dipendenza del fatto che il detto timbro indicasse anche uno studio in Salerno, tale elemento essendo reso irrilevante sia dal fatto che nel circondario di Vallo della Lucania ricade il comune di Ogliastro Cilento e non anche Salerno, sia dalla concorrenza — a favore della prima di tali località — degli altri due elementi dianzi indicati.

In sede di discussione la difesa del Puca ha ampliato la tematica del ricorso, sostenendo che nessun procuratore può pretendere che la notificazione di un atto endoprocessuale sia

eseguita fuori del comune ove ha sede il giudice avanti al quale si procede. Ha invocato all'uopo l'art. 10 e l'art. 82 della citata

legge professionale, rispettivamente con riferimento al caso che si

proceda avanti al tribunale a cui il procuratore è assegnato o ad un tribunale diverso, ed ha concluso che mancando, nel primo caso, la indicazione della residenza e, nel secondo, l'elezione

di domicilio, legittimamente le notificazioni vanno fatte presso ' la

cancelleria.

Indipendentemente da ogni rilievo circa l'ammissibilità di que sto diverso profilo, l'assunto non può essere condiviso. In contra

rio, infatti, è sufficiente rilevare che soltanto l'art. 82 richiede una

specifica dichiarazione (elezione di domicilio) da farsi ai fini del

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

singolo processo (che si svolga fuori del circondario cui è iscritto il procuratore: ma non è questo il caso di specie), e soltanto esso

ricollega alla mancata dichiarazione la conseguenza della legittimi tà della notificazione degli atti in cancelleria.

L'art. 10, invece, non prevede dichiarazioni relative allo spe cifico processo (ma solo un obbligo di risiedere nel capoluogo del circondario o di istituire ivi un recapito), e ricollega all'inadem

pimento dell'obbligo la sanzione della cancellazione dall'albo (art. 37, n. 3, della stessa legge). In un sistema siffatto, poiché non è contestato che l'avv. Di Genio avesse in Vallo della Lucania

quanto meno il recapito previsto dall'ultima parte dell'art. 10,

può al più ritenersi che sarebbe stata valida una notificazione

presso il detto recapito, ma non può ritenersi valida la notifica zione in cancelleria.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 15 gennaio 1981, n. 339; Pres. Renda, Est. Vela, P. M. Caristo (conci, conf.); Zanutti (Avv. Morvillo, Calabrese) c. Soc. Italcemen

ti; Soc. Italcementi (Avv. Cassola, Santinoli) c. Zanutti. Cassa

App. Brescia 11 giugno 1973 e 25 febbraio 1975.

Lavoro (rapporto) — Periodo di preavviso — Malattia — Effetto interruttivo (Cod. civ., art. 2110, 2118).

Lavoro (rapporto) — Dirigenti — Disciplina degli scatti periodici di anzianità (D. pres. 2 gennaio 1962 n. 483, norme sul trat tamento economico e normativo dei dirigenti di imprese in

dustriali).

In caso di sopravvenienza di malattia del lavoratore nel corso del

periodo di preavviso, questo resta sospeso fino alla guarigione o

fino alla scadenza del periodo di comporto previsto nella contrattazione collettiva. (1)

Gli scatti periodici di anzianità non spettano al dirigente in forza del solo rinvio generale alla disciplina vigente per i gradi più elevati della categoria impiegatizia, contenuto nell'art. 15 c.c.n.l. per i dirigenti di aziende industriali del 1948, ma gli spettano, per il periodo successivo all'entrata in vigore del c.c.n.l. del 1961, nella misura e nelle cadenze fissate in esso e

nei successivi contratti collettivi per i dirigenti, mentre per

quello anteriore solo se risulti che anche la specifica disciplina retributiva dei dirigenti rinvìi, in proposito, a quella degli impiegati. (2)

La Corte, ecc. — Rilevato in fatto. — Nel giugno 1969 l'ing. Domenico Zanutti convenne innanzi al Tribunale di Bergamo la

s.p.a. Italcementi, presso la quale aveva prestato servizio dal 1°

gennaio 1937 sino al 31 marzo 1969, e ne chiese la condanna a

pagargli oltre quarantasette milioni di lire, con gli interessi con

venzionali di mora, nonché a risarcirlo dei danni, esponendo che:

a) nel computo dell'indennità di anzianità non era stato conside

rato un periodo iniziale di sei mesi, nel quale egli aveva rivestito la qualifica di impiegato (dal luglio 1937 in poi era stato, invece,

dirigente); b) il periodo di preavviso, fissato in dodici mesi dalla

disciplina collettiva e scadente, per lui, il 31 marzo 1969, doveva ritenersi prorogato fino al 2 giugno 1969, essendosi egli ammala

to; e) non gli erano stati versati il premio annuale di produzione

(1) In senso conforme v., da ultimo, Cass. 30 marzo 1978, n. 1474, Foro it., Rep. 1978, voce Lavoro (rapporto), n. 1205; 22 aprile 1977, n. 1523, id., 1978, I, 2876, con ampia nota di richiami.

(2) La corte dichiara innanzitutto la non operatività in materia re tributiva — e quindi anche in materia di disciplina degli scatti, data

l'impossibilità di configurare autonomamente tale istituto — del rin vio contenuto nell'art. 15 c.c.n.l. 31 dicembre 1948 per i dirigenti di aziende industriali: nello stesso senso v. Trib. Milano 9 febbraio

1979, Foro it., Rep. 1979, voce Lavoro (rapporto), n. 856; Trib. Mi lano 19 settembre 1978, ibid., n. 859; Trib. Roma 13 settembre 1978,

ibid., n. 356. Nel senso dell'applicabilità ai dirigenti della disciplina degli scatti

vigente per gli impiegati nel periodo precedente l'entrata in vigore del c.c.n.l. 24 luglio 1961, cfr. Trib. Milano 10 gennaio 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 882; Pret. Milano 17 agosto 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 867, che si pronuncia anche nel senso della irri levanza dell'eventuale mutamento in peius derivante dall'applicazione, dopo l'entrata in vigore del citato contratto del 1961, della disciplina degli scatti previsti per i dirigenti.

La Cassazione ha recentemente escluso il diritto dei dirigenti alla conservazione degli scatti maturati nella categoria impiegatizia: v. sent. 30 marzo 1978, n. 1476, e 30 marzo 1978, n. 1477, id., 1978, I, 1385, con nota di Pera.

e gli aumenti periodici, non computati neppure ai fini dell'inden

nità di anzianità, la quale, a sua volta, era stata trattenuta

parzialmente, ossia per oltre nove milioni di lire; aveva subito

danno dall'inadempimento della società all'obbligo contributivo, a

vendo essa omesso di assicurarlo come dirigente presso

l'I.n.p.d.a.i. dal 1° luglio 1937 al 31 luglio 1941 e avendo, in

seguito, versato i contributi senza tener conto degli emolumenti

sopra indicati.

La convenuta si costituì per opporsi alla domanda, eccependo, fra l'altro, di aver pagato a settembre del 1969 il residuo

dell'indennità di anzianità e che ciò era avvenuto perché sino ad

allora l'attore aveva occupato un appartamento che essa gli aveva

locato con la clausola che le dava diritto a trattenere le spettanze del dipendente fino alla consegna dei locali.

Il tribunale accolse solo il capo relativo alla retrodatazione

dell'anzianità di servizio, condannando per tale ragione la Italce

menti a pagare all'attore lire 553.000 per integrazione dell'inden

nità.

Avverso il rigetto di tutte le altre sue richieste Zanutti propose

appello, il cui esame la corte di Brescia ha esaurito con due

sentenze.

Con quella non definitiva essa ha fra l'altro respinto la tesi

dell'incidenza della malattia sul corso del preavviso, ritenendola

non sostenibile alla luce dell'art. 2110 cod. civ., malgrado l'oppo sto orientamento di parte della dottrina e della giurisprudenza. Ed

ha del pari rigettato la domanda di risarcimento per omessa

contribuzione, perché, ha osservato, se fino al 1941 Zanutti fu

retribuito come impiegato, si deve presumere che l'attribuzione

della qualifica dirigenziale avvenne solo agli effetti giuridici e non

anche a quelli economici, onde l'impresa non doveva adeguare la

sua contribuzione; e perché per la parte relativa alle integrazioni salariali disposte nell'attuale processo, l'attore può provvedere direttamente a regolarizzare la propria posizione assicurativa nei

limiti della prescrizione, mentre per il periodo anteriore nessun

addebito di colpa può muoversi alla società, la quale s'è limitata

ad applicare i patti secondo quello che poteva ragionevolmente

apparire dalla loro effettiva portata. Ha invece dichiarato che

l'attore ha diritto: 1) « agli aumenti periodici di anzianità a

partire dal mese di luglio del 1961, nella misura stabilita per i

dipendenti impiegati nello stesso settore », con conseguente inte

grazione anche dell'indennità di anzianità, osservando, per un

verso, che quei premi, dotati di « efficacia incentivante » e rivolti

ad adeguare la retribuzione alla maggiore perizia acquisita col

tempo dal lavoratore, spettano anche ai dirigenti, dato che a

costoro l'art. 15 del contratto collettivo 31 dicembre 1948 estende

« per tutto ciò che non è regolato » dal contratto stesso « le

norme contrattuali collettive e le norme legislative in vigore per

gli impiegati di massima categoria », mentre, per un altro verso, l'eccezione di prescrizione proposta dalla convenuta in base al

l'art. 2948, n. 4, cod. civ., è fondata, in quanto la dichiarazione di

illegittimità di tale norma, pronunciata dalla Corte costituzionale

con la sentenza 15 giugno 1966, n. 63 (Foro it., 1966, I, 985), non

può avere efficacia — ad onta del contrario criterio seguito dalla

Corte di cassazione — rispetto a diritti già estinti per prescrizio ne; 2) agli interessi, nella misura legale invece che in quella

prevista dal contratto collettivo 10 marzo 1967, posteriore presso ché a tutte le scadenze dei crediti, sulla somma attribuita dal

tribunale ad integrazione dell'indennità di anzianità, con decor renza dalla domanda, nonché sulla somma di lire 9.382.164, per il

periodo 1° aprile-16 settembre 1969, corrispondente al protrarsi, da parte dell'attore, dell'occupazione dell'appartamento locatogli dall'Italcementi, in quanto quest'ultima aveva trattenuto detta

somma durante quel tempo, in virtù di una clausola del contratto

locativo illegittima, essendo tale contratto autonomo economica

mente rispetto al rapporto di lavoro e comunque non potendo il

lavoratore rinunciare ad un suo diritto indisponibile, qual'è

quello concernente la retribuzione.

Con la sentenza definitiva, la corte ha accertato che a Zanutti

non spetta alcuna somma per gli scatti periodici di. anzianità

previsti per gli impiegati, e quindi neppure la correlativa integra zione dell'indennità di anzianità, in quanto a lui fu riservato, durante il rapporto di lavoro, un trattamento retributivo superiore a quello risultante dall'applicazione di tali scatti, comprendente il

minimo tabellare, la maggiorazione per gli aumenti di anzianità

previsti dal contratto collettivo dei dirigenti ed un superminimo, attribuito ad personam, in vista di futuri aumenti disposti per

legge o per contratto collettivo, al fine di « assicurare al dipen dente un certo livello retributivo ». Ha stabilito in lire 220.000

l'ammontare degli interessi sulla parte di indennità di anzianità

pagata solo nel settembre 1969, ed ha fissato al giorno successivo

alla cessazione del rapporto (1° aprile 1969), anziché alla data

della domanda giudiziale, la decorrenza sull'integrazione della

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