+ All Categories
Home > Documents > sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella...

sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: hahanh
View: 218 times
Download: 2 times
Share this document with a friend
5
sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella (concl. conf.); Iuele (Avv. Greco) c. Regione Calabria. Cassa App. Catanzaro 12 aprile 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 10 (OTTOBRE 1997), pp. 2827/2828-2833/2834 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192508 . Accessed: 28/06/2014 11:07 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.179 on Sat, 28 Jun 2014 11:07:53 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella (concl. conf.); Iuele (Avv. Greco) c. Regione Calabria. Cassa App. Catanzaro 12 aprile

sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella(concl. conf.); Iuele (Avv. Greco) c. Regione Calabria. Cassa App. Catanzaro 12 aprile 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 10 (OTTOBRE 1997), pp. 2827/2828-2833/2834Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192508 .

Accessed: 28/06/2014 11:07

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.105.245.179 on Sat, 28 Jun 2014 11:07:53 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella (concl. conf.); Iuele (Avv. Greco) c. Regione Calabria. Cassa App. Catanzaro 12 aprile

2827 PARTE PRIMA 2828

contestato nell'art e nel quantum la fondatezza della pretesa del

l'attrice.

Con sentenza 11 agosto 1990 il Tribunale di Marsala ha con

dannato il comune di Mazara del Vallo al pagamento in favore

dell'attrice della somma di lire 107.500.000 a titolo di arricchi

mento senza causa, con gli interessi legali dalla data della do

manda giudiziale. La sentenza di primo grado, impugnata in via principale dal

comune di Mazara del Vallo e in via incidentale dalla Ledei, è stata parzialmente riformata dalla Corte di appello di Paler

mo che con la sentenza 19 novembre 1993/3 marzo 1994, n.

214 ha condannato il comune al pagamento della minor somma

base di lire 93.273.000 oltre rivalutazione monetaria e così della

complessiva di lire 129.938.616, con gli interessi decorrenti dal

1° luglio 1986. Per la cassazione di quest'ultima sentenza ricorre il comune

di Mazara del Vallo deducendo, con tre motivi riferiti alla pre visione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., violazione dell'art. 2042 c.c.

e, sotto duplice profilo, violazione dell'art. 2041 c.c. Essendo

stato dichiarato il fallimento di Conigliaro Antonino titolare

della ditta Ledei, la curatela resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — (Omissis). 3. - Merita, invece, ac

coglimento il terzo motivo col quale il ricorrente osserva che,

quand'anche si ritenga la sussistenza a suo carico della obbliga zione indennitaria da arricchimento senza causa, avente caratte

re di debito di valore, risulta comunque ingiustificata l'attribu

zione al creditore degli interessi alla somma incrementata con

la rivalutazione, così come riconosciuto da un recente orienta

mento giurisprudenziale (Cass. 1712/95, Foro it., 1995, I, 1470) dei quale invoca espressamente l'applicazione. Con la ricordata

decisione, le sezioni unite di questa corte, in relazione all'ipote si di risarcimento del danno da fatto illecito mediante equiva lente pecuniario, hanno sottoposto a revisione critica l'orienta

mento tradizionale della giurisprudenza secondo cui la rivaluta

zione della somma liquidata e gli interessi (qualificati come

compensativi) assolvono duplice diversa funzione, tenendo la

rivalutazione alla reintegrazione del patrimonio del creditore nella

situazione anteriore all'evento dannoso e gli interessi a compen sare il mancato tempestivo godimento della somma sostitutiva

del bene perduto, onde gli interessi sono compatibili con la ri

valutazione e sono dovuti sulla somma rivalutata con decorren

za dalla data del fatto. Ed hanno osservato: che deve escludersi

che la base di calcolo dei suddetti interessi possa essere quella della somma rivalutata al momento della liquidazione, se gli interessi vengano fatti decorrere dal momento dell'evento lesi

vo, perché con tali modalità si attribuirebbe al creditore un va

lore che non gli compete, dappoiché gli interessi non costitui

scono, in se stessi, un debito di valore ma rappresentano solo

il criterio di commisurazione del danno da ritardato consegui mento di una somma di denaro che all'epoca del fatto genera tore dell'obbligazione era, per definizione, non rivalutata; e han no enunciato il principio di diritto secondo cui «in tema di ri

sarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale, se la

liquidazione viene effettuata per equivalente, cioè con riferimento al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto

illecito, espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione monetaria intervenuta fino alla data della decisio ne definitiva, è dovuto inoltre il danno da ritardo e cioè il lucro cessante provocato dal mancato pagamento della suddetta som

ma; ... se il giudice adotta, come criterio di risarcimento del danno da ritardato adempimento, quello degli interessi, fissan done il tasso, mentre è escluso che gli interessi possano essere calcolati dalla data dell'illecito sulla somma liquidata per il ca

pitale, rivalutata definitivamente, è consentito invece calcolare

gli interessi con riferimento ai singoli momenti, da determinarsi in concreto secondo le circostanze del caso, con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominal mente in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria ovvero a un indice medio».

Tali criteri, dettati in riferimento specifico al risarcimento per equivalente del danno cagionato dal fatto illecito produttivo della

perdita di un bene reale, esigono, in considerazione della rile

vanza generale dei principi a cui sono correlati e in funzione di una uniforme disciplina della materia a cui ineriscono, di trovare applicazione in tutti i casi in cui ci si trovi in presenza di obbligazioni di valore — per tali intendendosi quelle aventi ad oggetto non già la erogazione di una entità pecuniaria per

Il Foro Italiano — 1997.

se stessa oggettivamente rilevante, predeterminata o determina

bile, ma la prestazione di un quid monetario corrispondente ad un valore reale, ai fini del ripristino del patrimonio dell'a

vente diritto nella sua integrità economica — tra le quali rientra

(Cass. 11296/93, id., Rep. 1993, voce Arricchimento senza cau

sa, n. 12; 517/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 7) quella avente

ad oggetto l'indennizzo per ingiustificato arricchimento che, in

quanto diretto alla reintegrazione di una diminuzione patrimo

niale, deve essere liquidato alla stregua dei valori monetari del

tempo della decisione e quindi con l'incremento relativo alla

rivalutazione con decorrenza dell'evento depauperatorio dal qua

le, e in coincidenza del quale, sorge il diritto del depauperato. 4. - Per le ragioni e nei limiti di cui sopra riceve cassazione

la impugnata sentenza. Consegue il rinvio al giudice che viene

indicato in altra sezione della stessa corte territoriale.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 17 luglio

1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardel

la (conci, conf.); Iuele (Avv. Greco) c. Regione Calabria.

Cassa App. Catanzaro 12 aprile 1994.

Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Capitale di condu

zione del fondo agricolo — Contributo per la ricostituzione — Debito di valuta (Cod. civ., art. 1277; 1. 21 luglio 1960

n. 739, provvidenze per le zone agrarie danneggiate da cala

mità naturali e provvidenze per le imprese industriali, art.

1, 24; 1. 25 maggio 1970 n. 364, istituzione del fondo di soli

darietà nazionale, art. 1, 2; 1. 15 ottobre 1981 n. 590, nuove

norme per il fondo di soliderietà nazionale, art. 1, 3). Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione — De

biti della pubblica amministrazione — Costituzione in mora — Intimazione o richiesta scritta di adempimento (Cod. civ., art. 1183, 1219, 1224).

Ha natura di debito di valuta il contributo erogato dalla regio ne per la ricostituzione del capitale di conduzione del fondo

agrario danneggiato da eventi calamitosi. (1) In assenza di un'esplicita previsione del termine dell'obbliga

zione esigibile mediante mandato della tesoreria, e qualora sussista un'obiettiva impossibilità di determinare a priori il

termine ragionevole dell'adempimento dell'obbligo a carico

della pubblica amministrazione, questa è costituita in mora

dal momento dell'intimazione o richiesta scritta di adem

pimento. (2)

(1-2) La 1. 21 luglio 1960 n. 739, proiezione del principio di solidarie tà nazionale, ha previsto l'erogazione di contributi pubblici in favore delle zone agrarie danneggiate da calamità naturali. In seguito il legisla tore, con la 1. 25 febbraio 1970 n. 364 e successive modifiche, ha istitui to presso il ministero del tesoro un fondo di soliderietà nazionale, di stribuito fra le regioni e dalle stesse utilizzabile per gli interventi econo mici celeri, reintegratori e di sollievo necessari in casi di calamità naturali e atmosferiche di natura eccezionale, i cui eventi «abbiano inciso sulle strutture e abbiano compromesso i bilanci economici delle aziende agri cole». Siffatti interventi rientrano nella categoria dei compiti di benes sere attribuiti dall'ordinamento alla pubblica amministrazione (caratte ristica del welfare state) e sono correntemente designati provvidenze (o, con significato identico, ausili, incentivazioni, sovvenzioni, contributi) che l'amministrazione eroga in favore dell'iniziativa economica privata (cfr. A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, II, 1006, spec. 1033 e 1144).

Quid iuris, a quale categoria di debiti appartiene l'intervento pubbli co in parola?

Punto focale della traiettoria interpretativa tracciata dalla Cassazione è la fondamentale distinzione tra debiti di valuta e debiti di valore, che, secondo l'unanime pensiero dei giudici di legittimità s'incentra sul la natura dell'oggetto originario dell'obbligazione. La tralatizia formu

This content downloaded from 193.105.245.179 on Sat, 28 Jun 2014 11:07:53 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella (concl. conf.); Iuele (Avv. Greco) c. Regione Calabria. Cassa App. Catanzaro 12 aprile

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con delibera 28 aprile 1986, la giunta regionale della Calabria espresse parere favorevole al

la concessione, in favore di Vincenzo Iuele, coltivatore diretto, di un contributo di lire 30.546.000, da destinarsi alla «ricostitu

zione del capitale di conduzione, che non ha trovato reintegra zione e compenso per effetto della perdita del prodotto, a se

guito degli eventi calamitosi per la siccità del 1983»; tuttavia, la regione Calabria provvide al pagamento della somma delibe

rata soltanto dopo la notifica, da parte dello Iuele, di atto di

citazione avanti al Tribunale di Cosenza, in data 7 febbraio

1989, essendo rimasto senza esito il sollecito inviato dallo stesso

Iuele il 15 dicembre 1988.

la definitoria corrente in giurisprudenza vuole che rientrino nell'area dei debiti di valuta, soggetti al principio nominalistico, le obbligazioni

pecuniarie, la cui prestazione consiste fin dall'origine in un importo nominale di denaro: importo che può essere determinato o determinabi

le in base a criteri fissi. Si designano, invece, debiti di valore le presta zioni pecuniarie quantificabili esclusivamente in base a un dato valore economico. Segnatamente, secondo la notoria definizione rinvenibile in ambiente giurisprudenziale, i debiti di valore hanno ad oggetto fin dal

l'origine una cosa diversa dal denaro (da ultimo, cfr. Cass. 20 gennaio 1995, n. 634, Foro it., Rep. 1995, voce Obbligazioni in genere, n. 51; 4 novembre 1992, n. 11968, id., Rep. 1992, voce cit., n. 36; 18 aprile 1977, n. 1423, id., Rep. 1977, voce cit., n. 60).

La sentenza odierna inquadra nella classe dei debiti di valuta l'inter

vento economico devoluto — in forza delle leggi 739/60, 364/70 e suc

cessive modifiche — dalla regione (nella specie, Calabria) a favore del

l'impresa agricola danneggiata da pubbliche calamità. La Suprema cor

te si libera rapidamente della quaestio iuris de qua, rilevando che l'intervento pubblico in discorso non costituisce indennizzo versato dal la pubblica amministrazione per un sacrificio economico imposto al pri vato mediante provvedimento autoritativo, né somma di denaro corri

sposta a titolo di risarcimento di danni imputabili a soggetto pubblico, ma rappresenta, piuttosto, «un'erogazione di fondi assegnati alla regio ne Calabria per ragioni di ordine sociale, riconducibili all'opportunità di alleviare i pregiudizi arrecati all'agricoltura da calamità atmosferiche».

Tracciando a questo punto un asse fra l'argomentazione or ora trat

teggiata e le definizioni dei debiti di valuta e di valore più sopra deli

neate, la decisione in rassegna può essere letta nel senso che il contribu

to pubblico per calamità naturali viene determinato non in ragione di un dato valore economico, ossia in base alla situazione economica del

fondo agricolo esistente al momento dell'evento calamitoso, sibbene me

diante il riferimento a parametri fissi stabiliti dalla legge istitutiva del fondo destinato a fronteggiare catastrofi naturali.

Dopo aver ricondotto al genus dei debiti di valuta il contributo ero

gato dalla regione in caso di calamità atmosferiche, la corte di legittimi tà ha deciso, nel senso riassunto nella seconda massima, la questione circa la costituzione in mora della pubblica amministrazione in caso di inadempimento delle obbligazioni di valuta. Si tratta di una scelta

interpretativa che si affianca all'innovativo pensiero giurisprudenziale incline ad eliminare posizioni di privilegio della pubblica amministra

zione, estendendo a questa altri gruppi di norme del codice civile. Se

condo l'originaria tesi affermata dalla Cassazione, l'amministrazione è esonerata dagli effetti della mora fino al momento dell'emissione del

mandato di pagamento (Cass. 3 marzo 1979, n. 1347, id., Rep. 1980, voce Contabilità dello Stato, n. 39, e Giur. it., 1980, 1, I, 1342). Verso

la metà degli anni ottanta la Suprema corte ha mutato orientamento in materia, affermando che la pubblica amministrazione può essere co stituita in mora anche in caso di mancato esaurimento della procedura di liquidazione e pagamento, qualora abbia ingiustificatamente protrat to tale procedura oltre il tempo prescritto o il tempo ragionevolmente necessario (Cass., sez. un., 8 febbraio 1995, n. 1446, Foro it., Rep. 1995, voce Contratti della pubblica amministrazione, n. 294; 4 dicem

bre 1989, n. 5342, id., 1991, I, 1221, con nota di richiami di E. De

Metrio). In effetti, la necessità di adottare la procedura della contabili tà pubblica non può giustificare un esonero dell'amministrazione, in

caso di colpevole ritardo nella liquidazione e pagamento, dalla respon sabilità, ai sensi dell'art. 1218 c.c., per inesatto o tardivo adempimento della prestazione (responsabilità che si attua con la corresponsione degli interessi moratori come forma di risarcimento minimo), né dalla sogge zione al principio posto dall'art. 1224, 1° comma, c.c., che stabilisce

la decorrenza degli interessi dal giorno della costituzione in mora (cfr. Cass. 15 aprile 1986, n. 2675, id., Rep. 1986, voce Contabilità dello

Stato, n. 52). Si tende ormai a riconoscere che la pubblica amministra

zione deve adempiere le proprie obbligazioni senza alcuna possibilità di invocare a propria esimente le lungaggini della procedura di contabi

lità pubblica. Successivamente all'infruttuosa scadenza del termine fis

sato per l'adempimento, la pubblica amministrazione può cadere in mora

secondo le norme di diritto comune (cfr. C. M. Bianca, Diritto civile.

5. La responsabilità, Milano, 1994, 101). Nondimeno, dovendo i paga menti essere sempre effettuati presso l'amministrazione debitrice, si rende

normalmente necessaria l'intimazione o richiesta scritta di adempimen

II Foro Italiano — 1997.

Il tribunale adito, con sentenza 17 marzo/6 aprile 1993, di

chiarò cessata la materia del contendere in ordine alla somma

capitale, condannando la convenuta, rimasta contumace, al pa

gamento degli interessi legali con decorrenza dal 21 dicembre

1988, fino al pagamento del capitale (avvenuto in data 20 aprile

1989), e compensando in parte le spese del giudizio. Lo Iuele appellò, insistendo perché fosse riconosciuta, in suo

favore, la rivalutazione monetaria a far data dal 30 aprile 1986, e da tale data fossero, altresì, fatti decorrere gli interessi legali.

La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza 9 marzo/12

aprile 1994, ha rigettato l'impugnazione, affermando che il con

tributo regionale concesso all'appellante aveva natura di debito

di valuta, per cui il dedotto ritardo nel pagamento poteva assu

mere rilievo soltanto in presenza di negligenza o trascuratezza

degli organi o dei funzionari regionali, dei quali lo Iuele non

aveva provato la colpa; mentre gli interessi erano stati corretta

mente liquidati dalla data di messa in mora (21 dicembre 1988) dell'ente convenuto.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Vincen

zo Iuele, sulla base di quattro motivi, illustrati anche da memo

ria. La regione Calabria non si è costituita.

Motivi della decisione. — Premessa la titolarità di un diritto

soggettivo da parte del beneficiario di un pubblico contributo, una volta emessa la deliberazione che ne stabilisce l'attribuzione

e ne determina l'ammontare, il ricorrente col primo motivo de

duce la violazione degli art. 2 1. 11 ottobre 1983 n. 546, 1 1.

15 ottobre 1981 n. 590, 5 e 6 1. 25 maggio 1970 n. 360, 4 1.

21 luglio 1960 n. 739, sostenendo che, essendo il contributo

de quo finalizzato non ad una semplice erogazione di moneta, ma alla ricostituzione del controvalore dei beni di conduzione

del fondo agricolo andati perduti, la sua natura è quella di de

bito di valore, rientrando nel paradigma delle obbligazioni ri

sarcitone da fatti illeciti (analogamente all'illecito extracontrat

tuale da danni recati alle aziende agricole alla selvaggina, o al

l'indennizzo per rinuncia dell'affittuario alla conduzione di

terreno agricolo inserito in strumenti urbanistici). Col secondo motivo, il ricorrente ulteriormente sostiene la

violazione degli art. 2043 c.c., 28 e 97 Cost., da parte dei giudi ci d'appello, che avrebbero ritenuto non provata l'antigiuridici tà del comportamento della regione, che era invece in re ipsa, avendo la regione atteso per tre anni, dopo la delibera, per ema

nare l'ordinativo di spesa, una volta convenuta in giudizio, po nendo quindi in essere un inadempimento dovuto a colpevole inerzia degli organi regionali, e non un ritardato adempimento

dopo la notifica dell'atto di citazione in giudizio. Una tale inerzia costituisce, secondo il ricorrente, violazione,

fra l'altro, dei principi di diligenza e di legalità, che si pongono come limiti esterni della discrezionalità.

Né la regione ha provato che tale inadempimento era deriva

to da motivi organizzativi, mentre non può gravare sul cittadi

no l'onere della prova della condotta negligente della pubblica

amministrazione, quando i tempi normalmente occorrenti per i normali adempimenti siano di gran lunga superati, e possa

to ex art. 1219, 1° comma, c.c. (da ultimo, cfr. Cass. 18 giugno 1996, n. 5596, Foro it., Rep. 1996, voce Contratti della pubblica amministra

zione, n. 268; 19 giugno 1995, n. 6919, id., Rep. 1995, voce Sanità

pubblica, n. 247). Non si fa luogo, invece, a richiesta formale di paga mento in caso di obbligazioni che derivano da fatto illecito o che la

pubblica amministrazione rifiuta formalmente di adempiere (cfr. Cass. 12 gennaio 1993, n. 229, id., Rep. 1993, voce Invalidi civili e di guerra, n. 47; 5 gennaio 1993, n. 26, ibid., n. 49; 16 aprile 1992, n. 4640,

id., Rep. 1992, voce cit., n. 62) o qualora la legge preveda un meccani

smo di costituzione in mora automatica dell'amministrazione (cfr. l'art.

4, 1° comma, 1. 10 dicembre 1981 n. 741, in materia di appalti di opere

pubbliche). La necessità di espletare la procedura di liquidazione e pagamento

viene mantenuta ferma in materia di interessi corrispettivi dovuti dal

l'amministrazione (cfr. Cass. 4 dicembre 1989, n. 5342, cit.). In effetti,

gli interessi corrispettivi (detti anche interessi di pieno diritto) decorro

no su tutte le somme liquidate ed esigibili (cfr. art. 1282 c.c.). Pertanto, anche l'illiquidità o l'inesigibilità del debito per effetto della mancata

conclusione della procedura di contabilità pubblica non fanno sorgere il diritto agli interessi di pieno diritto; ma, certamente, non esonerano

la pubblica amministrazione dalla responsabilità per l'ingiustificato ri

tardo nel pagamento: a suo carico decorreranno gli interessi moratori.

[L. Lambo]

This content downloaded from 193.105.245.179 on Sat, 28 Jun 2014 11:07:53 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella (concl. conf.); Iuele (Avv. Greco) c. Regione Calabria. Cassa App. Catanzaro 12 aprile

2831 PARTE PRIMA 2832

quindi «di per sé» ravvisarsi la negligente esecuzione di un atto

legittimo. Col terzo motivo di ricorso, adducendo la violazione degli

art. 1219, 1224 e 2041 c.c., nonché vizio di motivazione, il ri

corrente sostiene di aver messo in mora la regione, non col sol

lecito 21 dicembre 1988, ma dalla data in cui la regione, rece

pendo la domanda di concessione del contributo, aveva adotta

to la relativa delibera (30 aprile 1986). Da tale data devono,

quindi, decorrere gli interessi legali, nonché il danno da svalu

tazione, comprovato dalla qualità di coltivatore diretto del ri

corrente e dalle finalità reintegratorie del contributo sui beni

di conduzione dell'azienda.

Col quarto motivo, infine, il ricorrente lamenta la violazione

dell'art. 91 c.p.c., per essere state in parte compensate le spese di primo grado, sul presupposto della mancata resistenza della

convenuta, che aveva adempiuto alla propria obbligazione, così

sminuendo la posizione vittoriosa dell'attore.

Analogamente, la regione avrebbe dovuto restare soccomben

te in sede d'appello, mentre la corte di Catanzaro non aveva

liquidato le spese, stante la contumacia dell'appellata. Il primo motivo di ricorso, col quale il ricorrente vuol confi

gurare come debito di valore il contributo per calamità naturali

erogato dalla regione Calabria, è infondato.

Se, infatti, si può riconoscere che il contributo de quo è stato

deliberato al fine di reintegrare il capitale di conduzione del

fondo dello Iuele, esso non rappresenta sicuramente né un cor

rispettivo, né tantomeno un indennizzo per il sacrificio di un

diritto soggettivo autoritativamente imposto dallo Stato, ovvero

allo Stato imputabile, trovando piuttosto la propria base in un'e

rogazione di fondi assegnati alla regione Calabria per ragioni di ordine sociale, riconducibili all'opportunità di alleviare i pre

giudizi arrecati all'agricoltura da calamità atmosferiche, ma non

certamente a fatti dannosi contra legem, imputabili a soggetti pubblici.

E anche a voler concordare, nella sempre spinosa distinzione

fra debiti di valore e debiti di valuta, con la chiara opinione a suo tempo espressa da questa corte (Cass. 8 aprile 1977, n.

1423, Foro it., Rep. 1977, voce Obbligazioni in genere, n. 60), secondo cui «per distinguere i debiti di valuta, soggetti al prin cipio nominalistico, dai debiti di valore occorre aver riguardo non alla natura dell'oggetto nel quale la prestazione avrebbe

dovuto concretarsi al momento dell'inadempimento o del fatto

dannoso, bensì all'oggetto diretto ed originario della prestazio ne che, nelle obbligazioni di valore consiste in una cosa diversa dal denaro, mentre nelle obbligazioni pecuniarie, è una somma di denaro, a nulla rilevando l'originaria indeterminatezza della

prestazione pecuniaria stessa», proprio da tale principio si desu me che una volta intervenuta la determinazione, cioè la quanti ficazione dell'obbligazione, essa, anche se originariamente di va lore perché indeterminata, si trasforma ad ogni effetto in un'ob

bligazione di valuta (Cass. 2105/89, id., 1989, I, 2800; 809/91, id., Rep. 1991, voce Assicurazione (contratto), n. 228).

Da quel momento in poi sussiste dunque per l'amministrazio ne l'obbligo di adempimento, nella specie volontariamente as sunto con atto unilaterale (la deliberazione della giunta regiona le), la cui violazione è analoga alla violazione degli obblighi derivanti da contratto, in relazione ai quali trovano applicazio ne nei confronti della pubblica amministrazione i principi civili stici sulla responsabilità contrattuale, salvi tuttavia alcuni tem

peramenti derivanti dalla particolare disciplina della contabilità

pubblica. In tale prospettiva, la regione era sicuramente tenuta, ai sensi

degli art. 1175 e 1176 c.c., a comportarsi secondo le regole della correttezza e ad usare la dovuta diligenza nell'adempimento del

l'obbligazione assunta nei confronti dello Iuele, ponendo in es sere con tempestività i meccanismi liquidatori prescritti dalle leggi.

E, tuttavia, non può condividersi la tesi esposta dal ricorren te col secondo motivo di ricorso, secondo cui, nella specie, il ritardato adempimento dell'obbligazione da parte della regione, configurerebbe un illecito ai sensi dell'art. 2043 c.c., con conse

guente obbligo risarcitorio nei confronti dello Iuele, esistendo dolo o colpa grave nella negligente condotta tenuta dai funzio nari regionali verso di lui.

Posto che, per quanto si è detto, il ritardo nell'adempimento riguarda, nella specie, un credito di valuta, e non di valore, non è, in primo luogo, configurabile una responsabilità extra contrattuale della pubblica amministrazione, laddove il giudizio

Il Foro Italiano — 1997.

derivante dal ritardato adempimento di un obbligo volontaria

mente assunto afferisca il solo rapporto fra le parti (Cass. 216/74,

id., Rep. 1974, voce Responsabilità civile, n. 61), e non pregiu dichi quei diritti primari ed assoluti, verso i quali specialmente si dirige la tutela aquiliana di cui all'art. 2043 c.c. (Cass. 1717/70,

id., Rep. 1970, voce cit., n. 42; 261/77, id., Rep. 1977, voce

cit., n. 84; 2577/95, id., Rep. 1995, voce Interessi, n. 25). In secondo luogo, deve rilevarsi che sebbene, nel caso in esa

me, la condotta dei funzionari regionali che tennero «ferma»

la pratica per circa tre anni, predisponendo il mandato di paga mento soltanto dopo la notifica dell'atto di citazione in giudi

zio, sia stata senza dubbio riprovevole, non confacendosi una

tale assoluta inattività, in via generale, alle regole di diligenza e buona fede imposte alla pubblica amministrazione, tuttavia

nessuna indagine (Cass. 1808/85, id., Rep. 1985, voce Respon sabilità civile, n. 122) risulta essere stata richiesta ovvero com

piuta in sede di merito in ordine alle potenzialità della struttura

operativa che doveva provvedere al pagamento e ai tempi da

essa normalmente impiegati per assolvere alle proprie incom

benze, né risulta esservi nella specie un termine legislativamente

previsto per l'adempimento. Non può, dunque, genericamente affermarsi la sussistenza di una responsabilità risarcitoria della

pubblica amministrazione, poiché la configurazione civilistica

dell'obbligazione applicabile nella fattispecie, trova un invalica

bile limite nelle regole generali derivanti dalle disposizioni sulla

contabilità dello Stato e degli enti pubblici (art. 270 r.d. 23 mag

gio 1924 n. 827), secondo il quale i debiti pecuniari di tali sog

getti pubblici, diventano liquidi ed esigibili, in deroga alla nor

ma di cui all'art. 1282 c.c., e generano come tali l'obbligo degli interessi, solo dal momento della emissione del relativo obbligo di spesa (Cass. 406/85, id., Rep. 1985, voce Contabilità dello

Stato, n. 59; 6033/85, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 1003). Ciò non significa, naturalmente, che l'inesigibilità di un'ob

bligazione pecuniaria della pubblica amministrazione fino alla

emissione del mandato di pagamento escluda sempre la mora

creditoria. Infatti, anche se nei confronti della pubblica ammi

nistrazione non è in via generale applicabile la regola civilistica

secondo cui quod sine die debetur, statim debetur, ostandovi, come si è detto per quanto attiene ai pagamenti da effettuarsi

con mandato di tesoreria, come nella specie, la disciplina sulla

contabilità dello Stato, questa corte ha più volte affermato il

potere del giudice ordinario di fissare un termine per l'adempi mento degli obblighi di carattere privato della pubblica ammini

strazione (Cass. 1274/70, id., Rep. 1970, voce Opere pubbliche, n. 253; 1343/70, id., 1970, I, 2434; 3162/75, id., Rep. 1975, voce Contratti della pubblica amministrazione, n. 42; 6738/83, id., Rep. 1983, voce Agricoltura, n. 92) così come tale regola non trova applicazione in caso di interessi relativi a crediti di lavoro (Cass. 3324/81, id., Rep. 1981, voce Contratti della pub blica amministrazione, n. 95; 3533/85, id., Rep. 1985, voce Con tabilità dello Stato, n. 60) e pensionistici (Cass. 1994/88, id., Rep. 1988, voce Previdenza sociale, n. 1106), essendo nell'un caso il credito di lavoro collegato, per l'eventuale incapienza, al maggiore danno da svalutazione monetaria, che ha natura risarcitoria e decorre per legge dal giorno della maturazione del

diritto; nell'altro, dalla previsione specifica di mora dell'ente

previdenziale con il decorso di centoventi giorni dalla data di

presentazione della domanda amministrativa (art. 7 1. 533/73) equivalendo il silenzio dell'ente ad automatica costituzione in mora (Cass. 8848/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 1229).

Quando, infatti, siano stati legislativamente introdotti i pre

supposti della mora, gli interessi sono dovuti dalla pubblica am

ministrazione indipendentemente dalla emissione del titolo di

spesa (Cass. 2293/83, id., Rep. 1983, voce Dogana, n. 75; 46/85, id., Rep. 1985, voce Lavoro (rapporto), n. 2415; 1693/85, ibid., voce Previdenza sociale, n. 189; 2675/86, id.\ Rep. 1986, voce Contabilità dello Stato, n. 52; 402/86, id., 1986,1, 3801; 3110/90, id., Rep. 1990, voce Cieco, n. 4).

Deve, quindi, affermarsi, a parziale integrazione della moti vazione della sentenza impugnata, che allorché sussista, come nella specie, l'obiettiva impossibilità di definire a priori come

«ragionevole» (anche in difetto di qualsivoglia indagine di meri to sul punto: Cass. 1808/85, cit.) questo o quel termine di adem

pimento di obblighi della pubblica amministrazione verso priva ti, esigibili attraverso mandato di tesoreria, e in assenza di un termine di adempimento esplicitamente previsto (come accade, ad esempio, nel caso di morosità della pubblica amministrazio

This content downloaded from 193.105.245.179 on Sat, 28 Jun 2014 11:07:53 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: sezione I civile; sentenza 17 luglio 1997, n. 6554; Pres. Grieco, Est. Sotgiu, P.M. Gambardella (concl. conf.); Iuele (Avv. Greco) c. Regione Calabria. Cassa App. Catanzaro 12 aprile

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ne nel pagamento di canoni di locazione: Cass. 5725/88, sic) la pubblica amministrazione è costituita in mora (ove non si

attivi il procedimento di fissazione del termine di adempimento di cui all'art. 1183 c.c., prima citato), non dal momento della

quantificazione pecuniaria del debito, ma ai sensi dell'art. 1219, 1° comma, c.c., dal momento della intimazione o richiesta scritta

di adempimento fatta dal creditore, come avviene in tutti i casi

di obbligazioni querables, cioè eseguibili presso il domicilio del debitore, costituito nella specie dall'ufficio di tesoreria dell'ente.

La 1. 4 agosto 1990 n. 241 (non applicabile al caso in esame,

che precede comunque la sua emanazione) ha disposto che ven

ga determinato per ciacun procedimento il termine entro in quale esso deve concludersi, termine da ritenersi fissato, in assenza

di diversa prescrizione, in trenta giorni; tale disciplina dovrebbe

infine permettere l'integrale estensione alla pubblica ammini

strazione delle regole civilistiche in tema di responsabilità con

trattuale ed elimina con anacronistici privilegi (Cass. 5883/91,

id., 1992, I, 453). Ma, per quanto attiene il caso di specie, deve confermarsi

l'assunto dei giudici d'appello, secondo cui la regione Calabria

è stata messa in mora dallo Iuele soltanto con la lettera di solle

cito 21 dicembre 1988, e perciò da tale data debbono decorrere

gli interessi; ma dalla stessa data decorre, altresì (così parzial

mente accogliendosi il terzo motivo di ricorso), il danno da sva

lutazione monetaria, connesso alla qualità di coltivatore diretto

del ricorrente, sicuramente inquadrabile nella categoria giuris

prudenziale di «modesto consumatore» (Cass. 351/93, id., Rep.

1993, voce Requisizioni, n. 2), dotato di capacità di produrre

un reddito medio, abbisognevole di reinvestimento.

Non può, infatti, considerarsi come «intimazione di pagamen

to», concettualmente collegata ad un debito già scaduto, la sem

plice domanda di assegnazione di un contributo per le calamità

subite, rivolta dallo Iuele alla regione Calabria in data 20 aprile

1984, non potendosi ravvisare alcuna analogia fra tale doman

da e gli effetti legislativamente previsti della presentazione della

domanda di pensione (Cass. 2530/90, id., Rep. 1990, voce Espro

priazione per pubblico interesse, n. 228), di cui si è già detto

con riferimento alla decorrenza della mora; né per quanto pri

ma esposto, l'inadempimento dell'ente regionale era atto a por

re l'ente locale in mora dal 30 aprile 1986 (data della delibera),

dovendo i necessari tempi procedimentali contabili coniugarsi,

ai fini della mora, o con un termine fissato dalla legge o dal

giudice, o con l'intimazione scritta di pagamento rivolta all'ente

dal privato creditore. (Omissis)

Rigettati pertanto il primo, il secondo ed il quarto motivo

di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata in parziale

accoglimento del terzo motivo di ricorso, con rinvio, anche per

la liquidazione delle spese relative al presente grado di giudizio,

ad altra sezione della Corte d'appello di Catanzaro.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 luglio

1997, n. 6389; Pres. Mollica, Est. Rosselli, P.M. Nardi

(conci, conf.); Soc. Edime e altro (Aw. De Luca Tamajo)

c. Ispettorato provinciale del lavoro di Napoli. Conferma Pret.

Napoli 22 aprile 1994.

Lavoro (rapporto di) — Giornalista — Vincolo di subordina

zione — Configurabilità — Condizioni (Cod. civ., art. 2094). Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Gior

nalista — Iscrizione all'albo — Natura — Disciplina sul col

locamento — Compatibilità (L. 29 aprile 1949 n. 264, prov vedimenti per l'avviamento al lavoro e per l'assistenza ai la

voratori involontariamente disoccupati, art. 27; 1. 3 febbraio

1963 n. 69, ordinamento della professione di giornalista, art.

45; 1. 28 febbraio 1987 n. 56, norme sull'organizzazione del

mercato del lavoro, art. 27).

Il Foro Italiano — 1997.

Lavoro (collocamento e mobilità della mano d'opera) — Rap

porto di lavoro giornalistico — Disciplina sul collocamento — Questione manifestamente infondata di costituzionalità

(Cost., art. 21; 1. 29 aprile 1949 n. 264, art. 11).

La creatività immanente nei contenuti intellettuali propri del

l'attività giornalistica attenua ma, di per sé, non elimina la

subordinazione del prestatore di lavoro, che ricorre sempre che sussista la disponibilità del giornalista ad eseguire le istru

zioni dell'editore in ordine allo svolgimento delle prestazioni, anche nell'intervallo tra una prestazione e l'altra, e non ri

chiede l'imposizione d'un orario di lavoro. (1)

L'iscrizione all'albo professionale, che, per effetto della previ sione di cui all'art. 45 l. 69/63, costituisce condizione di vali

dità del contratto di lavoro subordinato avente ad oggetto la prestazione di attività giornalistica, non contraddicendo le

esigenze di regolamentazione del mercato del lavoro poste al

la base delle leggi sul collocamento, non è incompatibile con

la disciplina pubblicistica delle assunzioni. (2) È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. Il l. 29 aprile 1949 n. 264 nella parte in cui,

non esentandole dall'osservanza della disciplina pubblicistica delle assunzioni, limita la libertà delle imprese giornalistiche, nella scelta dei collaboratori in riferimento all'art. 21 Cost. (3)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 mag

gio 1997, n. 4502; Pres. Mercurio, Est. Vidiri, P.M. Giaca

lone (conci, conf.); De Iorio (Avv. Dell'Olio, De Iorio) c.

Soc. Editrice Romana (Avv. Ghera, De Francesco). Con

ferma Trib. Roma 22 maggio 1996.

Lavoro (rapporto di) — Giornalista — Vincolo di subordina

zione — Configurabilità — Condizioni — Fattispecie (Cod.

civ., art. 2094). Lavoro (rapporto di) — Giornalista praticante — Iscrizione nel

registro — Omissione — Nullità del contratto (Cod. civ., art.

1418, 2126; 1. 3 febbraio 1963 n. 69, art. 33, 34, 45). Lavoro (rapporto) — Giornalista praticante — Attestazione d'i

nizio pratica — Mancato rilascio — Iscrizione nel registro — Esclusione — Conseguenze (Cod. civ., art. 2126; 1. 3 feb

braio 1963 n. 69, art. 33, 34; d.p.r. 4 febbraio 1965 n. 115,

regolamento per l'esecuzione della 1. 3 febbraio 1963 n. 69,

art. 36).

L'attività giornalistica di collaborazione redazionale, caratteriz

zata da un vincolo di subordinazione attenuato dalla creativi

tà e dalla particolare autonomia della prestazione lavorativa,

rientra nello schema del rapporto di lavoro subordinato se

continuativa ed implicante (pur in assenza di altri connotati

tipici del predetto rapporto) la sottoposizione tecnico-gerarchica

del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro in rela

zione all'oggetto ed alle modalità delle prestazioni (nella spe

cie, emblematici di detta sottoposizione sono stati ritenuti il

controllo esplicato dal direttore della pubblicazione sugli ela

borati del giornalista, la disponibilità di quest'ultimo ad ap

portarvi modifiche ed aggiustamenti in funzione di esigenze

redazionali e d'impaginazione, nonché la destinazione degli

elaborati medesimi ad una rubrica specificamente voluta dal

direttore per il perseguimento della finalità aziendale di allar

gare la base dei lettori). (4)

(1, 4) Le massime esprimono un principio ampiamente consolidato.

Sostanzialmente nello stesso senso: Cass. 9 febbraio 1996, n. 1024, Fo

ro it., Rep. 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 567; 28 luglio 1995, n.

8260, id., Rep. 1995, voce cit., n. 438; 10 marzo 1994, n. 2352, id.,

Rep. 1994, voce cit., n. 561 (e Dir. lav., 1994, II, 117, con nota di

Battista); 18 febbraio 1993, n. 1989, Foro it., Rep. 1993, voce cit.,

n. 581; 27 settembre 1991, n. 10086, id., Rep. 1991, voce cit., n. 544;

27 giugno 1990, n. 6512, id., Rep. 1990, voce cit., n. 531; 23 maggio

1986, n. 3486, id., Rep. 1986, voce cit., n. 617, tutte richiamate nelle

motivazioni delle sentenze in epigrafe. Alla medesima impostazione ade

riscono: Cass. 9 agosto 1996, n. 7372, id., Rep. 1996, voce cit., n.

565; 3 luglio 1981, n. 4332, id., Rep. 1981, voce cit., n. 323; 14 aprile

1981, n. 2266, id., Rep. 1982, voce cit., n. 327. Per una diversa valuta

zione, ai fini considerati, dell'assenza di vincoli di orario e della com

This content downloaded from 193.105.245.179 on Sat, 28 Jun 2014 11:07:53 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended