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Sezione I civile; sentenza 17 novembre 1982, n. 6155; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 17 novembre 1982, n. 6155; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P. M. Grimaldi (concl. conf.); La Gattuta (Avv. Monteleone) c. Soc. italiana Cauzioni (Avv. Diofebo). Conferma Trib. Palermo 18 ottobre 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 2 (FEBBRAIO 1983), pp. 353/354-355/356 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174222 . Accessed: 28/06/2014 11:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.103 on Sat, 28 Jun 2014 11:34:00 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 17 novembre 1982, n. 6155; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P. M.Grimaldi (concl. conf.); La Gattuta (Avv. Monteleone) c. Soc. italiana Cauzioni (Avv. Diofebo).Conferma Trib. Palermo 18 ottobre 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 2 (FEBBRAIO 1983), pp. 353/354-355/356Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174222 .

Accessed: 28/06/2014 11:33

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È poiché una procedura di custodia dei beni è già in atto al momento in cui ha inizio l'azione esecutiva individuale, è per fettamente logica la deduzione che in tal caso la legge utilizza, ai fini della realizzazione delle pretese dell'istituto, le funzioni di custodia che al curatore ineriscono nell'ambito del procedi mento fallimentare, non sussistendo al riguardo alcuna incompa tibilità. Il che è tanto più vero ove si consideri che la norma con

tenuta nell'art. 559 c.p.c. (richiamata dal tribunale), secondo

cui nella esecuzione individuale immobiliare il debitore è per

legge costituito custode e può essere anche sostituito con altra

persona, è nella specie del tutto inapplicabile, essendo evidente che la corrispondente disciplina giuridica presuppone che debba

risolversi un problema di custodia dei beni pignorati, problema del tutto inesistente perché già risolto rispetto ai beni già colpiti dalla procedura fallimentare.

La tesi accolta dal collegio risponde inoltre ad insopprimibili

esigenze di coordinamento tra il processo fallimentare e l'esecu

zione individuale giacché non è discutibile l'interesse degli orga ni fallimentari a conoscere le vicende dei singoli beni compresi nell'attivo fallimentare, anche se essi sono eccezionalmente pigno rati da singoli creditori, specie considerando che, in seguito alla

realizzazione sui beni stessi delle pretese creditorie dell'istituto, il fallimento ha il diritto di acquisire alla massa l'eventuale supero.

Da quanto precede consegue che le funzioni di custodia del

curatore, anche dopo la sopravvenienza dell'azione esecutiva indi

viduale dell'istituto di credito fondiario, non possono essere ri

mosse che dal giudice delegato nell'ambito della procedura falli

mentare e che, pertanto, il giudice dell'esecuzione difettava nella

specie del potere di procedere alla surroga del curatore del falli

mento ex art. 66 c.p.c. In definitiva, il ricorso deve essere accolto, con la conseguente

cassazione dell'impugnata sentenza ed il rinvio della causa ad al

tra sezione del tribunale, la quale pronuncerà anche sulle spese, attenendosi al seguente principio di diritto: « l'azione esecutiva

individuale eccezionalmente spettante all'istituto esercente il cre

dito fondiario, ai sensi dell'art. 42 t. u. approvato con r. d. 16

luglio 1905 n. 646, nonostante il fallimento del mutuatario-debi

tore, non determina la sottrazione dei beni pignorati dall'istituto

alla custodia ed all'amministrazióne del curatore sotto la sorve

glianza del giudice delegato, secondo le regole proprie della pro cedura fallimentare, anche se la espropriazione dei beni deve

svolgersi per la realizzazione delle pretese creditorie dell'istituto.

Permanendo, pertanto, le funzioni di custodia del curatore, que

sti, poiché conserva le sue originarie attribuzioni, non diviene

organo ausiliario del giudice della esecuzione e non può essere

quindi dal medesimo sostituito nell'ambito della procedura ese

cutiva individuale, ai sensi degli art. 66 e 559 c.p.c.».

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 17 no

vembre 1982, n. 6155; Pres. Brancaccio, Est. Cantillo, P. M.

Grimaldi (conci, conf.); La Gattuta (Avv. Monteleone) c.

Soc. italiana Cauzioni (Avv. Diofebo). Conferma Trib. Pa

lermo 18 ottobre 1979.

Fideiussione e mandato di credito — Assicurazione fideiussoria — Prescrizione — Disciplina (Cod. civ., art. 1882, 1936, 2952).

II diritto al pagamento delle rate di premio nascente dal con

tratto di assicurazione fideiussoria si prescrive nel termine or

dinario di dieci anni, e non già nel termine annuale ex art.

2952 c. c. (1)

(1) Contra, Cass. 26 maggio 1981, n. 3457, Foro it., Rep. 1981, voce

Fideiussione, n. 8, che ritiene applicabile la disciplina del con tratto di assicurazione per la parte del rapporto che intercorre tra assicuratore e contraente garantito « quando le regole di

tale contratto sono state richiamate ». Ma, a ben guardare, l'idea

guida seguita dalla giurisprudenza in tema di assicurazione fideiusso

ria e relativa disciplina è quella consueta ad ogni fattispecie di con tratto misto (ovverosia, applicazione delle regole del contratto preva

lente, ferma restando la possibilità per le parti contraenti di richia mare espressamente la disciplina dell'altro tipo contrattuale): v. — an

cora sul regime della prescrizione — Cass. 28 maggio 1978, n. 2548,

id., Rep. 1978, voce cit., n. 7; nonché Cass. 9 giugno 1975, n. 2297,

id., 1975, I, 2739, e 7 giugno 1974, n. 1709, id., 1974, 1, 2003, con

ampia nota di richiami di M. Grossi, in merito all'esecuzione e/o inesecuzione del rapporto garantito e conseguenti riflessi sul rapporto di

garanzia. Propende, invece, per l'applicazione integrale della disciplina fideius

soria Cass. 24 novembre 1979, n. 6152, id., Rep. 1979, voce cit., n. 4, in relazione alle, dichiarazioni inesatte o reticenti dell'assicurato.

In dottrina, di recente, Ravazzoni, Le c. d. cauzioni fideiussorie o

Motivi della decisione. — (Omissis). 2. - Con il secondo mo tivo di ricorso, denunziando la violazione degli art. 1882 ss., 1936 e 2952 c. c., nonché vizi della motivazione, i ricorrenti cri ticano sotto due profili la sentenza per avere inquadrato nello schema della fideiussione, e non in quello dell'assicurazione, il contratto intervenuto fra il loro dante causa e la società italiana cauzioni.

Da un lato, sostengono che nella polizza fideiussoria il nego zio tra il debitore garantito e la società assicuratrice deve essere tenuto distinto dal rapporto che, in forza del primo, si instaura fra il terzo creditore e la medesima società: mentre questo ha natura fideiussoria, l'altro configura un'assicurazione per conto

altrui, con la conseguenza che deve ritenersi disciplinato, se non sia diversamente convenuto, dalle norme relative al contratto di assicurazione, compresa quella sulla prescrizione annuale ex art. 2952 cit.; dall'altro, rimproverano ai giudici di merito di avere erroneamente interpretato la polizza in questione, svalu tando le clausole che espressamente richiamavano norme relative all'assicurazione.

Entrambe le censure sono infondate. Alla prima va obiettato

che, secondo il consolidato indirizzo di questa corte (conforme, del resto, all'opinione dottrinale di gran lunga prevalente), le fi

gure contrattuali che si suole annoverare nella categoria delle assicurazioni fideiussorie (polizza fideiussoria, assicurazione per il cauzionamento, assicurazione - avallo, ecc.), pur avendo come

parte un'impresa di assicurazione e formando oggetto, in pratica di uno specifico ramo di servizio di tali imprese, hanno natura sostanziale di fideiussione, in quanto la loro funzione economico sociale non è quella tipica della assicurazione, cioè il trasferi mento di un rischio a carico dell'assicuratore, bensì quella di

garanzia, per essere dirette a garantire, nei confronti del bene

ficiario, l'adempimento di obblighi assunti dallo stesso contraen te (v., fra altre, sent. n. 3457 del 1981, Foro it., Rep. 1981, voce Fideiussione, n. 8; n. 6152 del 1979, id., Rep. 1979, voce cit., n. 4; n. 2548 del 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 7; n. 2297 del 1975, id., 1975, I, 2739; n. 1709 del 1974, id., 1974, I, 2003; n. 789 del 1971, id., Rep. 1971, voce Contratto in genere, n. 62; n. 221 del 1963, id., 1963, I, 1774).

In forza del contratto (che sotto il profilo strutturale si in

quadra nello schema del negozio a favore di terzo) l'assicuratore si obbliga direttamente nei confronti del creditore ad adempiere la obbligazione pecuniaria originariamente assunta dal debitore (come nel caso dell'assicurazione fideiussoria per il pagamento di diritti doganali) o alla quale questi è tenuto in caso di ina

dempimento o inesatto adempimento dei suoi obblighi (come nell'ipotesi dell'assicurazione fideiussoria sostitutiva della cau zione dovuta dall'appaltatore di opere pubbliche); e la presta zione deve essere eseguita dall'assicuratore per il solo fatto che

l'obbligazione medesima non venga adempiuta dal debitore-con

traente, anche quando, cioè, sia certo che l'escussione giudizia ria di quest'ultimo varrebbe a realizzare l'interesse del creditore.

Siffatti elementi differenziano in modo netto i rapporti in que stione dell'assicurazione del credito, la quale ha per oggetto il trasferimento all'assicuratore del rischio dell'insolvenza del de bitore e, più in generale, dell'irrecuperabilità del credito, rispet to alla quale l'inadempimento del medesimo debitore rileva co me mero presupposto di fatto, posto che l'assicuratore non è te nuto ad eseguire la prestazione inadempiuta, bensì a risarcire il danno che dalla perdita totale o parziale del credito deriverà al creditore assicurato.

Nell'assicurazione fideiussoria, invece l'assicuratore assume —

secondo il modulo tipico della fideiussione — una obbligazione personale che si aggiunge, nello stesso o in diverso grado, a

quella de! debitore, della quale è accessoria, ripetendone il con

tenuto, le condizioni e le modalità di adempimento; ed è carente l'elemento del rischio e della relativa incidenza economica, non venendo trasferito all'assicuratore né il rischio del danno del creditore — giuridicamente irrilevante, posto che, come si è

detto, l'assicuratore medesimo si obbliga a pagare in vece del debitore inadempiente ancorché questo sia solvibile — né un rischio dello stesso contraente, il quale, anzi, stipula la garanzia anche per l'ipotesi di inadempimento dovuto non ad un sinistro o altro evento accidentale, ma dipendente dalla sua volontà, laddove nell'assicurazione contro i danni vige, ex art. 1900 c.c., il principio che il rischio assicurato non può mai comprendere

polizze fideiussorie, in Le operazioni bancarie, a cura di Portale, Milano, 1978, II, 1023, 1029 ss., a cui dire l'obbligazione assunta dal l'assicuratore con queste particolari polizze è necessariamente di tipo fideiussorio; nonché, nello stesso senso, Font Galan, Natura e disci plina giuridica delle polizze fideiussorie rilasciate dalle compagnie di assicurazioni, in Assicurazioni, 1976, 216, 221 ss., ove ampi raggua gli sulle polizze fideiussorie a garanzia di contratti d'appalto.

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PARTE PRIMA

quelli dovuti a fatto doloso del contraente o dell'assicurato (v. sent. n. 1292 del 1978, id., Rep. 1978, voce Fideiussione, n. 14).

In realtà, come pure ha chiarito questa corte con le pronunzie

sopra ricordate, le fideiussioni in questione differiscono da quel la ordinaria (dando luogo ad un tipo innominato di fideiussio

ne) perché sono stipulate e gestite dalle società assicuratrici nel

le forme e secondo modalità tecnico-economiche proprie dell'as

sicurazione (fra l'altro, i contratti del ramo vengono gestiti in

connessione fra loro e l'assicuratore fida, piuttosto che sulla

solvibilità dei contraenti, sulla copertura che gli deriva dall'ac

cumularsi dei premi, sicché il costo della garanzia e l'ammontare

degli stessi sono commisurati, in pratica, alla percentuale degli

inadempimenti rispetto agli adempimenti); e ciò comporta che

normalmente concorrono alla disciplina del negozio, secondo il

modello socialmente tipizzato della garanzia, disposizioni pecu liari del contratto di assicurazione, le quali vengono richiamate

dagli stipulanti (assicuratore e contraente) per dare alla fideius

sione, nei rapporti fra loro, un assetto corrispondente alle spe ciali modalità convenute o presupposte per la gestione della

garanzia (v., oltre alle sent, cit., la n. 2299/1957, id., 1958, I, 84). Ma proprio perché la causa del contratto resta, nella sostan

za, quella fideiussoria, il rapporto deve ritenersi regolato dalla

disciplina legale tipica della fideiussione tutte le volte che le

parti, nei limiti della loro autonomia contrattuale, non l'abbiano

derogata, attraverso il riferimento a regole proprie dell'assicura

zione (v., da ultimo, sent. n. 3457/1981, cit.); inoltre, anche que ste regole vanno applicate tenendo presente la finalità fideiussoria

(v. sent. n. 221/1963, id., 1963, I, 1774). Passando all'esame della seconda censura, va detto che il tri

bunale, nell'interpretare la polizza in questione, si è puntualmen te attenuto ai principi ora ricordati, osservando che l'uso di

locuzioni proprie dell'assicurazione e il riferimento a talune nor

me tipiche della stessa non incidevano sulla sostanziale funzio

ne fideiussoria del negozio; e che questa era confermata da

molteplici clausole le quali richiamavano, per aspetti di grande rilievo nell'economia del rapporto, le norme della fideiussione,

quali quelle relative alla surrogazione del fideiussore, nei diritti

del creditore (art. 1949), al regresso contro il debitore (art. 1950), alla rinunzia alla decadenza di cui all'art. 1957 e all'irrilevanza, sulla persistenza del rapporto di garanzia, del mancato pagamen to dei premi (in difformità dal disposto dell'art. 1901 c. c., che

in siffatte ipotesi prevede la sospensione della copertura assicu

rativa). Per risolvere, poi, lo specifico problema circa il tipo di pre

scrizione applicabile, i giudici di merito hanno tratto ulteriore

elemento dall'art. 7 delle condizioni particolari di polizza, se

condo cui, in caso di contrasto tra le norme di legge in materia

di fideiussione e quelle in tema di assicurazione, la prevalenza doveva essere data alle prime; e in base all'interpretazione sud

detta — qui non censurabile perché sorretta da congrua e lo

gica motivazione — sono correttamente pervenuti a ritenere ap

plicabile l'ordinaria prescrizione decennale, vigente per la fideius

sione, e non la prescrizione annuale, ex art. 2952 c. c., specifica mente prevista per il diritto al pagamento delle rate di premio del contratto di assicurazione.

Pertanto anche sotto questo profilo la sentenza va esente da

critiche. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 15 no

vembre 1982, n. 6093; Pres. Sandulli, Est. Corda, P. M. Ni

cita (conci, conf.); Soc. S.i.p.a. (Avv. E. Romanelli, Ca

rones) c. Min. lavori pubblici e altri. Regolamento di com

petenza avverso Trib. reg. acque Milano 9 ottobre 1981.

Acque pubbliche e private — Tribunale delle acque — Procedi

mento — Regolamento di competenza — Ammissibilità (Cod.

proc. civ., art. 42; r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, t.u. sulle

acque e sugli impianti elettrici, art. 208).

Acque pubbliche e private — Questione di demanialità delle ac

que sotterranee — Tribunale delle acque — Competenza (R.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, art. 140).

È ammissibile l'istanza di regolamento avverso la sentenza con

la quale il tribunale regionale delle acque pubbliche abbia de

clinato la competenza in ordine ad una questione di demania

lità di acque sotterranee in una controversia tra privati. (1)

(1) In senso conforme, sull'applicabilità del vigente codice di rito nei processi innanzi ai tribunali delle acque, Cass. 18 gennaio 1982, n.

294, Foro it., 1982, I, 1322, in tema di notificazione della sentenza al

Sussiste la competenza del tribunale regionale delle acque a co

noscere di tutte le questioni relative alla demanialità o meno

delle acque, indipendentemente dalla loro formale qualificazio ne come pubbliche. (2)

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 20 aprile 1979 la

s.p.a. S.i.p.a. (con sede in S. Giuliano Milanese) conveniva da

vanti al Tribunale regionale delle acque pubbliche di Milano il

Consorzio per l'acqua potabile ai comuni della provincia di Mi

lano nonché il ministero dei lavori pubblici.

Esponeva che in un immobile (terreno) di sua proprietà, si

to in S. Giuliano Milanese, aveva provveduto a sistemare e

rendere più efficiente un pozzo, dal quale estraeva acqua per usi industriali; e, in data 22 dicembre 1976 aveva denunciato

al genio civile l'esistenza dell'opera e aveva chiesto la conces

sione di derivare moduli 0,50 di acqua. Successivamente, però, il Consorzio per l'acqua potabile ai comuni della provincia di

Milano aveva presentato, al pretore del luogo, una denuncia pe nale contro i rappresentanti di essa società, per il reato di cui

all'art. 632 c.p. (deviazione di acque e modificazione dello sta

to dei luoghi); il pretore aveva, quindi ordinato il sequestro e

la chiusura del pozzo. Essendo stati, successivamente, rappresen tati al pretore il pregiudizio e i danni che derivavano dal man

tenimento di tale provvedimento, il detto giudice aveva sugge

rito, quale mezzo idoneo a ottenere la revoca del sequestro, l'ap

plicazione di un contatore alla pompa del manufatto e l'assun

zione dell'obbligo di pagare l'acqua al denunciarne consorzio.

Tale suggerimento aveva indotto essa istante nell'erroneo con

vincimento che il consorzio fosse « gestore e addirittura proprie tario dell'acqua » : di conseguenza, mossa da tale errore, non

ché dal grave stato di necessità in cui era venuta a trovarsi e

dal timore di sanzioni penali, aveva preso contatto con il con

sorzio, il quale aveva imposto la sottoscrizione di una conven

zione contenente le seguenti clausole: a) cessione, ad esso, del

pozzo, senza alcun corrispettivo; b) assunzione, da parte di essa

società, dell'obbligo di curare la manutenzione e la « gestione »

dell'opera; c) pagare un corrispettivo per l'estrazione dell'acqua e chiudere il pozzo alla fine del 1979. Solo successivamente, pe

rò, essa società aveva potuto apprendere che il consorzio non

aveva alcun diritto sull'acqua del detto pozzo (riattivato dopo ch'essa società, mossa dalla necessità, aveva prestato sottomis

sione a quel sopruso) e che, quindi, quale che fosse la natura

giuridica dell'acqua (privata o pubblica) estratta dal sottosuolo

del suo immobile, erano state violate le sue ragioni, sotto vari

profili. Chiedeva, pertanto, che l'adito tribunale regionale si pronun ciasse sulla natura, privata o pubblica, dell'acqua predetta. Per

il caso che l'acqua fosse stata dichiarata pubblica, chiedeva

fosse dichiarata la nullità della riferita convenzionè e affermato

il suo diritto di domandare alla p. a. la concessione dell'estra

zione, ai sensi degli art. 4 e 103 t. u. sulle acque pubbliche (r. d.

11 dicembre 1933 n. 1775). Per il caso, invece, che l'acqua fos

se dichiarata privata, chiedeva che il contratto fosse annullato,

perché viziato da violenza o errore, privo di causa e stipulato in stato di necessità e di pericolo. In ogni caso, chiedeva che

il consorzio fosse condannato al rimborso delle somme pagate in esecuzione dell'accordo, previa rivalutazione e con gli inte

ressi.

Instauratosi il contraddittorio, il consorzio chiedeva che fosse

dichiarato il difetto di giurisdizione e di competenza del tribu

nale regionale adito; e, in subordine, che fosse dichiarata l'inam

missibilità e l'infondatezza della domanda.

Il ministero dei lavori pubblici, a sua volta, si limitava a chie

dere che fosse dichiarata la pubblicità dell'acqua (come poteva

procuratore costituito; 14 dicembre 1981, n. 6591, ibid., 54, in tema di riserva di ricorso per cassazione a seguito di sentenza non definitiva; 29 ottobre 1981, n. 5693, ibid., 75, con ampia nota di richiami di F. ^Pietrosanti, e in Giust. civ., 1982, I, 41, con nota di M. Finoc chiaro; decisione, quest'ultima, che risolve per la prima volta nel senso or indicato la questione del rito applicabile ai giudizi innanzi ai tribunali delle acque, affermando il principio, recepito dalla ri portata sentenza, a mente del quale il richiamo di cui all'art. 208 t. u. « costituisce, più che un rinvio in senso tecnico, l'enunciazione del co mune principio dell'applicabilità della legge generale laddove quella speciale non dispone ».

(2) In senso conforme, per quanto specificamente riguarda le acque sotterranee, Cass. 26 marzo 1981, n. 1759, Foro it., 1981, I, 1578, con nota di richiami anche di dottrina.

In tema di competenza dei tribunali delle acque circa le domande di risarcimento dei danni conseguenti all'esecuzione di opere idrauli che, Cass. 7 ottobre 1981, n. 5268, id., Rep. 1981, voce Acque pubbli che e private, n. 99; 29 giugno 1981, n. 4201, ibid., n. 100: 19 giugno 1981, n. 4015, ibid., n. 101; 26 febbraio 1981, n. 1180, id., 1981, I, 1978, con nota di richiami.

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