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sezione I civile; sentenza 18 marzo 1996, n. 2275; Pres. F. E. Rossi, Est. Sotgiu, P.M.Gambardella (cocl. conf.); Comune di Zafferana Etnea (Avv. Magnano Di San Lio, Scuderi) c.Russo, Gida (Avv. Catanzaro Lombardo), Provincia di Catania; Provincia di Catania (Avv.Cariglia, Pace) c. Russo, Gida e Comune di Zafferana Etnea. Conferma App. Catania 10 giugno1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 5 (MAGGIO 1996), pp. 1671/1672-1675/1676Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190946 .
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1671 PARTE PRIMA 1672
i rapporti tra privati, è tuttavia già inserita nel circuito giuridico nazionale. Ma ciò significa che anche quella direttiva (indipen dentemente dal suo successivo recepimento) si colloca ormai tra
le fonti di diritto rilevanti nell'ordinamento interno, e che di
essa non può perciò non tenersi conto nella configurazione dei
principi regolatori degli istituti disciplinati da tale ordinamento. E proprio la vicenda della direttiva sulla tutela dei consumatori
di cui si sta qui discutendo lo dimostra, se è vero che — come
si desume dai lavori preparatori della successiva legge di recepi mento e dai rilievi della dottrina che tale legge ha commentato — sin dal 1989 alcune organizzazioni di categoria degli stessi
imprenditori operanti nel settore delle vendite a domicilio, muo
vendo dalla premessa del non ancora avvenuto recepimento in
Italia della menzionata direttiva comunitaria, avevano sottoscritto
un protocollo d'intesa destinato a disciplinare in modo unifor
me ed in ottemperanza ai precetti della direttiva i contratti sti
pulati fuori dai locali commerciali. Ad evidente testimonianza
di come quei precetti, e l'esigenza di tutela del consumatore ad essi sottesa, fossero sin da allora avvertiti come tutt'altro
che estranei ai principi ispiratori del patrimonio giuridico na
zionale.
La medesima conclusione trova conferma anche per altra via.
Non va infatti dimenticato come, ancor prima dell'entrata in
vigore del citato d.leg. n. 50 del 1992, fossero state introdotte nell'ordinamento italiano altre simili forme di ius poenitendi nei contratti con i consumatori: in particolare dall'art. 18 ter
1. 7 giugno 1974 n. 216 (novellata nel 1985), in tema di vendita
a domicilio di valori mobiliari mediante sollecitazione al pubbli co risparmio. Norma nella quale la parte più avvertita della
dottrina non aveva mancato di scorgere la progressiva emersio ne di un principio generale di tutela del consumatore, mediante
il riconoscimento del diritto di recesso in tutti i casi di «vendita
porta a porta» avente ad oggetto beni mobili o valori mobiliari, in cui può manifestarsi una situazione di maggior debolezza con
trattuale del consumatore medesimo, come poi confermato an
che dalla successiva disciplina dettata dall'art. 8 1. 2 gennaio 1991 n. 1, in tema di contratti di gestione dei patrimoni. Sicché,
proprio in considerazione di ciò, è stato persuasivamente soste
nuto, in dottrina, che non è più possibile far soltanto riferimen
to al modello di uno statuto unitario del contratto, come dise
gnato dal codice, essendosi invece delineata, in luogo di quello o accanto ad esso, una pluralità di modelli, dipendenti, di volta in volta, dallo status del contraente (ad esempio: consumatore) o dal modo della contrattazione (per esempio: con offerte «por ta a porta») o dall'oggetto del contratto (per esempio: beni o
valori mobiliari), o da varie possibili combinazioni di tali elementi.
Se questo è vero, ne viene di conseguenza che anche l'indivi duazione dei principi regolatori di una determinata materia con
trattuale, entro la cui cornice il giudizio di equità del conciliato
re deve mantenersi, non può essere operata soltanto avendo ri
guardo al modello generale del codice, ma deve altresì tener
conto della specificità del modello contrattuale di volta in volta
considerato. E dunque, ove si tratti di contratti di vendita mo biliare tra un operatore commerciale ed un consumatore, stipu lati a domicilio di quest'ultimo, deve tener conto dei principi di tutela del consumatore inerenti alla disciplina di tali contratti — come influenzati dalla direttiva Cee n. 577/85 e della legisla zione speciale cui s'è fatto dianzi riferimento — anche per fatti
specie verificatesi prima dell'entrata in vigore del citato d.leg. n. 50 del 1992.
4. - Non essendosi discostata dal principio sopra enunciato,
l'impugnata sentenza resiste alle critiche della ricorrente.
Il ricorso va perciò rigettato.
Il Foro Italiano — 1996.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 18 marzo
1996, n. 2275; Pres. F. E. Rossi, Est. Sotgiu, P.M. Gambar
della (cocl. conf.); Comune di Zafferana Etnea (Aw. Ma
gnano Di San Lio, Scuderi) c. Russo, Gida (Avv. Catanza
ro Lombardo), Provincia di Catania; Provincia di Catania
(Avv. Cariglia, Pace) c. Russo, Gida e Comune di Zaffera
na Etnea. Conferma App. Catania 10 giugno 1992.
Opere pubbliche — Concorso di più enti nell'esecuzione — Danni — Risarcimento — Soggetto responsabile (Cod. civ., art. 2043; 1. reg. sic. 12 giugno 1976 n. 78, provvedimenti per lo svilup
po del turismo in Sicilia, art. 12).
Nell'ipotesi di rapporto plurisoggettivo complesso in cui l'ente,
nel cui interesse viene finanziata l'opera dall'ente delegante, abbia provveduto anche a progettarla e a dirigerne la costru
zione in forza di delega apposita, mentre l'incombenza di in
dire l'appalto e procedere alle espropriazioni è stata dallo stesso
ente affidata ad altri, deve affermarsi la responsabilità soli
dale dei due enti ove l'opera stessa sia stata attuata in man
canza della procedura di esproprio e ne sia derivato un danno
per il privato: dell'ente che ha mancato di espropriare, in re
lazione alla responsabilità per l'occupazione sine titulo; del
l'ente costruttore, per aver concorso con un progetto viziato
alla consumazione dell'illecito. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto 15 giugno 1985 i con
sorti Russo convennero avanti al Tribunale di Catania l'omoni
ma amministrazione provinciale, chiedendone la condanna al
risarcimento dei danni derivati ad un loro fondo a causa dell'e
secuzione di una strada provinciale, a seguito della quale il fon
do in questione era stato parzialmente occupato e privato del
l'accesso, per il dislivello creatosi fra lo stesso e la sede stradale.
L'amministrazione provinciale eccepiva di avere provveduto soltanto alla direzione tecnico-contabile dell'opera, la cui realiz
zazione era stata dell'ente finanziatore (assessorato ai ll.pp. del
la regione Sicilia) affidata al comune di Zafferana Etnea, dele
gato a porre in essere le procedure d'esproprio e ad appaltare i lavori.
Gli attori provvedevano pertanto a chiamare in causa il pre detto comune.
Con sentenza 26 luglio 1990 l'adito tribunale dichiarò entrambi
gli enti solidalmente responsabili dei danni subiti dagli attori, escludendo la responsabilità dell'appaltatore. Tale decisione è
(1) La Cassazione attinge al proprio patrimonio giurisprudenziale per decidere un caso più difficile a dirsi che a risolversi: si tratta del risarci mento dei danni subiti dal fondo di un privato a causa dell'esecuzione di una strada provinciale, a seguito della quale il fondo stesso era stato
parzialmente privato dell'accesso, per il dislivello creatosi rispetto alla
sede stradale (e derivante da un errore di progettazione, non preceduto dall'espropriazione a cura del comune).
L'ipotesi centrale riguarda il concorso di più enti alla realizzazione
dell'opera pubblica, dovendosi individuare il legittimato passivo nei con fronti dei terzi. In questo caso occorre guardare al titolare del rapporto sostanziale dedotto in causa, che, nel caso di specie, è lo stesso ente che ha eseguito il progetto e diretto i lavori (arg. ex Cass. 4 dicembre
1984, nn. 6347, Foro it., Rep. 1984, voce Espropriazione per p.i., nn.
262, 273) e nel cui interesse è stato erogato il finanziamento, ovvero la provincia (sull'argomento, v. Cass. 13 gennaio 1988, n. 176, id., Rep. 1988, voce cit., n. 154; nonché, per i rapporti concessionario concedente, Trib. sup. acque 19 ottobre 1993, n. 100, id., Rep. 1994, voce Opere pubbliche, n. 253). Alle corte, la conclusione è che: a) la
provincia è responsabile perché, pur avendo il pieno controllo dell'ope ra eseguenda, anche in termini di vizi di progettazione, «era in grado di attivarsi per un'eventuale modifica del tracciato», rispettoso delle
ragioni proprietarie, ma non l'ha fatto, mantenendo in vita un progetto viziato; b) il comune è a sua volta responsabile per aver mancato di espropriare il tratto di terreno poi risultato danneggiato.
Chi esce indenne, in questo caso, è l'appaltatore, perché nel momen to in cui questi esegue l'opera commessa, non è tenuto a verificare la
regolarità di alcunché: non degli espropri, che sono delegati al comune; né del progetto (nel senso di richiedere modifiche progettuali), essendo il suo margine di libertà ed autonomia limitato dalla ingerenza costante della direzione dei lavori. Per ipotesi di responsabilità dell'appaltatore, oltre alla citata Cass. 4 dicembre 1984, n. 6347, v. Cass. 25 febbraio
1993, n. 2328, id., Rep. 1993, voce cit., n. 272, e 21 gennaio 1992, n. 675, ibid., n. 271. In dottrina, v. D'Ambrosio, Il direttore dei lavori
nell'appalto di opere pubbliche, Milano, 1993; Pollice, Opera pubbli ca, direttore dei lavori e responsabilità, in Nuova rass., 1991, 1212.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
stata confermata, seppur con diversa motivazione, dalla Corte
d'appello di Catania con sentenza 10 aprile-10 giugno 1992, sul
l'assunto che i danni lamentati dai Russo erano da ricollegarsi
non già alla esecuzione, ma alla progettazione dell'opera, pro
gettazione attuata dalla provincia ed approvata dal comune es
sendosi l'appaltatore attenuto alle istruzioni impartite, realiz
zando l'opera in conformità del progetto. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso il
comune di Zafferana Etnea sulla base di tre motivi e la provin
cia regionale di Catania sulla base di un unico motivo. I con
sorti Russo resistono con controricorso e con memoria.
Motivi della decisione. — I ricorsi proposti contro la medesi
ma sentenza debbono essere previamente riuniti ai sensi del
l'art. 335 c.p.c. Col primo motivo di ricorso, adducendo la violazione degli
art. 100 c.p.c., 2043 c.c., nonché vizio di motivazione, il ricor
rente comune sostiene di essere estraneo all'aspetto tecnico pro
gettuale dell'opera, riguardando l'approvazione del progetto,
espressa dal comune, soltanto la conformità dello stesso allo
strumento urbanistico.
Avendo la corte catanese affermato che i lamentati danni erano
stati causati dalla progettazione, si sarebbe dovuta coerentemente
escludere la responsabilità del comune, poiché i poteri
amministrativo-contabili, esercitati attraverso la direzione dei la
vori, e la proprietà della strada costruita competevano alla pro
vincia, la quale era la sola, a parte l'appaltatore, a controllare
il progetto e la sussistenza di eventuali vizi, onde alla stessa
spettava semmai di indirizzare l'attività dell'amministrazione co
munale ai fini del buon esito della procedura ablatoria.
Col secondo motivo di ricorso, ulteriormente adducendo la
violazione dell'art. 2043 c.c., nonché difetto di motivazione, il
comune di Zafferana Etnea sostiene la responsabilità solidale
della provincia regionale di Catania e dell'appaltatore nell'ese
cuzione dell'opera da cui sono derivati i danni ai privati, aven
do in particolare l'appaltatore il dovere di segnalare i difetti
del progetto, ovvero quelli rilevabili in corso di esecuzione.
Col terzo motivo di ricorso, il comune ulteriormente si duole
della violazione dell'art. 91 c.p.c., per avere la corte catanese
compensato le spese del giudizio di appello, confermando la
condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio
di primo grado. Con l'unico articolato motivo la provincia regionale di Cata
nia censura la sentenza impugnata per la violazione della 1. reg.
sic. 12 giugno 1976 n. 78, degli art. 2043 e 2055 c.c., nonché
per vizio di motivazione, sostenendo che unico responsabile del
danno cagionato ai privati è il comune di Zafferana Etnea, per
non aver attuato regolarmente gli espropri previsti dal progetto,
corredato all'uopo del piano particellare e dell'elenco delle dit
te. La delega di attribuzioni agli enti locali effettuata dalla re
gione non verrebbe dunque in considerazione, poiché il comu
ne, nell'occupare il fondo privato non preventivamente espro
priato, avrebbe attuato un illecito, di cui il comune stesso è
l'unico responsabile, indifferente essendo, in presenza dell'irre
versibile trasformazione del suolo occupato, l'appartenenza ad
altro soggetto (nella specie, la stessa provincia) dell'opera rea
lizzata.
Il primo motivo del ricorso del comune di Zafferana Etnea
va esaminato unitamente all'unico motivo di ricorso proposto
dalla provincia regionale di Catania, connesse essendo le argo
mentazioni che conducono ad affermare l'infondatezza di en
trambe le censure.
La fattispecie in esame non rappresenta infatti soltanto, co
me sostenuto dalla provincia regionale di Catania, un'ipotesi
di delega intersoggettiva fra enti pubblici (nella specie, regione
e comune), in cui il delegato è stato investito del potere di prov
vedere rispetto all'oggetto della delega in nome proprio, anche
se per conto e nell'interesse del delegante, con la conseguenza
di una sua unica e diretta responsabilità nei confronti dei terzi
per atti posti in essere in attuazione della delega; ma configura,
nel rispetto della lettera dell'art. 12, 1° comma, 1. reg. sic. 12
giugno 1976 n. 78 (che prevede appunto, per gli interventi e
le opere da realizzare nel territorio regionale, anche la «delega
agli enti locali») un rapporto plurisoggettivo complesso (regio
ne, provincia e comune), in cui l'ente, nel cui interesse viene
finanziata l'opera dall'ente delegante, ha provveduto anche a
progettarla e a dirigerne la costruzione in forza di delega ad
hoc, mentre l'incombenza di indire l'appalto e procedere alle
Il Foro Italiano — 1996.
espropriazioni è stata dallo stesso ente finanziatore affidata ad
altri (nella specie, al comune di Zafferana Etnea). La provincia
ricorrente sostiene che il predetto comune, in quanto delegato
all'espropriazione deve essere il solo a rispondere, in base alla
teoria dell'«accessione invertita», del danno arrecato ai privati.
La sentenza impugnata ha invece tralasciato ogni considerazio
ne sull'«accessione invertita», attribuendo piuttosto ad errori
di progettazione, addebitabili sia al comune (che aveva fatto
proprio il progetto con apposita delibera) che alla provincia,
la ritenuta responsabilità solidale di tali enti. In particolare, il
giudice di merito, nel descrivere i danni arrecati al fondo priva
to dalla costruzione della strada «Mareneve», non si è limitato
ad evidenziare l'occupazione di mq 450 di essa, ma ha altresì
considerato il nocumento arrecato al fondo dal dislivello, e quindi
dalla perdita dell'accesso, determinatasi a seguito della costru
zione del tracciato stradale. L'esecuzione dell'opera, così come
progettata, ha dunque modificato, secondo l'accertamento del
giudice di merito (non contraddetto dalle parti) lo stato dei luo
ghi in senso negativo per i privati proprietari, e ciò indipenden
temente dalla avvenuta occupazione di un tratto del terreno dei
resistenti. La cattiva progettazione resta dunque causa dei la
mentati danni, anche se ad essa va collegato l'ulteriore nocu
mento determinato dalla occupazione sine titulo di una parte
del fondo; in tal modo va infatti modificato ed integrato sul
punto l'assunto dei giudici d'appello, i quali non si sono soffer
mati sull'accessione invertita, probabilmente perché la configu
razione dell'accessione comporta, da un lato, la responsabilità
risarcitoria dell'ente che non abbia attuato l'esproprio nei tempi
e con le modalità previste e, dall'altro, l'acquisto a titolo origi
nario da parte dell'ente occupante del bene illegittimamente oc
cupato. Ma il comune non poteva, nella specie, acquisire tale proprie
tà, posto che la strada costruita è indiscutibilmente di proprietà
provinciale, essendosi tra l'altro su tale circostanza formato il
giudicato; mentre non rientrano comunque nell'ipotesi dell'ac
cessione invertita quei danni, di cui prima si è detto, esulanti
dalla occupazione e ascrivibili, come hanno esattamente ritenu
to i giudici d'appello, ad una errata e disattenta progettazione.
Si può aggiungere, ritornando alla premessa secondo cui nel
caso in esame più enti hanno concorso alla realizzazione dell'o
pera pubblica, che, quando ciò accade, la legittimazione passiva
nei confronti dei terzi va effettuata in base alla posizione che
ciascuno di essi ha assunto nell'attuazione dell'iniziativa (Cass.
902/73, Foro it., Rep. 1973, voce Edilizia e urbanistica, n. 118);
dunque, ferma restando la parziale occupazione sine titulo da
parte del comune di Zafferana Etnea del fondo dei resistenti,
la provincia, che è titolare del rapporto sostanziale (Cass.
2161/79, id., Rep. 1979, voce Opere pubbliche, n. 38), essendo
proprietaria della strada costruita, deve considerarsi comunque
tenuta, indipendentemente dall'altrui responsabilità aquiliana,
a risarcire i danni derivati dalla costruzione di un'opera da essa
utilizzata, cui sia conseguita una permanente limitazione impo
sta a fondi altrui (Cass. 3677/81, id., Rep. 1981, voce cit., n.
38), qual è, nella specie, l'anomala pendenza che ha privato dell'accesso il fondo dei resistenti.
Questa corte ha avuto modo, in passato, prima della configu
razione giurisprudenziale dell'istituto dell'accessione invertita,
di affermare la responsabilità per danni conseguenti l'esecuzio
ne di un'opera pubblica, dell'ente che avesse eseguito il proget
to e diretto i lavori (Cass. 3531/68, id., Rep. 1969, voce cit., n. 196; 6347/84, id., Rep. 1984, voce Espropriazione per p.
nn. 262, 273). In epoca più recente si è però ribadito (Cass.
176/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 154), che nell'ipotesi di
concorso di più enti nell'esecuzione di un'opera pubblica, pur
dovendosi vagliare la natura e l'entità dei poteri conferiti nelle
rispettive deleghe, resta ferma la legittimazione passiva dell'ente
nel cui interesse abbia avuto luogo la sostituzione o la delega.
Nella specie l'opera fu progettata dalla provincia per esigenze
proprie, alla provincia fu erogato il relativo finanziamento, e
la stessa provincia curò la direzione dei lavori, con possibilità
dunque di verificare, a differenza del comune di Zafferana Et
nea, il tracciato della strada costruenda.
Era infatti la provincia regionale di Catania ad avere il pieno
controllo di quanto veniva eseguito, anche in termini di vizi
di progettazione, onde era in grado di attivarsi (essa sola, come
s'è detto, e non il comune) per un'eventuale modifica del trac
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1675 PARTE PRIMA 1676
ciato che rispettasse le pendenze del terreno e la conservazione
dell'accesso ai fondi privati. Pur dovendosi affermare, come già s'è detto, in adesione al
consolidato indirizzo giurisprudenziale relativo al risarcimento
dei danni derivanti dall'occupazione sine titulo, la responsabili tà verso i privati del comune di Zafferana Etnea, in relazione
alla mancata attuazione della procedura di esproprio del tratto
del terreno di cui è causa, deve nel contempo riconoscersi la
solidale responsabilità della provincia regionale di Catania, per aver concorso con un progetto viziato alla consumazione dell'il
lecito.
Il ricorso della provincia regionale di Catania, deve essere
dunque rigettato, analogamente al primo motivo del ricorso del
comune di Zafferana Etnea, restando confermata, seppur con
diversa motivazione, la solidale responsabilità di entrambi gli
enti in ordine ai danni subiti dai resistenti. Non è fondato neppure il secondo motivo del ricorso del co
mune, che indica nell'appaltatore il responsabile o il correspon sabile di tali danni.
Come ha correttamente evidenziato la sentenza impugnata,
l'appaltatore si è infatti limitato ad eseguire l'opera che gli era
stata commessa; una volta ricevute le cosegne dalla direzione
dei lavori, egli non poteva che ritenere la legittimità del proprio
operato; non era infatti tenuto né a verificare la regolarità degli
espropri, delegati al comune, né a richiedere modifiche proget
tuali, essendo il suo margine di libertà ed autonomia limitato
dalla ingerenza costante della direzione dei lavori. Una respon sabilità dell'appaltatore sarebbe infatti configurabile soltanto per una sua condotta colposa, che traducendosi in vizi di esecuzio
ne della opera progettata, avesse comportato danno per i terzi
(Cass. 6347/84, cit.); ovvero se egli avesse abusivamente occu
pato per sue esigenze di cantiere (es. deposito materiali) un fon
do altrui (Cass. 1346/91, id., Rep. 1991, voce Opere pubbliche, n. 201). Esulando nella fattispecie qualsivoglia negligenza od
arbitrio specificamente imputabile all'appaltatore, se ne deve af
fermare l'estraneità rispetto alla vicenda in esame. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 marzo
1996, n. 1959; Pres. Buccarelli, Est. Trezza, P.M. Leo
(conci, conf.); Sconosciuto (Avv. Magaraggia) c. Inps (Avv.
Barbuto, Lipari). Cassa Trib. Brindisi 27 luglio 1991.
Previdenza e assistenza sociale — Lavoratrici agricole — Inden
nità di maternità — Requisiti assicurativi — Estremi (L. 30
dicembre 1971 n. 1204, tutela delle lavoratrici madri, art. 15; d.l. 12 settembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia pre videnziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubbli
ca, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazio
ne e proroga di alcuni termini, art. 5; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 12
settembre 1983 n. 463).
Per l'erogazione alle lavoratrici agricole delle indennità giorna liere di maternità previste dall'art. 15 l. 30 dicembre 1971
n. 1204, è sufficiente che il numero di giornate lavorative mi nime (oltre cinquantuno giornate) sia stato completato nel l'anno precedente. (1)
(1) La riportata sentenza risulta in linea con altre recenti decisioni della Suprema corte: sent. 17 febbraio 1996, n. 1223, Foro it., Mass.; 24 agosto 1995, n. 8971, id., Mass., 995; 21 gennaio 1995, n. 682,
ibid., 80; 28 aprile 1993, n. 4970, id., Rep. 1994, voce Previdenza so
ciale, n. 519; 27 ottobre 1992, n. 11639, id., Rep. 1992, voce cit., n.
579; 10 ottobre 1992, n. 11044, ibid., n. 580; 18 giugno 1992, n. 7481, ibid., n. 582; 23 aprile 1992, n. 4870, ibid., n. 584.
Contra, per il requisito del compimento nell'anno del numero mini
li. Foro Italiano — 1996.
Svolgimento del processo. — Con sentenza depositata il 27
luglio 1991, il Tribunale di Brindisi, riformando la pronuncia del locale pretore resa il 19 marzo 1984, respingeva la domanda
proposta da Sconosciuto Giuliana, bracciante agricola, nei con
fronti dell'Inps, tendente al riconoscimento del diritto alla in
dennità per astensione facoltativa dal lavoro prevista dall'art.
15 1. 30 dicembre 1971 n. 1204.
In particolare, sul presupposto che la lavoratrice era stata
iscritta negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli del 1981, per avere compiuto più di cinquantuno giornalte lavorative nel
l'anno, e che la stessa aveva dedotto di aver inviato all'Inps il relativo certificato al compimento del settimo mese e cioè nel
mese di gennaio 1982, il giudice di secondo grado riteneva che,
contrariamente a quanto deciso dal pretore, il rapporto assicu
rativo della bracciante agricola, con il conseguente diritto all'in
dennità di malattia e quindi di maternità, doveva intendersi co
stituito solo ricorrendo il requisito dell'iscrizione negli elenchi
nominativi, condizionato dall'altro del compimento di più di
cinquantuno giornate lavorative nell'anno dell'evento, ai sensi
del combinato disposto degli art. 3 e 4 d.leg.lgt. 9 aprile 1946
n. 212, del r.d. 24 settembre 1940, della 1. 30 dicembre 1971
n. 1204. Poiché, peraltro, la lavoratrice non era iscritta negli elenchi
dei lavoratori agricoli per l'anno 1982, ma solo in quelli per l'anno 1981, il giudice di appello, accogliendo la tesi dell'Inps,
concludeva per il rigetto della domanda della Sconosciuto.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la lavo
ratrice soccombente, fondato su tre motivi; l'intimato si è costi
tuito con sola procura. Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di annulla
mento la ricorrente denuncia contraddittoria ed omessa motiva
zione ex art. 360, n. 5, c.p.c., in relazione agli art. 7, 15 e
17 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, agli art. 3, 4 e 5 d.leg.lgt. 9 aprile 1946 n. 212 ed all'art. 13 d.p.r. 25 novembre 1976 n.
1026 e deduce che è esatto il principio di diritto enunciato dal
tribunale circa la instaurazione del rapporto assicurativo del brac
ciante agricolo condizionata alla sussistenza dei due requisiti del
l'iscrizione negli elenchi nominativi e del compimento di più di cinquantuno giornate nell'anno alla luce delle norme citate
in rubrica, ma è inesatta l'affermazione che il pretore abbia
nella sua decisione disatteso tale principio: il presupposto erro
neo, dunque, dal quale si è mosso il tribunale, concreta il de
nunciato vizio di contraddittorietà di motivazione.
Con il secondo motivo di impugnazione la Sconosciuto, de
nunciando violazione ed erronea applicazione degli art. 2, 7,
15, 17 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, dell'art. 13 d.p.r. 25 no
vembre 1976 n. 1026 e degli art. 3 e 4 d.leg.lgt. 9 aprile 1946
n. 222 (rectius: 212), in relazione agli art. 31, 32 e 37 Cost,
(art. 360, n. 5, c.p.c.), lamenta che il tribunale non ha tenuto
conto della peculiarità del rapporto di lavoro agricolo, il quale
per la sua saltuarietà e durata giornaliera presenta caratteristi
che diverse «che devono essere valutate nel momento interpre tativo con le altre norme».
Ed invero, — prosegue la ricorrente — la 1. 1204/71, la quale riguarda tutte le lavoratrici madri senza distinzione di sorta,
comporta che anche per la lavoratrice agricola il rapporto di
lavoro deve ritenersi sussistente — con divieto di licenziamento — per tutto il periodo di gestazione e sino ad un anno di età
del bambino, con conseguente permanenza anche della posizio
mo di giornate lavorative per il diritto all'indennità di maternità da
parte della lavoratrice agricola, Cass. 10 febbraio 1992, n. 1481, ibid., n. 585; 29 gennaio 1992, n. 904, ibid., n. 586; 28 settembre 1991, n.
10165, id., Rep. 1991, voce cit., n. 613; 10 ottobre 1988, n. 5450, id.,
Rep. 1989, voce cit., n. 608. Sulla prescrizione (annuale) del diritto della lavoratrice agricola al
l'indennità di maternità, Cass. 26 aprile 1993, n. 4859, id., 1994, I,
2498, con nota di richiami. Sui «poteri» del giudice di accertare il diritto alla iscrizione negli elenchi
nominativi dei lavoratori agricoli, Cass. 28 maggio 1993, n. 5977, id.,
Rep. 1993, voce cit., n. 169. In materia di accertamento dei lavoratori dell'agricoltura e dei relati
vi contributi, v. d.leg. 11 agosto 1993 n. 375 (Le leggi, 1993, I, 2544). Per il diritto alla indennità di malattia dei lavoratori agricoli con
decorrenza dalla data della domanda anziché dalla data del rilascio del certificato d'urgenza, v. Corte cost. 10 novembre 1995, n. 483 (in G.U., la ss., n. 47 del 15 novembre 1995).
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