Sezione I civile; sentenza 18 novembre 1961, n. 2684; Pres. Celentano P., Est. Azara, P. M.Trotta (concl. conf.); Fallimento Alberti (Avv. Cassola, Nappi) c. Speriani (Avv. Del Piano,Rosati)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 703/704-705/706Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150424 .
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PARTE PRIMA
scadenza della õbbligazione principale, ma dalla data in cui sia stata definita ogni eventuale contestazione insorta fra le parti, significa dare una errata interpretazione del l'art. 1597 cod. civ., falsando in conseguenza la lettera e lo spirito di una tale norma.
Accogliendosi il secondo mezzo del ricorso, la sentenza deve essere annullata in relazione a tale punto, col rinvio della causa per nuovo esame ad altro giudice, cui si rav visa opportuno demandare anclie la pronunzia. sulle spese processuali di questo grado.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SDPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile; sentenza 18 novembre 1961, n. 2696; Pres. Celentano P., Est. Albanese, P. M. Silocchi
(concl. conf.); Parasiliti (Aw. MuscarA) c. Finanze
(An. dello Stato Coronas).
Gvifermi App. GMania 30 luglio 1959)
Itegistro — Agevolazioni iisculi — Cessionc « pro solvendo » o « pro solulo » tli crediti verso consorzi di bonifica — Inapplicaliilitsi dclla lrrjgc n. 2170 del 1936 (R. d. 1. 19 dicembre 1936 n. 2170, agevola zioni in"?ina(eria di tasse sugli affari, art. 1 ; 1. 29
luglio 1949 n. 470, proroga delle agevolazioni tribu tarie per le anticipazioni e i finanziamenti in correlazione con. operazioni di cessione o di costituzione in pegno di crediti, art. un.).
L'aliquota di favore dello 0,50 %, prevista dalVart. 1 r. decreto
legge 19 dicembre 1936 n. 2170 (prorogato con legge 29
aprile 1949 n. 470), per la registrazione degli atti e con tratti contenenti cessioni pro soluto o pro solvendo o costituzioni in pegno, effettuate da ditte commerciali o industriali a favore di istituti di credito, non e appli cibile alia cessione di credito vantato verso un consorzio di bonifica. (1)
La Corte, ecc. — Col primo motivo si denuncia la viola zione dell'art. 1 r. decreto legge 19 dicembre 1936 n. 2170, sostenendosi dal Parasiliti cbe erroneamente la Corte di ni irito avrebba escluso 1'applicabilita al caso in esame del
l'agevolazione fiscale prevista dalla norma anzidetta, poiche tale norma dovrebbe essere interpretata in modo estensivo, e cioe nel senso di farvi rientrare i crediti verso qualsiasi ente pubblico.
Ma la censura õ manifestamente infondata. L'art. 1 innanzi citato, nel determinare una aliquota
di favore per la registrazione degli atti e contratti conte nenti cessioni pro soluto o pro solvendo o costituzioni in pegno effettuate da ditte commerciali o industriali a favore delle aziende di credito ivi previste, si riferisce espressamentc alle cessioni o costituzioni in pegno di crediti vantati dal cedente verso lo Stato, le provincie, i comuni e le aziende
dipendenti. La disposizione e dunque esplicita : essa cir coscrive l'applicazione del beneficio fiscale entro i limiti
segaati, fra l'altro, dalla tassativa indicazione degli enti
pubblici in rapporto ai quali debbono essere individuati i crediti del cedente. N"e 6 possibile, di fronte alia cbiara locu zione usata dalla legge (locuzione che assume in concreto
(1) Non si rinvengono precedenti gi ufisprudepziali editi. In generale, sulle condizioni di applicability dell'agevolazione in oggetto, cfr. Comm. centrale 4 dicembre 1958, n. 10589, Foro it., Rep. 1959, voce Registro, nn. 357, 358 ; Cass. 21 giugno 1957, n. 2370, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 212-214 ; 11 marzo 1957, n. 831, ibid., n. 215 ; App. Torino 4 luglio 1956, ibid., nn. 216, 217 ; Cass. 4 dicembre 1954, n. 845, id., 1955, I, 835.
Sulla natura di enti pubblici economici dei consorzi di bonifica (ai fini della giurisdizione sulle controversie per i rap porti di impiego), vedi Cass. 23 marzo 1960, n. 602, id., 1961, I, 1004, con nota di richiami.
un preciso significato teonico), ritenere che Tart. 1 r. de oreto legge n. 2170, attraverso la menzione dello Stato, delle provincie e dei comuni, abbia inteso fare richiamo alia
categoria generate degli enti pubblici. Ciö condurrebbe non
giä ad interpretare, ma ad alterare il valore della norma, la quale non si presta ad essere estesa oltre i casi in essa
speeificatamente indicati.
II ricorrente, per sostenere la propria tesi, acoenna alia
posizione in cui trovasi, nell'ordinamento dello Stato, l'ente regione, il quale tuttavia non e compreso nella dispo sizione del ripetuto art. 1.
Ma il rilievo non e conferente, poiche, come e stato os servato dai Giudici del merito, se la questione di cui si di scute fosse proposta relativamente alle Regioni, non po trebbe prescindersi dal considerare che tali enti non esi stevano al tempo della formazione della legge 19 dicembre 1936 n. 2170 : con la conseguenza che l'applicabilita del suddetto beneficio fiscale alle cessioni aventi per oggetto crediti verso le Eegioni dovrebbe essere valutata mediante il raffronto fra le norme istitutive degli enti medesimi e
quelle della legge n. 2170. Peraltro il problema e estraneo all'attuale controversia,
trattandosi qui di cessione di crediti, che il Parasiliti van tava verso il Consorzio di bonifica Gagliano-Castelferrato Troina. E non puõ esservi dubbio alcuno, per quanto giä e stato detto sul punto, che i consorzi di bonifica non rien trano fra gli enti pubblici contemplati dall'art. 1 ai fini della concessione dell'agevolazione fiscale. Occorre solo
aggiungere che invano il Parasiliti, richiamando il controllo esercitato dallo Stato sui consorzi di bonifica, pretende che
questi ultimi debbano essere considerati come « enti dipen denti» nei riguardi dello Stato, e compresi quindi, sotto tale
aspetto, nella disposizione del ripetuto art. 1. £ evidente, infatti, che il rapporto, che scaturisce dal
l'esercizio del controllo, non altera la natura propria dei suddetti consorzi, qualificati espressamente come persone giuridiche pubbliche (art. 862 cod. civ.), e non consente
quindi di inserirli fra le « aziende dipendenti», di cui la
legge fa menzione : poiche caratteristica essenziale delle aziende stesse e quella di avere non personalita giuridica, ma semplice autonomia amministrativa.
Da ultimo, il ricorrente deduce che, a favore dell'esten sione del beneficio fiscale, sta il contenuto della successiva
legge 4 aprile 1953 n. 261, la quale, nell'identica materia e per identico fine, ha previsto genericamente le cessioni di annualitä o contributi governativi e di enti pubblici, nonche di crediti verso pubbliche Amministrazioni.
Ma neppure quest'argomento e idoneo a sorreggere la tesi del Parasiliti, poiche la chiara ed esplicita formulazione dell'una e dell'altra norma indica che la legge 4 aprile 1953 non e interpretativa, come assume il ricorrente, ma inno vativa rispetto a quella precedents, avendo essa attuato una nuova e diversa disciplina della materia.
II primo motivo di ricorso dev'essere quindi respinto. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SÜPREMA DI CASSÄZIONE.
Sezione I civile; sentenza 18 novembre 1961, n. 2684 ; Pres. Celentano P., Est. Azara, P. M. Trotta (concl. conf.); Fallimento Alberti (Aw. Cassola, Nappi) c.
Speriani (Aw. Del Piano, Eosati).
(Gassa App. Milano 28 ottobre 1960)
Fallimento — Appall» — I'atjamenlo del prezzo del
l'opera — Itichiesta del curatore dell'uppaltalore — Eeeezione d'iiiadempimento del committente — Ammissibilita — Hiconvenzionale per la ri soluzionc — Iiiammissibilit a (R. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 81, 93).
II committente, richiesto dal curatore del fallimento delVap paltatore del pagamento del prezzo delVopera, pud ecce
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705 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 706
I
pire Vinadempimento dell'appaltatore medesimo nell'eseeu zione del contratto ; e non anche chiedere, in via riconvenzio
nale, la risoluzione del contratto e il risarcimento del
danno per le inadempienze del debitore poi fallito. (1)
La Corte, ecc. — II ricorrente denunzia violazione
e falsa applicazione degli art. 72, ult. comma, e 81 r. de
oreto 16 marzo 1942 n. 267, in relazione al principio della
par oondicio creditorum ed alle norme di cui agli art. 52, 93 e segg. del citato r. decreto n. 267 del 1942, 36 e 360
cod. proc. civ., e, premesso che la dichiarazione di falli
mento preclude ogni azione di risoluzione contrattuale, sostiene: a) che non e proponibile nei confronti della
curatela di un fallimento (attrice in un giudizio per paga mento somma) la domanda riconvenzionale per precedenti
obbligazioni e debiti del fallito ; b) ehe non e ammissibile,
dopo la dichiarazione di fallimento, domanda di danni
per risoluzione di un contratto di appalto, giä scioltosi
in forza dell'art. 81 del ripetuto r. decreto n. 267 del 1942 ; che trattasi di un caso di carenza di azione in senso sostan
ziale e processuale, e, come tale, rilevabile di ufficio in
ogni stato e grado del processo. Chiede, pertanto, che la
impugnata sentenza sia annullata con rinvio e, nella me
moria, precisa che il giudice di rinvio dovrelihe riconoscere
alia curatela del fallimento il credito dilire 459.799 (importo dei lavori rimasti ineseguiti, detratto dalla maggior somma
richissta dall'attore) e condannare lo Speriani a restituire
la somma di lire 259.000 (due terzi delle spese, diritti e
onorari relativi ai giudizi di primo e secondo grado) pagata dalla curatela medesima al fine di evitare azioni esecutive.
II ricorso va accolto, nei modi e nei limiti che saranno
ora indicati.
Qualora il convenuto, opponendosi alia domanda di
pagamento del prezzo pattuito in un qualsiasi contratto, denunzi che la prestazione dovutagli dall'attore non fu
eseguita e dichiari, perciõ, di non pagare il prezzo o di
pagarlo in misura minore di quella convenuta, non contrap
pone al debito del prezzo un credito per risarcimento
dei danni, ma oppone, piu semplicemente, ehe il prezzo non e dovuto in tutto o in parte, per mancanza di corri
spettivo contrattuale; eccepisce, in altri termini, una
sopravvenuta totale o parziale mancanza di causa negoziale, anche se tale ecoezione si riferisca ad un inadempimento che ecceda, per la sua entitä economica, la parte di prezzo ancora dovuta. In questo easo, e nei limiti della domanda, siffatta eccezione paralizza la domanda stessa, sicche,
quando l'azione sia stata promossa da una curatela falli
mentare per rapporto anteriormente costituitosi fra il
fallito inadempiente ed il convenuto, quest'ultimo non e
tenuto a pagare e il giudice deve senz'altro respingere, entro i limiti suddetti, la pretesa del fallimento. Questi
principi, giä altre volte enunciati da questo Supremo
collegio, sono stati rettamente applicati al caso concreto
dalla Corte milanese, allorchfe ha detratto dall'ammontare
del credito, vantato dalla curatela fallimentare nei con
fronti dello Speriani, la somma di lire 459.799, quale im
porto dei lavori rimasti ineseguiti in conseguenza dell'ina
dempimento del fallito.
La Corte di merito 6, perõ, caduta in errore, allorche,
accogliendo la domanda riconvenzionale dello Speriani, ha dichiarato la risoluzione del contratto di appalto ed ha
(1) Conformemente alia seconda parte della massima, Cass. 9 ottobre 1961, n. 2054, Foro it., Hep. 1961, voce Fallimento, nn. 382, 383, ritiene che la risoluzione del contratto, per inadempi mento del contraente poi fallito, operi nei confronti della massa
solo se il diritto alia risoluzione siasi acquisito prima della dichia
razione di fallimento. Cosi anche, sostanzialmente, Cass. 28
aprile 1961, n. 967, id., 1961, I, 1341, con nota di richiami.
Per quanto concerne il contratto d'appalto, si vedano:
Cass. 21 marzo 1957, n. 967, id., Rep. 1957, voce cit., n. 343
(annotata da Carresi, in Dir. fall., 1957, II, 288), che ne afferma
10 scioglimento al momento della dichiarazione di fallimento, se
11 curatore non subentri, Cass. 10 luglio 1954, n. 2448, Foro it.,
Rep. 1954, voce cit., n. 340, che, per l'ultimo caso, esclude il
diritto del contraente in bonis al risarcimento per la mancata
esecuzione del contratto.
condannato il fallimento Alberti ai risarcimento dei danni, mentre, come meglio si dirä in prosieguo, avrebbe dovuto dichiarare la improponibilitä di tale domanda. A questo
proposito, giova rilevare ebe la relativa questione, in
quanto attiene alla legittimazione passiva del fallimento e
prospetta un caso di carenza di azione nei confronti del
medesimo, e sollevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo e puõ, quindi, essere proposta per la prima volta in sede di cassazione. D'altro canto, quando, come
noli a specie, non occorra procedere a nuovi accertamenti
di fatto, le parti possono sempre prospettare in Cassazione nuovi profili di difesa o invocare l'applicazione di norme
di legge trascurate dal giudice di merito, anebe se mai
invocate nel giudizio, in cui e stata pronunziata la impu
gnata sentenza, percbe a ciõ la Corte suprema puõ prov vedere anche di ufficio.
Ciõ posto, la Corte osserva cbe la dicbiarazione di falli
mento produce la indisponibilitä dei beni del fallito e la
par conditio creditorum, per cui deve, di regola, ritenersi
inefficace, nei confronti della massa, il rimedio della riso
luzione di un contratto per inadempimento del debitore
non ancora fallito. In particolare, regolando Tart. 81 r.
decreto 16 marzo 1942 n. 267 gli effetti del fallimento
sul contratto di appalto, il legislatore ba, di proposito,
parlato di scioglimento e non di risoluzione del contratto
stesso, intendendo, cosi, attribuire manifestamente al
l'evento, cbe lo determina, l'effetto non giä di risolvere
il contratto con effetto retroattivo, ma di farne cessare
soltanto con effetto ex nunc la efficacia e, quindi, l'ulte
riore esecuzione, ferma restando l'efficacia del contratto
stesso per il tempo anteriore al verificarsi della causa di
scioglimento. Ji, pertanto, evidente cbe la dicbiarazione di
fallimento, sciogliendo il contratto di appalto con efficacia
ex nunc, impedisce, di regola, cbe possa, successivamente, dicbiararsi la risoluzione dello stesso. Infatti, la risoluzione
di qualsiasi contratto bilaterale intercorso con il fallito, per
inadempimento pregresso di quest'ultimo, e operativa nei
confronti della massa dei creditori soltanto quando il diritto
alia risoluzione medesima sia stato quesito prima della di
cbiarazione di fallimento : e l'acquisizione del diritto alia
risoluzione nel caso della normale azione di risoluzione ex
art. 1453 cod. civ. (cosi detta condizione risolutiva tacita) ed in quello di clausola risolutiva espressa (art. 1456 cod.
civ.), si ha soltanto quando la proposizione della domanda
giudiziale o, rispettivamente, la dicbiarazione della parte
adempiente di volersi avvalere della clausola, siano ante
riori alia sentenza dicbiarativa di fallimento.
Al lume dei principi ora enunciati, una volta interve
nuta la dichiarazione di fallimento dell'Alberti, restava
preclusa alio Speriani qualsiasi possibility di ebiedere, sia pure in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto
di appalto per inadempimento del fallito, precedentemente verificatosi. Non poteva, quindi, lo Speriani pretendere dalla massa il conseguente risarcimento dei danni come se
la responsabilita del fallito potesse automaticamente
trasformarsi, a seguito della dicbiarazione di fallimento, in responsabilita della curatela fallimentare, la cui posizione e quella di terzo riguardo ai preesistenti rapporti giuridici intercorsi fra il fallito e i suoi creditori.
Non vi b dubbio, pertanto, cbe la domanda riconven
zionale dello Speriani era improponibile, sia sotto l'aspetto
processuale, percbe in violazione degli art. 93 e segg. del
piu volte citato r. decreto n. 267 del 1942, sia sotto quello
sostanziale, percbe in contrasto col disposto degli art.
72, ult. comma, e 81 dello stesso decreto.
L'impugnata sentenza va, perciõ, cassata senza rinvio, ai sensi dell'ult. comma dell'art. 382 cod. proc. civile.
Per questi motivi, cassa, ecc.
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