sezione I civile; sentenza 19 agosto 1994, n. 7455; Pres. Corda, Est. Proto, P.M. Di Salvo (concl.conf.); Soc. Cooperativa edificatrice Castello (Avv. De Martini) c. Min. finanze; Min. finanze(Avv. dello Stato La Porta) c. Soc. coop. edificatrice Castello. Cassa Comm. trib. centrale 16maggio 1989, n. 3440Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 2 (FEBBRAIO 1995), pp. 561/562-565/566Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188833 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Con il quinto motivo si deduce violazione del provvedimento del Cip nonché vizio di motivazione.
La ricorrente sostiene che non si poteva escludere che vi fosse stata l'attivazione dell'utente per ottenere il trattamento tariffa
rio di maggior favore disposto dal Cip poiché l'opzione costi tuiva una manifestazione di volontà in applicazione di norme
imperative e non una mera richiesta.
I motivi, che devono essere esaminati congiuntamente perché
connessi, sono infondati.
II provvedimento del Cip n. 47 del 1981, cui fanno riferimen
to i motivi di ricorso, attribuiva (punto 2 del § B) agli utilizza
tori di energia elettrica la facoltà di ottenere la modifica della
potenza impegnata e di scegliere il trattamento tariffario corri
spondente alla utilizzazione (bassa, media, alta o altissima) del
la quantità di energia elettrica posta a loro disposizione dal som
ministrante in conformità alla richiesta. Ma disponeva che la
detta facoltà doveva essere esercitata «stipulando con l'impresa fornitrice un nuovo contratto di fornitura con effetto anche re
troattivo».
Questo «nuovo contratto» doveva farsi necessariamente per iscritto non già, come ha ritenuto la corte territoriale, ai sensi
dell'art. 12 d.p.r. 21 dicembre 1965 n. 1720, che non contiene
disposizioni in ordine alla forma dei contratti di utenza, ma
a causa della natura di ente pubblico riconosciuta all'Enel dal
l'art. 1 del detto d.p.r. e del compito ad esso attribuito di prov vedere alla stipulazione dei contratti di somministrazione di ener
gia elettrica.
Infatti, tutti i contratti degli enti pubblici, compreso il con
tratto privatistico nei casi in cui ne è consentita la stipulazione alla pubblica amministrazione, devono farsi per iscritto a pena di nullità (v. sent. 16 maggio 1983, n. 3373, Foro it., Rep. 1983,
costanza che la stessa giurisprudenza della Cassazione, pur se con alcu ne oscillazioni, ha ritenuto l'obbligo di contrarre del monopolista su scettibile di esecuzione in forma specifica ai sensi dell'art. 2932 (Cass. 6 dicembre 1968, n. 3914, id., 1971, I, 3035; 3 luglio 1979, n. 3723, id., 1980, I, 1076, con nota di Silvestrini; contra, Cass. 23 gennaio 1978, n. 298, id., 1978, I, 2850. L'argomentazione patrocinata da que st'ultima sentenza — di 'sapore' ancora una volta formalistico giacché basata sul rilievo, anche qui normativamente infondato, che l'art. 2932 concerne un obbligo convenzionale e non «puramente legale» di con cludere il contratto — è ora ripresa da Trib. Udine 17 ottobre 1987, id., Rep. 1988, voce Contratto in genere, n. 352).
È proprio nell'ottica della par condicio che va letta l'attribuzione all'utente del 'potere' di «fissare impegni di potenza diversi... e sceglie re il trattamento tariffario preferito... senza attendere la scadenza del contratto in corso». Ed è quindi in tale ottica che occorre valutare,
più in specie, se allo stesso sia stato conferito, dal provvedimento in
esame, un mero diritto di proposta contrattuale ovvero un diritto d'op zione. Al riguardo, si deve osservare che l'idea di una proposta contrat
tuale, come tale rifiutabile, mal si concilia con l'obbligo legale a con trarre. Tale contraddizione, tuttavia, sfuma se si considera che l'utente non è semplicemente facilitato a proporre la stipula di un nuovo con tratto — ciò che sarebbe un'inutile superfetazione, essendo tale facoltà
già regolata dalla normativa codicistica — in quanto gli è conferito, di contro, un espresso diritto di proposta «senza attendere la scadenza del contratto in corso».
Ciò peraltro non vale a chiarire, in difetto di una inequivoca formu lazione precettiva, se di proposta contrattuale o di opzione si tratti.
Orbene, se l'Enel è obbligato ex lege a stipulare il contratto di sommi nistrazione (ciò che è stato di recente portato alle estreme, assurde con
seguenze di negare all'Enel medesimo il diritto di risolvere il contratto
per inadempimento dell'utente, giacché, ottenuta la risoluzione, vi sa rebbe comunque l'obbligo di procedere alla stipula di un nuovo con tratto: cosi Trib. Lecce 8 marzo 1990, id., 1991, I, 853, con nota di
Mazzia) e se nessun ostacolo si frappone alla conclusione del contratto de quo persino per facta concludentia, una volta esclusa la necessità
di una forma ad substantiam, ragioni di tutela dell'utente — quale 'contraente debole' — conducono a prediligere la tesi dell'opzione. L'u tente infatti potrebbe fruire, in tal modo, non solo del trattamento ta
riffario più conveniente — ciò che, come detto, conseguirebbe anche
all'ipotesi di ultrattività del contratto originario —, ma potrebbe altresì
fissare impegni di potenza diversi per ciascuna fascia oraria. Sarebbe
inoltre possibile realizzare quella par condicio, regolata ed imposta dal
l'art. 2597, fornendo all'utente stesso (senza la necessità di far ricorso — posto che ciò sia possibile — al 'rimedio' di cui all'art. 2932) uno strumento contrattuale eguale a quello a disposizione, a parità di circo
stanze, di coloro che fruiscono ex novo del 'servizio' di somministrazio
ne di energia elettrica.
Giorgio Lener
li Foro Italiano — 1995 — Parte I-11.
Giorgio Lener
voce Contratti della p.a., n. 101; 25 ottobre 1991, n. 11384,
id., Rep. 1992, voce Mediazione, n. 10). Ne consegue che, in mancanza di un nuovo contratto di uten
za in forma scritta, avente effetto estintivo delle precedenti ob
bligazioni delle parti e costitutivo di nuovi obblighi concernenti
l'impegno di potenza e il corrispettivo della somministrazione, l'utente non acquistava il diritto di pretendere che l'Enel met
tesse a sua disposizione un quantitativo di energia elettrica di
verso da quello originariamente pattuito e applicasse ad esso
il trattamento tariffario prescelto. Cosi integrata e corretta la motivazione della sentenza impu
gnata, non è censurabile il convincimento espresso dalla corte
territoriale in ordine alla inidoneità della richiesta di aumento
della potenza impegnata a vincolare l'Enel e a precludere la
prosecuzione del rapporto di utenza del 1969, giacché il provve dimento del Cip non disponeva la modifica automatica dei con
tratti in corso per effetto delle scelte consentite all'utente ma
attribuiva all'opzione l'efficacia di una mera proposta contrat tuale che doveva essere accettata nella forma prescritta dall'ente
fornitore, cui spettava la valutazione della possibilità tecnica
di impegnare la quantità di energia elettrica richiesta. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 agosto
1994, n. 7455; Pres. Corda, Est. Proto, P.M. Di Salvo
(conci, conf.); Soc. Cooperativa edificatrice Castello (Avv. De Martini) c. Min. finanze; Min. finanze (Avv. dello Stato
La Porta) c. Soc. coop, edificatrice Castello. Cassa Comm.
trib. centrale 16 maggio 1989, n. 3440.
Valore aggiunto (imposta sul) — Cooperativa edilizia a proprie tà indivisa — Assegnazione in godimento di alloggi ai soci — Operazione non soggetta ad Iva (R.d. 28 aprile 1938 n.
1165, approvazione del testo unico delle disposizioni sull'edi
lizia popolare ed economica, art. 114; d.p.r. 26 ottobre 1972
n. 633, istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiun to, art. 2, 3, 10, 19; d.p.r. 29 gennaio 1979 n. 24, disposizio ni integrative e correttive del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, e successive modificazioni, anche in attuazione della delega
prevista dalla 1. 13 novembre 1978 n. 765, riguardante l'ade
guamento della disciplina dell'imposta sul valore aggiunto al
la normativa comunitaria, art. 1).
Le assegnazioni in godimento di alloggi ai soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa non sono equiparabili alle loca
zioni, pertanto, non vanno considerate operazioni esenti, ai
sensi dell'art. 10, 1° comma, n. 1, d.p.r. 26 ottobre 1972
n. 633, bensì operazioni non soggette ad Iva, ai sensi dell'art.
2, 3° comma, lett. g), d.p.r. 633/72. (1)
(1) I. - In ordine al regime Iva dell'assegnazione in godimento di
alloggio al socio di cooperativa edilizia a proprietà indivisa, la Suprema corte, non avendo dubbi circa la natura non locativa della stessa, non
la considera «operazione esente», ex art. 10, 1° comma, n. 1, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, bensì «operazione esclusa» dal campo di appli cazione dell'imposta (la differenza, in punto di detraibilità dell'Iva as
solta «a monte», è chiaramente desumibile dall'art. 19 d.p.r. n. 633). In giurisprudenza, dello stesso avviso — oltre alla sentenza ora cassata
Comm. trib. centrale 16 maggio 1989, n. 3440, Foro it., Rep. 1989, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 126 — v. Comm. trib. II grado Ferrara 15 aprile 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 138, e 12 luglio 1984, Bollettino trib., 1985, 511 (m). Sul presupposto della assimilabili
tà della concessione in godimento di alloggi popolari effettuati dagli
Iacp alle assegnazioni in godimento di case di abitazione ai soci di coo
perative edilizie, Comm. trib. centrale 27 marzo 1992, n. 2324,
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — La s.r.l. Cooperativa edificatri
ce Castello presentò per gli anni 1976-1979 le dichiarazioni an
nuali Iva, con cui chiese, ai sensi dell'art. 19, ultimo comma,
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, il rimborso dell'imposta pagata al momento degli acquisti effettuati per la realizzazione della
propria attività. L'ufficio provinciale Iva di Ferrara rettificò le
dichiarazioni, ritenendo che le assegnazioni ai soci del godimen to degli alloggi costruiti fossero operazioni esenti (art. 10, n.
1, d.p.r. cit.), e la cooperativa non avesse, perciò, titolo a de
trarre l'imposta assolta sugli acquisti. La società si oppose, ad
ducendo che, quale cooperativa a proprietà indivisa, essa aveva
assegnato ai soci gli alloggi costruiti in godimento anziché in
Foro it.. Rep. 1992, voce cit., n. 228, esclude che le prime possano essere considerate esenti e quindi limitare il diritto alla detrazione di cui all'art. 19.
A differenza di quest'ultima decisione, la Corte di cassazione ha rite nuto di ascrivere tale operazione, anziché a quelle di cui all'art. 3, 4°
comma, lett. g), d.p.r. 633/72, a quelle di cui all'art. 2, 3° comma, lett. g), d.p.r. 633/72, a tenore del quale «non sono considerate cessio ni di beni (. . .) le assegnazioni di case di abitazione fatte ai soci di
cooperative edilizie a norma del d.p.r. 28 aprile 1938 n. 1165».
Inquadrando l'operazione de qua nell'ambito di detta norma, la Su
prema corte non deve risolvere espressamente la questione circa la natu ra innovativa o meno della modifica apportata, dal d.p.r. 29 gennaio 1979 n. 24, all'art. 3 d.p.r. 633/72. Sulla innovatività della modifica dell'art. 3, 4° comma, lett. g), e sulla conseguente applicabilità dell'Iva alle operazioni di assegnazione in godimento effettuate prima del 1979, v. Comm. trib. centrale 16 maggio 1989, n. 3440, cit.; per la natura meramente interpretativa della norma, v. Comm. trib. II grado Ferrara 15 aprile 1986, cit., e 12 luglio 1984, cit.; nello stesso senso, in dottrina, v. M. C. Capponi, Sulla disciplina Iva della assegnazione in godimento di alloggio al socio da parte di società cooperativa edilizia e in margine a un dubbio di costituzionalità, in Dir. e pratica trib., 1990, II, 315
ss., spec. 322; in argomento, v. G. Colantonio, Cooperative e loro consorzi nel diritto tributario, voce del Digesto privato (sez. commer
ciale), Torino, 1989, IV, 139 ss.; G. D'Errico, Assegnazione di allog gio a socio di cooperativa edilizia - regolamentazione tributaria indiret
ta, in Bollettino trib., 1976, 202 ss. La relazione al d.p.r. 24/79 cit. nella sentenza si rinviene in id., 1979,
304; nella stessa si afferma che il vigente testo del 3° comma, lett.
g), dell'art. 2, risulta cosi meglio precisato nella sua portata: «sistemati camente le operazioni relative alle assegnazioni in godimento di case di abitazione trovano collocazione più puntuale nella lett. g) del 3° comma dell'art. 3, non considerandosi tali assegnazioni prestazioni di servizi». Su tale d.p.r., v. anche circ. 3 agosto 1979, n. 25, Dir. e pratica trib., 1979, I, 1413, spec. 1418.
Occorre ricordare che l'art. 2, 3° comma, lett. g), e l'art. 3, 4° com
ma, lett. g), d.p.r. 633/72 sono stati abrogati dall'art. 34 d.l. 2 marzo 1989 n. 69, convertito in 1. 27 aprile 1989 n. 154, in vigore dal 1°
gennaio 1990 per effetto della 1. 28 luglio 1989 n. 263; sul punto, v. circ. min. fin. 31 maggio 1989, n. 25, Fisco, 1989, 3591.
II. - Le conclusioni in punto di disciplina ai fini Iva delle assegnazio ni in godimento di alloggi ai soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa — disciplina che la corte riconduce all'art. 2, in tema di cessio ni di beni, anziché all'art. 3 d.p.r. n. 633, in tema di prestazioni di servizi — si fondano sulla qualificazione dell'operazione alla stregua della cessione di diritto reale di abitazione.
Sulla natura del rapporto nascente dall'assegnazione dell'alloggio al socio da parte della cooperativa a proprietà indivisa, v. Cass. 21 aprile 1964, n. 947, Foro it., Rep. 1964, voce Case popolari ed economiche, n. 47, che considera l'alloggio attribuito al socio non in proprietà, ma in godimento, ossia a titolo di diritto di abitazione, diritto inerente alla
persona del socio e alla morte di questo, a quelle del coniuge e dei figli; sulla differenza tra assegnazione in godimento e locazione, v. an che Cass. 12 aprile 1980, n. 2334, id., 1980, I, 1311. In dottrina, v. S. Bargellini, Brevi considerazioni a margine della sentenza della Cor te costituzionale n. 155/88, in Arch, locazioni, 1990, 787, ad avviso del quale l'assegnazione in godimento di alloggi da parte di cooperative a proprietà indivisa e locazione sono «istituti radicalmente diversi»; nel senso, invece, che i singoli soci assegnatari di alloggi di cooperative edilizie a proprietà indivisa siano semplicemente titolari di un diritto
personale di godimento sull'alloggio che viene loro assegnato dietro cor
rispettivo di un canone, v. Trib. Piacenza 30 novembre 1988, Foro it., Rep. 1989, voce Comunione e condominio, n. 107.
In generale, sulle problematiche inerenti all'assegnazione degli alloggi di cooperative edilizie, v. G. Roehrssen, Edilizia popolare ed economi
ca, voce deli'Enciclopedia del diritto, Milano, 1965, XIV, 325 ss., spec. 327 e 343; G. Vigneri, Le cooperative edilizie a proprietà indivisa, in Vita not., 1978, 308 ss.
Il Foro Italiano — 1995.
locazione e che, pertanto, le assegnazioni costituivano operazio ni estranee al regime dell'Iva, giusta l'art. 2, lett. g), d.p.r. n.
633, cit., il cui ambito di applicazione era stato chiarito dal
sopravvenuto d.p.r. 29 gennaio 1979 n. 24, che, all'art. 3, lett.
g), aveva espressamente escluso l'operatività del tributo per le
assegnazioni in godimento. Costituitosi il contraddittorio, la com
missione tributaria di secondo grado accolse i ricorsi, nella con
siderazione che la cooperativa aveva effettuato operazioni non
già esenti, ma al di fuori del campo di applicazione dell'Iva.
Le pronunce furono confermate in secondo grado. Su gravame dell'ufficio, con decisione del 16 maggio 1989
la Commissione centrale, riuniti i ricorsi, li accolse, argomen tando: a) che le assegnazioni in godimento degli alloggi da par te della cooperativa ai soci non integravano rapporti di locazio
ni e, quindi, operazioni esenti dall'imposta, ai sensi dell'art.
10, n. 1, d.p.r. n. 633; b) che l'art. 3, lett. g), d.p.r. n. 24
del 1979 aveva carattere innovativo rispetto alla disciplina pre
cedente, che contemplava tra le operazioni non imponibili sol
tanto le assegnazioni in proprietà e, pertanto, erano assoggetta bili ad imposta le assegnazioni in godimento prima all'entrata
in vigore del d.p.r. n. 24, cit.
Avverso questa pronuncia la cooperativa ha proposto ricorso
per cassazione in base a quattro motivi, che ha illustrato con
memorie. Il ministero delle finanze ha resistito con controricor
so ed ha proposto ricorso incidentale condizionato con un uni
co motivo.
Motivi della decisione. — 1. - I due ricorsi devono essere
riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c. 2. - Col primo motivo del ricorso principale la cooperativa
ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2, lett. g), e dell'art. 10 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 e carenza
di motivazione. Sostiene che la commissione, avendo corretta
mente escluso l'equiparabilità delle «assegnazioni in godimen to» alle locazioni e che, quindi, potessero essere considerate
«esenti» le operazioni poste in essere dalla cooperativa, avrebbe
dovuto, coerentemente, inferirne il diritto della cooperativa a detrarre l'Iva sugli acquisti, posto che un divieto in tal senso
è stabilito soltanto per chi abbia effettuato operazioni esenti.
Aggiunge che, riconosciuto erroneo il presupposto in base al
quale si era proceduto a rettifica, sarebbe sostanzialmente im
motivato il divieto di detrazione dell'Iva, in base al carattere
innovativo del d.p.r. del 1979. Col secondo motivo, denuncian do violazione e falsa applicazione dell'art. 3, lett. g), d.p.r. 26
ottobre 1972 n. 633, come modificato dal d.p.r. 29 gennaio 1979, n. 24, la cooperativa deduce, inoltre, che la decisione impugna ta ha incongruamente ed erroneamente basato la ratio deciden
di sulla natura innovativa della disposizione intervenuta nel 1979.
3. - I due motivi — che, proponendo questioni logicamente connesse, vanno esaminati congiuntamente — sono fondati.
La decisione impugnata ha stabilito che le assegnazioni in
godimento di case, effettuate dalla cooperativa ai propri soci ai sensi dell'art. 114 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, non costituiva no operazioni esenti e che esse erano assoggettabili ad imposta, sulla base di due considerazioni. Ha, prima, escluso che le asse
gnazioni integrassero un rapporto di locazione; ed ha, quindi, basato la ratio decidendi sul carattere innovativo, rispetto alla
disciplina anteriore, della disposizione introdotta col d.p.r. 29
gennaio 1979 n. 24, che per la prima volta ha menzionato (art. 1), nel regime dell'imposta sul valore aggiunto, «le assegnazioni in godimento di case di abitazioni fatte ai soci da cooperativa a proprietà indivisa a norma del testo unico sull'edilizia popola re ed economica», non considerandole quali prestazioni di ser vizi (art. 3, lett. g).
In questo quadro si deve convenire con la ricorrente che la
commissione, una volta riconosciuta l'erroneità del presupposto sul quale era basata la rettifica dell'ufficio — la classificazione delle operazioni compiute dalla cooperativa tra quelle previste dall'art. 10, n. 1, d.p.r. n. 633 (che contempla le locazioni tra le operazioni esenti), e la conseguente indetraibilità dell'Iva su
gli acquisti — avrebbe dovuto dichiarare l'illegittimità della ret tifica stessa, indipendentemente dal carattere innovativo o me no della disposizione introdotta col d.p.r. del 1979.
Ma, al di là del vizio riscontrato nell'iter argomentativo della
decisione, le conclusioni cui è pervenuta la Commissione tribu taria centrale, in ordine al regime cui all'epoca erano assogget tate le assegnazioni in godimento delle cooperative a proprietà indivisa, è insostenibile per più ordini di considerazioni.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Come ha sottolineato la stessa commissione, non c'è dubbio
che l'attribuzione dell'alloggio al socio, effettuato dalla coope rativa a norma dell'art. 114 r.d. n. 1165, cit., non ha carattere
di locazione, in quanto essa comporta la proprietà comune del
bene ed è trasmissibile ai familiari secondo la speciale disciplina ivi prevista. Trattasi, come questa corte ha già avuto occasione
di stabilire in passato, di trasferimento a titolo di diritto di abi tazione (Cass. 21 aprile 1964, n. 947, Foro it., Rep. 1964, voce
Case popolari ed economiche, n. 47), che nella disciplina tribu
taria, è assimilata alle «assegnazioni di case di abitazioni fatte
ai soci di cooperative edilizie, a norma del r.d. 28 aprile 1938
n. 1165», comprese tra le operazioni che (non) possono essere
considerate «cessioni di beni» (art. 2, lett. g, d.p.r. n. 633, cit.). In entrambi i casi, infatti, si realizza una cessione di beni me
diante il trasferimento di un diritto reale. D'altronde, non si
spiegherebbe come l'attribuzione di un diritto di abitazione, per
giunta trasmissibile entro determinati limiti temporali a terzi, e che comporta anche la cessione di una quota indivisa del pa trimonio, possa essere configurata una prestazione di servizi.
Si aggiunga che una interpretazione del disposto di cui al cit.
art. 2, lett. g), che postuli un diverso regime tributario per l'as
segnazione in godimento rispetto alla cessione in proprietà, com
porterebbe, in contrasto col dettato costituzionale, una ingiusti ficata disparità di trattamento tra due ipotesi sostanzialmente
omologhe, perché sottrarrebbe irragionevolmente dal campo di
applicazione dell'Iva soltanto le assegnazioni in proprietà a soci
da parte di cooperative a proprietà divisa.
D'altra parte, in tal senso il legislatore si è chiaramente espresso nel d.p.r. del 1979, come è reso palese dalla relazione ministe
riale allo schema del provvedimento, che, richiamando «il vi
gente testo del 3° comma, lett. g), dell'art. 2», ha sottolineato
la unitarietà della disciplina delle due operazioni, precisando che l'ipotesi dell'assegnazione in godimento deve ritenersi com
presa nell'ambito della disciplina prevista dall'art. 2, lett. g),
sopra richiamato.
Infine, la sostanziale omogeneità delle due fattispecie ha tro
vato ulteriore conferma nelle disposizioni della 1. 27 aprile 1989
n. 154, avendo il legislatore, anche in tal caso, previsto (art.
1, 2° comma) una regolamentazione comune per entrambe le
ipotesi. 4. - Alla stregua delle considerazioni che precedono, è evi
dente l'infondatezza del ricorso incidentale — proposto, condi
zionatamente, dall'amministrazione — col quale si deduce che, una volta riconosciuta la estraneità delle assegnazioni in godi mento all'ambito delle cessioni di cui agli art. 1 e 2 del decreto
istitutivo dell'Iva, il relativo regime dovrebbe desumersi da quello di esenzione dettato per le locazioni, stante la identità di fun
zioni dei due istituti. Come, infatti, si è già osservato, nella disciplina positiva sul
l'imposta del valore aggiunto, la struttura giuridica dell'asse
gnazione in godimento a proprietà indivisa non è rapportabile alla locazione.
5. - In conclusione, devono essere accolti il primo ed il secon
do motivo del ricorso principale, e vanno dichiarati assorbiti
gli altri due motivi dello stesso ricorso. Va, invece, rigettato il ricorso incidentale. Conseguentemente, la decisione impugna ta deve essere cassata, con rinvio alla stessa Commissione tribu
taria centrale, che deciderà adeguandosi ai suenunciati principi di diritto.
Il Foro Italiano — 1995.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 29 luglio
1994, n. 7144; Pres. Paterno, Est. Calfapietra, P.M. Car
nevali (conci, conf.); Moramarco e altri (Aw. Giancaspero) c. Palmisano (Avv. Russo Frattasi). Cassa App. Lecce 15
ottobre 1991.
Vendita — Preliminare — Immobili a corpo — Indicazione del
l'estensione — Rettifica del prezzo — Configurabilità (Cod.
civ., art. 1538).
Nella vendita, cosi come nel preliminare di vendita di immobili
a corpo la menzione nel contratto della misura del bene con
sente, in presenza di uno scarto superiore al ventesimo tra
la misura reale e quella indicata, la rettifica del prezzo ai sen si dell'art. 1538 c.c., salvo che le parti abbiano manifestato la volontà di derogare alla norma stessa, avente carattere di
spositivo. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 15/17 settembre 1980, Michele Moramarco, Rocco Martino, Franca Popolizio e Nicola Lorusso convennero in giudizio, da
vanti al Tribunale di Brindisi, i fratelli Michele e Vito Palmisa no, e dichiararono che, con scrittura privata del 1° luglio 1970, avevano promesso di acquistare dai convenuti, i quali avevano
loro promesso di vendere, un appezzamento di terreno agricolo di loro proprietà sito in agro di Fasano, località Torre Canne, esteso mq. 6.981 ed opportunamente individuato con l'indica
zione dei confini, per il prezzo di lire 86.000.000, parte del qua
le, ammontante a lire 10.000.000, subito versata a titolo di ca
parra; a seguito di misurazione, il terreno oggetto del contratto
preliminare era risultato di estensione pari a mq. 4.776; chiese
ro pertanto al tribunale la riduzione proporzionale del prezzo convenuto ai sensi dell'art. 1538 c.c. ed il trasferimento del fon
do a loro nome ai sensi dell'art. 2932 c.c., oltre al risarcimento
del danno per il suo mancato godimento. Nel costituirsi in giudizio i promittenti contestarono la do
manda e ne chiesero il rigetto, sostenendo l'inapplicabilità del
l'art. 1538 c.c. In via riconvenzionale chiesero l'annullamento
del contratto per errore, dato che in esso era stata riprodotta
(1) La sentenza si aggancia alla precedente Cass. 9 luglio 1991, n.
7594, Foro it., Rep. 1992, voce Vendita, n. 93 (annotata da De Tuia in Giust. civ., 1992, I, 1555), opponendosi al diverso (e dominante) orientamento giurisprudenziale accolto, da ultimo, in Trib. Napoli 10
maggio 1989, (Foro it., 1990, I, 2325, con richiami di dottrina e giuris prudenza). Secondo quest'ultima pronuncia, nella vendita immobiliare a corpo l'eventuale indicazione della misura del fondo non è sufficiente ai fini della rettifica del prezzo quando costituisce un mezzo ulteriore
per l'individuazione dell'immobile o, comunque, non ha funzione es senziale nella determinazione del prezzo (nello stesso senso: Cass. 18
gennaio 1984, n. 422, id., Rep. 1984, voce cit., n. 73; 29 gennaio 1983, n. 827, id., Rep. 1983, voce cit., n. 42; 5 gennaio 1983, n. 576, ibid., n. 41; 25 febbraio 1982, n. 1196, id., Rep. 1982, voce cit., n. 84. Più risalente Cass. 5 aprile 1971, n. 974, id., 1972, I, 755, con nota di
Branca). Il nuovo indirizzo, espresso dalla presente pronuncia concordemente
alla pressoché unanime dottrina, allarga invece l'ambito di applicazione del rimedio della rettifica del prezzo, escludendo la necessità di verifica re l'esistenza di uno specifico collegamento tra estensione dell'immobile e prezzo.
Si osserva, infatti, che nella vendita a corpo per definizione il prezzo non è determinato in funzione della misura. D'altra parte, quest'ultima può essere comunque indicata dalle parti con il valore di una descrizio ne ulteriore del bene e senza alcuna connessione con il prezzo. È ap punto a tale fattispecie che deve riferirsi il rimedio della rettifica di
cui all'art. 1538 c.c. (tali argomentazioni si trovano in Greco, Cotti
no, La vendita, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1981,
499). Richiedere, come fa la giurisprudenza citata, che la miura abbia
funzione essenziale ai fini della determinazione del prezzo significa evi
dentemente rovesciare la prescrizione normativa in esame, portandola nel diverso ambito della vendita a misura (Gardani Contorsi Lisi, La
compravendita, Torino, 1985, 385). Per una rassegna sulla disputa, si veda, da ultimo, Lepri, La com
pravendita immobiliare, Milano, 1993, 373 s.
Infine, va segnalato Trib. Napoli 18 febbraio 1964, Foro it., Rep.
1964, voce cit., n. 116, secondo cui la richiesta di rettifica del prezzo ex art. 1538 c.c., presupponendo la definitività del contratto di compra vendita e l'avvenuto trasferimento del bene al compratore, non è pro
ponibile nel caso di promessa di vendita. Per l'applicazione del rimedio
anche al preliminare, v. invece Cass. 9 giugno 1981, n. 3721, id., Rep. 1981, voce cit., n. 120.
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