Sezione I civile; sentenza 19 aprile 1983, n. 2673; Pres. Santosuosso, Est. R. Sgroi, P. M.Grimaldi (concl. conf.); Corritore (Avv. Scirè Risichella) c. Cirnigliaro (Avv. Cocuzza).Conferma App. Catania 3 aprile 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1983), pp. 1895/1896-1899/1900Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175341 .
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1895 PARTE PRIMA 1896
cessionaria, il giudizio interrotto a seguito del provvedimento di
liquidazione coatta amministrativa della società assicuratrice « Co sida », essendo stati già affrontati in sede di esame degli altri
due motivi i problemi relativi alla posizione processuale assunta
dalla ricorrente ed alla mancanza, nei suoi confronti, di una
pronunzia di condanna nel merito.
fn sintesi, dunque, questa Corte suprema ritiene che il prin
cipio della proseguibilità del giudizio dopo la liquidazione coatta
amministrativa di un'impresa assicuratrice della responsabilità civile automobilistica trovi applicazione anche nel caso di trasfe
rimento di ufficio del portafoglio ad altra impresa, ai sensi del
d.l. n. 576 del 1978, e che in tale giudizio sia ammissibile la chia
mata in causa dell'impresa cessionaria in nome dell'I .n.a., gestio ne autonoma del fondo di garanzia per le vittime della strada, senza necessità di osservare le modalità ed i termini di cui all'art.
8 del citato decreto.
Il ricorso va, pertanto, rigettato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 19 aprile
1983, n. 2673; Pres. Santosuosso, Est. R. Sgroi, P. M. Gri
maldi (conci, conf.); Corritore (Avv. Scirè Risichella) c. Cir
nigliaro (Avv. Cocuzza). Conferma App. Catania 3 aprile 1980.
Titoli di credito — Cambiale — Coobbligati — Pagamento da
parte di uno dei coobbligati principali — Possesso del titolo —
Prova di pagamento da parte del solo possessore — Insufficien
za (R. d. 14 dicembre 1933 n. 1669, legge cambiaria, art.
62, 57).
Il mero possesso del titolo cambiario da parte di uno dei coob
bligati principali non fa presumere che il pagamento sia avve
nuto con denaro proprio del solo possessore, sul quale incom
be pertanto l'onere di provare tale circostanza, ove agisca in
rivalsa nei confronti di altro coobbligato di pari grado. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al presidente del
Tribunale di Siracusa del gennaio 1975 Giuseppe Cirnigliaro
esponeva che ai primi del 1969 si era unito in società con Alfio
Corritore, allo scopo di fare delle ricerche di acqua per irriga zione nei fondi di loro proprietà; che la società aveva contratto
delle obbligazioni in forza delle quali i soci avevano sottoscritto
delle cambiali, e precisamente una creata il 3 giugno 1969 e
scaduta il 3 ottobre 1969, portante la valuta di lire 900.000; una
creata il 14 luglio 1969 scaduta il 16 novembre 1969, portante la valuta di lire 250.000; una creata il 20 agosto 1969 scaduta
il 16 novembre 1969, portante la valuta di lire 250.000; una
creata il 28 agosto 1969 scaduta il 16 novembre 1969, portante la valuta di lire 200.000; una creata l'8 ottobre 1969 scaduta il
3 febbraio 1970, portante la valuta di lire 936.000. Alla scadenza
dette cambiali erano state tutte pagate dall'esponente, in quanto il Corritore in quel momento era a corto di liquido. Da allora
(1) In termini Cass. 20 aprile 1968, n. 1194, Foro it., Rep. 1969, voce Titoli di credito, n. 71; in senso opposto, invece, per il valore di presunzione iuris tantum di pagamento con denaro proprio da parte del coobbligato in possesso della cambiale, cfr. App. L'Aquila 22 giugno 1950, id., Rep. 1950, voce Effetto cambiario, n. 40.
La questione affrontata dalla sentenza in epigrafe è invero un pro filo del più ampio problema relativo alla distribuzione dell'onere pro batorio nell'azione di regresso tra obbligati pari gradu: posto che tale azione ha natura extracambiaria (cosi Cass. 31 maggio 1979, n. 3134, id., Rep. 1979, voce Titoli di credito, n. 33; App. Bari 30 lu glio 1937, id., Rep. 1938, voce Effetto cambiario, n. 159; Trib. Pe rugia 4 settembre 1936, id., Rep. 1937, voce cit., n. 172; Trib. Pesaro 18 novembre 1936, ibid., n. 173; App. Bologna 16 gennaio 1936, id., Rep. 1936, voce cit., n. 166; App. Trieste 28 febbraio 1935, id., Rep. 1935, voce cit., n. 53), occorre stabilire se gravi sul coobbligato con venuto in regresso l'onere di provare il fatto estintivo del debito, per ciò solo che l'attore sia in possesso del titolo cambiario riscattato
(cosi Trib. Trani 7 novembre 1961, id., Rep. 1962, voce-cit., nn. 97, 98, e in Banca, borsa, ecc., 1961, II, 592, con nota di De Semo).
In dottrina, in quest'ultimo senso, e dunque in avviso contrario alla sentenza qui riportata, da ultimo Pavone La Rosa, La cambiale, 1982, 642, nota 203, il quale purtuttavia nega al titolo riscattato il valore processuale di documento « cambiario », ai fini dell'art. 642 c.p.c., nel giudizio di regresso (op. cit., 643; contra, De Semo, Trattato di diritto cambiario, 1963, 522). Sul regresso tra coobbligati, in generale, cfr. De Acutis, Coobbligati cambiari di pari grado e azione di ulte riore regresso, in Riv. dir. civ., 1978, LI, 544; Campobasso, Coobbliga zione cambiaria e solidarietà disuguale, 1974; Pollerà Orsucci, L'onere della prova nell'azione tra coobbligati cambiari di pari grado, in Nuovo diritto, 1941, 15.
il Corritore non aveva voluto adempiere la sua obbligazione, per cui l'esponente chiedeva che gli fosse ingiunto di pagare la som
ma di lire 1.268.000 quale quota di sua competenza, oltre le
spese. Il presidente del tribunale accoglieva il ricorso e contro il de
creto ingiuntivo proponeva opposizione il Corritore con atto no
tificato il 18 febbraio 1975, assumendo che le cambiali erano ille
galmente possedute dal Cirnigliaro. Infatti, per i lavori di ricer
ca delle acque indicati nel ricorso, erano state date a Monte
vergine Sebastiano delle cambiali per l'importo di lire 1.600.000
che alla scadenza erano state rinnovate più volte, sempre a firma
di Cirnigliaro e Corritore. Avvicinandosi la scadenza di uno degli effetti il Corritore aveva firmato altri due effetti cambiari e li
aveva consegnati al Montevergine perché provvedesse a farli fir
mare al Cirnigliaro, ma quest'ultimo si era appropriato dei due
effetti suddetti, tanto da essere stato denunciato in sede penale.
Dopo tale episodio, e visto che il Cirnigliaro non intendeva più fare fronte alla propria firma, il Corritore si era accollato il pa
gamento di tutto il debito nei confronti del Montevergine. Il Cir
nigliaro aveva avuto dal Montevergine gli effetti scaduti e rin
novati con altri e ne era rimasto in possesso anche dopo lo scio
glimento della società con il Corritore e a distanza di tempo aveva
creduto, illegalmente, di servirsi di tali effetti. A comprova però che tutto il debito era stato pagato dal Corritore, questi dichia
rava che sarebbero stati prodotti tutti gli assegni di conto cor
rente che il Corritore rilasciava per decurtare e rinnovare le
cambiali; e controllando tutti gli effetti a firma Corritore-Cirni
gliaro si poteva vedere, dalle date di creazione e di scadenza, come essi costituissero rinnovo di altri. Il Cirnigliaro era posses sore illegittimo delle cambiali a firma del Corritore in quanto, avendole ricevute dal Montevergine in cambio di altre firmate a
rinnovo, le aveva trattenute invece di consegnarle al Corritore
o di distruggerle.
Il Cirnigliaro si costituiva con comparsa in cui deduceva che — come risultava dalla prodotta dichiarazione a firma del Mon
tevergine — le spese di perforazione dei pozzi erano state pa
gate da lui; mentre — se l'opponente aveva fatto dei pagamenti al Montevergine — questi nulla avevano a che vedere con le
spese di perforazione dei pozzi. Chiedeva pertanto il rigetto
dell'opposizione.
Il Tribunale di Siracusa con sentenza 10 dicembre 1977, in
accoglimento dell'opposizione, revocava il decreto ingiuntivo os
servando che incombeva sul Cirnigliaro l'onere di fornire la
prova di aver pagato le cambiali; tale prova non era stata data con la prodotta dichiarazione a firma del Montevergine, nella
quale non era contenuta alcuna indicazione né dell'importo né del numero delle cambiali ritirate dal Cirnigliaro, e ciò senza
dire che l'espressione « ritirati » non era univoca al fine di sta bilire se gli effetti fossero stati riconsegnati al Cirnigliaro pre vio pagamento dell'importo dallo stesso seguito o non invece a
seguito di rinnovazione con altri rilasciati sempre a firma con
giunta sua e del coobbligato Corritore, come quest'ultimo soste
neva; tesi che non poteva ritenersi prima facie infondata, consi derando la successione cronologica delle cambiali ed in partico lare di quella creata l'8 ottobre 1969 per l'importo di lire 936.000 che corrispondeva alla sorte capitale, maggiorata degli interessi,
portata dalla cambiale scaduta il 3 ottobre 1969.
Avverso la suddetta sentenza il Cirnigliaro proponeva appello, sostenendo che il tribunale avrebbe dovuto tener conto che il
possesso del titolo di credito indica normalmente, sia pure con il valore probatorio di una presunzione semplice, che l'obbliga zione portata dal titolo è stata estinta dal possessore, tanto più che nella specie i titoli erano stati pagati in banca. Inoltre dalla dichiarazione a firma del Montevergine risultava che le cambiali erano state ritirate dal Cirnigliaro e l'unico modo per ritirarle dalla banca era quello di pagarle. L'opponente si era impegnato a produrre avanti al primo giudice tutti i tagliandi relativi agli assegni di conto corrente dati al Montevergine per decurtare il
debito, ma tali assegni non erano stati prodotti. Inoltre il tribu nale aveva errato nel presumere che le cambiali prodotte in atti erano rinnovate, perché tale prova non esisteva.
Il Corritore non si costituiva in appello e, nella sua contuma
cia, la Corte d'appello di Catania con sentenza 3 aprile 1980, in riforma dell'impugnata sentenza, rigettava l'opposizione al de
creto ingiuntivo e condannava il Corritore alle spese dei due
gradi, osservando in motivazione che in fatto era assodato che il Cirnigliaro, con la produzione in giudizio dei titoli quietan zati aveva fornito la prova di aver saldato, con denaro proprio, il debito solidalmente contratto con il Corritore nei confronti del Montevergine, e, conseguentemente, la prova del credito —
pari alla metà dell'importo cambiario — vantato nei confronti
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
del condebitore solidale. Incombeva, pertanto, sul convenuto
l'onere di dimostrare di avere estinto la sua quota debitoria ver
sando il corrispettivo direttamente al creditore cambiario (Mon
tevergine) oppure al coobbligato portatore della cambiale (Cir
nigliaro). L'opponente, secondo la corte d'appello, non aveva
soddisfatto l'onere probatorio. La circostanza del pagamento della quota di debito all'opposto era esclusa dallo stesso oppo
nente, il quale aveva sostenuto di averla versata direttamente al
Montevergine, esibendo all'uopo una dichiarazione incerta, equi
voca, di contenuto oscuro. Non poteva, quindi, il tribunale pre sumere che il portatore delle cambiali avesse saldato il debito
con denaro parzialmente altrui, spostando illegittimamente a ca
rico del medesimo l'onere probatorio in ordine al pagamento del debito solidale con denaro esclusivamente proprio, tanto
più che lo stesso coobbligato cambiario mai aveva affermato di
aver versato una qualsiasi somma al Cirnigliaro per effettuare
un pagamento in nome e per conto di entrambi. La circostanza
del versamento della quota debitoria direttamente e personalmen te al Montevergine era smentita non soltanto dall'equivocità dell'esibita dichiarazione da lui rilasciata, ma soprattutto dalla
mancata restituzione delle cambiali. Invero, al fine della prova dell'eccezione di pagamento del debito cambiario, la mancata
restituzione dei titoli al debitore costituisce elemento contrario, in quanto sicuro indizio del mancato adempimento dell'obbliga zione circolare. Ai sensi dell'art. 45 1. cambiaria, il portatore non può rifiutare un pagamento parziale ed in tal caso il trat
tario può esigere che ne sia fatta menzione sulla cambiale e gliene sia data quietanza. A tale prescrizione non si era attenuto il
Corritore il quale non solo non aveva dato una prova seria,
precisa e convincente del presunto adempimento parziale, ma
non aveva neppure chiamato in garanzia il Montevergine che
avrebbe ricevuto, a suo dire, un duplice pagamento per lo stesso
debito cambiario, né aveva ritenuto di costituirsi nel giudizio di secondo grado.
Avverso la suddetta sentenza il Corritore ha proposto ricorso
per cassazione. Il Cirnigliaro ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, il Corritore
deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 62 r.d. 14 di
cembre 1933 n. 1669, correlativamente all'art. 1292 ss. c.c., os
servando che il possesso della cambiale in mano ad un condebi
tore agente in regresso può costituire valida prova presuntiva di
pagamento solo per il debitore che agisce cambiariamente in re
gresso nei confronti di un condebitore non di pari grado ex
art. 49 1. cambiaria, mentre ad analoga presunzione non si può
pervenire allorquando chi agisce in regresso è un obbligato nei
confronti di un coobbligato cambiariamente di pari grado, co
me nella fattispecie, in quanto in tal caso non ha luogo l'azione
cambiaria ed il rapporto resta regolato dalle norme relative alle
obbligazioni solidali; mentre la restituzione volontaria del titolo
dal creditore al debitore può costituire soltanto prova di libera
zione anche rispetto al condebitore in solido e giammai prova
di pagamento che, per l'art. 2726 c.c., va data per iscritto o per
testi, sia pure con le limitazioni di cui all'art. 2721 c.c. Secondo
il ricorrente, applicando la presunzione legale di pagamento sca
turente dalla legge cambiaria, la corte di merito ha violato l'art.
62 1. cambiaria.
Il motivo è infondato. Considerando il problema che è oggetto
di questa causa, Cass. 20 aprile 1968, n. 1194 (Foro it.. Rep.
1969, voce Titoli di credito, n. 71) ha statuito che nei rapporti
interni fra coemittenti di una cambiale estinta, il possesso da
parte di uno di essi della cambiale pagata non determina la pre
sunzione che il pagamento sia stato effettuato con denaro pro
prio e che conseguentemente incombe su costui, qualora agisca
in rivalsa, l'onere della prova affermativa, e non invece sul coe
mittente l'onere della prova liberatoria. Meritano di essere ricon
siderati gli argomenti posti a sostegno di tale pronuncia, non allo
scopo di modificare sostanzialmente il principio, ma di chiarirne
e precisarne la portata effettiva.
Nella sentenza n. 1194 del 1968, sulla base dell'esatta premes
sa — discendente dall'art. 62 1. cambiaria — che fra più obbli
gati di pari grado non ha luogo l'azione cambiaria ed il rapporto
è regolato con le norme relative alle obbligazioni solidali e che
il pagamento della cambiale compiuto dall'obbligato o dagli ob
bligati principali estingue il titolo, si afferma che i vaglia cam
biari — cosi estinti — hanno ormai il valore di chirografi e pos
sono come tali, una volta restituiti, costituire prova del loro
avvenuto pagamento da parte degli obbligati principali, ossia dei
due coemittenti.
Ciò risulterebbe dall'art. 1237 c.c., secondo cui la restituzio
ne del titolo, benché fatta ad uno solo dei debitori solidali, serve
a dimostrare che il debito è estinto da tutti i predetti debitori
e non può essere utilizzata per stabilire che l'ha pagato con suo
denaro solo il debitore al quale la restituzione del titolo è stata
eseguita. Deve, infatti, presumersi logicamente che il debito sia
stato pagato da chi era obbligato a farlo e, nel caso di più ob
bligati in solido, da tutti costoro in proporzione a quanto cia
scuno di essi doveva in base ai rapporti interni. Il possesso del
chirografo da parte di uno solo di tali debitori può fare presu mere unicamente che la materiale esecuzione del pagamento sia
stata da lui eseguita, ma non è anche sufficiente ad escludere la
presunzione che le somme necessarie per il pagamento siano sta
te fornite, nella dovuta proporzione, da tutti gli obbligati.
Il collegio osserva che l'argomento tratto dall'art. 1237 c.c. è
estraneo al tema, perché la norma — da porsi in correlazione
con l'art. 1301 — regola l'ipotesi di remissione realizzata dalla
restituzione volontaria del titolo; ed è pacifico in dottrina e giu
risprudenza che, se tale restituzione è stata fatta invece al de
bitore in correlazione col pagamento, si è al di fuori dal raggio d'azione dell'art. 1237 che presuppone un debito non estinto con
il pagamento. Poiché nella specie che è oggetto di causa non si
è mai fatta questione di remissione di debito, ma solo di paga mento al terzo creditore cambiario, è da escludere che la resti
tuzione del titolo da parte del creditore suddetto possa essere re
golata dall'art. 1237. Questa norma, d'altra parte, non può es
sere utilizzata per affermare che essa sancisce il principio gene rale secondo cui la restituzione del titolo serve a dimostrare
che il debito è stato estinto da tutti i debitori in solido; invero, manca nell'art. 1237 proprio l'elemento che dovrebbe essere di
mostrato tramite la restituzione del titolo, e cioè il fatto che il
debito è stato estinto da tutti i predetti debitori. Invero, la re missione è un modo di estinzione dell'obbligazione che proviene dal creditore (salva al debitore la facoltà di dichiarare di non volerne profittare) e non può pertanto estendersi al pagamento un preteso principio generale desumibile da quel caso tipico di
remissione che è regolato dall'art. 1237 c.c., il quale valuta le
galmente un comportamento del creditore e non un atto del de
bitore. Dire, pertanto, che la remissione si estende al debitore in solido, non porta alcun contributo al problema che si tratta di risolvere, che non è quello (già risolto in partenza) della li berazione di tutti i debitori in solido, ma quello dei rapporti in
terni fra di essi. Infatti, la liberazione di tutti i debitori in solido è un effetto del pagamento da parte di uno di essi; effetto che
è contenuto nella definizione posta dalla norma fondamentale
dell'art. 1292 c.c. (richiamata dall'art. 62 1. cambiaria) secondo
cui l'adempimento da parte di uno dei debitori in solido libera
gli altri. Ma neppure tale principio giova alla soluzione del pro blema di causa, perché che il terzo creditore fosse stato pagato (con conseguente liberazione dei coobbligati solidali verso di lui) era un fatto affermato da entrambe le parti le quali contendevano
sul diverso punto — essenzialmente di fatto — se il pagamento fosse stato effettuato dal Cirnigliaro o dal Corritore. Con riferi
mento a tale punto, non può condividersi l'assunto secondo cui
si deve presumere che l'obbligazione solidale sia stata pagata da
tutti gli obbligati in solido, in proporzione a quanto ciascuno
di essi doveva, in base ai loro rapporti interni. Invero, tale pre tesa presunzione non è coerente con la disciplina dell'obbligazio ne solidale, a norma della quale (art. 1292) ciascuno dei debitori
può essere costretto all'adempimento per la totalità; ed è prevista l'azione di regresso ex art. 1299 appunto perché si reputa possi bile che un debitore in solido abbia pagato l'intero debito (ol tre che la surrogazione legale ex art. 1203 c.c.).
Il pagamento esclusivo dell'intero debito è condizione del l'azione di regresso (Cass. 8 gennaio 1970, n. 48, id., Rep. 1970, voce Obbligazioni e contratti, n. 151; 27 giugno 1975, n. 2540,
id., Rep. 1975, voce Prescrizione, n. 71); condizione che deve essere provata dall'attore in regresso, senza però alcuna neces
sità di vincere un'inesistente presunzione che le somme neces sarie per il pagamento siano state fornite da tutti i coobbligati.
Si deve invece riconfermare il principio fondamentale posto da Cass. n. 1194 del 1968, e cioè che il solo possesso della
cambiale in mano al condebitore solidale non costituisce pre sunzione di pagamento da parte del solo possessore, nei confronti
del coobbligato cambiario di pari grado contro cui si esercita
l'azione di regresso ex art. 1299 (o la surrogazione legale ex art.
1203, n. 3, qualora — ma ciò è controverso — la si ritenga am
missibile; ma il problema non si deve affrontare, come sarà detto
nell'esame del secondo motivo). Invero, il possesso della cam
biale può dimostrare presuntivamente il suo pagamento nei ri
guardi del terzo (all'infuori, ovviamente, del caso di quietanza ex art. 45 1. cambiaria, che costituisce prova diretta del
medesimo pagamento). Sulla natura di tale presunzione non
esiste uniformità di indirizzo: secondo Cass. 7 aprile 1937, n. 1013
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1899 PARTE PRIMA 1900
(id., Rep. 1937, voce Effetto cambiario, n. 155); 21 ottobre 1955, n. 3396 (id., 1956, I, 1327); 11 febbraio 1969, n. 478 (id., Rep.
1969, voce Titoli di credito, n. 73), si tratta di una presunzione iuris tantum, entro cui è data la prova contraria. Secondo Cass.
10 agosto 1962, n. 2515 (id., Rep. 1962, voce cit., n. 75); 4 gen
naio 1966, n. 74 (id., Rep. 1966, voce cit., n. 72); 3 maggio 1969, n.
1468 (id., 1969, I, 2219), si tratta di una presunzione semplice. Più
probabilmente è esatta la prima opinione, dal momento che la pre
sunzione è correlata con l'obbligo di restituire il titolo pagato
(cfr. Cass. 14 gennaio 1971, n. 63, id., Rep. 1971, voce Compe tenza civile, n. 166) al debitore. Tuttavia, non occorre prendere
precisa posizione sul punto; infatti, nei riguardi del coobbligato di pari grado la circostanza della restituzione prova la sua libe
razione nei confronti del creditore, ma manca del requisito della
consequenzialità rispetto al fatto che se ne vorrebbe inferire, e
cioè il pagamento ad opera soltanto di quello dei coobbligati che
è in relazione materiale col titolo. Manca quindi uno dei re
quisiti fondamentali della nozione di presunzione, tanto legale che semplice (art. 2727). Invero, sono possibili ipotesi diverse,
contrarie a tale consequenzialità: a) la prima è quella già indi
viduata da Cass. n. 1194 del 1968, e cioè che la materiale ese
cuzione del pagamento sia stata eseguita da chi è rientrato in
possesso del chirografo con somme fornite da tutti i coobbligati.
Anche se tale ipotesi, come si è qui dimostrato, non può con
cretare una presunzione di pagamento da parte di tutti i coob
bligati, tuttavia esiste come possibilità che impedisce la sussi
stenza della supposta contraria presunzione; b) la seconda ipo tesi è quella correlata al pagamento ad opera congiunta di tutti
i coobbligati, che pertanto hanno tutti in egual modo il diritto
di rientrare in possesso del titolo, che tuttavia rientra nella
disponibilità materiale di uno solo di essi, essendo un documento
indivisibile. In tal caso, come nel precedente, tutti i condebitori,
avendo pagato il titolo, si troverebbero — pur in difetto di una
relazione continua con il documento — nella possibilità di di
sporre del documento stesso senza che l'altro soggetto che lo
detiene materialmente abbia il potere di escluderlo (Cass. 13
marzo 1975, n. 960, id., Rep. 1975, voce Possesso, n. 13).
Il detentore ha quindi l'onere di provare il proprio possesso
esclusivo, come effetto del pagamento soltanto da parte sua, non valendo la presunzione di possesso in colui che esercita il
potere di fatto (art. 1141 c. c.) se non nei rapporti con gli altri
soggetti del rapporto cambiario diversi dagli obbligati in pari
grado.
Concludendo, abbandonato il terreno delle presunzioni (che non militano né a favore dell'una né a favore dell'altra parte), mentre colui che agisce in regresso deve provare tutte le condi
zioni dell'azione, compreso il pagamento esclusivo da parte sua,
11 convenuto deve provare i fatti estintivi e cioè il pagamento (totale o per la quota che gli compete). La prima prova, poiché non è diretta contro il creditore, ma costituisce elemento della
fattispecie del regresso, non è soggetta ai limiti posti dall'art.
2726 c. c., contrariamente a quanto sostiene il ricorrente (Cass. 19 settembre 1970, n. 1617, id., 1971, I, 241).
Alla stregua dei suddetti principi, la sentenza impugnata deve
essere confermata perché vi si è sostanzialmente adeguata (nono stante qualche imprecisione di termini, là dove considera « por tatore » delle cambiali il Cirnigliaro che invece non poteva
qualificarsi tale, in quanto non munito di azione cambiaria con
tro il Corritore).
Infatti, la prova del pagamento esclusivo da parte del Cirni
gliaro è stata desunta, oltre che dalla detenzione materiale dei titoli cambiari estinti, da tre altri elementi.
Il primo è la quietanza, e cioè la separata scrittura a firma
del Montevergine, in cui si menzionava soltanto il Cirnigliaro; il secondo è l'ammissione — da parte del Corritore — di non
aver mai versato una qualsiasi somma al Cirnigliaro, per effet
tuare il pagamento in nome e per conto di entrambi; non sus
siste, pertanto, l'ipotesi supra indicata sub a), per ammissione
dello stesso opponente. Il terzo elemento è la mancata prova dell'assunto del Corritore (che egli aveva offerto di provare), e
cioè del versamento diretto di somme al Montevergine, da parte del Corritore. La corte d'appello non solo ha ritenuto non
provato tale assunto, ma lo ha considerato smentito dagli ele menti di prova contrari ad essi, e cioè dall'equivocità della diversa dichiarazione del Montevergine prodotta dal Corritore. È da
notare, infatti, che l'opponente aveva dedotto che i titoli pro dotti dal Cirnigliaro erano stati rinnovati a favore del creditore
Montevergine e che quelli rinnovati erano stati da lui pagati. La corte d'appello — a differenza del tribunale — non si è
occupata del primo assunto, non avendo ritenuto provato il se condo. Infatti, la tesi della rinnovazione in tanto poteva ritenersi
utile per l'opponente, solo in quanto egli avesse dimostrato che
i titoli dati a rinnovo fossero stati da lui pagati. Avverso la suddetta complessa motivazione della corte d'ap
pello il ricorrente non muove una pertinente censura, la quale è limitata a contrastare una pretesa applicazione esclusiva della
presunzione di pagamento derivante dal possesso del titolo, che
invece non costituisce affatto la ratio esclusiva della sentenza
impugnata. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 3 aprile 1983, n. 2520; Pres. Santuosuosso, Est. Sensale, P. M. Det tori (conci, conf.); Borrelli (Aw. Serrao, Prisco, Procaccini) c. Avitabile (Aw. Ammendola), Fall. Scamarcio (Aw. Della
Pietra), Pepillo. Cassa App. Napoli 23 ottobre 1979.
Contratto in genere — Contratti collegati — Compravendita e mandato liquidatorio al venditore per l'ipotesi di inadempimen to dell'acquirente — Risoluzione per inadempimento della
compravendita — Condizioni.
Nel caso in cui venga stipulato, fra le medesime parti che han no precedentemente concluso più contratti di compravendita con prezzo rateizzato, un mandato liquidatorio a favore del venditore da eseguire nell'ipotesi di inadempimento del com
pratore, vi è collegamento funzionale fra i contratti con la subordinazione dei primi al secondo (nel senso che la stipu lazione di questo influisce sulle modalità di esecuzione di
quelli), onde va respinta la domanda di risoluzione per ina
dempimento del compratore al pagamento di alcune rate del
prezzo, se il venditore-mandatario non dimostri di avere in
fruttuosamente dato esecuzione al mandato. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. La sentenza che si riporta, nel risolvere la controversia ricorrendo
alla figura del collegamento funzionale fra negozi, si distingue da altre recenti in quanto considera un caso in cui il collegamento non opera nel senso di un reciproco condizionamento, bensì nel senso della subordinazione di un negozio rispetto all'altro, il cui impiego influisce sulle modalità di esecuzione del primo pur senza modificarne il contenuto. Ammettono esplicitamente questo nesso unilaterale di subordinazione Cass. 6 luglio 1978, n. 3360, Foro it., Rep. 1978, voce Contratto in genere, n. 179; Trib. Napoli 20 luglio 1974, id., Rep. 1976, voce cit., n. 63. Nello stesso senso, in dottrina, Schizzerotto, Il collegamento negoziale, Napoli, 1983, 163 ss., il quale, proceden do ad una sistemazione classificatoria del complesso fenomeno del col legamento, ritiene di accorpare le diverse ipotesi in cui un negozio risulti subordinato all'altro nella definizione di « collegamento uni laterale ».
Sulla nozione di collegamento funzionale fra contratti, ricostruita in base alla contemporanea presenza dell'elemento teleologico (fun zione economica unitaria) posto dalla volontà dei contraenti e del concorso di negozi (individuati dalle distinte ed autonome cause dei singoli schemi negoziali), v., tra le più recenti, Cass. 2 luglio 1981, n. 4291, Foro it., 1982, I, 467 (con ampia nota di richiami di giuris prudenza e dottrina), ove, tra l'altro, si specifica, a conferma dell'orien tamento ormai costante sul punto, che, accertata la natura funzionale del collegamento, le vicende di un contratto si ripercuotono sull'altro, condizionandone validità ed efficacia. In questo senso cfr. anche Cass. 21 ottobre 1981, nn. 5503, 5510, 5515, 5516, 5517 e 5520, id., Rep. 1981, voce Contratto in genere, nn. 78-83; 5 agosto 1982, n. 4401, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 69, 297.
L'opinione contraria è rara ed ormai lontana: v., ad es., Cass. 29 luglio 1958, n. 2727, id., Rep. 1958, voce Obbligazioni e contratti, n. 66.
In dottrina v. ancora Schizzerotto, op. cit., 195, secondo il quale è da escludere « l'automaticità della ripercussione della vicenda di un negozio sull'altro in forza del collegamento », in virtù della co munque affermata autonomia dei negozi (ma il contratto collegato ad altro nullo, rescisso o risolto risulterebbe inutile). In particolare, poi, l'a. nega (pag. 204) l'ammissibilità dell'eccezione d'inadempimento nell'ipotesi di contratti collegati, operando questa nel solo ambito del singolo contratto a prestazioni corrispettive (nondimeno ammette che « chi è parte del singolo negozio ... può rifiutare l'adempimento ... invocando... la sopravvenuta inutilità del negozio di cui vien chie sto l'adempimento per effetto dell'inadempimento del negozio colle gato »). Diverso, sul punto, è l'avviso della giurisprudenza prevalente, per la quale v. Cass. 11 marzo 1981, n. 1389, Foro it., Rep. 1981, voce Contratto in genere, n. 321; 19 aprile 1979, n. 2204, id., Rep. 1979, voce cit., n. 350; Trib. Genova 28 dicembre 1970, id., Rep. 1972, voce cit., n. 396; Cass. 21 giugno 1955, n. 1912, id., Rep. 1955, voce Obbligazioni e contratti, n. 69.
La citata Cass. 4291/81 conferma, tra l'altro, il diffuso orientamento secondo cui l'accertamento della funzione economica unitaria perse guita dalle parti attraverso la stipula di più contratti è indagine di fatto, in quanto tale spettante al giudice di merito ed incensurabile in Cassazione; il punto è discusso criticamente da A. Lener in nota a Cass. 28 marzo 1977, n. 1205, id., 1977, I, 1088.
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