sezione I civile; sentenza 19 dicembre 2003, n. 19544; Pres. Delli Priscoli, Est. Magno, P.M.Martone (concl. conf.); N. (Avv. Ruo, Basco) c. S. (Avv. Marucchi, Passanti) e altri. ConfermaTrib. min. Bologna, decr. 19 dicembre 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2165/2166-2181/2182Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199565 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
fonti giurisprudenziali o dottrinarie che corroborino una delle
possibili letture del testo, e soprattutto che sia obbligato a ser
virsi dell'ausilio di esperti o di istituzioni specializzate (Cass. n.
2791 del 2002, Foro it., 2002, I, 1712). Piuttosto poiché l'art.
14 della legge innanzi citata attribuisce al giudice nazionale il
potere di interpretare il diritto straniero in questione, l'ausilio di
uno specialista è una facoltà soltanto alla quale il giudice può ricorrere. La doglianza di violazione di legge tradottasi in man
cata istruttoria è dunque infondata.
4.b. - Nel caso che ne occupa si trattava di stabilire la sussi
stenza dei presupposti di cui all'art. 64, n. 5, 1. n. 218 del 1995, ovvero di una sentenza passata in giudicato secondo la legge del
luogo in cui è stata pronunciata applicando la legge straniera se
condo i suoi stessi criteri d'interpretazione. Orbene il valore di
giudicato della sentenza straniera implica che questa risulti im
modificabile secondo la legge per l'appunto straniera. Infatti
l'art. 64 cit., che recita alla lett. d) del punto n. 1: «essa è pas sata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pro nunciata», indicando tale presupposto della delibazione, intende
stabilire che non si può dichiarare esecutivo nel territorio della
repubblica altro che un provvedimento che non sia suscettibile
di riesame ovvero di modifica da parte dello stesso giudice che
10 ha emesso o da altro giudice di quell'ordinamento. Il giudice del merito ha esaminato le due decisioni del giudice
di Hong Kong ed ha rilevato che esse non hanno statuito in
modo definitivo sull'assegno e sull'affidamento dei figli (que stione sulla quale la sentenza di divorzio già delibata non aveva
nemmeno essa inciso, come la corte di merito ha precisato) tan
t'è che addirittura il primo di essi è stato modificato dal secon
do, cosicché la loro funzione risulta essere quella di fasi pro
gressive del medesimo processo all'interno del quale sono stati
emessi, interinalmente, allo scopo di organizzare provvisoria mente la convivenza degli interessi di cui si attendeva la tutela
dalla decisione finale.
La sentenza impugnata così argomentando mostra di aver
considerato struttura dei provvedimenti stranieri, adottando tut
tavia per la valutazione ai fini del riconoscimento della loro ef
ficacia in Italia concetti e nozioni di definitività e di immodifi cabilità astratti, in quanto non ricavati esplicitamente dal diritto
straniero applicato nella loro emanazione. Essa non accenna in
vece al diritto straniero applicabile, ovvero alla normativa che
avrebbe dato origine alla predetta struttura dei due orders ema
nati dal giudice di Hong Kong. Tale statuizione tuttavia non merita le censure della ricorren
te, ancorché sul punto la motivazione debba essere integrata
giacché essa è conforme al diritto inglese che al tempo il giudi ce di Hong Kong doveva applicare e che questa corte può esa
minare.
Non è esatto come il ricorrente pretende che gli orders siano
per definizione esecutivi e come tali sempre passibili di perveni re al giudicato.
Infatti che l'art. 59 delle Rules of the Supreme Court del Re
gno unito, così come modificato dall'emendamento apposito introdotto con lo Statutory Instrument 1988 n. 1340 (L. 16) pre vede che V order, che definisce una parte del procedimento, pos sa essere tanto final che interlocutory.
In particolare quindi alla lett. z) prevede siffatto order inter
locutory per i casi delle c.d. ancillary reliefs in matrimonial pro
ceedings. La norma quindi elenca, o esemplifica, siffatte reliefs, come
attinenti le questioni relative anche a financial provision. Ritiene dunque il collegio inutile accertare se la nozione in
glese di giudicato, la quale determina la sua preclusione in pre senza di qualunque pronuncia, order o judgement, purché essa
sia per l'appunto final ancorché astrattamente appellabile, debba
raccordarsi con quella italiana d'immodificabilità del provve dimento giudiziario. Rileva piuttosto nella specie che la legge
inglese pone i provvedimenti che dispongono i predetti matri
moniai reliefs tra gli orders interlocutory, tali cioè da risolvere
provvisoriamente, e salvo riesame che rifluisce nel provvedi mento c.d. final, una situazione contingente. Tali orders non
danno luogo ad alcuna posizione soggettiva assistite dalla stabi
lità che promana da un giudicato. La complessiva doglianza di violazione di legge è pertanto in
fondata.
5. - Il ricorso deve essere respinto, salva l'integrazione della
motivazione di cui si è detto.
11 Foro Italiano — 2004.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 di cembre 2003, n. 19544; Pres. Delli Priscoli, Est. Magno, P.M. Martone (conci, conf.); N. (Avv. Ruo, Basco) c. S.
(Avv. Marucchi, Passanti) e altri. Conferma Trib. min. Bo
logna, decr. 19 dicembre 2002.
Minore, infanzia e maternità — Sottrazione internazionale
di minori — Audizione del minore — Obbligo — Esclu sione (L. 15 gennaio 1994 n. 64, ratifica ed esecuzione della
convenzione europea sul riconoscimento e l'esecuzione delle
decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabili
mento dell'affidamento, aperta alla firma a Lussemburgo il 20
maggio 1980, e della convenzione sugli aspetti civili della
sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a L'Aja il 25 ottobre 1980; norme di attuazione delle predette conven
zioni, nonché della convenzione in materia di protezione dei
minori, aperta alla firma a L'Aja il 5 ottobre 1961, e della
convenzione in materia di rimpatrio dei minori, aperta alla
firma a L'Aja il 28 maggio 1970, art. 7; convenzione del 25
ottobre 1980, art. 13).
Minore, infanzia e maternità — Sottrazione internazionale
di minori — Ricorso per cassazione — Qualificazione del
provvedimento — Convenzione del Lussemburgo e con
venzione de L'Aja — Differenze (L. 15 gennaio 1994 n. 64:
convenzione del 20 maggio 1980, art. 9, 13).
Minore, infanzia e maternità — Sottrazione internazionale
di minori — Ordine di ritorno del minore — Luogo di re
sidenza abituale — Nozione (L. 15 gennaio 1994 n. 64: con
venzione del 25 ottobre 1980, art. 3).
Nel procedimento previsto dalla l. 64/94, in tema di sottrazione
internazionale di minori da parte di un genitore, non vi è
l'obbligo di sentire in ogni caso il minore di cui pure non sia
stato previamente accertato il difetto di capacità di discerni
mento, in quanto il tribunale per i minorenni procede all'au
dizione del minore solo se ne ritiene l'opportunità, tenuto
conto delle circostanze del caso concreto e delle altre nozioni
di comune esperienza e prudenza, come quelle riferibili al
l'età del soggetto e all'esigenza di evitargli ulteriori traumi
psichici, e tenuto conto anche delle ragioni di economia pro cessuale. (1)
Proposto ricorso avverso l'ordine dì rimpatrio di un minore,
basato, tra l'altro, sulla violazione del diritto di difesa, la
Cassazione può accertare, esaminando direttamente gli atti,
se l'ordine sia stato pronunciato in applicazione della con
venzione del Lussemburgo del 20 maggio 1980 ovvero di
quella de L'Aja del 25 ottobre 1980, atteso che la prima pre
suppone che, anteriormente al trasferimento del minore at
traverso una frontiera internazionale, sia stata adottata, in
uno degli Stati contraenti, una decisione esecutiva sull'affi damento, ovvero che, dopo il trasferimento, sia stato pronun ciato un provvedimento dichiarativo della illiceità del trasfe rimento stesso, mentre la seconda convenzione tutela l'affi damento come situazione di mero fatto, rispetto alla quale è
irrilevante il titolo giuridico, sicché l'eventuale provvedi mento straniero di affidamento, mero elemento integrante detta situazione di fatto, è solo idoneo, provvisoriamente, e
sussistendo tutte le condizioni di legge, a legittimare la per sona o l'ente che svolge di fatto la funzione di affidatario a
chiedere il rientro del minore. (2) In tema di sottrazione internazionale di minori da parte di un
(1-7) 1. - La Cassazione, con le tre sentenze in rassegna, pronunciate in un breve arco di tempo e dovute al medesimo estensore, approfondi sce organicamente alcuni dei profili di maggior rilievo della sottrazione
internazionale di minorenni, di cui alla 1. 15 gennaio 1994 n. 64, di rati
fica delle convenzioni del Lussemburgo del 20 maggio 1980 e de L'Aja del 25 ottobre 1980.
Va segnalato che le sentenze 19544/03 e 15145/03 (quest'ultima ri
portata solo in parte) sono ampiamente sovrapponibili, esprimendo i
medesimi principi di diritto di cui alle massime 1-2.
La prima sentenza è riportata anche in Guida al dir., 2004, fase. 35,
33, con commento di Galluzzo. II. - In materia di audizione del minore, e comunque di rilevanza
della volontà dello stesso nell'ambito del procedimento di cui alla 1.
64/94, v. Cass. 14 gennaio 2000, n. 403, Foro it., Rep. 2000, voce Mi
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PARTE PRIMA
genitore, la convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 ha lo
scopo di garantire il ritorno immediato del minore nel luogo di residenza abituale, da intendersi come il luogo in cui il mi
nore normalmente, in via durevole e stabile, vive e cresce, in
sieme con la persona che effettivamente si prende cura di lui,
ciò in via di mero fatto, dovendosi prescindere da un lato
dall'esistenza di altro ed eventualmente discordante titolo
giuridico di affidamento, valido in un paese diverso o sul pia no internazionale, e dall'altro dalle nozioni, di diritto inter
no, di domicilio e di residenza scelta d'accordo tra i coniu
gi■ (3)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 10 otto
bre 2003, n. 15145; Pres. Saggio, Est. Magno, P.M. Russo
(conci, conf.); G. (Avv. Scoca, Tamburro, Ruo) c. M.N. e
altri. Conferma Trib. min. Campobasso, decr. 2 gennaio 2003.
Minore, infanzia e maternità — Sottrazione internazionale
di minori — Procedimento — Legittimazione processuale del minore — Esclusione (L. 27 maggio 1991 n. 176, ratifica
ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta
a New York il 20 novembre 1989: convenzione, art. 12; 1. 15
gennaio 1994 n. 64: convenzione del 25 ottobre 1980, art. 13).
Nel procedimento previsto dalla l. 64/94, in materia di sottra
zione internazionale di minore, per il ritorno di quest'ultimo
presso l'affidatario originario, il minore non è legittimato ad
intervenire come parte, a mezzo di un curatore speciale, man
cando una previsione normativa al riguardo, pur se implicita, e tenuto conto dei caratteri di urgenza e provvisorietà del
procedimento stesso. (4)
III
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 4 luglio 2003, n. 10577; Pres. Proto, Est. Magno, P.M. Russo (conci,
parz. diff.); A.A.T. (Avv. Donnini, Garnett Paton) c. R.
(Avv. Boer, Soggia, Visconti) e altro. Conferma Trib. min.
Taranto, decr. 2 ottobre 2002.
Minore, infanzia e maternità — Sottrazione internazionale
di minori — Procedimento — Contraddittorio — Garan
zie processuali — Limiti — Fattispecie (L. 15 gennaio 1994 n. 64, art. 7).
Minore, infanzia e maternità — Sottrazione internazionale
di minori — Ordine di ritorno del minore — Limiti — Ri
nore, infanzia e maternità, n. 49, che — in applicazione dell'art. 13 della convenzione de L'Aja — reputa che l'autorità giudiziaria può ri fiutare il ritorno del minore (su cui v. infra) qualora accerti che il me desimo vi si oppone e che esso ha raggiunto un'età ed un grado di ma turità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.
Cass. 15 marzo 2001, n. 3767, id., Rep. 2002, voce cit., n. 27, osser va che l'autorità competente dello Stato, al quale sia richiesta la restitu zione di un minore, che si assume illegittimamente trattenuto fuori dello Stato di provenienza, ha la facoltà di richiedere alla competente autorità di quest'ultimo di accertare il punto di vista del minore (e di
svolgere opportune indagini). Di contro l'autore della sottrazione internazionale del minore non è
titolare di un proprio diritto ad ottenere l'audizione del minore come mezzo di prova: v. Cass. 15 novembre 1997, n. 11328, id., Rep. 1999, voce cit., n. 38.
III. - Sull'ambito applicativo della convenzione de L'Aja — di cui alla seconda massima — è di particolare rilievo Cass. 11 dicembre
2002, n. 17647, id., Rep. 2002. voce cit.. n. 22, secondo cui tale con venzione «presuppone, ai fini della sua applicabilità, la rilevanza inter
nazionale, cioè relativa a rapporti tra Stati contraenti, delle questioni trattate, e quindi postula, anche quando l'autorità giudiziaria dello Stato contraente sia adita direttamente dall'interessato, che vi siano rapporti fra genitori di Stati diversi e che la sottrazione o il mancato rientro del
figlio minore non assicuri che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati
contraenti; ne deriva, pertanto, che si è al di fuori del campo di applica-' zione di detta convenzione allorché si tratti di dare esecuzione a prov vedimenti dell'autorità giudiziaria di uno degli Stati contraenti emessi
Il Foro Italiano — 2004.
schio di pericoli fisici o psichici — Nozione (L. 15 gennaio 1994 n. 64: convenzione del 25 ottobre 1980, art. 13).
Minore, infanzia e maternità — Sottrazione internazionale
di minori — Ordine di ritorno del minore — Limiti — Ri schio di pericoli fisici o psichici — Situazione intollerabile — Onere della prova — Poteri ufficiosi del giudice (L. 15 gennaio 1994 n. 64: convenzione del 25 ottobre 1980, art. 13).
Nel procedimento previsto dalla l. 64/94, in materia di sottra
zione internazionale di minori da parte di un genitore, il
contraddittorio tra le parti è garantito esclusivamente dalla
fissazione dell'udienza in camera di consiglio e dalla comu
nicazione alle parti del relativo decreto, mentre non sono
previsti i termini e le modalità dell' ordinario processo di co
gnizione, trattandosi di un procedimento di volontaria giuris dizione, soggetto, per quanto non previsto dalla legge, alle
disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio, e
caratterizzato inoltre dall'estrema urgenza di provvedere nell'interesse del minore (la Suprema corte, nella specie, ha
ritenuto che non costituisce motivo di nullità del procedi
mento, per violazione del principio del contraddittorio, la
mancata concessione alle parti di un termine per esame e
controdeduzione in ordine ad una relazione informativa del
consultorio, pur acquisita agli atti il giorno precedente quello dell'udienza camerale, allorché di tale relazione sia stata
comunque consentita la visione alle parti presenti). (5) In tema di sottrazione internazionale di minori da parte di un
genitore, la gravità del rischio, che secondo la convenzione de
L'Aja del 25 ottobre 1980fa venir meno l'obbligo dello Stato
richiesto di disporre l'immediato rientro del minore nello
Stato di residenza abituale, va intesa come l'elevata probabi lità che il minore sia esposto, per il fatto del rimpatrio, a su
bire un danno fisico o psichico, e non meramente psicologico
(nella specie, la Cassazione ha confermato la sussistenza del
rischio, ostativo del rientro, per due minori, di dieci e sette
anni di età, residenti con la madre da circa un anno, in
quanto il trauma da distacco è suscettibile di stabili ricadute, e quindi di danno sul processo di crescita e sulla loro condi
zione psichica). (6) In tema di sottrazione internazionale di minori da parte di un
genitore, il giudice, trattandosi di materia dominata dal
principio dell'interesse del minore e dell'impulso ufficioso,
può e deve accertare con i mezzi a sua disposizione la sussi
stenza di rischi gravi per il minore, fisici o psichici, o co
munque la presenza di una situazione intollerabile, elementi
che, secondo la convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980,
fanno venir meno l'obbligo dello Stato richiesto di disporre l'immediato rientro del minore, ciò pur se l'onere di allega zione e di prova incombe pur sempre sul genitore che si op
pone al rientro. (7)
tra cittadini dello stesso paese in cui si trattiene il minore, al quale sia
impedito il rientro in uno Stato diverso, ove il genitore affidatario abbia trasferito la propria residenza».
Cass. 29 novembre 2001, n. 15192, ibid., n. 23, sempre con riferi mento all'applicazione della convenzione de L'Aja, segnala che occor re verificare che il soggetto richiedente la tutela abbia la titolarità di un diritto di custodia, con i caratteri di cui all'art. 3 della citata convenzio
ne, e l'eserciti effettivamente; pertanto, un provvedimento giudiziale adottato dal giudice dello Stato nel quale il minore aveva la sua resi denza abituale ben può essere utilizzato per la formazione del convin cimento del giudice italiano circa la sussistenza del diritto di custodia, che — secondo la disposizione recata dall'ultimo comma dell'art. 3 cit. — può derivare anche «da una decisione giudiziaria o amministrativa».
La Cassazione ha affermato che la custodia deve essere effettiva mente esercitata: ne consegue che l'autorità giudiziaria può rifiutare il ritorno del minore, trasferito o trattenuto in un altro Stato contraente da
parte del genitore non affidatario, presso il genitore affidatario nello Stato di residenza abituale, qualora accerti il mancato esercizio effetti vo del diritto di affidamento da parte del genitore affidatario al mo mento del trasferimento o del mancato ritorno: v. sent. 2 marzo 2000. n.
2309, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 54. Di contro, una volta accertata la legittimazione del richiedente, l'art.
3, 1° comma, lett. a), della convenzione de L'Aja non consente alcun
margine di discrezionalità nell'apprezzamento dell'illiceità del trasfe rimento o del mancato rientro di un minore: v. Cass. 7 dicembre 1999, n. 13657, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 43. La Suprema corte ha affer mato al riguardo che «l'illecito stesso si realizza quando (e per il solo fatto che) il trasferimento o il mancato rientro conseguente al diritto di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Svolgimento del processo. — 1. - Con decreto immediata
mente esecutivo, depositato il 19 dicembre 2002, il Tribunale
per i minorenni di Bologna, accogliendo il ricorso proposto dal
pubblico ministero ai sensi dell'art. 7 1. 15 gennaio 1994 n. 64
(di autorizzazione alla ratifica, fra l'altro, della convenzione sti
pulata a L'Aja il 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sot trazione internazionale di minorenni: di seguito indicata come
«L'Aja 1980») dispose l'immediato rientro in Svizzera di S.N.,
visita avvengano in violazione del diritto di custodia o di affidamento attribuiti al titolare, in conformità alla legge dello Stato di abituale resi denza del minore; pertanto, quante volte l'esercizio del menzionato di ritto di visita sia stato specificamente regolamentato nel provvedimento giudiziale posto alla base dell'istanza di rimpatrio (nel senso che ne siano state fissate in termini precisi le modalità e la durata), si dovrà ritenere il mancato rientro del minore qualora (e nel momento stesso in
cui) tale rientro non avvenga alla scadenza stabilita e la mancata ricon duzione del minore medesimo nel paese di residenza si protragga oltre detta scadenza, indipendentemente dalla lunghezza (maggiore o mino
re) del ritardo». In termini, per la giurisprudenza di merito, v. Trib. min. Firenze 23 dicembre 1998, ibid., n. 47.
IV. - Circa i provvedimenti che il giudice italiano può adottare, v. Cass., sez. un., 23 febbraio 2001, n. 70/SU, id., Rep. 2001, voce cit., n. 66 (per esteso, Famiglia e dir., 2001, 379), secondo cui il tribunale per i minorenni — ai sensi dell'art. 13 della convenzione de L'Aja — non solo si pronuncia sull'istanza di rimpatrio, ma anche sulle misure tem
poranee strettamente collegate a tale pronuncia, come quella dell'affi damento provvisorio ad uno dei genitori e della momentanea sospen sione dei rapporti con l'altro genitore (ove indispensabile per l'imme diata tutela del minore stesso a seguito della reiezione di detta doman da, per grave situazione di pericolo).
Cass. 22 giugno 1999, n. 6312, Foro it.. Rep. 1999, voce Matrimo nio, n. 114, precisa che la convenzione de L'Aja (come quella di New York del 1989) non è violata dal provvedimento del giudice che, in pre senza di divorzio di coniugi residenti in Stati diversi e di affidamento del figlio minore al genitore residente in Italia, disponga che le visite del genitore non affidatario residente all'estero si svolgano in Italia, luogo di residenza del minore, e che il minore stesso possa espatriare soltanto con il consenso del genitore affidatario.
Qualora dopo l'emanazione di un ordine di rimpatrio ai sensi del l'art. 7 1. 64/94, ma prima della sua esecuzione, sopraggiunga la morte del genitore o in genere del soggetto presso cui deve essere effettuato il
rimpatrio, la relativa procedura è sospesa in attesa che l'autorità com
petente dello Stato richiedente individui il soggetto legittimato a prose guirla (nella specie, il tribunale per i minorenni su istanza del nonno, nominato sostituto della propria figlia nel processo instaurato in Italia, ha confermato l'ordine di rimpatrio): v. Trib. min. Roma 9 novembre 1999, id., Rep. 2000, voce Minore, infanzia e maternità, n. 52.
Di rilievo è anche Trib. min. Roma 27 novembre 1998, id., Rep. 1999, voce Adozione, n. 83, relativo a un minore straniero, proveniente dalla Bielorussia, insieme ad altri suoi connazionali coetanei, nel qua dro di un programma organizzato dall'autorità del paese d'origine, per trascorrere un periodo di soggiorno climatico e ricreativo di alcune set timane presso famiglie italiane e rientrare, quindi, in patria. Il tribunale ha escluso che il minore versi in stato di abbandono, ed ha anzi escluso la giurisdizione del giudice italiano in ordine alla domanda d'adozione avanzata da una coppia italiana più volte ospitante il minore; ha anzi osservato che il mancato rientro del minore potrebbe rilevare ai sensi e
per gli effetti della convenzione de L'Aja. Per ulteriori profili circa l'estensione della competenza del tribunale
per i minorenni, nonché per il diritto intertemporale, v., rispettivamen te, Cass. 15 ottobre 1997, n. 10090, e 22 novembre 1997, n. 11696, id., 1999,1, 1978.
V. - La sentenza 19544/03, quanto ai criteri di distinzione tra l'am bito di applicazione della convenzione del Lussemburgo e di quella de
L'Aja. non si discosta dall'orientamento consolidato in giurisprudenza: v. Cass. 28 marzo 2000, n. 3701, id., Rep. 2000, voce Minore, infanzia e maternità, n. 40 (per esteso. Famiglia e dir., 2001, 171); 23 settembre
1998, n. 9501, Foro it., Rep. 1998, voce cit.. n. 32; 23 giugno 1998, n. 6235, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 30 (la Suprema corte ribadisce che la convenzione de L'Aja ha lo scopo esclusivo di tutelare l'affidamento dei minori quale situazione di mero fatto da reintegrare con immediato ritorno del minore nel proprio Stato di residenza abituale; tanto risulta evidente dall'art. 3 della convenzione che contiene la nozione normati va di trasferimento illecito, che costituisce l'indispensabile presupposto per l'applicazione della convenzione stessa, considerando tale quello che avviene in violazione dei diritti di custodia); 20 marzo 1998, n. 2954, id., 1999.1, 1977, con nota di richiami.
Per la giurisprudenza di merito, v. Trib. min. Messina 6 maggio 1999, id., Rep. 2000, voce cit., n. 41 (secondo cui la convenzione del
Lussemburgo non spiega effetto nei confronti degli Stati uniti d'Ameri ca, cui è invece applicabile la convenzione de L'Aja).
Il Foro Italiano — 2004.
presso la madre F.S. che ne aveva chiesto il rimpatrio dopo che
il marito P.N., da cui viveva separata, non le aveva spontanea mente restituito la figlia al termine di un periodo di soggiorno trascorso in Italia.
2. - La decisione del giudice minorile, fondata sui presupposti della residenza abituale della minore in Svizzera; dell'affida mento di essa alla madre, disposto dal giudice svizzero, a pre scindere dalla sussistenza di altro e diverso titolo giuridico pro veniente dal giudice italiano; dell'esigenza, ritenuta primaria dalla citata convenzione, di assicurare ai minori l'immediato
VI. - La residenza abituale del minore — di cui alla terza massima estratta dalla sentenza 19544/03 — deve essere sempre accertata con esclusivo riferimento alla data immediatamente precedente all'ingresso nello Stato al quale si richiede la restituzione del minore, essendo inve ce irrilevanti le eventuali pregresse residenze del minore: v. Cass. 24
maggio 2000, n. 6779, id., Rep. 2001, voce cit., n. 60. VII. - La sentenza 15145/03, in rassegna, pur escludendo la legitti
mazione processuale del minore nell'ambito del procedimento in esa me, dà atto «dell'evoluzione legislativa e giurisprudenziale in atto», specie a seguito della convenzione di New York del 1989, per cui la
posizione del minore «deve essere riconsiderata anche sul piano dei di ritti processuali». Cfr., con riferimento ai procedimenti ablativi della
potestà genitoriale, Corte cost. 30 gennaio 2002, n. 1, id., 2002,1, 3302, con nota di Proto Pisani, Battute d'arresto nel dibattito sulla riforma del processo minorile, nonché 2003, I, 424, con nota di Sergio, La tu tela civile del minore e le cosiddette prassi distorsive della giustizia minorile.
Con riferimento alla filiazione, la legittimazione del minore ultrasedi cenne è riconosciuta da Cass. 22 aprile 2000, n. 5291, id., Rep. 2000, voce Filiazione, n. 101. Con riferimento all'azione di accertamento della paternità naturale, e al necessario consenso del minore che abbia
compiuto sedici anni alla prosecuzione del giudizio, v., sostanzialmente in termini, Trib. min. Perugia 1° aprile 2000, ibid., n. 106.
Va infine segnalato che la sentenza 15145/03 richiama, come fonte di ulteriore espansione del ruolo e della legittimazione processuale dei minori, la convenzione europea sull'esercizio dei diritti del fanciullo, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata dall'Italia con 1. 20 marzo 2003 n. 77; tuttavia l'ambito di applicazione di tale convenzione è stato estremamente ridotto dalla nota del ministero degli esteri pub blicata sulla Gazzetta ufficiale n. 210 del 10 settembre 2003 (v. il testo anche in Famiglia e dir., 2003, 531).
In materia di legittimazione può infine richiamarsi Cass. 15 aprile 2003, n. 5944, Foro it., Mass., 503, secondo cui il genitore che, in luo
go di adire direttamente le competenti autorità, abbia richiesto il ritorno del minore presso esso affidatario per il tramite dell'autorità centrale ai sensi dell'art. 8 della convenzione de L'Aja ha la qualità di parte nel relativo procedimento (art. 7, ultimo comma, 1. cit. e art. 29 della con
venzione), quale litisconsorte necessario, ed è pertanto legittimato a
proporre il ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale per i minorenni.
VIII. - La sentenza 10577/03 affronta la questione delle garanzie processuali previste dal procedimento delineato dalla 1. 64/94 e dalla convenzione de L'Aja (v. quinta massima). Per ulteriori spunti, in ter mini generali, v. Corte cost. 6 luglio 2001, n. 231, id., Rep. 2001, voce Minore, infanzia e maternità, n. 53, secondo cui si tratta di una norma tiva finalizzata alla più efficace tutela dei minori, mediante la previsio ne di una procedura d'urgenza, che non contrasta perciò né con l'art. 2 Cost., posto a presidio dei diritti fondamentali dell'uomo, né con l'art. 31 Cost., che impone la protezione dell'infanzia e della gioventù, né tantomeno con l'art. 11 Cost, (evocato in riferimento alla convenzione di New York).
Sulle garanzie processuali, sono di particolare rilievo Cass. 25 feb braio 2002, n. 2748, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 25, e 29 novembre 2000, n. 15295, id., Rep. 2000, voce cit., n. 51, sostanzialmente in ter mini con la sentenza 10577/03 in rassegna.
Così la prima sentenza: «la convenzione de L'Aja 25 ottobre 1980
prevede un procedimento camerale agile, in cui l'audizione personale delle parti rappresenta — in assenza di ogni riferimento normativo al
patrocinio legale obbligatorio ed ai tempi e ai modi della costituzione in giudizio — garanzia necessaria e, al contempo, sufficiente ai fini del
rispetto del principio del contraddittorio; ne consegue che in detto pro cedimento non è prescritta, essendo del tutto estranea al modello prefi gurato, la nomina di un difensore d'ufficio alla parte istante». Cass.
15295/00, sul presupposto che quello in esame sia un procedimento di volontaria giurisdizione, reputa che la legge si limita a prevedere l'au dizione della persona presso la quale il minore si trova e di quella che ha presentato la richiesta: «la mancata previsione di termini minimi di
comparizione rende evidente che l'audizione dei soggetti indicati si po ne come garanzia necessaria e sufficiente ai fini del contraddittorio, ri chiedendosi soltanto che i predetti siano informati dell'udienza e posti in grado di parteciparvi (nel caso di specie la corte ha rigettato il ricor so avverso il decreto del tribunale per i minorenni, sul rilievo che l'in teressato era stato convocato, pur se il giorno prima dell'udienza)».
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PARTE PRIMA
rientro, in caso di sottrazione, nel luogo di abituale residenza; e
dell'inesistenza di prova circa il rischio della minore di essere
esposta a pericoli fisici e psichici o di trovarsi in una situazione
intollerabile per il fatto del rientro, è stata impugnata per cassa
zione, con ricorso tempestivamente notificato e depositato, arti
colato in quattro motivi illustrati anche con memoria, da P.N.;
cui resiste, mediante notifica e deposito tempestivi di controri
corso, S.F.
Motivi della decisione. — (Omissis). 4. - Il quarto motivo di
ricorso, contraddistinto con la lett. D) — con cui si denunzia
violazione e falsa applicazione degli art. 12 della convenzione
di New York 20 novembre 1989 sui diritti dei fanciulli, ratifi
cata e resa esecutiva in Italia con 1. 27 maggio 1991 n. 176 (di
seguito indicata come «N.Y. 1989»); 13, 2° comma, della con
venzione L'Aja 1980; 7, 3° comma, 1. 15 gennaio 1994 n. 64,
con riferimento al diritto del minore di essere ascoltato nelle
procedure che lo riguardano — deve essere esaminato per pri
mo, per ragioni di precedenza logica e giuridica, in quanto ha
attinenza alla regolarità della procedura seguita dal tribunale per i minorenni.
4.1. - Sostiene il ricorrente che il diritto del fanciullo di
esprimere la sua opinione e, in particolare, di essere ascoltato
nel corso delle procedure giudiziarie che lo concernono — art.
12 N.Y. 1989; diritto riconosciuto anche dall'art. 13, 2° comma,
L'Aja 1980 e dall'art. 7, 3° comma, 1. 64/94 — presuppone che
il giudice accerti previamente la «capacità di discernimento»,
essendo escluso l'obbligo di ascoltare il minore sol quando tale
capacità risulti assente; che il provvedimento in esame sarebbe
quindi censurabile, poiché il tribunale per i minorenni non solo
IX. - Sulle circostanze ostative al rientro del minore (su cui v. la se
sta massima), secondo l'art. 13 della convenzione de L'Aja, cfr. so
prattutto Cass. 23 settembre 1998, n. 9499, id., 1999, I, 1975; la Su
prema corte ha affermato che, nella valutazione della sussistenza di una
di tali circostanze, l'autorità giudiziaria (o amministrativa) può tener
conto sia delle attitudini educative del genitore affidatario, sia della sua
situazione economica, «in quanto l'inidoneità a garantire adeguate con
dizioni, anche materiali, di accudimento dei minori è circostanza che li
espone a pericoli fisici o psichici; del pari, la valutazione della situa
zione socio-familiare del minore in Italia, se pure estranea, di per sé, alle fattispecie derogatorie previste dal citato art. 13, può costituire, sotto il profilo dell'accertamento del positivo inserimento del minore
nel nuovo ambiente, elemento da cui desumere, congiuntamente ad al
tre circostanze, l'intollerabilità della situazione in cui questi si trove
rebbe per effetto del ritorno nello Stato di provenienza». Per la giurisprudenza di merito, v. Trib. min. Firenze 23 dicembre
1998, cit., secondo cui non rileva, secondo la convenzione del 25 otto
bre 1980, la situazione eventualmente migliore nella quale si trovi il
minore nel paese in cui è stato trasferito, ma solo il provato rischio di
pericoli fisici o psichici derivanti dal ritorno o la volontà contraria del
minore stesso. X. - Quanto alle attività istruttorie da compiersi ai fini della decisio
ne sul rientro, su cui v. la settima massima, di cui alla sentenza
10577/03, cfr. anche Cass. 25 febbraio 2002, n. 2748, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 29 (secondo cui l'art. 7, 3° comma, 1. 64/94 demanda al
prudente apprezzamento del giudice, adito per il tramite dell'autorità
centrale, l'opportunità di assumere sommarie informazioni, sicché la
valutazione discrezionale negativa compiuta dall'organo giurisdizio nale non è censurabile in sede di ricorso per cassazione).
In particolare, sulla prova delle circostanze ostative al rientro, di cui
all'art. 13 della convenzione de L'Aja, Cass. 7 marzo 2000, n. 2535, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 58, pone l'accento sulle indagini psicologi che.
Di rilievo è Cass. 23 settembre 1998, n. 9499, cit., secondo cui la
prova in questione può essere offerta con ogni mezzo, compresa la con
sulenza tecnica; il giudice può però tener conto anche di semplici in
formazioni, senza che sia necessario ricorrere a mezzi di prova tipici. Tali informazioni possono provenire anche dallo Stato di residenza, ma
non hanno un valore peculiare o addirittura poziore rispetto al materiale
probatorio di provenienza «interna». Cass. 15 marzo 2001, n. 3767, cit., id., Rep. 2002, voce cit., n. 30,
precisa che le indagini richieste allo Stato di provenienza del minore
sono finalizzate ad accertare non solo la situazione giuridica del mino
re, ma anche tutte le circostanze necessarie perché sia emessa una deci
sione meditata. Pertanto il compito demandato alla competente autorità
dello Stato richiesto è di natura meramente amministrativa-istruttoria; la Cassazione ne inferisce che il relativo decreto con il quale detta auto
rità, a seguito di tali indagini, dichiari la liceità del mancato rientro del
minore nello Stato di provenienza, non avendo contenuto decisorio, non
è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. [G. Casaburi]
Il Foro Italiano — 2004.
omise l'accertamento, ma, pur avendo in atti documentazione
significativa di tale capacità, non ne tenne conto al fine di
ascoltare la piccola S.N.
4.2. - La censura è infondata.
4.3. - La denunziata violazione degli art. 12, 2° comma, N.Y.
1989, e 7, 3° comma, 1. 64/94, non sussiste.
La prima di tali norme, infatti, stabilisce che il fanciullo sia
ascoltato, in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo
concerne, «in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale». Ora, con riferimento alla specifica
materia, la regola di procedura nazionale è dettata dal citato art.
7, 3° comma, che impone al tribunale per i minorenui di sentire,
oltre al pubblico ministero ed agli altri interessati, il minorenne
«se del caso», ossia soltanto se ne ritiene l'opportunità, con suo
insindacabile giudizio, in relazione alle diverse circostanze, a
nozioni di comune esperienza e prudenza, come quelle riferibili
all'età del soggetto ed alla necessità di evitargli ulteriori traumi
psichici, ed a ragioni di economia processuale, in una materia
caratterizzata dall'urgenza di provvedere. Nel campo di applicazione della convenzione L'Aja 1980 non
sussiste, pertanto, l'obbligo del giudice di disporre specifici mezzi di accertamento della capacità di discernimento, come la
consulenza tecnica d'ufficio.
4.4. - L'art. 13, 2° comma, L'Aja 1980 riguarda poi, pro
priamente, una delle ipotesi di esclusione dell'ordine di rimpa
trio, ricorrente allorché il minorenne vi si oppone. Il giudice, in
tal caso, deve apprezzare non la generica capacità di discerni
mento, bensì la sussistenza delle specifiche condizioni contem
plate dalla norma citata, e cioè «se il minore ha raggiunto un'età
ed una maturità tali da giustificare il rispetto della sua opinio ne».
L'indagine sulla maturità del minore, in funzione della rile
vanza da attribuire al rifiuto di essere ricondotto presso l'affi
datario, è quindi testualmente subordinata al compimento di una
certa età del soggetto, al di sotto della quale — secondo comuni
nozioni di esperienza e prudenza, apprezzabili dal giudice di
merito — è sconsigliabile dar peso alla sua opinione, se contra
stante con la presunzione (sulla quale è fondata la convenzione)
di prevalente interesse del minorenne «rapito» a tornare presso l'affidatario e nella residenza abituale (Cass. 11328/97, Foro it.,
Rep. 1999, voce Minore, infanzia e maternità, n. 37).
4.5. - La lamentata violazione di legge, pertanto, non è ri
scontrabile sotto alcuno dei profili esposti. 5. - Occorre quindi esaminare il secondo motivo di gravame,
con cui il ricorrente contesta, in sostanza, l'applicabilità della
convenzione L'Aja 1980, censurando il decreto del giudice mi
norile per violazione degli art. 9, lett. a) (anche in relazione al
l'art. 65 1. 31 maggio 1995 n. 218) e 10 della convenzione sti
pulata a Lussemburgo il 20 maggio 1980 (convenzione europea sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di
affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento: di
seguito, «Lussemburgo 1980»), ratificata pure con 1. 15 gennaio 1994 n. 64.
Si afferma che, ai sensi della convenzione Lussemburgo
1980, il decreto «supercautelare» pronunziato dal Pretore di Lo
camo il 3 maggio 2002 non poteva essere eseguito in Italia o,
quanto meno, si sarebbe dovuta sospendere la procedura per il
rimpatrio instaurata davanti al Tribunale per i minorenni di Bo
logna. 5.1. - Deduce, in proposito, il ricorrente: — che l'art. 9, lett. a), Lussemburgo 1980 impedisce il rico
noscimento del provvedimento straniero pronunziato in assenza
del convenuto ed in mancanza di notificazione o comunicazio
ne, in tempo utile per la difesa, dell'atto introduttivo del giudi
zio; — che l'ineseguibilità del provvedimento de quo discende
rebbe, del pari, dall'art. 65 1. 218/95 (riforma del sistema italia
no di diritto internazionale privato), a mente del quale i provve dimenti stranieri relativi a rapporti di famiglia non hanno effica
cia nello Stato, fra l'altro, quando non siano stati rispettati i di
ritti essenziali della difesa; — che, infine, il Tribunale per i minorenni di Bologna avreb
be potuto sospendere la procedura di rimpatrio, facendo appli cazione dell'art. 10, 2° comma, lett. b), Lussemburgo 1980, es
sendo pendente in Italia un procedimento per l'affidamento
della minore, iniziato prima di quello pendente in Svizzera.
5.2. - Anche questa censura è infondata.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
5.3. - Il ricorrente muove, infatti, dall'erroneo presupposto che siano stati dati riconoscimento ed esecuzione in Italia (inde bitamente, a suo parere) al decreto pronunziato il 3 maggio 2002 dal Pretore di Locamo.
5.3.1. - In realtà, risulta dall'epigrafe del decreto impugnato che il pubblico ministero presso il Tribunale per i minorenni di
Bologna, attivato dall'autorità centrale italiana (dipartimento
per la giustizia minorile del ministero della giustizia), presentò ricorso ai sensi dell'art. 7 1. 64/94, per chiedere l'immediato ri
torno della minore in Svizzera, nel luogo di sua abituale resi
denza, specificatamente ai sensi della citata convenzione de
L'Aja. Non fu chiesto da alcuno, invece, il riconoscimento e l'esecu
zione in Italia di provvedimenti stranieri concernenti l'affida
mento della minore, secondo le regole generali stabilite dalla 1.
218/95 o in base alla convenzione Lussemburgo 1980; sicché
l'eventuale pronunzia in tal senso sarebbe stata affetta da vizio
di extrapetizione. 5.3.2. - La giurisprudenza di questa Suprema corte, condivisa
dal collegio, fa infatti distinzione fra le due categorie di provve dimenti, dipendenti dalle due convenzioni citate; le quali, pur avendo la medesima finalità di tutela dell'interesse del minore
dal pregiudizio derivante dai trasferimenti indebiti, hanno con
tenuto, funzione e condizioni di applicazione del tutto diversi, essendo presupposto della convenzione di Lussemburgo che, anteriormente al trasferimento di un minore attraverso una fron
tiera internazionale, sia stata adottata, in uno Stato contraente, una decisione esecutiva sull'affidamento ovvero che, successi
vamente al trasferimento, sia stato pronunciato un provvedi mento sull'affidamento dichiarativo dell'illiceità del trasferi
mento stesso; ed essendo invece scopo esclusivo della conven
zione de L'Aja il ripristino dello status quo di residenza del mi
norenne, da cui deriva l'irrilevanza di un titolo giuridico o giu risdizionale di affidamento (Cass. 3701/00, id., Rep. 2000, voce
cit., n. 40; 9501/98, id.., Rep. 1998, voce cit., n. 32; 6235/98, id., Rep. 1999, voce cit., n. 30; 2954/98, id., 1999, I, 1977), se non al limitato e provvisorio fine di legittimare, alle condizioni sta
bilite dall'art. 3, la persona o l'ente che svolge di fatto la fun
zione di affidatario e che può chiedere il rientro del minorenne
(v. punto 6.5.1). 5.4. - L'esatta qualificazione dell'azione esperita in concreto
dal pubblico ministero presso il giudice a quo, desumibile dal
provvedimento impugnato, consente quindi di escludere l'appli cabilità al caso di Lussemburgo 1980, non essendo stati chiesti
il riconoscimento e l'esecuzione di un provvedimento straniero, bensì la reintegrazione della situazione di fatto in cui viveva la
bambina prima del suo non ritorno illecito.
In questa prospettiva, propria de L'Aja 1980, il menzionato
decreto del Pretore di Locamo non è stato oggetto di riconosci
mento né di esecuzione in Italia, ma è stato assunto, in confor
mità a quanto esposto al punto 6.5.1, come mero elemento inte
grante la situazione di fatto (affidamento effettivamente eserci
tato, in conformità ad un provvedimento valido secondo la legge svizzera) di cui è reclamato il ripristino mediante l'ordine ur
gente di rimpatrio. 6. - Col primo motivo, indicato con la lett. A), il ricorrente
censura il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Bo
logna, ai sensi dell'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., per viola
zione degli art. 43 e 144 c.c., in relazione all'art. 3 L'Aja 1980,
per avere ritenuto che la residenza abituale della piccola S. fosse
in Svizzera, presso l'abitazione della madre; e per avere a tal fi
ne ritenuto valido il provvedimento del giudice svizzero, nono
stante che la residenza dei coniugi dovesse ritenersi situata in
Italia, a Bologna, dove essi, d'accordo ed a partire dal marzo
2002, l'avevano spostata e da dove la S. si era poi arbitraria
mente allontanata portando con sé i figli. 6.1. - La censura è infondata.
6.2. - La convenzione in esame, intesa essenzialmente a «ga rantire il ritorno immediato del minorenne nello Stato di resi
denza abituale» (dal preambolo), corrisponde all'interesse del
minore di veder rispettato il suo diritto, notoriamente rilevante
ed assunto aprioristicamente come preminente, di permanere nel
(e quindi di non essere arbitrariamente distolto dal) luogo in cui
normalmente vive e cresce (Cass. 2748/02, id., Rep. 2002, voce
cit., nn. 24, 29; 13823/01, id., Rep. 2001, voce cit., n. 61; 6235/98 e 2954/98, cit.), insieme con la persona che effettiva
mente si prende cura di lui (tale essendo il contenuto del droit
Il Foro Italiano — 2004.
de garde, ai sensi dell'art. 5, lett. a, della stessa convenzione) in
conformità all'ordinamento dello Stato di residenza abituale
(art. 3 e 4 della convenzione), assunta come situazione di mero
fatto, a prescindere dall'esistenza di altro ed eventualmente di
scordante titolo giuridico di affidamento, valido in un paese di
verso o sul piano internazionale (Cass. 15192/01, id., Rep. 2002, voce cit., n. 23; 3701/00 e 9501/98, cit.).
6.2.1. - D'accordo con la prevalente giurisprudenza interna
zionale, riguardante l'interpretazione della convenzione L'Aja 1980, per «residenza abituale» deve invero intendersi il luogo in
cui il minorenne, grazie anche ad una durevole e stabile perma nenza ancorché di fatto, trova e riconosce il baricentro dei suoi
legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua quotidiana vita di relazione.
Il concetto di «residenza abituale» recepito dalla convenzione
non coincide, pertanto, con quello di «domicilio», quale sede
principale degli affari ed interessi di una persona (art. 43, 1°
comma) né con quello, di carattere meramente formale, di resi
denza scelta d'accordo fra i coniugi (art. 144 c.c.), ma corri
sponde ad una situazione concreta, di puro fatto, il cui accerta
mento da parte del giudice di merito sfugge al sindacato di le
gittimità, se congruamente e logicamente motivato.
6.3. - Il ricorrente sostiene ulteriormente (nella memoria illu
strativa) che, avendo i coniugi concordemente trasferito la resi
denza della famiglia, ai sensi dell'art. 144 c.c., a Bologna, in
questa stessa città dovrebbe ritenersi effettivamente stabilita la
residenza abituale della famiglia e della minore, anche perché l'allontanamento arbitrario della S. coi figli non potrebbe sortire
l'effetto di determinare il trasferimento (apprezzabile ai fini di
questo giudizio) di tale residenza in Svizzera, per quanto breve
fosse stato il soggiorno in Italia.
6.3.1. - Tale argomentazione, utilizzabile nel giudizio di me
rito concernente la separazione dei genitori e l'affidamento dei
figli minorenni, non ha pregio nel corso della presente procedu ra, finalizzata all'adozione di un provvedimento urgente di rim
patrio, esclusivamente commisurato all'interesse del minorenne
anche se contrastante con le (giuste) ragioni degli adulti.
Infatti, dovendosi attribuire rilievo alla residenza «abituale», non a quella meramente legale, del minorenne, gli unici ele
menti rilevanti per la decisione sono quelli di fatto indicati al
precedente punto 6.2.1.
6.4. - D'altra parte, l'oggetto del presente giudizio, iniziato su
istanza della S. tramite autorità centrali, è costituito dalla richie
sta di rimpatrio in Svizzera della piccola S., per mancato rientro
al termine di un periodo di soggiorno presso il padre; non si
tratta, quindi, di esaminare l'eventuale fondatezza, in applica zione della stessa convenzione, della domanda di rientro della
minorenne a Bologna dopo il precedente allontanamento dall'I
talia attuato dalla madre.
6.5. - Nell'economia e nei limiti del presente motivo di gra vame, l'identificazione della Svizzera quale Stato di abituale re
sidenza della minore — ritenuta indubbia dal giudice minorile, con ragionamento esente da vizi logici, perché S. è nata e vis
suta sempre in Svizzera, salvo una brevissima parentesi italiana — è censurata anche in quanto presupposto della competenza del giudice svizzero, nei termini di questa convenzione, a pro nunziare il provvedimento (decreto «supercautelare» del Pretore
di Locamo in data 3 maggio 2002) utilizzato dal tribunale per i
minorenni per disporre il rimpatrio immediato.
6.5.1. - In questi termini, la denunziata violazione di legge non sussiste giacché, ai sensi dell'art. 3 L'Aja 1980, la situazio
ne di mero fatto tutelata, reintegrabile mediante ordine d'imme
diato rimpatrio, consiste — come si è già avvertito — nella
condizione di affidamento (garde) del minore compatibile con
l'ordinamento dello Stato di sua residenza abituale (nella spe cie, la Svizzera); l'affidamento, pertanto, può essere giustificato anche da un provvedimento del giudice di tale Stato (art. 3, ul
timo comma, cit.; Cass. 15192/01 e 9501/98, cit.), purché a tal
titolo corrisponda la situazione di effettivo esercizio dell'affi
damento (art. 3 cit., lc comma, lett. b). 6.6. - Per conseguenza, diversamente da quanto sostiene il ri
corrente, la tutela in via d'urgenza di tale situazione di fatto (af
fidamento esercitato in conformità ad un provvedimento del
giudice dello Stato di residenza abituale), e del correlato inte
resse del minorenne a permanere nel luogo di abituale residen
za, si estende, in presenza delle condizioni stabilite dalla con
venzione, alle situazioni create artificiosamente od anche origi
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PARTE PRIMA
nate da precedenti comportamenti reputati illegittimi (come l'allontanamento della S., coi figli minorenni, da Bologna), dato
che l'ordine di rimpatrio assunto in base alla convenzione in
esame mira esclusivamente a salvaguardare lo status quo, e non
pregiudica i profili di legittimità, anche internazionale, delle de
cisioni né i provvedimenti di merito concernenti la miglior defi
nizione possibile dell'affidamento.
6.7. - La natura cautelare del decreto che ordina il rimpatrio, indirettamente attestata sia dal carattere d'urgenza (art. 11
L'Aja 1980) sia dalle limitazioni temporali poste all'esercizio
dell'azione (art. 12) sia, soprattutto, dalla previsione esplicita di
non incidenza di tale provvedimento urgente sul merito del di
ritto di affidamento (art. 19), è stata peraltro autorevolmente
adombrata nell'affermazione che questa normativa deve inten
dersi «finalizzata alla più efficace tutela dei minori, mediante la
previsione di una procedura d'urgenza, aggiuntiva agli ordinari
mezzi di tutela previsti dagli ordinamenti degli Stati contraenti»
(Corte cost. 231/01, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 53, dalla moti
vazione). 7. - Col terzo motivo di ricorso, contraddistinto dalla lett. C),
infine, il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 13, 1° com
ma, lett. b), e ultimo comma, L'Aja 1980, affermando: — che il rimpatrio della bambina non doveva, comunque, es
sere ordinato, in presenza del fondato rischio di essere esposta, rientrando nell'abitazione materna, a pericoli fisici e psichici e,
in particolare, a quello di venirsi a trovare in una situazione in
tollerabile; — che la motivazione, basata sulla mancata prova dell'intol
lerabilità della situazione, per cui è stata rigettata la corrispon dente istanza paterna, viola tanto l'obbligo, imposto al giudice dall'ultimo comma dell'art. 13, di tener conto delle informazio
ni riguardanti la situazione sociale del minore, quanto quello di
scegliere la condizione ideale per lui, comparando le opportu nità concretamente offerte dai due distinti ambienti, paterno e
materno, in conformità ai dettami della convenzione N.Y. 1989; — che, in definitiva, il tribunale per i minorenni avrebbe
violato la norma che impone, prima di ordinare il rimpatrio, la
verifica della situazione sociale ideale per il minorenne.
7.1. - Il motivo di censura è infondato.
7.2. - L'art. 13 in esame afferma chiaramente, nella prima
parte del 1° comma, che l'autorità richiesta (nel caso, il tribu
nale per i minorenni) non è tenuta ad ordinare il rimpatrio «se la
persona, l'istituzione o l'ente che si oppone al ritorno dimostra
(.établit, establishes) ... b) che esiste un rischio grave ... ecc.».
Pertanto, la mancata dimostrazione, da parte del padre che si
opponeva al rientro, della sussistenza di simile rischio, tanto con
riferimento al danno fisico o psichico quanto, più in generale, alla «situazione intollerabile», è motivo sufficiente di rigetto della relativa istanza secondo una corretta interpretazione della
norma convenzionale (Cass. 9499/98, id., 1999,1, 1975). 7.3. - Fermo restando che l'accertamento relativo alla presen
za di detto rischio esige la valutazione di elementi probatori, at
traverso un'indagine di fatto sottratta al controllo di legittimità (Cass. 11999/01, id., Rep. 2001, voce cit., n. 63); e che l'inop
portunità, discrezionalmente ponderata dal giudice di merito, di
assumere ulteriori informazioni è parimenti incensurabile in se
de di ricorso per cassazione (Cass. 2748/02, cit.), si deve altresì
escludere la lamentata violazione di legge sotto il profilo della
mancata considerazione del rischio, perché il tribunale per i mi
norenni ha motivato l'ordine di rimpatrio non soltanto in chiave
negativa, e cioè in base alla ritenuta insufficienza degli elementi
offerti dal padre, ma anche in chiave positiva, in considerazione
di confacenti riscontri — ricavati da relazioni mediche, una
delle quali prodotta dal padre stesso — attestanti l'inesistenza
del rischio. 7.4. - Sotto altro profilo
— concernente la mancata o difettosa
comparazione fra le due situazioni sociali, psico-affettive e ma
teriali offerte dai rispettivi ambienti di vita dei genitori, alla ri
cerca di quella «ideale» per la minore — la lamentata violazione
di legge è pure da escludere, poiché, come già chiarito (punto 6.6), il giudizio sulla domanda di rimpatrio non tocca il merito
della controversia relativa alla miglior sistemazione possibile del minorenne; cosicché tale domanda può essere respinta, nel
superiore interesse del minorenne, solo in presenza di una delle
circostanze indicate dagli art. 12 e 13 della convenzione (decor so del tempo ed integrazione del minore nel nuovo ambiente di
vita, mancato esercizio effettivo dell'affidamento da parte di chi
Il Foro Italiano — 2004.
chiede il rimpatrio, suo assenso o acquiescenza all'allontana
mento, presenza di grave rischio per il minore, opposizione al
rientro da parte di quest'ultimo, se ha raggiunto una maturità
tale da convincere a tener conto della sua opinione), fra le quali non è compresa alcuna controindicazione di carattere compara tivo che non assurga
— nella valutazione di esclusiva compe tenza del giudice di merito — al rango di vero e proprio rischio
per il rientro (Cass. 9501/98 e 9499/98, cit.). 7.5. - Infine, per quanto si riferisce al profilo di omessa ri
chiesta e mancata considerazione, da parte del giudice minorile,
d'informazioni riguardanti la situazione sociale della minore in
Svizzera, si osserva, in primo luogo, che il citato art. 13, ultimo
comma, correttamente interpretato, non impone al giudice di
chiedere informazioni sulla situazione sociale del minorenne,
bensì di tenere in debita considerazione, nel valutare le dedotte
circostanze ostative al rimpatrio, le notizie fornite dall'autorità
centrale o da ogni altra autorità dello Stato di residenza abituale
del minorenne stesso; senza peraltro doverle assumere come ne
cessariamente preminenti su ogni altra informazione acquisita
(Cass. 9499/98). Si deve aggiungere, in secondo luogo, che la discrezionale
valutazione negativa, compiuta dal giudice di merito sull'op
portunità di assumere ulteriori informazioni, non è censurabile
in Cassazione (Cass. 2748/02, cit.). 8. - Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato.
II
Svolgimento del processo. — 1. - Con istanza in data 21 otto
bre 2002 la cittadina portoghese M.A.M.N.S. chiese, tramite la
competente autorità centrale, l'immediato rientro in Portogallo dei figli minorenni A. ed A.G., nati entrambi il 1° dicembre
1995 a Roma e con lei conviventi a Lisbona dal 1999, avuti dal
coniuge separato V.G. che, al termine di un periodo di visita
concessogli dal Tribunale della famiglia e dei minori di Lisbona
con divieto di espatrio, li aveva arbitrariamente condotti in Italia
il 5 ottobre 2002 e li tratteneva ad Isernia contro la volontà di
essa istante. (Omissis)
Quindi il tribunale per i minorenni adito, a seguito di due
udienze (19 e 23 dicembre 2002), dispose, con decreto deposi tato il 2 gennaio 2003, il ritorno dei minorenni in Portogallo,
presso la madre istante. (Omissis) 4. - Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso V.G.,
con sei motivi, cui non resiste M.A.M.N.S.
Motivi della decisione. — (Omissis). 10. - Col quinto motivo
si denunzia ancora violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, 1°
comma, n. 5 (rectius, n. 3), c.p.c., con riferimento agli art. 111
Cost., 13 della convenzione de L'Aja e 12 della convenzione sui
diritti del fanciullo, citate, nonché 75 e 78 c.p.c., per insanabile
nullità derivante da violazione del principio del contraddittorio
e delle norme relative alla rappresentanza processuale degli in
capaci, essendo stato pronunziato il provvedimento di primo
grado senza che — in conformità alle norme sopra indicate ed
alla luce della sentenza 1/02 della Corte costituzionale (Foro it.,
2002, I, 3302) — ai minori fosse consentito di costituirsi nel
processo come parti, per far valere i propri diritti sottoposti a
giudizio, mediante la nomina di un curatore speciale, stante il
conflitto d'interessi coi genitori o, quanto meno, con la madre.
10.1. - La censura è infondata.
10.2. - Il collegio non ignora l'evoluzione legislativa e giuris
prudenziale in atto, per cui la posizione del fanciullo — non più mero oggetto di tutela, ma titolare di diritti soggettivi, grazie
soprattutto alla ratifica della più volte citata convenzione di
New York del 1989 — deve essere riconsiderata anche sul piano dei diritti processuali.
In particolare, l'art. 12, 2° comma, di detta convenzione sta
bilisce che al fanciullo deve essere data «la possibilità di essere
ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo
concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un
organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di pro cedura della legislazione nazionale».
Tale disposizione, ritenuta immediatamente precettiva dalla
Corte costituzionale, «è idonea ad integrare — ove necessario
— la disciplina dell'art. 336, 2° comma, c.c., nel senso di confi
gurare il minore come 'parte' del procedimento, con la necessità
del contraddittorio nei suoi confronti, se del caso previa nomina
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di un curatore speciale ai sensi dell'art. 78 c.p.c.» (dalla motiva
zione di Corte cost. 1/02, che fa riferimento anche alla prece dente Corte cost., ord. 528/00, id., Rep. 2001, voce Potestà dei
genitori, n. 9). Lo stesso art. 336 c.c., e precisamente il 4° comma ad esso
aggiunto in virtù dell'art. 37, 3° comma, 1. 26 aprile 2001 n. 149
(modifiche alla 1. 4 maggio 1983 n. 184, recante «disciplina del
l'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al titolo Vili
del libro I del codice civile), pure richiamato nella sentenza ult.
cit. della Corte costituzionale, presuppone la qualità di «parte» del minore, allorché stabilisce che, nelle procedure per la pro nunzia dei provvedimenti relativi all'esercizio della potestà dei
genitori, egli debba essere assistito da un difensore, anche a
spese dello Stato.
Infine, la convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei
fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 — di cui è stata
autorizzata la ratifica (per quanto risulta, non ancora effettuata) con 1. 20 marzo 2003 n. 77 —
impone agli Stati contraenti di
esaminare l'opportunità di concedere ai minorenni «il diritto di
esercitare pienamente o parzialmente le prerogative di una par te» nei procedimenti giudiziari che li riguardano (art. 5, lett. d).
10.3. - Pur nel quadro dell'evoluzione ora accennata, sembra
tuttavia appropriato richiamare la sostanziale differenza esi
stente fra il diritto del fanciullo di essere ascoltato e di esprime re un'opinione nel corso dei procedimenti che lo riguardano (coi limiti indicati ai punti 9.2.1 e 9.2.2) e quello di costituirsi come
parte nei medesimi giudizi: soltanto il primo di tali diritti, infat
ti, presuppone ed esige la «capacità di discernimento» (art. 12, 1° comma, della convenzione di New York 20 novembre 1989; art. 6, lett. b, della convenzione di Strasburgo) ogniqualvolta — come nel caso previsto dall'art. 13,2° comma, della conven
zione de L'Aja del 1980 (opposizione al rimpatrio) — l'opinio ne personale dello stesso fanciullo debba essere presa in consi
derazione dal giudice. Per assumere, invece, la qualità di parte nel processo, la capa
cità di discernimento — come noto — non è richiesta, dovendo
l'incapace essere debitamente rappresentato; occorre, però, che
egli sia legittimato ad agire, resistere o intervenire in giudizio. 10.4. - Pertanto, dal riconoscimento del diritto di essere
ascoltato non può inferirsi quello di essere parte nel processo, finché la legitìmatio ad processum non sia conferita positiva mente dal legislatore, in generale o con riguardo ad una deter
minata categoria di rapporti giuridici. 10.5. - La Corte costituzionale, nella sentenza interpretativa
di rigetto da ultimo citata, rileggendo l'art. 336 c.c. alla luce
dell'art. 12 della convenzione di New York («prescrizione ormai entrata nell'ordinamento ... idonea ad integrare
— ove
necessario — la disciplina dell'art. 336, 2° comma, c.c.») e
delle modifiche introdotte dall'art. 37, 3° comma, 1. 149/01, ri
tiene che, nelle procedure giudiziarie cui si riferisce lo stesso
art. 336, la qualità di parte, con tutte le conseguenti implicazio ni, sia chiaramente attribuita dalla legge anche al figlio mino
renne.
10.6. - Analoga conclusione non appare obbligata riguardo
alla procedura sommaria in esame, in difetto di una disposizione normativa, esplicita o implicita, legittimante il minorenne ad
intervenire come parte nella stessa: difetto giustificato, in questo
particolarissimo caso, anche da ragioni d'incompatibilità con
l'urgenza e la provvisorietà del provvedimento cautelare con
cernente l'immediato rimpatrio — salvi gli esiti del giudizio di
merito — del minore illecitamente allontanato, in ipotesi, dal
l'affidatario e dal luogo di abituale residenza all'estero.
Per questa ragione, va dichiarata l'infondatezza del motivo di
ricorso in esame. (Omissis)
III
Svolgimento del processo. — 1. - Con istanza in data 12 ago
sto 2002 il cittadino israeliano T.A.A. chiese, tramite la com
petente autorità centrale, l'immediato rientro nella residenza
abituale in Beer-Sheva, Israele, dei figli minorenni S., nata il 21
settembre 1993, e J., nato il 7 febbraio 1996, avuti dalla moglie R.P., che li aveva condotti in Italia, a Taranto, il 24 luglio 2002
e li aveva quivi trattenuti contro la volontà dell'istante, eser
cente la potestà genitoriale insieme con la R.
2. - Il procuratore della repubblica presso il Tribunale per i
Il Foro Italiano — 2004.
minorenni di Taranto, informato del caso tramite l'autorità cen
trale italiana — designata con 1. 15 gennaio 1994 n. 64, di auto
rizzazione alla ratifica (fra l'altro) della convenzione stipulata a
L'Aja il 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione
internazionale di minorenni (di seguito: convenzione) — e rile
vata l'illiceità della suddetta sottrazione di minori, propose ri
corso, in data 30 agosto 2002, al medesimo tribunale, ai sensi
dell'art. 7 1. cit., per la decisione sul chiesto rimpatrio e per la
trattazione congiunta dell'istanza di divieto di espatrio, proposta dalla R. in data 12 agosto 2002 allo stesso tribunale per i mino
renni.
3. - Nel giudizio intervenne T.A.A., lamentando che la mo
glie, dopo aver condotto i figli in Italia per una breve vacanza, li
aveva illegittimamente trattenuti, contro la sua volontà e senza
alcuna autorizzazione, rifiutandosi di riportarli a Beer-Sheva,
luogo di residenza della famiglia, ed anzi iniziando davanti al
Tribunale di Taranto, con ricorso depositato il 3 luglio 2002, una procedura per la separazione giudiziale. Chiese quindi che, in applicazione della menzionata convenzione internazionale, fosse ordinato l'immediato rientro dei due minori in Israele.
4. - R.P. si oppose alla domanda, sostenendo di essere stata
vittima di maltrattamenti da parte del coniuge, poco interessato
all'educazione ed alla cura dei figli, e che l'eventuale rientro in
Israele avrebbe esposto i medesimi al pericolo di pregiudizio
psichico e fisico. 5. - Il tribunale per i minorenni, dopo avere ascoltato perso
nalmente le parti e gli stessi minorenni ed acquisita pertinente documentazione, fra cui la relazione dello psicologo del con
sultorio familiare, con decreto depositato il 2 ottobre 2002 ri
gettò, su difformi conclusioni del pubblico ministero, l'istanza
di rientro dei minori, avendo ritenuto che, nonostante l'accertata
illegittimità del comportamento della madre, il distacco da lei
avrebbe esposto i bambini a grave pericolo di carattere psicolo
gico; che quindi ricorreva nel caso, valutato l'interesse degli stessi minori, l'eccezione prevista dall'art. 13, 1° comma, lett.
b), della convenzione cit.
6. - Per la cassazione di tale decreto hanno proposto separati ricorsi T.A.A., con tre motivi, illustrati da memoria, ed il procu ratore della repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Ta
ranto, con due motivi. Resiste, in entrambi i casi, R.P. mediante
notifica e deposito tempestivi di controricorsi e successive me
morie.
Motivi della decisione. — 7. - Va disposta preliminarmente, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., la riunione dei due ricorsi.
8. - Occorre quindi esaminare, per ragioni di precedenza giu ridica e logica, il terzo motivo del ricorso di A.A., unitamente al
secondo motivo di ricorso del pubblico ministero minorile, contenenti identica censura.
8.1. - Si lamenta, infatti, con tali motivi, la nullità del proce dimento e del decreto, ai sensi dell'art. 360, 1° comma, n. 4,
c.p.c., perché una relazione psicologica proveniente dal consul
torio familiare cui erano provvisoriamente affidati i due mino
renni, utilizzata dal tribunale per motivare il pericolo di danno
psichico, ostativo al loro rientro nel luogo di residenza abituale,
acquisita agli atti il giorno precedente quello dell'udienza came
rale, non era stata messa a disposizione delle parti in tempo utile
per esaminarla e controdedurre; il che costituirebbe — secondo i
ricorrenti — la lamentata nullità per violazione del principio del
contraddittorio, applicabile in ipotesi anche al rito camerale.
9. - La censura è infondata.
9.1. - Si premette che le sole disposizioni di carattere proce durale contenute in proposito nella convenzione riguardano
l'obbligo dello Stato contraente, nel cui territorio il minore si
trova (art. 12, 1° comma), di far ricorso ad una delle sue proce dure d'urgenza (art. 2), di carattere giudiziario o amministrativo
(art. 11, 1° comma), al fine di emanare l'ordine di ritorno im
mediato nel tempo indicato di sei settimane (art. cit., 2° com
ma). In attuazione delle clausole convenzionali citate, l'art. 7 1. 15
gennaio 1994 n. 64 (in particolare, 3° comma) stabilisce che: «Il
presidente del tribunale [per i minorenni], assunte se del caso
sommarie informazioni, fissa con decreto l'udienza in camera di
consiglio ... decide con decreto entro trenta giorni dalla data di
ricezione della richiesta ... sentiti la persona presso cui si trova
il minore, il pubblico ministero e, se del caso, il minore mede
simo».
9.2. - Tale procedura —
inquadrabile nello schema generale
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PARTE PRIMA
dei procedimenti speciali in materia di famiglia e di stato delle
persone, e quindi soggetta, per quanto non espressamente e di
versamente previsto dalla norma citata, alle disposizioni comuni
ai procedimenti in camera di consiglio (art. 737 ss. c.p.c.) — ha
carattere di volontaria giurisdizione (Cass. 15295/00, Foro it.,
Rep. 2001, voce Minore, infanzia e maternità, n. 62), ma pre senta ulteriori e peculiari caratteristiche, essenzialmente costi
tuite dall'attribuzione del potere d'iniziativa all'autorità cen
trale ed al pubblico ministero; dalla mancante indicazione di
termini e modalità per la costituzione in giudizio e l'ascolto
delle parti, dovendo il richiedente essere soltanto informato
della data dell'udienza; dalla facoltà attribuita al presidente del
tribunale di assumere «sommarie informazioni»; il tutto in vista
dell'adozione di un provvedimento immediatamente esecutivo,
da emanare in tempi brevissimi, rispecchianti quelli stabiliti
dalla convenzione, con cui il tribunale dispone farsi luogo o non
farsi luogo al chiesto rientro.
9.3. - In questo tipo di procedimento, dominato dall'interesse
del minore a fare immediato ritorno nel luogo di abituale resi
denza, dal quale sia stato illegittimamente sottratto non sono
normativamente previsti termini e modalità — per deposito di
atti, citazione di testimoni, preavvisi alle parti, controdeduzioni
—, posti ordinariamente a garanzia del contraddittorio, essendo
questo assicurato solo nei limiti della fissazione dell'udienza in
camera di consiglio e della comunicazione del relativo decreto.
9.4. - Il potere attribuito al giudice di assumere sommarie in
formazioni — sia scritte (ad es., relazioni) sia orali — e di senti
re le parti senza l'osservanza di termini e modalità prestabiliti induce a concludere che nella procedura in esame, caratterizzata
dall'estrema urgenza di provvedere nell'interesse del minore,
l'acquisizione in udienza di relazioni informative — delle quali sia comunque consentita la visione alle parti presenti
— non co
stituisce violazione del principio del contraddittorio.
9.5. - I motivi in esame sono quindi infondati, non ravvisan
dosi la lamentata nullità del procedimento e del decreto per violazione del principio del contraddittorio.
10. -1 primi due motivi del ricorso di A.A., con cui il decreto
del Tribunale per i minorenni di Taranto è censurato, rispetti
vamente, per violazione e falsa applicazione dell'art. 13, 1°
comma, lett. b), della convenzione e per insufficiente, illogica e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della contro
versia, consistente nella ritenuta esposizione dei minori a gravi
pericoli di carattere psicologico, in caso di rientro, presso il pa dre in Israele, debbono essere esaminati congiuntamente, stante
la stretta connessione logica delle relative argomentazioni. Con
giuntamente va esaminato anche il primo motivo del ricorso
proposto dal pubblico ministero, contenente identiche censure.
10.1. - Tali motivi di ricorso sono infondati, sotto entrambi i
profili della violazione di legge e del vizio di motivazione.
11. - Il caso in esame costituisce, secondo il Tribunale per i
minorenni di Taranto, illegittimo trattenimento di minorenni
fuori dal luogo di abituale residenza, situato all'estero (Beer
Sheva, Israele), in conformità alla previsione dell'art. 3 della
convenzione: infatti la madre dei due minorenni, R.P., dopo averli, per sua stessa ammissione, condotti in Italia per una bre
ve vacanza, rifiuta di farli rientrare in Israele, opponendosi ar
bitrariamente alla volontà del marito che esercita, congiunta mente ad essa madre ed in modo effettivo, secondo le leggi dello Stato di residenza, la potestà genitoriale {custody).
11.1. - Il tribunale premette, inoltre, di avere inconfutabil
mente accertato: — che il descritto comportamento della R. non è giustificato
da pretese prevaricazioni o da disinteresse del marito nei con
fronti suoi e dei bambini, essendosi rivelate mendaci le afferma
zioni fatte dalla donna in tal senso; — che T.A.A. è affettivamente legato ai figli, ligio ai suoi
doveri di genitore ed amorevolmente presente nella loro vita,
compatibilmente coi suoi impegni di lavoro, essendo da loro
corrisposto con evidente trasporto affettivo; — che è da escludere, in caso di rientro dei minori in Israele,
qualsiasi rischio di carattere fisico, sia sotto forma di maltratta
menti da parte del padre o dell'ambiente familiare paterno, sia
in dipendenza della ben nota situazione politico-militare della
regione, essendo i bambini addestrati ad evitare questo tipo di
rischio, peraltro non particolarmente elevato nella parte meri
dionale del paese, ove essi abitano; e comunque non spettando al giudice italiano di impedire l'esercizio di diritti, di cui sono
Il Foro Italiano — 2004.
titolari cittadini di altro Stato, valutando situazioni che formano
oggetto delle politiche dello Stato di appartenenza. 11.2. - Il giudice a quo annota, infine, che la R. ha opposto un
netto rifiuto, con motivazioni pretestuose, alla proposta del ri
corrente A.A., formalizzata dai suoi legali, di affidamento a lei
dei figli, con relativo assegno di mantenimento a carico del ma
rito, instaurando procedura di separazione davanti, al giudice
israeliano, previo rientro del nucleo familiare in Israele.
11.3. - Tanto premesso, il Tribunale per i minorenni di Ta
ranto ha tuttavia rigettato l'istanza di rientro dei minori, avendo
ritenuto sussistente il grave rischio che essi siano esposti, per il
fatto del ritorno senza la madre, a danni di carattere psicologico, tali da condizionarne seriamente il processo di crescita.
Ciò desume dal fatto che, pur essendo essi legati da uguale affetto ad entrambi i genitori, il distacco forzoso dalla madre,
dopo avere già subito e, in parte, metabolizzato, quello dal pa
dre, rappresenterebbe — considerata anche la particolare sensi
bilità dovuta all'età dei bambini (nove e sei anni circa) — una
somma insopportabile di traumi psichici, per cui essi non avreb
bero la sensazione «di un ristabilimento di giustizia ma di una
vera e propria deportazione legale» ed avvertirebbero «di essere
merce nelle mani dei genitori». Tanto più che, durante le assenze quotidiane del padre, reste
rebbero affidati ad una zia, che essi rifiutano, e vivrebbero in un
ambiente familiare assolutamente diverso da quello d'origine oltre che privo della figura materna, con la quale invece hanno
dichiarato di voler restare, manifestando una ferma volontà in
tal senso «nonostante i comprensibili imbarazzi e le evidenti
sofferenze». Tale opinione dei minori essendo confortata, se
condo il tribunale, dalla relazione psicologica redatta dallo spe cialista del consultorio familiare in data 19 settembre 2002.
11.4. - Il giudice minorile non ha mancato di precisare, infine,
che ritiene di dover attribuire all'opinione espressa dai minori — contraria al rimpatrio
— efficacia non di causa esclusiva del
rigetto dell'istanza, bensì di elemento corroborante la tesi del
pregiudizio psichico, quale causa autonoma e sufficiente di de
roga al principio generale del rientro immediato.
12. - Dalla precedente esposizione si evince che il rimpatrio è
stato negato dal giudice di primo grado per l'unico motivo co
stituito dal rischio grave di danno psichico (art. 13, 1° comma, lett. b, della convenzione), desumibile dalle circostanze del di
stacco forzato dalla madre e del possibile affidamento, non de
siderato dai bambini, alla zia paterna; con esclusione di ogni al
tra ragione ostativa al rientro in Israele, compresa quella deri
vante dal rifiuto opposto dagli stessi minorenni (art. 13 cit., 2°
comma), preso in considerazione da detto giudice solo come
conferma della sussistenza di tale rischio.
13. - L'interpretazione data dal giudice a quo alla clausola
convenzionale citata — per cui l'autorità competente non è te
nuta ad ordinare il ritorno immediato, se esiste un grave rischio
di danno psichico — non è passibile di censura sotto l'aspetto
della violazione di legge. 13.1. - Sostiene il ricorrente A.A. che, ai sensi dell'art. 13, 1°
comma, della convenzione, la persona, l'ente o l'organismo, che
si oppone al rientro allegando la situazione di rischio menzio
nata alla successiva lett. b), deve provarne la sussistenza; e che
la R. non ha fornito tale prova. 13.1.1. - Si osserva in contrario, con riferimento all'onere
della prova, che certamente la persona, l'ente o l'organismo che
si oppone al rientro del minore deve specificare (i testi ufficiali
usano il verbo établir, to establish) la ragione dell'opposizione, fornendone adeguata dimostrazione; ciò non toglie che il giudi ce possa e debba accertare, coi mezzi a sua disposizione, trat
tandosi di materia dominata dal principio dell'interesse del mi
nore e dall'impulso ufficioso, la reale sussistenza e le caratteri
stiche del motivo ostativo al rimpatrio come, nel caso, la gravità del rischio.
13.1.2. - In particolare, il tribunale per i minorenni non basa il
giudizio su proprie autonome ed indimostrate valutazioni, ma
afferma di avere ricavato dall'«intera istruttoria del caso» —
quindi dall'ascolto delle parti, dei bambini e dalla relazione del
consultorio — il convincimento che i due minori, «per il solo
fatto di essere, per decreto, allontanati dalla madre ... subireb
bero un dolore difficilmente risarcibile col tempo». Si può affermare, pertanto, che il principio dell'onere della
prova non è stato violato.
13.2. - Aggiunge il medesimo ricorrente che il giudicante,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
violando il citato art. 13, ultimo comma, ha indebitamente omesso di considerare le informazioni fornite dalle competenti autorità israeliane, secondo le quali i minori, durante la loro
permanenza in Israele, vivevano in un ambiente sociale sereno ed affidabile ed erano perfettamente inseriti nella realtà locale.
13.2.1. - Anche questa ragione di doglianza è infondata, giac ché la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 13 —
secondo cui l'autorità competente a disporre il rientro deve te
ner conto delle informazioni fornite dall'autorità centrale, o da
qualsiasi altra autorità competente dello Stato di residenza abi
tuale, sulla situazione sociale del minore — costituisce un'indi
cazione vincolante di natura processuale, ma non può limitare il
giudizio allorché il rischio di danno prospettato non dipende (esclusivamente) da circostanze verificabili nel luogo della resi
denza abituale.
Nel caso concreto, le indicazioni provenienti dall'autorità
israeliana escludono qualsiasi rischio per i minori in Israele,
quindi non si riferiscono al tipo di danno ravvisato dal tribunale, consistente nel trauma per il distacco dalla madre, per il rinno
vato trasferimento e per l'affidamento — almeno per gran parte della giornata
— a persona con cui non hanno sufficiente dime
stichezza.
13.2.2. - A questo proposito,'sembra opportuno chiarire che
l'art. 13 della convenzione non pone distinzioni, a seconda che il rischio di danno si concretizzi nel luogo di destinazione (resi denza abituale), in quello da cui il minore deve staccarsi o nel
corso stesso del viaggio, ma si limita a collegare il rischio al
mero fatto del «ritorno» (lett. b), cioè all'intera operazione di
rimpatrio. D'altra parte, considerato l'interesse del minore, non si vede
alcun ragionevole motivo per cui il rimpatrio dovrebbe essere
escluso ovvero ordinato, a pari gravità di rischio, a seconda che
questo sussista in un luogo piuttosto che in un altro.
13.3. - Sostengono ulteriormente entrambi i ricorrenti che il
tribunale, attribuendo efficacia ostativa al pericolo di danno psi chico consistente essenzialmente nel distacco dei bambini dalla
madre, abbia violato la norma convenzionale più volte citata, sia
per non aver considerato che le eccezioni alla regola generale del ritorno immediato debbono essere interpretate in modo rigo roso sia per avere indebitamente anticipato e trasfuso nella pro cedura per il rientro immediato le tematiche e le ragioni del di
verso giudizio di affidamento, precluse espressamente dalla
convenzione, ai sensi degli art. 16 e 17.
L'argomentazione precedente, pur valida nella parte erme
neutica, non è utilizzabile nel caso di specie. 13.3.1. - Infatti il tribunale per i minorenni ha rilevato la con
creta esistenza del «rischio che i due minori, per il fatto del loro
ritorno siano esposti a gravi pericoli di carattere psicologico tali
da condizionarne seriamente il processo di crescita ... con rica
dute non facilmente quantificabili e prevedibili sulla loro condi
zione psichica». Il criterio di rigorosa interpretazione dell'eccezione, rispetto
alla regola generale del rientro immediato — conforme al cano ne ermeneutico fissato dall'art. 14 preleggi e accettato dalla giu
risprudenza internazionale in argomento — è dunque rispettato dalla decisione in esame, che ha positivamente riscontrato la
presenza di tutte le condizioni imposte dall'art. 13, 1° comma, lett. b), per negare il rientro dei minori, e precisamente:
— la gravità del rischio (un risque grave, a grave risk, nei due testi ufficiali), intesa come elevata probabilità che il minore
sia esposto, per il fatto del rimpatrio, a subire un danno fisico o
psichico; — la natura e l'intensità del danno che, come esattamente
sottolineato dal pubblico ministero ricorrente, deve essere «psi chico», non essendo sufficiente ad impedire l'ordine di rientro, secondo il dettato convenzionale, il trauma psicologico ossia la
semplice sofferenza morale (o pena o nostalgia) per il distacco
dalla madre, autrice della sottrazione abusiva ed a prescindere dalla sussistenza di un buon legame affettivo anche col padre.
Il giudice a quo, infatti, con le espressioni sopra riportate, in
serite in ampia ed esauriente motivazione, ha reso conto del sus
sistente pericolo grave di danno psichico, non meramente psi
cologico, atteso che il rinnovato trauma da distacco, considerata
l'età dei minori, appare al giudicante suscettibile di stabili rica
dute, e cioè di danno vero e proprio sul processo di crescita e
sulla condizione psichica dei soggetti. (Omissis)
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 22
ottobre 2003, n. 15789; Pres. Fiduccia, Est. Chiarini, P.M.
Carestia (conci, parz. diff.); Quaresmini e altri (Avv. Cog
giatti, Ricci, Scapaticci) c. Soc. Italgas (Avv. Romanelli,
Anelli) e altri; Lanfredi (Avv. Morsillo, Lascioli) c. Soc.
Italgas e altri. Conferma App. Brescia 22 ottobre 1999.
Responsabilità civile — Nesso di causalità — Concorso di
cause — Principio di equivalenza (Cod. civ., art. 2043, 2050; cod. pen., art. 40, 41).
Responsabilità civile — Nesso di causalità — Cause soprav venute — Efficacia esclusiva —
Fattispecie (Cod. pen., art.
41).
Qualora l'evento dannoso o pericoloso sia stato cagionato da
una pluralità di azioni o di omissioni, coeve o succedutesi nel
tempo, tutte hanno uguale valore causale, senza distinzione tra cause mediate ed immediate, dirette ed indirette, prece denti o successive, dovendo a ciascuna di esse riconoscersi
un 'efficienza causativa del danno, ove, nella concatenazione
degli avvenimenti, abbiano determinato una situazione tale
che l'evento, sebbene prodotto direttamente dalla causa av
venuta per ultima, non si sarebbe verificato. (1) Una causa sopravvenuta ha efficacia esclusiva quando, inse
rendosi nella successione delle cause, faccia venir meno ogni legame tra quelle remote e l'evento, sì da porsi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto;
pertanto, per escludere che una determinata causa abbia ca
gionato un evento, occorre provare che l'evento si sarebbe
effettivamente verificato anche in assenza di quell'antece dente per una causa sopravvenuta indipendente da esso ed
operante con assoluta autonomia, eccezionalità ed atipicità, tanto da rompere ogni legame con le cause antecedenti, rele
gandole al rango di mere occasioni. (2)
(1-2) I. - Durante lo svolgimento delle manovre di scavo per la de molizione di un fabbricato, a seguito di una fuga di gas causata dallo
strappo di un tubo di adduzione del gas dalla conduttura principale di
distribuzione, si verificava una violenta esplosione, la quale provocava il crollo della casa attigua, la morte di una donna e gravi ustioni a suo marito e alla figlia. La Suprema corte ritiene egualmente responsabili della strage: a) la società appaltatrice dei lavori di demolizione per non aver adempiuto all'obbligo di regolare l'esecuzione dell'opera e l'atti vità ad essa collegata per garantire l'incolumità e la sicurezza anche di
estranei; b) il suo direttore dei lavori, che non aveva impedito all'im
presa appaltatrice dei lavori di escavazione di continuare a sbancare sotto terra prima che i tecnici dell'impresa responsabile per la pipeline avessero provveduto a staccare dalla conduttura principale del gas tutte le derivazioni interrate; c) il manovratore della pala meccanica, la cui azione aveva provocato lo strappo; d) un dipendente della suddetta im
presa, che aveva sigillato la conduttura del gas solo nella parte finale, senza accertarsi se vi fossero danni alle parti più a monte.
Ai fini dell'accertamento in fatto delle cause che determinano l'ac cadimento di un dato evento, è apparsa sempre decisiva la scelta della teoria di ricostruzione del nesso causale (per un'approfondita analisi del dibattito in tema di causalità, oltre che per i puntuali richiami giu risprudenziali, v., per tutti, P.G. Monateri, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, Torino, 1998, 160 ss.). La dottrina civilistica, in tema di nesso di causalità, ha da sempre veicolato le corrispondenti soluzioni provenienti dall'area penalistica: dalla teo ria della condicio sine qua non, secondo la quale — il pensiero risale a von Buri, Uber Kausalitat und Verarwortung, Lipsia, 1873 — la con dotta umana può considerarsi causa di un evento sol che costituisca una delle condizioni antecedenti che concorrono alla realizzazione dell'e vento stesso; alla teoria della causalità adeguata — enunciata per la
prima volta da von Kries, Uber der Begriff der Wahrscheinlichkeit und
Mòglichkeit und ihre Bedeutung im Strafrecht, in Zeit. Ges. Strw, 1889, 15 —, che considera eziologicamente rilevante solo la condotta umana
adeguata, proporzionata all'evento, idonea a determinare un dato ef fetto sulla base dell'i^ quod plerumque accidit (in questo senso, da ul
timo, v. Cass. 2 gennaio 2002, n. 5, Foro it., 2002,1, 307; per il merito, Trib. Milano 30 novembre 1996, id.. Rep. 1997, voce Lavoro (rappor to), n. 838); fino alle più recenti teorie della causalità umana, dell'im
putazione obiettiva dell'evento o della sussunzione sotto leggi scienti fiche (in quest'ultimo senso, v. Trib. Vercelli 20 luglio 1999, id., Rep. 2000, voce Responsabilità civile, n. 188, e, con nota di P. Laghezza, Concorso di cause e fatto illecito del terzo, in Danno e resp., 2000, 182, e [parrebbe] anche Cass. 3 marzo 2001. n. 3132, Foro it., 2001, I, 1139, con nota di A. Palmieri). La sentenza in epigrafe mostra di acco
gliere la teoria dell'equivalenza causale, temperata dal principio della
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