Click here to load reader
Date post: | 30-Jan-2017 |
Category: |
Documents |
Upload: | vuongkhanh |
View: | 217 times |
Download: | 0 times |
Click here to load reader
Sezione I civile; sentenza 19 maggio 1962, n. 1149; Pres. Torrente P., Est. Arras, P. M. Toro(concl. conf.); Finanze (Avv. dello Stato Coronas) c. Soc. Lancia (Avv. Frè)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 7 (1962), pp. 1277/1278-1281/1282Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150515 .
Accessed: 24/06/2014 22:09
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.2.32.134 on Tue, 24 Jun 2014 22:09:22 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1277 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1278
una situazione di indebito solo se il detentore del titolo non sia divenuto titolare effettivo del credito cartolare; in questo caso, poiche egli mum recepit, difetta il presup posto dell'indebito ex persona creditoris.
Invero, secondo la piu recente giurisprudenza di questo Supremo collegio, il decreto di ammortamento priva il titolo della sua funzione di legittimazione all'esercizio dei diritti ad esso inerenti solo in base ad una regolare deten
zione, ma il decreto stesso, anche dopo la pubblieazione e finche non diviene definitivo, non esclude nel titolo l'ef ficaeia rappresentativa del credito, non ne vieta la cir
colazione, ne impediscel'acquisto della titolaritä del credito, purclic avvenga senza dolo o colpa grave.
Infatti, gli art. 2019 cod. civ., 93 legge cambiaria e 74 legge assegno consentono al detentore del titolo am mortato di far valere, verso l'ammortante, i diritti dipen denti dall'acquisto del titolo prima che questo perdesse ogni efficacia, perche si presuppone ehe esso puõ circolare validamente anche dopo la pubblieazione del decreto di ammortamento e che il portatore possa avere acquistato la titolaritä del credito cartolare quale terzo di buona fede
(sent. 8 ottobre 1954, n. 3435, Foro it., Sep. 1954, voce
Ammortamento, nn. 12-18). La sentenza impugnata ha trascurato tali principx
quando ha ammesso 1'azione di ripetizione a favore della
Cassa di risparmio solo in base alia considerazione che il Timi aveva negoziato titoli di credito falsi, ossia «tre
pezzi di carta di nessun valore » e per tale ragione non
poteva essere preferito nel pagamento aU'ammortante, titolare dei vaglia originari a lui intestati.
Sotto il primo aspetto la Corte del merito avrebbe
dovuto esaminare se i vaglia cambiari, emessi con mo
duli autentici della Banca d'ltalia e con firma non disco
nosciuta, nonche per lo stesso importo risultante dai titoli, ma recanti indicazioni diverse da quelle originarie relativa mente al nome del prenditore, ai numeri di serie ed alia
data, dovessero considerarsi falsi, e, quindi, privi di valore
giuridico nei confronti dell'Istituto di emissione, oppure soltanto alterati e, perciõ, ancora validi e vincolanti a carico dell'Istituto medesimo, tenuto ad eseguire il paga mento al presentatore legittimato da una serie regolare di
girate. Sotto il secondo aspetto si doveva esaminare se il Timi
fosse divenuto titolare del credito cartolare, per avere
acquistato in buona fede il possesso dei titoli di credito
in conformitä delle norme che ne disciplinano la circola
zione (art. 1994 cod. civ.), non ostante che fosse stato
emesso il decreto di ammortamento, nel quale, perõ, i
vaglia cambiari erano necessariamente descritti con le
indicazioni originarie e non con quelle risultanti dai titoli
negoziati dai Timi.
, Questa circostanza, la quale non escludeva che la pro cedura di ammortamento si riferisse ai titoli acquistati dai Timi non ostante la diversity delle indicazioni pre dette, c stata esattamente valutata dalla sentenza impu gnata come uno degli elementi idonei ad escludere la mala fede del ricorrente. All'uopo la Corte ha considerato, al
tresi, che egli aveva corrisposto il controvalore in merci
dei vaglia e, prima di accettarli in pagamento, li aveva
mostrati agli impiegati della Cassa di risparmio, i quali ne avevano confermato la validity ; che, inoltre, la contraf
fazione era stata eseguita con tale ability da trarre in
inganno anche i predetti impiegati della Cassa e perfino i funzionari dell'Istituto emittente, che ne eseguirono il
pagamento. Ma la Corte ha ritenuto che il Timi versasse in colpa
grave, per avere acquistato i titoli senza conoscere, ne
identificare il girante; ha rilevato che la conoscenza del
girante 6 necessaria ai fini di un eventuale azione di ri
valsa contro di lui e che non era stato in grado di fornire
elementi per l'identificazione del girante, la quale non si
era potuta effettuare neppure mediante le indagini esperite
per il procedimento penale. Preliminarmente il ricorrente deduce che la Corte di
merito non avrebbe potuto esaminare tale punto, poiche
l'indagine se l'acquisto di un titolo di credito all'ordine sia
stato viziato da oolpa grave e ammissibile solo nella con
testazione fra l'ammortante ed il nuovo portatore che
giustifichi il suo diritto con una serie continua di girate e promuova opposizione contro il decreto di ammortamento
(art. 20 legge cambiaria). La stessa indagine puõ essere
proposta quando il portatore del titolo contesti la vali
ditä del pagamento fatto dal debitore appunto con dolo
o colpa grave (art. 46), mentre, invece, concreta un'excep tio de iwre tertii quando e proposta dal debitore nei con
fronti del possessore del titolo.
II rilievo non e fondato, per quanto si e giit detto circa
gli effetti della notifica del decreto di ammortamento.
Se e vero clic il pagamento eseguito dopo tale notifica
acquista efficacia liberatoria per il debitore solo in quanto il detentore del titolo sia divenuto titolare del credito
cartolare, per avere acquistato in buona fede e senza colpa
grave il titolo sottratto, deriva che il debitore, il quale eser
citava l'azione di ripetizione nel presupposto che il paga mento e stato eseguito a persona diversa dal creditore,
e, quindi, non ha per lui efficacia liberatoria, e legittimato ad eccepire la mancanza dei predetti requisiti che rende
rebbero valido l'acquisto a non domino. E fondata, invece, l'altra censura, con la quale si de
duce l'omesso esame di circostanze decisive al fine di ac
certare che il Timi aveva proceduto alia identificazione
del girante e che, inoltre, questi era stato identificato
dall'autorita giudiziaria ai fini del procedimento penale. Al riguardo il ricorrente deduce che la Corte ha omesso di
esaminare la documentazione dalla quale risultava che il
girante era stato identificato nella persona di Domenico
Arrigo, nato a Lascari il 28 giugno 1899 e residente in
Palermo, Piazzetta Cilluppo n. 7 ; la censura deve essere
accolta, poichk non vi 6 cenno nella sentenza impugnata dell'esame di tale documentazione.
E pure fondato il rilievo mosso all'altra affermazione
della sentenza, che, cioe, « occorre anche conoscere la per sona del girante », se la Corte ha inteso richiedere «la cono
scenza » come elemento autonomo e concorrente con l'iden
tificazione del girante al fine di escludere la colpa grave
nell'acquisto del titolo.
Se si deve ammettere, infatti, che rientri fra le regole comuni sulla circolazione dei titoli di credito l'esigenza di
un'indagine nei confronti del dante causa, non si puõ, tuttavia, estendere tale onere oltre i limiti di una mera
identificazione e fino a ricomprendere una conoscenza
personale che non valga come mezzo di identificazione.
Peraltro il ricorrente deduce che la Corte del merito
non ha tenuto conto delle altre argomentazioni, corrobo
rate da elementi di prova, intese a dimostrare che l'Ar
rigo si sarebbe presentato e fatto conoscere come inviato
da altra ditta, onde anche sotto tale aspetto la censura deve
essere accolta.
E, infine, esatto l'altro rilievo, che cioc, l'indagine sulla
ricorrenza o meno della colpa grave, quale elemento osta
tivo all'acquisto della titolaritä del credito cartolare, deve riflettere tutte le cricostanze del caso, che devono essere
valutate nel loro complesso. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SOPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile; sentenza 19 maggio 1962, n. 1149; Pres.
Tobbente P., Est. Abbas, P. M. Tobo (concl. conf.) ; Finanze (Aw. dello Stato Cobonas) c. Soc. Lancia
(Aw. Fke).
(Gassa App. Napoli 3 dicembre 1959)
Tassa sull'entrala — Vcndite eliettuate dal eommis
sionario — Pagamento deH'imposta — Gommit
tente — Obbligo esclusivo (R. d. 1. 9 gennaio 1940
n. 2, istituzione di un'imposta generale sull'entrata, art. 6, 13, 43 ; r. d. 26 gennaio 1940 n. 10, regolamento
per l'esecuzione del r. d.l. 9 gennaio 1940 n. 2, art. 23).
This content downloaded from 185.2.32.134 on Tue, 24 Jun 2014 22:09:22 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1279 PARTE PRIMA 1280
Nel caso di vendite effettuate dal commissionario, obbligato a pagare I'imposta generate sulVentrata e, ove ricorrano
le condizioni previste dall'art. 23 del regolamento alia legge istitutiva del tributo, il solo committente. (1)
La Corte, eco. — (Omissis). Con l'unico motivo l'Am
ministrazione delle finanze denuncia la violazione e la
falsa applicazione degli art. 6, 43, 13 legge 19 giugno 1940
n. 762, dell'art. 23 regolamento approvato col r. decreto
26 gennaio 1940 n. 10, dell'art. 12 delle preleggi, in rela
zione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., e deduce che la legge, nei passaggi di merce tramite commissionario, ove si av
verino determinate condizioni, considera, ai fini della
applicazione deH'imposta generale sull'entrata, il duplice
passaggio della merce, dal committente al commissionario
e dal commissionario al terzo acquirente, come un unico
atto economico con due distinti soggetti (committente o
commissionario) e perciõ dichiara entrambi tenuti in so
lido al pagamento della imposta. Il ricorso merita di essere accolto, nei soli limiti nei
quali b riferibile al presente giudizio. II quale e stato
promosso dalla Soc. Lancia per avere restituita dall'Am
ministrazione finanziaria la somma di lire 8.331.330, che
aveva dovuto pagare a titolo di imposta generale sull'en
trata per le vendite di automezzi (di cui alle 121 fatture) effettuate dalla sua commissionaria, la Soc. a resp. lim.
Angelo Stemo e C.
La Soc. Lancia sosteneva che non era tenuta al paga mento dell'imposta, perclie la legge non prevede che il
committente debba pagare I'imposta generale sull'en
trata per le vendite effettuate dal commissionario, quando concorrano (e nella specie concorrevano) le condizioni pre viste dall'art. 23 del regolamento 23 gennaio 1940 n. 10.
Unico oggetto del giudizio e quindi stato (e non poteva che essere) l'accertamento se la Soc. Lancia fosse o meno
responsabile dell'imposta, e non anche se di essa dovesse
rispondere singolarmente, od in solido con la commit
tente, la Societa commissionaria.
Si comprende allora come il ricorso, in quanto investe
la sola pranuncia di illegittimita dell'accertamento della
imposta compiuto a carico della Soc. Lancia, põssa essere accolto anche se non si condivide la tesi dell'Amministra
zione, che al pagamento della imposta fosse anche tenuta in solido la Societa commissionaria.
Come ha osservato la Corte di merito nella sentenza
impugnata la legge sull'imposta generale sulla entrata
(art. 13, 3° comma, legge 19 giugno 1940 n. 762) rimanda
per la disciplina del rapporto di imposta nei passaggi di merci effettuati nella Stato da ditte industriali e commer cial! per il tramite di rappresentanti, commessi viaggiatori, commissionari, mediatori ed altri ausiliari ed intermediari del commercio alle norme contenute nel regolamento (art. da 20 a 30 del regolamento 26 gennaio 1940 n. 10).
II principio informatore della legge vigente, come giä quella della legge sulla «tassa di scambio » (r. decreto 28 luglio 1930 n. 1011) che ne rappresenta il precedente storico, e che non costituiscono atti economici (atti di scambio per la legge precedente), che dänno luogo ad entrata imponibile, i passaggi preparatori dello scambio.
In relazione ed in aderenza a tale principio, il regola mento all'art. 21 chiarisce che i passaggi di merce fra le ditte industriali e commerciali ed i loro rappresentanti, che siano depositari di merci per conto delle ditte rappre sentate, non dänno luogo ad entrata imponibile, qualora la rappresentanza risulti conferita per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e registrata, il rappresentante
(1) La sentenza cassata, App. Napoli 3 dicembre 1959, leggesi in Foro it., 1960, I, 655, con nota di richiami, cui adde Mazzilli, La figura del commissionario neile norme dell'im posta sull'entrata, in Corriere amm.., 1960, 1259.
Sui presupposti d'applieabilita dell'art. 25 del regolamento, che, com'e noto, considera intermediari diversi dai rappresentanti, commessi viaggiatori, commissionari e viaggiatori, v. Cass. 11 ottobre 1961, n. 2090, retro, 316, con nota di richiami.
emetta le fatture a nome della ditta rappresentata e le
operazioni fatte dal rappresentante siano registrate cro
nologicamente da questo ultimo nel libro generate. Non si dubita, e la Corte di merito lo riconosce espli
citamente, che il prezzo ricavato dalla vendita effettuata
dal rappresenjtante, quando concorrano le sopracitate con
dizioni, rappresenta una entrata imponibile, ohe ha, come
soggetto passivo dell'imposta la ditta venditrice della
merce, siccome quella a cui favore si verifica l'entrata
(art. 8 della legge). Ma eguale soluzione deve adottarsi an ehe quando la
vendita sia effettuata tramite commissionario, sempre clie concorrano le condizioni o le cautele preyiste dall'art.
23 del regolamento, e cioe il rapporto di commissione ri
sulti da atto pubblico o da scrittura privata registrata o anche da semplice lettera passata dal committente sul
proprio copialettere prima dell'espletamento della com
missione, il commissionario sia iscritto come tale presso la camera di commercio nelle cui circoscrizioni ha il suo
esercizio e le operazioni fatte dal commissionario siano
registrate cronologicamente nel suo libro giornale con
indicazione della ditta per conto della quale ha agito. II contrario assunto della Corte di merito non 6 sor
retto da ragioni valide.
Esatto che la rappresentanza indiretta importa che
chi agisce per conto di altri ma in nome proprio diventa
titolare effettivo dei diritti che derivano dal contratto, e che, se non si vuole snaturare l'istituto del mandato
senza rappresentanza, si deve riconoscere che « nei passaggi di merci a mezzo di commissionario » si attuano due di
stinti trasferimenti, uno strumentale, dal committente al
commissionario, ed uno finale, dal commissionario al terzo
acquirente, ma tali considerazioni non sono risolutive.
Per risolvere il problema che interessa, non giova chia
rire che anche il commissionario k contraente, perche interviene nella conclusione del contratto, giacclie l'imposta non colpisce la manifestazione di volonta come tale, ma il
contenuto economico del contratto concluso. Ora gli ef
fetti economici della compravendita effettuata a mezzo
di commissionario, stante l'obbligo del medesimo di devol
vere i risultati del negozio al committente, si realizzano nel
patrimonio di questo ultimo ; onde e nel committente, destinatario dell'entrata imponibile cui dä luogo l'atto
economico della compravendita a mezzo di commissionario, che deve essere ravvisato il soggetto passivo della imposta.
La Corte di merito ha avuto una visione incompleta del rapporto tributario, allorche lo ha limitato o circoscritto
alia fase finale della vendita della merce dal commissionario
al terzo. La fattispecie dell'art. 23 del regolamento confi
gura un atto economico complesso, la compravendita posta in essere da commercianti ed industriali a mezzo di commis
sionario, in esso entrano in gioco e la compravendita e la
commissione e quindi anche l'obbligo del commissionario
di versare al committente il prezzo riscosso ; in tale situa zione si comprende come l'entrata imponibile, cui dä luogo l'atto economico, non põssa essere costituita che dal prezzo denaro o mezzo di pagamento sostitutivo del danaro, che commerciante od industriale, sempre tramite il commis
sionario, consegue o deve conseguire quale corrispettivo della merce che a suo mezzo ha venduto.
Che questa e non altra sia la soluzione del problema trova una precisa e sicura conferma nel disposto dell'art.
2, lett. d, della legge, secondo cui, per gli ausiliari del
commercio e per tutti coloro, persone fisiche ed enti, che
compiono opera di intermediazione . . . l'entrata e costi tuita dalle provvigioni, aggi e compensi a qualsiasi titolo
percetti in dipendenza dell'esercizio della loro attivitä. 11 che dimostra che il prezzo ricavato dalla vendita della merce effettuata a mezzo di commissionario rappresenta un'entrata imponibile del solo committente.
II ricorso deve pertanto essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata alia Corte di appello di Eoma, che si informerä al seguente principio : « Tenuto a pagare l'imposta generale sulla entrata per la vendita di merce effettuata per suo conto dal commissionario, quando con corrono le condizioni previste dall'art. 23 del regolamento
This content downloaded from 185.2.32.134 on Tue, 24 Jun 2014 22:09:22 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1281 GIURISPRUDENZA COŠTITUZIÖNALE E CIVILE 1282
approvato con r. decreto 26 genuaio 1940 n. 10, e il solo
committente ».
Per questi motivi, cassa, eco.
GORTE SÜPREMA DI GASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 16 maggio 1962, n. 1098 ; Pres. Di Pilato P., Est. Perrone Capano, P. M. Colli
(concl. conf.); Cantalupi (Aw. Lucarelli, Amante) c. Carli (Aw. Iacobelli, Cortesi).
(Oonferma App. Milano 20 gennaio 1960)
Obbligazioni e eontratti — Recesso convenzionale —
Recesso legale — Elementi diHerenziali (Cod. civ., art. 1373, 1385).
Obbligazioni e eontratti — Recesso legale e eonven
zionale — Preclusione dell'adempimento tardivo
(Cod. civ., art. 1373, 1456).
La dazione di una somma, a titolo di acconto e caparra, ai
momento della conclusione di un contratto, non preclude Vesercizio delVeventuale diritto di recesso convenzionale
ex art. 1373 cod. civ., e, se accompagnata dalVinadem
pienza di una delle parti, integra i presupposti del recesso
legale previsto dalVart. 1385 cod. civile. (1) jVesercizio del diritto di recesso legale o convenzionale preclude
il tardivo adempimento delValtro contraente. (2)
(1) Riassumo, semplificando, la fattispecie : il compratore dette, ai momento della conclusione del contratto, una somma « a titolo di acconto e caparra » ; non pagõ, poi, nel termine fis sato, ciõ ehe ancora doveva. Il venditore, in conseguenza, « di chiarö nulla la vendita » (le parole tra virgolette sono delle parti in causa). Il compratore protesta la insussistenza di un diritto di recesso nel venditore, il contratto avendo avuto un principio di esecuzione, preclusivo, alla stregua dell'art. 1373 cod. civ., dell'esercizio del recesso.
L'elegante sentenza esamina, a tal proposito, i rapporti tra il recesso convenzionale ex art. 1373 cod. civ. (recesso ab initio, dice il Betti, Neg. giur., pag. 257) e il recesso legale ex art. 1385 cod. civ. (sulla cui natura, vedi Trimarchi, Caparra (dir, civ.), voce dell'Enciclopedia del diritto, VI, pag. 199 ; Callegari. II recesso unilaterale del contratto, Torino, pag. 39 ; Greco, in Calabria giudiz., 1960, 86 ; Miccio, II recesso unilat. dal con
tratto, in Riv. dir. comm., 1952, I, 513 ; Lavaggi, Osserv. sul recesso unilat. dal contratto, in Foro it., 1950, I, 1053), e conclude che quest'ultimo non e una species del recesso unilaterale pre visto dall'art. 1373, bensi un istituto affine, fondato su presup posti diversi (datio arrhae e inadempienza di una delle parti).
L'argomento della sentenza ben serve, in effetti, ad esclu dere 1'applicabilitä, del 1° comma dell'art. 1373 alia fattispecie concreta ; non sembra, peraltro, che la concorrenza di una pe cunia immantinenti tradita con 1'inadempienza di una delle parti, basti ad integrare i presupposti del diritto potestativo di cui al 2° comma dell'art. 1385. Infatti, se la caparra confirmatoria ha, sempre, anche funzione di acconto sul prezzo (cfr. D'Avanzo, Caparra, voce del Novissimo digesto it., II, pag. 895), non ogni acconto e una caparra (a conferma : Cass. 25 ottobre 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Obbligazioni e eontratti, nn. 220-222 ; App. Brescia 3 maggio 1956, id., Rep. 1956, voce eit., nn. 279, 280 ; in dottrina, conforme, Messineo, Man. dir. civ., II, 2, pag. 444 segg.), anzi si presume, fino a prova contraria, la natura di mero anticipo, e non di caparra, della somma consegnata conte stualmente alla stipula (vedi sentenze e autore ora eitati).
Ora, la questione che il ricorso prospettava (sia pure in modo confuso), pretendendo l'insostenibile applicazione del l'art. 1373, era appunto quella della natura della traditio pecu niaria compiuta al momento della conclusione del contratto. Taie questione non e stata risolta in sentenza. Se la caparra, in
fatti, attiene al momento formativo, non a quello esecutivo, del contratto, se, in altre parole, la costituzione di caparra e
un negozio accessorio, mentre la dazione in acconto e un mero atto esecutivo, il rilievo, pur esattissimo, che la somma data al momento della conclusione del contratto non puö costituire
principio di esecuzione ai sensi dell'art. 1373 (e illogico predi sporre una clausola, caducandola alio stesso tempo) non prova la natura arrale della somma, vista 1'identity soggettiva, og
La Corte, eco. —- Devesi disporre la riunione dei due
ricorsi, a norma dell'art. 335 cod. proo. civ., trattandosi
di due impugnazioni proposte separatamente contro la
stessa sentenza.
Col primo motiyo del ricorso principale, nel denunciare
la violazione e falsa applicazione dell'art. 1373 cod. civ., in relazione all'art. 1372 dello stesso codice, la Cantaluppi e le Conconi censurano la impugnata sentenza nella parte in cui ritenne ehe il Corli, a seguito deH'inadempimento di e3se Cantaluppi e Conconi, ebbe a recedere dal con
tratto con lettera in data 21 novembre 1953. Deducono
le ricorrenti: a) ehe nella lettera 21 novembre 1953 il Corli
non dichiarõ di voler recedere dal contratto, ma si limitõ
ad affermare che «ritengo come nullo il nostro preliminare di compravendita »; b) che, comunque, il Corli non avrebbe
potuto esercitare la facoltä di recesso, ai sensi dell'art.
1373 cod. civ., in quanto il contratto aveva avuto un prin
cipio di esecuzione mediante il versamento della somma di
lire 300.000, data dalle compratrici a titolo di « caparra e
acconto contratto ».
Entrambe le censure sono infondate.
£ evidente che non pud discutersi in questa sede circa
il significato e la portata della predetta lettera, nõ puõ essere sindacata l'interpretazione che ad essa e stata data
dai Giudici di merito, i quali hanno ritenuto che il Corli
« dichiarõ sostanzialmente di recedere dal contratto, anche
se uso espressioni giuridicamente inesatte». Tale apprez zamento si presenta immune da errori logici o giuridici e, di conseguenza, si sottrae alle censure formulate nel ri
corso, tenuto eonto che la legge non richiede alcuna for
mula speciale per l'atto di recesso, per il quale basta la
manifestazione, comunque espressa, della volonta, di rece
dere dal contratto.
Inesattamente, poi, le ricorrenti affermano che, nella
specie, il recesso sarebbe stato esercitato ai sensi dell'art.
1373 cod. civile. II Corli si avvalse, invece, della facoltä
concessagli dall'art. 1385 cod. civ., 2° comma, il quale
dispone che « se la parte che ha dato la caparra õ inadem
piente, l'altra parte puõ recedere dal contratto, ritenendo
la caparra ; se inadempiente õ invece la parte che l'ha
ricevuta, l'altra puõ recedere dal contratto ed esigere il
doppio della caparra ».
La differenza fra gli art. 1373 e 1385 e di carattere
sostanziale. II primo contempla il recesso convenzionale, ossia il diritto derivante da una clausola contrattuale che
attribuisca ad una o ad entrambe le parti la facoltä di rece
dere unilateralmente dal contratto, con o senza la presta zione di un corrispettivo ; e disciplina tale recesso con norme
di carattere dispositivo, sulle quali prevale sempre l'auto
nomia della volonta, privata. II secondo, invece, prevede un caso di recesso legale, che trova il suo fondamento nella
caparra confirmatoria ed il suo presupposto nella inadem
pienza dell'altra parte, pur essendo anche esso facoltativo.
Infatti le disposizioni del 2° e del 3° comma dell'art. 1385
lasciano alia parte incolpevole (non inadempiente) una du
pliee facoltä : o avvalersi del recesso, determinando cosi lo scioglimento del vincolo e limitando i propri diritti al
l'importo della caparra (ritenendo, cio&, la caparra ricevuta
o esigendo il doppio di quella data), ovvero domandare
la esecuzione o la risoluzione del contratto, nonche il risar
cimento dei danni realmente sofferti, da accertarsi e li
quidarsi secondo i principi generali. I predetti articoli,
quindi, contengono norme diverse e eontemplano due di
gettiva e formale della dazione in acconto e della costituzione di caparra. Pertanto, a mio sommesso awiso, la sentenza avrebbe dovuto scendere ad una indagine sul terreno causale, valutando il provvedimento del giudice a quo in funzione della trattazione di tale aspetto della controversia.
(2) Nel senso che l'esercizio del diritto di recesso operi ex nunc, Oass. 21 luglio 1956, n. 2830, Foro it., Bep. 1956, voce
Obbligazioni e contratti, n. 261 ; nel senso che l'esperimento, da
parte del contraente adempiente, della risoluzione giudiziale, sia
incompatibile con il recesso unilaterale, Cass. 15 giugno 1951,
id., 1952, I, 891, con nota di richiami. M. C. d. B. M. C. d. B.
il Fobo Italiano — Volume LXXXV — Parte I-82.
This content downloaded from 185.2.32.134 on Tue, 24 Jun 2014 22:09:22 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions