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Sezione I civile; sentenza 19 maggio 1962, n. 1149; Pres. Torrente P., Est. Arras, P. M. Toro...

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Page 1: Sezione I civile; sentenza 19 maggio 1962, n. 1149; Pres. Torrente P., Est. Arras, P. M. Toro (concl. conf.); Finanze (Avv. dello Stato Coronas) c. Soc. Lancia (Avv. Frè)

Sezione I civile; sentenza 19 maggio 1962, n. 1149; Pres. Torrente P., Est. Arras, P. M. Toro(concl. conf.); Finanze (Avv. dello Stato Coronas) c. Soc. Lancia (Avv. Frè)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 7 (1962), pp. 1277/1278-1281/1282Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150515 .

Accessed: 24/06/2014 22:09

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1277 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1278

una situazione di indebito solo se il detentore del titolo non sia divenuto titolare effettivo del credito cartolare; in questo caso, poiche egli mum recepit, difetta il presup posto dell'indebito ex persona creditoris.

Invero, secondo la piu recente giurisprudenza di questo Supremo collegio, il decreto di ammortamento priva il titolo della sua funzione di legittimazione all'esercizio dei diritti ad esso inerenti solo in base ad una regolare deten

zione, ma il decreto stesso, anche dopo la pubblieazione e finche non diviene definitivo, non esclude nel titolo l'ef ficaeia rappresentativa del credito, non ne vieta la cir

colazione, ne impediscel'acquisto della titolaritä del credito, purclic avvenga senza dolo o colpa grave.

Infatti, gli art. 2019 cod. civ., 93 legge cambiaria e 74 legge assegno consentono al detentore del titolo am mortato di far valere, verso l'ammortante, i diritti dipen denti dall'acquisto del titolo prima che questo perdesse ogni efficacia, perche si presuppone ehe esso puõ circolare validamente anche dopo la pubblieazione del decreto di ammortamento e che il portatore possa avere acquistato la titolaritä del credito cartolare quale terzo di buona fede

(sent. 8 ottobre 1954, n. 3435, Foro it., Sep. 1954, voce

Ammortamento, nn. 12-18). La sentenza impugnata ha trascurato tali principx

quando ha ammesso 1'azione di ripetizione a favore della

Cassa di risparmio solo in base alia considerazione che il Timi aveva negoziato titoli di credito falsi, ossia «tre

pezzi di carta di nessun valore » e per tale ragione non

poteva essere preferito nel pagamento aU'ammortante, titolare dei vaglia originari a lui intestati.

Sotto il primo aspetto la Corte del merito avrebbe

dovuto esaminare se i vaglia cambiari, emessi con mo

duli autentici della Banca d'ltalia e con firma non disco

nosciuta, nonche per lo stesso importo risultante dai titoli, ma recanti indicazioni diverse da quelle originarie relativa mente al nome del prenditore, ai numeri di serie ed alia

data, dovessero considerarsi falsi, e, quindi, privi di valore

giuridico nei confronti dell'Istituto di emissione, oppure soltanto alterati e, perciõ, ancora validi e vincolanti a carico dell'Istituto medesimo, tenuto ad eseguire il paga mento al presentatore legittimato da una serie regolare di

girate. Sotto il secondo aspetto si doveva esaminare se il Timi

fosse divenuto titolare del credito cartolare, per avere

acquistato in buona fede il possesso dei titoli di credito

in conformitä delle norme che ne disciplinano la circola

zione (art. 1994 cod. civ.), non ostante che fosse stato

emesso il decreto di ammortamento, nel quale, perõ, i

vaglia cambiari erano necessariamente descritti con le

indicazioni originarie e non con quelle risultanti dai titoli

negoziati dai Timi.

, Questa circostanza, la quale non escludeva che la pro cedura di ammortamento si riferisse ai titoli acquistati dai Timi non ostante la diversity delle indicazioni pre dette, c stata esattamente valutata dalla sentenza impu gnata come uno degli elementi idonei ad escludere la mala fede del ricorrente. All'uopo la Corte ha considerato, al

tresi, che egli aveva corrisposto il controvalore in merci

dei vaglia e, prima di accettarli in pagamento, li aveva

mostrati agli impiegati della Cassa di risparmio, i quali ne avevano confermato la validity ; che, inoltre, la contraf

fazione era stata eseguita con tale ability da trarre in

inganno anche i predetti impiegati della Cassa e perfino i funzionari dell'Istituto emittente, che ne eseguirono il

pagamento. Ma la Corte ha ritenuto che il Timi versasse in colpa

grave, per avere acquistato i titoli senza conoscere, ne

identificare il girante; ha rilevato che la conoscenza del

girante 6 necessaria ai fini di un eventuale azione di ri

valsa contro di lui e che non era stato in grado di fornire

elementi per l'identificazione del girante, la quale non si

era potuta effettuare neppure mediante le indagini esperite

per il procedimento penale. Preliminarmente il ricorrente deduce che la Corte di

merito non avrebbe potuto esaminare tale punto, poiche

l'indagine se l'acquisto di un titolo di credito all'ordine sia

stato viziato da oolpa grave e ammissibile solo nella con

testazione fra l'ammortante ed il nuovo portatore che

giustifichi il suo diritto con una serie continua di girate e promuova opposizione contro il decreto di ammortamento

(art. 20 legge cambiaria). La stessa indagine puõ essere

proposta quando il portatore del titolo contesti la vali

ditä del pagamento fatto dal debitore appunto con dolo

o colpa grave (art. 46), mentre, invece, concreta un'excep tio de iwre tertii quando e proposta dal debitore nei con

fronti del possessore del titolo.

II rilievo non e fondato, per quanto si e giit detto circa

gli effetti della notifica del decreto di ammortamento.

Se e vero clic il pagamento eseguito dopo tale notifica

acquista efficacia liberatoria per il debitore solo in quanto il detentore del titolo sia divenuto titolare del credito

cartolare, per avere acquistato in buona fede e senza colpa

grave il titolo sottratto, deriva che il debitore, il quale eser

citava l'azione di ripetizione nel presupposto che il paga mento e stato eseguito a persona diversa dal creditore,

e, quindi, non ha per lui efficacia liberatoria, e legittimato ad eccepire la mancanza dei predetti requisiti che rende

rebbero valido l'acquisto a non domino. E fondata, invece, l'altra censura, con la quale si de

duce l'omesso esame di circostanze decisive al fine di ac

certare che il Timi aveva proceduto alia identificazione

del girante e che, inoltre, questi era stato identificato

dall'autorita giudiziaria ai fini del procedimento penale. Al riguardo il ricorrente deduce che la Corte ha omesso di

esaminare la documentazione dalla quale risultava che il

girante era stato identificato nella persona di Domenico

Arrigo, nato a Lascari il 28 giugno 1899 e residente in

Palermo, Piazzetta Cilluppo n. 7 ; la censura deve essere

accolta, poichk non vi 6 cenno nella sentenza impugnata dell'esame di tale documentazione.

E pure fondato il rilievo mosso all'altra affermazione

della sentenza, che, cioe, « occorre anche conoscere la per sona del girante », se la Corte ha inteso richiedere «la cono

scenza » come elemento autonomo e concorrente con l'iden

tificazione del girante al fine di escludere la colpa grave

nell'acquisto del titolo.

Se si deve ammettere, infatti, che rientri fra le regole comuni sulla circolazione dei titoli di credito l'esigenza di

un'indagine nei confronti del dante causa, non si puõ, tuttavia, estendere tale onere oltre i limiti di una mera

identificazione e fino a ricomprendere una conoscenza

personale che non valga come mezzo di identificazione.

Peraltro il ricorrente deduce che la Corte del merito

non ha tenuto conto delle altre argomentazioni, corrobo

rate da elementi di prova, intese a dimostrare che l'Ar

rigo si sarebbe presentato e fatto conoscere come inviato

da altra ditta, onde anche sotto tale aspetto la censura deve

essere accolta.

E, infine, esatto l'altro rilievo, che cioc, l'indagine sulla

ricorrenza o meno della colpa grave, quale elemento osta

tivo all'acquisto della titolaritä del credito cartolare, deve riflettere tutte le cricostanze del caso, che devono essere

valutate nel loro complesso. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SOPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile; sentenza 19 maggio 1962, n. 1149; Pres.

Tobbente P., Est. Abbas, P. M. Tobo (concl. conf.) ; Finanze (Aw. dello Stato Cobonas) c. Soc. Lancia

(Aw. Fke).

(Gassa App. Napoli 3 dicembre 1959)

Tassa sull'entrala — Vcndite eliettuate dal eommis

sionario — Pagamento deH'imposta — Gommit

tente — Obbligo esclusivo (R. d. 1. 9 gennaio 1940

n. 2, istituzione di un'imposta generale sull'entrata, art. 6, 13, 43 ; r. d. 26 gennaio 1940 n. 10, regolamento

per l'esecuzione del r. d.l. 9 gennaio 1940 n. 2, art. 23).

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1279 PARTE PRIMA 1280

Nel caso di vendite effettuate dal commissionario, obbligato a pagare I'imposta generate sulVentrata e, ove ricorrano

le condizioni previste dall'art. 23 del regolamento alia legge istitutiva del tributo, il solo committente. (1)

La Corte, eco. — (Omissis). Con l'unico motivo l'Am

ministrazione delle finanze denuncia la violazione e la

falsa applicazione degli art. 6, 43, 13 legge 19 giugno 1940

n. 762, dell'art. 23 regolamento approvato col r. decreto

26 gennaio 1940 n. 10, dell'art. 12 delle preleggi, in rela

zione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., e deduce che la legge, nei passaggi di merce tramite commissionario, ove si av

verino determinate condizioni, considera, ai fini della

applicazione deH'imposta generale sull'entrata, il duplice

passaggio della merce, dal committente al commissionario

e dal commissionario al terzo acquirente, come un unico

atto economico con due distinti soggetti (committente o

commissionario) e perciõ dichiara entrambi tenuti in so

lido al pagamento della imposta. Il ricorso merita di essere accolto, nei soli limiti nei

quali b riferibile al presente giudizio. II quale e stato

promosso dalla Soc. Lancia per avere restituita dall'Am

ministrazione finanziaria la somma di lire 8.331.330, che

aveva dovuto pagare a titolo di imposta generale sull'en

trata per le vendite di automezzi (di cui alle 121 fatture) effettuate dalla sua commissionaria, la Soc. a resp. lim.

Angelo Stemo e C.

La Soc. Lancia sosteneva che non era tenuta al paga mento dell'imposta, perclie la legge non prevede che il

committente debba pagare I'imposta generale sull'en

trata per le vendite effettuate dal commissionario, quando concorrano (e nella specie concorrevano) le condizioni pre viste dall'art. 23 del regolamento 23 gennaio 1940 n. 10.

Unico oggetto del giudizio e quindi stato (e non poteva che essere) l'accertamento se la Soc. Lancia fosse o meno

responsabile dell'imposta, e non anche se di essa dovesse

rispondere singolarmente, od in solido con la commit

tente, la Societa commissionaria.

Si comprende allora come il ricorso, in quanto investe

la sola pranuncia di illegittimita dell'accertamento della

imposta compiuto a carico della Soc. Lancia, põssa essere accolto anche se non si condivide la tesi dell'Amministra

zione, che al pagamento della imposta fosse anche tenuta in solido la Societa commissionaria.

Come ha osservato la Corte di merito nella sentenza

impugnata la legge sull'imposta generale sulla entrata

(art. 13, 3° comma, legge 19 giugno 1940 n. 762) rimanda

per la disciplina del rapporto di imposta nei passaggi di merci effettuati nella Stato da ditte industriali e commer cial! per il tramite di rappresentanti, commessi viaggiatori, commissionari, mediatori ed altri ausiliari ed intermediari del commercio alle norme contenute nel regolamento (art. da 20 a 30 del regolamento 26 gennaio 1940 n. 10).

II principio informatore della legge vigente, come giä quella della legge sulla «tassa di scambio » (r. decreto 28 luglio 1930 n. 1011) che ne rappresenta il precedente storico, e che non costituiscono atti economici (atti di scambio per la legge precedente), che dänno luogo ad entrata imponibile, i passaggi preparatori dello scambio.

In relazione ed in aderenza a tale principio, il regola mento all'art. 21 chiarisce che i passaggi di merce fra le ditte industriali e commerciali ed i loro rappresentanti, che siano depositari di merci per conto delle ditte rappre sentate, non dänno luogo ad entrata imponibile, qualora la rappresentanza risulti conferita per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e registrata, il rappresentante

(1) La sentenza cassata, App. Napoli 3 dicembre 1959, leggesi in Foro it., 1960, I, 655, con nota di richiami, cui adde Mazzilli, La figura del commissionario neile norme dell'im posta sull'entrata, in Corriere amm.., 1960, 1259.

Sui presupposti d'applieabilita dell'art. 25 del regolamento, che, com'e noto, considera intermediari diversi dai rappresentanti, commessi viaggiatori, commissionari e viaggiatori, v. Cass. 11 ottobre 1961, n. 2090, retro, 316, con nota di richiami.

emetta le fatture a nome della ditta rappresentata e le

operazioni fatte dal rappresentante siano registrate cro

nologicamente da questo ultimo nel libro generate. Non si dubita, e la Corte di merito lo riconosce espli

citamente, che il prezzo ricavato dalla vendita effettuata

dal rappresenjtante, quando concorrano le sopracitate con

dizioni, rappresenta una entrata imponibile, ohe ha, come

soggetto passivo dell'imposta la ditta venditrice della

merce, siccome quella a cui favore si verifica l'entrata

(art. 8 della legge). Ma eguale soluzione deve adottarsi an ehe quando la

vendita sia effettuata tramite commissionario, sempre clie concorrano le condizioni o le cautele preyiste dall'art.

23 del regolamento, e cioe il rapporto di commissione ri

sulti da atto pubblico o da scrittura privata registrata o anche da semplice lettera passata dal committente sul

proprio copialettere prima dell'espletamento della com

missione, il commissionario sia iscritto come tale presso la camera di commercio nelle cui circoscrizioni ha il suo

esercizio e le operazioni fatte dal commissionario siano

registrate cronologicamente nel suo libro giornale con

indicazione della ditta per conto della quale ha agito. II contrario assunto della Corte di merito non 6 sor

retto da ragioni valide.

Esatto che la rappresentanza indiretta importa che

chi agisce per conto di altri ma in nome proprio diventa

titolare effettivo dei diritti che derivano dal contratto, e che, se non si vuole snaturare l'istituto del mandato

senza rappresentanza, si deve riconoscere che « nei passaggi di merci a mezzo di commissionario » si attuano due di

stinti trasferimenti, uno strumentale, dal committente al

commissionario, ed uno finale, dal commissionario al terzo

acquirente, ma tali considerazioni non sono risolutive.

Per risolvere il problema che interessa, non giova chia

rire che anche il commissionario k contraente, perche interviene nella conclusione del contratto, giacclie l'imposta non colpisce la manifestazione di volonta come tale, ma il

contenuto economico del contratto concluso. Ora gli ef

fetti economici della compravendita effettuata a mezzo

di commissionario, stante l'obbligo del medesimo di devol

vere i risultati del negozio al committente, si realizzano nel

patrimonio di questo ultimo ; onde e nel committente, destinatario dell'entrata imponibile cui dä luogo l'atto

economico della compravendita a mezzo di commissionario, che deve essere ravvisato il soggetto passivo della imposta.

La Corte di merito ha avuto una visione incompleta del rapporto tributario, allorche lo ha limitato o circoscritto

alia fase finale della vendita della merce dal commissionario

al terzo. La fattispecie dell'art. 23 del regolamento confi

gura un atto economico complesso, la compravendita posta in essere da commercianti ed industriali a mezzo di commis

sionario, in esso entrano in gioco e la compravendita e la

commissione e quindi anche l'obbligo del commissionario

di versare al committente il prezzo riscosso ; in tale situa zione si comprende come l'entrata imponibile, cui dä luogo l'atto economico, non põssa essere costituita che dal prezzo denaro o mezzo di pagamento sostitutivo del danaro, che commerciante od industriale, sempre tramite il commis

sionario, consegue o deve conseguire quale corrispettivo della merce che a suo mezzo ha venduto.

Che questa e non altra sia la soluzione del problema trova una precisa e sicura conferma nel disposto dell'art.

2, lett. d, della legge, secondo cui, per gli ausiliari del

commercio e per tutti coloro, persone fisiche ed enti, che

compiono opera di intermediazione . . . l'entrata e costi tuita dalle provvigioni, aggi e compensi a qualsiasi titolo

percetti in dipendenza dell'esercizio della loro attivitä. 11 che dimostra che il prezzo ricavato dalla vendita della merce effettuata a mezzo di commissionario rappresenta un'entrata imponibile del solo committente.

II ricorso deve pertanto essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata alia Corte di appello di Eoma, che si informerä al seguente principio : « Tenuto a pagare l'imposta generale sulla entrata per la vendita di merce effettuata per suo conto dal commissionario, quando con corrono le condizioni previste dall'art. 23 del regolamento

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1281 GIURISPRUDENZA COŠTITUZIÖNALE E CIVILE 1282

approvato con r. decreto 26 genuaio 1940 n. 10, e il solo

committente ».

Per questi motivi, cassa, eco.

GORTE SÜPREMA DI GASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 16 maggio 1962, n. 1098 ; Pres. Di Pilato P., Est. Perrone Capano, P. M. Colli

(concl. conf.); Cantalupi (Aw. Lucarelli, Amante) c. Carli (Aw. Iacobelli, Cortesi).

(Oonferma App. Milano 20 gennaio 1960)

Obbligazioni e eontratti — Recesso convenzionale —

Recesso legale — Elementi diHerenziali (Cod. civ., art. 1373, 1385).

Obbligazioni e eontratti — Recesso legale e eonven

zionale — Preclusione dell'adempimento tardivo

(Cod. civ., art. 1373, 1456).

La dazione di una somma, a titolo di acconto e caparra, ai

momento della conclusione di un contratto, non preclude Vesercizio delVeventuale diritto di recesso convenzionale

ex art. 1373 cod. civ., e, se accompagnata dalVinadem

pienza di una delle parti, integra i presupposti del recesso

legale previsto dalVart. 1385 cod. civile. (1) jVesercizio del diritto di recesso legale o convenzionale preclude

il tardivo adempimento delValtro contraente. (2)

(1) Riassumo, semplificando, la fattispecie : il compratore dette, ai momento della conclusione del contratto, una somma « a titolo di acconto e caparra » ; non pagõ, poi, nel termine fis sato, ciõ ehe ancora doveva. Il venditore, in conseguenza, « di chiarö nulla la vendita » (le parole tra virgolette sono delle parti in causa). Il compratore protesta la insussistenza di un diritto di recesso nel venditore, il contratto avendo avuto un principio di esecuzione, preclusivo, alla stregua dell'art. 1373 cod. civ., dell'esercizio del recesso.

L'elegante sentenza esamina, a tal proposito, i rapporti tra il recesso convenzionale ex art. 1373 cod. civ. (recesso ab initio, dice il Betti, Neg. giur., pag. 257) e il recesso legale ex art. 1385 cod. civ. (sulla cui natura, vedi Trimarchi, Caparra (dir, civ.), voce dell'Enciclopedia del diritto, VI, pag. 199 ; Callegari. II recesso unilaterale del contratto, Torino, pag. 39 ; Greco, in Calabria giudiz., 1960, 86 ; Miccio, II recesso unilat. dal con

tratto, in Riv. dir. comm., 1952, I, 513 ; Lavaggi, Osserv. sul recesso unilat. dal contratto, in Foro it., 1950, I, 1053), e conclude che quest'ultimo non e una species del recesso unilaterale pre visto dall'art. 1373, bensi un istituto affine, fondato su presup posti diversi (datio arrhae e inadempienza di una delle parti).

L'argomento della sentenza ben serve, in effetti, ad esclu dere 1'applicabilitä, del 1° comma dell'art. 1373 alia fattispecie concreta ; non sembra, peraltro, che la concorrenza di una pe cunia immantinenti tradita con 1'inadempienza di una delle parti, basti ad integrare i presupposti del diritto potestativo di cui al 2° comma dell'art. 1385. Infatti, se la caparra confirmatoria ha, sempre, anche funzione di acconto sul prezzo (cfr. D'Avanzo, Caparra, voce del Novissimo digesto it., II, pag. 895), non ogni acconto e una caparra (a conferma : Cass. 25 ottobre 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Obbligazioni e eontratti, nn. 220-222 ; App. Brescia 3 maggio 1956, id., Rep. 1956, voce eit., nn. 279, 280 ; in dottrina, conforme, Messineo, Man. dir. civ., II, 2, pag. 444 segg.), anzi si presume, fino a prova contraria, la natura di mero anticipo, e non di caparra, della somma consegnata conte stualmente alla stipula (vedi sentenze e autore ora eitati).

Ora, la questione che il ricorso prospettava (sia pure in modo confuso), pretendendo l'insostenibile applicazione del l'art. 1373, era appunto quella della natura della traditio pecu niaria compiuta al momento della conclusione del contratto. Taie questione non e stata risolta in sentenza. Se la caparra, in

fatti, attiene al momento formativo, non a quello esecutivo, del contratto, se, in altre parole, la costituzione di caparra e

un negozio accessorio, mentre la dazione in acconto e un mero atto esecutivo, il rilievo, pur esattissimo, che la somma data al momento della conclusione del contratto non puö costituire

principio di esecuzione ai sensi dell'art. 1373 (e illogico predi sporre una clausola, caducandola alio stesso tempo) non prova la natura arrale della somma, vista 1'identity soggettiva, og

La Corte, eco. —- Devesi disporre la riunione dei due

ricorsi, a norma dell'art. 335 cod. proo. civ., trattandosi

di due impugnazioni proposte separatamente contro la

stessa sentenza.

Col primo motiyo del ricorso principale, nel denunciare

la violazione e falsa applicazione dell'art. 1373 cod. civ., in relazione all'art. 1372 dello stesso codice, la Cantaluppi e le Conconi censurano la impugnata sentenza nella parte in cui ritenne ehe il Corli, a seguito deH'inadempimento di e3se Cantaluppi e Conconi, ebbe a recedere dal con

tratto con lettera in data 21 novembre 1953. Deducono

le ricorrenti: a) ehe nella lettera 21 novembre 1953 il Corli

non dichiarõ di voler recedere dal contratto, ma si limitõ

ad affermare che «ritengo come nullo il nostro preliminare di compravendita »; b) che, comunque, il Corli non avrebbe

potuto esercitare la facoltä di recesso, ai sensi dell'art.

1373 cod. civ., in quanto il contratto aveva avuto un prin

cipio di esecuzione mediante il versamento della somma di

lire 300.000, data dalle compratrici a titolo di « caparra e

acconto contratto ».

Entrambe le censure sono infondate.

£ evidente che non pud discutersi in questa sede circa

il significato e la portata della predetta lettera, nõ puõ essere sindacata l'interpretazione che ad essa e stata data

dai Giudici di merito, i quali hanno ritenuto che il Corli

« dichiarõ sostanzialmente di recedere dal contratto, anche

se uso espressioni giuridicamente inesatte». Tale apprez zamento si presenta immune da errori logici o giuridici e, di conseguenza, si sottrae alle censure formulate nel ri

corso, tenuto eonto che la legge non richiede alcuna for

mula speciale per l'atto di recesso, per il quale basta la

manifestazione, comunque espressa, della volonta, di rece

dere dal contratto.

Inesattamente, poi, le ricorrenti affermano che, nella

specie, il recesso sarebbe stato esercitato ai sensi dell'art.

1373 cod. civile. II Corli si avvalse, invece, della facoltä

concessagli dall'art. 1385 cod. civ., 2° comma, il quale

dispone che « se la parte che ha dato la caparra õ inadem

piente, l'altra parte puõ recedere dal contratto, ritenendo

la caparra ; se inadempiente õ invece la parte che l'ha

ricevuta, l'altra puõ recedere dal contratto ed esigere il

doppio della caparra ».

La differenza fra gli art. 1373 e 1385 e di carattere

sostanziale. II primo contempla il recesso convenzionale, ossia il diritto derivante da una clausola contrattuale che

attribuisca ad una o ad entrambe le parti la facoltä di rece

dere unilateralmente dal contratto, con o senza la presta zione di un corrispettivo ; e disciplina tale recesso con norme

di carattere dispositivo, sulle quali prevale sempre l'auto

nomia della volonta, privata. II secondo, invece, prevede un caso di recesso legale, che trova il suo fondamento nella

caparra confirmatoria ed il suo presupposto nella inadem

pienza dell'altra parte, pur essendo anche esso facoltativo.

Infatti le disposizioni del 2° e del 3° comma dell'art. 1385

lasciano alia parte incolpevole (non inadempiente) una du

pliee facoltä : o avvalersi del recesso, determinando cosi lo scioglimento del vincolo e limitando i propri diritti al

l'importo della caparra (ritenendo, cio&, la caparra ricevuta

o esigendo il doppio di quella data), ovvero domandare

la esecuzione o la risoluzione del contratto, nonche il risar

cimento dei danni realmente sofferti, da accertarsi e li

quidarsi secondo i principi generali. I predetti articoli,

quindi, contengono norme diverse e eontemplano due di

gettiva e formale della dazione in acconto e della costituzione di caparra. Pertanto, a mio sommesso awiso, la sentenza avrebbe dovuto scendere ad una indagine sul terreno causale, valutando il provvedimento del giudice a quo in funzione della trattazione di tale aspetto della controversia.

(2) Nel senso che l'esercizio del diritto di recesso operi ex nunc, Oass. 21 luglio 1956, n. 2830, Foro it., Bep. 1956, voce

Obbligazioni e contratti, n. 261 ; nel senso che l'esperimento, da

parte del contraente adempiente, della risoluzione giudiziale, sia

incompatibile con il recesso unilaterale, Cass. 15 giugno 1951,

id., 1952, I, 891, con nota di richiami. M. C. d. B. M. C. d. B.

il Fobo Italiano — Volume LXXXV — Parte I-82.

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