sezione I civile; sentenza 19 settembre 2003, n. 13895; Pres. De Musis, Est. W. Celentano, P.M.Apice (concl. conf.); Inps (Avv. Cantarini, Morielli, Aime, Tadris) c. Raggi e altri; Alabastri ealtri (Avv. Saraceni, Bonifati) c. Inpdai e altri. Cassa Trib. Lodi, decr. 27 aprile 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 12 (DICEMBRE 2003), pp. 3317/3318-3319/3320Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199710 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 set
tembre 2003, n. 13895; Pres. De Musis, Est. W. Celentano, P.M. Apice (conci, conf.); Inps (Avv. Cantarini, Morielli,
Aime, Tadris) c. Raggi e altri; Alabastri e altri (Avv. Sara
ceni, Bonifati) c. Inpdai e altri. Cassa Trib. Lodi, decr. 27
aprile 2000.
Fallimento — Ripartizione dell'attivo — Creditore privile
giato — Ammissione tardiva — Non imputabilità del ri
tardo — Irrilevanza (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 101, 112).
I creditori ammessi tardivamente al passivo fallimentare con
collocazione in privilegio hanno diritto di concorrere anche
sulle ripartizioni anteriori senza che occorra accertare la non
imputabilità del ritardo. (1)
(1) La disposizione contenuta nell'art. 112 1. fall, sembra dettare un
principio di agevole comprensione e cioè quello del diritto del creditore
privilegiato di partecipare alle ripartizioni anteriori eventualmente già effettuate dal curatore e ciò a prescindere dal fatto che il credito sia stato ammesso in ritardo per colpa ovvero per non imputabilità del cre ditore (in letteratura, è scontato che per i creditori privilegiati il diritto a concorrere anche sui riparti precedenti sia del tutto avulso dalle ragioni del ritardo; cfr., Caiafa, Lezioni di diritto concorsuale, Padova, 2003, 249; Guglielmucci, Lezioni di diritto fallimentare, Torino, 2001, 294; Tedeschi, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2001, 571; Jorio, Le crisi d'impresa. Il fallimento, Milano, 2000, 686; de Ferra, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1998, 257; Didone, La dichiarazione tar diva di credito nel fallimento, Milano, 1998, 174; Lo Cascio, Il falli mento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1995, 420; Montanari, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell'attivo fallimentare, Padova, 1995, 510; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Milano,
1986, 550; Bonsignori, Il fallimento, in Trattato di diritto commerciale e pubblico dell'economia diretto da F. Galgano, Padova, 1986, IX, 695). Viceversa, esaminando la fattispecie oggetto della decisione, si nota che il tribunale aveva ritenuto applicabile anche al creditore pri vilegiato la regola per la quale il diritto a concorrere alle distribuzioni anteriori è condizionato dall'accertamento — con sentenza — della non
imputabilità del ritardo. Per il creditore tardivo vale, come ha ricordato Cass. 19 febbraio
1999, n. 1391, Foro it., 1999, I, 2958, la regola per cui egli non ha di ritto a partecipare a riparti anteriori alla sua ammissione al passivo, né ha diritto all'accantonamento di somme a salvaguardia del suo credito non ancora ammesso.
11 creditore privilegiato, invece, ha diritto di percepire, nei limiti
della disponibilità, l'intero suo credito, eventualmente anche elidendo le quote di riparto dei creditori chirografari, ma senza diritto ad accan
tonamenti; cfr., Cass. 1° marzo 1991, n. 2186, id., Rep. 1991, voce
Fallimento, n. 560. L'unico limite è quello dell'insufficienza dell'atti
vo, posto che in tal caso deve trovare applicazione il principio stabilito
da Cass. 17 dicembre 1990, n. 11961, ibid., n. 562, secondo la quale il
creditore, ammesso tardivamente al passivo del fallimento (anche) nel caso in cui il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile, può par tecipare, ai sensi dell'art. 112 1. fall., alla ripartizione dell'attivo solo
nei limiti della quantità di esso disponibile al momento della sua am
missione, senza che possa pretendere di incrementare le disponibilità residue all'atto dell'ammissione mediante la riduzione dei riparti rice vuti da altri creditori, dovendosi escludere, in presenza dell'espressa regolamentazione dell'art. 112 1. fall., la possibilità di ricorrere ad
un'applicazione in via estensiva della disciplina contenuta nell'art. 114
stessa legge (che prevede, invece, la restituzione delle somme già ri scosse dai creditori, con riferimento ai casi di revocazione di cui al pre cedente art. 102; così anche S atta, Diritto fallimentare. Padova, 1990,
345; Lo Cascio, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, cit., 419;
Montanari, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell'attivo
fallimentare, cit., 511; Bonsignori, Il fallimento, cit., 697; Guglielmuc
ci, Lezioni di diritto fallimentare, cit., 299); su tale argomento, v., di
recente, M. Fabiani, Limiti al principio di stabilità dei riparti concor
datari, in Fallimento, 2000, 874. Sul tema dei rapporti fra insinuazione tardiva e progetti di ripartizio
ne, i precedenti sono a dir poco sporadici; quello più significativo è
rappresentato da Cass. 6 maggio 1991, n. 4988, Foro it.. Rep. 1992, voce cit., n. 629, che ha avuto occasione di soffermarsi su diversi pro fili della vicenda precisando che: a) ai fini della partecipazione del cre
ditore ammesso tardivamente alla successiva ripartizione dell'attivo gli effetti dell'ammissione tardiva del credito con decreto del giudice dele
gato non possono decorrere dalla data della domanda di ammissione al
passivo ovvero dalla data della prima udienza successiva, fissata dal
giudice delegato, ma si verificano solo dopo la realizzazione delle con
dizioni richieste dall'art. 101, 3° comma, 1. fall., e cioè quando in man
canza di contestazioni da parte del curatore circa l'ammissione del
nuovo credito il giudice delegato lo ritenga fondato, ancorché tali con
II Foro Italiano — 2003.
Svolgimento del processo. — Con separati reclami, proposti
ai sensi dell'art. 26 1. fall, in data 5 e 8 febbraio 2000, Giuseppe
Raggi, Angelo Alabastri ed altri creditori del fallimento della
Sicc s.r.l. impugnarono il decreto datato 31 dicembre 1999 con
il quale il giudice delegato aveva approvato il progetto di ripar tizione predisposto dal curatore il 26 maggio 1999.
I reclamanti prospettarono: — l'erroneità del decreto del giudice delegato nella parte in
cui, per aver ritenuto non colpevole il ritardo nell'insinuazione
tardiva dei crediti, da parte degli enti previdenziali Inps ed
Inpdai, aveva conseguentemente disposto l'assegnazione a tali
creditori, tardivamente insinuatisi al passivo ed ammessi per i
loro crediti derivanti dall'anticipazione del t.f.r. con il privilegio di cui all'art. 2751 bis, n. 1, c.c., oltre che delle percentuali at
tribuite con il riparto in questione (il secondo) anche delle quote
corrispondenti ai precedenti riparti; — il diritto al soddisfacimento integrale dei loro crediti pri
vilegiati ex art. 2751 bis e 2776 c.c. con priorità rispetto a quelli
degli altri creditori, insinuatisi tardivamente ed aventi il mede
simo privilegio; nel caso di specie, i due suddetti enti previden ziali per il credito derivante dall'anticipazione del t.f.r. avvenuta
ai sensi della 1. n. 297 del 1982.
Su tali punti, il tribunale considerò quanto segue:
«) se pur rispondeva al disposto dell'art. 2 1. n. 297 del 1982
che nelle procedure concorsuali che traevano origine diretta
mente da una sentenza dichiarativa di fallimento gli enti previ denziali potevano erogare il t.f.r. e le ultime tre mensilità di re
tribuzione soltanto dopo il definitivo accertamento, nello stato
passivo dichiarato esecutivo, dell'entità dei rispettivi crediti, onde l'insinuazione al passivo dei medesimi enti non poteva es
sere che tardiva, nel caso di specie, mentre il fallimento della
soc. Sicc era stato dichiarato a seguito della risoluzione del con
cordato preventivo, le anticipazioni del t.f.r. erano state erogate dal fondo di garanzia nel corso di tale procedura di concordato
(negli anni dal 1985 al 1988), sicché i suddetti enti previdenziali ben avrebbero potuto avanzare l'istanza di ammissione al passi vo subito dopo la dichiarazione di fallimento, senza attendere la
formazione dello stato passivo e la formulazione del secondo
piano di riparto.
dizioni intervengano con ritardo rispetto alla detta udienza precludendo così la partecipazione del creditore ad un riparto medio tempore esple tato; b) è manifestamente infondata la questione di legittimità costitu zionale dell'art. 101, 3° comma, 1. fall., in riferimento agli art. 3 e 24
Cost., nella parte in cui la predetta normativa consente ai soli creditori
tardivi ammessi con sentenza (e non a quelli ammessi con decreto del
giudice delegato) di prelevare sull'attivo non ripartito le quote che sa
rebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni, qualora il ritardo non
sia dipeso da causa loro imputabile potendo la norma essere interpretata in senso estensivo (per l'ammissibilità dell'accertamento della non im
putabilità del ritardo con decreto. Pellegrino, L'accertamento del pas sivo nelle procedure concorsuali, Padova, 1992, 395; Azzolina, Il fal limento e le altre procedure concorsuali, Torino, 1961, 11. 876; Didone, La dichiarazione tardiva di credito nel fallimento, cit., 172; S atta, Di
ritto fallimentare, cit., 345; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, cit., 550; Montanari, I procedimenti di liquidazione e ripartizione del l'attivo fallimentare, cit., 513; Tedeschi, Manuale di diritto fallimenta re, cit., 571; Jorio, Le crisi d'impresa. Il fallimento, cit., 687; Gu
glielmucci, Lezioni di diritto fallimentare, cit., 252; per la soluzione
più restrittiva, v. invece Ferrara, Il fallimento, Milano, 1989, 571); a
sua volta, Cass. 12 novembre 1985, n. 5529. Foro it., Rep. 1986, voce
cit., n. 261, ha stabilito che c) il decreto, con il quale il giudice delega to, a norma dell'art. 112 1. fall., provveda sull'istanza proposta dal cre
ditore insinuato tardivamente, per essere ammesso al prelievo dall'atti vo delle somme che sarebbero a lui spettate in occasione di precedente
ripartizione, integra un provvedimento decisorio su posizioni di diritto
soggettivo, avverso il quale deve essere esclusa la diretta esperibilità del ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111 Cost., stante la sua im
pugnabilità con reclamo al tribunale ai sensi dell'art. 26 1. fall.
A proposito del rapporto fra fondo di garanzia e fallimento, si è rite
nuto nell'ipotesi di cessione del credito, e in particolare anche per il ca
so della surrogazione legale, successiva alla definitiva ammissione nel
passivo fallimentare, che il cessionario possa far valere le sue ragioni non già con una mera notificazione della cessione al fallimento, bensì
mediante insinuazione tardiva ai sensi dell'art. 101 1. fall., essendo in
dispensabile il previo controllo dell'effettività della cessione e dell'in
sussistenza di cause preclusive del credito nei confronti del fallimento
in relazione al nuovo titolare (Cass. 22 febbraio 1995, n. 1997, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 585). [M. Fabiani]
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PARTE PRIMA 3320
Con la conseguenza che il ritardo di tali creditori nell'insi
nuazione non poteva essere giudicato incolpevole e che gli enti
stessi «potevano partecipare soltanto alla seconda ripartizione in
proporzione del loro credito, come previsto dall'art. 112, prima
parte, 1. fall.».
Per di più, osservò ancora il tribunale, «la non colpevolezza nel ritardo da parte degli enti di previdenza era stata affermata
dal giudice delegato senza che fosse stata avanzata domanda di
parte ed al di fuori della sede contenziosa ordinaria prevista dal
l'art. 101 1. fall., laddove lo stesso giudice avrebbe dovuto pro nunciare con sentenza, al termine di un giudizio di cognizione ordinaria e nel contraddittorio delle parti»;
b) la pretesa ulteriore dei creditori reclamanti non aveva fon
damento, atteso che sulla base dei precedenti giurisprudenziali intervenuti sulla questione
— sono richiamate le pronunce di
questa corte n. 7933 del 1996, Foro it., Rep. 1996, voce Lavoro
(rapporto) n. 1642; n. 5036 del 1989, id., Rep. 1990, voce cit., n. 2021, e n. 5606 del 1994, id., 1995, I, 568 — «non v'era
dubbio che il fondo di garanzia, una volta che, nelle ipotesi e
nel rispetto delle procedure previste dall'art. 2 1. n. 297 del
1982, avesse corrisposto il t.f.r. in sostituzione del datore di la
voro divenuto insolvente, assumeva la medesima posizione giu ridica del creditore destinatario del pagamento, con tutti i diritti
e le azioni spettanti a quest'ultimo per effetto della surrogazione
legale ex art. 1203 c.c., espressamente estesa dall'art. 2, 7°
comma, citata 1. 297/82 al privilegio ... sul patrimonio del dato
re di lavoro, ai sensi degli art. 2751 bis e 2776 c.c. per le somme
da esso pagate».
Dunque, concludeva sul punto il tribunale, doveva ritenersi
che «la surrogazione ex lege del fondo al lavoratore o ai suoi
aventi causa nel privilegio di cui all'art. 2751 bis c.c. comporta va che il credito del fondo e gii eventuali crediti di natura retri
butiva dei lavoratori già dipendenti dell'imprenditore fallito
fossero collocati nella medesima posizione e nello stesso grado di privilegio
— in forza del coordinato disposto degli art. 2751
bis, 1203 c.c. e 2 1. 297/82 — nel passivo del fallimento del da
tore di lavoro, essendo previsti al n. 1 dell'art. 2751 bis senza
alcuna graduazione od ordine di precedenza tanto i crediti per le
eventuali retribuzioni dovute quanto quelli relativi ad indennità
dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro».
La considerazione finale del tribunale fu nel senso che «il
progetto di riparto sarà modificato prevedendo l'assegnazione
all'Inps e all'Inpdai della stessa percentuale di credito attribuita
agli altri creditori. L'eventuale recupero di quanto erogato in
sede di primo riparto potrà avvenire in sede di riparto finale,
qualora vi siano residue disponibilità». Nel dispositivo del decreto ora impugnato il tribunale statuì
che «il progetto di ripartizione del 26 maggio 1999 sia modifi
cato prevedendo a) l'erogazione in favore dell'Inps e del
l'Inpdai della stessa percentuale di credito attribuita agli altri
creditori».
Avverso tale decreto l'istituto della previdenza sociale ha
proposto ricorso per cassazione.
Resistono con controricorso i creditori indicati in epigrafe, e
propongono a loro volta ricorso incidentale condizionato.
Con ordinanza emessa all'esito dell'udienza 19 settembre 2002 questa corte ha disposto che il controricorso fosse notifi
cato anche all'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di
aziende industriali (Inpdai). Alla notificazione suddetta i ricor renti incidentali hanno provveduto ritualmente.
Motivi della decisione. — E disposta, preliminarmente, la ri
unione dei due ricorsi, secondo il disposto dell'art. 335 c.p.c. Va inoltre precisato, in limine, che la notificazione del con
troricorso all'Inpdai è stata disposta soltanto ai fini di ristabilire il litisconsorzio processuale, fermi in ogni caso di effetti della
mancata impugnazione da parte del suddetto ente del decreto
emesso dal tribunale.
Il ricorso principale. Con due motivi, l'Inps denuncia:
1) violazione degli art. 101, 111 e 112 1. fall.
Deduce a) che, alla stregua del principio giuridico di «unicità del procedimento concorsuale, sia nella fase del rimedio con
cordatario, sia nella fase eventuale del successivo fallimento», nessun ritardo, men che mai colpevole, c'era stato nell'insinua
zione al passivo del proprio credito, atteso che esso istituto ave va azionato il credito stesso ancor prima della dichiarazione di
fallimento, comunicandolo mediante atto stragiudiziale nella
Il Foro Italiano — 2003.
procedura di concordato preventivo. E ancora, b) che al tribu
nale era nota la natura privilegiata del proprio credito, ex art.
2751 bis c.c., e tuttavia lo stesso tribunale non aveva conside
rato che l'inciso «salvi i diritti di prelazione» contenuto nella
parte finale del primo periodo dell'art. 112 1. fall, escludeva la
sanzione comminata dalla stessa norma per i creditori tardivi
con l'effetto di salvaguardia del privilegio per i tali crediti, on
de, secondo il significato del suddetto inciso, esso istituto non
avrebbe potuto perdere la percentuale già distribuita.
2) Contraddittorietà e illogicità della motivazione su punto decisivo.
Il ricorrente individua il vizio denunciato in ciò che il tribu
nale «da un lato aveva correttamente ribadito l'inesistenza di
particolari preferenze per i crediti dei lavoratori, muniti del me
desimo privilegio dal quale era assistito il credito del fondo di
garanzia, d'altro lato avevano poi, in fatto, negato il principio medesimo con il privare esso istituto della possibilità di attinge re alle quote di pertinenza conseguenti ai precedenti riparti del
l'attivo fallimentare, con l'effetto finale che al fondo finivano
per essere corrisposte somme inferiori a quelle spettanti». Ora, preliminarmente ritenuta irrilevante ogni questione circa
la «colpevolezza» o non della tardività dell'istanza di ammis
sione al passivo —
l'Inps è, infatti, creditore privilegiato ex art.
2751 bis, n. 1, c.c., mentre la sanzione e il pregiudizio che, se
condo la norma, derivano dalla tardività nella proposizione del
l'istanza di ammissione al passivo riguardano esclusivamente i
creditori chirografari (v. Cass. n. 2186 del 1991, id., Rep. 1991, voce Fallimento, n. 560, nella motivazione) — i motivi del ri
corso, congiuntamente disaminati, sono fondati nella parte in
cui, con riferimento alla richiamata norma dell'art. 112 1. fall, e
in particolare all'inciso «salvi i diritti di prelazione», censurano
il decreto impugnato per l'effetto che dalle sue statuizioni di
scende, impeditivo del recupero nella ripartizione immediata
mente successiva all'ammissione del credito dell'Inps delle
quote che ad esso sarebbero spettate nella precedente ripartizio ne.
I creditori privilegiati, infatti, conservano le loro ragioni di
soddisfacimento integrale sulle somme ancora da ripartire in oc
casione, appunto, del primo riparto successivo alla loro ammis
sione. E dunque, la statuizione del tribunale, che ha rinviato al
riparto finale, subordinatamente all'esistenza (in quel tempo) di
residue disponibilità, il recupero della quota già distribuita nel
precedente riparto, risulta, rispetto alla corretta interpretazione della norma, effettivamente lesiva della salvezza dei diritti di
prelazione spettanti all'Inps, che la norma stessa ha voluto in
ogni caso assicurare e garantire. Salvezza dei diritti di prelazione è da intendersi, infatti, anche
in analogia con il disposto degli art. 528, ultimo comma, e 566
c.p.c., nel senso dell'immediatezza (nella prima ripartizione successiva alla loro ammissione) del recupero e del ristabili
mento della condizione di parità con gli altri creditori privile
giati nello stesso grado. Accolto così il ricorso principale, il decreto del tribunale va
cassato con rinvio. Nella nuova decisione sul reclamo avverso il
decreto del giudice delegato, il tribunale si atterrà ai principi di
diritto dinanzi ricordati.
Deve essere disaminato il ricorso incidentale condizionato
(«per l'ipotesi di accoglimento totale o parziale del ricorso prin
cipale») con il quale, sulla base di un unico motivo, è stata de
nunciata la «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2751 bis, n. 1, c.c., in relazione agli art. 1193 c.c. e 2 1. 29 maggio 1982 n.
297 — violazione dei canoni ermeneutici secondo la Costitu
zione» e sostenuta, con argomentazioni critiche anche della
sentenza n. 7933 del 1996 di questa corte, cui il tribunale si è
dichiaratamente uniformato, la «necessità della liquidazione
prioritaria degli altri crediti retributivi dei lavoratori beneficiari dell'anticipazione del t.f.r., rispetto a quelli dell'Inps e del
l'Inpdai quali gestori del fondo di garanzia, che sussisterebbe
persino nell'ipotesi di insinuazione tempestiva degli enti previ denziali.
Tale ricorso ripropone le questioni già sottoposte al tribunale
e da questo risolte correttamente, anche con il richiamo della
pronuncia di questa corte n. 7933 del 1996 (integralmente ri
portata nel corpo del decreto), che i ricorrenti incidentali dichia
rano di «non condividere» ma dalla quale non v'è ragione — né
gli stessi ricorrenti ne prospettano di nuove — di discostarsi.
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