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sezione I civile; sentenza 20 aprile 1985, n. 2609; Pres. Santosuosso, Est. Bologna, P. M....

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sezione I civile; sentenza 20 aprile 1985, n. 2609; Pres. Santosuosso, Est. Bologna, P. M. Ferraiuolo (concl. conf.); Soc. Grosoli (Avv. Lania, Castellini) c. Prefetto di Padova (Avv. dello Stato Fiumara). Conferma Pret. Padova 13 settembre 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1633/1634-1637/1638 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178525 . Accessed: 25/06/2014 10:03 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.40 on Wed, 25 Jun 2014 10:03:51 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione I civile; sentenza 20 aprile 1985, n. 2609; Pres. Santosuosso, Est. Bologna, P. M. Ferraiuolo (concl. conf.); Soc. Grosoli (Avv. Lania, Castellini) c. Prefetto di Padova (Avv.

sezione I civile; sentenza 20 aprile 1985, n. 2609; Pres. Santosuosso, Est. Bologna, P. M.Ferraiuolo (concl. conf.); Soc. Grosoli (Avv. Lania, Castellini) c. Prefetto di Padova (Avv. delloStato Fiumara). Conferma Pret. Padova 13 settembre 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1633/1634-1637/1638Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178525 .

Accessed: 25/06/2014 10:03

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

all'ipotesi di riduzione di orario lavorativo, determinato con esclusivo riferimento a ciascuna settimana del periodo di integra zione, ma adeguare piuttosto tale beneficio alla ratio dell'istituto della c.i.g. comprendendovi ogni contrazione o sospensione dell'at tività produttiva. L'istituto della c.i.g. è infatti predisposto da un lato a favore delle aziende in crisi per situazioni dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore e agli operai ovvero determinato da situazioni temporanee di mercato (art. 1 1. n. 64/75; art. 5 d.l. n. 869/47) al fine di evitare licenziamenti collettivi e, mediante la conservazione dei posti di lavoro, assicu rare la ripresa della piena attività produttiva, nel presupposto di una continuazione sia pure ridotta di tale attività, e dall'altro a favore dei lavoratori al fine di salvaguardare la loro retribuzione in tali periodi. La scomposizione del periodo di integrazione nelle

singole settimane, pretesa dall'istituto ricorrente, con conseguente esclusione del beneficio nell'ipotesi in cui, come nella specie, i lavoratori erano impiegati in gruppi alternati per periodi ultraset timanali, sarebbe contraria a tale ratio perché da una parte priverebbe di ogni sostegno l'azienda, che versando in situazione non imputabile di produttività ridotta si pone mediante un'idonea

organizzazione del lavoro nelle condizioni di una piena ripresa, e dall'altra esporrebbe i dipendenti al pericolo di essere esclusi dalla proroga per il solo fatto di una riduzione dell'orario di lavoro per un gruppo di lavoratori anziché per tutti.

La ripartizione della riduzione tra le diverse settimane del periodo d'integrazione in modo che nel corso di ciascuna settima na debba svolgersi attività lavorativa seppure ridotta non è desumibile né dall'art. 10 d.l. c.p.s. n. 869/47, che ricollegando il calcolo dell'integrazione all'orario di ciascuna settimana offre esclusivamente un parametro di determinazione quantitativa della integrazione; né dall'art. 7, 2° comma, 1. n. 164/75 e dall'art. 2, 2° comma 1. n. 427 dello stesso anno, che, fissando in una settimana, in caso di tardività nella richiesta di integrazione, la retroattività dell'autorizzazione a corrispondere l'integrazione stes sa, pongono un limite contabile all'ammissione e quindi riguarda no le modalità dell'integrazione; né, infine, dagli art. 3 1. n.

164/75 e 5 1. n. 427/75, che, riguardando il calcolo del contributo

figurativo sulla base della retribuzione cui è riferita l'integrazione, non incidono sul computo della integrazione, che, per quanto accennato, resta ancorata, secondo la norma fondamentale dell'art. 2 d.lJgt. n. 788/45, « alla durata media settimanale dell'orario nel

periodo ultrasettimanale considerato ».

La previsione del calcolo medio settimanale nel periodo di mancato lavoro induce a ritenere — conformemente al parere espresso in argomento dal ministero del lavoro — l'ammissibilità di una alternanza di settimane di lavoro piene o ridotte e settimane di cessazione dell'attività lavorativa quando vi sia predetermina zione nella richiesta di proroga: predeterminazione, che garantisce sufficientemente dai pericoli di frode.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 aprile 1985, n. 2609; Pres. Santosuosso, Est. Bologna, P.M. Ter raiuolo (conci, conf.); Soc. Grosoli {Avv. Lania, Castellini) c. Prefetto di Padova (Aw. dello Stato Fiumara). Conferma Pret. Padova 13 settembre 1980.

Prezzi (disciplina dei) — Beni di largo consumo — Carni —

Blocco temporaneo dei prezzi — Disciplina interna — Contrasto con la disciplina comunitaria — Esclusione (Reg. 13 giu gno 1967 n. 121 CEE del consiglio, relativo all'organizzazio ne comune dei mercati nel settore della carne suina; reg. 27 giugno 1968 n. 805 CEE del consiglio, relativo all'organiz zazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine; d.l. 24 luglio 1973 n. 427, disciplina dei prezzi di beni di largo consumo, art. 1, 2; 1. 4 agosto 1973 n. 496, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 24 luglio 1973 n. 427, art.

unico). »

Non sussiste alcun contrasto tra la disciplina comunitaria, dettata dai regolamenti CEE n. 121 del 1967 e n. 805 del 1968,

sull'organizzazione comune dei mercati e sul regime dei prezzi nel settore delle carni suine e bovine, e la disciplina interna

dettata dal d.l. 24 luglio 1973 n. 427, come convertito e

modificato dalla l. 4 agosto 1973 n. 496, che prevedeva un blocco temporaneo dei prezzi di vendita alla produzione, distri buzione e consumo dei beni indicati dalla legge, dal momento che il congelamento dei prezzi nazionali non ha prodotto

Il Foro Italiano — 1985.

alcun perturbamento dell'intero sistema del mercato comune (e va pertanto confermata la sentenza di rigetto dell'opposizione proposta da esercente l'attività di importazione ed esportazione, il commercio e la macellazione di carni, avverso provvedimento

prefettizio di applicazione di sanzione amministrativa per aver

venduto prodotti di cui al punto 1 dell'art. 2 d.l. n. 427/73 a

prezzi superiori a quelli stabiliti). (1)

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 31 luglio 1980, notificata il 23 settembre 1980, il Pretore di Padova rigettava

l'opposizione proposta dalla s.p.a. Grosoli avverso il provvedimen to del prefetto di Padova in data 8 agosto 1979 notificato il 13

agosto 1979 (emanato ai sensi dell'art. 9 1. 3 maggio 1967 n. 317)

con il quale era stata inflitta alla medesima società la sanzione

amministrativa di lire 369.652.000 per la violazione dell'art. 1 d.l.

24 luglio 1973 n. 427, in quanto la suddetta società, esercente

l'attività di importazioni ed esportazioni di carni, il commercio

all'ingrosso di carni fresche, congelate e surgelate, la macellazione

e la lavorazione delle carni, aveva effettuato — nel periodo 24

luglio 1973/31 maggio 1974 — la vendita di prodotti (di cui al

punto 1 dell'art. 2 del suddetto d.l. n. 427/73), a prezzi superiori

a quelli stabiliti alla data del 16 luglio 1973, lucrando la somma

complessiva di lire 184.776.000; la medesima sentenza dichiarava

inammissibile l'opposizione proposta personalmente da Grosoli

Adriano, consigliere delegato della società, in quanto il provvedi

mento prefettizio riguardava esclusivamente la società, sia pure

in persona del suo rappresentante legale.

La motivazione della sentenza impugnata si articola nelle

seguenti proposizioni, interessanti il presente giudizio di cassazio

ni) Nello stesso senso v. Cass. 9 dicembre 1982, nn. 6705 e 6704,

Foro it., Rep. 1983, voce Comunità europee, nn. 316, 317.

iLa soluzione seguita dalla corte di legittimità è in sintonia con il

costante orientamento della Corte di giustizia CE sul tema della

fissazione, da parte di uno Stato membro, di limitazioni alla libera

formazione dei prezzi di alcuni beni a condizione che tale intervento

non incida negativamente sugli obiettivi e sul funzionamento dell'orga

nizzazione comune dei mercati e del relativo regime dei prezzi: per la

diffusa enunciazione di tale direttiva giurisprudenziale v. Corte giust.

17 gennaio 1980, cause riunite 95 e 96/79, id., 1981, IV, 251; 18

ottobre 1979, causa 5/79, ibid., 252, con nota di richiami sul punto;

analogo atteggiamento viene espresso in relazione al problema della

compatibilità del potere di imposizione fiscale dei singoli Stati con le

norme comunitarie che prevedono organizzazioni comuni dei mercati:

cfr., di recente, Corte giust. 26 ottobre 1983, causa 297/82, id.,

1984, IV, 202, con nota di richiami di Del Din.

Sul conflitto tra normativa comunitaria e disciplina interna dei

prezzi, in relazione al settore dei monopoli sui tabacchi, v., da ultimo,

Corte giust. CE 21 giugno 1983, causa 90/82 e 7 giugno 1983, causa

78/82, ibid., 1, con nota di richiami. In dottrina, oltre le indicazioni contenute nelle note di richiami

citate, v. Capelli, Disciplina nazionale in materia di prezzi e normati

va comunitaria, in Dir. scambi internaz., 1981, 485; Id., Prezzi imposti

dagli Stati e normativa agricola comunitaria, id., 1980, 302; Id., Interventi nazionali sui prezzi e normativa agricola comunitaria, ibid.,

431. Sempre in margine alla vicenda del blocco temporaneo dei prezzi

operato dalla 1. 496/73 vanno ricordate Cass. 15 novembre 1979, n. 5946,

Foro it., 1980, I, 1389, con nota di richiami, a cui dire un possibile contrasto tra la disciplina interna e quella comunitaria può essere

affermato solo in presenza di un effettivo perturbamento del mercato

comune a causa del provvedimento nazionale (nella specie, si trattava

del blocco del prezzo degli oli di semi); Cass. 18 luglio 1979, n. 4260,

id., Rep. 1979, voce Prezzi (disciplina dei), n. 56, che ha dichiarato

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della

norma istitutiva del blocco dei prezzi per disparità di trattamento, in

quanto « nel determinare un congelamento dei prezzi ai livelli praticati dalle singole imprese... tengono conto delle diverse situazioni di fatto

in precedenza determinate dalle libere leggi di mercato »; Cass. 4

agosto 1977, n. 3479, id., 1978, I, 132, con nota di richiami, che ha

dichiarato altresì' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del blocco dei prezzi in riferimento agli art. 3, 4, 10, 41, 42 e 53 Cost.

iPer la recente dichiarazione d'inammissibilità della questione di

legittimità costituzionale relativa al contrasto tra la normativa comuni taria ed il citato provvedimento del blocco-prezzi per gli oli di oliva v. Corte cost. 22 febbraio 1985, n. 47, id., 1985, I, 933, con nota di richiami.

Sulle vicende francesi del decreto n. 76/86 del 22 settembre 1976, che bloccava i prezzi dei prodotti ad ogni stato di commercializzazio

ne, v. Cass. Francia 14 gennaio 1980 ed App. Rouen 25 marzo 1980, id., Rep. 1981, voce Comunità europee, nn. 326, 325, che hanno affermato il contrasto tra tale disciplina ed il regolamento CEE n.

804/68 sull'organizzazione del mercato lattiero-caseario in relazione al blocco dei prezzi dei prodotti d'allevamento per vitelli a base di latte (per l'opposta soluzione v., invece, App. Versailles 28 novembre 1978, ibid., n. 327).

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1635 PARTE PRIMA 1636

ne: a) la prescrizione quinquennale del diritto a ripetere la somma dovuta (prevista dall'art. 12 1. n. 317/67) non è maturata, poiché il periodo rilevante, ai fini della prescrizione e corrente dal 31 maggio 1974 (data -dell'ultima pretesa violazione) al 24 luglio 1979 (data di notificazione della ingiunzione prefettizia) risulta essere stato interrotto dalla comunicazione del verbale di contesta zione effettuata il 19 agosto 1974 dalla guardia di finanza: detto verbale contiene una precisa contestazione dei fatti con riferimen to a specifiche disposizioni di legge ed all'entità dell'infrazione, ed il rappresentante legale espresse il suo punto di vista sulla

contestazione con una « memoria » allegata al processo verbale che personalmente sottoscrisse; b) il processo verbale redatto in

data 19 agosto 1974 ha tutti i requisiti richiesti per la sua

validità, contenendo menzione del luogo, anno, mese e giorno in

cui era stato iniziato e poi concluso, i nomi delle persone intervenute, l'indicazione delle osservazioni effettuate e dei risulta

ti ottenuti, le dichiarazioni ricevute dall'ufficiale procedente; c) né

sussiste il dedotto contrasto tra il d.l. 24 luglio 1973 n. 427 (poi convertito con modificazioni nella 1. 4 agosto 1973 n. 496) ed

alcune norme comunitarie (regolamenti 121/67 del 13 giugno 1967, relativo all'organizzazione comune del mercato nel settore

delle carni suine, 805/68 del 27 giugno 1968, relativo all'organiz zazione comune del mercato nel settore delle carni bovine); è

esatto che la Corte di giustizia ha più volte affermato che nei

settori regolati da un'organizzazione di mercato gli Stati membri

non possono unilateralmente intervenire sul sistema di formazione dei prezzi assoggettando il processo di formazione dei medesimi ad interventi amministrativi; tuttavia il d.l. n. 427/73, disponendo che i prezzi di vendita alla produzione, alla distribuzione, al consumo di alcuni beni, non potevano superare sino al 31 ottobre 1973 quelli praticati al 16 luglio 1974, aveva lo scopo di non sostituire la normativa comunitaria in tema di mercato comune nei settori delle carni bovine e suine, ma di fronteggiare una

grave situazione interna con un provvedimento limitato oggettiva mente e temporalmente; infatti si era trattato di mantenere fermi

per breve tempo alcuni prezzi liberalmente determinati; inoltre, l'art. 5 del medesimo d.l. aveva previsto un procedimento sempli ce per ottenere variazioni di prezzo secondo le leggi di mercato, e ciò rappresentava un'autentica valvola di sicurezza per evitare turbamenti sul processo di formazione dei prezzi delle carni nell'ambito comunitario.

Avverso la sentenza del Pretore di Padova la s.p.a. Grosoli ha

proposto ricorso per cassazione ai sensi dell'art. Ill Cost., articolato in quattro motivi di annullamento. La prefettura di

Padova, resiste con controricorso. La società ricorrente ha deposi tato memoria.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il quarto motivo si deduce la violazione degli art. 5, n. 2, e 29, lett. e), del trattato di Roma e dei regolamenti comunitari n. 805/68 e n. 121/67, per avere il Pretore di Padova nella sentenza impugnata erroneamente ritenuto che il d.l. n. 427/73 — nella parte in cui aveva bloccato il prezzo delle carni fresche di qualunque specie animale — non fosse in contrasto con la normativa comunitaria e non potesse turbare il processo di formazione dei prezzi delle carni nell'ambi to comunitario, e ciò in considerazione del contenuto del d.l.

sopraindicato, il quale non aveva imposto un prezzo d'imperio ma si era limitato a tenere fermi per un breve periodo alcuni prezzi già liberamente formatisi; in particolare, secondo la società

ricorrente, i richiamati regolamenti comunitari avevano instaurato un regime comune dei prezzi da applicare nelle fasi di produzione e di commercio all'ingrosso, lasciando inalterato il potere degli Stati membri di intervenire nel processo di formazione dei prezzi nelle fasi -del commercio al minuto e del consumo; e nella specie, i verbali di accertamento avevano riguardato differenze di prezzo relativamente a vendite all'ingrosso.

La censura non può trovare accoglimento. I regolamenti CEE n.

121/67 e n. 805/68 hanno introdotto nell'area comunitaria una

organizzazione comune dei mercati rispettivamente nel settore delle carni suine ed in quello delle carni bovine senza distinguere tra i momenti del commercio all'ingrosso ed al minuto.

In particolare, il primo regolamento prevede la necessità di un

regime dei prezzi e degli scambi per prodotti espressamente indicati (art. 1), l'adozione di misure comunitarie per evitare od

attenuare una forte flessione dei prezzi mediante aiuti all'ammasso

privato ed acquisti effettuati dagli organismi di intervento (art. 2,

3), la fissazione di prezzi base tenendo conto del prezzo limite e del prelievo applicabili in un trimestre e di un livello tale da

assicurare la stabilizzazione di eccedenze strutturali nella Comuni

tà (art. 4). Il secondo regolamento, oltre a considerare misure comunitarie

generali idonee alla formazione ed al corretto funzionamento di

Il Foro Italiano — 1985.

un regime comune degli scambi e dei prezzi (art. 1, 2), prevede sia la fissazione annuale (anteriormente al 1" agosto) — per la

campagna di commercializzazione dell'anno successivo — di un

prezzo di orientamento per i vitelli e di altro prezzo d'orienta

mento dei bovini adulti tenendo conto specificamente delle pro

spettive di sviluppo della produzione e del consumo di carni

bovine, della situazione del mercato del latte e dei prodotti

lattiero-caseari, dell'esperienza acquisita (art. 3), sia l'adozione di

misure d'intervento (quali aiuti all'ammasso previsto ed acquisti

effettuati dagli organismi di intervento) per evitare od attenuare

una rilevante flessione dei prezzi (art. 5).

La Corte di giustizia della Comunità, in sede di interpretazione

(ad essa riservata dall'art. 177 del trattato di Roma) dei regola

menti comunitari concernenti l'organizzazione comune dei mercati

in settori diversi, ha formulato alcuni orientamenti: a) nei settori

disciplinati da un'organizzazione comune di mercato e da un

regime dei prezzi, gli Stati membri non possono intervenire

unilateralmente con norme interne nel processo di formazione dei

prezzi relativamente alle fasi della produzione e del commercio

all'ingrosso, mtntre restano liberi di emanare norme relative ai

prezzi del commercio al minuto e del consumo, sempre che queste

ultime norme non mettano in pericolo gli obiettivi ed il funzio

namento della organizzazione comune del mercato (Corte di

giustizia CEE 29 giugno 1978, causa n. 154/77, id., 1980, IV,

406; 12 luglio 1979, causa n. 223/78, ibid., 157; 8 ottobre

1979, causa n. 5/79, id., 1981, IV, 252; 17 gennaio 1980, cause nn. 95-96/79, ibid., 251); b) gli obiettivi ed il funzionamen

to dell'organizzazione comune dei mercati possono considerarsi in

pericolo quando un prezzo massimo interno (che, se relativo

all'importazione, costituisce una misura di effetto equivalente ad

una restrizione quantitativa) sia fissato ad un livello tanto basso

che, tenuto conto della situazione generale dei prodotti importati

rispetto a quella dei prodotti nazionali, gli operatori interessati

alle importazioni dei prodotti in questione siano esposti ad

operare in perdita (Corte giustizia CEE 26 febbraiio 1976, cause riunite nn. 88-90/75, id., 1976, IV, 281); c) indipendente mente dalla fase commerciale considerata, la fissazione unilaterale, da parte di uno Stato membro, dei prezzi è incompatibile con le

norme comunitarie in tema di organizzazione comune dei mercati

qualora metta in pericolo gli obiettivi ed il funzionamento della suddetta organizzazione e del suo regime comune dei

prezzi (Corte di giustizia CEE 26 febbraio 1976, causa n. 65/75 e cause riunite nn. 88-90/75 cit.).

Dagli orientamenti sopra delineati della Corte di giustizia CEE si deve ricavare il convincimento che la fase commerciale conside rata (vendite al minuto o all'ingrosso) non assume rilevanza determinante nell'affermare o negare l'esistenza di un possibile conflitto di poteri tra CEE e Stati membri in rapporto all'esisten

za di norme comunitarie ed interessi incidenti nella medesima materia e che il potere di intervento unilaterale dei singoli Stati membri nella determinazione dei prezzi interni non è negato in assoluto ma in rapporto ad una potenziale incidenza negati/a sugli obiettivi e sul frazionamento dell'organizzazione comune dei mercati e del regime comune dei prezzi.

Detta potenziale incidenza negativa deve essere accertata in concreto con riferimento allo specifico provvedimento adottato dal

singolo Stato membro.

In relazione alle osservazioni sin qui svolte si deve escludere l'esistenza di un contrasto tra il d.l. 24 luglio 1973 n. 427 convertito nella 1. 4 agosto 1973 n. 496 e le norme comunitarie, ed in particolare con i regolamenti CEE 121/67 ed 805/68.

Invero l'art. 1 del menzionato d.l. disponeva che i prezzi di

vendita alla produzione, distribuzione e consumo dei beni indicati nel provvedimento non potessero superare fino al 31 ottobre 1973

(quindi per un periodo di circa tre mesi) i prezzi praticati al 16

luglio stesso anno, mentre l'art. 2, 2° comma, introduceva l'ecce zione secondo cui i medesimi prezzi potessero essere variati anche

prima del 31 ottobre 1973 in relazione alla normativa ed ai

prezzi comunitari sugli scambi fra i paesi membri e con i paesi terzi; ed ai sensi dell'art. 5 a partire dal 1° novembre 1973 era

previsto un procedimento (con domanda al C.i.p.) per eventuali aumenti dei prezzi.

A giudizio di questa corte, il semplice blocco dei prezzi (così come si erano già liberamente formati secondo le leggi economi che di mercato) unito alla brevità della relativa durata è elemento sufficiente ad escludere che esso possa esercitare alcuna influenza sul processo di formazione dei prezzi, mentre la norma di

salvaguardia introdotta in relazione alla normativa ed ai prezzi comunitari costituisce manifestazione espressa di conformità della

legge interna alle norme comunitarie; detto risultato è confermato

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dall'introduzione della generale norma correttiva del blocco a

partire dal 1° novembre 1973. Nel medesimo senso si è espressa questa corte (Cass. n.

6704/82, id., Rep. 1983, voce Comunità europee, n. 317) affer mando che il regime giuridico, derivante dall'applicazione del suddetto d.l. e relativa legge di conversione, non è destinato ad incidere negativamente sull'organizzazione del mercato comunita

rio, mirando unicamente a scoraggiare manovre speculative inter

ne.

L'interpretazione del d.l. e della legge di conversione ricono

scibile cioè in sostanziale coerenza delle norme relative con l'ordi

namento comunitario trovano conferma in altre decisioni di questa corte. E precisamente, secondo dette decisioni, la norma del d.l. n.

427/73 e della 1. di conversione n. 496/73 avevano introdotto un

sistema temporaneo di congelamento degli incassi degli operatori senza prelievi di natura fiscale e discriminazioni tra categorie di

destinatari nel rispetto dei principi internazionali generalmente riconosciuti (Cass. n. 3479/77, id., 1978, I, 132); le medesime

norme, nel determinare un congelamento dei prezzi ai livelli

praticati dalle singole imprese all'atto della loro entrata in vigore,

hanno tenuto conto delle diverse situazioni di fatto in precedenza determinate dalle libere leggi del mercato (Cass. n. 4260/79, id.,

Rep. 1979, voce Prezzi (disciplina dei), n. 56), mentre la confìgu rabilità stessa di un contrasto tra il suddetto d.l. e le norme

comunitarie sarebbe comunque subordinato alla ipotizzabilità di

una perturbazione (peraltro, non individuabile) dell'intero sistema

del mercato comune in conseguenza del blocco stesso (Cass. n.

5946/79, id., 1980, I, 1389). In conclusione si deve ritenere che la sentenza impugnata,

nell'escludere, sulla base di una motivazione sostanzialmente in

linea con i rilievi sopraformulati, che il d.l. in questione abbia

comportato turbativa del mercato dei prezzi comunitari delle

carni fresche si presenta giuridicamente corretta e logicamente

adeguata.

Conseguentemente questa corte ritiene di dover rigettare il

ricorso. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 aprile

1985, n. 2483; Pres. Falcone, Est. Lipari, P. M. Amirante

(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Onufrio) c.

Montanari e Calboli (Avv. Tomassi, Cilla, Patti). Conferma

App. Bologna 24 giugno 1980.

Fabbricati (imposta sul reddito dei) — Immobile adibito ad

attività alberghiera — Esenzione venticinquennale — Omissione

dell'istanza per il riconoscimento — Decadenza dal diritto —

Esclusione — Successiva opposizione in via giurisdizionale —

Ammissibilità.

Il diritto all'esenzione venticinquennale dall'imposta sul reddito

dei fabbricati per gli immobili adibiti ad attività alberghiera non sorge automaticamente ma deve esser fatto valere mediante

apposita istanza; ove il contribuente non abbia provveduto a proporre tale istanza in sede amministrativa non decade

dall'esenzione, in quanto può sempre agire in via giurisdiziona le per il riconoscimento del diritto opponendosi tempestivamen te all'accertamento o all'iscrizione a ruolo dell'imposta. (1)

(1) Non constano precedenti in termini. La sentenza in epigrafe (che fa il paio con la n. 2482 emessa tra le

stesse parti e dallo stesso collegio giudicante), nel risolvere la questio ne sottopostale, ha attinto a quegli orientamenti giurisprudenziali che ammettono il riconoscimento del diritto ad esenzioni tributarie, anche in difetto di iniziativa del contribuente in sede amministrativa, ove il

rapporto tributario non sia ancora divenuto definitivo ed il contribuen te si opponga — in sede giurisdizionale — all'accertamento oppure all'iscrizione a ruolo.

In particolare vanno ricordate, in tema di esenzione decennale

dall'imposta di ricchezza mobile per i nuovi impianti industriali nel

mezzogiorno, Cass. 10 giugno 1982, n. 3515, Foro it., Rep. 1982, voce Ricchezza mobile (imposta), n. 126; 14 giugno 1977, n. 2462, id., 1978, I, 992, con nota di richiami (per la stessa esenzione nelle aree del centro-nord, v. Cass. 21 ottobre 1981, n. 5506, id., Rep. 1982, voce

cit., n. 119) secondo le quali la domanda di ammissione all'esenzione, presentata successivamente al completamento dei lavori o comunque in

epoca successiva al sorgere delle facoltà di richiedere l'esenzione, opera solo per i periodi successivi mentre il beneficio non è concedibile per le annualità in cui i rapporti tributari siano divenuti definitivi né è ammissibile la ripetizione di quanto versato (su questo profilo cfr.

Il Foro Italiano — 1985.

Svoglimento del processo. — L'ufficio distrettuale delle imposte dirette di Ravenna accertava per l'anno 1973 un reddito lordo di lire 7.800.000 (netto di lire 5.200.000) nei confronti di Pietro Montanari e Giuseppe Galboli, quali proprietari di un immobile adibito ad albergo. I contribuenti ricorrevano alla commissione di

primo grado, sostenendo che l'immobile era esente dalle imposte sui fabbricati; e la commissione adita determinava il reddito sia

agli efletti dell'imposta sui fabbricati che di quella complementare in lire 200.000, con decisione confermata da quella di secondo

grado. Il Montanari ed il Calboli convenivano in giudizio davanti alla

Corte d'appello di Bologna l'amministrazione finanziaria per senti re dichiarare l'esenzione per l'immobile considerato e per l'anno di riferimento, ed il giudice adito accoglieva la domanda. Osser vava il collegio che, secondo la commissione, per il beneficio del l'esenzione venticinquennale occorre che il contribuente presenti al competente ufficio apposita istanza, corredata della prescritta documentazione, non bastando la sussistenza oggettiva dei pre supposti di leggi. Doveva all'opposto ritenersi che l'esenzione

spettasse indipendentemente da apposita istanza se nulla in con trario disponga la legge mentre nessuna prescrizione nel senso di imporre la richiesta ad hoc si rinveniva nelle leggi che si erano succedute nella concessione dell'esenzione agli edifici adibiti ad uso alberghiero. Poiché nella specie sulla tempestiva ultima zione del fabbricato e sulla sua persistente destinazione non vi erano dubbi, la pretesa del contribuente di vedersi riconosciuto il diritto all'esenzione per il periodo controverso andava accolta.

Contro la riassunta sentenza, emessa ai sensi dell'art. 40 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, l'amministrazione delle finanze di Stato

ha presentato ricorso per cassazione, affidato ad unico mezzo. I contribuenti resistono con controricorso illustrato da memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Si tratta di stabilire se, nel

concorso dei presupposti oggettivi richiesti dalla legge, i contri buenti per fruire dell'esenzione venticinquennale dall'imposta fabbricati relativamente ad un immobile adibito ad albergo siano tenuti a presentare previamente apposita istanza documentata, se

cioè detta esenzione operi o meno automaticamente; ed ulterior

mente, esclusa la automaticità, di individuare il momento finale

per fare valere, in via di reazione, il diritto all'esenzione nei

anche Comm. trib. centrale 25 febbraio 1982, n. 2002, ibid., n. 128, che, ai fini della tempestività della domanda di esonero, considera sullo stesso piano la proposizione della domanda nella dichiarazione dei redditi e l'opposizione all'accertamento o all'iscrizione a ruolo); sulla deduzione ai fini dell'i.l.o.r. prevista dall'art. 7 d.p.r. 599/73, Cass. 16 febbraio 1982, n. 952, ibid., voce Tributi locali, n. 153; 14 gennaio 1982, n. 224, ibid., n. 154; 21 novembre 1981, n. 6199, id., 1982, I, 64, con nota di richiami; 19 novembre 1981, nn. 6134-6150, id., Rep. 1981, voce cit., nn. 151-167; 17 novembre 1981, n. 6095, id., Rep. 1982, voce cit., n. 156; 9 novembre 1981, n. 5917, ibid., n. 157; 28 ottobre 1981, nn. 5646-5654, id., Rep. 1981, voce cit., nn. 174-182; 26 maggio 1981, n. 3459, id., 1981, I, 2185, con nota di richiami, a cui dire la mancata presentazione della richiesta di deduzione nella dichiarazione dei redditi non esclude la possibilità per il contribuente di ricorrere contro l'iscrizione a ruolo oppure, nell'ipo tesi di autotassazione, contro il rifiuto dell'amministrazione alla restitu zione di quanto pagato in eccedenza (nello stesso senso è la costante giurisprudenza della Commissione tributaria centrale: v., tra le più recenti, dee. 13 luglio 1983, n. 1984, id., Rep. 1983, voce cit., n. 248; 16 giugno 1983, n. 1374, ibid., n. 249; 10 giugno 1983, n. 1248, ibid., n. 250; 3 giugno 1983, n. 1182, ibid., n. 252; 25 maggio 1983, n. 982, ibid., n. 253; 19 maggio 1983, n. 837, ibid., n. 254; 7 maggio 1983, n. 654, ibid., n. 255; 30 aprile 1983, n. 542, ibid., n. 256; 22 aprile 1983, n. 446, ibid., n. 257; 9 giugno 1982, n. 4994, ibid., n. 259; 26 maggio 1982, n. 3904, ibid., n. 261).

Sui presupposti dell'esenzione dall'imposta sul reddito dei fabbricati cfr. Comm. trib. centrale 9 aprile 1981, n. 4222, id., Rep. 1981, voce Fabbricati (imposta sul reddito dei), n. 5, che ha escluso il diritto all'esenzione del proprietario di immobile che lo aveva dato in fitto a terzi con l'intera attività alberghiera; Comm. trib. centrale 24 ottobre 1975, n. 12980, id., Rep. 1976, voce cit., n. 10, che ha parimenti escluso dall'esenzione il proprietario di immobile in cui si svolgeva la conduzione di un albergo dal momento che titolare della licenza alberghiera non era lo stesso proprietario ma la figlia; Comm. trib. centrale 5 aprile 1968, n. 96281, id., Rep. 1968, voce Fondiaria sui terreni e sui fabbricati (imposta), n. 13, a cui dire va concessa l'esenzione anche se l'intestatario della licenza non risulti possessore del fabbricato ma sia accertata l'esistenza, tra i due soggetti, di un vincolo sociale; Comm. trib. centrale 26 ottobre 1962, n. 63806, id., Rep. 1963, voce cit., n. 10, che ha negato l'esenzione all'usufruttuario di un fabbricato in cui la moglie, proprietaria dello stesso, svolgeva attività alberghiera.

Sul fenomeno dell'esenzione v., in generale, D'Amati, Agevolazioni ed esenzioni tributarie, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1980, I, 153 ss.

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