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sezione I civile; sentenza 20 aprile 2004, n. 7473; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. Abbritti (concl....

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sezione I civile; sentenza 20 aprile 2004, n. 7473; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. Abbritti (concl. conf.); Min. interno e altro (Avv. dello Stato) c. Trapscheva. Cassa App. Perugia, decr. 30 gennaio 2002 Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 11 (NOVEMBRE 2005), pp. 3203/3204-3205/3206 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23201165 . Accessed: 25/06/2014 04:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.92 on Wed, 25 Jun 2014 04:42:26 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 20 aprile 2004, n. 7473; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. Abbritti (concl.conf.); Min. interno e altro (Avv. dello Stato) c. Trapscheva. Cassa App. Perugia, decr. 30gennaio 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 11 (NOVEMBRE 2005), pp. 3203/3204-3205/3206Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201165 .

Accessed: 25/06/2014 04:42

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3203 PARTE PRIMA 3204

inglese (peraltro entrambe sconosciute alla ricorrente), in ordine alle sanzioni stabilite per il caso di inosservanza dei provvedi menti.

2. - Il Tribunale di Pordenone rigettava il ricorso perché, da un lato, l'autografia della sottoscrizione non rappresenterebbe un requisito di esistenza del provvedimento e, inoltre, la produ zione in corso di procedimento giurisdizionale della copia con forme all'originale da parte del funzionario della prefettura ne avrebbe confermato la sua efficacia probatoria, e da un altro, la lacunosità o imprecisione non attinente a elementi non essen ziali dell'atto (la familiarità della lingua italiana sarebbe stata attestata dal funzionario comparso nel corso del giudizio, il

quale avrebbe riferito dell'uso della lingua da parte della stra

niera) sarebbero pienamente sanabili (specie quando, come nella

specie, non si sarebbe verificata alcuna lesione delle facoltà di fensive dell'espulsa).

3. - Contro tale provvedimento propone ricorso per cassazio ne la sig. Viorica Ciomag Cic, affidato a due motivi. La prefet tura di Pordenone non ha svolto difese.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente si duole dell'inesistenza dell'atto perché sprovvisto di sottoscrizione, con data certa, dell'autorità preposta ovvero dell'attestazione della conformità all'originale accertata da altro

pubblico ufficiale o incaricato debitamente autorizzato. Tale

qualità dell'atto, ovviamente, deve preesistere al momento in cui esso dovrebbe esplicare i suoi effetti e non essere ad esso successiva.

2. - Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la nullità dell'atto per contraddittorietà dei suoi contenuti (le con

seguenze sanzionatorie scaturenti dall'inosservanza degli ordini

impartiti) con riguardo alla sua versione in lingua italiana e

quella in lingua inglese. 3. - Il primo motivo di ricorso è fondato e impone l'accogli

mento dell'impugnazione, con l'assorbimento del secondo mez zo.

3.1. - Trovandosi a giudicare una fattispecie pressoché analo

ga, questa corte (sentenza n. 13871 del 2001, Foro it., Rep. 2001, voce Straniero, n. 107) ha avuto modo di enunciare il

principio di diritto secondo il quale il provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero ben può essere comunicato all'inte ressato in copia conforme formata dal pubblico ufficiale auto

rizzato, atteso che l'autenticazione a norma dell'art. 14 1. 4 gen naio 1968 n. 15 offre la certezza, fino a querela di falso, della esistenza del provvedimento originale conforme e dell'autografa sottoscrizione dell'organo competente.

Nella specie la ricorrente censurava il fatto che la copia con forme del provvedimento di espulsione a lui comunicata non ri

sultasse, anch'essa, sottoscritta dal prefetto, ma da un funziona rio delegato e la Suprema corte, enunciando il principio di cui in

massima, ha respinto la censura. In particolare, la corte, nell'esaminare il motivo di impugna

zione con il quale la ricorrente deduceva la violazione dell'art. 13 d.leg. 286/98 e affermava che il decreto notificato non risul tava sottoscritto dal prefetto, «recando in calce 'l'indicazione di

F.F.', sicché tale provvedimento non poteva essere considerato atto 'perfetto' ('tale solo se sottoscritto da chi ne è istituzional mente preposto')» osservava che bene aveva fatto il tribunale ad osservare che: «con la notificazione, all'interessata, certificata conforme all'originale dal funzionario di polizia addetto all'uf ficio depositario dell'atto e recante l'indicazione della sottoscri zione del prefetto, (si) offriva la certezza dell'esistenza del

provvedimento originale conforme, con l'autografa sottoscri zione dell'organo competente». Constatazione, questa, inecce

pibile, perché «fondata sul disposto dell'art. 14 — espressa

mente richiamato — 1. 4 gennaio 1968 n. 15 (recante norme sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione di firme)». Mentre «in patente contrasto con lo stesso disposto si pone l'affermazione (contenuta nella memoria della ricorrente) secondo cui il decreto di espulsione, 'che deve essere obbligatoriamente notificato al destinatario, non può es sere una copia conforme, bensì anch'esso deve avere le stesse caratteristiche dell'originale, cioè a dire deve recare la firma autentica del prefetto': quando appunto T'autenticazione', a norma dello stesso art. 14, vale a conferire alla 'copia' — fino a

querela di falso — la corrispondenza testuale all'atto originale, che ovviamente costituisce un unicum e che rimane depositato presso la pubblica amministrazione che lo ha emesso».

3.2. - Insomma, questa corte ha ritenuto sì esistente il prov vedimento che, in conformità delle disposizioni contenute nel l'art. 14 1. 4 gennaio 1968 n. 15, offra la certezza, fino a querela

Il Foro Italiano — 2005.

di falso, del provvedimento originale conforme e dell'autografa sottoscrizione dell'organo competente. Ma non si è spinta fino all'assurdo di presumere la legittimità (o l'esistenza) di un

provvedimento che, specificamente impugnato sul punto, rechi soltanto la dicitura 'Il prefetto' senza neppure l'indicazione di conformità all'originale da parte di un funzionario della prefet tura (ora, ai sensi del d.leg. 21 gennaio 2004 n. 29: ufficio ter ritoriale del governo).

Né tale difetto (che è, se non dell'esistenza, della legittimità dell'atto) è suscettibile di sanatoria, attraverso la produzione di una copia conforme all'originale, nel corso del procedimento giurisdizionale per la sua impugnazione da parte del destinata

rio, discutendosi soltanto, ferma la necessità dell'attestazione di conformità della copia all'originale del provvedimento espulsi vo, della possibilità dell'applicazione dei principi di autotutela da parte dell'amministrazione (per la tesi affermativa, v. Cass. n. 17857 del 2002, id., Rep. 2003, voce cit., n. 208), prima an cora dell'impugnativa del provvedimento da parte del suo desti

natario, davanti ai competenti organi giurisdizionali ordinari o amministrativi.

Ma lo scrutinio di tale questione non è necessario nell'eco nomia di questa decisione, per la quale basta che sia cassato il

provvedimento di rigetto dell'impugnativa dell'espulsione, da

parte del Tribunale di Pordenone e, non necessitando ulteriori accertamenti di merito, che la causa sia decisa, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., con l'annullamento del provvedimento espulsivo.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 aprile 2004, n. 7473; Pres. Losavio, Est. Forte, P.M. Abbru tì (conci, conf.); Min. interno e altro (Avv. dello Stato) c.

Trapscheva. Cassa App. Perugia, decr. 30 gennaio 2002.

Straniero — Matrimoniò con cittadino italiano — Permesso di soggiorno per motivi familiari — Condizioni (D.leg. 25 luglio 1998 n. 286, t.u. delle disposizioni concernenti la disci

plina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello stra

niero, art. 30; d.p.r. 31 agosto 1999 n. 394, regolamento re cante norme di attuazione del t.u. delle disposizioni concer nenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizio ne dello straniero, a norma dell'art. 1, 6° comma, d.leg. 25

luglio 1998 n. 286, art. 28).

Ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi

familiari a seguito di matrimonio dello straniero con cittadi no italiano, è condizione necessaria la convivenza con il co

niuge. (1)

Svolgimento del processo. — La cittadina extracomunitaria Stefka Trapscheva chiedeva alla questura di Perugia permesso di soggiorno per motivi familiari, a seguito di matrimonio con un cittadino italiano e l'istanza era rigettata a causa della man canza di convivenza tra i coniugi.

Contro il diniego del permesso era proposto ricorso al Tribu nale di Perugia, deducendosi che la mancata convivenza dei co

fi) I. - Con la decisione in epigrafe, la Corte di cassazione conferma un orientamento consolidatosi già durante la vigenza dell'originaria formulazione dell'art. 30 d.leg. 25 luglio 1998 n. 286 (poi modificato dall'art. 24 1. 30 luglio 2002 n. 189): cfr. Cass. 22 maggio 2003, n. 8034, Foro it., Rep. 2003, voce Straniero, n. 107, secondo cui il matrimonio contratto con un italiano non attribuisce senz'altro allo straniero il diritto di ottenere il permesso di soggiorno, giacché, mirando a tutelare l'unità familiare, il rilascio di quest'ultimo presuppone l'instaurazione di un'ef fettiva convivenza tra i coniugi, con la conseguenza che, in difetto di ta le presupposto, il questore può rifiutare o revocare il permesso.

Analogamente, v. Cass. 27 agosto 2003, n. 12540, ibid., n. 106, che ha rilevato come il matrimonio successivo al decreto di espulsione non abbia di per sé efficacia immediata sul giudizio di opposizione al prov vedimento, posto che ai soli fini di ritenere integrata l'ipotesi di cui al l'art. 19, 2° comma, lett. c), d.leg. 286/98 (disposizione ai termini della

quale «non è consentita l'espulsione [. . .] degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana»), al matrimonio deve accompagnarsi l'effettiva convivenza e cioè una situazione di fatto non deducibile, né verificabile in sede di legittimità.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

niugi non era ostativa al provvedimento del questore: il tribu

nale, pur ritenendo irrilevante la circostanza della convivenza

non imposta dall'art. 30 d.leg. 25 luglio 1998 n. 286, rigettava il

ricorso perché la ricorrente era priva del requisito di avere sog

giornato in Italia per un periodo di oltre un anno prima dell'i

stanza.

Su reclamo della Trapscheva che denunciava l'ultrapetizione del decreto del tribunale, la Corte d'appello di Perugia, con de

creto del 30 gennaio 2002, respinta l'eccezione di incompetenza sollevata dall'avvocatura in rapporto alla pretesa ricorribilità

dell'atto direttamente in Cassazione, rilevava che il tribunale si

era illegittimamente sostituito al questore nel rilevare una causa

ostativa al permesso della quale in sede amministrativa non si

era tenuto conto.

Data l'extrapetizione del tribunale il decreto doveva essere

annullato e nel merito la corte riteneva infondate le ragioni af

fermate dall'avvocatura dello Stato, per le quali dal sistema

emergeva come necessario il requisito della convivenza tra i co

niugi, quando era collegato al matrimonio con l'italiano il di

ritto di rimanere in Italia per lo straniero (in tal senso il divieto

di espulsione degli stranieri conviventi con il coniuge, la perdita del permesso in caso di separazione legale e il diritto al rilascio

di carta di soggiorno al solo coniuge convivente, ex art. 19, 30,

5° comma, e 9 d.leg. 25 luglio 1998 n. 286). La corte riteneva che l'omessa espressa previsione del requi

sito della convivenza impediva che di essa si dovesse tener

conto per concedere il permesso dell'art. 30 citato d.leg.; per tanto il diniego del questore era illegittimo e da annullare in ac

coglimento del ricorso, compensandosi le spese del grado. Per la cassazione di detto decreto hanno proposto ricorso ex

art. 111 Cost., con due motivi, il ministero dell'interno e la que stura di Perugia e la Trapscheva non si è difesa.

Motivi della decisione. — Deve dichiararsi l'inammissibilità del ricorso della questura di Perugia, perché priva di soggetti vità di diritto e di legittimazione a stare in giudizio in proprio, essendo unico legittimato sostanziale nella materia il ministero

dell'interno, la cui impugnazione è ammissibile anche sul piano

processuale. Infatti, essendosi l'avvocatura dello Stato costituita nel giudi

zio di merito per conto del questore come organo periferico del

ministero dell'interno, a questo va riconosciuta la legittimazione

processuale a ricorrere, avendo, a mezzo del questore, parteci

pato al secondo grado del giudizio.

Sugli effetti del matrimonio tra cittadino e straniero, v. Tar Puglia, se de Lecce, sez. 1, ord. caut. 22 gennaio 2003, n. 57, ibid., n. 114, che ha

stabilito che non può essere accolta la richiesta di sospensione del di

niego di permesso di soggiorno per motivi di famiglia, quando risulti

che il matrimonio tra un cittadino italiano e uno straniero extracomunita

rio sia avvenuto in frode alla legge, ossia al solo scopo di far consegnare allo straniero il permesso di soggiorno (sul tema, v., in dottrina. Mi

nardi-Palmieri, Matrimoni contratti al fine di eludere le norme sull'in

gresso e sul soggiorno dello straniero, in Stato civile it., 2003, 165).

Sull'acquisto per matrimonio della cittadinanza, cfr., con riferimento

a matrimonio fittizio, Cons. Stato, sez. I, 22 maggio 2002, n. 1225/02

(Foro it., 2004, III, 155, con nota di richiami), secondo cui nell'ordi

namento italiano il matrimonio fittizio (accompagnato da un accordo tra i coniugi con il quale essi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti del matrimonio stesso), contratto

allo scopo di eludere le norme sull'ingresso e il soggiorno degli stranie

ri, non integra l'ipotesi dei «comprovati motivi inerenti la sicurezza

della repubblica» di cui all'art. 6 1. 5 febbraio 1992 n. 91, al fine di pre cludere l'acquisto della cittadinanza italiana da parte dello straniero.

II. - In generale, sul diritto all'unità familiare, v. Cass. 20 agosto 2003, n. 12223, ibid., I, 2826, con nota di richiami e osservazioni di

Passaglia, con cui, in base al principio che vuole il diritto al manteni

mento dell'unità della propria famiglia riconosciuto soltanto ai cittadini

stranieri regolarmente presenti nel territorio dello Stato italiano, si è

precisato che l'esistenza di un ipotetico nucleo familiare non è di per sé

sufficiente a far ritenere legittima la permanenza in Italia di cittadini

stranieri al di fuori delle regole che disciplinano il loro ingresso nel ter ritorio dello Stato.

III. - Per quanto attiene al permesso di soggiorno, ed in particolare ai

requisiti perché si faccia luogo alla concessione di esso, v. Corte cost., ord. 14 gennaio 2005, n. 9, id., 2005, I, 958, con nota di richiami, re

cante la declaratoria di manifesta inammissibilità, per difetto di rile

vanza, delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, 3° com

ma, d.leg. 286/98, come sostituito dall'art. 4, 1° comma, 1. 189/02, nella parte in cui porrebbe come elemento ostativo al rinnovo del per messo di soggiorno, e conseguentemente alla permanenza in Italia dello

straniero, l'intervenuta condanna, anche a seguito di patteggiamento,

per determinati reati, senza prevedere un'ulteriore verifica in concreto

della pericolosità sociale del soggetto.

Il Foro Italiano — 2005.

2. - Il primo motivo di ricorso deduce la reclamabilità del de

creto al tribunale in composizione collegiale e non alla corte

d'appello, trattandosi di provvedimento emesso dal tribunale in

composizione monocratica, in sostituzione del preesistente pre tore.

Il secondo motivo di ricorso deduce che il giudice del primo

grado, non trattandosi di un giudizio impugnatorio ben poteva estendere la cognizione dell'atto impugnato oltre i limiti del ri

corso dell'interessato, rilévando la mancanza del diritto al per messo per difetto dei requisiti dell'istante non emergente dal

l'atto amministrativo di diniego del questore. Inoltre censura la sentenza per, violazione di norme di diritto

per non avere ritenuto necessario il requisito della convivenza

tra i coniugi, a evitare frodi per l'ottenimento dei permessi e

matrimoni contratti solo al fine di regolarizzare la posizione dello straniero; da una lettura complessiva del testo unico,

emerge con chiarezza che il requisito della convivenza è richie

sto per legge pure al fine di ottenere il permesso di soggiorno, in

quanto la famiglia come società naturale fondata sul matrimo

nio, di cui alla Carta costituzionale, è il fondamento dell'atto

amministrativo che consente allo straniero coniugato con citta

dino italiano di rimanere e soggiornare nel nostro paese sempre che detta società sussista con la convivenza.

3. - Il primo motivo di ricorso è infondato, perché ai sensi

dell'art. 739 c.p.c., richiamato con l'intera normativa sul rito

camerale dall'art. 30, 6° comma, d.leg. 286/98, in ordine al ri

corso avverso il diniego del permesso di soggiorno per motivi

familiari, decide il tribunale in camera di consiglio, contro i cui decreti «si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appel

lo, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio» (così la ci

tata norma del codice di procedura civile). Pure infondato è il secondo motivo di ricorso, per la parte in

cui censura la corte d'appello per aver denegato al tribunale il

potere di riesaminare l'atto oggetto di ricorso oltre i limiti del

suo contenuto e del ricorso contro lo stesso, senza incorrere nel

vizio di ultrapetizione, esattamente rilevato in sede d'appello con il provvedimento impugnato.

Se è vero che l'autorità giudiziaria ordinaria deve accertare

l'esistenza del diritto al permesso di soggiorno, ciò deve farsi

entro i limiti del diniego oggetto di ricorso e delle domande

della parte, non potendo il giudice ordinario rilevare carenze di

requisiti per ottenere il permesso di cui sopra, non risultanti dal

l'atto impugnato né rilevate dall'autorità amministrativa, che

potrà comunque rifiutare il permesso, pure dopo l'annullamento

del diniego, per carenze dei requisiti necessari a domandarlo,

non evidenziate in precedenza. È invece fondato il motivo di ricorso per la parte in cui la

menta la violazione di norme di diritto, dal decreto della corte

d'appello, per non aver ritenuta necessaria l'esigenza della con

vivenza tra i coniugi nel caso di permesso di soggiorno per mo

tivi familiari rilasciato a seguito di matrimonio dello straniero

che lo richiede con cittadino italiano.

Invero, oltre che dal sistema dell'intero t.u. di cui al d.leg. 286/98 e dall'esigenza di evitare matrimoni solo formali e stru

mentali per ottenere il permesso di soggiorno, già prima della

novella dell'art. 30 con l'inserimento del comma 1 bis, che im

pone la revoca del permesso in caso di mancata convivenza dei

coniugi, l'art. 28 d.p.r. 31 agosto 1999 n. 394 (regolamento di

attuazione del t.u. sull'immigrazione) prevede il permesso di

soggiorno per gli stranieri dei quali è vietata l'espulsione, per effetto del matrimonio con cittadino italiano purché sussistano i

requisiti dell'art. 19, lett. c), d.leg. 286/98 e quindi in quanto lo

straniero convivesse con il coniuge. È inverosimile che altro permesso di soggiorno per motivi

familiari identico a quello, di cui all'art. 19, lett. c), d.leg.

286/98, potesse concedersi allo straniero coniugato con cittadi

no italiano anche se non con lui convivente prima della riforma

del 2002 e quindi correttamente questa corte ha ritenuto neces

saria la convivenza nel matrimonio per ottenere il permesso di

soggiorno per motivi familiari di cui alla indicata normativa

(così Cass. 22 maggio 2003, n. 8034, Foro it., Rep. 2003, voce

Straniero, n. 107). Il secondo motivo di ricorso deve quindi essere accolto per

detto profilo sostanziale, mentre va rigettato per i residui profili, unitamente al primo motivo del ricorso stesso.

In ragione dei profili accolti del secondo motivo di ricorso, il

decreto impugnato deve essere cassato e la causa deve essere

rinviata alla Corte d'appello di Perugia in diversa composizione

perché si uniformi ai principi di diritto enunciati in questa sede.

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