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Sezione I civile; sentenza 20 febbraio 1963, n. 418; Pres. Celentano P., Est. Del Conte, P. M. Colli...

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Sezione I civile; sentenza 20 febbraio 1963, n. 418; Pres. Celentano P., Est. Del Conte, P. M. Colli (concl. conf.); Del Fante (Avv. Blarzino, Ughi) c. Grenti (Avv. Colombi-Guidotti, Porzio) e Fall. Del Fante (Avv. Mussini, Vigevani) Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 921/922-927/928 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152584 . Accessed: 25/06/2014 06:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.47 on Wed, 25 Jun 2014 06:18:15 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 20 febbraio 1963, n. 418; Pres. Celentano P., Est. Del Conte, P. M.Colli (concl. conf.); Del Fante (Avv. Blarzino, Ughi) c. Grenti (Avv. Colombi-Guidotti, Porzio) eFall. Del Fante (Avv. Mussini, Vigevani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 921/922-927/928Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152584 .

Accessed: 25/06/2014 06:18

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921 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 922

La Corte, ecc. — (Omissis). Con lo stesso mezzo di

rioorso si sostiene che la decadenza non si era verificata,

percliõ il ricorso era stato notificato in termine al Procura

tore generale presso la Corte d'appello, avente la vest-e di litiseonsorte necessario, e quindi si rendeva applicabile l'art. 331 eod. proc. civ. sulla integrazione del contraddit

torio nelle cause inscindibili.

Questa censura e fondata.

L'art. 82, 7° comma, del t. u. delle leggi per la compo sizione e la elezione degli organi delle amministrazioni

comunali, dispone che contro le decisioni della giunta prov. amm. e ammesso ricorso alia corte d'appello secondo le

norme di cui al titolo IV della legge 7 ottobre 1947 n.

1058 (e uguale disposizione conteneva l'art. 75, 3° comma, del precedente t. u. 5 aprile 1951 n. 203). Ora il titolo IV

della richiamata legge del 1947, sulla disciplina dell'elet

torato attivo e la tenuta e revisions annuale delle liste

elettorali, prevede la partecipazione necessaria al giudizio del P. m., che puõ proporre il ricorso alia corte d'appello, che deve essere sentito prima della decisione, che puõ

proporre ricorso per cassazione contro la pronuncia della

corte d'appello. Si tratta quindi di un caso di intervento

necessario del P. m., ai sensi dell'art. 70, 1° comma, cod.

proc. civ., come questo Supremo collegio ha giä avuto

occasione di rilevare (sentenza 8 ottobre 1956, n. 3406, Foro it., Kep. 1956, voce Elezioni, nn. 119, 120). II P. m.

assume in conseguenza la veste di parte necessaria, come

ogni volta che il suo intervento sia obbligatorio (si veda

l'altra sentenza 12 maggio 1951, n. 1188, id., Eep. 1951, voce Ministero pubblico civ., n. 4). Se cosl 6, non puõ non

trovare applicazione il principio costantemente affermato, secondo il quale, nell'ipotesi di causa inscindibile per litis

consorzio necessario, l'impugnazione e ammissibile nei con

fronti di tutte le parti, anche se sia stata notificata nel

termine di legge solt.anto nei riguardi di una di esse, e sia

invece tardiva nei confronti delle altre, perchõ in tale ipo tesi l'impugnazione proposta fuori termini vale come noti

ficazione per integrazione del contraddittorio, ai sensi del

l'art. 331 cod. proc. civile.

Erroneamente perciõ la Corte d'appello ha dichiarato

inammissibile il gravame. Poiche per principio costante la Corte di cassazione in

materia elettorale ha il potere-dovere di statuire anche nel

merito nelle controversie elettorali, devesi procedere ora

all'esame delle altre questioni prospettate dal ricorrente e

non esaminate dalla Corte d'appello, per la detta erroriea

dichiarazione di inammissibilitä del gravame. Con il secondo motivo si deduce che il ricorso dell'Arbia

al Consiglio comunale doveva essere dichiarato inammis

sibile, perche il Consiglio stesso si era giä pronunciato in

sede giurisdizionale, per modo che l'unico rimedio ammis sibile era il ricorso alia Giunta prov. amministrativa.

L'assunto e privo di fondamento. In vero il Consiglio comunale di Colobraro nella sua prima riunione del 27

novembre 1960 convalidõ l'elezione dei suoi componenti, disattendendo l'opposizione mossa dal consigliere De Cimma. Tale deliberazione aveva indubbiamente carattere ammini

strativo e non giurisdizionale, posto che costituiva una

convalida e non giä una decisione su di un ricorso avverso la convalida. L'opposizione del consigliere De Cimma aveva il valore di un'opinione e di un voto contrario in seno al

consiglio, non giä di un'impugnativa di una deliberazione

consiliare.

Parimenti infondato e l'assunto del ricorrente, secondo il quale mancava la firma dell'Arbia nel ricorso al Consiglio

lite pendente con il comune, non rilevando che la medesima cessi successivamente alia elezione (nella specie: per rinunzia al

ricorso) ». La questione d'illegittimita costituzionale dell'art. 15, n. 6,

e stata rimessa alia Oorte costituzionale dal Cons. com. Tramonti, 25 febbraio 1961 (id., 1902, III, 120), e dal Cons. com. Muro Lucano 11 luglio 1960 (id., Rep. 1961, voce cit., n. 48) ; era

stata, invece, dichiarata manifestamente infondata, da ultimo, dalla cit. Cass. 15 gennaio 1960, n, 23 (in nota alia quale v. i richiami dei precedenti).

comunale. Risulta accertato che il detto ricorso fu presen tato al segretario comunale, il quale ne rilasciõ copia auter

tica, dopo avere aecertato l'autenticitä della firma e l'iden

titä, del ricorrente.

Infondata b, infine, l'ultima censura di questo mezzo, secondo la quale non sarebbe stata dimostrata la qualita di elettore dell'Arbia. La prova di tale qualitä, fu data

nel corso del giudizio, e ciõ era sufficiente a dimostrare la

legittimazione al ricorso, non essendo stabilito da alcuna

norma che la prova medesima debba essere data prima della

proposizione del ricorso.

Con il terzo mezzo il Murano sostiene che al momento

dell'elezione non vi era lite pendente con il Comune, perche sia esso contribuente, sia il Comune avevano accettato

l'accertamento, ehe la Giunta prov. amm. aveva compiuto per 1'anno 1957 in lire 300.000 di reddito imponibile, anche

per gli anni successivi.

Questo assunto õ fondato. Kisulta dagli atti che, a se

guito della decisione della Giunta prov. amm. di Matera del 30 agosto 1958, la quale ridusse da lire 400.000 a lire

300.000 il reddito imponibile del Murano per l'anno 1957, non solo nel 1958, ma anche nel 1959 e nel 1960 il contri buente fu iscritto nei ruoli per lo stesso reddito, e pagõ la relativa imposta, di modo che il ricorso proposto contro l'accertamento di un reddito di lire 400.000 per l'anno

1958 fu abbandonato, avendo il Comune rinunciato ad in sis tere in tale maggiore accertamento ed il contribuente rinunciato a pretendere una riduzione maggiore di quella ottenuta in precedenza.

Stante ciõ, e erronea la considerazione fatta dalla Giunta

prov. amm. nel presente procedimento, cioö che la lite era pendente percho non vi era stata una pronuncia formale di estinzione del procedimento tributario. Per stabilire se esista 1'ineleggibilitä per lite pendente con il comune si

deve avere riguardo all'esistenza effettiva della lite, tale da determinare una situazione di incompatibility per l'in teresse personale in contrasto con quello dell'ente pub blico. Quindi una lite abbandonata, ancorchõ il procedi mento non sia formalmente dichiarato estinto, non puõ creare quel 1'incompatibi 1 itä.

Pertanto il ricorso del Murano deve essere accolto.

Sembra giusto disporre la compensazione delle spese di

questo grado e di quello di appello. Per questi motivi, cassa,, ecc., e dichiara Giuseppe

Antonio Murano eleggibile alia carica di consigliere comu

nale di Colobraro, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

I

Sezione I civile ; sentenza 20 febbraio 1963, n. 418 ; Pres. Celentano P., Est. Del Conte, P. M. Colli (concl. conf.) ; Del Fante (Aw. Blabzino, Ugui) c. Grenti

(Aw. Colombi-Guldotti, Porzio) e Pall. Del Pante

(Aw. Mussini, Yigevani).

(Gonferma App. Firenze 24 ottobre 1960)

Fallimento — Piccolo imprcnditore — Accertamento della qualiiica — Redditi di ricchezza mobile — Mancata dichiarazione — Elfetti — Fattispecic

(R. d. 16 marzo 1942 n. 267, disoiplina del fallimento, art. 1).

Fallimento — Cessazione dell'attivita imprenditoriale — Accertamento dei redditi di ricchezza mobile — Fattispccie (R. d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 10 ;

legge 11 gennaio 1951 n. 25, norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario, art. 18 ; d. pres. 5 luglio 1951 n. 573, t. u. delle norme sulla dichiarazione unica annual© dei redditi soggetti alle im

poste dirette, art. 10).

L'imprenditore commerciale e dicliiarato fallito se, per Vanno

finanziario precedente la dichiarazione di fallimento non abbia presentato la denungia dii r(:Üditi di r, m, e, in ap

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923 PARTE PRIMA 924

plicazione delVart. 3 della legge 11 gennaio 1951 n. 21,

sia stato iscritto a ruolo ex lege per I'imponibile, superiore al minima previsto dalVart. 1 della legge fallimentare, accertato per il periodo immediatamente precedente (nella

specie, tale iscrizione ex lege era divenuta definitiva, per mancanza di rettifica o di ricorso, successivamente alia

dichiarazione di fallimento). (1) Ai fini delVaecertamento della decorrenza, al momento della

dichiarazione di fallimento, delVanno dalla cessazione

delVimpresa, ove fosse assunta, sulla base della legisla zione anteriore alia vigente legge sulle imposte dirette, come indice della cessazione la non reiscrizione nei ruoli

di r. m., il momento di riferimento iniziale era costituito

dallo scadere delVanno finanziario delVultima iscrizione, non delVanno solare. (2)

II

Sezione I civile ; sentenza 5 gennaio 1963, n. 12 ; Pres. Va

rallo P., Est. Rossano, P. M. Gedda (ooncl. conf.) ; Bux (Aw. Gargano) c. Mele.

(Gonferma App. Bari 23 dicembre 1961)

Fallimento — Piccolo imprenditore — Accertameiito

della qualifica — Redditi di ricchezza mobile — Demmzia — Accettazione — Necessitä (R. d.

16 marzo 1942 n. 267, art. 1).

La qualitä di piccolo imprenditore del contribuente, ai fini della inammissibilitä della dichiarazione di fallimento,

pud risultare da un accertamento fiscale definitivo (nella

specie per accettazione della denunzia del contribuente), a nulla rilevando ehe la definitivitä intervenga in epoca successiva alia dichiarazione suddetta. (3)

(1, 3) A chiarimento della sentenza n. 418 del 1963, che

si annota, riproduciamo la mot iva/.ione della sentenza di merito

confermata, App. Firenze 24 ottobre 1960 (tratta da Giur. toso., 1961, 101, e le cui mässime sono riportate nel nostro Rep. 1901, voce Fallimento, nn. 123, 124) :

« L'opponente Del Fante ammetteva di essere stato iscritto nei ruoli di r. m. per l'anno 1953-54 ma eccepisce : a) che tale iscrizione a ruolo fu fatta ex lege e non a seguito di accertamento fiscale ; b) che, comunque, per l'anno 1954-55, anno in cui fu

dichiarato il fal'imento, egli non fu iscritto a ruolo perche il suo reddito fu considerato inferiore al minimo imponibile. Deduce, conseguentemente, di non essere stato mai riconosciuto titolare di un reddito imponibile in sede di accertamento e di non essere stato, quindi, piccolo imprenditore aisensi dell'art. 1,

capov., legge fallimentare avendo impiegato nella sua impresa artigiana di « casaro » un capitale inferiore alle lire 900.000.

« Osserva la Corte che la iscrizione a ruolo ex lege di cui il riassumente parla come di qualcosa di distinto dall'accerta mento fiscale, e un concetto ignoto alia materia tributaria; la iscrizione a ruolo fatta dall'ufficio, in mancanza della dichia razione dei propri redditi di r. m. da parte del contribuente, consiste proprio in un accertamento ; e soltanto si puõ rilevare

che, purche codesto accertamento non sia divenuto definitivo,

per decisione dei competenti organi del contenzioso tributario o del giudice, oppure per mancato reclamo dell'interessato, esso non puõ produrre gli effetti che la legge ricollega, appunto, all'accertamento definitivo e, nemmeno, quindi, l'effetto di cui all'art. 1, capov., della legge fallimentare. Ma nella specie risulta dal certificato del competente ufficio distrettuale delle

imposte dirette di Fornovo Taro in data 9 ottobre 1959, pro dotto dalla curatela (ed e del resto ammesso dallo stesso Del

Fante) che il reddito di lire 154.000 in cat. B, accertato in via

provvisoria a carico di costui per l'esercizio 1953-54 «per man

cata opposizione del contribuente e per conferma tacita dello

ufficio che lo ha ritenuto congruo, e ormai da considerare, an

che per awenuta decorrenza di ogni termine di azione per la

parte e per l'ufficio, definitivo». Ogni discussione su questo

punto, appare, quindi, preclusa. «Ma infondata e anche l'argomentazione basata dal Del

Fante sul fatto di non essere stato sottoposto ad accertamento di r. m. per l'esercizio 1954-55, durante il quale egli fu dichia

rato fallito. «Si puõ anche ritenere, infatti, che nulla vieta che un im

I

La Corte, ecc. — Svolgimento del rocesso. — Con sen

tenza 21 aprile 1955, il Tribunale di Parma dichiarõ il

fallimento di Del Fante Armando su istanza del creditore

Grenti Giuseppe. A tale sentenza fece opposizione davanti

ai detto Tribunale il Del Fante con atto notificato il 4 e 5

maggio successivo, deduoendo che aveva cessato dalla at

tivitä imprenditizia sin dal 14 novembre 1953, in cui il

suo caseificio era stato chiuso e, in subordine, che doveva

essere considerato piccolo imprenditore, dato che non era

stato piu iscritto nei ruoli di r. m. dopo l'anno 1953 e nella

sua impresa era stato investito un capitale inferiore a

lire 900.000.

Il Tribunale revocõ il fallimento, ritenendo che l'atti

vitä. del Del Fante era cessata con la chiusura del caseificio.

Ma la Corte di appello di Bologna accolse il gravame del

creditore Grenti, osservando che la vendita dei prodotti

dell'impresa costituiva prosecuzione della medesima.

La Corte di cassazione, con sentenza 1° giugno 1958,

(Foro it., 1958, I, 1451), cassõ la sentenza della Corte di

appello in considerazione del mancato esame della ecce

zione del Del Fante di essere piccolo imprenditore. La Corte d'appello di Firenze, in sede di rinvio con sen

tenza 24 ottobre 1960, ha respinto la opposizione alia di

chiarazione di fallimento, osservando : a) poiche il Del Fante

era stato iscritto nei ruoli di r. m. per l'anno 1953-54 sus

sistevano gli estremi per la sua dichiarazione di fallimento ;

b) l'assunto del Del Fante che tale iscrizione non era valida

perche fatta non a seguito di un accertamento fiscale e

non aveva carattere definitivo, era infondato perche come

risultava dal certificate 9 ottobre 1959 dell'ufficio delle

imposte, l'accertamento del reddito di r. m. per l'esercizio

1953-54 era stato effettuato d'ufficio in seguito alia omessa

dichiarazione del contribuente ed era divenuto definitivo

prenditore, per la diminuzione del capitale investito nella sua

impresa e per la proporzionale riduzione del suo reddito, che

sfugga cosi all'accertamento di r. m., si trasformi in piccolo imprenditore : ma anche in tale ipotesi l'imprenditore non puõ sottrarsi al fallimento, se cada in dissesto, quando tale dissesto si riferisca alia originaria impresa ; occorrerä almeno, a tutto concedere alia tesi adombrata dal Del Fante, che dalla tras formazione dell'imprenditore in piccolo imprenditore sia de corso il termine di cui all'art. 10 legge fall., perche tale originaria impresa non põssa piü essere sottoposta a fallimento ».

Entrambe le sentenze in epigrafe affermano, 1'una implici tamente, l'altra expressis verbis, la sufficienza, ai fini della valu tazione della quality di piccolo imprenditore, di un accertamento la cui definitivitä sia intervenuta in tempo successivo alia sen tenza dichiarativa di fallimento. In senso contrario si e pro nunciato il Trib. Bari 23 marzo 1959, Foro it., 1959, I, 1051, con nota di richiami, ritenendo che l'accertamento fiscale nega tivo ai fini della r. in. non esclude di per se la quality di piccolo imprenditore del debitore, se divenga definitivo solo dopo la dichiarazione di fallimento.

La questione non era stata trattata dalle precedenti sentenze in argomento, che si erano limitate ad affermare la necessity di un accertamento definitivo ai fini della valutazione ; in tal senso si consultino : App. Roma 24 aprile 1961, id., Rep. 1961, voce Fallimento, n. 122 ; App. Milano 8 marzo 1960, id.,jRep. 1960, voce cit., n. 163 ; App. Bari 2 gennaio 1960, ibid., n. 165.

Per riferimenti, possono consultarsi le due sentenze dell'App. Venezia 23 maggio 1957 e 25 giugno 1957, id., Rep. 1957, voce

cit., nn. 83, 85, a tenore delle quali la mancata iscrizione dell'im

prenditore nei ruoli di r. m. per inosservanza dell'obbligo di denunzia e difetto di accertamento dell'ufficio, non puõ assumere alcun rilievo ai fini del riconoscimento delle qualita di piccolo imprenditore del debitore.

Ancora per riferimenti, si veda Trib. Milano 12 maggio 1960, id., Rep. 1961, voce cit., n. 125, per cui in caso di accerta mento negativo della Pinanza la qualita di piccolo imprenditore andrä accertata sulla base del criterio del capitale investito

nell'impresa. In dottrina, afferma la necessity di un accertamento defi

nitivo ai fini della valutazione delle dimensioni dell'impresa, Pajabdi, Aspetti vecchi e nuovi del problema della identificazione delta piccola impresa commerciale sottratta al fallimento, in Riv. dir. proc., 1958, 617.

(2) Non constano precedenti in termini.

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925 GIURIŠPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 926

I

per mancanza di opposizione del contribuente stesso e per conferma tacita dell'officio ; c) era irrilevante la circostanza clie il Del Fante non fosse stato sottoposto ad accertamento di r. m. per l'esercizio 1954-55 in quanto l'accertamento aveva avuto yigore sino al 30 giugno 1954 e quindi da tale

data, in cui si era avuta la trasformazione del Del Fante da imprenditore a piccolo imprenditore, non era decorso il termine annale per la dichiarazione di fallimento, inter venuta il 21 aprile 1955. (Omissis)

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, si cen sura la sentenza impugnata per aver escluso la quality di

piccolo imprenditore del Del Fante, fondando il suo convin cimento sul certificato 5 ottobre 1959 dell'ufficio delle

imposte, col quale si affermaya la definitivitä della iscrizione nei ruoli di r. m. per l'anno 1953-54, senza alcuna dimostra zione che l'accertamento fosse stato notificato al contri buente. Inoltre, soggiunge il ricorrente, la Corte ha omesso al riguardo di tener conto del contenuto degli altri certificati 18 novembre 1959 e 2 maggio 1955 rilasciati dal medesimo ufficio.

La doglianza e iufondata. L'art. 3 della legge 11 gennaio 1951 n. 25 sulla perequa

zione tributaria in vigore in quella epoca (espressamente poi abrogato dall'art. 288, lett. c, del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645, in quanto sostituito dagli art. 17 e 123 di tale t. u. che regolano in maniera sostanzialmente analoga la materia) stabiliya che «la dichiarazione (dei redditi soggetti alle

imposte dirette) deve essere presentata ogni anno. In caso di omessa dichiarazione, i redditi accertati per l'anno pre cedente continuano ad essere iscritti a ruolo. . ., salvo la

facoltä dell'ufficio di rettificarli ».

Nella ipotesi, quindi, di omissione della dichiarazione l'accertamento e la conseguente iscrizione si verificano ex

lege, senza necessity della notificazione dell'accertamento

stesso al contribuente. Ha luogo, cioe, quella che nel lin

guaggio tributario 6 chiamata «la conferma col silenzio » da parte del possessore del reddito sulla base della imposta stabilita per il periodo precedente, la quale viene senza altro iscritta a ruolo per il periodo in corso.

Nella specie, dal certificato dell'ufficio delle imposte 5 ottobre 1959 risultava appunto che il contribuente aveva omesso di presentare la dichiarazione per il periodo di

imposta 1953-54, onde la Finanza aveva proceduto alia

iscrizione ex lege, per tale periodo, sulla base imponibile del periodo immediatamente precedente. E l'accertamento assunse carattere definitivo, come pure si rileva dal detto certificato in mancanza sia di reclami da parte del contri

buente, sia dell'esercizio da parte della Finanza della fa

coltä di rettifica, che, ai sensi del 1° comma dell'art. 4 della eitata legge n. 25 del 1951, avrebbe potuto aver luogo sino al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva essere presentata. Quanto poi all'esame delle risultanze degli altri due certificati sopra menzionati, va osservato che, il primo (del 18 novembre

1959) non fa che riprodurre in sostanza il contenuto di

quello del 5 ottobre 1959, richiamato dalla Corte di merito, in quanto anche esso attesta che «il Del Fante 6 stato ac certato agli effetti della r. m. a tutto giugno 1954 » ed «iscritto a ruolo per l'esercizio 1953-54 » ed il secondo (del 2 maggio 1955) conferma anehe esso la iscrizione a ruolo ex lege per l'anno 1953-54 in conseguenza della mancata

dichiarazione del contribuente e che «la tassazione doveva

ritenersi (in quel momento) provvisoria in attesa di ulte riori accertamenti da parte dell'ufficio », il quale, come si e

giä visto, avrebbe potuto avvalersi della facoltä. di rettifica di cui al citato art. 3, 1° e 2° comma, legge n. 25 del 1951.

Con il secondo motivo, si sostiene che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che non fosse decorso l'anno dalla cessazione del Del Fante dalla qualitä di imprenditore, in base al rilievo che l'accertamento di un reddito imponibile di r. m. aveva avuto vigore sino al 30 giugno 1954. Secondo il ricorrente, invece, l'iscrizione nei ruoli di r. m. per il pe riodo 1953-54 importava l'accertamento di un reddito

imponibile soltanto sino al 31 dicembre 1953 : onde, essendo

da tale data cessata la qualitä di imprenditore, il falli

mento non poteva essere dichiarato il 21 aprile 1955, per

decorrenza del termine annale di eui all'art. 10 della legge fallimentare.

Anche tale doglianza e infondata.

L'art. 18, 1° comma, della legge 11 gennaio 1951 n. 25, sulla perequazione tributaria in vigore in quell'epoca

(espressamente abrogato dall'art. 288, lett. c, del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645 in quanto sostituito dall'art. 3 di tale t. u.), disponeva che «le imposte dirette accertate

nei confronti dei eontribuenti non tassati in base a bilancio sono dovute per l'esercizio finanziario avente inizio dal 1° lu

glio e sono commisurati ai redditi conseguitinell'anno solare

precedente » ; e l'art. 10, 2° comma, del t. u. 5 luglio 1951 n. 573, sulla dichiarazione unica dei redditi, pure in vigore in quell'epoca (espressamente abrogato anclie esso dall'art.

288, lett. a, del t. u. n. 645 del 1958) in correlazione alia pre detta norma, stabiliva che «per i redditi mobiliari la dichia -

razione deve comprendere quelli che si sono prodotti nel l'anno precedente, ai fini della tassazione dal luglio del l'anno in cui la dichiarazione e prescritta ».

Da tali norme si desume che, se il periodo di commisura zione della imposta coincideva con l'anno solare precedente a quello della dichiarazione, il periodo d'imposta era co stituito dall'anno finanziario decorrente dal 1° luglio del -

l'anno della dichiarazione al 30 giugno dell'anno successivo.

Orbene, la legge fallimentare, quando all'art. 1 prende in considerazione il reddito riconosciuto ai fini della r. m., si riferisce indubbiamente al periodo d'imposta, costituito dall'anno di tassazione o di applicazione dell'imposta, e non certo al periodo dell'anno solare od a quello dell'anno finanziario precedenti alia dichiarazione, dato che il loro

valore, come si 6 visto anche in relazione al primo motivo, e unicamente presuntivo del reddito e commisurativo della tassazione.

Pertanto, nella specie, poiche il periodo di imposta era

costituito dall'anno finanziario decorrente dal 1° luglio 1953 al 30 giugno 1954, l'accertamento ebbe vigore sino a questa ultima data ; onde esattamente la Corte d'appello ha rite nuto che al momento della dichiarazione di fallimento, intervenuto il 21 aprile 1955, non era ancora decorso il termine dell'art. 10 legge fall, dalla cessazione nel Del Fante della qualitä di imprenditore.

II ricorso va quindi rigettato con tutte le conseguenze di legge.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

II

La Corte, ecc. — Col primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge fallimentare, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. sostenendosi che al momento della dichiarazione del fal limento (11 giugno 1959) l'Elia non era titolare di reddito tassabile di ricchezza mobile. In detto momento, si argo menta, al quale necessariamente bisogna riferirsi per l'ac certamento dei presupposti che legittimano la pronuncia di fallimento, esisteva solo una denuncia di reddito pre sentata dalla parte, ma non esisteva un accertamento defi nitive dell'Amministrazione finanziaria, dato che questo accertamento era stato concluso posteriormente, mediante concordato col curatore. Perciõ la sentenza impugnata non

avrebbe dovuto attribuire rilevanza al menzionato concor

dato, al fine di ritenere esistenti i presupposti richiesti dalla legge per potere assoggettare l'Elia alia procedura fallimentare quale titolare di reddito tassabile di r. m.

Si assume, inoltre, che l'Elia doveva ritenersi piccolo

imprenditore anche in relazione al valore di capitale in

vestito nell'azienda, di gran lunga inferiore alle lire 900.000, atteso che le macchine del frantoio, vendute all'Elia col

patto di riservato dominio, erano state rivendicate dai ven

ditori, insoddisfatti del prezzo. Le censure sono infondate.

E noto che ai fini e per gli effetti dell'art. 1 della legge sul fallimento, che esclude dalla procedura concorsuale i

piccoli imprenditori, devono considerarsi tali gli eser centi un'attivitä commerciale che siano titolari di un

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927 PARTE PRIMA 928

reddito di ricchezza mobile inferiore al minimo impouibile,

o, in maneanza di accertamento, ooloro che abbiano in

vestito nell'azienda un capitale non superiore a lire

30.000 (elevato a lire 900.000 dall'art. un. della legge 20

ottobre 1952 n. 1375). £ pure noto ehe, sempre ai fini della qualifica di piccolo

imprenditore, occorre che l'accertamento fiscale sia defi

nitive, e ciõ sia che esso risulti dalla rettifica di ufficio

alia denuncia del contribuente, sia che risulti dalla de

nuncia stessa, accettata dai competenti organi finanziari.

£ infine, giuridicamente esatto che i presupposti del

fallimento debbono accertarsi in relazione alia data di

dichiarazione, non al tempo in cui si decide sulla oppo sizione.

Ma la sentenza impugn ata lungi dal disapplicare o dal

malamente interpretare la norma ed i principi teste ri

chiamati, come sostiene il ricorrente, si e uniformata per fettamente ad essi nel giudicare sul caso concreto sotto

posto al suo esame.

Ed invero, la sentenza della Corte di merito ha ritenuto

pertanto che l'Elia non fosse piccolo imprenditore ai

sensi del 2° comma, prima ipotesi, dell'art. 1 legge sul

fallimento, in quanto lo stesso, nella denuncia dei red

diti presentata per il 1958 (come del resto per gli anni

precedenti 1957 e 1956), aveva dichiarato un reddito di

ricchezza mobile superiore al minimo imponibile, reddito

che era stato accettato dall'ufficio imposte, mediante

concordato intervenuto col curatore.

La qualifica di piccolo imprenditore dell'Elia fu quindi esclusa dalla Corte di merito in base alia sua stessa dichia

razione (di essere titolare di un reddito di ricchezza mo

bile superiore al minimo imponibile) integralmente accet

tata dal Fisco, ne puõ fondatamente opporsi che, essendo

l'accertamento fiscale intervenuto dopo la dichiarazione

di fallimento, esso non potrebbe spiegare efficacia, in

conformity del principio, giä richiamato, che i presuppo sti del fallimento debbono accertarsi in relazione alia data

di dichiarazione.

A vineere la obiezione 6 sufficiente considerare, da una

parte, che gli organi fiscali potevano solo accettare senza

variazioni o aumentare, ma non mai diminuire l'entita

della somma denunciata dal contribuente quale reddito di

ricchezza mobile, dall'altra che l'accertamento fiscale de

finitive deve riguardare il periodo di tempo anteriore alia

dichiarazione di fallimento, ma puõ bene intervenire anclie

dopo, specie in relazione alia legge Vanoni di denuncia po stuma dei redditi (legge 11 gennaio 1951 n. 25 e successive

variazioni). Pertanto deve disattendersi il primo mezzo del ricorso,

senza nemmeno esaminare la seconda parte della cen

sura, che concerne il punto del capitale inferiore alle lire

900.000 investito nell'azienda, siccome ovviamente assorbita.

Ugualmente infondati sono gli altri due mezzi di ri

corso (secondo e terzo) con i quali, rispettivamente, si

deduce : che la Corte di merito abbia omesso di motivare

sulla istanza di richiesta di informazioni all'Ufficio finan

ziario di Bari per accertare l'esatta posizione dell'Elia,

anche in relazione all'equivoco tenore del certificato rila

sciato da quell'ufficio il 16 luglio 1960 ; e che erroneamente

abbia affermato l'esistenza dei presupposti richiesti dal

l'art. 1 della legge fallimentare, mentre nessun reddito

fu dichiarato ne accertato nel 1959 a carico dell'Elia (sia

pure limitatamente ai primi sei mesi di quell'anno). Osserva sulla prima censura che la sentena denunciata

ha precisato che risultando chiara, dai documenti giä

acquisiti al processo, la posizione dell'Elia, quanto al red

dito di ricchezza mobile ricevuto dall'esercizio commer

ciale (superiore al minimo imponibile), appariva super flua ogni altra prova. Tale motivazione e adeguata e cor

retta, e il giudizio sulla superfluity della prova e incensu

rabile in questa sede. Peraltro, il precetto dell'art. 213

cod. proc. civ. per il quale il giudice puõ richiedere di uf

ficio informazioni alia pubblica Amministrazione relativa

mente ad atti e documenti dell'Amministrazione stessa,

riflette non giä. un obbligo, ma una facoltä discrezionale,

il cui mancato esercizio non e suscettibile di sindacato in

Cassazione (cfr. da ultimo sent. 14 marzo 1962, n. 534, Foro it., 1962, I, 946).

Per questi motivi, rigetta, ece.

CDRTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili; sentenza 18 febbraio 1963, n. 392 ; Pres. Torrente P., Est. Stella Richter, P. M. Pepe

(eoncl. parz. diff.) ; Delia Pietra (Arv. Santagata) c. Mannelli (Aw. Sassone, Scopece).

(Oonferma App. Napoli 14 marzo 1961)

Trascrizione — Demolizione di costruzione abusiva

per violazione di norme di edilizia —■ Trascri

zione della domanda — Illegittimitä — Falti

specie (Cod. civ., art. 873, 2643, 2645). Trascrizione — Domanda non trascrivibile — Ri

sarcimento di danni —- Condizioni (Cod. proc. civ., art. 278 ; cod. civ., art. 2643).

E illegittima la trascrizione della domanda intesa alla demo

lizione di costruzione, ehe si assuma abusiva per viola

zione di norme di edilizia (nella specie art. 7 della legge 29 gennaio 1939 n. 1497 ; 2 e 3 dell'appendice del rego lamento edilizio di Napoli). (1)

La trascrizione della domanda non trascrivibile giustifica la

condanna generica di ohi, incorrendo in errore di diritto vi

ha proceduto, ai risarcimento dei danni, indipendentemente dalla injondatezza della domanda giudiziale illegittima mente traseritta. (2)

La Corte, ecc. — (Omissis). Con il terzo motivo del ri

corso principale si lameuta clie sia stata dichiarata ille

gittima la trascrizione della domanda del Della Pietra.

All'uopo si deduce ehe taie domanda, come diretta al

1'accertamento di una trasgressione di un vincolo legale esistente sull'immobile, era suscettibile di trascrizione, ai

sensi dell'art. 2653, n. 1, eod. civ. o, quanto meno, del

1'art. 2645, in relazione all'art. 2643, n. 14. Si sostiene ehe

non lia rilievo l'origine legale anziche convenzionale del

vincolo, poiche non alla provenienza di esso va fatto rife

rimento, bensi agli effetti, ebe sono uguali neile due ipotesi. Ancbe quest a censura e infondata.

Come questo Supremo collegio ha giä avuto occasione

di rilevare (sentenza 5 maggio 1960, n. 1029, Foro it.,

1961,1, 1198) e come ö pacifieo anche in dottrina, non esiste, secondo il nostro ordinamento, una trascrivibilitä, facolta

tiva ; la trascrizione e ammessa solo se essa o richiesta dalla

legge in ordine a quella determinata categoria o a quel de

terminate tipo di atti. La trascrizione costituisce, cioe, una

forma di pubblicitä necessaria, in deroga alla regola generale

per cui la nascita o 1'efficacia dei negozi giuridici non dipen dono dall'osservanza di particolari formalitä,; per modo ehe

essa b eonsentita solo nei easi tassativamente indieati dalla

(1-2) La sentenza 14 marzo 1961 della Corte d'appello di

Napoli, ora confermata, e riassunta in Foro it., Kep. 1961, voce Trascrizione, n. 74.

Sulla prima massima, v., in senso conforme, Cass. 5 maggio 1960, n. 1029 (id., 1961, I, 1198, con nota di richiami, cui adde

ProzZillo, in Riv. trim,, dir. e proc. civ., 1961, 1526), eitata nella

motivazione della presente. Sulla seconda massima, cons, l'ampia nota redazionale a

Cass. 8 luglio 1957, n. 2695 (Foro it., 1958, I, 883), richiamata nella motivazione della presente, la quale ritenne clie la domanda

di risarcimento di danni per illegittimitä, della trascrizione, de

rivante dall'essere stata traseritta domanda giudiziale non

trascrivibile, puõ formare oggetto di separato giudizio ; nonche

App. Napoli 15 marzo 1957, ibid., per la quale la responsabilita di ehi ha proceduto alla trascrizione di domanda non trascrivi

bile, e disciplinata dal 1° comma dell'art. 96. La decisione 18 marzo 1960, n. 66 del Cons. Stato, Sez. V,

resa tra le parti, e stata confermata da Cass. 26 febbraio 1963, n. 469, retro, 699, con nota di richiami.

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