Sezione I civile; sentenza 20 febbraio 1963, n. 418; Pres. Celentano P., Est. Del Conte, P. M.Colli (concl. conf.); Del Fante (Avv. Blarzino, Ughi) c. Grenti (Avv. Colombi-Guidotti, Porzio) eFall. Del Fante (Avv. Mussini, Vigevani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 921/922-927/928Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152584 .
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921 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 922
La Corte, ecc. — (Omissis). Con lo stesso mezzo di
rioorso si sostiene che la decadenza non si era verificata,
percliõ il ricorso era stato notificato in termine al Procura
tore generale presso la Corte d'appello, avente la vest-e di litiseonsorte necessario, e quindi si rendeva applicabile l'art. 331 eod. proc. civ. sulla integrazione del contraddit
torio nelle cause inscindibili.
Questa censura e fondata.
L'art. 82, 7° comma, del t. u. delle leggi per la compo sizione e la elezione degli organi delle amministrazioni
comunali, dispone che contro le decisioni della giunta prov. amm. e ammesso ricorso alia corte d'appello secondo le
norme di cui al titolo IV della legge 7 ottobre 1947 n.
1058 (e uguale disposizione conteneva l'art. 75, 3° comma, del precedente t. u. 5 aprile 1951 n. 203). Ora il titolo IV
della richiamata legge del 1947, sulla disciplina dell'elet
torato attivo e la tenuta e revisions annuale delle liste
elettorali, prevede la partecipazione necessaria al giudizio del P. m., che puõ proporre il ricorso alia corte d'appello, che deve essere sentito prima della decisione, che puõ
proporre ricorso per cassazione contro la pronuncia della
corte d'appello. Si tratta quindi di un caso di intervento
necessario del P. m., ai sensi dell'art. 70, 1° comma, cod.
proc. civ., come questo Supremo collegio ha giä avuto
occasione di rilevare (sentenza 8 ottobre 1956, n. 3406, Foro it., Kep. 1956, voce Elezioni, nn. 119, 120). II P. m.
assume in conseguenza la veste di parte necessaria, come
ogni volta che il suo intervento sia obbligatorio (si veda
l'altra sentenza 12 maggio 1951, n. 1188, id., Eep. 1951, voce Ministero pubblico civ., n. 4). Se cosl 6, non puõ non
trovare applicazione il principio costantemente affermato, secondo il quale, nell'ipotesi di causa inscindibile per litis
consorzio necessario, l'impugnazione e ammissibile nei con
fronti di tutte le parti, anche se sia stata notificata nel
termine di legge solt.anto nei riguardi di una di esse, e sia
invece tardiva nei confronti delle altre, perchõ in tale ipo tesi l'impugnazione proposta fuori termini vale come noti
ficazione per integrazione del contraddittorio, ai sensi del
l'art. 331 cod. proc. civile.
Erroneamente perciõ la Corte d'appello ha dichiarato
inammissibile il gravame. Poiche per principio costante la Corte di cassazione in
materia elettorale ha il potere-dovere di statuire anche nel
merito nelle controversie elettorali, devesi procedere ora
all'esame delle altre questioni prospettate dal ricorrente e
non esaminate dalla Corte d'appello, per la detta erroriea
dichiarazione di inammissibilitä del gravame. Con il secondo motivo si deduce che il ricorso dell'Arbia
al Consiglio comunale doveva essere dichiarato inammis
sibile, perche il Consiglio stesso si era giä pronunciato in
sede giurisdizionale, per modo che l'unico rimedio ammis sibile era il ricorso alia Giunta prov. amministrativa.
L'assunto e privo di fondamento. In vero il Consiglio comunale di Colobraro nella sua prima riunione del 27
novembre 1960 convalidõ l'elezione dei suoi componenti, disattendendo l'opposizione mossa dal consigliere De Cimma. Tale deliberazione aveva indubbiamente carattere ammini
strativo e non giurisdizionale, posto che costituiva una
convalida e non giä una decisione su di un ricorso avverso la convalida. L'opposizione del consigliere De Cimma aveva il valore di un'opinione e di un voto contrario in seno al
consiglio, non giä di un'impugnativa di una deliberazione
consiliare.
Parimenti infondato e l'assunto del ricorrente, secondo il quale mancava la firma dell'Arbia nel ricorso al Consiglio
lite pendente con il comune, non rilevando che la medesima cessi successivamente alia elezione (nella specie: per rinunzia al
ricorso) ». La questione d'illegittimita costituzionale dell'art. 15, n. 6,
e stata rimessa alia Oorte costituzionale dal Cons. com. Tramonti, 25 febbraio 1961 (id., 1902, III, 120), e dal Cons. com. Muro Lucano 11 luglio 1960 (id., Rep. 1961, voce cit., n. 48) ; era
stata, invece, dichiarata manifestamente infondata, da ultimo, dalla cit. Cass. 15 gennaio 1960, n, 23 (in nota alia quale v. i richiami dei precedenti).
comunale. Risulta accertato che il detto ricorso fu presen tato al segretario comunale, il quale ne rilasciõ copia auter
tica, dopo avere aecertato l'autenticitä della firma e l'iden
titä, del ricorrente.
Infondata b, infine, l'ultima censura di questo mezzo, secondo la quale non sarebbe stata dimostrata la qualita di elettore dell'Arbia. La prova di tale qualitä, fu data
nel corso del giudizio, e ciõ era sufficiente a dimostrare la
legittimazione al ricorso, non essendo stabilito da alcuna
norma che la prova medesima debba essere data prima della
proposizione del ricorso.
Con il terzo mezzo il Murano sostiene che al momento
dell'elezione non vi era lite pendente con il Comune, perche sia esso contribuente, sia il Comune avevano accettato
l'accertamento, ehe la Giunta prov. amm. aveva compiuto per 1'anno 1957 in lire 300.000 di reddito imponibile, anche
per gli anni successivi.
Questo assunto õ fondato. Kisulta dagli atti che, a se
guito della decisione della Giunta prov. amm. di Matera del 30 agosto 1958, la quale ridusse da lire 400.000 a lire
300.000 il reddito imponibile del Murano per l'anno 1957, non solo nel 1958, ma anche nel 1959 e nel 1960 il contri buente fu iscritto nei ruoli per lo stesso reddito, e pagõ la relativa imposta, di modo che il ricorso proposto contro l'accertamento di un reddito di lire 400.000 per l'anno
1958 fu abbandonato, avendo il Comune rinunciato ad in sis tere in tale maggiore accertamento ed il contribuente rinunciato a pretendere una riduzione maggiore di quella ottenuta in precedenza.
Stante ciõ, e erronea la considerazione fatta dalla Giunta
prov. amm. nel presente procedimento, cioö che la lite era pendente percho non vi era stata una pronuncia formale di estinzione del procedimento tributario. Per stabilire se esista 1'ineleggibilitä per lite pendente con il comune si
deve avere riguardo all'esistenza effettiva della lite, tale da determinare una situazione di incompatibility per l'in teresse personale in contrasto con quello dell'ente pub blico. Quindi una lite abbandonata, ancorchõ il procedi mento non sia formalmente dichiarato estinto, non puõ creare quel 1'incompatibi 1 itä.
Pertanto il ricorso del Murano deve essere accolto.
Sembra giusto disporre la compensazione delle spese di
questo grado e di quello di appello. Per questi motivi, cassa,, ecc., e dichiara Giuseppe
Antonio Murano eleggibile alia carica di consigliere comu
nale di Colobraro, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione I civile ; sentenza 20 febbraio 1963, n. 418 ; Pres. Celentano P., Est. Del Conte, P. M. Colli (concl. conf.) ; Del Fante (Aw. Blabzino, Ugui) c. Grenti
(Aw. Colombi-Guldotti, Porzio) e Pall. Del Pante
(Aw. Mussini, Yigevani).
(Gonferma App. Firenze 24 ottobre 1960)
Fallimento — Piccolo imprcnditore — Accertamento della qualiiica — Redditi di ricchezza mobile — Mancata dichiarazione — Elfetti — Fattispecic
(R. d. 16 marzo 1942 n. 267, disoiplina del fallimento, art. 1).
Fallimento — Cessazione dell'attivita imprenditoriale — Accertamento dei redditi di ricchezza mobile — Fattispccie (R. d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 10 ;
legge 11 gennaio 1951 n. 25, norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario, art. 18 ; d. pres. 5 luglio 1951 n. 573, t. u. delle norme sulla dichiarazione unica annual© dei redditi soggetti alle im
poste dirette, art. 10).
L'imprenditore commerciale e dicliiarato fallito se, per Vanno
finanziario precedente la dichiarazione di fallimento non abbia presentato la denungia dii r(:Üditi di r, m, e, in ap
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923 PARTE PRIMA 924
plicazione delVart. 3 della legge 11 gennaio 1951 n. 21,
sia stato iscritto a ruolo ex lege per I'imponibile, superiore al minima previsto dalVart. 1 della legge fallimentare, accertato per il periodo immediatamente precedente (nella
specie, tale iscrizione ex lege era divenuta definitiva, per mancanza di rettifica o di ricorso, successivamente alia
dichiarazione di fallimento). (1) Ai fini delVaecertamento della decorrenza, al momento della
dichiarazione di fallimento, delVanno dalla cessazione
delVimpresa, ove fosse assunta, sulla base della legisla zione anteriore alia vigente legge sulle imposte dirette, come indice della cessazione la non reiscrizione nei ruoli
di r. m., il momento di riferimento iniziale era costituito
dallo scadere delVanno finanziario delVultima iscrizione, non delVanno solare. (2)
II
Sezione I civile ; sentenza 5 gennaio 1963, n. 12 ; Pres. Va
rallo P., Est. Rossano, P. M. Gedda (ooncl. conf.) ; Bux (Aw. Gargano) c. Mele.
(Gonferma App. Bari 23 dicembre 1961)
Fallimento — Piccolo imprenditore — Accertameiito
della qualifica — Redditi di ricchezza mobile — Demmzia — Accettazione — Necessitä (R. d.
16 marzo 1942 n. 267, art. 1).
La qualitä di piccolo imprenditore del contribuente, ai fini della inammissibilitä della dichiarazione di fallimento,
pud risultare da un accertamento fiscale definitivo (nella
specie per accettazione della denunzia del contribuente), a nulla rilevando ehe la definitivitä intervenga in epoca successiva alia dichiarazione suddetta. (3)
(1, 3) A chiarimento della sentenza n. 418 del 1963, che
si annota, riproduciamo la mot iva/.ione della sentenza di merito
confermata, App. Firenze 24 ottobre 1960 (tratta da Giur. toso., 1961, 101, e le cui mässime sono riportate nel nostro Rep. 1901, voce Fallimento, nn. 123, 124) :
« L'opponente Del Fante ammetteva di essere stato iscritto nei ruoli di r. m. per l'anno 1953-54 ma eccepisce : a) che tale iscrizione a ruolo fu fatta ex lege e non a seguito di accertamento fiscale ; b) che, comunque, per l'anno 1954-55, anno in cui fu
dichiarato il fal'imento, egli non fu iscritto a ruolo perche il suo reddito fu considerato inferiore al minimo imponibile. Deduce, conseguentemente, di non essere stato mai riconosciuto titolare di un reddito imponibile in sede di accertamento e di non essere stato, quindi, piccolo imprenditore aisensi dell'art. 1,
capov., legge fallimentare avendo impiegato nella sua impresa artigiana di « casaro » un capitale inferiore alle lire 900.000.
« Osserva la Corte che la iscrizione a ruolo ex lege di cui il riassumente parla come di qualcosa di distinto dall'accerta mento fiscale, e un concetto ignoto alia materia tributaria; la iscrizione a ruolo fatta dall'ufficio, in mancanza della dichia razione dei propri redditi di r. m. da parte del contribuente, consiste proprio in un accertamento ; e soltanto si puõ rilevare
che, purche codesto accertamento non sia divenuto definitivo,
per decisione dei competenti organi del contenzioso tributario o del giudice, oppure per mancato reclamo dell'interessato, esso non puõ produrre gli effetti che la legge ricollega, appunto, all'accertamento definitivo e, nemmeno, quindi, l'effetto di cui all'art. 1, capov., della legge fallimentare. Ma nella specie risulta dal certificato del competente ufficio distrettuale delle
imposte dirette di Fornovo Taro in data 9 ottobre 1959, pro dotto dalla curatela (ed e del resto ammesso dallo stesso Del
Fante) che il reddito di lire 154.000 in cat. B, accertato in via
provvisoria a carico di costui per l'esercizio 1953-54 «per man
cata opposizione del contribuente e per conferma tacita dello
ufficio che lo ha ritenuto congruo, e ormai da considerare, an
che per awenuta decorrenza di ogni termine di azione per la
parte e per l'ufficio, definitivo». Ogni discussione su questo
punto, appare, quindi, preclusa. «Ma infondata e anche l'argomentazione basata dal Del
Fante sul fatto di non essere stato sottoposto ad accertamento di r. m. per l'esercizio 1954-55, durante il quale egli fu dichia
rato fallito. «Si puõ anche ritenere, infatti, che nulla vieta che un im
I
La Corte, ecc. — Svolgimento del rocesso. — Con sen
tenza 21 aprile 1955, il Tribunale di Parma dichiarõ il
fallimento di Del Fante Armando su istanza del creditore
Grenti Giuseppe. A tale sentenza fece opposizione davanti
ai detto Tribunale il Del Fante con atto notificato il 4 e 5
maggio successivo, deduoendo che aveva cessato dalla at
tivitä imprenditizia sin dal 14 novembre 1953, in cui il
suo caseificio era stato chiuso e, in subordine, che doveva
essere considerato piccolo imprenditore, dato che non era
stato piu iscritto nei ruoli di r. m. dopo l'anno 1953 e nella
sua impresa era stato investito un capitale inferiore a
lire 900.000.
Il Tribunale revocõ il fallimento, ritenendo che l'atti
vitä. del Del Fante era cessata con la chiusura del caseificio.
Ma la Corte di appello di Bologna accolse il gravame del
creditore Grenti, osservando che la vendita dei prodotti
dell'impresa costituiva prosecuzione della medesima.
La Corte di cassazione, con sentenza 1° giugno 1958,
(Foro it., 1958, I, 1451), cassõ la sentenza della Corte di
appello in considerazione del mancato esame della ecce
zione del Del Fante di essere piccolo imprenditore. La Corte d'appello di Firenze, in sede di rinvio con sen
tenza 24 ottobre 1960, ha respinto la opposizione alia di
chiarazione di fallimento, osservando : a) poiche il Del Fante
era stato iscritto nei ruoli di r. m. per l'anno 1953-54 sus
sistevano gli estremi per la sua dichiarazione di fallimento ;
b) l'assunto del Del Fante che tale iscrizione non era valida
perche fatta non a seguito di un accertamento fiscale e
non aveva carattere definitivo, era infondato perche come
risultava dal certificate 9 ottobre 1959 dell'ufficio delle
imposte, l'accertamento del reddito di r. m. per l'esercizio
1953-54 era stato effettuato d'ufficio in seguito alia omessa
dichiarazione del contribuente ed era divenuto definitivo
prenditore, per la diminuzione del capitale investito nella sua
impresa e per la proporzionale riduzione del suo reddito, che
sfugga cosi all'accertamento di r. m., si trasformi in piccolo imprenditore : ma anche in tale ipotesi l'imprenditore non puõ sottrarsi al fallimento, se cada in dissesto, quando tale dissesto si riferisca alia originaria impresa ; occorrerä almeno, a tutto concedere alia tesi adombrata dal Del Fante, che dalla tras formazione dell'imprenditore in piccolo imprenditore sia de corso il termine di cui all'art. 10 legge fall., perche tale originaria impresa non põssa piü essere sottoposta a fallimento ».
Entrambe le sentenze in epigrafe affermano, 1'una implici tamente, l'altra expressis verbis, la sufficienza, ai fini della valu tazione della quality di piccolo imprenditore, di un accertamento la cui definitivitä sia intervenuta in tempo successivo alia sen tenza dichiarativa di fallimento. In senso contrario si e pro nunciato il Trib. Bari 23 marzo 1959, Foro it., 1959, I, 1051, con nota di richiami, ritenendo che l'accertamento fiscale nega tivo ai fini della r. in. non esclude di per se la quality di piccolo imprenditore del debitore, se divenga definitivo solo dopo la dichiarazione di fallimento.
La questione non era stata trattata dalle precedenti sentenze in argomento, che si erano limitate ad affermare la necessity di un accertamento definitivo ai fini della valutazione ; in tal senso si consultino : App. Roma 24 aprile 1961, id., Rep. 1961, voce Fallimento, n. 122 ; App. Milano 8 marzo 1960, id.,jRep. 1960, voce cit., n. 163 ; App. Bari 2 gennaio 1960, ibid., n. 165.
Per riferimenti, possono consultarsi le due sentenze dell'App. Venezia 23 maggio 1957 e 25 giugno 1957, id., Rep. 1957, voce
cit., nn. 83, 85, a tenore delle quali la mancata iscrizione dell'im
prenditore nei ruoli di r. m. per inosservanza dell'obbligo di denunzia e difetto di accertamento dell'ufficio, non puõ assumere alcun rilievo ai fini del riconoscimento delle qualita di piccolo imprenditore del debitore.
Ancora per riferimenti, si veda Trib. Milano 12 maggio 1960, id., Rep. 1961, voce cit., n. 125, per cui in caso di accerta mento negativo della Pinanza la qualita di piccolo imprenditore andrä accertata sulla base del criterio del capitale investito
nell'impresa. In dottrina, afferma la necessity di un accertamento defi
nitivo ai fini della valutazione delle dimensioni dell'impresa, Pajabdi, Aspetti vecchi e nuovi del problema della identificazione delta piccola impresa commerciale sottratta al fallimento, in Riv. dir. proc., 1958, 617.
(2) Non constano precedenti in termini.
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925 GIURIŠPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 926
I
per mancanza di opposizione del contribuente stesso e per conferma tacita dell'officio ; c) era irrilevante la circostanza clie il Del Fante non fosse stato sottoposto ad accertamento di r. m. per l'esercizio 1954-55 in quanto l'accertamento aveva avuto yigore sino al 30 giugno 1954 e quindi da tale
data, in cui si era avuta la trasformazione del Del Fante da imprenditore a piccolo imprenditore, non era decorso il termine annale per la dichiarazione di fallimento, inter venuta il 21 aprile 1955. (Omissis)
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, si cen sura la sentenza impugnata per aver escluso la quality di
piccolo imprenditore del Del Fante, fondando il suo convin cimento sul certificato 5 ottobre 1959 dell'ufficio delle
imposte, col quale si affermaya la definitivitä della iscrizione nei ruoli di r. m. per l'anno 1953-54, senza alcuna dimostra zione che l'accertamento fosse stato notificato al contri buente. Inoltre, soggiunge il ricorrente, la Corte ha omesso al riguardo di tener conto del contenuto degli altri certificati 18 novembre 1959 e 2 maggio 1955 rilasciati dal medesimo ufficio.
La doglianza e iufondata. L'art. 3 della legge 11 gennaio 1951 n. 25 sulla perequa
zione tributaria in vigore in quella epoca (espressamente poi abrogato dall'art. 288, lett. c, del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645, in quanto sostituito dagli art. 17 e 123 di tale t. u. che regolano in maniera sostanzialmente analoga la materia) stabiliya che «la dichiarazione (dei redditi soggetti alle
imposte dirette) deve essere presentata ogni anno. In caso di omessa dichiarazione, i redditi accertati per l'anno pre cedente continuano ad essere iscritti a ruolo. . ., salvo la
facoltä dell'ufficio di rettificarli ».
Nella ipotesi, quindi, di omissione della dichiarazione l'accertamento e la conseguente iscrizione si verificano ex
lege, senza necessity della notificazione dell'accertamento
stesso al contribuente. Ha luogo, cioe, quella che nel lin
guaggio tributario 6 chiamata «la conferma col silenzio » da parte del possessore del reddito sulla base della imposta stabilita per il periodo precedente, la quale viene senza altro iscritta a ruolo per il periodo in corso.
Nella specie, dal certificato dell'ufficio delle imposte 5 ottobre 1959 risultava appunto che il contribuente aveva omesso di presentare la dichiarazione per il periodo di
imposta 1953-54, onde la Finanza aveva proceduto alia
iscrizione ex lege, per tale periodo, sulla base imponibile del periodo immediatamente precedente. E l'accertamento assunse carattere definitivo, come pure si rileva dal detto certificato in mancanza sia di reclami da parte del contri
buente, sia dell'esercizio da parte della Finanza della fa
coltä di rettifica, che, ai sensi del 1° comma dell'art. 4 della eitata legge n. 25 del 1951, avrebbe potuto aver luogo sino al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva essere presentata. Quanto poi all'esame delle risultanze degli altri due certificati sopra menzionati, va osservato che, il primo (del 18 novembre
1959) non fa che riprodurre in sostanza il contenuto di
quello del 5 ottobre 1959, richiamato dalla Corte di merito, in quanto anche esso attesta che «il Del Fante 6 stato ac certato agli effetti della r. m. a tutto giugno 1954 » ed «iscritto a ruolo per l'esercizio 1953-54 » ed il secondo (del 2 maggio 1955) conferma anehe esso la iscrizione a ruolo ex lege per l'anno 1953-54 in conseguenza della mancata
dichiarazione del contribuente e che «la tassazione doveva
ritenersi (in quel momento) provvisoria in attesa di ulte riori accertamenti da parte dell'ufficio », il quale, come si e
giä visto, avrebbe potuto avvalersi della facoltä. di rettifica di cui al citato art. 3, 1° e 2° comma, legge n. 25 del 1951.
Con il secondo motivo, si sostiene che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che non fosse decorso l'anno dalla cessazione del Del Fante dalla qualitä di imprenditore, in base al rilievo che l'accertamento di un reddito imponibile di r. m. aveva avuto vigore sino al 30 giugno 1954. Secondo il ricorrente, invece, l'iscrizione nei ruoli di r. m. per il pe riodo 1953-54 importava l'accertamento di un reddito
imponibile soltanto sino al 31 dicembre 1953 : onde, essendo
da tale data cessata la qualitä di imprenditore, il falli
mento non poteva essere dichiarato il 21 aprile 1955, per
decorrenza del termine annale di eui all'art. 10 della legge fallimentare.
Anche tale doglianza e infondata.
L'art. 18, 1° comma, della legge 11 gennaio 1951 n. 25, sulla perequazione tributaria in vigore in quell'epoca
(espressamente abrogato dall'art. 288, lett. c, del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645 in quanto sostituito dall'art. 3 di tale t. u.), disponeva che «le imposte dirette accertate
nei confronti dei eontribuenti non tassati in base a bilancio sono dovute per l'esercizio finanziario avente inizio dal 1° lu
glio e sono commisurati ai redditi conseguitinell'anno solare
precedente » ; e l'art. 10, 2° comma, del t. u. 5 luglio 1951 n. 573, sulla dichiarazione unica dei redditi, pure in vigore in quell'epoca (espressamente abrogato anclie esso dall'art.
288, lett. a, del t. u. n. 645 del 1958) in correlazione alia pre detta norma, stabiliva che «per i redditi mobiliari la dichia -
razione deve comprendere quelli che si sono prodotti nel l'anno precedente, ai fini della tassazione dal luglio del l'anno in cui la dichiarazione e prescritta ».
Da tali norme si desume che, se il periodo di commisura zione della imposta coincideva con l'anno solare precedente a quello della dichiarazione, il periodo d'imposta era co stituito dall'anno finanziario decorrente dal 1° luglio del -
l'anno della dichiarazione al 30 giugno dell'anno successivo.
Orbene, la legge fallimentare, quando all'art. 1 prende in considerazione il reddito riconosciuto ai fini della r. m., si riferisce indubbiamente al periodo d'imposta, costituito dall'anno di tassazione o di applicazione dell'imposta, e non certo al periodo dell'anno solare od a quello dell'anno finanziario precedenti alia dichiarazione, dato che il loro
valore, come si 6 visto anche in relazione al primo motivo, e unicamente presuntivo del reddito e commisurativo della tassazione.
Pertanto, nella specie, poiche il periodo di imposta era
costituito dall'anno finanziario decorrente dal 1° luglio 1953 al 30 giugno 1954, l'accertamento ebbe vigore sino a questa ultima data ; onde esattamente la Corte d'appello ha rite nuto che al momento della dichiarazione di fallimento, intervenuto il 21 aprile 1955, non era ancora decorso il termine dell'art. 10 legge fall, dalla cessazione nel Del Fante della qualitä di imprenditore.
II ricorso va quindi rigettato con tutte le conseguenze di legge.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
II
La Corte, ecc. — Col primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge fallimentare, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. sostenendosi che al momento della dichiarazione del fal limento (11 giugno 1959) l'Elia non era titolare di reddito tassabile di ricchezza mobile. In detto momento, si argo menta, al quale necessariamente bisogna riferirsi per l'ac certamento dei presupposti che legittimano la pronuncia di fallimento, esisteva solo una denuncia di reddito pre sentata dalla parte, ma non esisteva un accertamento defi nitive dell'Amministrazione finanziaria, dato che questo accertamento era stato concluso posteriormente, mediante concordato col curatore. Perciõ la sentenza impugnata non
avrebbe dovuto attribuire rilevanza al menzionato concor
dato, al fine di ritenere esistenti i presupposti richiesti dalla legge per potere assoggettare l'Elia alia procedura fallimentare quale titolare di reddito tassabile di r. m.
Si assume, inoltre, che l'Elia doveva ritenersi piccolo
imprenditore anche in relazione al valore di capitale in
vestito nell'azienda, di gran lunga inferiore alle lire 900.000, atteso che le macchine del frantoio, vendute all'Elia col
patto di riservato dominio, erano state rivendicate dai ven
ditori, insoddisfatti del prezzo. Le censure sono infondate.
E noto che ai fini e per gli effetti dell'art. 1 della legge sul fallimento, che esclude dalla procedura concorsuale i
piccoli imprenditori, devono considerarsi tali gli eser centi un'attivitä commerciale che siano titolari di un
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927 PARTE PRIMA 928
reddito di ricchezza mobile inferiore al minimo impouibile,
o, in maneanza di accertamento, ooloro che abbiano in
vestito nell'azienda un capitale non superiore a lire
30.000 (elevato a lire 900.000 dall'art. un. della legge 20
ottobre 1952 n. 1375). £ pure noto ehe, sempre ai fini della qualifica di piccolo
imprenditore, occorre che l'accertamento fiscale sia defi
nitive, e ciõ sia che esso risulti dalla rettifica di ufficio
alia denuncia del contribuente, sia che risulti dalla de
nuncia stessa, accettata dai competenti organi finanziari.
£ infine, giuridicamente esatto che i presupposti del
fallimento debbono accertarsi in relazione alia data di
dichiarazione, non al tempo in cui si decide sulla oppo sizione.
Ma la sentenza impugn ata lungi dal disapplicare o dal
malamente interpretare la norma ed i principi teste ri
chiamati, come sostiene il ricorrente, si e uniformata per fettamente ad essi nel giudicare sul caso concreto sotto
posto al suo esame.
Ed invero, la sentenza della Corte di merito ha ritenuto
pertanto che l'Elia non fosse piccolo imprenditore ai
sensi del 2° comma, prima ipotesi, dell'art. 1 legge sul
fallimento, in quanto lo stesso, nella denuncia dei red
diti presentata per il 1958 (come del resto per gli anni
precedenti 1957 e 1956), aveva dichiarato un reddito di
ricchezza mobile superiore al minimo imponibile, reddito
che era stato accettato dall'ufficio imposte, mediante
concordato intervenuto col curatore.
La qualifica di piccolo imprenditore dell'Elia fu quindi esclusa dalla Corte di merito in base alia sua stessa dichia
razione (di essere titolare di un reddito di ricchezza mo
bile superiore al minimo imponibile) integralmente accet
tata dal Fisco, ne puõ fondatamente opporsi che, essendo
l'accertamento fiscale intervenuto dopo la dichiarazione
di fallimento, esso non potrebbe spiegare efficacia, in
conformity del principio, giä richiamato, che i presuppo sti del fallimento debbono accertarsi in relazione alia data
di dichiarazione.
A vineere la obiezione 6 sufficiente considerare, da una
parte, che gli organi fiscali potevano solo accettare senza
variazioni o aumentare, ma non mai diminuire l'entita
della somma denunciata dal contribuente quale reddito di
ricchezza mobile, dall'altra che l'accertamento fiscale de
finitive deve riguardare il periodo di tempo anteriore alia
dichiarazione di fallimento, ma puõ bene intervenire anclie
dopo, specie in relazione alia legge Vanoni di denuncia po stuma dei redditi (legge 11 gennaio 1951 n. 25 e successive
variazioni). Pertanto deve disattendersi il primo mezzo del ricorso,
senza nemmeno esaminare la seconda parte della cen
sura, che concerne il punto del capitale inferiore alle lire
900.000 investito nell'azienda, siccome ovviamente assorbita.
Ugualmente infondati sono gli altri due mezzi di ri
corso (secondo e terzo) con i quali, rispettivamente, si
deduce : che la Corte di merito abbia omesso di motivare
sulla istanza di richiesta di informazioni all'Ufficio finan
ziario di Bari per accertare l'esatta posizione dell'Elia,
anche in relazione all'equivoco tenore del certificato rila
sciato da quell'ufficio il 16 luglio 1960 ; e che erroneamente
abbia affermato l'esistenza dei presupposti richiesti dal
l'art. 1 della legge fallimentare, mentre nessun reddito
fu dichiarato ne accertato nel 1959 a carico dell'Elia (sia
pure limitatamente ai primi sei mesi di quell'anno). Osserva sulla prima censura che la sentena denunciata
ha precisato che risultando chiara, dai documenti giä
acquisiti al processo, la posizione dell'Elia, quanto al red
dito di ricchezza mobile ricevuto dall'esercizio commer
ciale (superiore al minimo imponibile), appariva super flua ogni altra prova. Tale motivazione e adeguata e cor
retta, e il giudizio sulla superfluity della prova e incensu
rabile in questa sede. Peraltro, il precetto dell'art. 213
cod. proc. civ. per il quale il giudice puõ richiedere di uf
ficio informazioni alia pubblica Amministrazione relativa
mente ad atti e documenti dell'Amministrazione stessa,
riflette non giä. un obbligo, ma una facoltä discrezionale,
il cui mancato esercizio non e suscettibile di sindacato in
Cassazione (cfr. da ultimo sent. 14 marzo 1962, n. 534, Foro it., 1962, I, 946).
Per questi motivi, rigetta, ece.
CDRTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili; sentenza 18 febbraio 1963, n. 392 ; Pres. Torrente P., Est. Stella Richter, P. M. Pepe
(eoncl. parz. diff.) ; Delia Pietra (Arv. Santagata) c. Mannelli (Aw. Sassone, Scopece).
(Oonferma App. Napoli 14 marzo 1961)
Trascrizione — Demolizione di costruzione abusiva
per violazione di norme di edilizia —■ Trascri
zione della domanda — Illegittimitä — Falti
specie (Cod. civ., art. 873, 2643, 2645). Trascrizione — Domanda non trascrivibile — Ri
sarcimento di danni —- Condizioni (Cod. proc. civ., art. 278 ; cod. civ., art. 2643).
E illegittima la trascrizione della domanda intesa alla demo
lizione di costruzione, ehe si assuma abusiva per viola
zione di norme di edilizia (nella specie art. 7 della legge 29 gennaio 1939 n. 1497 ; 2 e 3 dell'appendice del rego lamento edilizio di Napoli). (1)
La trascrizione della domanda non trascrivibile giustifica la
condanna generica di ohi, incorrendo in errore di diritto vi
ha proceduto, ai risarcimento dei danni, indipendentemente dalla injondatezza della domanda giudiziale illegittima mente traseritta. (2)
La Corte, ecc. — (Omissis). Con il terzo motivo del ri
corso principale si lameuta clie sia stata dichiarata ille
gittima la trascrizione della domanda del Della Pietra.
All'uopo si deduce ehe taie domanda, come diretta al
1'accertamento di una trasgressione di un vincolo legale esistente sull'immobile, era suscettibile di trascrizione, ai
sensi dell'art. 2653, n. 1, eod. civ. o, quanto meno, del
1'art. 2645, in relazione all'art. 2643, n. 14. Si sostiene ehe
non lia rilievo l'origine legale anziche convenzionale del
vincolo, poiche non alla provenienza di esso va fatto rife
rimento, bensi agli effetti, ebe sono uguali neile due ipotesi. Ancbe quest a censura e infondata.
Come questo Supremo collegio ha giä avuto occasione
di rilevare (sentenza 5 maggio 1960, n. 1029, Foro it.,
1961,1, 1198) e come ö pacifieo anche in dottrina, non esiste, secondo il nostro ordinamento, una trascrivibilitä, facolta
tiva ; la trascrizione e ammessa solo se essa o richiesta dalla
legge in ordine a quella determinata categoria o a quel de
terminate tipo di atti. La trascrizione costituisce, cioe, una
forma di pubblicitä necessaria, in deroga alla regola generale
per cui la nascita o 1'efficacia dei negozi giuridici non dipen dono dall'osservanza di particolari formalitä,; per modo ehe
essa b eonsentita solo nei easi tassativamente indieati dalla
(1-2) La sentenza 14 marzo 1961 della Corte d'appello di
Napoli, ora confermata, e riassunta in Foro it., Kep. 1961, voce Trascrizione, n. 74.
Sulla prima massima, v., in senso conforme, Cass. 5 maggio 1960, n. 1029 (id., 1961, I, 1198, con nota di richiami, cui adde
ProzZillo, in Riv. trim,, dir. e proc. civ., 1961, 1526), eitata nella
motivazione della presente. Sulla seconda massima, cons, l'ampia nota redazionale a
Cass. 8 luglio 1957, n. 2695 (Foro it., 1958, I, 883), richiamata nella motivazione della presente, la quale ritenne clie la domanda
di risarcimento di danni per illegittimitä, della trascrizione, de
rivante dall'essere stata traseritta domanda giudiziale non
trascrivibile, puõ formare oggetto di separato giudizio ; nonche
App. Napoli 15 marzo 1957, ibid., per la quale la responsabilita di ehi ha proceduto alla trascrizione di domanda non trascrivi
bile, e disciplinata dal 1° comma dell'art. 96. La decisione 18 marzo 1960, n. 66 del Cons. Stato, Sez. V,
resa tra le parti, e stata confermata da Cass. 26 febbraio 1963, n. 469, retro, 699, con nota di richiami.
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