sezione I civile; sentenza 20 febbraio 1998, n. 1846; Pres. Corda, Est. Olla, P.M. Uccella (concl.conf.); Cassa dei risparmi di Forlì (Avv. Stella Richter, Volpi) c. Fall. soc. Edilnova e Fall. Zarri(Avv. D'Orazio, Censoni). Cassa App. Bologna 27 maggio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 9 (SETTEMBRE 1998), pp. 2489/2490-2495/2496Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194305 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
gio che quello di vendita dei beni stessi, così che al sequestro
possa seguire l'apprensione diretta delle cose e la loro immedia
ta alienazione: è pertanto evidente l'improprietà del termine «se
questro» adottato dal legislatore e la sostanziale corrispondenza della misura ad un pignoramento.
La natura cautelare del provvedimento è peraltro chiaramen
te esclusa dal rilievo che esso non svolge alcuna funzione stru
mentale nei confronti di una futura sentenza da emettere in un
giudizio di cognizione e prescinde anzi totalmente dalla penden za attuale o dall'instaurazione futura di un tale giudizio, ten
dendo solo a garantire, come già osservato, l'apprensione e la
vendita forzata delle cose soggette al privilegio agrario. Da tale configurazione consegue che se il provvedimento può
essere emesso anche per la realizzazione di un credito privo di
titolo esecutivo (come nell'ipotesi di credito agrario di migliora mento risultante da scrittura privata, ex art. 6, 2° comma, e
9 1. n. 1760 del 1928), è tuttavia pur sempre necesario non solo
che il credito azionato esista, ma anche (a differenza di quanto è richiesto per il sequestro ordinario) che sia esigibile.
Nella specie, l'accertata inesigibilità del credito alla data di
concessione del sequestro vale di per sé a denotare l'illegittimità del provvedimento emesso.
Appare pertanto del tutto irrilevante la questione se la do
manda presentata dal Somma per la concessione del mutuo fos
se o meno tempestiva, così come priva di rilievo è la circostanza
che la Bnl ebbe successivamente a rifiutare l'erogazione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 feb
braio 1998, n. 1846; Pres. Corda, Est. Olla, P.M. Uccella
(conci, conf.); Cassa dei risparmi di Forlì (Avv. Stella Rich
ter, Volpi) c. Fall. soc. Edilnova e Fall. Zarri (Avv. D'Ora
zio, Censoni). Cassa App. Bologna 27 maggio 1995.
Contratti bancari — Conto corrente bancario — Saldo finale — Individuazione — Criteri (Cod. civ., art. 1852, 1853).
Fallimento — Operazioni in conto corrente bancario — «Riti
ro» di cambiali anteriore al fallimento — Annotazione suc
cessiva al fallimento — Inclusione nel saldo finale (Cod. civ., art. 1852, 1853; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fal
limento, art. 42, 78).
Nel conto corrente bancario le annotazioni delle singole opera zioni eseguite dalla banca hanno valore esclusivamente conta
bile ed efficacia meramente dichiarativa, con la conseguenza
che, ai fini della ricostruzione del saldo finale del rapporto, è necessario fare esclusivo riferimento al risultato contabile
raggiunto per effetto della contrapposizione delle operazioni attive e passive perfezionatesi anteriormente allo scioglimento del medesimo, senza che assuma rilievo la loro registrazione o meno nel conto. (1)
Nell'ipotesi in cui, anteriormente alla dichiarazione di fallimen to del correntista, la banca abbia dato esecuzione ad un ordi
ne impartito da quest'ultimo di pagare effetti cambiari, l'im
porto da essa sborsato entra automaticamente a far parte del
le poste passive del rapporto e, quindi, del saldo finale del
conto scioltosi per effetto del fallimento, a nulla rilevando
che l'operazione sia stata annotata solo successivamente alla
data della sentenza dichiarativa. (2)
(1-2) Un'operazione di «ritiro» di effetti cambiari eseguita anterio
mente alla data della dichiarazione di fallimento del correntista, ma
annotata in conto solo successivamente a tale evento, ha fornito alla
Suprema corte l'occasione per ribadire, ad anni di distanza dall'ultima
pronuncia che è dato rinvenire (v. Cass. 23 aprile 1966, n. 1044, Foro
it., 1967, I, 88, in relazione alla quale va osservato che, nonostante
la massima di questa rivista faccia pensare ad un mero obiter dictum, una delle massime ufficiali, che si può leggere id., Rep. 1966, voce
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — 1. - Con sentenza 22 febbraio
1990 il Tribunale di Forlì dichiarò il fallimento della s.n.c. Edil nova di Zarri Nadio & C., nonché dello Zarri in proprio.
2. - Con atto di citazione notificato il 10 aprile 1991 alla
Cassa dei risparmi di Forlì, la curatela dei detti fallimenti de
dusse, in fatto: che, a suo tempo, i coniugi Nadio Zarri e Laila
Leoni avevano stipulato con la banca destinataria della notifica
un conto corrente di corrispondenza e che il conseguente rap
porto era ancora in corso alla data della dichiarazione di falli
mento; che alla data del 1° marzo 1990 quel conto presentava
Banca e contratti bancari, n. 60, enunciava espressamente il principio de quo), la natura (in linea di principio) meramente dichiarativa del l'annotazione delle operazioni in conto corrente bancario.
Corollario di tale assunto è, per la corte regolatrice, la necessità di fare riferimento, nella ricostruzione del saldo finale del rapporto, non
già al risultato contabile raggiunto attraverso la contrapposizione delle
operazioni attive e passive registrate in conto, secondo il criterio del saldo c.d. «contabile», ma a quello conseguente alla contrapposizione delle operazioni «ormai perfezionatesi», seguendo quindi un diverso cri terio che, nell'impostazione data nella decisione in rassegna, pare coin cidere sostanzialmente con quello del saldo c.d. «disponibile»: in tal senso sembra infatti militare, tra l'altro, la definizione di quest'ultimo come del saldo «corrispondente al conguaglio dei contrapposti ammon tari delle singole operazioni attive e passive», nonché la successiva af fermazione secondo la quale: «Tanto comporta che l'effetto dell'elisio ne .. . delle rispettive posizioni debitorie è connesso alla coesistenza delle operazioni di segno opposte . . . purché divenute perfette secondo la disciplina legale o convenzionale loro propria . . .».
Solo aderendo a tale inciso, peraltro, ha senso il richiamo, operato in motivazione, ai principi affermati, sempre dai giudici di legittimità, in relazione ai criteri di accertamento della «copertura» del conto ai fini della revocatoria fallimentare delle rimesse in conto corrente, per i quali v. Cass. 19 gennaio 1998, n. 462, id., Mass., 51; 3 gennaio 1996, n. 12, id., 1996, I, 530, alla quale si rinvia per ulteriori precedenti, tra i quali, citati in motivazione, Cass. 15 novembre 1994, n. 9591, id., Rep. 1995, voce Fallimento, n. 455 (e Fallimento, 1995, 724, con nota di Tarzia, Criteri di individuazione del «saldo disponibile» del conto
corrente), e 22 marzo 1994, n. 2744, Foro it., 1994, I, 2744, con ampia nota di richiami anche di dottrina e di precedenti in senso contrario.
In una simile situazione, appare frutto di una mera svista l'afferma
zione, che si legge sia in motivazione che nella massima ufficiale (v. id., Mass., 199), secondo la quale il saldo finale sarebbe «diverso da
quello c.d. disponbile» (anziché, come verosimilmente era intenzione dell'estensore scrivere, da quello «contabile»); a meno che non si voles
se, con tale inciso, sottolineare la definitiva immutabilità del saldo del
rapporto ormai sciolto rispetto a quello, continuamente mutevole, del
rapporto ancora in corso di svolgimento. In dottrina, v., per la natura dichiarativa delle annotazioni in conto,
A. Caitabiano, Il conto corrente bancario, Padova, 1967, 180 ss.; con
tra, M. Porzio, Conto corrente, deposito e concessione di credito, in Trattato diretto da Rescigno, Torino, 1985, 12, 876. Sul problema, specificamente trattato nella sentenza in rassegna, dell'annotazione suc cessiva al fallimento delle operazioni in conto corrente bancario perfe zionatesi prima di tale data, v. G. Zanaronb, Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in Commentario Scialoja-Branca, Legge fallimentare, Bologna-Roma, 1979, 331 ss. Sui criteri di accertamento della «copertura» del conto ai fini della revocatoria fallimentare, v., oltre a Tarzia, cit., M. Fabiani, Revocatoria fallimentare, un «puzzle» tutt'altro che definito, in Foro it., 1992, ì, 152.
Da evidenziare, poi, Cass. 25 luglio 1972, n. 2545, id., 1973, I, 2211, seguita da Cass. 26 luglio 1989, n. 3507, id., 1990, I, 128, con nota di G. Carriero, Bonifico bancario e onere di diligenza, in motivazio
ne, e da Cass. 29 luglio 1992, n. 9064, id., Rep. 1992, voce cit., n.
443, nelle quali, vertendosi in tema di operazioni di giroconto o di bo nifico bancario, si afferma che le stesse si perfezionano solo al momen to dell'annotazione in conto (nello stesso senso, v., nella giurisprudenza di merito, con riferimento ad un'ipotesi di bonifico, Trib. Padova 22
maggio 1982, id., 1983,1, 1750); si noti, tuttavia, che la decisione odierna,
proprio con riferimento alla prima di tali ipotesi, puntualizza che simile effetto non è già da ricondurre all'intrinseca natura dell'annotazione, ma alla struttura (legale o convenzionale) dell'operazione eseguita, di modo che quanto asserito in tali pronunzie non si pone comunque in contrasto con il principio di cui all'odierna massima.
Per un'analisi dei momenti perfettivi delle varie operazioni bancarie, v. Tarzia, op. cit.
Nel senso che gli addebiti e gli accertamenti eseguiti in conto corrente
bancario comportano mere operazioni di conguaglio, che non possono considerarsi come frutto di compensazione in senso tecnico-giuridico, v. Cass. 11 dicembre 1978, n. 5836, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 311 (e Banca, borsa, ecc., 1980, II, 270); nella giurisprudenza di
merito, v. App. Roma 11 aprile 1986, Foro it., Rep. 1986, voce Con tratti bancari, n. 15, e Giust. civ., 1986, I, 1749; Trib. Milano 11 di
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2491 PARTE PRIMA 2492
un saldo attivo di lire 37.812.154; che, pertaltro, da detto im
porto andava detratta la somma di lire 13.000.000 corrispon dente all'importo di un assegno versato dallo Zarri, ma che,
successivmente, era stato protestato perché la terza banca trat
taria era sprovvista di fondi; che la cassa aveva rifiutato di con
segnare ad essa curatela la residua somma di lire 24.812.134, nonostante che questa risultasse a credito dello Zarri alla data
della dichiarazione del fallimento e che, pertanto, fosse di perti nenza della massa.
Ciò esposto, con lo stesso atto l'attrice convenne la Cassa
di risparmi di Forlì davanti al Tribunale di Forlì, e chiese al
giudice adito di condannare la convenuta a consegnare ad essa
curatela la somma di lire 24.812.134, con gli interessi a far data
dal 10 aprile 1991.
La banca convenuta, costituitasi in giudizio, contestò la do
manda, sostenendo di nulla dovere. Ciò perché: in data 31 gen naio 1990 lo Zarri le aveva dato incarico di provvedere al «riti
ro» di quattro cambiali a sua firma per un importo complessivo di lire 28.034.000 scadenti in pari data, e di addebitare il relati
vo importo sul conto corrente; essa aveva puntualmente adem
piuto l'ordine, provvedendo al pagamento degli effetti il 1° feb
braio 1990; conseguentemente, a questa data e, quindi, a quella della dichiarazione di fallimento, il conto presentava non già un saldo attivo, sibbene un saldo passivo di lire 3.221.845.
La curatela replicò sostenendo che il pagamento effettuato
dalla cassa il 10 febbraio 1990 non poteva essere opposto nean
che in compensazione, una volta che alla data del fallimento
(22 febbraio 1990) l'operazione non era stata ancora registrata nel conto, posto che la sua annotazione era stata effettuata solo
il 23 marzo 1990. Infatti, osservò — stante la natura costitutiva
delle annotazioni nel conto corrente bancario — siffatta circo
stanza comportava che, nei confronti della massa l'annotazione
concretamente effettuata il 23 marzo 1990 doveva considerarsi
tamquam non esset in quanto avvenuta dopo lo scioglimento del rapporto prodottosi per effetto della dichiarazione di falli
mento; il credito della banca verso il correntista per il rimborso
delle anticipazioni effettuate per il pagamento delle cambiali non
poteva che considerarsi sorto dopo la dichiarazione di fallimen
to, atteso che, a quella data, la relativa registrazione non era
ancora avvenuta e che l'annotazione successiva non aveva effet
to retroattivo, di modo che, tra l'altro, risultavano insussistenti
anche i presupposti per l'applicazione del regime di cui all'art.
56 1. fall.; e, in definitiva, la totale coincidenza del credito del
correntista verso la banca all'atto del suo fallimento, all'am
montare del saldo contabile.
Il Tribunale di Forlì, pronunciando con sentenza depositata il 25 maggio 1993, dichiarò tenuta e condannò la Cassa di ri
sparmi di Forlì a restituire alla curatela la somma di lire
12.406.077 disponibile sul conto corrente di corrispondenza coin
testato allo Zarri ed alla Leoni del quale si tratta, oltre agli interessi legali dal 10 aprile 1991 al saldo.
Ritenne, infatti, che dalla natura costitutiva delle annotazioni in conto, derivava «l'inopponibilità al fallimento di operazioni in conto che, pur eseguite prima della dichiarazione di insolven
za, solo successivamente alla stessa siano state contabilizzate»; ma che, una volta che il conto era cointestato anche alla Leoni
ed era proseguito con quest'ultima estranea alla procedura, la
curatela avesse diritto a pretendere soltanto la metà del saldo
contabile del conto alla data del fallimento.
3. - Avverso la sentenza proposero appello alla Corte d'ap
cembre 1980, Foro it., Rep. 1982, voce Fallimento, n. 317, e Banca, borsa, ecc., 1982, II, 74.
Nel senso che la definitiva ammissione al passivo fallimentare del saldo del conto corrente non preclude al curatore la successiva azione revocatoria di singole rimesse, anche se nessuna riserva in proposito sia stata inserita nello stato passivo, v., anche in termini più generali di ammissione di un qualunque credito residuo, Cass. 3 giugno 1991, n. 6237, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 370; 7 giugno 1988, n. 3848, id., Rep. 1988, voce cit., n. 331, e Fallimento, 1988, 977; 4 febbraio
1981, n. 743, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 316; nella giurisprudenza di merito, tra le tante, v. App. Palermo 27 aprile 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 371; Trib. Genova 13 gennaio 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 364; App. Roma 9 febbraio 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 332; Trib. Torino 30 maggio 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 377; 14 febbraio 1985, id., Rep. 1987, voce cit., n. 294, e Giur. comm., 1987, II, 700.
Il Foro Italiano — 1998.
pello di Bologna: in via principale, la curatela fallimentare e, in via incidentale, la Cassa di risparmi di Forlì.
L'appellante principale censurò il capo della sentenza di pri mo grado che aveva escluso il suo diritto ad ottenere la restitu
zione dell'intero ammontare del saldo del conto alla data del
fallimento.
L'appellante incidentale, censurò i capi della stessa entenza
nei quali il Tribunale di Forlì aveva affermato la natura costitu
tiva delle annotazioni nel conto corrente bancario; ed aveva esteso
il principio sino a trarne la conseguenza che il credito della ban
ca al rimborso delle anticipazioni per l'adempimento di un or
dine di «ritiro effetti» sorgeva solo al momento dell'annotazio
ne, sicché ove questa non fosse stata effettuata avanti il falli
mento del correntista, lo stesso credito dovesse considerarsi sorto, a tutti gli effetti, dopo la dichiarazione di fallimento.
La corte di Bologna, decidendo con sentenza depositata il
27 maggio 1995, ha respinto l'appello incidentale, ha accolto
quello principale e, in concreto, ha condannato la Banca dei
risparmi di Forlì a corrispondere alla curatela fallimentare la
somma di lire 24.812.154, oltre gli interessi dal 10 aprile 1991
al saldo.
4. - La Cassa di risparmi di Forlì ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo di annullamento, illu
strato da memoria. Le intimate amministrazioni fallimentari re
sistono con controricorso.
Motivi della decisione. — 1.1. - La corte di Bologna ha così
accertato i fatti rilevanti per il giudizio. A suo tempo, i coniugi Nadio Zarri e Laila Leoni avevano
stipulato con la Cassa di risparmi di Forlì un contratto di conto
corrente bancario, contraddistinto col n. 3525/33.
Alla data del 22 febbraio 1990 — giorno in cui lo Zarri fu
dichiarato fallito in proprio, quale socio illimitatamente respon sabile della fallita s.n.c. Edilnova di Zarri Nadio & C. — quel conto presentava un saldo contabile attivo di lire 37.812.154, in quanto, a quella data, non erano state ancora registrate nel
conto due operazioni.
a) La prima relativa all'esecuzione dell'ordine impartito dallo
Zarri in data 31 gennaio 1990, di provvedere al «ritiro» di quat tro cambiali a sua firma per un importo complessivo di lire
28.034.000 scadenti nello stesso giorno, e di addebitare il relati
vo importo sul conto.
In concreto, infatti, la banca aveva eseguito l'ordine in data
1° febbraio 1990, ma aveva provveduto alla «annotazione» del
l'operazione sulla sua scheda relativa al conto solo in data 23
marzo 1990.
b) La seconda relativa allo «storno» della somma di lire
13.000.000 — accreditata in data 9 febbraio 1990, per effetto
del versamento «salvo buon fine» di un assegno di pari importo emesso in suo favore — conseguente al protesto di detto asse
gno per mancanza di fondi presso la banca trattarla avvenuto
in data 27 febbraio 1990. 1.2. - In relazione a questa situazione di fatto, il giudice d'ap
pello ha affermato che, alla data della dichiarazione di falli
mento e del suo conseguente scioglimento, il conto presentava un stato attivo effettivo di lire 24.812.164; ossia, che i correnti sti risultavano effettivi creditori nei confronti della banca per tale importo, di modo che esso credito risultava compreso nel
l'attivo fallimentare.
Ciò perché dal saldo contabile, da un canto doveva essere
defalcata la somma di lire 13.000.000, una volta che il relativo
accredito era avvenuto «salvo buon fine», e tanto non s'era
verificato.
Dall'altro, non poteva essere defalcata la somma di lire
28.034.000, nonostante che fosse stata materialmente esborsata
dalla cassa in data 1° febbraio 1990.
In ordine a questa seconda conclusione ha osservato, innanzi
tutto, che il contratto di conto corrente bancario è caratterizza
to dalla regola per cui «il credito [del correntista] è sempre di
sponile sulla base delle annotazioni in conto e, in particolare, sulla base del saldo contabile giornaliero».
Ha soggiunto che, perciò: «dalla struttura stessa di quel con
tratto nasce l'effetto costitutivo dell'annotazione in conto, po sto che solamente in quel momento può operarsi l'effetto con
tabile del "conguaglio" tra le diverse poste attive e passive»; con la conseguenza che «solamente nel momento dell'annota
zione, l'operazione complessa conseguente all'incarico conferito dalla Edilnova alla Cassa di risparmi di Forlì relativa al paga
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mento dei quattro titoli si è perfezionata e, quindi, solo allora
il credito della stessa nei confronti del correntista è sorto».
Ha affermato, infine, che dai principi accolti e tenuto conto
che poiché l'annotazione sul conto era stata eseguita allorquan do il contratto di conto corrente bancario «già s'era sciolto ex
art. 78 1. fall. . . . senza che dalla contabilità emergesse il credi
to della banca relativo al pagamento delle cambiali, e che, quin
di, potesse dirsi attuato il conguaglio con le poste attive del
conto corrente», derivava: per un verso, che «il pagamento ef
fettuato è da ritenersi eseguito (dopo la dichiarazione del falli
mento e quindi) dal fallito essendo la banca mandataria dello
stesso, sì che è inefficace ex art. 44, 1° comma, 1. fall.»; per altro verso, «l'inapplicabilità dell'art. 56 1. fall., che presuppo ne ai fini della compensazione l'esistenza del credito, anche se
non ancora scaduto, mentre nel caso di specie il credito può dirsi sorto solamente dopo l'annotazione nel conto».
1.3. - Da ciò, appunto, la conclusione in ordine alla sussi
stenza di un credito, dell'ammontare di lire 24.812.154, dell'am
ministrazione fallimentare nei confronti della Cassa di risparmi di Forlì, non estinto, né estinguibile, per compensazione.
2. - Con l'unico mezzo di annullamento la Cassa di risparmi di Forlì denuncia — richiamando l'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. — che la sentenza d'appello è inficiata dal vizio di violazione
e falsa applicazione degli art. 1823, 1852, 1856, 1241, 1242, 1720 c.c. e degli art. 56 e 78 1. fall., nonché dal vizio di attività
e difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia.
Innanzitutto, perché nelle ipotesi di scioglimento del contrat
to di conto corrente bancario per effetto della dichiarazione di
fallimento, non può venire in rilievo, in alcun modo, la proble matica relativa all'efficacia costitutiva o meramente dichiarati
va delle «annotazioni» nel conto, una volta che lo scioglimento del rapporto determina la necessità di accertare il saldo effetti
vo, il che comporta la «ricostruzione della contabilità indipen dentemente dall'eventuale ritardo con cui, in concreto, sia avve
nuta l'annotazione delle varie poste».
Indi, perché l'annotazione delle partite nel conto corrente ban
cario non ha natura costitutiva, trattandosi di una semplice ope razione contabile interna della banca.
Comunque, perché, giusta il disposto dell'art. 1729 c.c. —
cui rimane assoggettata l'esecuzione, da parte della banca, degli ordini confluenti nel conto corrente bancario — il fallimento
del correntista non rende invalido ed inopponibile alla procedu ra fallimentare l'operato della banca che, ignorando il fallimen
to, abbia dato corso ad ordini di pagamento, impartitile prima della relativa dichiarazione; e perché, di conseguenza, a fortiori 10 stesso regime non può operare nei casi in cui, come nella
specie, l'ordine sia stato eseguito, addirittura prima del fal
limento.
Infine, perché, anche ad accedere alle conclusioni raggiunte dalla corte di merito, è certo che se si ammette l'efficacia costi
tutiva delle annotazioni, occorre anche riconoscere che nella spe cie la banca ha estinto un debito del correntista, allora in bonis, con denaro proprio, sì che è diventata creditrice nei suoi con
fronti per il corrispondente importo; con la conseguenza, per
ciò, della coesistenza dei contrapposti crediti liquidi ed esigibili legittimanti la compensazione ex art. 1241 c.c. e 56 1. fall.
3. - Nella sua essenza, il motivo propone due distinte questioni:
a) La prima inerisce al tema generale relativo all'identifica
zione dei beni esistenti nel patrimonio di un imprenditore al
momento della dichiarazione del suo fallimento, e che, pertan
to, vengono a far parte della massa ai sensi dell'art. 42, 1°
comma, 1. fall.
Si tratta, infatti, di accertare se, come ha ritenuto la corte
di Bologna — nell'ipotesi in cui ed momento della dichiarazione
di fallimento, tra il fallito e una banca sia in corso un rapporto di conto corrente bancario che presenti un saldo contabile (os sia un saldo risultante dalla mera sequenza cronologica delle
annotazioni sulla scheda tenuta dalla banca) attivo, ma coinci
dente, peraltro, al saldo corrispondente all'effettiva situazione
di credito-debito alla medesima data, in conseguenza dell'omes
sa registrazione degli importi di talune operazioni — a quel mo
mento, nel patrimonio dell'imprenditore-correntista sia ricom
preso, quale suo credito verso la banca, l'intero ammontare del
richiamato saldo contabile; con la conseguenza, in caso di ri
sposta positiva, che l'importo corrispondente viene a far parte dell'attivo fallimentare, sicché la curatela ha diritto a conseguir ne la restituzione nella sua interezza.
11 Foro Italiano — 1998.
ti) La seconda, attiene all'identificazione — in caso di rispo sta affermativa alla prima questione — della posizione della
banca con riferimento alle operazioni attive o passive non iscritte
nel conto.
In concreto, si tratta di accertare se, come ha ritenuto il giu dice d'appello, la mancata registrazione nel conto comporti an
che che un'operazione passiva debba considerarsi giuridicamen te improduttiva di effetti nei confronti del fallimento, o quanto
meno, non anteriore al fallimento stesso, con la conseguenza che il corrispondente credito della banca è, rispettivamente, inef
ficace o inopponibile in compensazione fallimentare.
4. - Ora, in relazione alla prima questione, costituisce nozio
ne comune che il contratto di conto corrente bancario è caratte
rizzato in modo essenziale dal particolare effetto giuridico per il quale (a differenza del conto corrente ordinario di cui agli art. 1823 ss. c.c.) le rispettive posizioni di debito e credito tra
le parti si elidono gradualmente, progressivamente ed automati
camente (attraverso un meccanismo omologo a quello della «com
pensazione», mentre è controverso se si tratti di una compensa zione in senso proprio) man mano che si contrappongono, di
modo che: in ogni momento si ha la risultanza del conto, attiva
o passiva che sia; inoltre, il correntista può disporre, a vista, delle somme risultanti a suo credito sulla base del saldo dispo
nibile, cioè di quello corrispondente al conguaglio dei contrap
posti ammontari delle singole operazioni attive e passive. Tanto comporta che l'effetto dell'elisione (o, se si vuole, com
pensazione) delle rispettive posizioni debitorie è connesso alla
coesistenza delle operazioni di segno opposto che confluiscono
nell'unico conto corrente bancario, purché divenute perfette se
condo la disciplina legale o convenzionale loro propria e, indi
pendentemente, dalla loro annotazione o registrazione nella sche
da della banca.
Lo riprova, innanzitutto, la previsione di cui all'art. 1852 c.c.
per cui «il correntista può disporre in qualsiasi momento delle
somme risultanti a suo credito», nonché quella di cui all'art.
1853 c.c. che riconduce l'effetto della compensazione alla sem
plice coesistenza dei contrapposti rapporti o conti.
Inoltre, il mancato richiamo, ai fini della disciplina dei conti
correnti bancari, delle regole sull'annotazione in conto dettate
dagli art. 1823 ss. c.c., il che comporta non solo la diversità
del primo contratto rispetto a quelle di conto corrente ordina
rio, una volta che, come è stato osservato in dottrina, la strut
tura di quest'ultimo contratto e la sua giustificazione causale
fanno perno sul conto, vale a dire sull'esteriorizzazione conta
bile delle reciproche annotazioni, in quanto direttamente rap
presentativa dell'unitaria ed autonoma regolamentazione dei rap
porti di credito e debito voluta dai contraenti sino alla chiusura
del conto medesimo; ma anche, e soprattutto, l'inapplicabilità al conto corrente bancario dei principi in tema di annotazione
relativi al conto corrente ordinario.
Quindi, nell'ambito dell'unico rapporto di conto corrente ban
cario, a differenza che nel contratto di conto corrente ordina
rio, le annotazioni o registrazioni delle singole operazioni (os
sia, le variazioni contabili di segno negativo o positivo apporta te dalla banca nelle sezioni, rispettivamente, «dare» ed «avere»
della sua scheda) hanno un valore esclusivamente contabile ed
un'efficacia meramente dichiarativa.
Si tratta, nella realtà, di una conclusione non nuova nella
giurisprudenza di questa Corte suprema.
Infatti, la sentenza 26 aprile 1966, n. 1044 (Foro it., 1967,
I, 88) ha affermato, proprio quale principio di diritto, che l'an
notazione delle partite nel conto corrente bancario è una mera
operazione contabile interna della banca, di carattere ammini
strativo, dalla cui omissione o ritardo, pertanto, non può con
seguire alcun effetto e, in particolare, quello della estraneità
della partita al conto.
Inoltre, in funzione della materia della revocatoria delle ri
messe sul conto corrente bancario è stato affermato il principio che la «copertura» o meno del conto deve essere accertata con
riferimento, non già al saldo contabile, ma al c.d. saldo dispo
nibile, costituito dalla disponibilità del correntista in un dato
momento, quale «risultato algebrico delle operazioni attive e
passive in conto anteriori e che detta disponibilità hanno con
sentito o reintegrato», da costui materialmente prelevabile (v. Cass. 15 novembre 1994, n. 9591, id., Rep. 1995, voce Falli
mento, n. 455; 22 marzo 1994, n. 2744, id., 1994, I, 2744).
Ciò, evidentemente, ove si tenga presente che il saldo disponibi
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2495 PARTE PRIMA 2496
le non sempre coincide col saldo contabile, emergente, come
s'è detto, dalla registrazione cronologica delle operazioni, pre
suppone l'implicito riconoscimento che alle annotazioni, di per sé considerate, non può essere collegata alcun effetto giuridico.
Né vale, in contrario, il rilievo che — come questa corte ha
deciso nella sentenza 25 luglio 1972, n. 2545 (id., 1973, I, 2211) — nei riguardi di alcune operazioni bancarie (quali, almeno di
regola, il versamento in conto mediante giroconto, o banco gi
ro, o ordine di conto) la disponibilità dell'accredito da parte del correntista-beneficiario è subordinata all'annotazione sul con
to del beneficiario.
Per vero, un siffatto effetto discende dalla circostanza che
la specifica strutura (legale o convenzionale) di talune operazio ni bancarie attribuisce alle annotazioni in conto la portata di
momento perfezionativo della fattispecie; e non già dall'intrin
seca natura dell'annotazione.
4. - Ne consegue che allorquando si verifichi lo scioglimento del conto corrente bancario, ai fini dell'identificazione del saldo
finale (diverso da quello c.d. disponibile) che deve essere paga to immediatamente, sia esso a credito del correntista o della
banca, occorre far esclusivo riferimento al risultato contabile
raggiunto attraverso la contrapposizione delle operazioni attive
o passive destinate a confluire in detto conto ed ormai perfezio
natesi, senza che a nulla rilevi la loro annotazione o no nel conto.
La conclusione determina l'insorgere dell'ulteriore problema relativo all'identificazione del momento in cui si perfezionano le singole operazioni confluenti nel conto corrente bancario, e
si verifichi quella loro coesistenza che determina il conguaglio tra le posizioni attive e passive, nonché il saldo finale.
Nei limiti rilevanti nel caso di specie, si deve dire in proposi
to, che — tenuto anche conto della disciplina positiva in tema
di pagamento delle cambiali — la chiusura dell'operazione avente
ad oggetto l'ordine impartito dal correntista alla banca di prov vedere al «ritiro» di cambiali, ossia di provvedere al loro paga
mento, coincide con il momento in cui la banca esegue l'ordine
attraverso la consegna della relativa somma al presentatore del
titolo di credito. Perciò è questo il momento in cui sorge il
suo diritto al recupero della stessa somma nei confronti dell'or
dinario, e si producono gli effetti incidenti sulla posizione atti
va del correntista.
Correlativamente, ove l'ordine del ritiro degli effetti sia stato
eseguito avanti il momento di scioglimento del contratto di con
to corrente, l'importo sborsato dalla banca fa parte, automati
camente, delle poste passive (per il correntista) del rapporto,
quand'anche, a quella data l'operazione, non sia stata ancora
annotata nella scheda bancaria, diversamente da quanto si veri
fica nella prassi bancaria: in questa, infatti, la registrazione vie
ne fatta non appena l'azienda di credito riceve l'ordine.
5. - Non ostandovi la disciplina relativa alla procedura falli
mentare, le conclusioni raggiunte valgono anche con riferimen
to all'ipotesi in cui lo scioglimento del conto corrente bancario
consegua alla dichiarazione di fallimento del correntista. Con
l'avvertenza, peraltro, che ove si tratti di un saldo a credito
della banca, questa ha solo diritto di insinuarsi nel passivo falli
mentare.
6. - Quindi, la corte del merito è realmente incorsa nel vizio
di violazione di legge denunciato nel primo profilo del motivo,
allorquando — divergendo radicalmente dai principi enunciati — ha ritenuto che, con riferimento al conto corrente bancario, le annotazioni sulla scheda della banca abbiano valore costituti
vo; che ai fini della ricostruzione del saldo finale del rapporto di conto corrente bancario scioltosi per effetto della dichiara
zione di fallimento, occorra far riferimento alla situazione con
tabile alla data di fallimento quale risultante dal «saldo conta
bile giornaliero» alla medesima data; e che, pertanto, una volta
che la relativa operazione non era stata annotata nelle schede
della Cassa dei risparmi di Forlì, il fallimento di Nadio Zarri
aveva diritto ad ottenere dalla cassa la somma di lire 24.812.134
corrispondente la «saldo contabile», alla data del fallimento dello
Zarri, del suo conto corrente bancario, posto che questa non
aveva diritto a far valere nei confronti di esso fallimento il suo
credito derivante dall'avere, in data anteriore alla sentenza di
fallimento, eseguito l'ordine impartitole dal correntista nell'am
bito del detto rapporto, di provvedere al «ritiro» di effetti
cambiari.
Il primo profilo del mezzo, pertanto, è fondato e deve essere
accolto.
Il Foro Italiano — 1998.
Tanto determina, in una con l'assorbimento del secondo pro filo obiettivamente subordinato, l'accoglimento del ricorso; la
cassazione della sentenza impugnata in relazione al profilo ac
colto; ed il rinvio ad altro giudice pariordinato — che si deter
mina nella stessa Corte d'appello di Bologna, diversa sezione — perché provveda al nuovo esame della domanda proposta dal fallimento di Nadio Zarri nei confronti della Cassa di ri sparmi di Forlì, uniformandosi ai principi enunciati.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 no
vembre 1997, n. 11726; Pres. La Torre, Est. Vittoria, P.M.
Leo (conci, diff.); Azienda farmaceutica municipalizzata di
Ferrara (Aw. Tessarolo) c. Ina (Aw. Amici, Ran aldo). Cassa
App. Roma 19 febbraio 1992.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Contratto
di assicurazione di dipendenti sostitutivo dell'iscrizione al fondo
indennità impiegati — Restituzione dei premi — Competenza
(Cod. proc. civ., art. 409; r.d.l. 8 gennaio 1942 n. 5, gestione
speciale degli accantonamenti dei fondi di indennità dovute
dai datori di lavoro ai propri impiegati in caso di risoluzione
del rapporto di lavoro).
La controversia concernente la restituzione, da parte dell'Ina, di somme ricevute come premi del contratto di assicurazione
di dipendenti, sostitutivo dell'iscrizione al fondo per l'inden
nità degli impiegati, stipulato dal datore di lavoro ai sensi
dell'art. 4 r.d.l. 8 gennaio 1942 n. 5, rientra nella competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro, ex art. 409, n.
1, c.p.c. (1)
(1) Le sezioni unite avallano l'orientamento espresso, in fattispecie del tutto similare, dalla sezione lavoro con la sentenza 4 ottobre 1989, n. 3986, Foro it., Rep. 1989, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 40.
A tal fine hanno osservato, sempre con richiamo a giurisprudenza costante, che devono considerarsi controversie relative a rapporto di lavoro subordinato tutte quelle in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi direttamente a tale rapporto che, ancorché non costituendo
ragione della domanda, si presenti come antecedente e presupposto ne cessario della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale; a nulla rilevando che le parti in giudizio non siano il datore di lavoro ed il lavoratore (tanto più che nella specie, hanno evidenziato le sezioni unite, la pronuncia è destinata ad incidere su dirito del lavoratore, costituendo il contratto oggetto della domanda un'assicurazione per conto di chi spetta, ex art. 1891 c.c.).
In costante applicazione di tale principio di massima, sono state con siderate devolute alla competenza del giudice del lavoro:
— la controversia promossa dal'datore di lavoro nei confronti di alcuni suoi dipendenti quali membri della r.s.a. e avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno subito dall'azienda per effetto di uno sciopero proclamato dagli stessi ed effettuato con modalità ille
gittime: Cass. 2 settembre 1995, n. 9280, id., Rep. 1996, voce cit., n.
43, e Notiziario giurisprudenza lav., 1996, 269 (cfr. in tal senso anche Pret. Roma 20 febbraio 1995, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 53, e Lavoro giur., 1995, 748);
— la controversia instaurata dal lavoratore subordinato per consegui re il pagamento dell'indennità a lui spettante per il danno derivante dalla mancata attuazione della direttiva Cee n. 987 del 1980, ai sensi dell'art. 2, 7° comma, d.p.r. 80/92: v., per tutte, Cass. 11 novembre
1994, n. 9475, Foro it., 1995, I, 831, con nota di Monnini; — la controversia promossa dal datore di lavoro per ottenere dal
dipendente il rimborso di somme indebitamente percepite in relazione al pregresso rapporto di lavoro: Cass. 6 maggio 1994, n. 4419, id., Rep. 1994, voce cit., n. 60, e Impresa, 1994, 1687;
— la causa concernente la responsabilità del soggetto che, quale cu stode sequestratario giudiziario nonché amministratore della società da trice di lavoro, abbia posto in essere comportamenti tali da pregiudica re il credito retributivo del lavoratore: Cass. 8 aprile 1994, n. 3311, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 57, e Riv. giur. lav., 1995, II, 561;
— la domanda proposta dal dipendente per il risarcimento dei danni subiti a causa di un'imputazione penale derivante da denuncia sporta dal datore di lavoro in relazione a fatti connessi allo svolgimento del l'attività lavorativa: Cass. 2 marzo 1994, n. 2049, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 58, e Riv. giur. lav., 1995, II, 562.
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